PROMORAMA ::: PRESS

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BAND: FRANCESCO CUSA
“
SKRUNCH”
TITLE: PSICOPATOLOGIA DEL
SERIAL KILLER
LABEL: IMPROVVISATORE
INVOLONTARIO - PAG. 1
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TITLE: PSICOPATOLOGIA DEL
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LABEL: IMPROVVISATORE
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LABEL: IMPROVVISATORE
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LABEL: IMPROVVISATORE
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ULTRASONICA
http://www.ultrasonica.it/modules/lykos_reviews/index.php?op=r&rev_id=170&cat_id=1&sort_by
Prima uscita per la label Improvvisatore Involontario, già dal nome si può facilmente intuire la rotta di questo bastimento
carico di musicisti, improvvisazione e puro amore retrò. La copertina di Psicopatologia Del Serial Killer, appare come un
fotogramma di un qualche film Noir, l'unico colore è il rosso (sangue, non poteva essere altrimenti!). Aperto l'artwork, ci
troviamo davanti un cd pittato da sembrare un vinile (ecco il retrò), linea grafica che si ripresenterà anche nelle
successive produzioni (Switters). Ad aprire l'album, una voce sussurrata che ritroveremo anche più avanti, dialoghi
sussurrati, volutamente inquietanti e cattivi (ricordate la voce dell'assassina di profondorosso??), il sound del primo vero
e proprio brano, 'Blatta', riporta alla memoria il compianto Frank Zappa ai cui scritti Francesco Cusa si è ispirato (insieme
al romanzo Il Giovane Holden di Salinger) per la stesura delle composizioni; otto in tutto, intervallate da sospiriate
minacce, carillon e field sound's. Un disco particolare, a metà strada tra composizione ed improvvisazione con brani
molto lunghi e ben strutturati, si va dai tre minuti di 'I.D.H.' alla session di oltre sedici minuti di ' Beyond Gods And
Devils...The Day Before'. Ottima prima uscita per questa neonata Label nostrana.
SANDS-ZINE
http://sands-zine.com/recensioni.php?IDrec=499#
Francesco Cusa è un eccentrico musicista emerso nel panorama jazzistico indipendente, italiano e non, dal
lontano 1986. Le sue origini lo vedono arrivare dalle solari tonalità della Sicilia con un mood che svela dei
codici personali dediti con passione alla musica afro-americana, nella sua accezione avant: le timbriche
raggiunte nel corso di questo tempo spingono Cusa nelle vicinanze di buona fetta del jazz formulato nella
Downtown newyorkese: John Zorn, Tim Berne, Sam Shalabi, Elliot Sharp, qualche nome utile da predisporre
accanto le angolature ricercate dal batterista / compositore e co-fondatore del (lo storico) collettivo
bolognese Bassesfere.
Dietro le idee che accompagnano la nascita della sigla 'Skrunch' si espone il punto più alto, complesso e
libero da ogni formalismo accademico, conseguito sin’
ora da Cusa nell’
intricato abito indossato da
compositore.
Cosa si agita dentro “
Psicopatologia Del Serial Killerӏ una materia ibrida: un sound molleggiante che unisce
con sapienza e buongusto la scrittura arcuata ed elettrica di Tim Berne ed il rock contaminato di Frank
Zappa, la veloce struttura noir à la “
Spillane”del primo Zorn con il jazz vellutato di Miles ed infine, orna a
tratti il ‘
tortuoso’complesso, con un pizzico velato di ponderata esasperazione Jazz-Core (il roboante
frastuono terminale di Nonsense, nelle cui cavità bordate noise al basso vengono inferte con perizia
chirurgica).
Alla creazione di questo viaggio, avviato verso il calare del millennio scorso, hanno preso parte le chitarre di
Carlo Natoli e Paolo Sorge, il sax robusto di Gaetano Santoro, il trombone di Tony Cattano e naturalmente la
batteria di Francesco.
La storia elaborata narra le fantomatiche gesta di un serial killer che centra a pieno le proprie vittime
leggendo estratti scritti da J.D. Salinger.
E infatti, ecco donare la loro presenza quattro attori diversi con le proprie voci, coinvolte nel recitare a turno
i pensieri che frullano e comprimono di nervosismo il cervello ‘
malato’del mostro e le proprie vittime…
L’
ambientazione noir del disco evapora in abbondanza ma con facilità si scorge una traiettoria parallela,
mirata a convertire battute taglienti e crudeli in spensierati e fulminei attimi di sarcastica e scherzosa ironia.
Oscuri pensieri nascosti nella mente che lentamente prendono vita e, soprattutto, ritmo… jazz.
