capitolo ottavo - Corsi di Laurea a Distanza

CAPITOLO OTTAVO
TRASFORMAZIONI
TERMODINAMICHE DELLE SOSTANZE
Trasformazioni termodinamiche
Ogni volta che varia una o due delle grandezze che definiscono lo stato
termodinamico di una sostanza, si dice che la sostanza subisce una
trasformazione.
Le trasformazioni possono essere qualsiasi, ma nella maggioranza dei casi
seguono una condizione definita dalla costanza di un parametro (pressione,
temperatura, volume specifico, entalpia, entropia, calore specifico, ecc..); in tal
caso esse vengono identificate con la dicitura: trasformazione iso.... dove al
posto dei .... si indica il nome aggettivato della grandezza mantenuta costante
(ad es. isobara, isoterma, isovolumica, isoentalpica, isoentropica,...). A volte la
grandezza mantenuta costante implica la costanza di un’altra grandezza ed
allora il nome si deriva da essa (ad es. la trasformazione politropica è
praticamente una trasformazione a calore specifico costante).
Cap. 8
Pagina 1 di 33
Trasformazioni quasi statiche
Le trasformazioni, studiate nella termodinamica classica, sono immaginate
effettuate molto lentamente in modo che, dopo ogni piccolo cambiamento, si
attenda un tempo sufficiente affinché il sistema si stabilizzi.
Questa condizione è necessaria per poter considerare la trasformazione come
composta da infiniti stati termodinamici vicini fra loro.
La termodinamica classica è in effetti una termostatica.
Trasformazioni più veloci di quelle qui considerate vengono studiate nella
termodinamica dei processi irreversibili.
La limitazione dello studio delle trasformazioni a quelle quasi statiche,
deriva dalla grandissima semplificazione che consegue a tale assunzione: la
costanza in tutto il sistema delle grandezze fisiche che lo caratterizzano
(pressione, temperatura, ecc..), che diventano funzioni solo del tempo, permette
di considerare l’evento come una successione di stati termodinamici esaminabili
sui diagrammi di stato o con l’uso delle funzioni di stato o delle tabelle.
Questa assunzione non è molto limitativa in quanto moltissime delle
trasformazioni che si riscontrano nella pratica, anche se molto veloci,
soddisfano al presente requisito.
Sviluppo della trasformazione ovvero stati estremi
La trasformazione può essere vista nel suo sviluppo, e per far ciò interessa la
conoscenza dello stato della sostanza in ogni condizione intermedia, oppure è
sufficiente la conoscenza degli stati estremi (iniziale e finale).
Nel primo caso e in situazioni particolarmente semplici si suole fornire una
relazione analitica che lega fra loro le grandezze variabili; altrimenti è
necessario esaminare sui diagrammi, sulle tabelle o tramite le equazioni di stato,
la o le grandezze che variano; i risultati, che hanno una forma tabellare, possono
essere mantenuti in tale forma, ovvero riportati su un diagramma di stato
ottenendo la linea della trasformazione. La linea può a sua volta essere
Cap. 8
Pagina 2 di 33
espressa tramite una espressione analitica che ne rappresenti in modo migliore
l’andamento.
Le grandezze di stato che possono interessare sono tutte quelle qui esaminate
ed altre ancora; ai fini del calcolo dell’energia utilizzabile (exergia) sono
sufficienti l’entalpia e l’entropia, ma per altri scopi (es. moto entro i condotti)
possono esserne necessarie altre (nel caso indicato la massa specifica e la
viscosità). In tal caso, dalla linea di trasformazione, tracciata per una coppia di
variabili, si possono derivare, per ogni punto intermedio della trasformazione,
eventualmente tramite il calcolo di qualche variabile di stato intermediaria, i
valori della variabile richiesta.
Leggi fondamentali di alcune trasformazioni
Per poter definire alcune grandezze termodinamiche che risultano utili alla
valutazione della funzione exergia, è necessario anticipare la definizione di
alcune trasformazioni termodinamiche e fornire le relative relazioni analitiche.
Faremo riferimento ad un fluido, anche se, in linea di massima, tale restrizione
non sia indispensabile.
Trasformazione isobara
E’ una trasformazione nella quale la pressione assoluta p rimane costante:
p=cost= p1= p 2
In termini differenziali:
dp=0
Trasformazione isocora
E’ una trasformazione nella quale il volume totale V, e quindi anche il
volume specifico v, rimane costante:
Cap. 8
Pagina 3 di 33
v=cost=v 1=v 2
In termini differenziali:
dv=0
Trasformazione isoterma
E’ una trasformazione caratterizzata dal mantenere il fluido ad una
temperatura costante; analiticamente:
T =cost=T 1=T 2
In termini differenziali:
dT =0
Trasformazione adiabatica reversibile ed irreversibile
E’ una trasformazione definita da scambio di calore nullo con l’esterno:
dQ=0
e quindi anche:
dq=0
per ciascun elemento infinitesimo di trasformazione.
Cap. 8
Pagina 4 di 33
Per una trasformazione finita:
Q=0
e con riferimento alla massa unitaria di sostanza
q=0 .
Se la trasformazione, oltre a non scambiare calore con l’esterno, è anche
reversibile (senza attriti), non si ha produzione di entropia (vedi capitoli quarto
e quinto) e pertanto l’entropia è costante.
