1 • General Philosophy
Ischemia intestinale acuta
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MOSHE SCHEIN • PAUL N. ROGERS
“La chirurgia vascolare è particolare perché, sopra ogni cosa, è la chirurgia dei disastri.”
(Cid dos Santos)
“L’ostruzione dei vasi mesenterici è considerata una di quelle condizioni impossibili da
diagnosticare, con prognosi infausta, per cui il trattamento è praticamente inutile.”
(A. Cokkins, 1921)
L’ischemia intestinale acuta coinvolge, naturalmente, la regione irrorata dall’arteria mesenterica superiore (AMS). L’organo prevalentemente coinvolto è quindi l’intestino tenue, ma anche il colon destro può essere interessato – in quanto
sempre vascolarizzato dalla AMS. Dell’ischemia del colon, che è molto meno frequente, discuteremo in un capitolo a parte (vedi colite ischemica, ●❯ Cap. 24).
Il problema
Il problema è dovuto all’improvvisa diminuzione della perfusione arteriosa
del tenue che determina rapidamente l’insorgenza di dolore addominale localizzato in mesogastrio. Se non trattato, questo processo coinvolge progressivamente lo
strato muscolare dell’intestino ed è soltanto dopo qualche ora, quando viene coinvolta anche la sierosa, che compaiono i segni peritoneali. Per cercare di semplificare le cose, suddividiamo l’ischemia intestinale acuta (IIA) in 3 tipi, tutti e tre piuttosto frequenti:
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Trombotica: dovuta ad una trombosi arteriosa acuta che di solito ostruisce
l’ostio della AMS con conseguente ischemia massiva di tutto l’intestino tenue
e del colon destro – l’area rifornita dalla AMS.
Embolica: dovuta ad una embolizzazione prossimale ad origine cardiaca
(fibrillazione atriale, sindrome miocardica post-infartuale, valvulopatia) o
dall’aorta aneurismatica o aterosclerotica. L’embolo generalmente si localizza
nella AMS prossimale ma al di là dell’origine dell’arteria colica media, perciò
– di regola – il segmento più prossimale dell’intestino tenue viene risparmiato con il colon trasverso e (probabilmente) con quello destro. Gli emboli tendono a frammentarsi e a riembolizzare distalmente, dando origine ad una
ischemia a chiazze del tenue.
Non occlusiva: dovuta ad una ridotta perfusione, senza una trombosi arteriosa o un embolo documentati. Occorre comunque notare che una aterosclerosi mesenterica di base può rappresentare il fattore precipitante/contribuente. Il
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“flusso ridotto” è determinato da un deficit dell’output cardiaco (ad es. shock
cardiogeno), da una riduzione del flusso mesenterico (ad es. ipertensione
intra-addominale) o da una vasocostrizione mesenterica (ad es. somministrazione di vasopressori) – tuttavia, di solito è dovuto alla combinazione di questi fattori e si sviluppa su un background di pre-esistente patologia critica.
Anche una trombosi venosa mesenterica può determinare una ischemia del
tenue. Le caratteristiche ed il trattamento di tale entità sono completamente diverse. Questo argomento verrà discusso a parte.
Il problema è che, nella pratica clinica, al di fuori dei libri di testo, l’ischemia
intestinale viene generalmente riconosciuta quando ha già determinato una gangrena intestinale. A quel punto il vaso di Pandora (ovvero la SIRS – sindrome da
risposta infiammatoria sistemica) è stato aperto e, anche rimuovendo tutto l’intestino infartuato, non sempre sarà possibile prevenire una insufficienza d’organo ed
il decesso. Anche nel caso in cui tali conseguenze fisiologiche vengano risolte, il
paziente finisce spesso col diventare un “menomato intestinale”, con una sindrome
da intestino corto.
La valutazione del problema
È tipico che il quadro clinico precoce sia aspecifico – il paziente lamenta un
forte dolore addominale, sempre che sia in grado di lamentarsi – ed il medico non
ha rilievi significativi all’esame clinico.
Ci possono essere stati pregressi episodi di un simile dolore ai pasti, accompagnati da calo ponderale, suggestivi di una pre-esistente angina mesenterica.
L’anamnesi o la manifestazione di una patologia vascolare aterosclerotica sistemica
sono praticamente la norma nei pazienti con trombosi mesenterica, mentre nei
pazienti con embolia mesenterica è frequentemente presente una fonte di emboli,
come ad es. una fibrillazione atriale. I pazienti con ridotta perfusione, sono spesso
moribondi a causa della grave malattia di base da cui sono affetti.
