Rivista - Osservatorio del CELADO

Editoriale
IL CiELADO
Anno 15, numero 3-4 luglio-dicembre 2015
Cari soci,
Organo Ufficiale della
Unione Astrofili Tesino e Valsugana
c/o Biblioteca Comunale di Castello Tesino
Via Venezia 16/b
38053 Castello Tesino
Coordinate bancarie:
IBAN:
IT 62 V 0810234580 000020042214
Direttore:
Redazione:
Giancarlo Favero
Maria Rita Baldi
Marina Campestrin
Michele Miconi
Gastone Tacchetto
Le conferenze estive sono state molto interessanti
e un numeroso pubblico vi ha partecipato con
molta attenzione. Il prof. Ortolani ha parlato dei
pianeti nani, una categoria creata da poco in
ambiente astronomico, e in particolare del recente
sorvolo dell’ex pianeta Plutone da parte di una
sonda della NASA. Il prof. Barbieri ha illustrato le
numerose scoperte effettuate dalla sonda Rosetta
dell’ESA
circa
la
cometa
ChuryumovGerasimenko. Lo scrivente ha ricordato gli eventi
salienti dei primi 5 anni di attività dell’Osservatorio
del Celado.
ANNO SOCIALE 2015
ORGANI SOCIALI
CONSIGLIO DIRETTIVO 2013-2015
Presidente:
Vice-Presidente:
Segretario:
Tesoriere:
Consiglieri:
Revisori Effettivi:
Revisori Supplenti:
Giancarlo Favero
Claudio Costa
Maria Rita Baldi
Renzo Müller
Michele Miconi
Roberto Broccato
Gastone Tacchetto
Michele Alberti
Marina Aru
Marina Campestrin
Ermanno Dorigato
Sergio Menguzzato
L’Osservatorio, sotto l’accurata guida del direttore
Broccato, ha registrato numerosi miglioramenti,
dall’acquisto di nuovi computer a quello di nuove
scale per la manutenzione e l’osservazione. È
stata installata sulla testa, a inquadrare un’ampia
area di cielo, la camera Watec dotata di un
obiettivo a grande campo. Sono stati acquistati
due tavoli con relative panche per ospitare il
pubblico all’aperto.
Direttore dell’Osservatorio:
Roberto Broccato
Parte formativa e uso strumenti
Michele Miconi
Gastone Tacchetto
Contatti con le scuole Marina Campestrin
Informatica e attrezzature elettriche, edilizia e
meccanica
Roberto Broccato
SOMMARIO
Editoriale
News ultimissime
Nuova sezione su sito internet
Il cielo d’inverno
Il cielo di primavera 2016
Notizie da UATV e Osservatorio
Verbali
Programma inverno
pag
“
“
“
“
“
“
“
il secondo semestre di quest’anno è stato molto
proficuo
per
l’UATV.
Una
meteorologia
particolarmente clemente ha permesso di
risollevare la media delle visite all’Osservatorio
del Celado, sfiorando il valore record di 1500. In
parallelo è salito il bilancio dell’UATV, rendendo
possibile effettuare l’acquisto di tre oculari di
elevata qualità che ora permettono visioni
estremamente spettacolari dato l’ampio campo
apparente inquadrato (82°).
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In copertina:
Immagine NGC1977 RUNNING MAN NEBULA.
del socio Gastone Tacchetto
Serata Telescope Service presso l’Osservatorio.
Immagine prodotta dal socio Riccardo Sordo.
Le ricerche condotte sugli asteroidi hanno ricevuto
un notevole impulso con la nuova partecipazione
di Marina Campestrin nella misura delle posizioni
e di Roberto Broccato nell’operazione del
telescopio.
Ci stiamo preparando per il prossimo anno che
vedrà i pianeti Giove, Saturno e Marte
impreziosire il cielo primaverile e quello estivo: si
è già prenotato per marzo il fedele socio
Jacquesson che verrà a riprendere questo trio
spettacolare.
Con i miei più cordiali auguri ai soci e ai loro
familiari.
Giancarlo Favero
1
News
a cura di
Marina Campestrin
NUOVE SCOPERTE SU PLUTONE
Quattro mesi dopo il flyby di Plutone, la sonda
New Horizons della NASA ha portato ad una
quantità incredibile di scoperte.
Da possibili vulcani di ghiaccio a lune impazzite, il
team scientifico di New Horizons ha discusso più
di 50 scoperte emozionanti su Plutone durante il
47° meeting della Divisione per le Scienze
Planetarie dell’American Astronomical Society,
tenutasi nel mese di novembre 2015 presso
National Harbor nel Maryland.
“La missione New Horizons ha ribaltato quello che
pensavamo di sapere su Plutone”, ha dichiarato
Jim Green, direttore di Scienze Planetarie della
NASA a Washington. “E questo in fondo è il
motivo per cui esploriamo il cosmo: soddisfare la
nostra innata curiosità e rispondere alle più
profonde domande su come siamo arrivati qui e
su cosa giace oltre l’orizzonte”.
Per una di queste scoperte, i geologi di New
Horizons hanno combinato immagini della
superficie di Plutone per creare mappe 3D che
suggeriscono che due delle montagne più
caratteristiche di Plutone potrebbero essere dei
crio-vulcani – ovvero, vulcani di ghiaccio che
possono essere stati attivi nel recente passato
geologico.
“È difficile immaginare come la nostra concezione
di Plutone e delle sue lune stia rapidamente
evolvendo man mano che ci giungono nuovi dati.
Le scoperte che possiamo tirar fuori dai nuovi dati
che otteniamo ogni settimana stanno rendendo
Plutone una vera star del Sistema Solare! Inoltre,
scommetto che per la maggior parte degli
scienziati planetari, uno o due dei nostri ultimi
risultati principali riguardo ad un unico mondo
verrebbero considerati stupefacenti. Averli tutti
assieme è semplicemente una cosa incredibile!”
Così ha commentato il Principal Investigator Alan
Stern del Southwest Research Institute di Boulder
in Colorado.
I due candidati crio-vulcani sono delle grandi
strutture che misurano decine di chilometri in
larghezza e parecchi chilometri in altezza.
Oliver White, ricercatore post-dottorato di New
Horizons, presso l’Ames Research Center della
NASA a Moffett Field in California, spiega che si
tratta di grandi montagne con un buco notevole
sulla loro sommità. E sulla Terra questo in genere
sta a significare una sola cosa: vulcano. “Se sono
strutture di origine vulcanica, allora le depressioni
sulla sommità si sono probabilmente formate
attraverso un collasso, quando del materiale è
eruttato da sotto. Le strane sembianze corrugate
dei fianchi della montagna possono rappresentare
delle colate vulcaniche di qualche tipo, che hanno
viaggiato giù dalla sommità verso le pianure che
si trovano nelle vicinanze. Ma perché i fianchi
siano corrugati e di che cosa siano fatti, ancora
non lo sappiamo”.
Se da una parte l’aspetto di questi crio-vulcani è
simile ai vulcani terrestri che sputano roccia fusa,
ci si aspetta che i vulcani su Plutone emettano un
impasto di sostanze come ghiaccio d’acqua,
azoto, ammoniaca o metano. Se Plutone
dimostrerà di possedere vulcani, fornirà
certamente un nuovo importante indizio riguardo
alla sua evoluzione geologica ed atmosferica.
La struttura denominata Wright Mons, situata a sud
della Sputnik Planum su Plutone. Si tratta di una
struttura insolita, larga circa 160 chilometri e alta 4
chilometri, che mostra una depressione (visibile nel
centro dell’immagine) di circa 56 chilometri di diametro,
con una struttura corrugata distintiva sui fianchi. Il bordo
della depressione mostra anche una fratturazione
concentrica. Gli scienziati di New Horizons ritengono
che questa montagna, assieme ad un’altra, Piccard
Mons, possa esser stata formata dall’eruzione “criovulcanica” di ghiacci fuoriusciti da sotto la superficie di
Plutone.