Un ritmo che si solidifica con l’
elettronica nera pece ed introversa di j.d.h., dove una voce recitante rantola
nel buio e con fatica riesce a sfuggire dalle strette prese di una lenta e paranoica agonia. In particolare
dall’
attacco immediatamente successivo di Blatta, diviene stuzzicante denotare il fugace cambio di registro:
esplosioni pindariche che contaminano l’
atmosfera con scampoli di jazz, una punta di ombroso funky,
un’
ambientazione surreale ed un montaggio (sonoro) cinematografico.
Dentro tale materia navigano non pochi ricordi che spingono dalla parte dei piemontesi Anatrofobia e nei
primi esperimenti avant di Robert Wyatt. Un'altra uscita che conferma la Improvvisatore Involontario tra le
impro-label più attente e bizzarre del momento.
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SENTIREASCOLTARE
http://www.sentireascoltare.com/CriticaMusicale/Recensioni/2005/livello%203/Album/francescocusaswitters.htm
Francesco Cusa, siciliano di Catania, è la mente che sta dietro al progetto Improvvisatore Involontario: una
combinazione di artisti in maggioranza provenienti dagli ambienti jazzistici che, nella ricerca di nuove forme, puntano
tutto sull’
interdisciplinarietà. Un termine che dà l’
idea di accademismo, ma che nella pratica si trasforma in un
interessante (anche se un po’ortodosso) approccio al jazz e al rock.
Laureato al D.A.M.S. di Bologna, Francesco si forma professionalmente come musicista in questa città. Proprio qui entra
in contatto con musicisti del calibro di Mirko Sabatini e Cristina Cavalloni, per poi entrare a far parte del collettivo
Bassesfere, con cui partecipa al festival Angelica. E’in quel periodo, una decina d’
anni fa, che Cusa comincia a girare
l’
Europa, suonando con Paolo Fresu, Steve Lacy e Elliot Sharp.
Questo suo exploit in campo jazzistico non gli preclude il rapporto con il mondo del rock, al quale pure si era sentito
legato: dagli Zu a Roy Paci , sono svariate le escursioni del batterista quarantenne in questo ambito.
Ma Cusa non si limita a suonare. Molto attento alla letteratura e al teatro (partecipa, tra l’
altro, al collettivo letterario Wu
Ming) sembra perseguire l’
ideale ambizioso della correlazione delle varie espressioni artistiche all’
interno della modalità
performativa dell’
improvvisazione.
Il quintetto Skrunch (oltre a Cusa, autore e batterista: Carlo Natoli alla chitarra baritono, Paolo Sorge alla chitarra
elettrica, Tony Cattano al trombone e Gaetano Santoro al sax tenore) di cui è a capo si muove proprio in questa
direzione, unendo la recitazione alla musica.
Difficilissimo dare un senso a un lavoro dal titolo Psicopatologia di un serial killer “
ispirato liberamente a Il Giovane
Holden di Salinger e agli scritti autobiografici di Frank Zappa”
, se non attraverso il filtro di un sarcasmo totale e
totalizzante. Alle voci di quattro attori (tra cui Saku Ran, famoso attore nipponico proveniente dall’
esperienza del teatro
No) spetta il compito di esprimere a parole la psicologia del killer attraverso brevi testi recitati, alla musica quello di
commentare le parole o creare immagini autonome. Purtroppo non sempre la musica riesce a sublimare il sarcasmo e la
grande fantasia creativa delle premesse. La schizofrenia del presunto killer si traduce in un jazz che non rifiuta quasi mai
l’
organizzazione, che poche volte sfocia nella libertà assoluta o nell’
inatteso sorprendente, incanalandosi spesso e
volentieri in un jazz-rock a metà tra Bitches Brew di Davis e i primi Soft Machine (Nonsense, Dr. Akagi): riff minimali e
assolutamente rockettari introducono fiumi di assolo che superano anche i 15 minuti. E’in Where’
s S. Kubrik che meglio
si compie la tensione espressiva di questo disco, con un riff roccioso alla chitarra elettrica e una digressione centrale ai
limiti della psichedelia. (7.0/10)
Nella seconda uscita della neonata etichetta-progetto (distribuita in Italia dalla Wide), Cusa toglie i panni del leader per
accompagnare il sassofonista Gianni Gebbia in trio insieme a Vincenzo Vasi (basso elettrico, voce e theremin).
Switters è il nome del personaggio principale di un recente libro di Tom Robbins: un agente della Cia che ha preso una
direzione totalmente autonoma rispetto alla sua missione. Ancora una volta una forte ironia di fondo al limite del
surrealismo pone le premesse a un disco molto bello, anche se, anche in questo caso, un po’ortodosso.