Pertanto una trasformazione adiabatica reversibile è anche isentropica e
viceversa. Nel caso contrario l’aumento di entropia corrisponde alla differenza
fra lavoro degli attriti e l’exergia che la quantità di calore corrispondente
introduce nel sistema; per l'intero sistema tale aumento è  S at e per l'unità di
massa  s at .
Funzioni della trasformazione: quantità di calore e
lavori
Le funzioni o variabili termodinamiche si distinguono in funzioni della
trasformazione e funzioni di stato.
Le funzioni della trasformazione sono grandezze il cui valore dipende
dallo stato iniziale, da quello finale e dalle trasformazioni che vengono percorse
per passare da uno stato all’altro. Quando tali funzioni vengono calcolate,
generalmente tramite una integrazione, oltre ai limiti dell’integrazione, indicanti
gli stati iniziale e finale, va precisato il tipo o i tipi di trasformazione adottati
(ad esempio racchiudendo la grandezza o l’espressione fra parentesi e segnando
ad indice il tipo di trasformazione scelta).
Le funzioni di stato dipendono invece solo dagli stati iniziale e finale.
Alcuni Autori indicano i differenziali delle funzioni di stato come differenziali
esatti e gli altri come differenziali non esatti.
I primi vengono indicati col simbolo d mentre ai secondi viene dato il
simbolo d ma con un trattino di distinzione. Noi non faremo distinzione di
simboli.
Scopo della termodinamica degli ingegneri, interessati alle quantità di
Cap. 8
Pagina 5 di 33
calore ed ai lavori, (conversione del calore ad energia meccanica e viceversa),
risulta quello di correlare tali grandezze, che sono funzioni della
trasformazione, alle funzioni di stato più facilmente calcolabili.
Si definiscono tre diversi tipi di lavoro : il lavoro termodinamico ed il
lavoro tecnico (detto anche lavoro di una macchina a rinnovamento di fluido o
lavoro indicato) ed il lavoro di spostamento (quest’ultimo in effetti è una
funzione di stato).
Lavoro termodinamico
Questa grandezza rappresenta il lavoro messo in gioco in una compressione
od in una espansione di una massa costante di fluido.
Si immagina un cilindro chiuso ad una estremità con un pistone inserito
nell’apertura libera (vedi figura 8.1); all’interno il fluido possiede la pressione
assoluta p ed all’esterno esiste il vuoto. La pressione p è equilibrata da una
forza che, nello schema considerato, è rappresentata da un peso F
Figura 8.1 – Schema esplicativo di lavoro termodinamico.
L’equilibrio delle forze porta a:
Cap. 8
Pagina 6 di 33
F= p A
essendo A l’area del pistone.
Operando una infinitesima riduzione di peso, il sistema di forze viene a
squilibrarsi e pertanto il pistone si solleva: viene compiuto un lavoro
infinitesimo (che si ritrova come differente energia potenziale del peso che si è
mosso) pari al prodotto della forza per lo spostamento; a meno di infinitesimi di
ordine superiore:
dL=F ds= p A ds= p dV .
Ma entro la cavità fra cilindro e pistone sarà contenuta una massa m di fluido
e:
1
m=ϱV = V ,
v
essendo:
ϱ la massa specifica del fluido in kg/m2
v il volume specifico del fluido in m3/kg.
Il lavoro diventa quindi:
dL= p dV =m p dv
ed il lavoro specifico (riferito all’unità di massa di fluido):
dl = p dv .
Cap. 8
Pagina 7 di 33
Il lavoro termodinamico specifico è misurato in J/kg.
Se all’esterno esiste la pressione atmosferica il lavoro utile sarà fornito dalla
differenza fra il lavoro termodinamico precedentemente definito ed il lavoro
p a dv effettuato dall’aria atmosferica alla pressione barometrica p a .
Lavoro tecnico o lavoro di una macchina a
rinnovamento di fluido
Una macchina a rinnovamento di fluido è costituita da un condotto di
ingresso del fluido, un complesso di organi meccanici ed un condotto di uscita
dello stesso fluido. Gli organi meccanici permettono di fornire all’esterno un
lavoro generalmente tramite un albero rotante.
Questa macchina può essere schematizzata come una macchina alternativa
(vedi figura 8.2), sottolineando che i risultati ottenuti presentano comunque
assoluta generalità per tutte le macchine di cui alla precedente definizione.
La macchina scelta è costituita da un cilindro con, all’interno, uno stantuffo
(pistone), quest’ultimo collegato, tramite un sistema biella-manovella, ad un
albero motore. Il cilindro è delimitato da una chiusura (testata) collegata tramite
due condotti (di introduzione e di scarico) rispettivamente ad un serbatoio
contenente fluido a pressione maggiore p1 ed uno a pressione inferiore
p 2 . I condotti sono chiusi da valvole comandate, in apertura e chiusura, da
opportuni organi esterni (albero a camme).
Iniziando da quando lo stantuffo è completamente inserito nel cilindro
(punto morto di sinistra) e supposto che non esista alcun volume libero fra
pistone e testata (spazio morto nullo), si apre la valvola di introduzione. Sulla
faccia del pistone si stabilirà immediatamente la pressione p1 .
