Editoriale IL CiELADO Anno 15, numero 3-4 luglio-dicembre 2015 Cari soci, Organo Ufficiale della Unione Astrofili Tesino e Valsugana c/o Biblioteca Comunale di Castello Tesino Via Venezia 16/b 38053 Castello Tesino Coordinate bancarie: IBAN: IT 62 V 0810234580 000020042214 Direttore: Redazione: Giancarlo Favero Maria Rita Baldi Marina Campestrin Michele Miconi Gastone Tacchetto Le conferenze estive sono state molto interessanti e un numeroso pubblico vi ha partecipato con molta attenzione. Il prof. Ortolani ha parlato dei pianeti nani, una categoria creata da poco in ambiente astronomico, e in particolare del recente sorvolo dell’ex pianeta Plutone da parte di una sonda della NASA. Il prof. Barbieri ha illustrato le numerose scoperte effettuate dalla sonda Rosetta dell’ESA circa la cometa ChuryumovGerasimenko. Lo scrivente ha ricordato gli eventi salienti dei primi 5 anni di attività dell’Osservatorio del Celado. ANNO SOCIALE 2015 ORGANI SOCIALI CONSIGLIO DIRETTIVO 2013-2015 Presidente: Vice-Presidente: Segretario: Tesoriere: Consiglieri: Revisori Effettivi: Revisori Supplenti: Giancarlo Favero Claudio Costa Maria Rita Baldi Renzo Müller Michele Miconi Roberto Broccato Gastone Tacchetto Michele Alberti Marina Aru Marina Campestrin Ermanno Dorigato Sergio Menguzzato L’Osservatorio, sotto l’accurata guida del direttore Broccato, ha registrato numerosi miglioramenti, dall’acquisto di nuovi computer a quello di nuove scale per la manutenzione e l’osservazione. È stata installata sulla testa, a inquadrare un’ampia area di cielo, la camera Watec dotata di un obiettivo a grande campo. Sono stati acquistati due tavoli con relative panche per ospitare il pubblico all’aperto. Direttore dell’Osservatorio: Roberto Broccato Parte formativa e uso strumenti Michele Miconi Gastone Tacchetto Contatti con le scuole Marina Campestrin Informatica e attrezzature elettriche, edilizia e meccanica Roberto Broccato SOMMARIO Editoriale News ultimissime Nuova sezione su sito internet Il cielo d’inverno Il cielo di primavera 2016 Notizie da UATV e Osservatorio Verbali Programma inverno pag “ “ “ “ “ “ “ il secondo semestre di quest’anno è stato molto proficuo per l’UATV. Una meteorologia particolarmente clemente ha permesso di risollevare la media delle visite all’Osservatorio del Celado, sfiorando il valore record di 1500. In parallelo è salito il bilancio dell’UATV, rendendo possibile effettuare l’acquisto di tre oculari di elevata qualità che ora permettono visioni estremamente spettacolari dato l’ampio campo apparente inquadrato (82°). 1 2 10 11 12 13 16 18 In copertina: Immagine NGC1977 RUNNING MAN NEBULA. del socio Gastone Tacchetto Serata Telescope Service presso l’Osservatorio. Immagine prodotta dal socio Riccardo Sordo. Le ricerche condotte sugli asteroidi hanno ricevuto un notevole impulso con la nuova partecipazione di Marina Campestrin nella misura delle posizioni e di Roberto Broccato nell’operazione del telescopio. Ci stiamo preparando per il prossimo anno che vedrà i pianeti Giove, Saturno e Marte impreziosire il cielo primaverile e quello estivo: si è già prenotato per marzo il fedele socio Jacquesson che verrà a riprendere questo trio spettacolare. Con i miei più cordiali auguri ai soci e ai loro familiari. Giancarlo Favero 1 News a cura di Marina Campestrin NUOVE SCOPERTE SU PLUTONE Quattro mesi dopo il flyby di Plutone, la sonda New Horizons della NASA ha portato ad una quantità incredibile di scoperte. Da possibili vulcani di ghiaccio a lune impazzite, il team scientifico di New Horizons ha discusso più di 50 scoperte emozionanti su Plutone durante il 47° meeting della Divisione per le Scienze Planetarie dell’American Astronomical Society, tenutasi nel mese di novembre 2015 presso National Harbor nel Maryland. “La missione New Horizons ha ribaltato quello che pensavamo di sapere su Plutone”, ha dichiarato Jim Green, direttore di Scienze Planetarie della NASA a Washington. “E questo in fondo è il motivo per cui esploriamo il cosmo: soddisfare la nostra innata curiosità e rispondere alle più profonde domande su come siamo arrivati qui e su cosa giace oltre l’orizzonte”. Per una di queste scoperte, i geologi di New Horizons hanno combinato immagini della superficie di Plutone per creare mappe 3D che suggeriscono che due delle montagne più caratteristiche di Plutone potrebbero essere dei crio-vulcani – ovvero, vulcani di ghiaccio che possono essere stati attivi nel recente passato geologico. “È difficile immaginare come la nostra concezione di Plutone e delle sue lune stia rapidamente evolvendo man mano che ci giungono nuovi dati. Le scoperte che possiamo tirar fuori dai nuovi dati che otteniamo ogni settimana stanno rendendo Plutone una vera star del Sistema Solare! Inoltre, scommetto che per la maggior parte degli scienziati planetari, uno o due dei nostri ultimi risultati principali riguardo ad un unico mondo verrebbero considerati stupefacenti. Averli tutti assieme è semplicemente una cosa incredibile!” Così ha commentato il Principal Investigator Alan Stern del Southwest Research Institute di Boulder in Colorado. I due candidati crio-vulcani sono delle grandi strutture che misurano decine di chilometri in larghezza e parecchi chilometri in altezza. Oliver White, ricercatore post-dottorato di New Horizons, presso l’Ames Research Center della NASA a Moffett Field in California, spiega che si tratta di grandi montagne con un buco notevole sulla loro sommità. E sulla Terra questo in genere sta a significare una sola cosa: vulcano. “Se sono strutture di origine vulcanica, allora le depressioni sulla sommità si sono probabilmente formate attraverso un collasso, quando del materiale è eruttato da sotto. Le strane sembianze corrugate dei fianchi della montagna possono rappresentare delle colate vulcaniche di qualche tipo, che hanno viaggiato giù dalla sommità verso le pianure che si trovano nelle vicinanze. Ma perché i fianchi siano corrugati e di che cosa siano fatti, ancora non lo sappiamo”. Se da una parte l’aspetto di questi crio-vulcani è simile ai vulcani terrestri che sputano roccia fusa, ci si aspetta che i vulcani su Plutone emettano un impasto di sostanze come ghiaccio d’acqua, azoto, ammoniaca o metano. Se Plutone dimostrerà di possedere vulcani, fornirà certamente un nuovo importante indizio riguardo alla sua evoluzione geologica ed atmosferica. La struttura denominata Wright Mons, situata a sud della Sputnik Planum su Plutone. Si tratta di una struttura insolita, larga circa 160 chilometri e alta 4 chilometri, che mostra una depressione (visibile nel centro dell’immagine) di circa 56 chilometri di diametro, con una struttura corrugata distintiva sui fianchi. Il bordo della depressione mostra anche una fratturazione concentrica. Gli scienziati di New Horizons ritengono che questa montagna, assieme ad un’altra, Piccard Mons, possa esser stata formata dall’eruzione “criovulcanica” di ghiacci fuoriusciti da sotto la superficie di Plutone. Credit: NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Southwest Research Institute “Dopo tutto, nulla di simile è stato mai visto finora nella parte più lontana del Sistema Solare esterno” ha dichiarato Jeffrey Moore, a capo del team di geologia, geofisica e imaging di New Horizons presso Ames. 2 La lunga storia dell’attività geologica