Credit: NASA/Johns Hopkins University Applied Physics
Laboratory/Southwest Research Institute
“Dopo tutto, nulla di simile è stato mai visto finora
nella parte più lontana del Sistema Solare
esterno” ha dichiarato Jeffrey Moore, a capo del
team di geologia, geofisica e imaging di New
Horizons presso Ames.
2
La lunga storia dell’attività geologica di
Plutone
Secondo un’altra nuova scoperta di New
Horizons, la superficie di Plutone varia per età –
da antica, a intermedia, a relativamente giovane.
Per determinare l’età di una certa zona della
superficie del pianeta, gli scienziati contano i
crateri d’impatto. Più sono i crateri d’impatto, più
vecchia è probabilmente quella regione. Il
conteggio dei crateri su Plutone indica che la
superficie del pianeta presenta regioni che
possono risalire a poco dopo la formazione dei
pianeti del nostro Sistema Solare, circa 4 miliardi
di anni fa. Ma c’è anche una vasta area che, in
termini geologici, è nata ieri – il che significa negli
ultimi milioni di anni. Quest’area, che è stata
informalmente chiamata Sputnik Planum, appare
sul lato sinistro del “cuore” di Plutone, ed è
completamente priva di crateri in tutte le immagini
ricevute finora. Nuovi dati riguardanti il conteggio
dei crateri rivelano poi la presenza di terreni
intermedi o “di mezza età” su Plutone. Ciò
suggerisce che Sputnik Planum non è
un’anomalia, ma il pianeta è stato geologicamente
attivo per gran parte della sua storia di più di 4
miliardi di anni.
“Abbiamo mappato più di un migliaio di crateri su
Plutone, che variano notevolmente per dimensioni
ed aspetto. Tra le altre cose, mi aspetto che studi
sui crateri come questi ci diano nuove importanti
informazioni sul modo in cui questa parte del
Sistema Solare si è formata” ha commentato il
ricercatore post-dottorato Kelsi Singer, del
Southwest Research Institute (SwRI), con sede a
Boulder, in Colorado.
Vulcani di ghiaccio
su
Plutone.
Gli
scienziati
hanno
utilizzato le immagini
della superficie del
pianeta create da
New Horizons per
ottenere delle mappe
topografiche
3D,
scoprendo che due
delle montagne di
Plutone,
chiamate
informalmente Wright
Mons
e
Piccard
Mons,
potrebbero
esser
state
dei
vulcani di ghiaccio. I
colori mostrano i
cambiamenti
in
altezza: il blu indica i
terreni più bassi, e il
marrone le elevazioni
più alte, mentre i
terreni verdi sono di
altezza intermedia.
Credit: NASA/Johns Hopkins University Applied Physics
Laboratory/Southwest Research Institute
Mattoni del Sistema Solare
I conteggi dei crateri stanno dando al team di New
Horizons una comprensione della struttura della
Fascia di Kuiper. La scarsità di crateri più piccoli
su Plutone e sulla sua luna più grande, Caronte,
indica che la Fascia di Kuiper, una regione
esterna inesplorata del nostro Sistema Solare, ha
probabilmente avuto un numero di oggetti piccoli
minore di quanto alcuni modelli avevano previsto.
Questo porta gli scienziati di New Horizons a
dubitare di un modello di vecchia data, secondo
cui tutti gli oggetti della fascia di Kuiper si sono
formati dall’accumulazione di oggetti molto più
piccoli – meno di un chilometro di larghezza.
L’assenza di piccoli crateri su Plutone e Caronte
sostiene altri modelli che teorizzano che gli oggetti
della Fascia di Kuiper abbiano un diametro di
decine di chilometri e possano essersi formati
direttamente, con le loro dimensioni attuali – o
molto vicine a quelle attuali.
In effetti, la prova che molti oggetti della fascia di
Kuiper possano essere “nati grandi” ha eccitato gli
scienziati, che ritengono che il prossimo
potenziale bersaglio di New Horizons – l’oggetto
della Fascia di Kuiper (KBO, Kuiper Belt Object)
avente un diametro di 40-50 chilometri chiamato
2014 MU69 – possa offrire il primo sguardo
dettagliato a tale antico mattone incontaminato del
Sistema Solare.
Corpi fusi. I dati di New Horizons indicano che almeno
due delle piccole lune di Plutone (e forse tutte quattro)
possono essere il risultato di fusioni tra lune ancora più
piccole. Se questa scoperta verrà confermata con
ulteriori analisi, potrebbe fornire importanti nuovi indizi
sulla formazione del sistema di Plutone.
Credit: NASA/Johns Hopkins University Applied Physics
Laboratory/Southwest Research Institute
Lune rotanti e fuse di Plutone
La missione New Horizons sta anche gettando
nuova luce sull’affascinante sistema di lune di
Plutone, e sulle loro insolite proprietà. Ad
esempio, quasi ogni altra luna nel Sistema Solare
– inclusa la luna della Terra – è in rotazione
sincrona, e mantiene una faccia rivolta verso il
suo pianeta. Questo non è però il caso per le
piccole lune di Plutone.
I piccoli satelliti di Plutone girano molto più
velocemente. Idra, la sua luna più distante, ruota
3
su se stessa per ben 89 volte nel corso di una
singola orbita attorno al pianeta. Gli scienziati
ritengono che questi tassi di rotazione possano
variare perché Caronte esercita un forte momento
meccanico che impedisce a ciascuna piccola luna
di stabilizzarsi in rotazione sincrona.
Si tratta quindi di un’altra stranezza delle lune di
Plutone: gli scienziati si aspettavano che i satelliti
oscillassero, ma non a tal punto.
Il ricercatore Mark Showalter del SETI Institute di
Mountain View, in California ha spiegato che le
lune di Plutone si comportano in pratica come
delle trottole.
Immagini dei quattro satelliti più piccoli hanno
anche indicato che alcuni di essi potrebbero
essere il risultato della fusione di due o più lune.
“Da questa scoperta abbiamo il sospetto che
Plutone possa aver avuto più lune nel passato, a
seguito del grande impatto che, tra le altre cose,
ha creato Caronte” ha aggiunto Shoewalter.
LA COMPOSIZIONE
GRANDE SCALA
DELL’UNIVERSO
SU
Il satellite Suzaku ha rivelato che la composizione
chimica media del nostro universo su grande
scala è la stessa del nostro Sole.
Tutti gli elementi chimici più pesanti del carbonio –
ad esempio l’ossigeno che respiriamo e il silicio di
cui è composta la sabbia sulle spiagge – sono
stati prodotti all’interno delle stelle per mezzo
della fusione nucleare e rilasciati da esplosioni
stellari chiamate supernove. Misurando la
composizione chimica dell’universo, gli scienziati
stanno cercando di ricostruire la storia del “come,
quando e dove” ciascun elemento chimico così
necessario per l’evoluzione della vita è stato
prodotto.
A grandi linee, possiamo dire che ci sono due
modi in cui un’esplosione di supernova può
avvenire, e la proporzione di elementi chimici che
sono prodotti dipende dal tipo di supernova.
Elementi più leggeri, come l’ossigeno o il
magnesio, provengono principalmente dalle
esplosioni di stelle molto massicce, più di dieci
volte le dimensioni del nostro Sole, al termine
della loro vita. Queste sono note come
“supernove a collasso nucleare” (core-collapse
supernovae in inglese).
Stelle più piccole, invece, solitamente finiscono il
loro ciclo vitale come “nane bianche”, una piccola
frazione delle quali può esplodere come una
“supernova termonucleare” o “di tipo Ia” se in
seguito aumentano la loro materia rubandola ad
una stella compagna, il che causa l’instabilità
della nana bianca per la sua stessa gravità. Gli
atomi più pesanti come il ferro e il nickel vengono
probabilmente da quest’ultimo tipo di supernove.
Per ottenere la composizione chimica del nostro
Sistema Solare, ad esempio, abbiamo bisogno di
una miscela di circa un’esplosione di supernova
termonucleare ogni cinque esplosioni di
supernove a collasso nucleare. La ricercatrice
dell’Agenzia Spaziale Giapponese (JAXA, Japan
Aerospace
Exploration
Agency)
Aurora
Simionescu voleva scoprire se la composizione
chimica media dell’universo fosse simile a quella
del nostro Sistema Solare, o se il nostro quartiere
nello spazio fosse, dopo tutto, un posto speciale.