Cap. 8
Pagina 8 di 33
Figura 8.2 – Schema del funzionamento di una macchina a rinnovamento di
fluido con diagramma delle pressioni in funzione della corsa (che in
proporzione rappresenta anche il volume specifico) per il calcolo del lavoro
tecnico.
Il pistone intanto si sposta verso destra fino ad un punto caratterizzato dalla
corsa c 1 nel quale si chiude la valvola di introduzione; durante tale
operazione la pressione sulla sua superficie si mantiene costante pari al valore
p1 .
Nel successivo spostamento avviene l’espansione del fluido fino al
raggiungimento del punto morto di destra caratterizzato dalla corsa c 2 ; in
tale posizione la pressione sia uguale a p 2 (ciò si ottiene avendo scelto la
giusta posizione per la chiusura della valvola di introduzione).
Viene ora aperta la valvola sul condotto di scarico e lo spostamento del
pistone verso il punto morto di sinistra trasferisce il fluido nel serbatoio di
scarico.
Al termine di questa operazione la macchina si ritrova nella stessa posizione
iniziale e può riprendere un successivo ciclo di operazioni.
Il lavoro compiuto dal fluido sul pistone risulta dalla somma algebrica di tre
Cap. 8
Pagina 9 di 33
componeneti:
p2
L = p1 A c 1∫ A p d c− p 2 A c2 ,
x
p1
essendo:
A l’area della sezione retta del pistone
c lo spostamento del pistone rispetto alla posizione del punto morto di
sinistra.
Ma Ac=V
V =m/ϱ=m v
specifico.
rappresenta il volume occupato dal fluido e quest’ultimo
è pari alla massa di fluido elaborato per il relativo volume
Sostituendo si ottiene:
p2
L =m p1 v1m∫ p d v−m p2 v 2 ,
x
p1
ed il lavoro specifico:
p2
Lx
l = = p 1 v1∫ p d v− p 2 v2
m
p
x
.
1
Si può constatare che, sia con riferimento al diagramma p v (ottenuto con
semplici cambiamenti di scala delle ascisse rispetto al diagramma di lavoro p c),
sia con semplici calcoli differenziali (vedi anche la figura 8.4), che:
p2
l =−∫ v dp ;
x
p1
Cap. 8
Pagina 10 di 33
(si nota che il segno – deriva, oltre che da considerazione analitiche, dal fatto
che il lavoro è considerato positivo se prodotto dalla macchina e ciò avviene
quando le pressioni diminuiscono).
Anche il lavoro tecnico specifico è misurato in J/kg.
Se all’esterno esiste la pressione atmosferica il lavoro utile non sarà
influenzato, compensandosi gli effetti fra la fase utile (movimento del pistone
da sinistra a destra) e quella passiva (movimento da destra a sinistra).
Lavoro di spostamento
Questa grandezza rappresenta il lavoro che il fluido che sta a monte di una
certa sezione imprime al fluido che sta a valle, per spostare la massa unitaria.
Con riferimento alla figura 8.3, tale lavoro risulta dallo spostamento della
sezione AA in quella BB, delimitando tali sezioni la massa infinitesima di
fluido.
A
A
B
dx
B
Figura 8.3 – Schema di un condotto per il calcolo del lavoro di spostamento.
Il lavoro compiuto risulta:
dL s= pAdx ,
mentre la massa spostata risulta:
dm=ϱV =ϱ A dx= A
dx
,
v
essendo:
ϱ la densità del fluido in kg/m3 ;
v il volume specifico dello stesso fluido in m3/kg.
Pertanto si ottiene:
l s=
dL s p
= =pv .
dm ϱ
Il lavoro di spostamento è una variabile di stato essendo il prodotto di due
variabili di stato.
Rappresentazione grafica dei lavori
Usando il diagramma di Clapeyron (vedi figura 8.4), che riporta le pressioni
sulle ordinate ed i volumi specifici sulle ascisse, il lavoro termodinamico è
rappresentato dall’area fra la linea della trasformazione, l’asse delle ascisse e le
ordinate estreme; il lavoro tecnico è rappresentato dall’area fra la linea stessa,
l’asse delle ordinate e le due ascisse estreme. Tali aree, lette in una opportuna
scala, per la conversione nelle unità fisiche, vanno moltiplicate per la scala delle
ascisse e per quella delle ordinate (es. se la scala delle ascisse è 1 cm = m3 / kg
e quella delle ordinata 1 cm = 100 N / m2, l’area di 100 cm2 corrisponde a:
1 x100 x 100 J/kg = 10000 J/kg).
Cap. 8
Pagina 12 di 33
lavoro introduzione
= lavoro scarico
= lavoro termodinamico
= lavoro tecnico
+
=
+
p
+
p1
+
p2
v2
v1
v
Figura 8.4 – Rappresentazione dei lavori di spostamento (introduzione e
scarico), termodinamico e tecnico sul diagramma di Clapeyron.
Essendo i lavori termodinamico e tecnico funzioni della trasformazione, è
bene precisare a quale si riferiscono con le notazioni:
l ad. ,
x
l ad. ,
l isot. ,
l isob. , ecc..
Dalle rappresentazioni di Clapeyron si nota che per una serie chiusa di
trasformazioni (che più avanti definiremo come ciclo):
x
l ciclo =l ciclo .