di Plutone Secondo un’altra nuova scoperta di New Horizons, la superficie di Plutone varia per età – da antica, a intermedia, a relativamente giovane. Per determinare l’età di una certa zona della superficie del pianeta, gli scienziati contano i crateri d’impatto. Più sono i crateri d’impatto, più vecchia è probabilmente quella regione. Il conteggio dei crateri su Plutone indica che la superficie del pianeta presenta regioni che possono risalire a poco dopo la formazione dei pianeti del nostro Sistema Solare, circa 4 miliardi di anni fa. Ma c’è anche una vasta area che, in termini geologici, è nata ieri – il che significa negli ultimi milioni di anni. Quest’area, che è stata informalmente chiamata Sputnik Planum, appare sul lato sinistro del “cuore” di Plutone, ed è completamente priva di crateri in tutte le immagini ricevute finora. Nuovi dati riguardanti il conteggio dei crateri rivelano poi la presenza di terreni intermedi o “di mezza età” su Plutone. Ciò suggerisce che Sputnik Planum non è un’anomalia, ma il pianeta è stato geologicamente attivo per gran parte della sua storia di più di 4 miliardi di anni. “Abbiamo mappato più di un migliaio di crateri su Plutone, che variano notevolmente per dimensioni ed aspetto. Tra le altre cose, mi aspetto che studi sui crateri come questi ci diano nuove importanti informazioni sul modo in cui questa parte del Sistema Solare si è formata” ha commentato il ricercatore post-dottorato Kelsi Singer, del Southwest Research Institute (SwRI), con sede a Boulder, in Colorado. Vulcani di ghiaccio su Plutone. Gli scienziati hanno utilizzato le immagini della superficie del pianeta create da New Horizons per ottenere delle mappe topografiche 3D, scoprendo che due delle montagne di Plutone, chiamate informalmente Wright Mons e Piccard Mons, potrebbero esser state dei vulcani di ghiaccio. I colori mostrano i cambiamenti in altezza: il blu indica i terreni più bassi, e il marrone le elevazioni più alte, mentre i terreni verdi sono di altezza intermedia. Credit: NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Southwest Research Institute Mattoni del Sistema Solare I conteggi dei crateri stanno dando al team di New Horizons una comprensione della struttura della Fascia di Kuiper. La scarsità di crateri più piccoli su Plutone e sulla sua luna più grande, Caronte, indica che la Fascia di Kuiper, una regione esterna inesplorata del nostro Sistema Solare, ha probabilmente avuto un numero di oggetti piccoli minore di quanto alcuni modelli avevano previsto. Questo porta gli scienziati di New Horizons a dubitare di un modello di vecchia data, secondo cui tutti gli oggetti della fascia di Kuiper si sono formati dall’accumulazione di oggetti molto più piccoli – meno di un chilometro di larghezza. L’assenza di piccoli crateri su Plutone e Caronte sostiene altri modelli che teorizzano che gli oggetti della Fascia di Kuiper abbiano un diametro di decine di chilometri e possano essersi formati direttamente, con le loro dimensioni attuali – o molto vicine a quelle attuali. In effetti, la prova che molti oggetti della fascia di Kuiper possano essere “nati grandi” ha eccitato gli scienziati, che ritengono che il prossimo potenziale bersaglio di New Horizons – l’oggetto della Fascia di Kuiper (KBO, Kuiper Belt Object) avente un diametro di 40-50 chilometri chiamato 2014 MU69 – possa offrire il primo sguardo dettagliato a tale antico mattone incontaminato del Sistema Solare. Corpi fusi. I dati di New Horizons indicano che almeno due delle piccole lune di Plutone (e forse tutte quattro) possono essere il risultato di fusioni tra lune ancora più piccole. Se questa scoperta verrà confermata con ulteriori analisi, potrebbe fornire importanti nuovi indizi sulla formazione del sistema di Plutone. Credit: NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Southwest Research Institute Lune rotanti e fuse di Plutone La missione New Horizons sta anche gettando nuova luce sull’affascinante sistema di lune di Plutone, e sulle loro insolite proprietà. Ad esempio, quasi ogni altra luna nel Sistema Solare – inclusa la luna della Terra – è in rotazione sincrona, e mantiene una faccia rivolta verso il suo pianeta. Questo non è però il caso per le piccole lune di Plutone. I piccoli satelliti di Plutone girano molto più velocemente. Idra, la sua luna più distante, ruota 3 su se stessa per ben 89 volte nel corso di una singola orbita attorno al pianeta. Gli scienziati ritengono che questi tassi di rotazione possano variare perché Caronte esercita un forte momento meccanico che impedisce a ciascuna piccola luna di stabilizzarsi in rotazione sincrona. Si tratta quindi di un’altra stranezza delle lune di Plutone: gli scienziati si aspettavano che i satelliti oscillassero, ma non a tal punto. Il ricercatore Mark Showalter del SETI Institute di Mountain View, in California ha spiegato che le lune di Plutone si comportano in pratica come delle trottole. Immagini dei quattro satelliti più piccoli hanno anche indicato che alcuni di essi potrebbero essere il risultato della fusione di due o più lune. “Da questa scoperta abbiamo il sospetto che Plutone possa aver avuto più lune nel passato, a seguito del grande impatto che, tra le altre cose, ha creato Caronte” ha aggiunto Shoewalter. LA COMPOSIZIONE GRANDE SCALA DELL’UNIVERSO SU Il satellite Suzaku ha rivelato che la composizione chimica media del nostro universo su grande scala è la stessa del nostro Sole. Tutti gli elementi chimici più pesanti del carbonio – ad esempio l’ossigeno che respiriamo e il silicio di cui è composta la sabbia sulle spiagge – sono stati prodotti all’interno delle stelle per mezzo della fusione nucleare e rilasciati da esplosioni stellari chiamate supernove. Misurando la composizione chimica dell’universo, gli scienziati stanno cercando di ricostruire la storia del “come, quando e dove” ciascun elemento chimico così necessario per l’evoluzione della vita è stato prodotto. A grandi linee, possiamo dire che ci sono due modi in cui un’esplosione di supernova può avvenire, e la proporzione di elementi chimici che sono prodotti dipende dal tipo di supernova. Elementi più leggeri, come l’ossigeno o il magnesio, provengono principalmente dalle esplosioni di stelle molto massicce, più di dieci volte le dimensioni del nostro Sole, al termine della loro vita. Queste sono note come “supernove a collasso nucleare” (core-collapse supernovae in inglese). Stelle più piccole, invece, solitamente finiscono il loro ciclo vitale come “nane bianche”, una piccola frazione delle quali può esplodere come una “supernova termonucleare” o “di tipo Ia” se in seguito aumentano la loro materia rubandola ad una stella compagna, il che causa l’instabilità della nana bianca per la sua stessa gravità. Gli atomi più pesanti come il ferro e il nickel vengono probabilmente da quest’ultimo tipo di supernove. Per ottenere la composizione chimica del nostro Sistema Solare, ad esempio, abbiamo bisogno di una miscela di circa un’esplosione di supernova termonucleare ogni cinque esplosioni di supernove a collasso nucleare. La ricercatrice dell’Agenzia Spaziale Giapponese (JAXA, Japan Aerospace Exploration Agency) Aurora Simionescu voleva scoprire se la composizione chimica media dell’universo fosse simile a quella del nostro Sistema Solare, o se