L`attrito

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ATTRITO
La forza di attrito rende possibile il movimento ma si oppone al movimento.
come vettore ha la medesima direzione ma verso contrario alla velocità
Inconsapevolmente l'uomo fa esperienza dell'attrito fin dalla nascita, al punto da non apprezzarne più la presenza; per questo motivo,
nacque l'equivoco che caratterizzò lo studio
della dinamica da Aristotele fino a Galileo Galilei (1564-1642), il quale può essere considerato uno dei primi scienziati del mondo occidentale.
Aristotele sosteneva: per mantenere il movimento serve una forza. Togliendo la forza, la
velocità diminuisce e il corpo si ferma. Aumentando la forza, aumenta la velocità, diminuendo la forza, diminuisce la velocità. Quindi per Aristotele la forza è la causa diretta della velocità e lo stato naturale dei corpi è la
quiete.
A qualsiasi persona oggi l'esperienza quotidiana sembra, però, suggerire proprio questo:
affinché un corpo si muova a velocità costante
serve “qualcosa” che lo tiri o lo spinga. Se
nulla tira o spinge, il corpo rimane fermo.
Questo è FALSO.
Galileo intuì e dimostrò che la realtà è ben
diversa; egli, inoltre, introdusse nella fisica
i concetti di attrito e di inerzia.
mento: le forze di attrito. Presenza che
Aristotele non aveva intuito.
Quando un corpo è in movimento la forza di
attrito lo rallenta, al limite fino ad arrestarlo.
Per mantenerlo in movimento è necessaria
una forza uguale ed opposta alla forza di attrito, in modo che la forza risultante sia nulla.
Solo quando la forza risultante è nulla il corpo
mantiene il suo “stato di moto”. La forza sui
pedali della bicicletta, per esempio, non serve
per “creare” il movimento ma serve per contrastare e bilanciare la forza di attrito delle
ruote e dell'aria, in modo che la forza
risultante sia nulla. La forza sui pedali, cioè,
non solo crea il movimento (in partenza) ma
lo mantiene poi, opponendosi all'attrito.
Il ruolo dell'attrito nella nostra vita quotidiana
è duplice.
Da un lato è un fenomeno “fastidioso”, in
quanto ostacola i movimenti, rende più complicati le leggi del movimento, e, soprattutto,
comporta uno spreco di energia in qualsiasi
attività.
Galileo afferma che i corpi non hanno uno
stato naturale preferenziale, quiete o movimento; d'altra parte in mancanza di un riferimento non ha neppure senso dire se un oggetto è fermo o in movimento (questo è il “principio di relatività”, ripreso da Einstein nel 1905).
In assenza di azioni sul corpo, stabilito un sistema di riferimento, un corpo se è fermo rimane fermo, mentre un corpo in movimento
mantiene il suo moto rettilineo uniforme. Ciò
avviene sempre quando nulla interagisce con
l'oggetto. Questo affermazione di Galileo fu ripresa da Newton, che enunciò il “principio di
inerzia”.
D'altro canto l'attrito è indispensabile; in un
mondo senza attrito tante cose sarebbero
molto difficili, al limite impossibili.
Cosa succederebbe se non ci fosse l'attrito a tenere fermi i corpi ? Ogni oggetto alla minima
spinta, o posto su un piano non perfettamente
orizzontale, si muoverebbe dalla sua posizione (sedie, tavoli compresi...). Se non ci fosse
l'attrito fra scarpe e pavimento, non potremmo spostarci (basta pensare a che cosa accade
muovendosi a piedi nudi su un lago ghiacciato: è quasi impossibile anche solo rimanere
in piedi).
Non potremmo afferrare oggetti con le mani:
scrivere, utilizzare utensili. Nessun veicolo a
ruote potrebbe muoversi.... e così via.
Quello che Galileo, a differenza di Aristotele,
prende in considerazione è proprio la presenza di forze che esistono e contrastano il movi-
In breve, tutte le “attività” che vengono in
qualche modo ostacolate dall'attrito, in realtà
sono possibili solo grazie all'attrito.
TIPI
DI
ATTRITO
L'attrito è così classificato:
•
•
•
•
attrito radente o di strisciamento (è un attrito dinamico, con superfici in movimento)
attrito volvente o di rotolamento (è un attrito statico, con superfici tra loro ferme)
attrito fluidodinamico o resistenza del mezzo
attrito viscoso o attrito interno
L'attrito radente si manifesta quando una superficie striscia su un'altra ed è premuta contro di
essa. L'attrito volvente esiste, invece, quando un oggetto rotondo rotola su una superficie. L'attrito
fluidodinamico si manifesta quando un corpo si muove dentro un fluido, mentre l'attrito viscoso
indica la resistenza interna tra le parti di un fluido, per esempio dentro un liquido che scorre; la
viscosità viene spesso confusa con la densità (per esempio l'olio è più viscoso dell'acqua ma è
meno denso).
ATTRITO
RADENTE
Esaminiamo dapprima come si presenta il fenomeno, poi indaghiamo sull'origine.