Quantità di calore
Essa viene scambiata dal sistema lungo una trasformazione; il suo simbolo è
Q per l’intero sistema e q per la sua unità di massa. In termini infinitesimi lo
indichiamo con dq.
Cap. 8
Pagina 13 di 33
Essendo tale grandezza dipendente dalla trasformazione il suo differenziale,
che viene anche detto non esatto, va associato alla indicazione della
trasformazione; avremo così:
[dq]isob.
calore scambiato in una trasformazione isobara,
[dq]isoc.
calore scambiato in una trasformazione isocora,
[dq]isot.
calore scambiato in una trasformazione isoterma,
e cosi via.
Tali grandezze vengono normalmente calcolate tramite la conoscenza dei
calori specifici, anch’esse grandezze dipendenti dalla trasformazione durante la
quale il calore è scambiato; così per una trasformazione a calore specifico
costante diverso da infinito (cioè senza cambiamento di stato di aggregazione ):
t2
[dq]cal.sp.cost =c dt e [q]cal.sp.cost =∫ c dt=c t 2−t 1 
t1
ed in particolare per trasformazioni a pressione e volume costanti:
t2
[dq]isob. =c p dt e [q]isob.=∫ c p dt=c p t 2−t 1  ;
t1
t2
[dq]isoc.=c v dt e [q]isoc.=∫ c v dt=c v t 2 −t 1 
.
t1
Lungo una isoterma, così come lungo le precedenti trasformazioni ed altre
ancora, si può giungere al valore di dq attraverso relazioni che legano tale
grandezza ad altre funzioni termodinamiche.
Le quantità di calore sono misurate in Joule termici (Jt) e quelle specifiche in
Joule termici al chilogrammo (Jt/kg).
Cap. 8
Pagina 14 di 33
Funzioni di stato e relativo calcolo
Le funzioni di stato sono grandezze termodinamiche il cui valore è legato
allo stato termodinamico del sistema ma è indipendente dal percorso effettuato
per arrivare a quello stato, partendo da un altro (es. di riferimento).
Queste grandezze, per questa proprietà, vengono chiamati anche potenziali.
Se si fissa uno stato di riferimento, cui si attribuisce un valore alla funzione
di stato, risulta definito il valore della stessa funzione in qualsiasi altro stato.
Viste sotto un’altra angolazione, queste grandezze possono essere definite o
tramite il loro valore finito ovvero tramite una relazione differenziale: mentre
nel primo caso il valore numerico è perfettamente stabilito, nel secondo, per via
dell’integrazione, tale valore è determinato a meno di una costante additiva.
Questa costante viene a volte stabilita fissando un valore costante (ad esempio
nullo) per uno stato di riferimento (generalmente per un sistema
monocomponente alla pressione di 1 bar ed alla temperatura di 0°C pari a
273,15 K; per i fluidi frigorigeni a volte si adotta la stessa pressione ma la
temperatura di – 80°C e per i criogenici anche quella di -273,15 °C cioé 0 K).
Partendo dallo stato di riferimento, per raggiungere quello per il quale si
vuole calcolare la funzione di stato, possono essere scelte combinazioni di
trasformazioni assolutamente arbitrarie in quanto il risultato non dipende da
queste ma solo dallo stato finale.
Le funzioni di stato, sia quelle già definite e che quelle che definiremo,
possono essere ricavate una dall’altra, secondo le esigenze che di volta in volta
si manifestano.
Bisogna sottolineare che, nel caso di una sostanza monocomponente, lo stato
termodinamico è perfettamente definito nota una coppia di grandezze di stato
fra loro indipendenti; la sostanza in questione può trovarsi pertanto ad una
temperatura diversa da quella di riferimento, ma anche ad una pressione diversa
da quella di riferimento. Quindi essa, per passare da uno stato all’altro deve
scambiare non solo calore ma anche energia meccanica sotto forma di energia
di pressione.
La quantità di calore (in Jt) sarà caratterizzata da una corrispondente exergia
(energia utilizzabile in J), mentre l’energia di pressione è già in J .
Cap. 8
Pagina 15 di 33
Vengono indicate le metodologie di calcolo delle seguenti funzioni di stato:
entropia, calore interno, entalpia ed exergia, l'ordine essendo determinato dalla
sequenzialità delle espressioni analitiche.
Entropia
Dalla definizione analitica di entropia si ottiene:
ds=
dq
T
che integrata fornisce:
T
s−s o=∫
To
dq
.
T
so=0 nello
La condizione di riferimento è generalmente
termodinamico corrispondente a p o=1 bar e T o=273,15 °C.
stato
Nel caso generico di un vapore (ad es. l'acqua), l'integrale sopra scritto si
suddivide in tre parti: riscaldamento del liquido, evaporazione e
surriscaldamento del vapore:
T
s−s o=∫
To
Ts
s
Ts
= cl
∫
273,15
Cap. 8
T
qev
dq
dq
dq
=
=∫

∫
T 273,15 T
Ts T T
T
qev
dT
dT

 c vp∫
T
Ts
T
T
s
Pagina 16 di 33
essendo:
T s temperatura di saturazione in K
q ev il calore di evaorazione alla pressione del vapore in Jt/kg
c l e c vp i calori specifici del liquido e del vapore a pressione costante.