il nostro quartiere nello spazio fosse, dopo tutto, un posto speciale. In realtà, forse contro intuitivamente, la risposta a questa domanda è più facile da trovare non guardando le stelle stesse, ma piuttosto studiando lo spazio intergalattico. Questo perché la maggior parte della materia normale nell’universo, e quindi anche la maggior parte dei metalli, non è attualmente contenuta nelle stelle, ma piuttosto in un gas diffuso molto caldo che riempie lo spazio tra le galassie, ed è così caldo che brilla di luce nel range dei raggi X. I raggi X più luminosi provengono dai cosiddetti ammassi di galassie, i luoghi nell’universo in cui le galassie sono raggruppate molto vicine tra loro. Aurora Simionescu racconta come abbia trovato questa idea affascinante fin dal primo anno di dottorato: si tratta di “fare una radiografia” del contenuto chimico del nostro universo. Ma allora, quasi dieci anni fa, era molto difficile ottenere misure affidabili delle abbondanze di metalli, eccetto che per le zone molto dense e più luminose del mezzo intergalattico, a causa della scarsità di fotoni di raggi X e dell’ elevato rumore di fondo. Dunque si poteva solo indagare davvero la composizione chimica della parte centrale costituente circa un millesimo del volume tipico di un qualsiasi ammasso di galassie. Il satellite Suzaku dell’Agenzia Spaziale Giapponese ha dedicato una grande quantità di tempo osservativo, raccogliendo dati per molte settimane, per affrontare questo problema. Le prime osservazioni così profonde, che avevano come bersaglio il sistema più luminoso, l’Ammasso del Perseo, permisero di eseguire misure assai dettagliate dell’abbondanza di ferro nel mezzo intra-ammasso su larga scala. Tuttavia, le informazioni sugli elementi chimici prodotti prevalentemente dal collasso del nucleo delle supernove mancavano ancora. Per tali misure, erano necessarie osservazioni di un ammasso galattico con una temperatura media più bassa, affinché l’emissione degli elementi più leggeri fosse relativamente più forte di quella nell’Ammasso del Perseo. Il satellite Suzaku trascorse quindi circa due settimane per osservare l’Ammasso della Vergine, il più vicino e il secondo più brillante nel cielo per quanto riguarda l’emissione a raggi X, che possiede una temperatura bassa come richiesto. Con questo nuovo set di dati, Simionescu e i suoi colleghi della JAXA e della Standford University sono riusciti a rilevare non solo il ferro, ma per la prima volta anche il magnesio, il silicio e lo zolfo fino al confine di questo ammasso di galassie. I loro risultati sono stati riportati in uno studio pubblicato recentemente nell’Astrophysical Journal Letters. 4 “Quello che abbiamo trovato è che i rapporti tra le abbondanze di ferro, silicio, zolfo e magnesio, sono costanti in tutto l’Ammasso della Vergine, e anzi, più o meno in accordo con la composizione del nostro stesso Sole e della maggior parte delle stelle della nostra galassia” spiega il Dr. Norbert Werner della Standford University, uno dei coautori dell’articolo. Gli ammassi di galassie occupano un volume così grande che si ritiene che il contenuto di ciascuno di tali oggetti possa essere considerato rappresentativo anche del resto dell’universo. La nuova scoperta del Suzaku implica che gli elementi chimici nel cosmo sono miscelati molto bene, con una composizione chimica che rimane la stessa sia su scale dell’ordine del raggio solare (centinaia di migliaia di chilometri) che su scale dell’ordine delle dimensioni di un ammasso di galassie (diversi milioni di anni luce). Anche se può esistere nell’universo qualche luogo speciale che mantiene una diversa composizione chimica, in media, il grosso dell’universo ha una composizione molto simile alla zona in cui ci troviamo – la stessa zuppa di elementi che è necessaria per la vita come la conosciamo noi esiste ovunque si guardi. “Il satellite Suzaku ha aperto una finestra nuova di zecca sull’universo e ci ha mostrato che ovunque si guardi, su vaste scale, la miscela di elementi chimici è essenzialmente la stessa” ha commentato Steven Allen, professore di Fisica presso la Standford University e coautore dello studio. “Si tratta di un risultato magnificamente semplice, e un altro passo nella comprensione di come l’universo attorno a noi si sia trasformato”. HUBBLE: NUOVE IMMAGINI DI GIOVE E DELLA SUA MACCHIA ROSSA Il telescopio spaziale Hubble, che ricordiamo essere una collaborazione internazionale dell’ESA e della NASA, ha fornito un nuovo ritratto di Giove, che ha permesso di evidenziare importanti caratteristiche dell’atmosfera del più grande pianeta del Sistema Solare. Gli scienziati hanno prodotto nuove mappe di Giove che mostrano i continui cambiamenti della sua famosa Grande Macchia Rossa. Le immagini rivelano anche una rara struttura ondosa nell’atmosfera del pianeta che non si vedeva da decenni. Le nuove immagini sono le prime di una serie di ritratti annuali dei pianeti esterni del Sistema Solare, che ci darà nuovi scorci di questi mondi remoti, e aiuterà gli scienziati a studiare come essi cambino nel corso del tempo. Nelle nuove immagini di Giove è stata catturata una vasta gamma di caratteristiche, tra cui venti, nubi e tempeste. Gli scienziati che hanno lavorato alle nuove immagini hanno scattato fotografie di Giove utilizzando la Wide Field Camera 3 di Hubble per un periodo di dieci ore ed hanno prodotto due mappe dell’intero pianeta dalle osservazioni svolte. Queste mappe consentono di determinare le velocità dei venti di Giove, di individuare fenomeni diversi nella sua atmosfera e tracciare cambiamenti delle sue più famose caratteristiche. Le nuove immagini confermano che l’enorme tempesta, che ha imperversato sulla superficie di Giove per almeno trecento anni, continua a ridursi, ma non può uscire di scena senza combattere. La tempesta, nota come la Grande Macchia Rossa, viene qui vista vorticosa al centro dell’immagine del pianeta. Si è ridotta in dimensioni ad una velocità notevolmente maggiore di anno in anno per un certo tempo. Ma ora il tasso di ritiro sembra rallentare di nuovo, anche se la macchia rimane circa 240 km più piccola di quanto non fosse nel 2014. Questa nuova immagine del più grande pianeta del Sistema Solare, Giove, è stata creata nel corso del programma Outer Planet Atmosphere Legacy (OPAL). Le immagini realizzate all’interno di questo programma rendono possibile la determinazione della velocità dei venti di Giove, l’identificazione di diversi fenomeni nella sua atmosfera e il tracciamento dei cambiamenti nelle sue strutture più importanti. La mappa qui riportata è frutto di osservazioni effettuate il 19 gennaio 2015. Credit: NASA/ESA/A. Simon (GSFC), M. Wrong (UC Berkely), G. Orton (JPL-Caltech) Le dimensioni della macchia non sono l’unico cambiamento catturato da Hubble. Al centro della macchia, che risulta meno intensa in colore di quanto fosse un tempo, si può vedere un insolito filamento a ciuffetti che attraversa quasi tutta la lunghezza del vortice. Questa striscia filamentosa ruota e si contorce durante le dieci ore di durata della sequenza di immagini della Grande Macchia Rossa, distorta da venti che soffiano a 540 chilometri all’ora. C’è un’altra caratteristica di interesse in questo nuovo ritratto del nostro vicino gigante. Appena a nord dell’equatore del