IL FENOMENO
L'esperienza quotidiana mostra che, se spingiamo un corpo appoggiato su un piano orizzontale con una forza anch'essa orizzontale, il
corpo si muove più o meno facilmente a seconda di come è fatto, di quant'è pesante e
delle caratteristiche della superficie. Inoltre capita di osservare che, dopo un certo sforzo,
necessario per far muovere il corpo, questo
sembra continuare con maggiore facilità.
La forza contro cui spingiamo, l'attrito radente, è causata dalla rugosità (o
asperità) delle superfici a contatto
( nota : per “contatto” intendiamo la situazione in cui
gli atomi “a contatto” sono in realtà alla distanza di legame: il vero contatto tra atomi non esiste: gli atomi
non possono mai avvicinarsi oltre un certo valore; in altre parole tra gli atomi rimane sempre un po' di vuoto)
Anche se le superfici appaiono lisce, osservandole al microscopio le vediamo altamente irregolari. In linea di principio possiamo dire che
quando spingiamo il corpo, le irregolarità si
incastrano e urtano le une contro le altre e l'effetto complessivo è una forza che si oppone al
moto. Questo è l'attrito DINAMICO.
Quando spingiamo orizzontalmente un corpo
in quiete per iniziare a muoverlo, le superfici
oppongono una resistenza che si chiama attrito STATICO, superiore a quello dinamico (circa il 50% in più). Se la forza è bassa, il corpo
non si muove. Aumentando la forza, ad un
certo punto il corpo inizia a muoversi.
Questa è la massima forza statica che la
superficie riesce ad opporre al movimento.
Anche questa forza dipende dalla natura delle
superfici e dal peso del corpo. L'origine di
questo attrito è nei legami chimici che si formano tra le microasperità delle due superfici.
Il fenomeno dell'attrito sia statico, sia dinamico è perfettamente comprensibile se noi esaminiamo la superficie al microscopio.

