Elementi di
Fisica Tecnica
Scienze dell’Architettura
Ascoli Piceno
Dr. Roberta Cocci Grifoni
TRASMISSIONE DEL CALORE
In Termodinamica il calore è stato definito come quella forma di energia scambiata con l’ambiente
nel passaggio da uno stato di equilibrio ad un altro. Lo scambio di calore, attraverso il confine del
sistema, è conseguenza di una differenza di temperatura ed avviene nel rispetto del principio di
conservazione dell’energia. In particolare:
• Il Primo Principio della Termodinamica stabilisce che il calore scambiato è uguale alla variazione
dell’energia del sistema.
• Il Secondo Principio stabilisce che il calore si propaga nella direzione delle temperature decrescenti.
La termodinamica non fornisce esplicite informazioni sulle modalità del processo di scambio durante
la fase transitoria e sul valore dell’energia termica scambiata nell’unità di tempo, ovvero sul flusso
termico q.
Lo studio dei fenomeni termici che accompagnano la propagazione del calore ed il calcolo del calore
scambiato nell’unità di tempo, costituiscono l’obiettivo fondamentale della Trasmissione del Calore.
FLUSSO TERMICO
Il flusso termico q è definito come l’energia termica scambiata Q nell’intervallo di tempo . Le
dimensioni nel SI sono quelle di un’energia diviso un tempo, ovvero J s -1 = W
Q
q

(J s
-1
= W)
passando al limite
Q
dQ

 0 
d
q  lim
da cui
2
Q12 
 qd
(J)
1
Torna utile considerare il flusso termico scambiato riferito ad una superficie unitaria. In questo caso si
parla di flusso termico specifico .Il flusso termico specifico viene indicato con q*. L’unità di misura nel
sistema SI sono W m-2.
q
q* 
A
-2
q = 24 W
(W m )
q* = 4 W m-2
Modalità di trasmissione del calore
Conduzione Termica
T1
È il meccanismo di scambio termico che si attua in un mezzo solido, liquido o
aeriforme, dalle regioni a temperatura maggiore verso quelle a temperatura
minore. Nei gas e nei liquidi è dovuta alle collisioni tra le molecole durante il loro
moto; nei solidi è dovuta alla vibrazione delle molecole all’interno del reticolo ed
al trasporto di energia da parte degli elettroni liberi.
T2
q
A
La quantità di calore scambiata dipende dalla geometria e dalle caratteristiche
del corpo così come dalla differenza di temperatura.
Per esempio in condizioni stazionarie (temperatura che non varia nel tempo) il
flusso scambiato attraverso una grande parete piana di spessore L ed area A,
soggetta alla differenza di temperatura T= T1 -T2 con T1 > T2, raddoppia al
raddoppiare della differenza di temperatura e al raddoppiare dell’area della
sezione normale alla direzione del flusso, mentre si dimezza al raddoppiare dello
spessore L.
L
T1
flusso termico 
T2
q
A
L
A
area della superficie  differenza di temperatura 
spessore
Modalità di trasmissione del calore
Conduzione Termica
La proporzionalità può essere tolta considerando la natura del materiale, ovvero
introducendo la conducibilità termica  definita come la capacità del materiale a
condurre calore.
T1
T
q  lim  A
x 0
x
T
q  A
x
T2
q
dT
q  A
dx
x
dT
q*  
dx
Rame
T1
Silicio
 = 401 W m -1 K -1
 = 148 W m -1 K -1
T2
30°C
30°C
q
20°C
20°C
q* = 4010 W m -2
q* = 1480 W m -2
dx
1m
1m
Postulato di FOURIER
dT
q  A
dx
L’espressione è nota come postulato di Fourier. L’espressione è valida allo stato
stazionario per un mezzo omogeneo ed isotropo e nel caso in cui lo scambio
termico sia monodimensionale (nel caso dell’espressione nella direzione x).
•A
Area della sezione perpendicolare alla direzione dello scambio termico
•
Conducibilità termica. È definita come il flusso termico che si trasmette attraverso uno spessore
unitario del materiale per unità di superficie e per una differenza di temperatura unitaria. Le
unità di misura nel SI sono W m-1 K-1 o W m-1 °C-1
• dT/dx Gradiente di temperatura. Rappresenta la variazione di temperatura nella direzione di
propagazione del calore. Dato che il calore fluisce da zone a temperatura maggiore verso zone a
temperatura minore, il gradiente è negativo per valori crescenti di x. È necessario introdurre il
segno - per avere il flusso termico positivo nella direzione considerata
T
P
tan  = dT/dx
x
Modalità di trasmissione del calore
Convezione Termica
Trasporto di massa
È il meccanismo di scambio termico caratteristico dei fluidi
dove al trasporto del calore per conduzione è associato il
trasporto di massa ovvero movimenti di parti di fluido che
modificano sostanzialmente lo scambio termico rispetto alla
semplice conduzione termica.
Per esempio, il trasferimento di energia tra una superficie
solida ed il liquido o gas adiacente in movimento implica gli
effetti combinati di conduzione tra la superficie e lo strato
di fluido a contatto con essa ed il trasporto di massa
all’interno del fluido.
La convezione può essere di due tipi:
•Convezione forzata
conduzione
Il fluido è forzato a fluire sulla superficie da dispositivi
esterni quali: ventilatori, pompe, vento, etc.
•Convezione naturale o libera
Il movimento del fluido è causato da forze di
galleggiamento indotte da differenze di densità legate a
variazioni di temperatura
Legge di Newton per la convezione
q  hA(Ts  T )
-2
-1
Tipo di convezione h (W m K )
Convezione naturale
dei gas
2  25
Convezione naturale
dei liquidi
10  1000
Convezione forzata
dei gas
25  250
Convezione naturale
dei liquidi
50  20 000
Ebollizione e
condensazione
2 500  100 000
Il flusso termico q trasmesso per convezione è direttamente
proporzionale alla differenza di temperatura ed è espresso
dalla legge di Newton dove:
A : area della superficie interessata allo scambio
termico (m2)
Ts : temperatura della superficie (K)
T : temperatura del fluido a distanza
sufficientemente grande dalla superficie (K)
h : coefficiente di trasmissione del calore per
convezione (Wm-2K-1). È un parametro
determinato sperimentalmente il cui valore
dipende da tutte le variabili che influenzano la
convezione quali la geometria della superficie, la
natura del moto, le proprietà e la velocità del
fluido.
Modalità di trasmissione del calore
Irraggiamento
termico
È l’energia emessa sotto forma di onde elettromagnetice (o
fotoni) a seguito di modificazioni nelle configurazioni
elettroniche elettroniche degli atomi o delle molecole.
q
A
Nel caso della trasmissione del calore interessa
l’irraggiamento termico, ovvero la radiazione emessa dai
corpi a causa della loro temperatura.
Legge di Stefan-Boltzmann
qn  AT 4
qn*  T 4
La trasmissione del calore per irraggiamento non richiede,
al contrario della conduzione e della convezione, la
presenza di un mezzo interposto ed avviene alla velocità di
propagazione della luce.
W
W/m2
Tutti i corpi ad una temperatura superiore a 0 K emettono una
radiazione termica il cui massimo, per la data temperatura, si
ha per un corpo ideale detto corpo nero.
Il flusso termico emesso qn è dato dalla legge di StefanBoltzmann
Modalità di trasmissione del calore
Irraggiamento
termico
Superfici reali
q  AT 4
q*  T
4
TC
W
W/m2
Nel caso di una superficie reale il flusso emesso è inferiore a
quello emesso dal corpo nero alla stessa temperatura. Si tiene
conto di questo introducendo nell’espressione di StefanBoltzmann l’emissività  della superficie. L’emissività 0    1
è una misura di quanto una superficie differisce da un corpo
nero per il quale  = 1.
Nel caso di due superfici, separate da un gas,(es. aria) che non
partecipa allo scambio termico, di emissività , di area A e
temperatura Ts completamente contenuta nell’altra di area
molto più grande ( o nera), a temperatura Tc, il flusso netto
scambiato è dato da:

q  A TS4  TC4
A, TS, 

Nel forno a microonde il cibo cuoce assorbendo l’energia
elettromagnetica generata dal tubo a microonde (magnetron).
La radiazione non è una radiazione termica, ovvero non è
dovuta alla temperatura del tubo, ma alla conversione
dell’energia elettrica in una radiazione elettromagnetica avente
una ben precisata lunghezza d’onda. La lunghezza d’onda della
radiazione è tale da essere riflessa dalle superfici metalliche,
trasmessa dai tegami di vetro, ceramica o plastica ed assorbita e
convertita in energia interna dalle molecole del cibo; in
particolare dall’acqua dallo zucchero e dal grasso.
Modalità di trasmissione del calore
T1
Solido opaco
T2
Le modalità di trasmissione del calore sono tre, ma possono non
essere contemporaneamente presenti. Per esempio:
Solidi opachi
Conduzione
Si ha trasmissione del calore solo per conduzione
Solidi semitrasparenti
T1
Gas
T2
Si ha trasmissione del calore per conduzione ed irraggiamento
Fluido in quiete
Irraggiamento
Si ha trasmissione del calore per conduzione ed eventualmente
per irraggiamento
Conduzione
o
Convezione
Fluido in movimento
Si ha trasmissione del calore per convezione ed irraggiamento
T1
Vuoto
T2
Vuoto
Si ha trasmissione del calore solo per irraggiamento
Irraggiamento
Conduzione Termica
Lo studio dello scambio termico per conduzione all’interno di un mezzo, comporta la conoscenza della distribuzione di temperatura,
ovvero la conoscenza della funzione T(x,y,z,). Questa funzione può essere ottenuta dalla risoluzione dell’equazione generale della
conduzione, che esprime il bilancio di energia in un mezzo sede di propagazione di calore.
Il bilancio energetico viene impostato su un generico elemento infinitesimo individuato all’interno del mezzo.
Si consideri un generico volume infinitesimo dV di spigoli dx, dy, dz e si assuma che:
1. il mezzo sia costituito da un solido opaco a baricentro fermo con proprietà fisiche definite ed indipendenti dal tempo ;
2. le variazioni di volume, conseguenti alle variazioni di temperatura, sono trascurabili in confronto al volume stesso. Quindi, il lavoro
scambiato con l’esterno sia trascurabile, L = 0;
3. all’interno del volume dV il calore generato nell’unità di tempo e di volume, sia espresso dalla funzione g(x,y,z,) le cui unità di
misura nel sistema S.I. sono Wm-3.
L’equazione generale della conduzione si ricava applicando al volume considerato il primo principio della termodinamica che, nelle
ipotesi fatte, diventa:
Q  dU
Ovvero:
Il calore netto scambiato
(calore entrante - calore uscente)
+
calore generato
=
all’interno del volume
variazione di energia
interna
Equazione generale della conduzione
y
Q x  q *x  dy  dz  d
Qy+dy
Q x dx  q
dy
Qx
Qx+dx
dx
dz
z
 * q *x

 dy  dz  d   q x 
dx dy  dz  d
x


q *x
q*x

dx  dy  dz  d  
dV  d
x
x
*
x  dx
Q x  Q x  dx
q y
q y
x Q Q


dx

dy

dz

d



dV  d
y
y  dy
Qz  Qz dz
Qy
Q
q

q
q* 
A
dU 
*
*
y
y
q*z
q*z

dx  dy  dz  d  
dV  d
z
z
U
T
d  c
ddV


Q  g  dV  d
g
q* flusso specifico
g calore generato nell’unità di tempo e di volume
V volume
 densità
 tempo
Equazione generale della conduzione
sostituendo
 Q  dU
 q*y
 q*x
 q*z
T

dV  d 
dV  d 
dV  d  g  dV  d   c
dV  d
x
y
z

Dal momento che consideriamo lo stesso volume, possiamo scrivere:
*
q*x q y q*z
T



 g  c
x
y
z

Sostituendo ai flussi specifici l’espressione di Fourier si ha:


x
dT
q  A
dx
T   
T   
T 
T










g


c






 z 

x

y

y

z







per mezzi isotropi ed omogenei, l’equazione precedente diventa:
  2T  2T  2T
  2 

2
2

x

y

z


T
  g  c


Equazione generale della conduzione
  2T  2T  2T
  2 

2
2

x

y

z


T
  g  c


dividendo tutto per c
   2T  2T  2T



2
2
c  x
y
z 2

g
T
 

 c 
posto
a

c
  2T  2T  2T
a  2  2  2
y
z
 x
 g
T
 

 c 
Equazione generale della conduzione: Casi particolari
  2T  2T  2T
a  2  2  2
y
z
 x
 g
T
 

 c 
Caso monodimensionale
 2T
g
T
a


2
x
c 
Caso monodimensionale
senza generazione interna di
calore (g=0)
Equazione di FOURIER
 2T
T
a