pianeta, i ricercatori hanno trovato una rara struttura ondosa, di un tipo che è stato avvistato sul pianeta una sola volta prima, decenni fa dalla missione Voyager 2, che venne lanciato nel 1977. Nelle immagini del Voyager 2 l’onda era appena visibile e gli astronomi cominciarono a pensare che la sua apparizione fosse stata un colpo di fortuna, dato che nulla di simile è stato visto da allora… fino ad oggi. L’attuale onda è stata trovata in una zona disseminata di cicloni e anticicloni. Onde simili, chiamate onde barocline, a volte compaiono 5 nell’atmosfera terrestre, dove vengono formati i cicloni. L’onda, secondo i ricercatori, può avere origine in uno strato chiaro sotto le nuvole, divenendo visibile solo quando si propaga fino al piano delle nuvole. Nella Fascia Equatoriale Nord di Giove, gli scienziati hanno osservato un’onda rara che è stata vista solamente una volta prima. Questa immagine ingrandita di Giove in falsi colori mostra dei cicloni (frecce) e l’onda (linee verticali). Credits:NASA/ESA/Goddard/UCBerkeley/JPLCaltech/STScI Le osservazioni di Giove fanno parte del programma Outer Planet Atmosphere Legacy (OPAL), che consentirà ad Hubble di dedicare del tempo ogni anno ad osservare i pianeti esterni. Oltre a Giove, sono già stati osservati, come parte del programma, Nettuno e Urano, e mappe di questi pianeti verranno rese disponibili nell’archivio pubblico. Saturno sarà aggiunto alla serie in seguito. La collezione di mappe che verrà costruita nel tempo aiuterà gli scienziati non solo a capire le atmosfere dei pianeti giganti del Sistema Solare, ma anche le atmosfere del nostro stesso pianeta e dei pianeti che si stanno scoprendo attorno ad altre stelle. PROPOSTA UNA NUOVA DEFINIZIONE DI PIANETA Uno studio dell’University of California, Los Angeles (UCLA) ha classificato il 99% di tutti gli esopianeti noti e questo ha permesso di proporre un nuovo metodo di classificazione che potrebbe semplificare la definizione ufficiale di “pianeta”. Cerere è uno dei cinque pianeti nani del nostro Sistema Solare, secondo l’attuale classificazione accettata dall’Unione Astronomica Internazionale. L’immagine è stata ripresa dalla sonda Dawn il 4 maggio 2015. Credit: NASA Il professore di Astronomia Planetaria Jean-Luc Margot dell’UCLA ha descritto un semplice “test per pianeti” che può essere facilmente applicato ai corpi che orbitano attorno al Sole e ad altre stelle. Secondo questo nuovo test, tutti gli otto pianeti del Sistema Solare e tutti i pianeti extrasolari classificabili vengono confermati come “pianeti”. Margot ha presentato il suo metodo di classificazione alla riunione annuale della Divisione per le Scienze Planetarie dell’American Astronomical Society il 10 novembre scorso. La definizione ufficiale di “pianeta” si applica solo ai corpi del nostro Sistema Solare, ed ha creato una sorta di “limbo di definizione” per migliaia di corpi planetari che orbitano attorno a stelle diverse dal Sole. In un articolo accettato per la pubblicazione dall’Astronomical Journal Margot ha proposto di estendere la definizione di pianeta per tutti i sistemi planetari. Nove anni fa, l’Unione Astronomica Internazionale (IAU) ha definito i criteri che devono essere rispettati affinché un corpo celeste possa essere considerato un pianeta, ma ha lasciato la classificazione dei pianeti extrasolari ad una futura considerazione. Il recente flusso di scoperte di esopianeti, il cui numero è ora attorno a 5000, richiede un’estensione dell’attuale definizione limitata, ritiene Margot, che incoraggia l’IAU a perfezionare ed estendere l’attuale definizione. La definizione IAU di pianeta si basa principalmente sulla capacità di un pianeta di “ripulire la sua orbita” – ovvero evacuare, accumulare o dominare piccoli corpi nelle vicinanze della sua orbita. Margot ha ottenuto un semplice test che può essere utilizzato per determinare se un corpo può ripulire una specifica regione attorno alla sua orbita entro un lasso di tempo specifico, come ad esempio il tempo di vita della sua stella ospite. Questo test è semplice da implementare e permette di classificare immediatamente il 99% di tutti i pianeti extrasolari conosciuti. Il criterio che propone richiede solamente di stimare la massa della stella, la massa del pianeta, e il periodo orbitale, ognuno dei quali può essere ottenuto con telescopi situati a Terra o nello spazio. La facilità di implementazione è stata un motore fondamentale per il nuovo strumento di classificazione. “Non si dovrebbe aver bisogno di un dispositivo di teletrasporto per decidere se un oggetto appena scoperto è un pianeta” ha commentato Margot. Quando viene applicato al Sistema Solare, il test divide i corpi in due gruppi estremamente diversi. “La disparità tra pianeti e non-pianeti è sorprendente” ha spiegato Margot. “La netta distinzione suggerisce che vi è una differenza fondamentale nel modo in cui questi corpi si sono formati, e il semplice fatto di classificarli rivela qualcosa di profondo sulla natura”. Margot ha anche scoperto che ci si può aspettare che i corpi in grado di ripulire la loro orbita siano 6 rotondi. Questa scoperta è importante perché l’attuale definizione IAU richiede che un pianeta sia quasi rotondo, cosa che è difficile o impossibile da verificare per i pianeti extrasolari. “Quando un corpo ha massa sufficiente per ripulire le sue vicinanze orbitali, ha anche massa sufficiente per superare la resistenza del materiale e ritirarsi in una forma quasi sferica” ha proseguita Margot. Questo significa che la definizione IAU di pianeta potrebbe essere semplificata, eliminando il requisito superfluo di rotondità che è difficile da verificare in maniera osservativa. Non è noto se il nuovo strumento di classificazione verrà considerato dall’IAU, le cui risoluzioni tipicamente sono fatte e revisionate da commissioni prima della possibile adozione da parte dei membri dell’IAU nel corso di un’assemblea generale. La prossima assemblea generale dell’IAU si terrà a Vienna nel 2018. CONFERMATI ANTICHI LAGHI SU MARTE Un nuovo studio del team del Mars Science Laboratory / Curiosity della NASA ha confermato che un tempo – miliardi di anni fa – Marte era in grado di immagazzinare acqua in laghi per un prolungato periodo di tempo. Utilizzando i dati del rover Curiosity, il team ha scoperto che, tempo fa, l’acqua ha contribuito al deposito di sedimenti nel cratere Gale, dove il rover è atterrato più di tre anni fa. I sedimenti depositati come strati formano le basi del Monte Sharp, la montagna che ora si trova nel mezzo del cratere. “Osservazioni fatte dal rover suggeriscono che una serie di torrenti e laghi di lunga durata esisteva ad un certo punto tra circa 3,8 e 3,3 miliardi di anni fa, lasciando sedimenti che lentamente hanno costruito gli strati più bassi del Monte Sharp”, ha spiegato Ashwin Vasavasa, ricercatore del Mars Science Laboratory, presso il Jet Propulsion Laboratory della NASA a Pasadena, in California, e coautore del nuovo articolo su Science che è stato pubblicato in ottobre. I risultati ottenuti si basano su lavori precedenti che suggerivano che vi fossero antichi laghi su Marte, e si aggiungono alla storia che si sta svelando di un Marte umido, sia nel passato che nel presente. Qualche mese fa, gli scienziati della NASA hanno confermato che su Marte