In realtà, forse contro intuitivamente, la risposta a
questa domanda è più facile da trovare non
guardando le stelle stesse, ma piuttosto studiando
lo spazio intergalattico. Questo perché la maggior
parte della materia normale nell’universo, e quindi
anche la maggior parte dei metalli, non è
attualmente contenuta nelle stelle, ma piuttosto in
un gas diffuso molto caldo che riempie lo spazio
tra le galassie, ed è così caldo che brilla di luce
nel range dei raggi X.
I raggi X più luminosi provengono dai cosiddetti
ammassi di galassie, i luoghi nell’universo in cui le
galassie sono raggruppate molto vicine tra loro.
Aurora Simionescu racconta come abbia trovato
questa idea affascinante fin dal primo anno di
dottorato: si tratta di “fare una radiografia” del
contenuto chimico del nostro universo. Ma allora,
quasi dieci anni fa, era molto difficile ottenere
misure affidabili delle abbondanze di metalli,
eccetto che per le zone molto dense e più
luminose del mezzo intergalattico, a causa della
scarsità di fotoni di raggi X e dell’ elevato rumore
di fondo. Dunque si poteva solo indagare davvero
la composizione chimica della parte centrale
costituente circa un millesimo del volume tipico di
un qualsiasi ammasso di galassie.
Il satellite Suzaku dell’Agenzia Spaziale
Giapponese ha dedicato una grande quantità di
tempo osservativo, raccogliendo dati per molte
settimane, per affrontare questo problema. Le
prime osservazioni così profonde, che avevano
come bersaglio il sistema più luminoso,
l’Ammasso del Perseo, permisero di eseguire
misure assai dettagliate dell’abbondanza di ferro
nel mezzo intra-ammasso su larga scala. Tuttavia,
le informazioni sugli elementi chimici prodotti
prevalentemente dal collasso del nucleo delle
supernove mancavano ancora.
Per tali misure, erano necessarie osservazioni di
un ammasso galattico con una temperatura media
più bassa, affinché l’emissione degli elementi più
leggeri fosse relativamente più forte di quella
nell’Ammasso del Perseo. Il satellite Suzaku
trascorse quindi circa due settimane per
osservare l’Ammasso della Vergine, il più vicino e
il secondo più brillante nel cielo per quanto
riguarda l’emissione a raggi X, che possiede una
temperatura bassa come richiesto. Con questo
nuovo set di dati, Simionescu e i suoi colleghi
della JAXA e della Standford University sono
riusciti a rilevare non solo il ferro, ma per la prima
volta anche il magnesio, il silicio e lo zolfo fino al
confine di questo ammasso di galassie. I loro
risultati sono stati riportati in uno studio pubblicato
recentemente nell’Astrophysical Journal Letters.
4
“Quello che abbiamo trovato è che i rapporti tra le
abbondanze di ferro, silicio, zolfo e magnesio,
sono costanti in tutto l’Ammasso della Vergine, e
anzi, più o meno in accordo con la composizione
del nostro stesso Sole e della maggior parte delle
stelle della nostra galassia” spiega il Dr. Norbert
Werner della Standford University, uno dei
coautori dell’articolo. Gli ammassi di galassie
occupano un volume così grande che si ritiene
che il contenuto di ciascuno di tali oggetti possa
essere considerato rappresentativo anche del
resto dell’universo. La nuova scoperta del Suzaku
implica che gli elementi chimici nel cosmo sono
miscelati molto bene, con una composizione
chimica che rimane la stessa sia su scale
dell’ordine del raggio solare (centinaia di migliaia
di chilometri) che su scale dell’ordine delle
dimensioni di un ammasso di galassie (diversi
milioni di anni luce).
Anche se può esistere nell’universo qualche luogo
speciale che mantiene una diversa composizione
chimica, in media, il grosso dell’universo ha una
composizione molto simile alla zona in cui ci
troviamo – la stessa zuppa di elementi che è
necessaria per la vita come la conosciamo noi
esiste ovunque si guardi.
“Il satellite Suzaku ha aperto una finestra nuova di
zecca sull’universo e ci ha mostrato che ovunque
si guardi, su vaste scale, la miscela di elementi
chimici è essenzialmente la stessa” ha
commentato Steven Allen, professore di Fisica
presso la Standford University e coautore dello
studio. “Si tratta di un risultato magnificamente
semplice, e un altro passo nella comprensione di
come l’universo attorno a noi si sia trasformato”.
HUBBLE: NUOVE IMMAGINI DI GIOVE E
DELLA SUA MACCHIA ROSSA
Il telescopio spaziale Hubble, che ricordiamo
essere una collaborazione internazionale dell’ESA
e della NASA, ha fornito un nuovo ritratto di
Giove, che ha permesso di evidenziare importanti
caratteristiche dell’atmosfera del più grande
pianeta del Sistema Solare.
Gli scienziati hanno prodotto nuove mappe di
Giove che mostrano i continui cambiamenti della
sua famosa Grande Macchia Rossa. Le immagini
rivelano anche una rara struttura ondosa
nell’atmosfera del pianeta che non si vedeva da
decenni. Le nuove immagini sono le prime di una
serie di ritratti annuali dei pianeti esterni del
Sistema Solare, che ci darà nuovi scorci di questi
mondi remoti, e aiuterà gli scienziati a studiare
come essi cambino nel corso del tempo.
Nelle nuove immagini di Giove è stata catturata
una vasta gamma di caratteristiche, tra cui venti,
nubi e tempeste. Gli scienziati che hanno lavorato
alle nuove immagini hanno scattato fotografie di
Giove utilizzando la Wide Field Camera 3 di
Hubble per un periodo di dieci ore ed hanno
prodotto due mappe dell’intero pianeta dalle
osservazioni svolte. Queste mappe consentono di
determinare le velocità dei venti di Giove, di
individuare fenomeni diversi nella sua atmosfera e
tracciare cambiamenti delle sue più famose
caratteristiche.
Le nuove immagini confermano che l’enorme
tempesta, che ha imperversato sulla superficie di
Giove per almeno trecento anni, continua a
ridursi, ma non può uscire di scena senza
combattere. La tempesta, nota come la Grande
Macchia Rossa, viene qui vista vorticosa al centro
dell’immagine del pianeta. Si è ridotta in
dimensioni ad una velocità notevolmente
maggiore di anno in anno per un certo tempo. Ma
ora il tasso di ritiro sembra rallentare di nuovo,
anche se la macchia rimane circa 240 km più
piccola di quanto non fosse nel 2014.
Questa nuova immagine del più grande pianeta del
Sistema Solare, Giove, è stata creata nel corso del
programma Outer Planet Atmosphere Legacy (OPAL).
Le immagini realizzate all’interno di questo programma
rendono possibile la determinazione della velocità dei
venti di Giove, l’identificazione di diversi fenomeni nella
sua atmosfera e il tracciamento dei cambiamenti nelle
sue strutture più importanti. La mappa qui riportata è
frutto di osservazioni effettuate il 19 gennaio 2015.
Credit: NASA/ESA/A. Simon (GSFC), M. Wrong (UC
Berkely), G. Orton (JPL-Caltech)
Le dimensioni della macchia non sono l’unico
cambiamento catturato da Hubble. Al centro della
macchia, che risulta meno intensa in colore di
quanto fosse un tempo, si può vedere un insolito
filamento a ciuffetti che attraversa quasi tutta la
lunghezza del vortice. Questa striscia filamentosa
ruota e si contorce durante le dieci ore di durata
della sequenza di immagini della Grande Macchia
Rossa, distorta da venti che soffiano a 540
chilometri all’ora.