2
x

Equazione generale della conduzione: Casi particolari
  2T  2T  2T
a  2  2  2
y
z
 x
Caso monodimensionale
allo stato stazionario
Equazione di POISSON
Caso monodimensionale
allo stato stazionario e senza
generazione di calore
Equazione di LAPLACE
 g
T
 

 c 
 2T
g
a

0
2
x
c
 2T
0
2
x
Equazione generale della conduzione: Casi particolari
Caso monodimensionale
 2T
g
T
a


2
x
c 
Caso monodimensionale
senza generazione interna di
calore (g=0)
Equazione di FOURIER
Caso monodimensionale
allo stato stazionario
Equazione di POISSON
Caso monodimensionale
allo stato stazionario e senza
generazione di calore
Equazione di LAPLACE
 2T
T
a

2
x

 2T
g
a

0
2
x
c
 2T
0
2
x
Soluzione dell’equazione di LAPLACE
20°C
20°C
16°C
16°C
-1.6 °C
-1.6 °C
20°C
16°C
-1.6 °C
16°C
-1.6 °C
-1.6 °C
-1.6 °C
20°C
16°C
-1.6 °C
d  dT  x 
0


dx  dx 
dT  x   c1dx
-1.6 °C
20°C
d 2T
0
2
dx
dT  x 
 c1
dx
T  x   c1 x  c2
Soluzione dell’equazione di LAPLACE
T  x   c1 x  c2
Conoscendo il profilo di temperatura è possibile determinare il flusso termico mediante
la relazione di Fourier. Per uno strato piano, omogeneo ed isotropo si ha:
q
A T1  T2 
L
q  AK T
ovvero:
T1  T2 

q
L
A
k

L
coeff. globale di scambio termico
Soluzione dell’equazione di LAPLACE
q
A T1  T2 
L
q  AK T
k

coeff. globale di scambio termico
L
Dovendo svolgere calcoli concreti è bene sottolineare come il coefficiente K sia spesso fornito
per materiali pronti all’uso, la cui geometria non può essere cambiata durante l’esecuzione dei
lavori. Ad esempio si forniscono spesso valori di K calcolati e certificati su specifiche UNI (es.
UNI 7745 o 7891) per pacchetti isolanti complessi, o per materiali compositi preassemblati, per
abbreviare le operazioni di calcolo e prova dei tecnici. Si fornisce di seguito un esempio di
prestazioni di un materiale commerciale oggi largamente impiegato nella messa in opera di
murature perimetrali portanti:
Conducibilità Termica
La conducibilità termica  indica la capacità di un materiale a condurre il calore. Per
esempio a temperatura ambiente il rame ha  = 401 W/(m K), mentre l’acqua ha  = 0.613
W/(m K). Il rame conduce il calore quasi 1000 volte più dell’acqua, per questo motivo si dice
che è un buon conduttore termico, mentre l’acqua è un cattivo conduttore termico pur
essendo un mezzo eccellente per accumulare calore. Infatti il calore specifico dell’acqua è cp =
4.186 kJ/(kg K), mentre per il rame è cp = 0.385 kJ/(kg K)
Materiale
Diamante
Argento
Rame
Oro
Alluminio
Ferro
Mercurio (l)
Vetro
Mattone
Acqua (l)
Legno
Gomma
Fibra di vetro
Aria
Polistirene espanso
 W/(m K)
2300
429
401
317
237
80.2
8.54
0.78
0.72
0.613
0.17
0.13
0.043
0.026
0.036
Resistenza termica e Conduttanza termica
Due sistemi si dicono analoghi quando le equazioni che li descrivono sono simili. Ciò significa
che l'equazione che descrive un sistema può essere trasformata nell'equazione dell'altro
sistema cambiando semplicemente i simboli delle variabili.
In un sistema elettrico la quantità di carica elettrica che attraversa nell'unità di tempo una
sezione del conduttore elettrico (flusso di corrente) è l'intensità di corrente elettrica I, legata
alla differenza di potenziale V ai capi di una resistenza elettrica dalla legge di Ohm:
I
V
R
Il sistema termico può essere studiato in analogia al fenomeno elettrico; il flusso termico,
infatti, è l'energia che nell'unità di tempo attraversa la sezione di un materiale ed è quindi
assimilabile all'intensità di corrente che attraversa la resistenza di un conduttore.
Se in un conduttore elettrico ai capi della resistenza elettrica Re non c'è differenza di
potenziale l'intensità di corrente che lo attraversa è nulla. Analogamente se nel sistema
termico non c'è una differenza di temperatura non c'è flusso termico; pertanto la
differenza di potenziale V può essere assimilata alla T.
Resistenza termica e Conduttanza termica
I
q
V0
V1
R
T1
V = V0 – V1
T2
T = T1 – T2
I  q ; V  T ; R e  R
Confrontando
T1  T2 

q
V
I
R
L
A
R= L
A
R= Resistenza Termica
Resistenza termica e Conduttanza termica
Quindi
T

q=
R
Nel sistema SI l'unità di misura della resistenza termica R è K W-1 o °C W-1
T
R
q
L'inverso della resistenza termica è chiamata "conduttanza termica" ed indicata con il simbolo C;
perciò:
C
A
L
R= L
A
R= Resistenza Termica
Resistenza termica e Conduttanza termica
Sia la resistenza termica che la conduttanza possono essere riferite all'unità di area: in questo
caso vengono chiamate resistenza termica unitaria e conduttanza unitaria ed indicate con Ru
e Cu rispettivamente. Pertanto:
RU 
R= L
A
L

1

CU 

RU L
C
A
L
Resistenza termica e Conduttanza termica
Quindi
T

q=
R
q  C  T
Nel sistema SI l'unità di misura della conduttanza è: W K-1 o W °C-1
q
C
T
Sia la resistenza termica che la conduttanza possono essere riferite all'unità di area: in questo
caso vengono chiamate resistenza termica unitaria e conduttanza unitaria ed indicate con Ru
e Cu rispettivamente. Pertanto:
RU 
L

CU 
1


RU L
Conduzione Termica in una parete Multistrato
Consideriamo una parete costituita da tre strati diversi di materiali omogenei ed isotropi
aventi, rispettivamente, spessori e conducibilità termiche L1 e 1, L2 e 2, L3 e 3. Possiamo
calcolare la potenza termica trasmessa attraverso un'area A di tale parete quando tra le sue
facce esiste una differenza di temperatura T e nell'ipotesi di flusso termico stazionario e
monodimensionale.
Per quanto detto in precedenza ad ogni strato piano possiamo associare una resistenza termica
T0
T1
T2
T3
R1
T0
L1
1
L2
2
L3
3
q
T1 = T0 – T1
R2
T1
R3
T2
T2 = T1 – T2
T = T0 – T3
T3
T2 = T2 – T3
Conduzione Termica in una parete Multistrato
In condizioni stazionarie il flusso termico che attraversa gli strati è lo stesso, per cui si può
scrivere:
0
1
1
T T  qR
T1  T2  qR2
q = T
R
T2  T3  qR3
Sommando membro a membro si ha:
T0  T3  qR1  R2  R3 
T0
T1
T2
T3
T0
L1
1
L2
2
L3
3
q
R1
T1 = T0 – T1
T1
R2
T2
T2 = T1 – T2
T = T0 – T3
R3
T2 = T2 – T3
T3
Conduzione Termica in una parete Multistrato
T0  T3  qR1  R2  R3 
Indicando con R la somma delle resistenze termiche (Resistenza Totale compresa tra T0 e T3)
T0  T3  q  R
In conclusione allo stato stazionario più strati piani possono essere assimilati ad un unico strato
avente una resistenza termica uguale alla somma delle resistenze termiche dei singoli strati.
Cioè:
q
T0
T1
T2
T0  T3
T
T

 3
L
L1
L
R1  R2  R3
 2  3
Ri

1 A 2 A 3 A i 1
T3
T0
L1
1
L2
2
L3
3
q
R1
T1 = T0 – T1
T1
R2
T2
T2 = T1 – T2
T = T0 – T3
R3
T2 = T2 – T3
T3
Conduzione Termica in una parete Multistrato
q
T0  T3
T
T

 3
L
L1
L
R1  R2  R3
 2  3
Ri

1 A 2 A 3 A i 1
Generalizzando:
T0  Tn
T
q n
 n
Li
Ri


i 1 i A
i 1
La Conduttanza termica totale C e quella unitaria CU sono espresse dalle relazioni:
C
1

R
CU 
1
n
Li

i 1 i A
1

RU
1
n
Li

i 1
i
Conduzione Termica in una parete Multistrato
In conclusione possiamo dire che il flusso termico monodimensionale trasmesso allo stato
stazionario attraverso una parete composta da n strati omogenei ed isotropi è dato da:
T
q
R
dove T è la differenza tra le temperature estreme della parete multistrato e R è la resistenza termica
totale compresa tra la differenza di temperatura T.
Nel caso del flusso specifico si ha:
T
q 
RU
*
Conduzione Termica in una parete Multistrato
Per determinare il profilo di temperatura all’interno della struttura si può utilizzare
l’espressione prima ricavata
T  x   T1  q RUx
*
dove T(x) rappresenta la temperatura in un generico punto x della struttura e RUx la resistenza termica
complessiva compresa tra T1 e T(x).
T
T
T
T
0
1
2
L2
2
L3
3
3
In generale la temperatura dello strato n-esimo sarà:


Tn  T0  q   RUi 
 i 1

n
*
L1
1
Facendo riferimento, per esempio, alla parete multistrato, e supponendo di conoscere le resistenze
termiche dei singoli strati e le temperature estreme T0 e T3, la temperatura T2 sarà data da:
T2  T0  q * RU 1  RU 2 
con
RU 1 
L1
1
RU 2 
L2
2
Conduzione Termica in una parete Multistrato
Esempio
Calcolare la potenza termica trasmessa attraverso una parete piana avente una superficie di area A =
10 m2, formata da uno strato di intonaco interno in calce e gesso (1 = 0.70 W . m-1 . °C-1) di spessore
L1 = 2 cm, da un muro in laterizio (2 = 0.40 W . m-1 . °C-1) di spessore L2= 20 cm e da uno strato di
intonaco esterno in calce e cemento (3 = 0.90 W . m-1 . °C-1) di spessore L3 = 2 cm, supponendo che il
flusso termico sia monodimensionale e stazionario e che la differenza di temperatura tra le due facce
della parete sia T = 20 °C.
T0
T1
T2
T3
T0
L1
1
L2
2
L3
3
q
R1
T1 = T0 – T1
T1
R2
T2
T2 = T1 – T2
R3
T3
T2 = T2 – T3
T = T0 – T3
La parete piana è costituita da tre strati omogenei che possono essere assimilati a tre resistenze in
serie aventi rispettivamente resistenze unitarie
Conduzione Termica in una parete Multistrato
Esempio
T0
T1
T2
T3
T0
L1
1
L2
2
R1
q
R2
T1
T1 = T0 – T1
L3
3
T2
T2 = T1 – T2
T = T0 – T3
Ru 1 =
Ru 2 =
Ru 3 =
L1
1
L2
2
L3
3
=
0.02 m
2
-1
0.70 W m °C
=
0.20 m
-1
0.40 W m °C
=
-1
2
-1
0.02 m
-1
= 0.03 m °C W
0.90 W m °C
= 0.50 m °C W
2
-1
-1
-1
= 0.02 m °C W
-1
R3
T2 = T2 – T3
T3
Conduzione Termica in una parete Multistrato
Esempio
T0
T1
T2
T3
T0
L1
1
L2
2
L3
3
q
R1
T1
T1 = T0 – T1
R2
T2
T2 = T1 – T2
R3
T3
T2 = T2 – T3
T = T0 – T3
La resistenza unitaria totale e la conduttanza unitaria totale vengono ricavate sono rispettivamente:
n
RU   RUi  0.55 m2 CW 1
i 1
-2 -1
1
Cu =
= 1.82 W m °C
Ru
Conduzione Termica in una parete Multistrato
Esempio
T0
T1
T2
T3
T0
L1
1
L2
2
L3
3
q
R1
R2
T1
T1 = T0 – T1
R3
T2
T2 = T1 – T2
T3
T2 = T2 – T3
T = T0 – T3
Il profilo di temperatura si ricava dalla
 n