attualmente scorre dell’acqua. “Quello che pensavamo di sapere sull’acqua presente su Marte è costantemente messo alla prova” afferma Micheal Meyer, scienziato a capo del programma di esplorazione spaziale nel quartier generale della NASA a Washington. “È chiaro che il Marte di miliardi di anni fa era più simile alla Terra di quanto non lo sia ora. La nostra sfida è capire come questo Marte più clemente sia stato possibile, e cosa accadde in seguito a quel Marte allora più umido di oggi.” Prima che Curiosity atterrasse su Marte nel marzo 2012, gli scienziati avevano proposto che il cratere Gale fosse stato riempito con strati di sedimenti. Alcune ipotesi erano “a secco”: suggerivano che i sedimenti si fossero accumulati a causa di polvere e sabbia trasportate dal vento. Altri si focalizzarono sulla possibilità che gli strati di sedimenti fossero stati depositati in antichi laghi. Gli ultimi risultati di Curiosity indicano che questi scenari umidi erano corretti per le parti inferiori del Monte Sharp. Sulla base delle nuove analisi, il riempimento degli strati inferiori della montagna – e forse non solo quelli – è avvenuto principalmente per la presenza di antichi fiumi e laghi su un periodo di meno di 500 milioni di anni. “Durante la traversata del Cratere Gale, abbiamo notato strutture geologiche, dove abbiamo visto prove di antichi corsi d’acqua in rapido movimento con della ghiaia più grossa, così come luoghi in cui i flussi sembrano essersi svuotati in corpi d’acqua stagnante” racconta Vasavada. “La previsione era che avremmo dovuto iniziare a vedere rocce depositate dall’acqua, a grana fine, più vicino al Monte Sharp. Ora che siamo arrivati, stiamo vedendo in abbondanza dell’argillite finemente stratificata, che assomiglia molto a deposito lacustre.” L’argillite indica la presenza di corpi di acqua stagnante in forma di laghi che è rimasta là per un lungo periodo di tempo, forse espandendosi e contraendosi ripetutamente durante centinaia di milioni di anni. Questi laghi hanno depositato i sedimenti che infine hanno formato la porzione inferiore della montagna. “Paradossalmente, dove ora c’è una montagna, una volta c’era un bacino, che talvolta era riempito d’acqua” ha commentato John Grotzinger, scienziato del Mars Science Laboratory al California Institute of Technology con sede a Pasadena, e autore principale del nuovo studio. “Vediamo la prova di circa 75 metri di riempimento sedimentario, e sulla base dei dati cartografici del Mars Reconnaissance Orbiter della NASA e delle immagini dalla camera di Curiosity, sembra che il deposito sedimentario trasportato dall’acqua avrebbe potuto estendersi per 150-200 metri sopra il fondo del cratere”. Inoltre, lo spessore totale dei depositi sedimentari nel Cratere Gale, che indicano interazione con l’acqua, potrebbe estendersi in zone ancora più elevate, forse fino ad 800 metri circa al di sopra del fondo del cratere. Oltre gli 800 metri, il Monte Sharp non mostra alcuna prova di stati idratati, e questo è il grosso di ciò che forma il Monte Sharp. Grotzinger suggerisce che forse questo tratto più tardo della storia del cratere potrebbe essere stato dominato da depositi secchi, portati dal vento, come una 7 volta si credeva fosse per la parte inferiore esplorata da Curiosity. Un fotografia della formazione “Kimberley” su Marte scattata dal rover della NASA Curiosity. Gli strati in primo piano verso la base del Monte Sharp indicano l’antica depressione che esisteva prima della formazione della montagna. I colori sono stati regolati in modo che le rocce assomiglino all’incirca a quelle presenti sulla Terra, per aiutare i geologi ad interpretarle. Questo “bilanciamento del bianco”, per aggiustare l’illuminazione su Marte, compensa la mancanza del blu sul pianeta, facendo apparire il cielo azzurro e talvolta dando alle rocce scure una dominante blu. Credit: NASA/JPL-Caltech/MSSS Una domanda persistente riguarda la sorgente di acqua originaria che ha portato i sedimenti all’interno del cratere. Per avere acqua che scorre in superficie, Marte avrebbe dovuto avere un’atmosfera più spessa e un clima più caldo di quanto sia stato teorizzato per l’era antica, quando il Cratere Gale ha vissuto l’intensa attività geologica. Tuttavia, i modelli attuali di questo paleo-clima sono letteralmente rimasti all’asciutto. Almeno una parte dell’acqua può esser stata fornita ai laghi da nevicate e piogge negli altipiani del bordo del Cratere Gale. Alcuni hanno proposto l’ipotesi secondo cui ci sarebbe stato un oceano nelle pianure a nord del cratere, ma questo non spiega come l’acqua sia riuscita ad esistere in forma liquida sulla superficie per un lungo periodo di tempo. “Siamo stati spinti a pensare che Marte sia semplice” riflette Grotzinger. “Una volta pensavamo che anche la Terra fosse semplice. Ma più si va in profondità, più domande emergono perché si sta iniziando a capire la reale complessità di ciò che vediamo su Marte. Questo è un buon momento per tornare a rivalutare tutte le nostre assunzioni. Da qualche parte c’è qualcosa che manca.” LA MISSIONE LISA PATHFINDER Il 3 dicembre scorso è stato lanciato con il vettore VEGA dalla base spaziale europea di Kourou nella Guyana Francese il satellite della missione LISA Pathfinder, precursore tecnologico dell’osservatorio spaziale di onde gravitazionali pianificato dall’ESA come terza grande missione nel suo programma scientifico Cosmic Vision. La gravitazione rimane il più grande dei misteri cosmici. Anche se è stata la prima forza ad essere descritta matematicamente, da Isaac Newton nel 1687, non sappiamo ancora come funziona. La nostra migliore descrizione moderna è la Teoria Generale della Relatività di Albert Einstein. E non è proprio un caso che la missione LISA Pathfinder venga lanciata nell’anno del centesimo anniversario della pubblicazione di Einstein, in cui viene presentata la forma finale delle sue equazioni che descrivono un campo gravitazionale. Queste equazioni di campo sono il cuore della relatività generale. Esse descrivono l’ambiente matematico quadridimensionale noto come il continuum spazio-temporale. La relatività generale è stata utilizzata con successo per mantenere la precisione dei segnali di navigazione satellitare, descrivere il moto del pianeta più interno, Mercurio, e fornire indizi su alcuni dei corpi celesti più strani, i buchi neri. Ma c’è una grande previsione della relatività generale che rimane ancora oltre la nostra capacità di essere rivelata direttamente: si tratta delle onde gravitazionali. Le onde gravitazionali sono minuscole increspature nel continuum spazio-temporale che vengono prodotte da qualche oggetto in accelerazione. Sono l’analogo delle increspature sulla superficie di uno stagno create dalla caduta di un sassolino. Mentre le onde passano, cambiano la distanza tra i punti nello spazio. Una volta che avremo la tecnologia per rilevare le onde gravitazionali, vedremo l’universo come mai prima. Pensiamo di paragonare il nostro modo attuale di studiare l’universo all’andare ad un cinema muto. Ebbene, il nuovo modo di guardare all’universo attraverso le onde gravitazionali sarà come la moderna esperienza cinematografica con il surround, la tecnica di riproduzione del suono proveniente anche da dietro lo spettatore che ha lo scopo di collocarlo al centro