C’è un’altra caratteristica di interesse in questo
nuovo ritratto del nostro vicino gigante. Appena a
nord dell’equatore del pianeta, i ricercatori hanno
trovato una rara struttura ondosa, di un tipo che è
stato avvistato sul pianeta una sola volta prima,
decenni fa dalla missione Voyager 2, che venne
lanciato nel 1977. Nelle immagini del Voyager 2
l’onda era appena visibile e gli astronomi
cominciarono a pensare che la sua apparizione
fosse stata un colpo di fortuna, dato che nulla di
simile è stato visto da allora… fino ad oggi.
L’attuale onda è stata trovata in una zona
disseminata di cicloni e anticicloni. Onde simili,
chiamate onde barocline, a volte compaiono
5
nell’atmosfera terrestre, dove vengono formati i
cicloni. L’onda, secondo i ricercatori, può avere
origine in uno strato chiaro sotto le nuvole,
divenendo visibile solo quando si propaga fino al
piano delle nuvole.
Nella Fascia Equatoriale Nord di Giove, gli scienziati
hanno osservato un’onda rara che è stata vista
solamente una volta prima. Questa immagine ingrandita
di Giove in falsi colori mostra dei cicloni (frecce) e
l’onda (linee verticali).
Credits:NASA/ESA/Goddard/UCBerkeley/JPLCaltech/STScI
Le osservazioni di Giove fanno parte del
programma Outer Planet Atmosphere Legacy
(OPAL), che consentirà ad Hubble di dedicare del
tempo ogni anno ad osservare i pianeti esterni.
Oltre a Giove, sono già stati osservati, come parte
del programma, Nettuno e Urano, e mappe di
questi
pianeti
verranno
rese
disponibili
nell’archivio pubblico. Saturno sarà aggiunto alla
serie in seguito. La collezione di mappe che verrà
costruita nel tempo aiuterà gli scienziati non solo
a capire le atmosfere dei pianeti giganti del
Sistema Solare, ma anche le atmosfere del nostro
stesso pianeta e dei pianeti che si stanno
scoprendo attorno ad altre stelle.
PROPOSTA UNA NUOVA DEFINIZIONE DI
PIANETA
Uno studio dell’University of California, Los
Angeles (UCLA) ha classificato il 99% di tutti gli
esopianeti noti e questo ha permesso di proporre
un nuovo metodo di classificazione che potrebbe
semplificare la definizione ufficiale di “pianeta”.
Cerere è uno dei cinque pianeti nani del nostro Sistema
Solare, secondo l’attuale classificazione accettata
dall’Unione Astronomica Internazionale. L’immagine è
stata ripresa dalla sonda Dawn il 4 maggio 2015.
Credit: NASA
Il professore di Astronomia Planetaria Jean-Luc
Margot dell’UCLA ha descritto un semplice “test
per pianeti” che può essere facilmente applicato ai
corpi che orbitano attorno al Sole e ad altre stelle.
Secondo questo nuovo test, tutti gli otto pianeti
del Sistema Solare e tutti i pianeti extrasolari
classificabili vengono confermati come “pianeti”.
Margot ha presentato il suo metodo di
classificazione alla riunione annuale della
Divisione per le Scienze Planetarie dell’American
Astronomical Society il 10 novembre scorso.
La definizione ufficiale di “pianeta” si applica solo
ai corpi del nostro Sistema Solare, ed ha creato
una sorta di “limbo di definizione” per migliaia di
corpi planetari che orbitano attorno a stelle
diverse dal Sole. In un articolo accettato per la
pubblicazione dall’Astronomical Journal Margot ha
proposto di estendere la definizione di pianeta per
tutti i sistemi planetari.
Nove anni fa, l’Unione Astronomica Internazionale
(IAU) ha definito i criteri che devono essere
rispettati affinché un corpo celeste possa essere
considerato un pianeta, ma ha lasciato la
classificazione dei pianeti extrasolari ad una
futura considerazione. Il recente flusso di scoperte
di esopianeti, il cui numero è ora attorno a 5000,
richiede un’estensione dell’attuale definizione
limitata, ritiene Margot, che incoraggia l’IAU a
perfezionare ed estendere l’attuale definizione.
La definizione IAU di pianeta si basa
principalmente sulla capacità di un pianeta di
“ripulire la sua orbita” – ovvero evacuare,
accumulare o dominare piccoli corpi nelle
vicinanze della sua orbita. Margot ha ottenuto un
semplice test che può essere utilizzato per
determinare se un corpo può ripulire una specifica
regione attorno alla sua orbita entro un lasso di
tempo specifico, come ad esempio il tempo di vita
della sua stella ospite. Questo test è semplice da
implementare e permette di
classificare
immediatamente il 99% di tutti i pianeti extrasolari
conosciuti.
Il criterio che propone richiede solamente di
stimare la massa della stella, la massa del
pianeta, e il periodo orbitale, ognuno dei quali può
essere ottenuto con telescopi situati a Terra o
nello spazio. La facilità di implementazione è stata
un motore fondamentale per il nuovo strumento di
classificazione. “Non si dovrebbe aver bisogno di
un dispositivo di teletrasporto per decidere se un
oggetto appena scoperto è un pianeta” ha
commentato Margot.
Quando viene applicato al Sistema Solare, il test
divide i corpi in due gruppi estremamente diversi.
“La disparità tra pianeti e non-pianeti è
sorprendente” ha spiegato Margot. “La netta
distinzione suggerisce che vi è una differenza
fondamentale nel modo in cui questi corpi si sono
formati, e il semplice fatto di classificarli rivela
qualcosa di profondo sulla natura”.
Margot ha anche scoperto che ci si può aspettare
che i corpi in grado di ripulire la loro orbita siano
6
rotondi. Questa scoperta è importante perché
l’attuale definizione IAU richiede che un pianeta
sia quasi rotondo, cosa che è difficile o
impossibile da verificare per i pianeti extrasolari.
“Quando un corpo ha massa sufficiente per
ripulire le sue vicinanze orbitali, ha anche massa
sufficiente per superare la resistenza del
materiale e ritirarsi in una forma quasi sferica” ha
proseguita Margot. Questo significa che la
definizione IAU di pianeta potrebbe essere
semplificata, eliminando il requisito superfluo di
rotondità che è difficile da verificare in maniera
osservativa.
Non è noto se il nuovo strumento di
classificazione verrà considerato dall’IAU, le cui
risoluzioni tipicamente sono fatte e revisionate da
commissioni prima della possibile adozione da
parte dei membri dell’IAU nel corso di
un’assemblea generale. La prossima assemblea
generale dell’IAU si terrà a Vienna nel 2018.
CONFERMATI ANTICHI LAGHI SU MARTE
Un nuovo studio del team del Mars Science
Laboratory / Curiosity della NASA ha confermato
che un tempo – miliardi di anni fa – Marte era in
grado di immagazzinare acqua in laghi per un
prolungato periodo di tempo.
Utilizzando i dati del rover Curiosity, il team ha
scoperto che, tempo fa, l’acqua ha contribuito al
deposito di sedimenti nel cratere Gale, dove il
rover è atterrato più di tre anni fa. I sedimenti
depositati come strati formano le basi del Monte
Sharp, la montagna che ora si trova nel mezzo del
cratere.
“Osservazioni fatte dal rover suggeriscono che
una serie di torrenti e laghi di lunga durata
esisteva ad un certo punto tra circa 3,8 e 3,3
miliardi di anni fa, lasciando sedimenti che
lentamente hanno costruito gli strati più bassi del
Monte Sharp”, ha spiegato Ashwin Vasavasa,
ricercatore del Mars Science Laboratory, presso il
Jet Propulsion Laboratory della NASA a
Pasadena, in California, e coautore del nuovo
articolo su Science che è stato pubblicato in
ottobre.
I risultati ottenuti si basano su lavori precedenti
che suggerivano che vi fossero antichi laghi su
Marte, e si aggiungono alla storia che si sta
svelando di un Marte umido, sia nel passato che
nel presente. Qualche mese fa, gli scienziati della
NASA hanno confermato che su Marte
attualmente scorre dell’acqua.