Nel caso di grandi variazioni di calore specifico gli integrali vengono
spezzati in intervalli di temperatura entro i quali l'ipotesi calore specifico
costante possa considerarsi valida.
Nella zona di liquido, vapore surriscaldato e gas, dove i calori specifici
possono essere considrati costanti, l'integrale diventa:
Tb
sb −s a = c ∫
Ta
T
dT
= c log  b 
T
Ta
con c calore specifico della sostanza per la trasformazione considerata.
Calore interno
Questa grandezza è normalmente chiamata energia interna; non avendo
però il significato di una energia effettivamente e completamente trasformabile
in lavoro, sempre nell’intento di evitare confusioni tramite l’uso di vocaboli non
appropriati, anche se diffusi, noi la chiameremo calore interno.
Esso è definito dalla relazione differenziale:
du=dq− pdv
e si dimostra essere una funzione di stato pur essendo la somma di due
differenziali non esatti.
Per integrazione fra due condizioni 0 e 1 lungo una linea qualsiasi:
Cap. 8
Pagina 17 di 33
u 1−u 0 =q−l quals
e supposto di considerare nullo il calore interno nella situazione 0
p0 =1 bar
e
caratterizzata, per una sostanza monocomponente, da
T 0=273,15 K, il calore interno ha un valore definito e calcolabile o
misurabile per ogni stato termodinamico della sostanza esaminata.
Si fa notare che questa grandezza non rappresenta una energia ma bensì una
quantità di calore equivalente alla somma fra la quantità di calore scambiabile
dalla sostanza fra la condizione in esame e quella di riferimento e l’energia di
pressione (lavoro termodinamico), immaginata tutta convertita in calore con un
processo del tipo di quello usato da Joule, per poterla sommare ad una quantità
di calore.
Supponendo di percorrere, dallo stato di riferimento al generico stato in
esame, una trasformazione adiabatica ed una isobara, per l’unità di massa di
sostanza, si ottiene:
p
T
pa
T
u=[∫ p dv ]adiab [∫ dq]isob=l adiabc p T −T x =l ad qisob ,
x
avendo indicato con:
p e T
pressione e temperatura del generico stato in esame,
T x la temperatura al termine della trasformazione adiabatica,
c p il calore specifico medio alla pressione p fra le temperature T e T x .
Le unità di misura del calore interno sono Jt /kg.
Entalpia
E’ definita dalla relazione differenziale:
Cap. 8
Pagina 18 di 33
dh=dqvdp=dq−dl x
e si dimostra essere anch’essa una funzione di stato essendo la somma di due
differenziali esatti:
dh=du pdvvdp=dud  pv .
Per integrare questa relazione fra gli stati 0 e 1 bisogna ricordare che, ai fini
del calcolo dell’entalpia, qualsiasi percorso si scelga il risultato è identico; per
ragioni di semplicità possiamo seguire il percorso:
a) scambio di calore a pressione costante
lavoro tecnico è nullo;
p0
(isobara) lungo il quale il
b) compressione senza scambio di calore con l’esterno (adiabatica) lungo il
quale il calore scambiato è nullo.
Pertanto:
h1−h0=∫ dqisob −∫ dl x adiab=qisob−l x adiab ,
dove:
qisob
è la quantità di calore per riscaldare il sistema alla pressione
p 0 dalla temperatura
T 0 ad una temperatura T x dalla quale, con
compressione adiabatica si possa raggiungere lo stato 1;
x
l adiab è il lavoro di compressione od espansione adiabatico dalla
pressione p 0 alla p1 . Supposto di considerare nulla l’entalpia nello stato
p 0=1 bar e
0 caratterizzato, per una sostanza monocomponente, da
T 0=273,15 K (corrispondnte a t 0 =0 °C), l’entalpia ha un valore definito
e calcolabile o misurabile per ogni stato termodinamico della sostanza
esaminata.
La differenza di entalpia eguaglia la differenza, in termini di quantità di
calore (cioè in Jt ), fra i due stati termodinamici di ingresso e di uscita di una
Cap. 8
Pagina 19 di 33
macchina a rinnovamento di fluido.
Infatti per una macchina di tale tipo, trascurando le differenze fra le energie
cinetiche e potenziali fra ingresso ed uscita, l’equazione di bilancio delle
quantità di calore (vedi capitolo quinto) fornisce:
1) per una macchina a rinnovamento di fluido perfettamente adiabatica
(macchina motrice od operatrice termicamente isolata):
h1−h 2=l
x
e per una macchina che effettui una trasformazione isobara (scambiatore di
calore):
h 2 −h1=q
Le unità di misura dell’entalpia sono Jt / kg.
Dalla definizione di entalpia e dalle conseguenti proprietà (legate all'uso del
lavoro tecnico) deriva chiaramente che questa grandezza presenta interesse
esclusivamente in quelle macchine, componenti o trasformazioni che
operano a flusso continuo di calore o di fluido (macchine a rinnovamento di
fluido); presenta molti problemi ed è bene evitarne l'uso in quelle
trasformazioni che si riferiscono ad una massa costante che viene elaborata e
nelle quali è interessato il lavoro termodinamico.