Tn  T0  q   RUi 
 i 1

*
T 1= q*  Ru 1 = 1.1 °C
T 2= q*  Ru 1 + Ru 2 = 19.3 °C
T 3= q*  Ru 1 + Ru 2 + Ru 3 = 20 °C
Conduzione Termica in una parete Multistrato
Esempio
T0
T1
L1
1
L2
2
T2
L3
3
T3
Si noti che i T sono riferiti alla temperatura della
faccia a temperatura maggiore T0. In accordo con le
condizioni al contorno tra la faccia più calda e quella
più fredda c'è una differenza di 20 °C. Il profilo di
temperatura è mostrato in Fig. 2.9 a partire da una
temperatura T0 di 20 °C.
30°C
T(°C)
20°C
10°C
x (m)
0°C 0
0
0.02
0.22
0.24
Conduzione Termica
Come visto in precedenza il problema nella trasmissione del calore per conduzione è determinare
la distribuzione della temperatura all’interno di un dato sistema in funzione dello spazio e del
tempo: ciò può essere fatto, come detto, ricorrendo all’Equazione generale della conduzione.
  2T  2T  2T
a  2  2  2
y
z
 x
 g
T
 

 c 
Nell’Equazione generale della conduzione compare un termine molto importante:
la diffusività termica, indicata con il simbolo a, è definita come segue:

a
cp
La diffusività termica rappresenta un indice della velocità con la quale in regime termico non
stazionario il calore si diffonde attraverso il mezzo stesso;
la diffusività termica rappresenta dunque un indice dell’ inerzia termica della struttura.
Conduzione Termica
In regime non stazionario, o dinamico, le condizioni ambientali esterne, sia in inverno che in
estate, sono caratterizzate da notevoli variazioni nell’arco delle 24 ore; per valutare e controllare
le condizioni di benessere di un ambiente in regime dinamico, dunque, è necessario tenere
presente queste oscillazioni.
La variazioni di temperatura esterna possono, con alcune approssimazioni, essere rappresentate
da una curva sinusoidale riportata su un sistema di assi cartesiani in cui sull’ascissa si riporta il
tempo in ore e sull’ordinata l’ampiezza dell’onda termica espressa in gradi Centigradi.
Conduzione Termica
L’onda termica che attraversa l’elemento di tamponamento esterno dell’edificio, sia esso un
tamponamento verticale che una copertura, subisce durante il passaggio, una attenuazione della
sua ampiezza (detta anche smorzamento dell’onda termica) ed uno, fondamentali al fine di
valutare le prestazioni dei componenti edilizi in regime dinamico, sono così definiti:
 è misurato dal rapporto fra la massima
Lo smorzamento dell’onda termica
E
temperatura sulla Esuperficie esterna
e quellasulla
superficie
interna :