“Quello che pensavamo di sapere sull’acqua
presente su Marte è costantemente messo alla
prova” afferma Micheal Meyer, scienziato a capo
del programma di esplorazione spaziale nel
quartier generale della NASA a Washington. “È
chiaro che il Marte di miliardi di anni fa era più
simile alla Terra di quanto non lo sia ora. La
nostra sfida è capire come questo Marte più
clemente sia stato possibile, e cosa accadde in
seguito a quel Marte allora più umido di oggi.”
Prima che Curiosity atterrasse su Marte nel marzo
2012, gli scienziati avevano proposto che il
cratere Gale fosse stato riempito con strati di
sedimenti. Alcune ipotesi erano “a secco”:
suggerivano che i sedimenti si fossero accumulati
a causa di polvere e sabbia trasportate dal vento.
Altri si focalizzarono sulla possibilità che gli strati
di sedimenti fossero stati depositati in antichi
laghi.
Gli ultimi risultati di Curiosity indicano che questi
scenari umidi erano corretti per le parti inferiori del
Monte Sharp. Sulla base delle nuove analisi, il
riempimento degli strati inferiori della montagna –
e forse non solo quelli – è avvenuto
principalmente per la presenza di antichi fiumi e
laghi su un periodo di meno di 500 milioni di anni.
“Durante la traversata del Cratere Gale, abbiamo
notato strutture geologiche, dove abbiamo visto
prove di antichi corsi d’acqua in rapido movimento
con della ghiaia più grossa, così come luoghi in
cui i flussi sembrano essersi svuotati in corpi
d’acqua stagnante” racconta Vasavada. “La
previsione era che avremmo dovuto iniziare a
vedere rocce depositate dall’acqua, a grana fine,
più vicino al Monte Sharp. Ora che siamo arrivati,
stiamo vedendo in abbondanza dell’argillite
finemente stratificata, che assomiglia molto a
deposito lacustre.”
L’argillite indica la presenza di corpi di acqua
stagnante in forma di laghi che è rimasta là per un
lungo periodo di tempo, forse espandendosi e
contraendosi ripetutamente durante centinaia di
milioni di anni. Questi laghi hanno depositato i
sedimenti che infine hanno formato la porzione
inferiore della montagna.
“Paradossalmente, dove ora c’è una montagna,
una volta c’era un bacino, che talvolta era riempito
d’acqua” ha commentato John Grotzinger,
scienziato del Mars Science Laboratory al
California Institute of Technology con sede a
Pasadena, e autore principale del nuovo studio.
“Vediamo la prova di circa 75 metri di riempimento
sedimentario, e sulla base dei dati cartografici del
Mars Reconnaissance Orbiter della NASA e delle
immagini dalla camera di Curiosity, sembra che il
deposito sedimentario trasportato dall’acqua
avrebbe potuto estendersi per 150-200 metri
sopra il fondo del cratere”.
Inoltre, lo spessore totale dei depositi sedimentari
nel Cratere Gale, che indicano interazione con
l’acqua, potrebbe estendersi in zone ancora più
elevate, forse fino ad 800 metri circa al di sopra
del fondo del cratere.
Oltre gli 800 metri, il Monte Sharp non mostra
alcuna prova di stati idratati, e questo è il grosso
di ciò che forma il Monte Sharp. Grotzinger
suggerisce che forse questo tratto più tardo della
storia del cratere potrebbe essere stato dominato
da depositi secchi, portati dal vento, come una
7
volta si credeva fosse per la parte inferiore
esplorata da Curiosity.
Un fotografia della formazione “Kimberley” su Marte
scattata dal rover della NASA Curiosity. Gli strati in
primo piano verso la base del Monte Sharp indicano
l’antica depressione che esisteva prima della
formazione della montagna. I colori sono stati regolati in
modo che le rocce assomiglino all’incirca a quelle
presenti sulla Terra, per aiutare i geologi ad
interpretarle. Questo “bilanciamento del bianco”, per
aggiustare l’illuminazione su Marte, compensa la
mancanza del blu sul pianeta, facendo apparire il cielo
azzurro e talvolta dando alle rocce scure una
dominante blu.
Credit: NASA/JPL-Caltech/MSSS
Una domanda persistente riguarda la sorgente di
acqua originaria che ha portato i sedimenti
all’interno del cratere. Per avere acqua che scorre
in superficie, Marte avrebbe dovuto avere
un’atmosfera più spessa e un clima più caldo di
quanto sia stato teorizzato per l’era antica,
quando il Cratere Gale ha vissuto l’intensa attività
geologica. Tuttavia, i modelli attuali di questo
paleo-clima sono letteralmente rimasti all’asciutto.
Almeno una parte dell’acqua può esser stata
fornita ai laghi da nevicate e piogge negli altipiani
del bordo del Cratere Gale. Alcuni hanno proposto
l’ipotesi secondo cui ci sarebbe stato un oceano
nelle pianure a nord del cratere, ma questo non
spiega come l’acqua sia riuscita ad esistere in
forma liquida sulla superficie per un lungo periodo
di tempo.
“Siamo stati spinti a pensare che Marte sia
semplice”
riflette Grotzinger.
“Una volta
pensavamo che anche la Terra fosse semplice.
Ma più si va in profondità, più domande emergono
perché si sta iniziando a capire la reale
complessità di ciò che vediamo su Marte. Questo
è un buon momento per tornare a rivalutare tutte
le nostre assunzioni. Da qualche parte c’è
qualcosa che manca.”
LA MISSIONE LISA PATHFINDER
Il 3 dicembre scorso è stato lanciato con il vettore
VEGA dalla base spaziale europea di Kourou
nella Guyana Francese il satellite della missione
LISA
Pathfinder,
precursore
tecnologico
dell’osservatorio spaziale di onde gravitazionali
pianificato dall’ESA come terza grande missione
nel suo programma scientifico Cosmic Vision.
La gravitazione rimane il più grande dei misteri
cosmici. Anche se è stata la prima forza ad
essere descritta matematicamente, da Isaac
Newton nel 1687, non sappiamo ancora come
funziona. La nostra migliore descrizione moderna
è la Teoria Generale della Relatività di Albert
Einstein. E non è proprio un caso che la missione
LISA Pathfinder venga lanciata nell’anno del
centesimo anniversario della pubblicazione di
Einstein, in cui viene presentata la forma finale
delle sue equazioni che descrivono un campo
gravitazionale. Queste equazioni di campo sono il
cuore della relatività generale. Esse descrivono
l’ambiente matematico quadridimensionale noto
come il continuum spazio-temporale.
La relatività generale è stata utilizzata con
successo per mantenere la precisione dei segnali
di navigazione satellitare, descrivere il moto del
pianeta più interno, Mercurio, e fornire indizi su
alcuni dei corpi celesti più strani, i buchi neri. Ma
c’è una grande previsione della relatività generale
che rimane ancora oltre la nostra capacità di
essere rivelata direttamente: si tratta delle onde
gravitazionali.
Le
onde
gravitazionali
sono
minuscole
increspature nel continuum spazio-temporale che
vengono prodotte da qualche oggetto in
accelerazione. Sono l’analogo delle increspature
sulla superficie di uno stagno create dalla caduta
di un sassolino. Mentre le onde passano,
cambiano la distanza tra i punti nello spazio.
Una volta che avremo la tecnologia per rilevare le
onde gravitazionali, vedremo l’universo come mai
prima. Pensiamo di paragonare il nostro modo
attuale di studiare l’universo all’andare ad un
cinema muto. Ebbene, il nuovo modo di guardare
all’universo attraverso le onde gravitazionali sarà
come la moderna esperienza cinematografica con
il surround, la tecnica di riproduzione del suono
proveniente anche da dietro lo spettatore che ha
lo scopo di collocarlo al centro della scena
sonora.
Avremo la possibilità di scrutare il cuore delle
stelle che stanno collidendo, vedremo i buchi neri
che formano i bordi dell’universo conosciuto e
saremo veramente in grado di verificare se la
relatività generale funziona nel regno dei campi
gravitazionali estremi.
Per “sentire” queste increspature gravitazionali e
fare tutte queste cose incredibili, si deve prima
essere sicuri che tutte le altre forze possano
essere isolate e rimosse, altrimenti il segnale che
si vuole rilevare sarà sommerso in una palude di
rumore. Nessuno può rilevare l’ondulazione
formata da un sassolino su un oceano in
tempesta.