Nausea, vomito, diarrea ed ematochezia insorgono tardivamente, a volte mai.
Dovete resistere alla tentazione istintiva di attribuire i sintomi aspecifici a qualche
altra patologia benigna come ad una gastroenterite, a meno che non sia presente
una storia, associata ai sintomi, di patologia alternativa. E, a proposito, negli anziani è molto raro che una diagnosi di “gastroenterite acuta” sia quella definitiva.
I risultati dell’esame clinico nei primi stadi della malattia, sono proditoriamente ingannevoli; l’irritazione peritoneale appare troppo tardi, quando l’intestino
è ormai necrotico.
La radiografia diretta dell’addome, se eseguita negli stadi precoci della malattia, non ci è di aiuto: è sempre “nella norma”; in seguito, potrà mostrare un ileo adinamico con anse del tenue visibili e livelli idro-aerei, ma con gas e feci in un colon
e retto normali. Anche i test di laboratorio sono il più delle volte nella norma, almeno sino a quando l’intestino non sarà più vitale; soltanto allora si avrà leucocitosi,
iperamilasemia e acidosi lattica.
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In conclusione, nelle fasi iniziali di una ischemia intestinale acuta, l’esame
clinico, tutti i più disparati esami radiologici e tutti i test ematici disponibili possono risultare nella norma. A questo punto, se sospettate una ischemia intestinale, avete due possibilità: la prima è di annotare sulla cartella “esame dell’addome
nella norma; non è da escludere una ischemia intestinale: da rivalutare in seguito”, la seconda è di ordinare una TC, che ha sostituito l’angiografia mesenterica
come modalità di screening iniziale nella IIA. Benché l’angiografia sia più specifica ed accurata i chirurghi sono riluttanti ad eseguire una procedura invasiva in
pazienti con un quadro clinico aspecifico. Sfortunatamente la prima opzione è
quella più frequentemente adottata dai più – determinando così una procrastinazione, una diagnosi ed un trattamento tardivi ed una percentuale elevata di
mortalità.
Tomografia computerizzata
Per essere diagnostico l’esame deve prevedere l’utilizzo del mezzo di contrasto per os ed ev (angio-TC) e concentrarsi su due aree: la parete intestinale ed
i vasi mesenterici. Il reperto più frequente è l’ispessimento della parete intestinale che, tuttavia, non è specifico. La parete intestinale può presentarsi con un basso valore di attenuazione per la presenza di edema o, quando è in atto una emorragia sottomucosa, con un valore di attenuazione alto per la presenza di emoderivati.
La visualizzazione dell’enhancement (segnale di rinforzo) dinamico nelle
anse intestinali interessate può migliorare la diagnosi. Le anse coinvolte possono mostrare assenza di enhancement, enhancement ritardato o enhancement persistente rispetto a quelle non coinvolte. La pneumatosi è un segno raro ma specifico, dovuto alla presenza di gas intraluminale che disseca la parete intestinale
friabile. L’angio-TC è anche in grado di visualizzare emboli nella AMS o una
trombosi della AMS alla sua origine. Da queste descrizioni è facile capire che
anche i reperti TC, in questa patologia, sono difficilmente definiti ed è facile non
riconoscerli.
Angiografia mesenterica
Per poter essere utile l’angiografia deve essere eseguita prima che l’intestino
diventi gangrenoso. L’orologio corre ed ogni minuto che passa riduce le possibilità
che il paziente ed il suo intestino sopravvivano. Occorre puntualizzare che in un
“addome acuto” con segni peritoneali l’angiografia è controindicata. Il radiologo
dovrebbe iniziare con una angiografia in più proiezioni (cioè includendo una visualizzazione laterale che mostri le origini della AMS e l’asse celiaco). Se l’ostio della
AMS è ostruito significa che è in atto una trombosi e che perciò è necessario intervenire immediatamente (l’angiografia fornisce il mappaggio per una ricostruzione
vascolare), a meno che non sia chiaramente evidente un buon circolo collaterale
vicariante. Se l’ostio è pervio, il radiologo fa avanzare il catetere lungo la AMS. La
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presenza di emboli distalmente all’origine dell’arteria colica media determina un
difetto di riempimento in una AMS sostanzialmente normale.