ORIGINE DELL'ATTRITO RADENTE
Quando appoggiamo un corpo su una superficie, in realtà lo
appoggiamo su un certo numero di micro-asperità. A causa del
reciproco contatto, queste asperità si deformano schiacciandosi.
In parte si deformano elasticamente (cessando il contatto,
ritornano alla forma originale), in parte si deformano
plasticamente (cessando il contatto, rimangono deformate).
In corrispondenza delle zone di appoggio le superfici si appiattiscono e si crea un piccolissima zona in cui gli atomi dei
due materiali sono realmente a contatto, o meglio a distanza di
legame (ricordo che gli atomi non sono MAI realmente a contatto). Le dimensioni di questa zona dipendono dall'entità della
deformazione subita, la quale dipende dalla forza applicata a
tale zona, la quale, a sua volta, si può ritenere pari alla forza
totale applicata (N nella figura) divisa per il numero delle zone
di contatto.
Questa reale forza di contatto è elevatissima e, come detto, dispone gli atomi di un materiale a distanza di legame (“contatto”) con quelli dell'altro materiale.
Maggiore è la forza N, maggiore è l'area di effettivo contatto,
perché le zone di contatto si deformano maggiormente. Minore N, minore l'area totale di contatto. Quest'area reale di contatto è sempre molto minore dell'area di contatto apparente.
Per esempio, se un libro appoggia sul tavolo per 6 dm2, l'area di
reale contatto con il tavolo (somma delle micro-aree di contatto
) è migliaia di volte inferiore.
I legami chimici nelle zone di contatto costituiscono sostanzialmente una “unione” tra i materiali, una vera e propria saldatura; si può ritenere a tutti gli effetti che non ci sia alcuna separazione (tratteggio nell'ultimo cerchio della figura a destra)
tra corpo appoggiato e superficie di appoggio; si può immaginare che nelle zone di appoggio corpo e superficie costituiscano un solo materiale (questo è sempre vero anche se abbiamo,
per esempio, plastica e metallo – in questo caso si parla di
“lega” tra materiali diversi ).
Il numero dei legami che si formano dipende solo dalla forza N che spinge il corpo contro la superficie; questo numero non dipende dall'area apparente di contatto. Se, per esempio, appoggiamo al tavolo un parallelepipedo prima su una faccia grande, poi su una faccia piccola, possiamo
dire che il numero dei legami di contatto è lo stesso, perché rimane costante il peso del parallelepipedo, anche se cambia la superficie apparente di contatto.
La somma delle forze dei legami chimici che si formano è in definitiva la forza che si deve vincere, spezzandoli, quando iniziamo a muovere il corpo.
Finché la forza attiva applicata è piccola, il corpo non si muove perché il legami non si spezzano,
ma oppongono una forza opposta, sufficiente a mantenere il corpo fermo. Aumentando la forza
applicata, ad un certo punto questa spezza i legami e il corpo si mette in movimento. La somma
di queste forze di legame è la FORZA MASSIMA DI ATTRITO STATICO.
Riepilogando:
•
•
•
la forza di attrito dipende dal numero dei legami chimici che si formano;
il numero dei legami che si formano dipende dall'area effettiva di contatto;
l'area effettiva di contatto dipende dal peso del corpo e non dalla superficie apparente di
appoggio
Pertanto la forza di attrito statica è indipendente sempre dalla superficie apparente; se il peso è
grande, grande diventa l'area di effettivo contatto; se il peso è piccolo, piccola sarà l'area di effettivo contatto. Nel primo caso le micro-aree sono molto deformate ed ampie, nel secondo caso sono
poco deformate e piccole. Ma la somma delle aree e dei legami rimane costante
Quanto il corpo si è mosso, subentra l' ATTRITO DINAMICO.
In questo caso le superfici scorrono una rispetto all'altra. I legami iniziano a formarsi ma subito