Lo scopo della missione LISA Pathfinder (LISA
sta per Laser Interferometer Space Antenna) è
verificare la possibilità di posizionare nello spazio
interplanetario delle masse di prova in caduta
libera ed effettuare su di esse misure di
8
accelerazione con una precisione mai raggiunta
prima.
Si tratta di una tappa fondamentale per la
rilevazione delle onde gravitazionali ed è il
risultato
di
un
insieme
di
tecnologie
all’avanguardia, tra cui sensori inerziali, sistema di
misura laser, e controllo del satellite attraverso
micro-propulsori.
Due cubi di metallo (in oro e platino) costituiscono
il nucleo del carico utile di LISA. La missione
dovrà mostrare di saperli proteggere da tutte le
forze interne ed esterne, meglio di qualsiasi altro
veicolo spaziale mai lanciato nello spazio. Ciò
significa volare nello spazio con una precisione di
pochi miliardesimi di metro (nanometri), ed essere
in grado di misurare le posizioni relative dei cubi
di metallo entro un trilionesimo di metro
(picometro).
I cubi di metallo saranno liberi di fluttuare
all’interno della navicella. Questo è il motivo per
cui la tecnologia non può essere testata sulla
Terra: la gravità del nostro pianeta spingerebbe i
cubi verso il suolo, e l’esperimento avrebbe
termine dopo pochi secondi al massimo. Nello
spazio, invece, le masse fluttueranno liberamente
per un lungo tempo, schermate da altre influenze
della navicella. Esse si muoveranno solamente
nel modo che la gravità imporrà loro. La navicella
farà delle manovre attorno a loro, rilevando il loro
moto e regolando il proprio per compensarlo.
Il contributo italiano alla missione è fondamentale.
Il professor Stefano Vitale dell’Università di Trento
è principal investigator di LISA Pathfinder ed ha
coordinato i ricercatori del Laboratorio di
Gravitazione Sperimentale del Dipartimento di
Fisica di Trento, che hanno progettato i sensori
inerziali.
Il satellite della missione LISA Pathfinder lavorerà
da un punto vantaggioso nello spazio, situato a
circa 1,5 milioni di chilometri dalla Terra verso il
Sole, orbitando nel primo punto Lagrangiano L1
del sistema Sole-Terra – un punto in cui le
attrazioni gravitazionali di Terra e Sole cancellano
le forze apparenti dovute al moto.
LISA Pathfinder sarà il laboratorio più perfetto di
fisica fondamentale mai volato nello spazio – ed è
solo l’inizio. L’ESA ha stabilito che la sua missione
L3, la terza grande missione del programma
Cosmic Vision, fosse l’indagine gravitazionale
dell’universo. Una nuova missione più evoluta
(eLISA) utilizzerà la tecnologia sviluppata da LISA
Pathfinder per costruire una missione spaziale
multipla per poter osservare direttamente le onde
gravitazionali e avviare così l’era dell’astronomia
ad onde gravitazionali.
Rappresentazione artistica di LISA Pathfinder,
missione dell’ESA che ha lo scopo di testare la
tecnologia per futuri osservatori spaziali di onde
gravitazionali.
Credits: ESA/ C. Carreau
CATALINA, LA STELLA COMETA
VISIBILE A NATALE 2015
Natale 2015: la cometa Catalina è passata vicina
alla Terra e c’era la luna piena, come 38 anni fa.
Dati rilevati da
Campestrin Marina, Unione Astrofili Tesino e
Valsugana presso Osservatorio Astronomico
del Celado
2015/12/27 02:48:58 UTC (mid)
80 cm reflector f/4 + CCD SBIG ST10XME
unfiltered
60X10 s exposures stacked on comet motion
(3.39”/min, P.A. 360”)
R.A. 14h 15m 48.57s Decl. N 10° 59’ 55.3”
9
Catalina è un’enorme massa di roccia e di
ghiaccio dal diametro di circa 20 chilometri e ha
due code. La cometa sta viaggiando dalla nube di
Oort, probabilmente il suo luogo natale, in
direzione del Sole.
La cometa C/2013 US10 si chiama Catalina, ma
per gli specialisti è C/2013 US10. Catalina è stata
osservata per la prima volta nella notte di
Halloween del 2013, al Catalina Sky Survey
Observatory appena fuori Tucson, in Arizona. Gli
scienziati pensavano che fosse addirittura un
asteroide e perciò le diedero l’etichetta di US10 –
una sigla usata per gli asteroidi, appunto. Quando
gli studiosi hanno capito che si trattava solo di una
cometa, hanno tirato un sospiro di sollievo, non
sarebbe stata un oggetto spaziale pericoloso per
la Terra, ma non hanno cambiato il suo nome.
NUOVA SEZIONE SUL SITO INTERNET
Dal mese di settembre, sul sito www.osservatoriodelcelado.net, che raccoglie le informazioni della nostra
associazione UATV e dell’Osservatorio Astronomico del Celado, è presente una nuova sezione, dedicata
alle pubblicazioni del Minor Planet Center in cui è presente qualche contributo da parte dei soci UATV che
collaborano alla ricerca astrometrica di pianetini e comete presso l'Osservatorio Astronomico del Celado.
Grazie al lavoro dei soci Gastone Tacchetto e Giorgio Ferrai, che si occupano della gestione del sito
internet, vengono aggiornati, almeno un paio di volte al mese, i documenti PDF scaricabili da tale pagina.
Questi documenti contengono gli elenchi delle Minor Planet Circulars (ISSN 0736-6884) e delle Minor Planet
Electronic Circulars (ISSN 1523-6714) con i contribuiti di K51-Osservatorio del Celado.
Nuova pagina del sito internet www.osservatoriodelcelado.net dedicata alle pubblicazioni del Minor Planet
Center contenenti i contributi dell’Osservatorio del Celado.
10
IL CIELO DELL’INVERNO 2016
Allo zenit (sopra la testa) si vedono i due gemelli
(Gem), Castore e Polluce, e verso ovest il
pentagono dell’Auriga (Aur) con la stella di prima
grandezza Capretta.
Betelgeuse e l’azzurra Rigel. Alla sinistra di
Orione le stelle di prima grandezza Procione, del
Cane Minore (CMi), e Sirio del Cane Maggiore
(CMa).
Sempre verso ovest seguono Perseo (Per),
Andromeda (And) e, basso sull’orizzonte, il
quadrato di Pegaso (Peg).
A est si trova il Leone (Leo) con Regolo e, subito
sotto, lo splendente pianeta Giove.
A sud brilla la costellazione di Orione (Ori), con
due stelle di prima grandezza: la rossa
Verso Nord il Grande Carro si trova a destra della
Stella Polare.
11
IL CIELO DELLA PRIMAVERA 2016
Lo zenit è dominato dalla costellazione del Boote
(Boo), con la gialla Arturo, e lì vicino c’è il Grande
Carro.
A ovest tramontano i Gemelli e il Cane Minore,
seguiti dal Leone accompagnato da Giove, l’astro
più brillante del cielo.
A sud campeggia la Vergine (Vir) con la stella
azzurra Spica. A sud-est brillano i due pianeti
Saturno e Marte (il secondo di colore nettamente
rossastro) sotto ai quali brilla la rossa Antares, la
stella più brillante dello Scorpione (Sco). In queste
condizione si apprezza il nome della stella, che
per il colore compete con Marte (Antares significa
Anti-Ares, dove Ares è il nome greco di Marte).
12
NOTIZIE DALL’ASSOCIAZIONE E DALL’OSSERVATORIO
PULIZIA DELLO SPECCHIO DEL TELESCOPIO
Nel pomeriggio di sabato 17 ottobre, Gastone Tacchetto e Roberto Broccato hanno eseguito la pulizia dello
specchio principale da 80 cm e dello specchio secondario del telescopio dell’Osservatorio del Celado.
Un’operazione delicata che in precedenza era stata già eseguita – per quanto riguarda lo specchio principale
– nell’ottobre 2012 dallo stesso Tacchetto, con il supporto di Michel Jacquesson e la supervisione di
Giancarlo Favero.