Trattamento non chirurgico
In assenza di segni peritoneali è giustificato tentare un trattamento non chirurgico, modulato sui reperti clinici/TC/angiografici. L’angiografia diagnostica
selettiva può, a questo punto, diventare terapeutica con l’infusione di un agente
trombolitico per lisare il trombo o l’embolo, aggiungendo o meno papaverina1 per
ridurre il vasospasmo mesenterico associato. La remissione dei sintomi addominali e la risoluzione angiografica indicano che l’emergenza è terminata; una preesistente stenosi dell’arteria mesenterica potrà essere trattata in elezione, sempre che
ve ne sia l’indicazione.
Nel caso di una ischemia mesenterica non occlusiva l’approccio prevede il
tentativo di risolvere la compromissione emodinamica. Per ridurre l’arteriospasmo
associato è stata consigliata l’infusione selettiva intra-arteriosa di un vasodilatatore, la papaverina2. I pochi fautori di questo metodo hanno riportato “risposte positive”. Quando la causa è un embolo, dopo che il trattamento endovascolare ha avuto successo, è indicata una terapia anticoagulante a lungo termine. Un’ultima cosa
– mentre vi affrettate verso la sala arteriografica, ricordatevi di idratare adeguatamente il paziente per contrastare gli effetti nefrotossici del mezzo di contrasto – ne
potrebbe essere utilizzato in grandi quantità.
Trattamento chirurgico
Come abbiamo già detto, la presenza di segni peritoneali è una controindicazione all’arteriografia, ma pone l’indicazione all’intervento chirurgico; la stessa cosa
vale quando il trattamento non chirurgico non ha successo (vedi sopra).
Attraverso una incisione mediana valutate la vitalità dell’intestino. Di solito ci
sono due possibilità: in una l’intestino è francamente necrotico (morto), nella
seconda l’intestino appare ischemico (scuro) e di dubbia vitalità.
Infarto intestinale. L’infarto dell’intestino tenue di solito si associa ad un
infarto del colon destro (stessa, medesima vascolarizzazione!) ed indica una trombosi della AMS. Teoricamente, qualche sporadico paziente potrebbe sopravvivere
alla resezione di tutto l’intestino tenue e del colon destro. Potrebbe addirittura tollerare una anastomosi duodeno-colica ed essere poi sottoposto, a domicilio, a nutrizione parenterale totale (NPT). Ma la mortalità, nei pazienti anziani vasculopatici
sottoposti a questo trattamento, si aggira sul 100% ed i costi sono immensi. Se
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Che l’infusione di papaverina intra-arteriosa apporti dei vantaggi fa parte di un mito nato
con uno studio retrospettivo di 20 anni fa, in un ospedale di New York e, da allora, perpetuato in review e testi ma mai ulteriormente corroborato da una significativa esperienza clinica.
2 Leggi nota precedente.
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doveste trovarvi coinvolti in una situazione simile, il nostro consiglio è di uscire un
momento dalla sala operatoria, parlare con i familiari del paziente, spiegare loro che
tutto ciò che potreste fare servirebbe soltanto ad aumentare la sofferenza del loro
caro, tornare in sala operatoria e richiudere l’addome contenente l’intestino non
vitale. Somministrate un bel po’ di morfina e di conforto. La gangrena franca di un
segmento breve o di segmenti multipli del tenue denota una embolia. Dopo aver
resecato tutti i segmenti non vitali, esaminate con attenzione il restante intestino.
Misuratelo: quant’è lungo? Soltanto circa la metà dei pazienti con un intestino
tenue residuo inferiore ad 1 metro sopravvive senza NPT (il risparmio della valvola ileo-cecale migliora la prognosi). A questo punto osservate l’intestino residuo.
Siete sicuri che non sia compromesso? Le arcate mesenteriche stanno pulsando normalmente? Palpate la AMS alla radice – la sua pulsazione è valida?