della scena sonora. Avremo la possibilità di scrutare il cuore delle stelle che stanno collidendo, vedremo i buchi neri che formano i bordi dell’universo conosciuto e saremo veramente in grado di verificare se la relatività generale funziona nel regno dei campi gravitazionali estremi. Per “sentire” queste increspature gravitazionali e fare tutte queste cose incredibili, si deve prima essere sicuri che tutte le altre forze possano essere isolate e rimosse, altrimenti il segnale che si vuole rilevare sarà sommerso in una palude di rumore. Nessuno può rilevare l’ondulazione formata da un sassolino su un oceano in tempesta. Lo scopo della missione LISA Pathfinder (LISA sta per Laser Interferometer Space Antenna) è verificare la possibilità di posizionare nello spazio interplanetario delle masse di prova in caduta libera ed effettuare su di esse misure di 8 accelerazione con una precisione mai raggiunta prima. Si tratta di una tappa fondamentale per la rilevazione delle onde gravitazionali ed è il risultato di un insieme di tecnologie all’avanguardia, tra cui sensori inerziali, sistema di misura laser, e controllo del satellite attraverso micro-propulsori. Due cubi di metallo (in oro e platino) costituiscono il nucleo del carico utile di LISA. La missione dovrà mostrare di saperli proteggere da tutte le forze interne ed esterne, meglio di qualsiasi altro veicolo spaziale mai lanciato nello spazio. Ciò significa volare nello spazio con una precisione di pochi miliardesimi di metro (nanometri), ed essere in grado di misurare le posizioni relative dei cubi di metallo entro un trilionesimo di metro (picometro). I cubi di metallo saranno liberi di fluttuare all’interno della navicella. Questo è il motivo per cui la tecnologia non può essere testata sulla Terra: la gravità del nostro pianeta spingerebbe i cubi verso il suolo, e l’esperimento avrebbe termine dopo pochi secondi al massimo. Nello spazio, invece, le masse fluttueranno liberamente per un lungo tempo, schermate da altre influenze della navicella. Esse si muoveranno solamente nel modo che la gravità imporrà loro. La navicella farà delle manovre attorno a loro, rilevando il loro moto e regolando il proprio per compensarlo. Il contributo italiano alla missione è fondamentale. Il professor Stefano Vitale dell’Università di Trento è principal investigator di LISA Pathfinder ed ha coordinato i ricercatori del Laboratorio di Gravitazione Sperimentale del Dipartimento di Fisica di Trento, che hanno progettato i sensori inerziali. Il satellite della missione LISA Pathfinder lavorerà da un punto vantaggioso nello spazio, situato a circa 1,5 milioni di chilometri dalla Terra verso il Sole, orbitando nel primo punto Lagrangiano L1 del sistema Sole-Terra – un punto in cui le attrazioni gravitazionali di Terra e Sole cancellano le forze apparenti dovute al moto. LISA Pathfinder sarà il laboratorio più perfetto di fisica fondamentale mai volato nello spazio – ed è solo l’inizio. L’ESA ha stabilito che la sua missione L3, la terza grande missione del programma Cosmic Vision, fosse l’indagine gravitazionale dell’universo. Una nuova missione più evoluta (eLISA) utilizzerà la tecnologia sviluppata da LISA Pathfinder per costruire una missione spaziale multipla per poter osservare direttamente le onde gravitazionali e avviare così l’era dell’astronomia ad onde gravitazionali. Rappresentazione artistica di LISA Pathfinder, missione dell’ESA che ha lo scopo di testare la tecnologia per futuri osservatori spaziali di onde gravitazionali. Credits: ESA/ C. Carreau CATALINA, LA STELLA COMETA VISIBILE A NATALE 2015 Natale 2015: la cometa Catalina è passata vicina alla Terra e c’era la luna piena, come 38 anni fa. Dati rilevati da Campestrin Marina, Unione Astrofili Tesino e Valsugana presso Osservatorio Astronomico del Celado 2015/12/27 02:48:58 UTC (mid) 80 cm reflector f/4 + CCD SBIG ST10XME unfiltered 60X10 s exposures stacked on comet motion (3.39”/min, P.A. 360”) R.A. 14h 15m 48.57s Decl. N 10° 59’ 55.3” 9 Catalina è un’enorme massa di roccia e di ghiaccio dal diametro di circa 20 chilometri e ha due code. La cometa sta viaggiando dalla nube di Oort, probabilmente il suo luogo natale, in direzione del Sole. La cometa C/2013 US10 si chiama Catalina, ma per gli specialisti è C/2013 US10. Catalina è stata osservata per la prima volta nella notte di Halloween del 2013, al Catalina Sky Survey Observatory appena fuori Tucson, in Arizona. Gli scienziati pensavano che fosse addirittura un asteroide e perciò le diedero l’etichetta di US10 – una sigla usata per gli asteroidi, appunto. Quando gli studiosi hanno capito che si trattava solo di una cometa, hanno tirato un sospiro di sollievo, non sarebbe stata un oggetto spaziale pericoloso per la Terra, ma non hanno cambiato il suo nome. NUOVA SEZIONE SUL SITO INTERNET Dal mese di settembre, sul sito www.osservatoriodelcelado.net, che raccoglie le informazioni della nostra associazione UATV e dell’Osservatorio Astronomico del Celado, è presente una nuova sezione, dedicata alle pubblicazioni del Minor Planet Center in cui è presente qualche contributo da parte dei soci UATV che collaborano alla ricerca astrometrica di pianetini e comete presso l'Osservatorio Astronomico del Celado. Grazie al lavoro dei soci Gastone Tacchetto e Giorgio Ferrai, che si occupano della gestione del sito internet, vengono aggiornati, almeno un paio di volte al mese, i documenti PDF scaricabili da tale pagina. Questi documenti contengono gli elenchi delle Minor Planet Circulars (ISSN 0736-6884) e delle Minor Planet Electronic Circulars (ISSN 1523-6714) con i contribuiti di K51-Osservatorio del Celado. Nuova pagina del sito internet www.osservatoriodelcelado.net dedicata alle pubblicazioni del Minor Planet Center contenenti i contributi dell’Osservatorio del Celado. 10 IL CIELO DELL’INVERNO 2016 Allo zenit (sopra la testa) si vedono i due gemelli (Gem), Castore e Polluce, e verso ovest il pentagono dell’Auriga (Aur) con la stella di prima grandezza Capretta. Betelgeuse e l’azzurra Rigel. Alla sinistra di Orione le stelle di prima grandezza Procione, del Cane Minore (CMi), e Sirio del Cane Maggiore (CMa). Sempre verso ovest seguono Perseo (Per), Andromeda (And) e, basso sull’orizzonte, il quadrato di Pegaso (Peg). A est si trova il Leone (Leo) con Regolo e, subito sotto, lo splendente pianeta Giove. A sud brilla la costellazione di Orione (Ori), con due stelle di prima grandezza: la rossa Verso Nord il Grande Carro si trova a destra della Stella Polare. 11 IL CIELO DELLA PRIMAVERA 2016 Lo zenit è dominato dalla costellazione del Boote (Boo), con la gialla Arturo, e lì vicino c’è il Grande Carro. A ovest tramontano i Gemelli e il Cane Minore, seguiti dal Leone accompagnato da Giove, l’astro più brillante del cielo. A sud campeggia la Vergine (Vir) con la stella azzurra Spica. A sud-est brillano i due pianeti Saturno e Marte (il secondo di colore nettamente rossastro) sotto ai quali brilla la rossa Antares, la stella più brillante dello Scorpione (Sco). In queste condizione si apprezza il nome della stella, che per il colore compete con Marte (Antares significa Anti-Ares, dove Ares è il nome greco di Marte). 