Gastone Tacchetto e Roberto Broccato al lavoro per la pulizia dello specchio principale da 80 cm e dello specchio
secondario del telescopio dell’Osservatorio Astronomico del Celado.
La procedura richiede di spruzzare sulla superficie dello specchio una soluzione di detergente,
precedentemente riscaldata. Lo specchio va poi coperto con della carta da cucina e così lasciato per
qualche minuto, in modo che lo sporco aderisca alla carta. La carta va quindi tolta dallo specchio, con
l’accortezza di non strofinare, per non graffiare la superficie ottica. Quanto descritto fin qui deve essere
ripetuto alcune volte, finché la superficie appare sufficientemente pulita. Lo specchio va poi risciacquato con
acqua distillata. Infine, sullo specchio va spruzzato dell’alcol isopropilico e la superficie va lasciata asciugare
senza ulteriori interventi esterni.
VISITA AL NUOVO OSSERVATORIO DI FIEMME
Da qualche mese una nuova struttura dedicata alla divulgazione e alla ricerca in ambito astronomico è
presente sul territorio trentino. Si tratta dell’Osservatorio Astronomico Val di Fiemme, inaugurato sabato 12
settembre e gestito dalla locale associazione Gruppo Astrofili Fiemme.
Alla cerimonia di inaugurazione era presente anche una piccola delegazione dell’UATV, che ha portato i
saluti e gli auguri da parte di tutti i nostri soci.
Dopo la presentazione e i ringraziamenti del presidente del Gruppo Astrofili Fiemme, Mario Vinante, e gli
interventi da parte delle autorità presenti, è stato possibile visitare l’osservatorio e discuterne le potenzialità
con Marco Vedovato ed Ernesto Zanon (entrambi nel direttivo del Gruppo Astrofili Fiemme).
13
La struttura, situata in località Zanon, sopra Tesero, a circa 1200 m di altitudine, comprende la cupola
osservativa, una sala per conferenze e una cupola che ospita un moderno planetario digitale. Lo strumento
principale, alloggiato nella cupola osservativa, è un riflettore con diametro di 50 cm.
Soci UATV all’inaugurazione del nuovo Osservatorio Astronomico Val di Fiemme.
3 SCOPERTE MANCATE PER UN SOFFIO
La sera del 16 novembre, Giancarlo Favero e Riccardo Furgoni stavano seguendo un oggetto NEO la cui
scoperta era in attesa di conferma. Le misure effettuate sono in seguito state riportate nella M.P.E.C. 2015W14, relativa alla scoperta di 2015 VU142.
Ma, con sorpresa, quello seguito non era l’unico corpo in movimento presente nelle immagini riprese. Grazie
ad ulteriori osservazioni effettuate il 18 novembre con Roberto Broccato, Furgoni è riuscito ad inviare al
Minor Planet Center le misure di due notti relative a 3 nuovi oggetti.
L’invio di misure di un nuovo oggetto seguito nel corso di due notti e con un arco temporale di almeno
mezz’ora in ciascuna notte è condizione necessaria affinché venga assegnata all’oggetto una designazione
provvisoria. Il merito per l’assegnazione di tale designazione viene dato a quell’osservazione che risulta
cronologicamente la prima, identificabile nel momento dell’assegnazione della designazione. Non
necessariamente poi, in base alle nuove regole definite nella nota editoriale riportata sulla M.P.E.C. 2010U20, l’osservatore che ottiene il credito per l’assegnazione di una designazione sarà poi identificato come lo
scopritore dell’oggetto. Ad esempio, questo è il caso di 2014 EJ10, osservato l’anno scorso dagli stessi
Favero e Furgoni, la cui designazione provvisoria è stata attribuita all’Osservatorio del Celado. In seguito,
sono state però identificate osservazioni isolate dello stesso oggetto risalenti ad opposizioni precedenti e
nella M.P.C. del 28 settembre 2015 l’oggetto è stato numerato (446302) e la scoperta attribuita a Mt.
Lemmon Survey.
Ebbene, per quanto riguarda le misure dei tre nuovi oggetti effettuate il 16 e il 18 novembre, i dati inviati
hanno contribuito all’assegnazione delle designazioni 2015 VW145, 2015 VX145, 2015 VY145. In tutti e tre i
casi, si tratta di “scoperte mancate per un soffio” per il Celado. Ad oggi, infatti, non sono note misure di
questi oggetti effettuate prima del 2015. Ma le osservazioni del Celado sono precedute in tutti i casi da 4
osservazioni effettuate nel corso di una singola notte, solamente due giorni prima, da Mt. Lemmon Survey
(G96), a cui è stato attribuito il merito per l’attribuzione della designazione provvisoria.
Tuttavia, l’osservazione di questi oggetti rimane comunque una bella soddisfazione per il nostro
Osservatorio: nel caso di 2015 VX145 e 2015 VY145 sono riportate solo misure di Mt. Lemmon e
dell’Osservatorio del Celado. Complimenti dunque a Riccardo Furgoni e Giancarlo Favero per il lavoro
svolto!
14
SERATA DI OSSERVAZIONI 12/12/2015
Foto di copertina
Quella posizionata in alto è stata ripresa il
12/12/2015 utilizzando la Canon 350D presente a
corredo del telescopio.
Altre immagini riprese dal’Osservatorio del Celado
il 12/12/2015 in occasione di una serata
Telescope Service
Somma di 5 immagini x180s.800 ISO
5 dark , 30 flat, 30 bias, elaborazione con Deep
SkyStaker .
NGC 1973-75-77
Distanza: 1460 anni luce
Coordinate:
Ascensione Retta: 05h 36m 27s
Declinazione: -04° 47' 31''
NGC 1977 è una nebulosa complessa contenente
una nube a riflessione diffusa e una regione HII
luminoso. Essa comprende la parte meridionale di
S279, una più estesa regione HII 30 minuti d'arco
a nord della Nebulosa di Orione. Le stelle di NGC
1977 sono parte del sottogruppo 1d Orione, i più
giovani membri dell'associazione stellare di
Orione OB1. NGC 1977 è delimitata a sud dalla
fine all'estremo nord della nube di Orione.
Gastone Tacchetto
Riccardo Sordo
15
Verbali
VERBALE N. 3/2015
Della seduta del Consiglio Direttivo UATV,
riunitosi sabato 04 luglio 2015 presso la
Biblioteca Comunale di Castello Tesino, alle
ore 20,00, per la trattazione del seguente
Ordine del Giorno:
1. Comunicazioni del Presidente
2. Relazione di Cassa
3. Turni per svolgimento visite osservatorio
estate 2015
4. Programma conferenze estate
5. Osservatorio (sicurezza esterna, acquisto
attrezzatura: scala, set birreria)
6. Varie ed eventuali
Presenti: Favero Giancarlo - Costa Claudio –
Broccato Roberto - Baldi Maria Rita –Miconi
Michele - Muller Renzo e Gastone Tacchetto.
E’ presente anche Marina Campestrin in
quanto interessata alla stesura dei turni di
servizio all’osservatorio.
1. Comunicazioni del Presidente prof.
Giancarlo
Favero:
non
ci
sono
comunicazioni particolari pertanto si
passa alla trattazione dei punti successivi
all’odg
2. Relazione di Cassa:
presente la
segretaria, si comunica la situazione di
Cassa alla data odierna che vede un saldo
a ns. credito di circa 700 euro. Il Consiglio
prende atto..
3. Turni per svolgimento visite osservatorio
estate 2015: Vengono stabiliti di comune
accordo, i turni per lo svolgimento delle
serate osservative presso l’Osservatorio
durante l’estate 2015, come da allegato
elenco.
4. Programma conferenze estate: in
ottemperanza a quanto ipotizzato in sede
di Assemblea generale dei Soci dd.