i
i
 è il tempo, misurato in ore che intercorre fra la massima temperatura
lo sfasamento
all’esterno e la massima temperatura all’interno.
Conduzione Termica
Attenuazione (o smorzamento) e sfasamento dell’onda termica caratterizzano la capacità
di accumulo termico di un componente edilizio e ne condizionano pesantemente la
dinamica termica, sia in regime invernale che estivo. In particolare si ricorda come i
componenti finestrati siano da considerarsi a tutti gli effetti sistemi solari passivi e
quindi le loro prestazioni devono essere attentamente valutate sia in regime invernale (ai
fini della massimizzazione degli apporti solari gratuiti) sia in regime estivo (ai fini del
controllo dell’irraggiamento solare con conseguente progettazione di opportuni sistemi
di schermatura).
In generale, nell’edilizia residenziale, il valore dello sfasamento dell’onda termica
(ottimale se dell’ordine delle 10 ore) dovrebbe permettere di avere i massimi di
temperatura all’intradosso del componente nelle ore serali prolungando in inverno il
guadagno termico e in estate dando la possibilità di raffrescare gli ambienti con la
ventilazione naturale (avendo avuto sempre la sensibilità di schermare i componenti
finestrati dall’irraggiamento diretto).
E’ facile, tuttavia che elevati valori di
smorzamento e sfasamento dell’onda
termica siano presenti in uno stesso
materiale,
perché
i
materiali
termoisolanti
generalmente
hanno
bassa densità quindi bassa capacità
termica e viceversa i materiali con
elevata densità; occorre pertanto
progettare con molta attenzione il
componente multistrato tenendo conto
di tutte le verifiche imposte dalla Legge
L'isolamento termico delle pareti esterne
Le tecniche di isolamento delle parete esterne si differenziano per la diversa successione
degli strati ed il conseguente differente comportamento della struttura su cui sono
posizionati. Molte volte la scelta del tipo di coibentazione è influenzata da particolari vincoli
(statici, estetici, di ingombro) che non consentono una effettiva ottimazione tecnicoeconomica.
Per le pareti esterne, l'isolamento termico può essere realizzato dall'esterno, dall'interno o
nell'intercapedine.
Isolamento dall'esterno
L'isolamento termico delle pareti esterne
Isolamento dall'esterno
E' senza dubbio la soluzione più efficace per isolare bene un edificio. In particolare è molto
conveniente quando è comunque previsto un rifacimento della facciata.
Le soluzioni adottabili sono essenzialmente due:
- Isolamento "a cappotto"
- Parete ventilata.
L'isolamento termico delle pareti esterne
Isolamento dall'esterno
Isolamento a cappotto
Consiste nell'applicare sulla faccia esterna della parete un pannello di materiale isolante
ricoperto da un intonaco, rinforzato da una armatura e completato da uno strato di finitura.
Questo tipo di coibentazione consente di eliminare i ponti termici e i fenomeni di
condensazione del vapor d'acqua, migliora l'inerzia termica dell'edificio ed aumenta la
temperatura superficiale degli strati costituenti la struttura edilizia. Questa soluzione è
possibile se si dispone di materiali isolanti aventi ottime caratteristiche meccaniche e
tecniche per resistere agli agenti atmosferici e per consentire una posa adeguata. Idonea
permeabilità al vapore e capacità di assorbimento dell'acqua meteorica quasi nulla
completano i dati prestazionali dei "cappotti esterni".
I materiali più usati sono il polistirene espanso e la lana minerale; sono da evitare feltri in
fibre minerali per le loro scarse caratteristiche meccaniche.
L'isolamento termico delle pareti esterne
Isolamento dall'esterno
Parete ventilata
È un sistema di isolamento della parete esterna, con costi più elevati, ma che somma ai
vantaggi della coibentazione a cappotto quello di una efficace ventilazione della struttura
muraria.
I moti convettivi dell'aria nell'intercapedine possono provocare una modesta riduzione del
potere isolante dello strato coibente, ma la lama d'aria comporta una notevole protezione
dalla radiazione solare conseguente "all'effetto camino" che si verifica nell'intercapedine
una volta che il calore assorbito dal rivestimento viene ceduto all'aria, proteggendo la
struttura e l'isolante da stress termici. La lama d'aria favorisce poi l'eliminazione del vapor
d'acqua che migra dall'interno.
Questo sistema è di facile manutenzione in quanto gli elementi del rivestimento sostituibili,
di contro è difficile la realizzazione "a regola d'arte"delle giunzioni fra gli elementi stessi. Il
rivestimento può essere di materiali vari: intonaco su rete, lastre prefabbricate, doghe
L'isolamento termico delle pareti esterne
Isolamento dall’interno
L'intervento consiste nell'applicare sulla faccia interna di una parete ad elevata trasmittanza
una controparete isolante formata da lastre o pannelli rigidi. Importante è la sigillatura dei
giunti che avviene con apposite bande ed intonaci speciali.
Questa soluzione è più economica e di più facile esecuzione, anche se la sigillatura dei
giunti deve essere particolarmente accurata.
È consigliabile per edifici con intermittenza d'uso e a bassa inerzia termica; la scarsa
capacità di accumulare calore di una struttura di questo tipo rende però probabili i fenomeni
di condensazione e quindi, se l'isolante non ha una elevata resistenza alla diffusione del
vapore, è consigliabile l'uso di una barriera al vapore sulla faccia interna della controparete.
Con questo intervento vengono eliminati i ponti termici relativi ai giunti fra parete e
serramento e quelli fra spigoli verticali, mentre rimangono quelli fra pareti e solette.
L'isolamento termico delle pareti esterne
Isolamento dell’intercapedine
Questo intervento consiste nell'insufflare un idoneo coibente nell'intercapedine di una
muratura esistente, attraverso fori (diametro circa di 35 mm), praticati nella parete, a
distanza di circa 2 m. Le resine poliuretaniche sono le più adatte; si possono usare le resine
ureiche meno costose o anche materiale sfuso inerte, quale argilla espansa in granuli,
vermiculite, perlite, con risultati però più scadenti per la difficoltà di riempimento di tutte le
cavità dell'intercapedine. Questo tipo di isolamento aumenta l'effetto dei ponti termici nella
struttura
L'isolamento termico delle pareti esterne
L'isolamento termico delle pareti esterne
L’inefficienza energetica
Spesso la progettazione non si è dimostrata attenta al risparmio energetico. E’necessario
chiarire alcuni concetti in merito all’inefficienza energetica delle costruzioni, all’isolamento e
inerzia termica degli edifici.
Ad introduzione dell’argomento isolamento termico ed inerzia termica si ritiene opportuno
sottolineare che:
1.
l’uso ormai generalizzato di costose e deperibili strutture in cemento armato e
la conseguente illusione di razionalizzare e semplificare i sistemi costruttivi
attraverso la smaterializzazione delle componenti edilizie (pareti sempre più
leggere e inconsistenti) ha determinato in realtà inattesi problemi di ponti termici e
di enormi dispersioni di calore;
2.
–
la tendenza ad aumentare, oltre ogni logica di corretto miglioramento
igienico, le superfici vetrate degli edifici, nate come un emblema del moderno in
architettura, fino a trasformarle in una sorta di elemento di una nuova
monumentalità urbana, ha determinato, a fronte di esigenze ormai puramente
formali, forti problemi di dispersione termica invernale ed altrettanto forti problemi
di surriscaldamento estivo degli edifici;
3.
–
la totale indifferenza per una corretta esposizione degli edifici al sole ha
portato a ritenere sempre più ininfluente l’opportunità di utilizzare l’illuminazione
naturale nei luoghi per abitare e in quelli di lavoro, determinando forti problemi di
salubrità e di incremento dei consumi energetici.
L’isolamento termico
Si può dire senza timore di smentita che il problema dell’isolamento termico degli edifici
viene da sempre visto quasi esclusivamente con riferimento all’isolamento dal freddo ed
alla necessità di garantire un adeguato riscaldamento degli ambienti interni nella stagione
invernale, a prescindere magari dai costi di riscaldamento. Non ci si preoccupa
minimamente invece del problema opposto, cioè di garantire anche un buon comportamento
dell’edificio nella stagione estiva. E così può succedere, come sta succedendo, che il
fabbisogno energetico per raffrescare gli edifici superi il fabbisogno energetico richiesto per
riscaldarli.
Quando si guarda all’isolamento termico di un componente edilizio si va immancabilmente
a valutare il parametro “K” (cioè la trasmittanza termica unitaria) del componente.
Dal punto di vista tecnico la trasmittanza “K”, individuata da molte normative europee
anche con il simbolo “U”, rappresenta il flusso di calore che, in condizioni di regime
stazionario, passa attraverso una parete, per m² di superficie e per una differenza di
temperatura di 1°C.
L’inerzia termica
In realtà nelle condizioni naturali la temperatura dell’ambiente esterno varia durante la
giornata, e questa variazione è spesso più sensibile nella stagione estiva che in quella
invernale. Di conseguenza è errato, o quanto meno insufficiente, basare i ragionamenti in
materia di isolamento esclusivamente sulla trasmittanza K che, come detto, parte dal
presupposto di un teorico ma inesistente regime stazionario di trasmissione del calore.
Esiste inoltre nella realtà un influsso, che può essere più o meno significativo ma in
genere tutt’altro che trascurabile, dovuto all’insolazione. Questo può avere effetti positivi
in termini di contributo al risparmio energetico, riducendo il fabbisogno di energia per il
riscaldamento nella stagione invernale e quello di energia per il raffrescamento nella
stagione estiva, qualora le strutture disperdenti siano state concepite in modo da essere
caratterizzate da una buona “inerzia termica”.
Una progettazione intelligente dovrebbe tenere dunque conto dell’inerzia termica per
sfruttare adeguatamente i benefici che essa può portare in termini di benessere e comfort
abitativo oltre che di risparmio energetico.
L’inerzia termica è un concetto piuttosto complesso da definire ed ancor più complesso da
calcolare. In termini molto semplici l’inerzia termica altro non è che l’effetto combinato
dell’accumulo termico e della resistenza termica della struttura.
L’inerzia termica è legata sia alla capacità di accumulo del calore (e in questo senso alla
massa frontale della parete) che alla conduttività dei materiali (il cosiddetto ). Una certa
“pesantezza” della parete unita ad una ridotta conduttività termica costituiscono la migliore
soluzione; in altre parole non si deve eccedere né nel peso frontale trascurando la
conduttività, né al contrario ridurre eccessivamente la conduttività trascurando la massa.
L’inerzia termica
L’inerzia termica agisce sia con un effetto di smorzamento dell’ampiezza dell’onda termica
esterna che con lo sfasamento della stessa, cioè con il ritardo di tempo intercorrente tra
l’impatto della sopradetta onda termica sulla superficie esterna del muro ed il suo apparire,
con intensità smorzata, sulla faccia interna del muro stesso.
.
I benefici derivanti da questi due fenomeni sono evidenti:
•- lo smorzamento suggerisce subito la possibilità di ridurre il dimensionamento
dell’impianto termico (ovvero di condizionamento estivo) dell’abitazione;
•- lo sfasamento indica la collocazione temporale (cioè in quali condizioni termiche
ambientali si farà sentire) dell’apparire all’interno dell’abitazione delle condizioni peggiori
del clima naturale esterno (minima temperatura notturna, d’inverno; massima insolazione,
d’estate).
È evidente che, ad esempio, se la massima punta termica esterna estiva si farà sentire
all’interno dell’abitazione quando la temperatura ambientale sarà scesa a valori più
moderati, essa sarà sopportata molto più agevolmente. Lo stesso discorso vale per le punte
minime delle notti invernali.
L’inerzia termica
L’inerzia termica agisce sia con un effetto di smorzamento dell’ampiezza dell’onda termica
esterna che con lo sfasamento della stessa, cioè con il ritardo di tempo intercorrente tra
l’impatto della sopradetta onda termica sulla superficie esterna del muro ed il suo apparire,
con intensità smorzata, sulla faccia interna del muro stesso.
.
L’inerzia termica
Dalla caverna alla roulotte
Estremizzando i concetti sopra esposti si può pensare ad un esempio estremamente
banale ma quanto mai concreto. Una caverna, con massa delle pareti elevatissima è in
grado di preservare al suo interno condizioni di temperatura pressochè costanti nel tempo
sia nelle stagioni calde che in quelle fredde. In questo caso lo smorzamento delle
variazioni climatiche esterne è praticamente totale.
Una roulotte rappresenta l’esatto contrario. Essa ha una massa delle pareti dell’involucro
estremamente bassa ed al suo interno si ripercuotono integralmente ed in tempo reale
tutte le variazioni di temperatura esterne.
Le chiese dell’epoca romanica e rinascimentale così come i palazzi seicenteschi dei nostri
centri storici rappresentano un ulteriore esempio concreto del concetto di inerzia termica.
Murature di grosso spessore e di notevole massa in grado di smorzare e sfasare
sensibilmente le variazioni giornaliere della temperatura esterna.
È evidente che, ad esempio, se la massima punta termica esterna estiva si farà sentire
all’interno dell’abitazione quando la temperatura ambientale sarà scesa a valori più
moderati, essa sarà sopportata molto più agevolmente. Lo stesso discorso vale per le punte
minime delle notti invernali.
La normativa sul risparmio energetico
I fattori E ed F
Senza addentrarsi in complesse formulazioni matematiche, si può dire che esistono due
parametri che consentono di “valutare” l’inerzia termica di una struttura: i fattori E ed F.
Essi (entrambi espressi in modulo e fase) sono indispensabili per stimare le dispersioni
termiche in regime variabile periodico stabilizzato e costituiscono un importante elemento
di giudizio sulle reali prestazioni termiche complessive della parete.
Il fattore E, in modulo, rappresenta il rapporto tra la variazione di temperatura esterna e la
variazione di temperatura interna, quando all’interno non venga somministrato calore. In tal
senso esso può essere assunto come “indice di benessere termico”.
Il fattore E, in fase, indica di quante ore è sfasato il massimo di temperatura interna rispetto
a quella esterna, cioè il ritardo con cui una variazione di temperatura esterna si trasmette
all’interno.
Maggiore sarà il valore di E e migliore sarà il comportamento termico della parete.
Il fattore F, in modulo, rappresenta il rapporto tra la variazione di temperatura esterna ed il
flusso che è necessario somministrare all’interno per mantenere costante la temperatura
interna. In tal senso esso può essere assunto come “indice delle dispersioni termiche” (o,
meglio, dei consumi).
Maggiore sarà il valore di F e migliore sarà il rendimento dell’impianto di riscaldamento (o di
raffrescamento nel periodo estivo) e quindi minore il consumo di energia.
CONVEZIONE
Si ha trasmissione di energia termica per convezione quando tale trasferimento di
energia avviene tra un fluido (liquido o gas) ed un solido in moto relativo uno rispetto
all’altro: pertanto al fenomeno della conduzione si sovrappone il trasporto di energia
operato dalle particelle in moto.
In dipendenza dalla natura delle forze che causano il moto del fluido in esame si
distinguono due tipi di convezione:
Trasporto di massa
•convezione naturale
• convezione forzata
conduzione
Nel caso di convezione naturale il moto delle particelle è determinato essenzialmente
dalle forze di galleggiamento innescate dalle variazioni di densità in seno al fluido
stesso conseguenti alle differenze di temperatura; viceversa nel caso di convezione
forzata il moto delle particelle è dovuto a forze esterne al fluido, ovvero il moto del fluido
è forzato dall’azione di meccanismi, quali pompe o elettroventilatori ed in tal caso le
forze di galleggiamento risultano generalmente trascurabili a fronte di quelle inerziali.
Occorre ricordarsi che l’azione del vento deve essere assimilata alla convezione forzata.
CONVEZIONE
Nella convezione naturale lo scambio termico convettivo nel fluido ha inizio per cause
naturali quando l’equilibrio tra forze di galleggiamento e forze di gravità è turbato dalla
disomogeneità della distribuzione della temperatura nel fluido.
Caso tipico di convezione naturale è quello che si verifica ad es. tra una parete e l’aria
adiacente a causa della diversità di temperatura; oppure tra un radiatore e l’aria
circostante ( è evidente l’uso improprio del termine radiatore in questo particolare
caso dato che lo scambio termico avviene essenzialmente per convezione). Le
particelle meno dense e quindi più leggere vengono pertanto spinte in alto, mentre
altre particelle più fredde, e quindi più dense e pesanti, prendono il posto di queste.
CONVEZIONE
Esaminati gli aspetti termofisici suddetti, la potenza
termica scambiata per convezione tra una parete e
l’aria adiacente può essere molto semplicemente
valutata mediante la seguente equazione proposta nei
calcoli tecnici:
q  hA( Ts  T )
Il flusso termico q trasmesso per convezione è
direttamente proporzionale alla differenza di
temperatura ed è espresso dalla legge di Newton
dove:
A : area della superficie interessata allo scambio termico (m2)
Ts : temperatura della superficie (K)
T : temperatura del fluido a distanza sufficientemente grande dalla superficie (K)
h : coefficiente di trasmissione del calore per convezione (Wm-2K-1). È un parametro determinato
sperimentalmente il cui valore dipende da tutte le variabili che influenzano la convezione
quali la geometria della superficie, la natura del moto, le proprietà e la velocità del fluido.
CONVEZIONE
q  hA( Ts  T )
Occorre ricordare che per il caso in esame la temperatura del fluido è spesso indicata
con il termine T a significare che questa è la temperatura corrispondente alla zona di
fluido che non risente del fenomeno convettivo e per questo motivo viene indicata con il
pedice  . Nel caso di fluido che scorre in un condotto tale temperatura nei calcoli tecnici
viene convenzionalmente assunta pari a quella del fluido che scorre al centro del
condotto stesso.
La relazione dello scambio termico convettivo non è una legge fisica e questo perché il
coefficiente hc non dipende solo dalla natura e dallo stato fisico del fluido, come ad
esempio per la conducibilità termica, ma dipende anche dalla configurazione geometrica
del problema esaminato per lo studio dello scambio termico. Nel “linguaggio comune”
viene comunemente indicata come legge di Newton.
Il valore di hc può variare da punto a punto della superficie A se varia il moto lungo la
stessa e pertanto occorrerà definire un valore medio di tale coefficiente.
CONVEZIONE
q  hA( Ts  T )
Il coefficiente medio di scambio termico convettivo si può definire come il flusso
scambiato per unità di area e per unità di superficie tra la superficie solida ed il fluido.
esso dipende dai seguenti parametri:
•
differenza di temperatura fluido-parete
•
velocità del fluido
•
geometria del corpo solido
•
scabrosità superficiale del corpo solido
•
conducibilità termica del fluido
•
calore specifico del fluido
•
viscosità dinamica  del fluido.
Ts
T
q
Così come è stato fatto per la legge di Fourier, anche quella di Newton può essere
espressa evidenziando la resistenza termica o la conduttanza
CONVEZIONE
q  hA( Ts  T )
Il coefficiente medio di scambio termico convettivo si può definire come il flusso
scambiato per unità di area e per unità di superficie tra la superficie solida ed il fluido.
esso dipende dai seguenti parametri:
T T
q

1
Rc
hA
dove
q  hAT  Cc T
1
Rc 
Cc  hA
hA
sono, rispettivamente, la resistenza termica e la
conduttanza.
CONVEZIONE
q  hA( Ts  T )
in termini di flusso specifico si ha
T T
q* 

1
Ru c
h
q*  hT  Cu c T
Nel caso di scambio termico convettivo fra una parete e l'ambiente circostante Cuc è
chiamata "conduttanza unitaria liminare" e rappresenta la potenza termica che per effetto
del fenomeno della convezione termica passa dalla superficie all'aria ambiente o
viceversa per ogni m2 di superficie di scambio e per ogni °C di differenza di temperatura
tra parete ed aria ambiente.
CONVEZIONE
q  hA( Ts  T )
Quando un fluido viene fatto scorrere sopra una superficie solida si ha che un sottile
strato di fluido aderisce alla parete ovvero la velocità relativa tra fluido e parete è nulla. In
questo sottile strato di fluido il calore fluisce per conduzione per cui il flusso termico
specifico è dato da:
y
*
q
Aria
T=20°C
w=3 m/s
cond
T
 
y
q*conv
y 0
Strato di fluido a contatto con la superficie
x
q*cond
TP = 50°C
CONVEZIONE
q  hA( Ts  T )
*
q
cond
T
 
y
y 0
In condizioni di stazionarietà il flusso che per conduzione fluisce dalla superficie solida
allo strato di fluido che aderisce ad essa, viene quindi scambiato per convezione con il
y
fluido. Pertanto si ha:
q* cond  q* conv
T

y
h
Aria
T=20°C
w=3 m/s
 h Ts  T 
q*co
Strato di fluido a contatto con
la superficie
nv
q*co
nd
x
TP =
50°C
y 0
T

y
y 0
Ts  T 
(W m-2 K-1)
In generale il coefficiente di scambio
termico convettivo varia al variare di x e
del flusso termico, per cui si fa
riferimento ad un coefficiente di
convezione medio ottenuto mediando
sull’intera superficie di scambio i valori
locali.
CONVEZIONE
Normalmente lo studio della convezione viene condotto raggruppando le variabili da cui
dipende il fenomeno in numeri adimensionali, in modo da ridurre il numero totale dei
parametri da considerare.
q* cond  q* conv