Intestino cianotico. Quando l’intestino residuo non vi soddisfa o quando, sin
dall’inizio, l’intestino è francamente ischemico, di colorito violaceo e la sua vitalità è
dubbia, procedete in questo modo: avvolgete l’intestino con delle garze calde intrise
di fisiologica ed aspettate 15 minuti. Toglietevi i guanti e prendetevi un caffè; i chirurghi non riescono a stare a guardare un campo inattivo per troppo tempo senza
iniziare ad agitarsi. Se l’intestino non diventa di un bel rosa significa che è necessario
resecare. Quando la lunghezza dell’intestino residuo sano si riduce ad 1,5 metri è consigliabile lasciare in sede l’intestino dubbio per riesaminarlo in seguito (second look –
vedi in seguito). Salvando anche un piccolo segmento di tenue è possibile aumentare le probabilità di una discreta qualità di vita. Alcuni autori raccomandano l’uso del
Doppler portatile per valutare la perfusione del versante antimesenterico dell’intestino; altri utilizzano l’angiografia intraoperatoria con fluorosceina. Potete decidere di
utilizzare questi apparecchi se sono a vostra disposizione, ma il vostro giudizio clinico è efficace quanto un qualsiasi aggeggio di tal fatta (●❯ Fig. 23.1).
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Fig. 23.1. “Quanto devo resecare?”
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Tecniche vascolari aggiuntive
La situazione ideale per migliorare chirurgicamente la perfusione di un intestino tenue ischemico è eseguire l’intervento dopo una arteriografia d’urgenza (e
dopo il fallimento del trattamento endovascolare) in un intestino vitale o dubbio. È
ovvio che quando l’intestino è necrotico, certamente non potrà essere rivascolarizzato! L’arteriografia a questo punto è, a tutti gli effetti, una mappa stradale: quando la
AMS è occlusa – trombizzata all’origine – è indicato un bypass in vena o in protesi
– che sia esso anterogrado o retrogrado – per riperfondere la AMS (questo quadro è,
comunque sia, piuttosto raro); è più facile invece che abbiate a che fare con un quadro di embolia della AMS. Cercate la AMS palpando subito alla base del mesocolon:
se non pulsa, la troverete dopo aver inciso il peritoneo, a destra della vena mesenterica superiore (quel vaso grosso/blu!). Dopo averne ottenuto il controllo, aprite l’arteria trasversalmente e introducete, a monte e a valle, un piccolo catetere di Fogarty.
Potete terminare la procedura iniettando distalmente dell’urochinasi per lisare i coaguli nei rami distali che non possono essere raggiunti dal Fogarty.
Anastomizzare o non anastomizzare?
Dovete essere molto selettivi se volete tentare una anastomosi dopo resezione dell’intestino devitalizzato. Il paziente deve essere emodinamicamente stabile e
lo stato nutrizionale essere almeno discreto. Per poter essere anastomizzato, l’intestino residuo deve essere, senza ombra di dubbio, vitale e non deve esserci una infezione in atto nella cavità peritoneale. Ancora più importante è la risoluzione della
causa dell’ischemia. Un altro fattore che può significativamente influenzare la
vostra decisione è la lunghezza dell’intestino residuo: quando si reseca più della
metà di intestino tenue, la resezione è considerata “massiva” e, ripristinare la continuità intestinale in questi casi, determinerebbe una diarrea intrattabile e sicuramente mal tollerata. Infine, la ragione principale per cui non si deve confezionare
una anastomosi intestinale è la possibilità che si verifichi un ulteriore evento ischemico intestinale.
Nel caso in cui quindi manchino i fattori favorevoli descritti precedentemente o in cui la resezione sia “massiva”, raccomandiamo di esteriorizzare le due estremità di intestino resecato come per una ileostomia terminale ed una fistola mucosa, possibilmente attraverso un’unica apertura della parete addominale (questo
consentirebbe di eseguire una re-anastomosi successiva senza dover ricorrere ad
una laparotomia maggiore). L’aspetto della stomia, nel periodo post-operatorio,
rifletterà accuratamente lo stato dell’intestino residuo.
Procedure second-look?
Un “second-look” pianificato di routine consente di rivalutare direttamente e
il più precocemente possibile la vitalità dell’intestino, prima che siano rilasciati
ulteriori mediatori della SIRS, con l’obiettivo di conservare una lunghezza maggio-
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re di intestino vitale. Questo concetto è, almeno in teoria, interessante e spinge molti chirurghi a riesplorare routinariamente i pazienti dopo 24-48 ore. Riscontrare, in
corso di re-intervento, un intestino completamente sano è, ovviamente, rassicurante ma, attenzione, l’anastomosi può andare incontro a filtrazione anche dopo 5 giorni da che è risultata integra! Se pianificate un “second-look”, non c’è poi bisogno di
chiudere l’addome al termine del primo intervento: trattatelo come una laparostomia (●❯ Cap. 38); seguendo questa condotta comportamentale, si ridurrà una possibile ipertensione intra-addominale aumentando quindi ulteriormente il flusso
ematico della mesenterica.