12 NOTIZIE DALL’ASSOCIAZIONE E DALL’OSSERVATORIO PULIZIA DELLO SPECCHIO DEL TELESCOPIO Nel pomeriggio di sabato 17 ottobre, Gastone Tacchetto e Roberto Broccato hanno eseguito la pulizia dello specchio principale da 80 cm e dello specchio secondario del telescopio dell’Osservatorio del Celado. Un’operazione delicata che in precedenza era stata già eseguita – per quanto riguarda lo specchio principale – nell’ottobre 2012 dallo stesso Tacchetto, con il supporto di Michel Jacquesson e la supervisione di Giancarlo Favero. Gastone Tacchetto e Roberto Broccato al lavoro per la pulizia dello specchio principale da 80 cm e dello specchio secondario del telescopio dell’Osservatorio Astronomico del Celado. La procedura richiede di spruzzare sulla superficie dello specchio una soluzione di detergente, precedentemente riscaldata. Lo specchio va poi coperto con della carta da cucina e così lasciato per qualche minuto, in modo che lo sporco aderisca alla carta. La carta va quindi tolta dallo specchio, con l’accortezza di non strofinare, per non graffiare la superficie ottica. Quanto descritto fin qui deve essere ripetuto alcune volte, finché la superficie appare sufficientemente pulita. Lo specchio va poi risciacquato con acqua distillata. Infine, sullo specchio va spruzzato dell’alcol isopropilico e la superficie va lasciata asciugare senza ulteriori interventi esterni. VISITA AL NUOVO OSSERVATORIO DI FIEMME Da qualche mese una nuova struttura dedicata alla divulgazione e alla ricerca in ambito astronomico è presente sul territorio trentino. Si tratta dell’Osservatorio Astronomico Val di Fiemme, inaugurato sabato 12 settembre e gestito dalla locale associazione Gruppo Astrofili Fiemme. Alla cerimonia di inaugurazione era presente anche una piccola delegazione dell’UATV, che ha portato i saluti e gli auguri da parte di tutti i nostri soci. Dopo la presentazione e i ringraziamenti del presidente del Gruppo Astrofili Fiemme, Mario Vinante, e gli interventi da parte delle autorità presenti, è stato possibile visitare l’osservatorio e discuterne le potenzialità con Marco Vedovato ed Ernesto Zanon (entrambi nel direttivo del Gruppo Astrofili Fiemme). 13 La struttura, situata in località Zanon, sopra Tesero, a circa 1200 m di altitudine, comprende la cupola osservativa, una sala per conferenze e una cupola che ospita un moderno planetario digitale. Lo strumento principale, alloggiato nella cupola osservativa, è un riflettore con diametro di 50 cm. Soci UATV all’inaugurazione del nuovo Osservatorio Astronomico Val di Fiemme. 3 SCOPERTE MANCATE PER UN SOFFIO La sera del 16 novembre, Giancarlo Favero e Riccardo Furgoni stavano seguendo un oggetto NEO la cui scoperta era in attesa di conferma. Le misure effettuate sono in seguito state riportate nella M.P.E.C. 2015W14, relativa alla scoperta di 2015 VU142. Ma, con sorpresa, quello seguito non era l’unico corpo in movimento presente nelle immagini riprese. Grazie ad ulteriori osservazioni effettuate il 18 novembre con Roberto Broccato, Furgoni è riuscito ad inviare al Minor Planet Center le misure di due notti relative a 3 nuovi oggetti. L’invio di misure di un nuovo oggetto seguito nel corso di due notti e con un arco temporale di almeno mezz’ora in ciascuna notte è condizione necessaria affinché venga assegnata all’oggetto una designazione provvisoria. Il merito per l’assegnazione di tale designazione viene dato a quell’osservazione che risulta cronologicamente la prima, identificabile nel momento dell’assegnazione della designazione. Non necessariamente poi, in base alle nuove regole definite nella nota editoriale riportata sulla M.P.E.C. 2010U20, l’osservatore che ottiene il credito per l’assegnazione di una designazione sarà poi identificato come lo scopritore dell’oggetto. Ad esempio, questo è il caso di 2014 EJ10, osservato l’anno scorso dagli stessi Favero e Furgoni, la cui designazione provvisoria è stata attribuita all’Osservatorio del Celado. In seguito, sono state però identificate osservazioni isolate dello stesso oggetto risalenti ad opposizioni precedenti e nella M.P.C. del 28 settembre 2015 l’oggetto è stato numerato (446302) e la scoperta attribuita a Mt. Lemmon Survey. Ebbene, per quanto riguarda le misure dei tre nuovi oggetti effettuate il 16 e il 18 novembre, i dati inviati hanno contribuito all’assegnazione delle designazioni 2015 VW145, 2015 VX145, 2015 VY145. In tutti e tre i casi, si tratta di “scoperte mancate per un soffio” per il Celado. Ad oggi, infatti, non sono note misure di questi oggetti effettuate prima del 2015. Ma le osservazioni del Celado sono precedute in tutti i casi da 4 osservazioni effettuate nel corso di una singola notte, solamente due giorni prima, da Mt. Lemmon Survey (G96), a cui è stato attribuito il merito per l’attribuzione della designazione provvisoria. Tuttavia, l’osservazione di questi oggetti rimane comunque una bella soddisfazione per il nostro Osservatorio: nel caso di 2015 VX145 e 2015 VY145 sono riportate solo misure di Mt. Lemmon e dell’Osservatorio del Celado. Complimenti dunque a Riccardo Furgoni e Giancarlo Favero per il lavoro svolto! 14 SERATA DI OSSERVAZIONI 12/12/2015 Foto di copertina Quella posizionata in alto è stata ripresa il 12/12/2015 utilizzando la Canon 350D presente a corredo del telescopio. Altre immagini riprese dal’Osservatorio del Celado il 12/12/2015 in occasione di una serata Telescope Service Somma di 5 immagini x180s.800 ISO 5 dark , 30 flat, 30 bias, elaborazione con Deep SkyStaker . NGC 1973-75-77 Distanza: 1460 anni luce Coordinate: Ascensione Retta: 05h 36m 27s Declinazione: -04° 47' 31'' NGC 1977 è una nebulosa complessa contenente una nube a riflessione diffusa e una regione HII luminoso. Essa comprende la parte meridionale di S279, una più estesa regione HII 30 minuti d'arco a nord della Nebulosa di Orione. Le stelle di NGC 1977 sono parte del sottogruppo 1d Orione, i più giovani membri dell'associazione stellare di Orione OB1. NGC 1977 è delimitata a sud dalla fine all'estremo nord della nube di Orione. Gastone Tacchetto Riccardo Sordo 15 Verbali VERBALE N. 3/2015 Della seduta del Consiglio Direttivo UATV, riunitosi sabato 04 luglio 2015 presso la Biblioteca Comunale di Castello Tesino, alle ore 20,00, per la trattazione del seguente Ordine del Giorno: 1. Comunicazioni del Presidente 2. Relazione di Cassa 3. Turni per svolgimento visite osservatorio estate 2015 4. Programma conferenze estate 5. Osservatorio (sicurezza esterna, acquisto attrezzatura: scala, set birreria) 6. Varie ed eventuali Presenti: Favero Giancarlo - Costa Claudio – Broccato Roberto - Baldi Maria Rita –Miconi Michele - Muller Renzo e Gastone Tacchetto. E’ presente anche Marina Campestrin in quanto interessata alla stesura dei turni di servizio all’osservatorio. 1. Comunicazioni del Presidente prof. Giancarlo Favero: non ci sono comunicazioni particolari pertanto si passa alla trattazione dei punti successivi all’odg 2. Relazione di Cassa: presente la segretaria, si comunica la situazione di Cassa alla data odierna che vede un saldo a ns. credito di circa 700 euro. Il Consiglio prende atto.. 3. Turni per svolgimento visite osservatorio estate 2015: Vengono stabiliti di comune accordo, i turni per lo svolgimento delle serate osservative presso l’Osservatorio durante l’estate 2015, come da allegato elenco. 