Exergia (energia utilizzabile)
Questa grandezza, stabilita una temperatura ambiente e solamente in questo
caso, è considerabile come una funzione di stato (se così non fosse cadrebbe
l’univocità del principio di Carnot); essa può essere calcolata scegliendo il o i
percorsi più semplici per passare da uno stato all’altro.
La condizione di riferimento, corrispondente ad exergia nulla, è quella alla
temperatura ambiente T a ed alla pressione p a di 1 bar.
Cap. 8
Pagina 20 di 33
Il modo più semplice per calcolarla è fare riferimento alla relazione:
b=h−ho−T a  s−s o 
che implica il preventivo calcolo delle entalpie e delle entropie.
Le unità di misura sono J / kg.
Si fa notare che tale grandezza risulta positiva sia per stati termodinamici
sopra la temperatura ambiente che per quelli sotto la stessa temperatura: infatti
per questi ultimi il lavoro per lottenimento della bassa temperatra è speso
(negativo) e la quantità di calore a bassa temperatura ( q 2 ) è presa dal sistema
(negativa).
Anche questa grandezza, collegata all'entalpia, presenta gli stessi interessi di
quest'ultima: uso nelle macchine e componenti a flusso continuo; se ne
sconsiglia l'uso invece negli altri casi.
Trasformazioni tipiche
Si riportano alcune trasformazioni tipiche, prevalentemente ricavate per i gas
ideali, presentanti dote di semplicità; una serie integrativa di tali espressioni
sono riportate in Appendice.
●
trasformazione isotermica o isoterma quando viene mantenuta costante la
temperatura; facendo variare arbitrariamente la pressione p si deve
determinare il volume v , o viceversa.
- nel caso dei gas questa trasformazione (isoterma) è governata dalla legge
di Boyle:
pv=costante ,
Cap. 8
Pagina 21 di 33
in cui p è la pressione alla quale si trova il gas e v è il suo volume specifico.
- nel caso dei gas reali e dei vapori surriscaldati si usano espressioni
polinomiali ovvero si utilizzano le precedenti equazioni introducendo
coefficienti correttivi di derivazione sperimentale.
- nel caso di vapori saturi la trasformazione isoterma è contemporaneamente
isobara e la corrispondenza è fornita dalle relazioni di saturazione; il volume
specifico varia in conseguenza del titolo;
- nel caso di liquidi e di solidi il volume specifico varia pochissimo in
funzione della pressione e normalmente se ne trascura l’effetto.
●
trasformazione isobara
Si mantiene costante la pressione;
- per i gas ideali la legge che regola questa trasformazione è la prima legge
di Gay-Lussac: gli aumenti di volume ( v t ) a pressione costante di una
determinata massa di gas a 0°C sono indipendenti dalla natura del gas, sono
direttamente proporzionali al volume iniziale del gas ( v 0 ) ed agli aumenti di
temperatura ( t ). Il che vuol dire:
v t – v 0 = v 0 t
v t =v 0 1 t  .
Se si pone:
1
T = t ,

Cap. 8
Pagina 22 di 33
si ottiene:
v t =v 0  T .
 , sensibilmente eguale per tutti i gas, viene detto
Il coefficiente
coefficiente di dilatazione dei gas a pressione costante e dall’esperienza si
ha:
=
1
=0,000367
273,15
il che vuol dire che elevando la temperatura di una determinata massa di gas da
0 °C a 1 °C , e mantenendo costante la pressione, il suo volume aumenta di
1/273,15 del volume iniziale.
- per i gas reali ed i vapori si usano espressioni polinomiali ovvero si
utilizzano le precedenti equazioni introducendo coefficienti correttivi di
derivazione sperimentale.
- per i vapori saturi le trasformazioni isobare sono anche isoterme ed in esse
il volume specifico varia in funzione del titolo secondo la equazione di stato.
- per i liquidi il volume specifico varia secondo la legge:
v=v o t−t o  ,
con  coefficiente di dilatazione cubica del liquido.
Cap. 8
Pagina 23 di 33
- per i solidi vale la stessa relazione che per i liquidi, con la differenza che
 è relativo al solido ed è tre volte il coefficiente di dilatazione lineare.
●
trasformazione isovolumica o isocora
Si mantiene costante il volume e si varia uno qualsiasi degli altri parametri di
stato.
- per i gas
Il fenomeno è regolato dalla seconda legge di Gay-Lussac: a volume
costante, gli aumenti di pressione ( pt ) di una determinata massa di gas a 0 °
C sono indipendenti dalla natura del gas, e sono direttamente proporzionali alla
pressione iniziale ( p 0 ) ed agli aumenti di temperatura ( t ):
p t − p0 = p 0 t .
Il valore del coefficiente  , coefficiente di dilatazione a volume
costante è dato dall’esperienza e risulta, almeno in prima approssimazione,
indipendente dalla natura del gas e numericamente eguale al coefficiente di
dilatazione a pressione costante  .
- per i gas reali, i vapori surriscaldati e per i vapori saturi
Le linee isocore sono tracciate sui diagrammi di stato.
- per i liquidi e per i solidi
Essendo gli incrementi di pressione elevatissimi, le relazioni analitiche sono
poco frequenti e generalmente gli incrementi di pressione vengono calcolati
passando attraverso relazioni indirette.