vengono spezzati dall'inerzia del movimento. Non c'è tempo perché la forza di legame raggiunga
valori elevati.
La somma dei legami risulta piccola rispetto a quella statica.
L'attrito dinamico pertanto è inferiore all'attrito statico.
USURA
Quando le superfici sono in movimento, alla forza di legame si aggiunge una forza supplementare
dovuta all'urto delle asperità delle due superfici. In questi urti alcune asperità si deformano in
modo elastico, altre si deformano in modo plastico, altre si spezzano e particelle di materiale si
staccano in diversa misura da entrambe le superfici. Questo effetto si chiama USURA.
I materiali “si consumano” e diventano più lisci, perché tendono a “livellare” le microasperità.
INCOLLAGGIO
Un effetto secondario, ma importante, si manifesta quando i materiali diventano troppo lisci, quasi a specchio. In questo caso ci sono molte zone appiattite; le aree di effettivo contatto fra atomi diventano molto grandi per cui, quando i materiali si arrestano, grandi aree di superficie letteralmente si legano tra loro e diventa quasi impossibile staccarli.
Esistono i “blocchetti Johnson”, utilizzati per calibrare alcuni strumenti di misura, che sono semplici parallelepipedi di metallo lucido, così lisci che mettendoli a contatto, senza alcuna interposizione di materiale, letteralmente si incollano l'uno all'altro.
Staccarli a mano è difficilissimo e forzando, per esempio con una pinza, si rischia che aree estese di
una superficie si stacchino, rimanendo aderenti all'altra superficie.
FORMULE
La formulazione matematica delle forze di attrito statico e dinamico è la seguente, dove i coefficienti
f s e f dipendono solo dai materiali e dalla forza di contatto N, non dall'area
s
d
(apparente) di appoggio (nota: la lettera f deriva deriva dall'inglese “friction”, cioè attrito);
F s= f s⋅N
Si può ritenere in prima approssimazione:
F d = f d⋅N
f s ≈ 1,5 f d
La viscosità è una proprietà intrinseca di ogni
fluido e si può descrivere come la resistenza che
il fluido incontra quando scorre. Si misura cronometrando quanto tempo impiega una data
quantità di fluido per uscire, attraverso un foro
calibrato, da un recipiente. Maggior tempo indica maggiore viscosità. E' una specie di
“collosità”, di aderenza interna.
con esso.
Immaginiamo il fluido fermo e il corpo in
movimento. Se il fluido è viscoso, le particelle di
fluido a contatto con il corpo dovranno essere in
moto con il corpo (condizione di aderenza). Il
corpo quindi eserciterà sulle particelle di fluido
che via via esso incontra una azione accelerante,
mediante una forza. Per il il principio di azione e
reazione, il fluido eserciterà sul corpo una azione
frenante. In altre parole gli strati di fluido
immediatamente adiacenti al corpo tenderanno
ad esercitare delle azioni di forza sul corpo, con
la direzione della velocità del corpo ma verso
opposto. Questa forza dipenderà della superficie
bagnata (cioè esposta al fluido) del corpo stesso,
della velocità del corpo, e della viscosità del
fluido (ma non della forma del corpo).
E', in sintesi, una specie di “trascinamento per
adesione” tangenziale alla superficie del corpo.
Per esempio l'olio è più viscoso dell'acqua, anche
se è meno pesante, meno denso. Un fluido come
il miele è più viscoso dell'olio.
RESISTENZA DI FORMA
ATTRITO FLUIDODINAMICO
La resistenza fluidodinamica è la forza
che si oppone al movimento di un corpo
dentro un fluido.
Un corpo che si muove in un fluido (liquido , vapore o gas) scambia con il fluido stesso forze dovute alla viscosità di esso.
(NB: spesso nel linguaggio comune viene usato
impropriamente il termine “densità” per intendere la viscosità: si dice comunemente che l'olio
è più denso dell'acqua, intendendo più viscoso.
L'olio, al contrario, è più leggero, meno denso:
infatti galleggia sull'acqua)
L'entità della resistenza fluidodinamica dipende:

dalla densità del fluido

dalla viscosità del fluido

dalla velocità relativa tra fluido e corpo

dalla forma geometrica del corpo.
La resistenza può essere divisa idealmente in
due componenti, dovute ciascuna ad una diversa
causa:

resistenza di attrito viscoso

resistenza di forma
RESISTENZA DI
ATTRITO VISCOSO
La resistenza viscosa è dovuta, come suggerisce
il nome stesso, alle forze viscose che si
scambiano il corpo ed il fluido in moto relativo
La resistenza di forma è dovuta alla densità del
fluido, alla sua viscosità ma anche alla forma
complessiva del corpo, in quanto è causata:
1. dal fatto che le linee di flusso, davanti al
corpo, vengono fatte divergere da un lato e
dall'altro, non potendo attraversare il
corpo stesso;
2. dal modo, ritardato, con cui le linee di
corrente “si chiudono” dietro il corpo una
volta che esso è passato
Analizziamo i due casi.
1. E' evidente che, quando il corpo incontra
il fluido, le linee di corrente, inizialmente
parallele, devono essere spostate di lato.
Questo spostamento è provocato da
un'accelerazione e questa accelerazione
richiede una forza da parte del corpo.
Per reazione il corpo risente di una forza
uguale e contraria.
Tanto maggiore è la densità del fluido, tanto
maggiore la sua massa e quindi, a parità di
accelerazione, la forza che ne deriva.
Correre nell'aria costa, infatti, meno fatica che
correre nell'acqua, a parità di altre condizioni.
Infatti l'acqua ha una densità circa 800 volte
superiore all'aria
Osserviamo la figura di una sfera:
contraria alla velocità: è la resistenza di forma.
Questo succede ad una sfera:
Alcuni esempi di scia: la sfera, un'ala
d'aeroplano, una lastra trasversale
La deviazione laterale delle linee di corrente è
tanto maggiore quanto più esse sono vicine al
centro del corpo (v. esempio disegno sfera).
Ad una certa distanza le linee di flusso
rimangono indisturbate, parallele.
Passiamo alla “chiusura” delle linee:
2. In linea di principio, per un fluido ideale,
senza massa e senza viscosità, le linee di
flusso dietro il corpo in movimento si
possono chiudere seguendo
perfettamente la superficie del corpo,
senza lasciare alcun “vuoto”. Questo,
però, non avviene sia per la viscosità, che
esercita una forza interna fra le molecole,
sia per la massa (o inerzia) delle
molecole e la loro velocità.
Per esempio è difficile riuscire ad effettuare una
curva ad angolo retto perfetta (per esempio
costeggiando un muro) se si possiede una massa
elevata e/o si va veloci.
Poiché il vuoto non può esistere, esso richiama,
con un “effetto ventosa” fluido nella zona che
rimarrebbe vuota (chiamata “zona di ristagno”).
Il fluido richiamato nella zona di ristagno non è
fermo ma in rotazione, sia perché può avere già
una componente rotatoria sia perché, per
viscosità, per aderenza, viene trascinato in
rotazione (come delle rotelline che vengono
fatte girare da un nastro). Tutto ciò crea dei
piccoli vortici (è detta anche “zona vorticosa” ) e
una situazione di depressione, ovvero di
“risucchio”. L'effetto complessivo di questa zona
“anomala” è di attrarre il corpo in direzione
Nella seguente figura vediamo che cosa cambia
quando la velocità aumenta: in alto a sinistra la
velocità è bassa, a destra aumenta e si formano i
primi vortici. Nella figura in basso, ad alta
velocità, i vortici (di Von Karman) si staccano
dal corpo ed entrano nella scia. Lo fanno in
modo alternato e creano vibrazioni che possono
anche rompere strutture apparentemente
robuste (es. ponte di Tacoma, flutter nelle ali
degli aeroplani....)
Tanto più il corpo è tozzo, troncato bruscamente,
tanto più grande è la zona di vorticosità e quindi
la resistenza.
La seguente figura mostra il caso peggiore, una
lastra trasversale al moto.
Esempi pratici: il primo caso è un tentativo
(efficace) di evitare la zona di ristagno dietro il
corpo.
In alto la situazione ideale. Liquido perfetto che
si chiude senza creare depressione. In basso
fluido denso e viscoso, che lascia vortici e
depressione. La pressione a destra è minore e
attira il corpo (che si sta muovendo verso
sinistra) in direzione contraria al suo moto.
RIDURRE LA
RESISTENZA DI FORMA
Per ridurre la resistenza di forma (e lo si fa
dapprima con un buon disegno di progetto, poi
sperimentando nelle gallerie del vento, con
traccianti fumogeni) è necessario “riempire” lo
spazio vuoto dietro il corpo, la possibile zona di
ristagno, con il materiale del corpo stesso,
ovvero conformare il corpo secondo il percorso
naturale delle linee di flusso, “assecondare” il
loro naturale percorso, in modo da non creare la
zona vorticosa
Inoltre bisogna conformare la parte anteriore,
cioè l'inizio del contatto delle linee di corrente
con la superficie del corpo , in modo
progressivo, senza bruschi cambiamenti di
direzione.
Nasce la forma ogivale, o a FUSO, che è tra le
migliori come minor resistenza fluidodinamica. I
pesci la adottano naturalmente e molte
costruzioni umane cercano di imitarla
(automobili, aeroplani, sommergibili, proiettili,
bombe, siluri, serbatoi di acquedotti...).
La linea di questa vettura (Ferrari P45) è studiata
in modo da alterare il minimo possibile le
naturali linee di flusso dell'aria.
COEFFICIENTE DI FORMA
La validità di una forma viene quantificata,
mediante misure in galleria del vento, dal
cosiddetto COEFFICIENTE DI FORMA, Cx
Esso esprime la relazione tra la forma e la
resistenza.
Minore è il Cx, minore la resistenza di
forma a parità di altre condizioni.
R=
1
2
C x A v
2
PERDITE NELLE TUBAZIONI
Il fenomeno delle zone di ristagno (o di vortici)
si manifesta anche nelle tubazioni se le curve e
gli spigoli non sono opportunamente smussati.
Questo genera perdite di energia che
costringono ad utilizzare motori più potenti per
spingere liquidi e gas lungo le condutture (con
grave danno economico: basti pensare ad un
oleodotto lungo 2000 km o un gasdotto lungo
6000 km, dalla Siberia all'Europa).
Si vede che la resistenza di forma dipende dalla
densità, dall'area frontale (quello che si
vedrebbe da davanti come ombra su uno
schermo) e dal quadrato della velocità.
Raddoppiando la velocità, per esempio,
quadruplica la resistenza (Per questo motivo, per il
risparmio energetico furono introdotti nel 1973 i
limiti di velocità nelle strade e autostrade, prima
inesistenti. Nel 1973 ci fu la crisi petrolifera. In
seguito ad essa ci fu un notevole incremento degli
studi sull'aerodinamica).
Quindi anche l'interno di tubazioni e condotti va
raccordato in modo da assecondare il naturale
flusso del liquido o del gas, in modo, cioè, da
riempire con materiale solido le eventuali zone
di vortice che si formerebbero.
Qui sopra, alcuni esempi di Cx (che, per le
vetture, varia da 0,28 a 0,40 circa).
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