Anche Gebbia è molto noto nei circoli jazzistici italiani (bolognesi in particolare). Lo ricordo per una stupenda
performance insieme al batterista Lukas Ligeti (che qui mi viene in mente ascoltando le suggestive sfumature di Langley)
durante la scorsa edizione di Angelica. Sassofonista di gran classe, non si abbandona mai al semplice rumorismo o agli
estremismi zorniani ricercando in maniera quasi neoclassica un fraseggio molto vicino al largo respiro di Coltrane, senza
però risultare antiquato.
Questo disco sembra un vero e proprio omaggio al sassofonista americano, ma forse è proprio questo il rammarico. 17
brevi pezzi che esaltano il suono morbido, arioso e modale del sax di Gebbia, scorrono veloci in un disco che non si
discosta quasi mai dai canoni del jazz classico.
L’
apporto degli altri due musicisti è importante ma mai determinante nel rapporto con il sax, che prevale praticamente
sempre; si fanno comunque notare le fantasie di Cusa e la potenza imponente e sicura del basso di Vasi.
Fa un po’
rabbia dover limitare il proprio giudizio su uno dei più interessanti jazzisti italiani solo perché non ha osato di
più. Ma a conti fatti Gebbia suona benissimo e il suo stile è ben riconoscibile (Serov, Mustang Sally Blues), il trio dà
l’
impressione di essere molto affiatato, ma non fa venire i brividi. Da premio, comunque, la conclusiva Ballata delle
multinazionali (andamento sornione e basso funkeggiante) e Salvatore Pagano, uno dei brani in cui meglio viene fuori lo
stile più originale ed espressivo di Gebbia, fatto di piccoli sussulti che si trasformano progressivamente in bellissimi
fraseggi. (7.0/10)
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SERIAL KILLER
LABEL: IMPROVVISATORE
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HMP
http://www.hmp.it/modules.php?name=Reviews&rop=showcontent&id=5143
Psicopatologia Del Serial Killer è un viaggio allucinato e onirico partorito dalla mente di Francesco Cusa,
batterista e compositore catanese attivo in diverse formazioni, tra cui il progetto "Skrunch". Accanto a lui
compaiono quattro musicisti: Carlo Natoli - chitarra baritono, Paolo Sorge - chitarra elettrica, Gaetano
Santoro - sax tenore e Tony Cattano - trombone. L'interesse principale dell'artista è quello di unire il jazz o
un moderno avant-jazz, la base delle sue composizioni, alla recitazione, il tutto sotto l'egida
dell'improvvisazione. Thriller psicologico liberamente ispirato a Il Giovane Holden di Salinger e agli scritti
autobiografici di Frank Zappa, circondato da un'aria lugubre che rimanda a certi noir anni '90, questo album
mescola alla musica parti recitate, parlate, momenti psichedelici-rockeggianti. La trama narra di un
immaginario serial killer che uccide le sue vittime leggendo il romanzo di Salinger; seguendo le sue vicende
si entra nella sua mente contorta e si è presi da un reale senso di angoscia. Tra i nomi recitanti compaiono
quattro artisti della prosa, tra cui la tedesca Frau Rinciska e il giapponese Saku Ran, che interpreta il serial
killer: loro compito è quello di far conoscere la psicologia del killer attraverso brevi testi recitati, a volte
sarcastici, con la musica a fare da commento. Nel pezzo "Blatta" sono presenti strumenti a corda e una
sezione di fiati; in "Dr. Akagi" il sax è in primo piano, all'inizio compare la voce affannosa di una donna e si
sentono dei passi che la inseguono; un angosciante carillon introduce a "Nonsense"; "Psycho Jogging"
comincia con un gruppo di persone che parlano tutte insieme, con un sottofondo di brusio generale misto ad
un sax e poi il tutto sfocia in un'improvvisazione jazzistica caotica. Un rock-blues elementare fa la sua
presenza in "Where's S. Kubrik?", con intermezzo psichedelico tenebroso. In ogni brano predominano le
acrobazie batteristiche di Cusa, sempre diverse, confuse, inattese, disorganizzate. Lo stesso Cusa consiglia di
ascoltare il suo disco in una notte buia e tempestosa, e mai consiglio è stato più adatto di questo.
Un viaggio angosciante nella mente di un pericoloso serial killer, per gli amanti dell'avant-jazz
MUSICAOLTRANZA
http://www.musicaoltranza.net/stage/detail.php?id=19331
“
CONSIGLI : da ascoltare in una notte buia e tempestosa”: ecco ciò che si legge sul retro di “
Psicopatologia
del Serial Killer”
, attesissimo lavoro di Skrunch, progetto del catanese Francesco Cusa, che, ispirandosi al
Giovane Holden di Salinger, da vita a questo splendido cd di jazz d’
avanguardia, sconcertante e
claustrofobico, molto “
noir”anni ’
90.