●
Cap. 8
trasformazione adiabatica
Pagina 24 di 33
La trasformazione adiabatica è definita come una trasformazione senza
scambio di calore con l’esterno; può invece avvenire uno scambio di lavoro.
La trasformazione adiabatica può essere reversibile ed in tal caso la
produzione di entropia è nulla (trasformazione isoentropica); questa proprietà è
reversibile.
Quindi:
trasformazione adiabatica + reversibile = isentropica
trasformazione isentropica + adiabatica = reversibile
Una trasformazione può però manifestarsi come isentropica anche quando la
produzione di entropia, dovuta a fenomeni irreversibili, viene trasmessa
all’esterno.
- per i gas ideali, reali e per i vapori
La trasformazione è caratterizzata dalla relazione:
k
k
p v =cost= po v o ,
essendo k una costante tipica del gas chiamata esponente dell’adiabatica. I
valori di tale grandezza, che si dimostra corrispondono al rapporto c p /c v fra
i calori specifici a pressione costante ed a volume costante, per alcuni tipi di gas
sono indicati nella tabella 8.1.
- per i vapori saturi, per i liquidi e per i solidi
Esistono valori sperimentali dell’esponente, validi entro definiti campi di
pressioni e di temperature.
Cap. 8
Pagina 25 di 33
Tabella 8.1 – Valori dei calori specifici a pressione ed a volume costanti e
della costante di elasticità.
Sistema internazionale
Sostanza
R
J/kgK
●
M
cp
cv
k
Sostanza
kg/kgmole kJt/kgK kJt/kgK
He
2078,0
4,002
5,190
3,110
1,67
He
H2
4124,0
2,060
14,200
10,100
1,41
H2
O2
259,8
32,000
0,917
0,656
1,4
O2
N2
296,8
28,020
1,040
0,748
1,4
N2
CO
296,8
28,010
1,040
0,743
1,4
CO
Aria
287,0
28,970
1,010
0,717
1,4
Aria
CO2
188,9
44,010
CO2
H2O
461,4
18,020
H2O
NH3
448,1
17,030
NH3
trasformazione politropica
La trasformazione politropica è caratterizzata da una relazione del tipo:
pv n=cost= p o vno ,
con n reale qualsiasi.
Questa trasformazione per i gas ideali corrisponde ad una trasformazione a
calore specifico c costante.
Cap. 8
Pagina 26 di 33
Si dimostra che:
n=
c−c p
.
c−cv
Nella realtà queste trasformazioni vengono utilizzate per approssimare
trasformazioni reali o prese nella loro interezza o eventualmente in ciascun
tronco in cui vengono suddivise; i valori di p o , v o ed n vengono in tal
caso determinati sperimentalmente.
Si nota che tutte le trasformazioni esaminate possono essere ricondotte a
politropiche pur di scegliere opportunamente il valore di n .
●
trasformazione isoentalpica
E’ caratterizzata dalla relazione:
h=cost=ho .
Questa trasformazione avviene in un componente impiantistico chiamato
valvola di espansione o di trafilazione.
●
altre trasformazioni
Molte altre trasformazioni potrebbero essere immaginate; in tali casi le
relazioni fra le variabili del fenomeno vengono derivate attraverso correlazioni
che coinvolgono indirettamente altre variabili.
Cap. 8
Pagina 27 di 33
Quantità di calore e lavori connessi alle varie
trasformazioni
Per eseguire le trasformazioni anzidette bisogna scambiare con il sistema
delle quantità di calore q o dei lavori termodinamici l o tecnici l*, dipendenti
dal tipo di trasformazione (i differenziali di tali grandezze non sono esatti);
nella tabella in appendice vengono indicate le espressioni di alcune di esse.
A titolo esplicativo si ricava:
- lavoro termodinamico lungo una politropica di esponente n:
p2
p 2 n−1
1
[1−  n ] ;
l=∫ pdv=
n−1
p1
p
1
- lavoro tecnico lungo una politropica di esponente n:
p2
l =∫ vdp=
x
p1
p 2 n−1
n
[1−  n ] ;
n−1
p1
- quantità di calore lungo una trasformazione a calore specifico
c costante e diverso da zero (isoterma) o da infinito (cambiamento di stato di
aggregazione):
t2
t2
t1
t1
q=∫ dq=c ∫ dt=c t 2−t 1  .
Cap. 8
Pagina 28 di 33
Tabelle di formule
In appendice sono riportate alcune tabelle che riportano le formule utilizzate
per il calcolo delle grandezze di stato, sia in espressione differenziale che
integrata, nel caso generale ed in quello particolare dei gas ideali.
Per queste ultime sostanze sono anche indicate le espressioni analitiche utili
per il calcolo delle varie grandezze nel caso di trasformazioni specifiche. Ad
esplicazione di questa ultima tabella la chiave di lettura è la seguente: la
grandezza indicata alla sommità della colonna si ottiene attraverso l'espressione
indicata all'incrocio della colonna stessa con la riga indicante la trasformazione
scelta. Come esempio se fosse richiesta la temperatura T lungo una
trasformazione isobara, l'espressione si troverebbe dall'incrocio della colonna T
con la riga ISOBARA, ottenendo:
T =T 1
v
v1
nella quale i simboli con l'indice 1 corrispondono allo stato iniziale e i simboli
senza indice corrispondono allo stato generico che, in particolare, può
coincidere con quello finale.