21.03.2015, si svolgeranno tre conferenze,
come di seguito illustrato:
a Palazzo Gallo Ore 21
28 luglio
Pianeti nani
prof. Sergio Ortolani
Università di Padova
4 agosto
L’Osservatorio del Celado compie 5 anni
Prof. Giancarlo Favero
già all’Università di Padova
12 agosto ore 22
Le lacrime di S. Lorenzo
presso Ristorante “Al Cacciatore”
21 agosto
Rosetta: missione compiuta
prof. Cesare Barbieri
Università di Padova
Dall’Osservatorio
Durante i mesi di luglio e agosto l’Osservatorio Astronomico del Celado sarà
aperto nelle sere di venerdì, sabato e
domenica (anche in caso di maltempo)
con il seguente orario: 22:00 – 24:00
La visita all’Osservatorio durerà 2 ore,
una dedicata all’osservazione telescopica,
una dedicata a proiezioni di filmati, con
discussione, domande e risposte.
Di giorno si potranno osservare il Sole, la
Luna e i pianeti Mercurio e Venere. Di
notte si osserveranno i corpi celesti più
spettacolari che si rendono visibili (Luna e
pianeti, ammassi stellari aperti e globulari,
nebulose, galassie.
I temi trattati potranno riguardare: i moti
apparenti e reali del Sole, della Terra e dei
pianeti, il tempo e le stagioni, il Sistema
16
Solare, le stelle, la Via Lattea, le altre
Galassie e l’Universo.
Per le scuole ogni tema sarà trattato al
livello concordato con gli insegnanti o con
gli stessi allievi.
5. Osservatorio (sicurezza esterna, acquisto
attrezzatura: scala, set birreria): il Direttore
dell’Osservatorio,
Roberto
Broccato,
comunica le misure prese per rendere
sicuro
l’accesso
alla
struttura
dell’Osservatorio, in attesa di soluzione del
problema relativo al rivestimento esterno
da parte del Comune di Castello Tesino,
proprietario dello stesso. Si delibera inoltre
l’acquisto di un set birreria da tenere a
disposizione per eventuali necessità di
VERBALE N. 4/2015
Della seduta del Consiglio Direttivo UATV,
riunitosi sabato 10 ottobre 2015 presso la
Biblioteca Comunale di Castello Tesino, alle
ore 20,00, per la trattazione del seguente
Ordine del Giorno:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
Comunicazioni del Presidente
Relazione di Cassa. Contributi
straordinari Comune Castello Tesino
Consuntivo
stagione
estiva:
Situazione Osservatorio e UATV
(contatti con le scuole:)
Acquisto attrezzatura:oculari e altro
Giornalino dicembre
Varie ed eventuali
Presenti: Favero Giancarlo - Costa Claudio –
Broccato Roberto - Baldi Maria Rita e
Gastone Tacchetto. Assenti giustificati:
Miconi Michele - Muller Renzo E’ presente
anche
Marina Campestrin in quanto
interessata alla stesura dei turni di servizio
all’osservatorio e Riccardo Sordo per riferire
su software per movimentazione cupola.
1.
Comunicazioni del Presidente prof.
Giancarlo Favero: non ci sono comunicazioni
particolari pertanto si passa alla trattazione
dei punti successivi all’odg
2. Relazione di Cassa:
presente la
segretaria, si comunica la situazione di
accoglienza visitatori e l’acquisto di una
scala da utilizzare in cupola per accedere
a strumentazione. Per tali acquisti, sarà
inviata domanda di contributo straordinario
al Comune di Castello Tesino.
6. Varie ed eventuali: è in fase di
distribuzione o invio per mail del numero di
giugno del giornalino dell’UATV il Cielado.
Nessun altro argomento viene trattato, la
riunione è conclusa alle ore 21:30
Il Segretario
Maria Rita Baldi
Il Presidente Giancarlo Favero
*********************************************************
Cassa alla data odierna che vede un saldo
a ns. credito di circa 3.200 euro. Tale cifra
è data dalla liquidazione da parte del
Comune di Castello Tesino del contributo
ordinario relativo all’attività svolta nell’anno
2014, al contributo per lo svolgimento
delle conferenze estive e dai contributi
straordinari relativi all’acquisto di un set di
tavoli per accoglienza visitatori e l’acquisto
di una scala da utilizzare in cupola per
accedere a strumentazione. Sono stati
acquistati dall’UATV n° 50 blocchetti di
ricevute fiscali con intestazione, per le
attività che si svolgono normalmente in
Osservatorio. Il Consiglio prende atto.
3. Consuntivo stagione estiva: Situazione
Osservatorio e UATV (contatti con le
scuole): viene riferito il positivo andamento
della stagione estiva, sia in relazione alle
conferenze tenute a Palazzo Gallo, alle
quali
hanno
partecipato
numerose
persone interessate agli argomenti trattati
(Pianeti nani - L’Osservatorio del Celado
compie 5 anni - Rosetta: missione
compiuta), sia alle serate osservative
svolte all’Osservatorio del Celado, che
dall’inizio dell’anno ad oggi, ha visto
l’afflusso di oltre un migliaio di persone.
Vengono fissate le date dei sabati di
osservazione astronomica più vicini al
primo quarto di luna (24/10 - 21/11 –
19/12 per il 2015 – 16/01 – 13/02 – 19/03
17
– 16/04 – 14/05 – 11/06 per il 2016). Si
stabiliscono quindi i turni per lo
svolgimento delle serate osservative
evidenziate, come da allegato elenco.
Giovedì 22 ottobre sarà in visita la scuola
media S, Luigi di Garbagnate Milanese
(dalle 20 alle 22). Il 21 novembre prenota
una serata il socio Riccardo Sordo. Sentita
la disponibilità del prof. Claudio Costa
attuale curatore dei contatti con le scuole,
vista la richiesta, si concorda di passare
l’incarico alla ns. socia Marina Campestrin.
4. Acquisto attrezzatura:oculari e altro: il
socio Riccardo Sordo comunica di aver
predisposto, come concordato in sede di
Assemblea Soci u.s., il software per la
movimentazione della cupola, che è
pertanto da provare e in seguito utilizzare.
Viene quindi esaminata una serie di
oculari della ditta olandese Robtics e si
decide di acquistare:
Un oculare da 8,8,mm Explorer Scientific
: valore € 149,00
Un oculare da 24 mm
“
“
€ 259,00
Un oculare da 30 mm
“
“
€ 319,00
Richiesta preventivi per:
Estimatore cielo (sensore cielo nuvoloso)
€ 350,00
Lente di Barlow APM
€ 95,00
Si delibera di acquistare due PC per l’aula
conferenze e per la fotocamera CANON,
un armadio metallico con chiavi per
conservazione documenti, valore circa
150 € e una bacheca da mettere ad inizio
strada per Osservatorio, di circa 100 €.
Altre spese previste: controllo caldaia,
acquisto portalampade e lampadine,
acquisto scheda per focheggiatore. Per
quanto riguarda i lavori per la facciata
dell’Osservatorio si rimanda alla prossima
nuova Amministrazione comunale. Il
collaudo dell’ascensore è a carico del
Comune come pure la pulizia dall’erba e
dalla neve presso l’Osservatorio, come
fatto in passato
5 Giornalino dicembre: Verranno approntate
le news e le notizie del secondo semestre
per l’edizione del prossimo giornalino di
dicembre. Viene concordato di proporre a
fine dicembre o inizio gennaio una
conferenza da parte di un relatore
disponibile. (Barbieri o altri).
6 Varie ed eventuali: Nessun altro
argomento viene trattato, la riunione è
conclusa alle ore 21:30.
Il Segretario
Maria Rita Baldi
Il Presidente
Giancarlo Favero
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UNA SERATA TRA LE
STELLE
APERTURA INVERNALE
IL SABATO più prossimo al I° quarto di Luna e
cioè:
16 gennaio – 13 febbraio – 19 marzo – 16 aprile –
14 maggio – 11 giugno
Venerdì, sabato, domenica durante le vacanze di
Natale dal 25 dicembre al 10 gennaio ore 21.30
LUNEDI’ 4 gennaio, ore 20:30 conferenza del
Prof. Cesare Barbieri :
Storia di COMETE, dalla Halley alla
Churyumov-Gerasimenko
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