4. Programma conferenze estate: in ottemperanza a quanto ipotizzato in sede di Assemblea generale dei Soci dd. 21.03.2015, si svolgeranno tre conferenze, come di seguito illustrato: a Palazzo Gallo Ore 21 28 luglio Pianeti nani prof. Sergio Ortolani Università di Padova 4 agosto L’Osservatorio del Celado compie 5 anni Prof. Giancarlo Favero già all’Università di Padova 12 agosto ore 22 Le lacrime di S. Lorenzo presso Ristorante “Al Cacciatore” 21 agosto Rosetta: missione compiuta prof. Cesare Barbieri Università di Padova Dall’Osservatorio Durante i mesi di luglio e agosto l’Osservatorio Astronomico del Celado sarà aperto nelle sere di venerdì, sabato e domenica (anche in caso di maltempo) con il seguente orario: 22:00 – 24:00 La visita all’Osservatorio durerà 2 ore, una dedicata all’osservazione telescopica, una dedicata a proiezioni di filmati, con discussione, domande e risposte. Di giorno si potranno osservare il Sole, la Luna e i pianeti Mercurio e Venere. Di notte si osserveranno i corpi celesti più spettacolari che si rendono visibili (Luna e pianeti, ammassi stellari aperti e globulari, nebulose, galassie. I temi trattati potranno riguardare: i moti apparenti e reali del Sole, della Terra e dei pianeti, il tempo e le stagioni, il Sistema 16 Solare, le stelle, la Via Lattea, le altre Galassie e l’Universo. Per le scuole ogni tema sarà trattato al livello concordato con gli insegnanti o con gli stessi allievi. 5. Osservatorio (sicurezza esterna, acquisto attrezzatura: scala, set birreria): il Direttore dell’Osservatorio, Roberto Broccato, comunica le misure prese per rendere sicuro l’accesso alla struttura dell’Osservatorio, in attesa di soluzione del problema relativo al rivestimento esterno da parte del Comune di Castello Tesino, proprietario dello stesso. Si delibera inoltre l’acquisto di un set birreria da tenere a disposizione per eventuali necessità di VERBALE N. 4/2015 Della seduta del Consiglio Direttivo UATV, riunitosi sabato 10 ottobre 2015 presso la Biblioteca Comunale di Castello Tesino, alle ore 20,00, per la trattazione del seguente Ordine del Giorno: 1. 2. 3. 4. 5. 6. Comunicazioni del Presidente Relazione di Cassa. Contributi straordinari Comune Castello Tesino Consuntivo stagione estiva: Situazione Osservatorio e UATV (contatti con le scuole:) Acquisto attrezzatura:oculari e altro Giornalino dicembre Varie ed eventuali Presenti: Favero Giancarlo - Costa Claudio – Broccato Roberto - Baldi Maria Rita e Gastone Tacchetto. Assenti giustificati: Miconi Michele - Muller Renzo E’ presente anche Marina Campestrin in quanto interessata alla stesura dei turni di servizio all’osservatorio e Riccardo Sordo per riferire su software per movimentazione cupola. 1. Comunicazioni del Presidente prof. Giancarlo Favero: non ci sono comunicazioni particolari pertanto si passa alla trattazione dei punti successivi all’odg 2. Relazione di Cassa: presente la segretaria, si comunica la situazione di accoglienza visitatori e l’acquisto di una scala da utilizzare in cupola per accedere a strumentazione. Per tali acquisti, sarà inviata domanda di contributo straordinario al Comune di Castello Tesino. 6. Varie ed eventuali: è in fase di distribuzione o invio per mail del numero di giugno del giornalino dell’UATV il Cielado. Nessun altro argomento viene trattato, la riunione è conclusa alle ore 21:30 Il Segretario Maria Rita Baldi Il Presidente Giancarlo Favero ********************************************************* Cassa alla data odierna che vede un saldo a ns. credito di circa 3.200 euro. Tale cifra è data dalla liquidazione da parte del Comune di Castello Tesino del contributo ordinario relativo all’attività svolta nell’anno 2014, al contributo per lo svolgimento delle conferenze estive e dai contributi straordinari relativi all’acquisto di un set di tavoli per accoglienza visitatori e l’acquisto di una scala da utilizzare in cupola per accedere a strumentazione. Sono stati acquistati dall’UATV n° 50 blocchetti di ricevute fiscali con intestazione, per le attività che si svolgono normalmente in Osservatorio. Il Consiglio prende atto. 3. Consuntivo stagione estiva: Situazione Osservatorio e UATV (contatti con le scuole): viene riferito il positivo andamento della stagione estiva, sia in relazione alle conferenze tenute a Palazzo Gallo, alle quali hanno partecipato numerose persone interessate agli argomenti trattati (Pianeti nani - L’Osservatorio del Celado compie 5 anni - Rosetta: missione compiuta), sia alle serate osservative svolte all’Osservatorio del Celado, che dall’inizio dell’anno ad oggi, ha visto l’afflusso di oltre un migliaio di persone. Vengono fissate le date dei sabati di osservazione astronomica più vicini al primo quarto di luna (24/10 - 21/11 – 19/12 per il 2015 – 16/01 – 13/02 – 19/03 17 – 16/04 – 14/05 – 11/06 per il 2016). Si stabiliscono quindi i turni per lo svolgimento delle serate osservative evidenziate, come da allegato elenco. Giovedì 22 ottobre sarà in visita la scuola media S, Luigi di Garbagnate Milanese (dalle 20 alle 22). Il 21 novembre prenota una serata il socio Riccardo Sordo. Sentita la disponibilità del prof. Claudio Costa attuale curatore dei contatti con le scuole, vista la richiesta, si concorda di passare l’incarico alla ns. socia Marina Campestrin. 4. Acquisto attrezzatura:oculari e altro: il socio Riccardo Sordo comunica di aver predisposto, come concordato in sede di Assemblea Soci u.s., il software per la movimentazione della cupola, che è pertanto da provare e in seguito utilizzare. Viene quindi esaminata una serie di oculari della ditta olandese Robtics e si decide di acquistare: Un oculare da 8,8,mm Explorer Scientific : valore € 149,00 Un oculare da 24 mm “ “ € 259,00 Un oculare da 30 mm “ “ € 319,00 Richiesta preventivi per: Estimatore cielo (sensore cielo nuvoloso) € 350,00 Lente di Barlow APM € 95,00 Si delibera di acquistare due PC per l’aula conferenze e per la fotocamera CANON, un armadio metallico con chiavi per conservazione documenti, valore circa 150 € e una bacheca da mettere ad inizio strada per Osservatorio, di circa 100 €. Altre spese previste: controllo caldaia, acquisto portalampade e lampadine, acquisto scheda per focheggiatore. Per quanto riguarda i lavori per la facciata dell’Osservatorio si rimanda alla prossima nuova Amministrazione comunale. Il collaudo dell’ascensore è a carico del Comune come pure la pulizia dall’erba e dalla neve presso l’Osservatorio, come fatto in passato 5 Giornalino dicembre: Verranno approntate le news e le notizie del secondo semestre per l’edizione del prossimo giornalino di dicembre. Viene concordato di proporre a fine dicembre o inizio gennaio una conferenza da parte di un relatore disponibile. (Barbieri o altri). 6 Varie ed eventuali: Nessun altro argomento viene trattato, la riunione è conclusa alle ore 21:30. Il Segretario Maria Rita Baldi Il Presidente Giancarlo Favero *************************************************************************************************************************** UNA SERATA TRA LE STELLE APERTURA INVERNALE IL SABATO più prossimo al I° quarto di Luna e cioè: 16 gennaio – 13 febbraio – 19 marzo – 16 aprile – 14 maggio – 11 giugno Venerdì, sabato, domenica durante le vacanze di Natale dal 25 dicembre al 10 gennaio ore 21.30 LUNEDI’ 4 gennaio, ore 20:30 conferenza del Prof. Cesare Barbieri : Storia di COMETE, dalla Halley alla Churyumov-Gerasimenko 18