Nel caso non si conoscano le grandezze a secondo membro esse vanno
calcolate con:
- le equazioni di stato corrispondenti allo stato iniziale (indice 1);
- le equazioni della trasformazione considerata quelle senza indice.
Proprietà dei diagrammi termodinamici
Si riportano alcune proprietà dei diagrammi termodinamici utili per una
migliore compensione delle elaborazioni analitiche:
Diagramma di Clapeyron
Cap. 8
Pagina 29 di 33
Esso rappresenta correttamente, con una opportuna scala, i lavori
termodinamico, tecnico e di spostamento (vedi figura 8.4).
Diagramma di Gibbs
Esso rappresenta correttamente le quantità di calore scambiate lungo una
trasformazione rappresentata da una opportuna linea (vedi figura 8.5).
Si fa notare che in una compressione/espansione con attriti, l'area sottostante
la linea della trasformazione (non più isentropica) rappresenta il calore messo in
gioco dagli attriti.
Altra osservazione molto importante è che i lavori sviluppati o assorbiti in
un ciclo termodinamico si ottengono esclusivamente dalla dfferenza fra le aree
corrispondenti alle quantità di calore scambiate con l'esterno.
Diagramma di Mollier
Sul diagramma di Mollier del vapore (vedi figura 8.6) si leggono
immediatamente come differenze di entalpie:
- la quantità di calore scambiata lungo una trasformazione isobara:
q=h 2−h1 ;
- il lavoro compiuto o assorbito da una macchina a rinnovamento di
fluido (lavoro tecnico) lungo una trasformazione adiabatica (reversibile o
irreversibile):
x
l =h 2−h3 .
La tangente ad una linea isobara fornisce la temperatura assoluta.
Cap. 8
Pagina 30 di 33
=
T [K]
T2
calore scambiato
positivo
negativo
2
1
T1
s
s2
s1
sottotangente =
calore specifico
Figura 8.5 – Diagramma di Gibbs con la indicazione dell’area rappresentante
il calore scambiato lungo una trasformazione ed il calore specifico in un punto
di una trasformazione.
h
q=h2-h1
(kJ/kg)
l=h2-h3
2
h2
adiabatica
isobara
P
h3
3
h1
1
T
(kJ/kg K)
s
Figura 8.6 – Diagramma di Mollier per il vapore con l’indicazione del lavoro
compiuto o assorbito lungo una trasformazione adiabatica (reversibile o
irreversibile), della quantità di calore scambiata lungo una trasformazione
isobara e della temperatura assoluta in un punto P di una linea isobara.
Cap. 8
Pagina 31 di 33
Diagramma log p – h (a volte chiamato di Mollier a causa della funzione
entalpia introdotta da tale ricercatore)
In questo diagramma (vedi figura 8.7), utilizzato per il calcolo degli impianti
frigoriferi e delle pompe di calore, si leggono immediatamente, come differenze
di entalpia, sia il lavoro di compressione (adiabatico reversibile o non), sia le
quantità di calore scambiate dal condensatore e dall’evaporatore (isobare).
q 2 = h 1- h 4
l = h 1- h 2
log p
p2
2
3
p1
1
4
h3 = h 4
h1
h2
h
Figura 8.7 – Diagramma log p - h con indicazione delle linee isobare,
adiabatica ed isoentalpica componenti un ciclo inverso; le differenze di entalpie
forniscono: lungo una adiabatica il lavoro di compressione e lungo le isobare le
quantità di calore scambiate dal condensatore e dall’evaporatore.
Temperatura assoluta
E’ ovvio che, se ad un aumento di temperatura di un gas a volume costante
corrisponde un aumento di pressione, ad ogni abbassamento di temperatura
Cap. 8
Pagina 32 di 33
corrisponderà una diminuzione di pressione. Ci si pone il problema di
determinare a quale temperatura la pressione si annulla. Dovendo essere pt
= 0 , la legge delle isovolumiche si dovrà scrivere:
0= p 0 1 t  ;
p0 è costante, dovrà essere:
ma, siccome
1 t=0 .
Per
=
1
, risolvendo rispetto a t, si ha t = -273,15 °C.
273,15
Cioé‚ a – 273,15 °C la pressione del gas diventa nulla. Poiché‚ non si può
avere una pressione negativa, la temperatura – 273,14°C è la più bassa possibile
e prende il nome di zero assoluto.
Le temperature assolute sono contate a partire dallo zero assoluto, che è una
temperatura limite alla quale non si può giungere sperimentalmente.
Attualmente la temperatura assoluta è definita su base termodinamica,
supponendo di effettuare dei cicli ideali di Carnot fra le temperature dei bagni
di riferimento e legando le temperature assolute alle quantità di calore
scambiate.
Tenendo però presente che la temperatura dello zero assoluto rappresenta
una temperatura limite, praticamente irraggiungibile, si adotta la convenzione
che essa sia 273,15 °C sotto lo 0 °C, quest'ultimo ottenuto da un bagno
termostatico al punto triplo dell’acqua.
Cap. 8
Pagina 33 di 33