L’
atmosfera che si vive è proprio paragonabile alla mente del serial killer, probabilmente subito prima o
subito dopo l’
ennesimo omicidio: la musica e le parole di questo lavoro infatti, trasmetto un’
angoscia strana,
che ti prende ed attanaglia, e ti “
immerge”in un’
atmosfera strana, forse troppo, capace di rendere ancora
più buia e tempestosa la notte in questione …
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BAND: FRANCESCO CUSA
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TITLE: PSICOPATOLOGIA DEL
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INVOLONTARIO - PAG. 8
ONDAROCK
http://www.ondarock.it/recensioni/2005/cusa.html
Proseguendo nel solco di Sun Ra, Miles Davis, Foetus, Caspar Brotzmann, John Zorn, Mike Patton e, in
ultima analisi, Frank Zappa, anche Francesco Cusa - batterista jazz con all'attivo diverse collaborazioni illustri
(tra tutti Paolo Fresu, Riccardo Pittau, Tim Berne, Steve Lacy e Flying Luttembachers) - si prodiga in svariati
sub-progetti artistici. Siciliano d'origini - guardacaso come Zappa -, a partire dagli inizi degli anni 90 ha dato
vita a sonorizzazioni di cortometraggi, film, lavori teatrali, oltre a fondare il collettivo di musica improvvisata
Bassesfere, a presiedere la sua attuale label (Improvvisatore Involontario) e a far parte integrante di svariati
ensemble jazz.
"Skruch" è uno dei suoi progetti su cui vanta il ruolo di bandleader. L'intento primario di questo quintetto
(composto, oltre alla batteria di Cusa, da Carlo Natoli alla chitarra baritona, Paolo Sorge alla chitarra,
Gaetano Santoro al sax tenore e Tony Cattano al trombone) è quello di replicare atmosfere noir seguendo il
tragitto del jazz d'avanguardia americano degli inizi 80. "Psicopatologia del Serial Killer", il debutto da lui
stesso lungamente atteso, raccoglie ampie composizioni di pugno dello stesso Cusa che delineano in forma
stabile queste volontà.
Molto spesso, però, il tutto è ridotto a portantina per le evoluzioni acrobatiche del batterista (stilisticamente
un incrocio tra Furio Chirico, Damon Che Fitzgerald e Max Roach). Si prenda la fanfara Crimson-iana di fiati e
strumenti a corda di "Blatta", allungata per consentire virtuosismi eccessivi, e - più avanti - una figura di
note aspre ancora costruita ad hoc per una nuova sortita di batteria e una conclusione sospesa. Oppure in
"Dr. Akagi", dove lo strumento s'inasprisce di cambi di tempo Bruford-iani, accelerazioni e stacchi turbinosi,
ma dove pure il resto del concertino non resta a guardare: svetta anzitutto il sax Sanders-iano,
accompagnato da una figura di derivazione Area, ma poi vi si aggiunge una chitarra da Nels Cline grottesco.
Non mancano pezzi convincenti, in cui Cusa dimostra competenza di leader a tutto campo, all'altezza tanto
del tema portante quanto del compito di leader creativo a suo agio con moderate arditezze. Ci sono anzitutto
introduzioni di musica concreta e di field recordings, con il compito di guidare l'ascolto, o comunque di
settarne il mood (la stessa ouverture dell'opera, "J. D. H.", espone un sinistro sample di sfrigolio ventoso, e
una lettura recitata e affannosa). In "Nonsense" è un motivetto carillon con inquietudine ancora accentuata
a partire dagli accenti gravi della strumentazione in sordina, dal quale emerge dapprima un articolato tema
alla Henry Cow, e quindi una iterata progressione Magma da parte della sezione ritmica. "Psycho Jogging"
attacca invece un vociare sommesso a introdurre un lacerto ritmico da Magic Band, a far traghettare in una
zona rarefatta con inserti campionati parlati, e in una finale improvvisazione collettiva. L'accoppiata traccia
finale/ghost track chiude il disco con nuove bizzarrie di musique concrete.
Dal salingeriano "Il Giovane Holden" e dagli scritti autobiografici di Zappa, che ne hanno infuso tenebrosa
ispirazione, Cusa ricava un romanzo in prosa jazz-rock che anela al meglio di due mondi: composizione e
improvvisazione. Temi e forme da Ep, cornice da album doppio, pignoleria da poema sinfonico: ciò che ne
risulta, più che un concept, è un'altezzosa parabola sonica, la cui sostanza musicale latente non sempre
arriva a destinazione. Consiglio dell'autore: "Da ascoltare in una notte buia e tempestosa". Dedicato alla
memoria di Bara Nicabaricevic e Alfredo Impullitti.
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