T
y
h
 h Ts  T 
y 0
T

y
y 0
Ts  T 
(W m-2 K-1)
In generale il coefficiente di scambio
termico convettivo varia al variare di x e
del flusso termico, per cui si fa
riferimento ad un coefficiente di
convezione medio ottenuto mediando
sull’intera superficie di scambio i valori
locali.
CONVEZIONE
Il coefficiente medio di scambio termico convettivo viene ricavato da un numero
adimensionale detto numero di Nusselt (Nu). Il numero di Nusselt esprime il rapporto tra il
flusso scambiato per convezione tra una superficie ed uno strato di fluido di spessore 
quando tra la superficie ed il fluido c’è una differenza di temperatura T = Ts - T e il
flusso che verrebbe scambiato per conduzione nel caso in cui il fluido fosse fermo.
q*convezione
Nu  q*
conduzione
h  T h  L


T


L
Il numero di Nusselt, in sostanza, rappresenta l’incremento del flusso scambiato per
convezione attraverso uno strato di fluido rispetto a quello trasmesso per conduzione
attraverso lo stesso strato di fluido. Ne discende che all’aumentare del numero di Nusselt
risulta più sviluppato il fenomeno della convezione, mentre in assenza di moto relativo tra
il fluido e la superficie o tra il fluido ed un altro fluido, il numero di Nusselt tende ad un
valore limite inferiore uguale ad uno.
Strato limite
Lo spessore dello strato limite delle velocità è arbitrariamente definito come la
distanza dalla superficie alla quale w=0.99 w
Lo spessore dello strato limite delle temperature è arbitrariamente definito come la
distanza dalla superficie alla quale T=Ts+0.99(T-Ts)
CONVEZIONE
Il tipo di moto di un fluido in movimento influenza sensibilmente l’entità del coefficiente di
scambio termico convettivo; le condizioni (o regimi) di moto che possono verificarsi sono
essenzialmente due:
• moto laminare
• moto turbolento
I regimi di moto laminare o turbolento si possono manifestare sia per convezione naturale
che forzata; in particolare si verifica che:
 il moto laminare è caratterizzato da un movimento delle particelle che si muovono
parallelamente le une alle altre senza subire brusche deviazioni; il moto laminare è
rappresentato quindi da moto uniforme con linee di corrente parallele tra loro lungo le
quali si muovono ordinatamente le particelle di fluido; in generale con I fluidi acqua e aria
perché si abbia tale moto si devono mantenere velocità molto contenute e la superficie
del solido con il quale il fluido è a contatto deve essere quanto più liscia possibile;
 il moto turbolento è invece caratterizzato dal moto caotico delle particelle di fluido, il
moto risulta non uniforme (o vario); a seconda del fluido tale moto può manifestarsi
anche per velocità relativamente contenute, per brusche deviazioni, per eccessiva
scabrezza della superficie del solido o per estensioni delle superfici di contatto
relativamente elevate; si rileva peraltro che tale condizione è quella che normalmente si
verifica per il moto di fluidi all’interno di condotti e tubazioni, e nel moto dell’aria che
lambisce esternamente le pareti degli edifici.
CONVEZIONE
La differenza tra i due tipi di moto suddetti fu scoperta nel 1883 da Osborne Reynolds nel
corso di una celebre esperienza.
In convezione forzata al fine di valutare il regime di moto si ricorre ad una grandezza
adimensionale che derivata dall’esperienza di Reynolds viene appunto denominata
Numero di Reynolds Re:
Re 
Forze d'inerzia
Forze viscose
 v


v = Velocità del fluido indisturbato
m/s
 = Lunghezza caratteristica della geometria m
 = Densità del fluido kg/m3
 = Viscosità dinamica del fluido kg m-1s-1 o N s
Per moto di fluidi su lastra piana la transizione da moto laminare a turbolento si ha
quando Re 5 x 105
In convezione naturale il tipo di moto può essere analogamente determinato in funzione
del valore del prodotto di altri due numeri adimensionali denominati Grashof (Gr) e
Prandtl (Pr).
Per esempio nel caso di superfici piane verticali si ha moto laminare per valori Gr Pr < 108,
mentre evidentemente per valori superiori siamo in presenza di moto turbolento.
CONVEZIONE
Il prodotto (Gr Pr) prende anche il nome di Numero di Rayleigh (Ra).
Il numero di Grashof è dato dalla seguente relazione:
Gr 
g   3 ( Ts  T )
2
 = Lunghezza caratteristica della geometria
m
= coefficiente di dilatazione termica valutato
alla temperatura media parete-fluido
g = accelerazione di gravità (m/s2)
= / (m²/s) di viscosità cinematica
Ts = temperatura della parete (K)
T = temperatura del fluido (K)
Fisicamente Grashof esprime quindi il rapporto tra:
1)\forze di galleggiamento Fg = g  (Ts - T ) (N/kg).
2) forze di attrito viscoso Fa = ² /3 (N/kg): maggiore risulterà tale numero e
maggiore sarà lo scambio termico per convezione naturale.
CONVEZIONE
Il numero di Prandtl è dato da:
Pr = /2 dove
 = viscosità cinematica (m²/s)
 = diffusività termica (m²/s)
Il numero di Prandtl contrariamente a Gr e Re, dipende esclusivamente da natura e stato
fisico del fluido e pertanto può essere considerato una proprietà termofisica. Maggiore è
il numero di Pr e maggiore risulterà lo scambio termico convettivo (naturale o
turbolento).
Per calcolare il coefficiente di convezione h è necesaria la conoscenza del numero di
Nusselt Nu.
q*convezione
Nu  q*
conduzione
hL


La determinazione del coefficiente convettivo di scambio termico hc può essere affrontata
in generale con diversi metodi fra cui si ricorda quello dell’analisi\dimensionale combinata
con esperimenti; tale metodo generalizza i risultati ottenuti\con un’analisi teorica: il
metodo consiste nell’associare ai risultati sperimentali la\determinazione di gruppi
adimensionali di variabili (Re, Gr, Pr) da cui dedurre il\valore di Nu e quindi di hc.
CONVEZIONE
Uno dei metodi utilizzati per raggruppare le variabili è il teorema  o di Buckingham.
Tramite questa metodologia l’analisi dimensionale combina le variabili in gruppi
adimensionali, come per es. il numero di Gr, Pr o di Re visti in precedenza, che
consentono una facile interpretazione dei dati sperimentali e ne estendono il campo di
applicazione con il procedimento sotto schematizzato:
1. risultati sperimentali
2. individuazione delle variabili
3. raggruppamento di queste in gruppi adimensionali
4. estensione dei risultati a situazioni geometricamente e fisicamente simili mediante la
correlazione dei risultati sperimentali ai gruppi adimensionali
E’ evidente però che per usare tale metodo è necessario conoscere a priori, ovvero dai
risultati sperimentali, quali variabili influenzano il fenomeno in esame ed il successo
dell’operazione consiste nell’opportuna scelta di tali variabili. Dunque tramite l’analisi
dimensionale ed il teorema  si ricavano raggruppamenti adimensionali che
descrivono il fenomeno convettivo; la correlazione dei risultati sperimentali ai gruppi
adimensionali si può esprimere come segue
Nu = f (Re, Gr, Pr)
he ha validità generale per la convezione naturale o forzata.
CONVEZIONE
Peraltro si osserva che nel caso di convezione forzata viene meno la dipendenza dal
numero di Grashof e quindi la relazione funzionale sarà del tipo:
Nu = a (Re)b (Pr)c
Le indagini sperimentali,condotte per varie situazioni di scambio termico convettivo,
consentono pertanto la determinazione degli esponenti suddetti che vengono pertanto
riportati in letteratura. Nel caso di moto laminare essendo b = c si ha:
Nu = a (Re Pr)n
il prodotto (Re Pr) prende il nome di numero di Peclet (Pe).
Nel caso invece di convezione naturale viene meno la dipendenza dal numero di Reynolds
e quindi si avrà
Nu = C (Gr)a (Pr)b
Nel caso di moto laminare essendo a = b si ha:
Nu = C (Gr Pr)n
il prodotto (Gr Pr) prende il nome di numero di Rayleigh (Ra) e può essere utilizzato,
come visto in precedenza, per valutare il tipo di moto per convezione naturale.
PRESENZA CONTEMPORANEA DI DIVERSE MODALITÀ DI SCAMBIO TERMICO
Al momento in cui siamo in presenza di diverse modalità di scambio termico (convezione
+ irraggiamento + conduzione) si introduce il concetto di coefficiente di trasmittanza U (o
coefficiente globale di scambio).
Detto coefficiente, introdotto dalla NORMA UNI 7357/74, riassume in sé le varie forme di
scambio termico per convezione ed irraggiamento oltre che per conducibilità interna, che
sono sempre presenti nella realtà.
Prima di affrontare in dettaglio l’analisi dello scambio termico per convezione ed
irraggiamento si osserva che al fine della valutazione della quantità di energia dispersa
attraverso un componente edilizio che separa ambienti a temperatura diversa si può
ricorrere a dei coefficienti, detti coefficienti liminari di scambio termico  che conglobano
gli effetti dei fenomeni suddetti e si trovano tabulati nelle Norme UNI 7357/76 e
successivi adeguamenti in funzione della situazione geometrica (ad esempio struttura
verticale, orizzontale ecc.), e nelle norme UNI di accompagnamento della Legge 10/91 (ad
es. nelle UNI 10345 per i componenti finestrati).
PRESENZA CONTEMPORANEA DI DIVERSE MODALITÀ DI SCAMBIO TERMICO
PRESENZA CONTEMPORANEA DI DIVERSE MODALITÀ DI SCAMBIO TERMICO
A partire da queste considerazioni, da un punto di vista ingegneristico ed in
condizioni regime stazionario, la relazione della trasmissione del calore tra due fluidi
separati da una parete può essere espressa dalla seguente relazione:
q  UA( Ti  Te )
dove U è il coefficiente di trasmittanza che tiene conto delle resistenze termiche
offerte dalla parete per conduzione interna e all’adduzione del flusso termico sulle
superfici interna ed esterna, mentre Ti, Te sono rispettivamente le temperature
all’interno ed all’esterno dell’ambiente rilevate in posizione tale da non risentire degli
effetti convettivi innescati dalle temperature superficiali della parete.
Resistenza termica liminare e resistenza termica globale
La resistenza termica liminare in questione è relativa alla resistenza termica
complessiva offerta dalle resistenze in parallelo dovute all’irraggiamento ed alla
convezione alla superficie del solido; per analogia elettrica si ha:
1/= 1/hR + 1/hC
dove hR e hC sono rispettivamente i coefficienti di scambio termico per irraggiamento e
convezione
La resistenza termica globale è quindi data dalla sommatoria delle resistenze termiche
liminari sulle due facce, interna ed esterna,del componente e dalla resistenza termica
per conduzione:
RT = 1/i+ R i +1/e
(m²K/W)
ed il coefficiente di trasmittanza è dato da:
U = 1/ (1/i+ R i +1/e )
( W/m²K)
dove: 1/i e 1/ sono rispettivamente le resistenze termiche
liminari sulla faccia interna ed esterna del componente, e R i
rappresenta la resistenza termica interna per conduzione.
Resistenza termica liminare e resistenza termica globale
Le relazioni suddette valgono per la determinazione dell’andamento delle temperature
superficiali ed all’interno delle strutture al fine di verificare eventuali fenomeni di
condensazione del vapore. L’andamento della temperatura all’interno della struttura si
determina mediante la seguente relazione:
Tn = Tn-1 – q Rn /
A
dove Rn è il contributo resistivi dell’enn.mo
strato
Resistenza termica liminare e resistenza termica globale
Esercizio
Si determini la potenza necessaria per mantenere un locale a 20°C quando la temperatura
esterna è 0°C ed il muro divisorio, costituito in mattoni dello spessore di 20cm, ha una
superficie di 15m2.
A=15m2, d=20cm=0.2m, T1=20°C, T2=0°C, h1=8W/m2K, h2=20W/m2K, =1W/m·K
Soluzione
In prossimità della parete l’aria è soggetta a moti convettivi che ne abbassano la
temperatura cosicché la rete elettrica equivalente è costituita complessivamente da tre
resistenze connesse in serie, poiché il flusso di calore inizialmente attraversa lo strato
d’aria interno, quindi la parete ed infine
RT1 
1
1
K