Una alternativa comportamentale è il chiudere l’addome lasciando alcuni port
laparoscopici vicini all’intestino attraverso cui inserire, successivamente, un laparoscopio per valutare lo stato dell’intestino.
In breve – un second-look risulta indicato nella maggior parte dei pazienti in
cui, al termine dell’intervento, non sia stata confezionata una stomia. I pazienti che
presentano una stomia vitale e che, clinicamente, sono peraltro in buone condizioni, possono essere semplicemente tenuti sotto controllo clinico.
Trombosi della vena mesenterica
È una condizione rara in cui si ha una ostruzione del deflusso venoso dall’intestino. La presentazione clinica è del tutto aspecifica con dolore addominale e
sintomi gastro-intestinali variabili, che possono durare per qualche giorno, fino a
che l’intestino non risulta compromesso e non insorgono segni peritoneali. La
trombosi venosa mesenterica può essere idiopatica (ad es. il medico è un idiota –
ignaro della patologia di base), ma spesso sono presenti una ipercoagulabilità di
base (come nella policitemia rubra vera) o un flusso portale rallentato per una cirrosi epatica.
È tipico che molti di questi pazienti siano ricoverati in “medicina” e che il chirurgo venga consultato molto dopo – ritrovandosi ad operare un intestino non
vitale. Tuttavia, facendo un salto veloce in sala TC per un esame con mezzo di contrasto, è possibile giungere ad una diagnosi precoce, evitando così l’intervento e
migliorando la sopravvivenza.
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I reperti tipici alla TC formano la seguente triade:
ipodensità nel tronco della vena mesenterica superiore;
liquido intraperitoneale associato;
ispessimento del segmento di intestino tenue.
Con questi reperti e in assenza di segni peritoneali, una terapia sistemica anticoagulante con eparina può determinare la risoluzione spontanea del processo.
Non è chiaro il ruolo della trombolisi sistemica. Il mancato miglioramento o
l’insorgenza di segni peritoneali richiedono l’intervento chirurgico.
Durante l’intervento troverete del liquido peritoneale siero-ematico libero e
l’intestino tenue sarà spesso, edematoso, blu scuro, ma non francamente “morto”,
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con il segmento intestinale coinvolto, scarsamente demarcato. Saranno presenti le
pulsazioni arteriose e visibili le vene trombosate. Dovrete resecare l’intestino interessato. Per quanto riguarda l’anastomosi e la necessità di un “second look”, usate gli
stessi parametri di giudizio consigliati per l’ischemia arteriosa.
È obbligatorio eseguire una terapia anticoagulante post-operatoria per prevenire la progressione del processo trombotico. Alcuni consigliano di eseguire anche
una trombectomia venosa o una trombolisi intra-operatoria; i reali vantaggi di questi approcci controversi sono ancora sconosciuti.
Conclusioni
Quasi ovunque la percentuale di mortalità per ischemia intestinale acuta è
ancora proibitiva. Perché? Perché i chirurghi non adottano le seguenti regole:
Sospettare l’ischemia prima che si sviluppi un infarto intestinale
Procedere con l’angiografia diagnostica/terapeutica
Migliorare la perfusione intestinale durante la laparotomia
Esteriorizzare l’intestino od eseguire un second-look.
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Se volete che vi siano dei sopravvissuti a questa terribile patologia, siate
aggressivi.
D’altra parte, l’esordio clinico è così aspecifico ed i reperti TC così vaghi che,
adottando un approccio aggressivo, molti pazienti con problemi addominali minori auto-limitanti rischierebbero di essere sottoposti ad esami e ad interventi inutili
e, comunque sia, alcuni casi continuerebbero a non essere identificati. Inoltre è raro
che questi pazienti siano affetti da una patologia semplice. Spesso hanno una malattia multisistemica e, anche eseguendo un trattamento ottimale, le percentuali di
mortalità sarebbero alte. Purtroppo, nella maggior parte dei pazienti, è probabile
che questa condizione rimanga un problema agonico.
È quasi impossibile migliorare l’M&M associato ad ischemia intestinale acuta.
“L’uomo è vecchio come le sue arterie.” (Thomas Sydenham,1662-1689)