 8.33 103
hi A 8 15
W
d
0.2
K

 0.013
 A 115
W
1
1
K
RT3 

 3.33 103
he A 20 15
W
RT2 
da cui si ottiene l’energia dispersa dalla
parete per unità di tempo che coincide con la
potenza necessaria per mantenere costante
la temperatura nella stanza:
q
(T1  T2 ) 20  0

 813W
RTot
0.0246
valore da confrontare con i circa 1500W richiesti, nella stessa situazione, trascurando gli
effetti convettivi dell’aria a contatto con la parete.
Esercizio
Una stufa da 3 kW (qs) viene impiegata per riscaldare un ambiente le cui pareti sono
realizzate mediante uno strato di spessore pari a 20 cm (s1) realizzato con mattoni
(λ1=0.69 W/mK), uno strato di spessore pari a 5 cm (s2) di materiale isolante (λ2=0.05
W/mK) ed uno strato di 1 cm (s3) di intonaco (λ3=0.1 W/mK). La stanza ha un volume
V di 100 m3 e si suppone fissato un ricambio d’aria del 15% ogni ora; sapendo che la
superficie disperdente totale è pari a 25 m2 (S) si vuol sapere quanto vale la
temperatura di regime della stanza (Ti) quando la temperatura esterna (Te) vale -5°C
(si assuma αi=7 W/m2K e αe=20 W/m2K, cparia=0.24 kcal/kgK ρaria=1.2 kg/m3).
Soluzione
Per prima cosa si può calcolare il coefficiente globale di scambio termico associato
alle pareti della stanza:
K U 
1
i

s1
1

1
s2
2

s3
3

1
e
potenza termica dispersa attraverso le pareti verso l’esterno vale dunque:
qd  UA( Ti  Te )
La potenza termica che occorre fornire all’aria esterna introdotta ogni ora
nell’ambiente per portarla alla temperatura di regime vale:
qv 
rV
 c p ( Ti  Te )
3600
dove r è la percentuale di ricambio orario di aria
un semplice bilancio termico, in condizioni stazionarie si deve avere che:q
Ti  Te 
qs
rV
UA 
cp
3600
s
 qv  q d
Esempio
Consideriamo il caso di una parete multistrato, del tipo di quella schematizzata in
figura, che separa due ambienti a temperatura diversa.
Il flusso termico q trasmesso tra i due fluidi è calcolata mediante la
q  UA( Ti  Te )
dove U è il coefficiente globale di scambio termico che tiene conto delle resistenze
termiche offerte dalla parete per conduzione interna e all’adduzione del flusso termico
sulle superfici interna ed esterna; Ti e Te sono rispettivamente le temperature
all’interno ed all’esterno dell’ambiente rilevate in posizione tale da non risentire degli
effetti convettivi innescati dalle temperature superficiali della parete; A rappresenta la
superficie della parete.
Esempio
Siano  i = 8 W/m²K,  e = 23 W/m²K, Ti = 20°C, Te = -5°C, ed inoltre si assumono le seguenti
caratteristiche geometriche e fisiche per i materiali costituenti la parete in questione:
1. intonaco interno ( =1800 kg/m3) s= 2cm  = 0,80 W/mK
2. mattoni pieni ( =2000 kg/m3) s= 12cm  = 0,81 W/mK
3. pannelli lana di vetro ( =30 kg/m3) s= 5cm  = 0,04 W/mK
4. mattoni pieni ( =2000 kg/m3) s= 12cm  = 0,81 W/mK
5. intonaco esterno ( =1500 kg/m3) s= 2cm  = 0,69 W/mK
Il valore della trasmittanza U sarà:
U = 1/ RT = 1/ (1/ i + Ri +1/ e )
U = 1/(1/8 + 0,02/0,80+ 0,12/0,81 + 0,05/0,04 + 0,12/0,81 + 0,02/0,69 + 1/23) = 1/1,77 = 0,56
W/m²K
Esempio
Il valore della potenza termica dispersa, per una superficie unitaria di parete sarà:
q  UA( Ti  Te )
q = 0,56 W/m²K (1 m²) [20 - (- 5)] K = 14 W
Il calcolo della temperatura superficiale di ogni strato ed il conseguente andamento
della temperatura all’interno della struttura si determina mediante la seguente relazione:
Tn = Tn-1 - q Rn / A
pertanto, per A = 1 m² si ha:
Esempio
T1 = Ti - q · 1/( i A) 
T1 = Tpi = 20 - 14 · (1/8) = 18,3 °C
T2 = T1 - q · s1 /( 1 A) 
T2 = 18,3 - 14 · (0,02/0,80) = 17,9 °C
T3 = T2 - q · s2 /( 2 A) 
T3 = 17,9 - 14 · (0,12/0,81) = 15,8 °C
T4 = T3 - q · s3 /( 3 A) 
T4 = 15,8 - 14 · (0,05/0,04) = - 1,7 °C
T5 = T4 - q · s4 /( 4 A) 
T5 = - 1,7 - 14 · (0,12/0,81) = - 3,8 °C
T6 = T5 -q · s5 /( 5 A) 
T6 = Tpe = - 3,8 - 14 · (0,02/0,69) = - 4,2 °C
per verifica:
T7 = T6 - q · 1/( e S) 
T7 =Te = - 4,2 - 14 ·(1/23)  5 °C
Schema muratura a cassetta con interposto isolante termico e relativo andamento delle
temperature interne (scala originale 1:10).
T1 = 18,3 °C
T2 = 17,9 °C
T3 = 15,8 °C
T4 = - 1,7 °C
T5 = - 3,8 °C
T6 = - 4,2 °C
T7 =  5 °C
Irraggiamento
L’irraggiamento differisce dalla conduzione e dalla convezione principalmente per il fatto
che si manifesta anche senza la presenza di un mezzo trasmissivo. Perché ci sia
irraggiamento è necessario che i corpi si “vedano”, cioè tra essi sia presente un mezzo
trasparente (anche il vuoto) che lasci passare l’onda elettro magnetica.
Si considerino due corpi A e B attorno ai quali è stato creato il vuoto: una certa quota di
energia emessa dal corpo A finirà sul corpo B, viceversa una quota di energia emessa dal
corpo B finirà sul corpo A. In generale le due quantità non saranno uguali e quindi avverrà
uno scambio netto non nullo, nel senso che il calore fluirà da un corpo all’altro (secondo il
principio zero della termodinamica dal più caldo al più freddo).
Irraggiamento
I corpi emettono indipendentemente dal fatto di “ vederne altri”, il corpo A non emette solo
l’energia che finisce sul corpo B ma ne emette molta altra che si disperde nell’ambiente
circostante (analogamente per il corpo B), quindi si ha una emissione spontanea dei corpi
che dipende dalla loro temperatura.
.
Un corpo è soggetto simultaneamente su ogni unità della sua superficie ad un flusso di
energia irradiata uscente e ad uno entrante; il flusso uscente dipende dalla propria
temperatura e quella entrante dalla temperatura dei corpi che irradiano.
Irraggiamento
Può accadere che nello stesso istante il corpo presenti una parte della sua superficie dove il
bilancio è in attivo (prende più energia di quella che emette) e una parte dove il bilancio si
chiude in passivo (emette più energia di quella che prende)
Da queste prime osservazioni del fenomeno dell’irraggiamento possiamo affermare (in base
al 1° principio della termodinamica) che se il corpo è in equilibrio termico con l’ambiente
significa che esso irradia la stessa energia che assorbe, altrimenti non manterrebbe
costante la sua temperatura.
Le onde elettromagnetiche
Affinché si verifichi l’irraggiamento, ovvero abbia luogo il trasporto di energia è
indispensabile che il campo elettrico E e il campo magnetico H abbiano un comportamento
oscillatorio. L’irraggiamento di onde elettromagnetiche si può schematizzare graficamente
attraverso due vettori ortogonali a se stessi ed alla direzione di propagazione denominati
campo elettrico E e campo magnetico H che oscillano nel tempo sul proprio asse.
Nella figura è rappresentato il caso più semplice nel quale i vettori dei due campi sono
ortogonali fra di loro e variano nel tempo con una legge sinusoidale e sempre lungo la
stessa direzione; in questo caso si parla di polarizzazione lineare dell’onda.
Le onde elettromagnetiche
La velocità di propagazione è massima nel vuoto, dove il suo valore è quello della velocità
della luce
c0  3 108 m s
Se, invece, la propagazione avviene in un mezzo la velocità del fronte d’onda (che
indichiamo con ) dipende dal mezzo stesso attraverso il suo indice di rifrazione assoluto
nm definito come:
nm 
c0

Le onde elettromagnetiche
nm 
c0

Nella tabella riportata di seguito sono raccolti alcuni valori di indici di rifrazione assoluti per
varie sostanze:
Spettro di emissione
Fino ad ora abbiamo considerato un’onda monocromatica, quella che in acustica chiamiamo
un tono puro, una sinusoide ad una ben determinata frequenza.
Sono poche le sorgenti di radiazione elettromagnetica che emettono questo tipo di
radiazioni, una delle quali è la lampada laser.
Gli altri corpi emettono simultaneamente su un ampio spettro di frequenze, compiendo una
cosiddetta emissione in banda larga.
Nell’ambito della emissione di radiazioni luminose raramente lo spettro è continuo, è in
banda larga ma presenta delle discontinuità.
Se andiamo ad analizzare l’energia totale emessa dal corpo in funzione della lunghezza
d’onda, scopriamo che la stessa non è distribuita uniformemente, ma presenta un
andamento irregolare.
Questo si vede bene per i gas, che sono molecole semplici, con atomi costituiti da pochi
elettroni che presentano pochi stati eccitabili.
Quindi ammettono un'emissione di energia significativa solo per un ridotto numero di
righe spettrali.
L’idrogeno, per esempio, presenta un solo elettrone che può assumere un numero ridotto di
stati eccitati che, quando abbandona per portarsi ad una condizione di minore energia,
emette un fotone la cui frequenza è funzione dell’orbitale di partenza e di arrivo secondo la
legge della fisica quantistica:

Ei  Ei  j
h
Spettro di emissione
L’idrogeno, per esempio, presenta un solo elettrone che può assumere un numero ridotto di
stati eccitati che, quando abbandona per portarsi ad una condizione di minore energia,
emette un fotone la cui frequenza è funzione dell’orbitale di partenza e di arrivo.
Proprio per il ridotto numero di combinazioni le righe spettrali di questo gas
Spettro di emissione
Per sostanze più complesse, che presentano più atomi e magari con un elevato numero di
elettroni l’analisi spettrale dell’energia emessa ha un aspetto quasi continuo e non più
quello di un oscillatore che ha frequenze ben precise.
Spettro di emissione
Consideriamo una lastra di materiale semitrasparente sulla quale facciamo incidere una luce
bianca, avvero con un'energia distribuita equamente su tutte le frequenze( non solo nel
campo del visibile ), avremo una intensità incidente, una riflessa, nonché una intensità
assorbita e una trasmessa.
Andando a studiare lo spettro dell’energia di questa ultima componente ( quella
trasmessa ) notiamo la presenza di bande di assorbimento, alle stesse frequenza che
caratterizzavano lo spettro di emissione del materiale attraversato.
Spettro di emissione
Andando a studiare lo spettro dell’energia di questa ultima componente ( quella
trasmessa ) notiamo la presenza di bande di assorbimento, alle stesse frequenza che
caratterizzavano lo spettro di emissione del materiale attraversato.
Spettro di emissione
Siamo di fronte ad un fenomeno simmetrico: l’elettrone che da uno stato eccitato si
porta in una condizione di minore energia emette un fotone ad una determinata
lunghezza d’onda, ma nel momento in cui sotto l’azione di una luce bianca è eccitato
assorbe un fotone alla stessa frequenza, caratteristica della particolare transizione.
Spettro di emissione
Il campo di frequenze delle onde elettromagnetiche occupa un ampio spettro che si
estende dai raggi gamma alle onde lunghe:
Spettro di emissione
L’uomo è in grado di vedere la radiazione nell’intervallo di frequenze d’onda che va da
400nm a 700nm (che corrisponde all’intervallo di frequenze che va da 4 × 10 14 a 7 × 10
14 Hz ).
All’interno di questo intervallo la sensibilità a differenti lunghezze non è affatto
costante.
Sotto l’aspetto del trasporto energetico nessuna frequenza è trascurabile, ma per
applicazioni terrestri, il campo di frequenze che interessana il nostro studio si
estende dall’estremo superiore della radiazione solare (ultra violetto) fino alle onde
radio (da 0,4 nm a qualche millimetro delle microonde). Escludiamo quindi le
radiazioni ionizzanti ( raggi x, raggi gamma) che per i tessuti cellulari sono
teratogene.
Dal punto di vista tecnico il settore che ci interessa di più è quello degli infrarossi
poiché in esso spontaneamente i corpi emettono la maggior parte
Definizione fondamentale delle grandezze
Definiamo la potenza emessa per metro quadro di superficie che indichiamo con il
simbolo ‘ q* ’ e, la cui unità di misura è il Watt su metro quadrato.
Nel campo delle scienze radianti questa grandezza si chiama potere emissivo integrale (o
densità di flusso termico), è una quantità sempre positiva ed è indipendente dalla
radiazione incidente sul corpo. Il valore di q* dipende solo dallo stato superficiale del
corpo e dalla sua temperatura
Altra grandezza definita nello studio delle scienze radianti è il potere emissivo specifico o
monocromatico
dq*
 (  ,T ) 
d
riferito all’unità di lunghezza d’onda, la cui unità di misura è W/m3
In funzione di questa grandezza posso definire il potere emissivo integrale come,
appunto, integrale su tutte le lunghezze d’onda, ognuna con il suo contributo di
flusso termico.

q*    (  ,T )d 
0
Definizione fondamentale delle grandezze
Si può notare che un corpo, oltre ad irradiare una certa qe*, riflette una quantità qr* di
radiazione ricevuta q*inc , dopo averne assorbita una quantità qa* ed eventualmente
trasmessa una quantità qt* .
La qe* irradiata è molto piccola, o addirittura al di fuori del campo visibile stesso. È per
questo che i colori dei corpi a temperatura ambiente, per come percepiti dall’occhio
umano, dipendono soprattutto dalla qr* riflessa. Solo alle alte temperature la qe* irradiata
inizia a diventare rilevante ed i corpi si colorano a partire dal rosso.
Partendo dalla semplice relazione:
*
inc
q
q q q
*
a
*
t
*
r
dividendo membro a membro per q*inc
*
inc
*
inc
q
q
*
a
*
inc
*
t
*
inc
*
r
*
inc
q
q
q



q
q
q
Definizione fondamentale delle grandezze
*
qinc
q*a
q*t
q*r
 *  *  *
*
qinc qinc qinc qinc
e definendo:
q*a
a *
qinc
qt*
t *
qinc
q*r
r *
qinc
rispettivamente come coefficienti di assorbimento, di trasmissione e di riflessione, si
ha.:
1 a t  r
Un corpo che non si lascia attraversare da onde elettromagnetiche ( per il quale si ha
quindi t=0 ) si definisce opaco. Quasi tutti i materiali solidi di spessore superiore a
quello dello strato superficiale vengono considerati opachi ( nel campo delle
radiazioni prese in esame ), quindi l’equazione precedente si riduce a:
q  (1 a ) q
*
r
*
inc
q*a
q*r
1 a  r 1 *  *
qinc qinc
*
qinc
 q*a  q*r
*
q*a  a  qinc
Definizione fondamentale delle grandezze
*
q*r  ( 1  a )  qinc
*
inc
q
q*a
q*r
1 a  r 1 *  *
qinc qinc
q q
*
a
*
r
q  aq
*
a
*
inc
e sostituendo
*
inc
q
 aq  q
*
inc
*
r
q  aq
*
inc
*
inc
q
*
r
q  ( 1  a )q
*
r
*
inc
Il coefficiente di assorbimento a (come r e t ) dipende oltre che dallo stato superficiale
del corpo, dalla lunghezza d’onda e dalla temperatura T. Naturalmente per il modo in cui
è stato definito, a può assumere tutti e soli i valori compresi tra 0 e 1.
Il corpo nero
Il corpo nero è un oggetto in grado di assorbire tutta l’energia incidente indipendentemente
dalla lunghezza d’onda( a=1,, T ). Per definizione il corpo nero ha un'energia riflessa
uguale a zero ed è opaco.
Per definizione il corpo nero ha un'energia riflessa uguale a zero ed è opaco. Tali
condizioni si realizzano considerando un corpo isotermo e cavo, la cui cavità è di
materiale con elevato coefficiente di assorbimento ed in contatto con l’esterno tramite un
minuscolo foro. Se un raggio di luce entra nella cavità, colpendo la superficie interna,
viene in parte assorbito ed in parte riflesso, perdendo una grossa percentuale d’energia
ad ogni riflessione.
Poiché il corpo nero ha coefficiente di assorbimento massimo per tutte le frequenze,
anche la sua emissione è massima ad ogni frequenza
Il corpo nero
Lo spettro di emissione del corpo nero è stato quindi disegnato fenomenologicamente
come inviluppo delle punte degli spettri di emissione dei corpi reali, ma è possibile,
appoggiandosi alla fisica quantistica, determinare l’espressione analitica del potere
emissivo monocromatico attraverso la legge di Planck
L’asse delle ordinate esprime il valore di , quello delle ascisse .
Il corpo nero
Legge di Planck:
0 
c1
 5( e
c2
T
1)
c1 e c2 costanti
Il corpo nero
Legge di Planck:
c1
0 
 5( e
c2
T
c1 e c2 costanti
1)
Analizzando l’espressione risulta evidente la dipendenza
all’aumentare della temperatura del corpo nero la curva si
massimo della stessa si porta verso lunghezze d’onda minori.
il corpo nero può arrivare ad avere il massimo valore di 0
visibile.
Legge di Wien
di 0 da  e da T e,
‘alza’, mentre il valore
Per elevate temperature
all’interno dello spettro
La legge di Wien ci permette di calcolare la lunghezza d’onda MAX alla quale corrisponde il
massimo di 0
  0 

 0
  T
Deriviamo l’espressione della legge di Planck:
MAX  T  289, 7 105 mK
Osservando questa legge si può affermare che il grafico di MAX in funzione di T è un ramo di
iperbole, quindi all’aumentare del valore della temperatura il valore massimo arretra verso
lunghezze d’onda minori.
Il corpo nero
Legge di STEFAN-BOLTZMANN
La funzione che lega il potere emissivo integrale del corpo nero alla sua temperatura è
nota come legge di Stefan-Boltzmann, ed è data da:
q*0   0  T 4
dove
0=5, 67051 W/m2K4
Poiché il corpo nero è un'astrazione fisica, il modello più vicino alla realtà è il corpo
grigio la cui caratteristica è quella di avere il coefficiente a < 1, ma costante. In generale
per gli altri corpi non grigi, il coefficiente di assorbimento è funzione di  e T
Il corpo grigio
Il corpo grigio è un corpo nero ridotto (corpo nero che assorbe di meno e emette di
meno). Il modello di corpo grigio è importante anche se nella realtà i corpi non sono grigi,
ma sostanze chimiche complesse possono avvicinare il comportamento ideale del corpo
nero (in modo qualitativo) pur evidenziando un rapporto q* /q*0< 1 (, emittanza, emissività
sferica); quindi molto più vicine al modello di corpo grigio.
Le leggi di emissione del corpo nero fanno riferimento ad un corpo ideale che emette la
massima energia termica radiante in corrispondenza ad ogni temperatura e lunghezza
d'onda. L'energia emessa dai corpi reali risulta sempre inferiore a quella del corpo nero
e può essere valutata mediante l'introduzione di una proprietà radiativa nota come
"emissività". In generale l'emissività di una superficie reale dipende dalla lunghezza
d'onda e dalla direzione in quanto l'emissione di una superficie reale non è
Sostituendo
reale un valore medio costante indipendente dalla lunghezza
normalmenteall'andamento
diffusa
d'onda, si introduce l'approssimazione di "corpo grigio".
Emissione delle superfici reali
Nessuna superficie reale ha comportamento diffuso come il corpo nero, tuttavia anche in questo
caso l'approssimazione di corpo grigio introduce un comportamento diffuso con un valore
costante dell'emissività indipendente dalla direzione. Questo valore di emissività non rappresenta
il valore emisferico, tuttavia non ne differisce notevolmente.
In conclusione nei calcoli di scambio termico per irraggiamento è usualmente utilizzata
l'approssimazione del corpo grigio secondo cui l'emissività delle superfici viene considerata
indipendente dalla lunghezza d'onda e dalla direzione.
L’approssimazione del comportamento della superficie reale a corpo grigio consente di definire il
potere emissivo q* di quest’ultimo mediante la seguente relazione:
q    0 T
4
q   A 0  T
4
*
Potere emissivo di un corpo grigio (W/m²)
Flusso termico di un corpo grigio (W)
SCAMBIO TERMICO PER RADIAZIONE
Lo scambio termico per radiazione tra corpi dipende in generale dalle caratteristiche
geometriche delle loro superfici, dall'orientazione relativa, dalla temperatura e dalle proprietà
radiative delle stesse. Particolare importanza ha anche il mezzo interposto tra di esse in quanto
può partecipare allo scambio termico con le proprie caratteristiche di assorbimento ed emissione
Verrà preso in esame il caso in cui il mezzo interposto non partecipi allo scambio termico come si
verifica quando vi è il vuoto o gas trasparenti.
Il problema verrà dapprima affrontato, per maggior semplicità, in relazione al caso di superfici
nere, in quanto tali superfici assorbono la totale energia radiante che su di esse incide ed inoltre
l'intensità della radiazione emessa è indipendente dalla direzione di emissione. In queste condizioni
il calcolo dello scambio termico tra due superfici nere si riduce alla determinazione di grandezze
puramente geometriche note col nome di "fattore di vista".
Nel caso di superfici reali il calcolo viene usualmente sviluppato introducendo l'approssimazione di
comportamento grigio e diffuso, che permette di semplificare notevolmente la trattazione.
Scambio termico tra due superfici nere - Fattore di vista
Per il calcolo dello scambio termico tra due superfici nere si può in generale considerare una
coppia di superfici arbitrariamente orientate
A2
n


n

Sulle due superfici di area
A1 e A2, mantenute a
temperatura uniforme T1 e
T2, individuiamo due
elementi di area dA1 e dA2
orientati secondo gli angoli
 e  rispetto alle normali ed
alla direzione di
propagazione .
A1
Nel caso di superfici reali il calcolo viene usualmente sviluppato introducendo l'approssimazione di
comportamento grigio e diffuso, che permette di semplificare notevolmente la trattazione.
Ricordiamo che:
q*    0  T 4
q   A 0  T 4
Potere emissivo di un corpo grigio (W/m²)
Flusso termico di un corpo grigio (W)
Scambio termico tra due superfici nere - Fattore di vista
Il flusso termico q1 emesso dalla prima superficie non va a finire tutto sulla seconda
superficie; se indichiamo con q1’ la frazione di flusso emesso da A1 che va a finire
direttamente su A2, possiamo allora definire il "fattore di vista" tra la superficie 1-2, ed
indicarlo con F12, come:
A2
n


q1'
F12 
q1
Ovviamente il fattore di vista è un numero minore o uguale ad
uno.
Analogamente il fattore di vista tra la superficie 2-1 sarà:
n
A1

'
2
q
F21 
q2
Dove q2’ è la frazione del flusso (q2) emesso dalla A2 che va a finire direttamente su A1 .
Scambio termico tra due superfici nere - Fattore di vista
A2
n

q1'
F12 
q1
Pertanto:
q'2
F21 
q2
q1'  F12  q1  F12  A1    T14
q'2  F21  q2  F21  A2    T24
n

Lo scambio netto di calore tra le due superfici nere è:

A1
q12  q1'  q'2
q12  F12  A1    T14  F21  A2    T24
Nel caso in cui T1 = T2 = T lo scambio netto di calore q12 = 0 per cui:
F12  A1  F21  A2
"relazione di reciprocità".
Scambio termico tra due superfici nere - Fattore di vista
A2
n

q12  q1'  q'2
q12  F12  A1    T14  F21  A2    T24
F12  A1  F21  A2
n
A1

"relazione di reciprocità".
In definitiva, con l'introduzione di fattori di vista e la relazione
di reciprocità, lo scambio termico netto tra due superfici nere
risulta:

q12  F12  A1   ( T14  T24 ) oppure
q12  F21  A2   ( T14  T24 )
Si può pertanto concludere che la determinazione dello scambio netto tra superfici
nere si riduce ad un problema geometrico che consiste nella valutazione dei fattori di
vista. Si noti che il fattore di vista tra due superfici è uno solo se il flusso che viene
emesso da una superficie va a finire tutto sull'altra. Si noti anche che nel caso di
superfici concave una parte del flusso che una superficie emette va a finire su se
stessa per cui il fattore di vista della superficie considerata con se stessa è diverso da
zero.
Scambio termico tra superfici reali
Nel caso caso di superfici reali oltre al fenomeno di riflessione, occorre tenere conto
della dipendenza delle loro proprietà dalla lunghezza d'onda e dalla direzione. Una
soluzione usualmente impiegata consiste nell'approssimare il comportamento reale
delle superfici mediante il modello di corpo grigio-diffuso a proprietà uniformi.
In generale il flusso netto scambiato tra due superfici è dato dalla:
q12  1 F12  A1    T14   2 F21  A2    T24
Dove 1 e 2 sono l'emissività della prima e seconda superficie.
Per due superfici aventi la stessa emissività si ha:
q12    A1  F12   ( T14  T24 )
In generale possiamo scriverla come:
q12    A  F   ( T14  T24 )
Scomponendo la differenza di due quadrati possiamo esprimere il flusso termico
scambiato per irraggiamento in termini di un coefficiente medio di scambio
termico, così da ottenere una relazione analoga a quella per lo scambio termico
convettivo
Scambio termico tra superfici reali
q12    A  F   ( T14  T24 )
Scomponendo la differenza di due quadrati possiamo esprimere il flusso termico
scambiato per irraggiamento in termini di un coefficiente medio di scambio
termico, così da ottenere una relazione analoga a quella per lo scambio termico
convettivo
q12    A  F   ( T12  T22 )( T12  T22 )
q12    A  F   ( T12  T22 )( T1  T2 )( T1  T2 )
Per valori di T1 e T2 non molto differenti al posto di (T12 + T22 ) (T1 + T2 ), introducendo una
temperatura media denominata Tm , con Tm = (T1 + T2 )/2, si può mettere 4 Tm3 e quindi
considerare q12 funzione della sola differenza (T1 - T2 ) secondo la relazione seguente che
esprime lo scambio termico per irraggiamento:
q12 = hi A (T1 - T2
)
nella quale si è posto: hi =  F 4 Tm3
(W/m²K)
dove hi è il coeff. di scambio termico per irraggiamento; è importante ricordare che se le due
aree interessate dallo scambio termico A1 e A2 non sono eguali, allora il valore numerico di
hi dipende dal fatto che esso si riferisca ad A1 o ad A2
Scambio termico tra superfici reali
Analogamente alla relazione dello scambio termico per convezione, anche la relazione che
permette il calcolo dello scambio termico per irraggiamento non è una legge fisica essendo
hI dipendente da una serie di parametri geometrici e fisici che lo vincolano ad una
particolare situazione per cui variando la stessa varia anche il valore di hi; per le situazioni
della tecnica più comuni i valori di hi si trovano tabulati in apposite tabelle.
q 
q  hi  A T
q 
T
R
con R 
T
1
hi A
1
1
e Ru 
hi A
hi
La conduttanza C e la conduttanza unitaria Cu sono date rispettivamente da:
C  hi A e Cu  hi
Nel caso di una parete che scambia calore per irraggiamento, in regime stazionario con
l'ambiente, il coefficiente hi viene indicato con il termine di irradianza unitaria, che quindi
rappresenta la potenza termica che passa per effetto del fenomeno di irraggiamento dalla
parete all'ambiente o viceversa per m2 di superficie di scambio e per °C di differenza di
temperatura media radiante dell'ambiente.
Effetto serra
Consideriamo una superficie opaca al di sopra della quale è posta una copertura di
vetro
Parte della radiazione solare (G) incidente sul vetro viene riflessa, (rG) parte trasmessa (tG). La
parte trasmessa viene in gran parte assorbita dalla superficie opaca causando un riscaldamento
della superficie stessa. La parte di energia trasmessa dal vetro e non assorbita dalla superficie
opaca viene da questa riflessa ed avendo le stesse caratteristiche della radiazione incidente
(lunghezza d'onda) attraversa il vetro (taG).
Effetto serra
Consideriamo una superficie opaca al di sopra della quale è posta una copertura di
vetro
Per effetto del riscaldamento subito la superficie opaca comincia ad emettere radiazioni per effetto
della sua temperatura. Generalmente in questi casi si raggiungono temperature superficiali
dell'ordine di 100 K per cui, per la legge di Wien, le radiazioni emesse (E) hanno una lunghezza
d'onda massima caratteristica appartenente all'intervallo dell'alto infrarosso, dove il vetro presenta
una trasmissività trascurabile.
Effetto serra
Consideriamo una superficie opaca al di sopra della quale è posta una copertura di
vetro
Pertanto per questa la radiazione (E) il vetro si comporta come una superficie opaca altamente
riflettente per cui l'energia che incide su di esso viene riflessa verso la superficie opaca e in gran
parte da questa assorbita. In definitiva possiamo dire che l'energia emessa dalla superficie opaca
per effetto della sua temperatura viene in gran parte riassorbita dalla superficie stessa provocando
un ulteriore aumento di temperatura.
Effetto serra
Consideriamo una superficie opaca al di sopra della quale è posta una copertura di
vetro
L'effetto serra è riscontrabile in diverse situazioni, alcune delle quali positive, cioè utili all'uomo,
altre negative. Per esempio la radiazione solare che entra in un edificio attraverso le superfici
vetrate e viene assorbita dalle superfici opache dell'ambiente, costituisce un positivo apporto di
calore durante il periodo di riscaldamento invernale, ma un inconveniente durante il periodo estivo.
Caratteristiche dell'irraggiamento ambientale
Le condizioni termiche vigenti sulla Terra sono, come è noto, il risultato di un delicato
equilibrio tra due immense quantità di energia raggiante: quella proveniente dal Sole e
quella irraggiata nello spazio dalla Terra stessa. La radiazione solare inoltre attraverso
il processo di fotosintesi dà origine alle fibre vegetali, al legno ed ai combustibili.
Mediante processi termici e fotovoltaici, l'irraggiamento solare ha potenzialmente la
possibilità di soddisfare le necessità mondiali di riscaldamento ambientale e di
elettricità.
Il Sole in base alla radiazione emessa può essere considerato un corpo nero alla temperatura di circa
5760 K, ed avendo un diametro di 1.4 X 109 m, emette continuamente una radiazione di circa 9.755 X
1025 W. Di questa potenza solo una piccola parte (circa 1.7 X 1017W) interessa la terra contribuendo
direttamente al riscaldamento del terreno, degli oceani, dell'atmosfera ed alla fotosintesi. A titolo di
confronto si tenga presente che il fabbisogno energetico attuale è di circa 5 X 1012 W.
Caratteristiche dell'irraggiamento ambientale
Al limite estremo dell'atmosfera, l'irraggiamento solare su di una superficie perpendicolare alla
direzione dei raggi, è di circa 1353 W . m-2, quando la terra si trova ad una distanza media dal sole.
Questo valore, denominato "costante solare", varia di circa ± 3.4% nell'anno, a causa dell'orbita
ellittica del pianeta. In condizioni ottimali (cielo sereno, sole allo zenith, superficie perpendicolare ai
raggi solari) su una superficie al livello del mare arriva circa 1000 W . m-2. Normalmente viene
valutata in circa 700 W . m-2 quanto raggiunge la superficie terrestre (circa la metà di 1353 W . m-2)
in quanto il 30% è direttamente riflesso dalle nubi, dalla polvere atmosferica e dalle molecole
d'aria, mentre il restante 20% è assorbito dal vapore acqueo, l'ozono ed ancora dalle nubi.
Caratteristiche dell'irraggiamento ambientale
L’energia solare che raggiunge la superficie terrestre varia in funzione di:
• Condizioni metereologiche: in una giornata nuvolosa la componente diffusa ha il sopravvento su
quella diretta;
• Inclinazione della superficie captante: nei mesi estivi una superficie a minore
• Inclinazione sull’orizzontale presenta un maggiore contributo della radiazione diretta ed il
contrario accade nei mesi invernali
• Dall’ora giorno e mese dell’anno
• Dalla latitudine terrestre
Caratteristiche dell'irraggiamento ambientale
I valori della radiazione globale incidente su una superficie orizzontale hanno però un interesse
limitato per la progettazione dei sistemi solari attivi e dei sistemi fotovoltaici, in quanto per
ottimizzare l’efficienza questi sistemi sono sempre disposti con una certa inclinazione sul piano
orizzontale. Diventa allora di importanza fondamentale la determinazione dell’energia incidente su
una superficie inclinata con un certo angolo.
cos( i ) 
An
Ai
An  Ai cos( i )
Poiché il flusso inc. è uguale
Gi Ai  Gn Ai cos( i )
Gi Ai  Gn An
Gi  Gn cos( i )
Per ottimizzare la ricezione i pannelli solari sono orientati secondo un angolo
=+10° dove  è la latitudine del luogo considerato
Caratteristiche dell'irraggiamento ambientale
Liu e Jordan hanno sviluppato un metodo per calcolare la radiazione solare totale incidente su una
superficie comunque inclinata ed orientata partendo dai dati relativi alla radiazione media mensile sul
piano orizzontale.
Come
esempio
sono
riportati i valori della
densità di energia solare per
località di Milano e Venezia
su superfici diversamente
inclinate ed orientate. I
valori espressi indicano la
media per ogni mese e poi
come valore annuale.
Da queste tabelle si deduce che la superficie che ottimizza l’energia solare, raccolta durante tutto l’arco
dell’anno, per località situate a latitudine di circa 45° nord, è quella orientata a Sud ed inclinata di 30°
e che il valore di radianza diminuisce maggiormente al variare dell’orientamento piuttosto che al
variare dell’inclinazione.
Carte Solari
Le carte solari rappresentano le tracce dei piani proiettanti i raggi solari per ogni ora del giorno sul
piano dell'orizzonte.
Per comprenderne la lettura si immagini un ideale osservatore posto al centro della base di una
calotta semisferica che rappresenta il pezzo di cielo del suo orizzonte. L'osservatore vede il sole
percorrere, nel moto apparente intorno alla terra, la superficie della calotta semisferica posta sopra
di esso da Est ad Ovest.
Se lui avesse la possibilita' di utilizzare un filo a piombo che dal sole arriva sul piano dell'orizzonte
noterebbe che nel percorso giornaliero del sole il filo a piombo descrive una curva sopra a tale piano
che sara' più o meno distante da esso a seconda che il giorno sia prossimo al solstizio Invernale o
Estivo
Carte Solari
CARTE SOLARI RELATIVE ALLA CITTA' DI FIRENZE
VALIDE PER VALORI DI LATITUDINE COMPRESE TRA 43° 00' E 44° 59'
SOLSTIZIO ESTIVO ( 21Giugno)
cioè l'angolo formato con la
direzione sud dalla proiezione
della retta sole-terra, sul piano
dell'orizzonte (contato
positivamente in senso orario).
Lat = 43° 45'
Long. = 11° 12'
Il sole sorge 04h 39'
Il sole tramonta 19h 21'
T.L. (costante locale riferita all'Etneo) = +15' 12''
W (angolo orario) = - 04° 12' 45''
Azimut max = 123° 23'
Zenit max = 69° 41'
Carte Solari
Carte Solari
•Determinazione delle proiezioni d'ombra dell' edificio
•Determinazione delle proiezioni d'ombra delle piante
Si sovrappone alla pianta la carta solare relativa