Capitolo I Come cambia la tutela del lavoro Dal “collegato” alla “Fornero” : .. Premessa, – .. L’abrogazione del tentativo obbligatorio di conciliazione stragiudiziale, – .. La certificazione dei contratti di lavoro, – .. L’accertamento tecnico preventivo obbligatorio nelle controversie previdenziali, – .. Le variazioni al modello introdotte dal d.lgs. n. /, – .. Conclusione, . .. Premessa Il processo del lavoro e quello previdenziale (modello ordinario semplificato) sono stati, sin dall’origine dell’attuale formulazione [legge n. /], centro di interesse per il Legislatore che si è, ripetutamente, cimentato in modifiche e riforme della normativa vigente, inserite nel contesto della riorganizzazione dell’intero sistema processuale civile. Facendo seguito a quanto precedentemente esaminato nel capitolo primo della prima parte, verranno, in questa sede, succintamente analizzate le innovazioni introdotte a decorrere dal , anno in cui è stata conferita delega al Governo per il riordino della materia del lavoro e delle relative controversie (c.d. Collegato lavoro), riguardanti, in particolare, l’istituto del tentativo di conciliazione (eso ed endo processuale) e della certificazione dei contratti di lavoro. Inoltre, prendendo le mosse da detta riforma, l’analisi dovrà essere rivolta anche ai successivi interventi legislativi che, nell’ottica di garantire maggior competitività al nostro Paese, attraverso una riduzione dei tempi del processo, hanno tentato di ridurre il contenzioso pendente e di semplificare il processo civile, riducendone il numero di riti e hanno modificato la fase prodromica del processo previdenziale. Processo civile: lavori in corso In merito alle modifiche introdotte dalla legge agosto , n. , in tema di « decisione contestuale » (art. c.p.c.), si veda il capitolo primo della prima parte, mentre per l’analisi della legge n. / sul c.d. filtro all’appello (artt. e –bis c.p.c.), si richiama il successivo capitolo ° di questa seconda parte. .. L’abrogazione del tentativo obbligatorio di conciliazione stragiudiziale ... L’abrogazione del tentativo obbligatorio di conciliazione ed il sistema unico di conciliazione delle controversie di lavoro pubbliche e private La legge novembre , n. , contenente « deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro » (c.d. Collegato lavoro) ha recuperato l’originario () carattere facoltativo del tentativo stragiudiziale di conciliazione nelle cause di lavoro. Come in epoca anteriore alla c.d « privatizzazione » (rectius: contrattualizzazione) del pubblico impiego operata con il d.lgs. marzo , n. , che, modificando il testo dell’art. c.p.c., introdusse, nel rito del lavoro, il tentativo obbligatorio di conciliazione per tutte le controversie indicate dall’art. c.p.c., al fine di deflazionare il contenzioso in materia [contenzioso che si sarebbe riversato sul giudice del lavoro per il passaggio dal giudice amministrativo al giudice ordinario delle controversie a seguito della contrattualizzazione del rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni], il tentativo stragiudiziale di conciliazione, è ora restituito alla libera volontà delle parti. Tale modifica normativa ha fatto perdere al tentativo di conciliazione il carattere di condizione di procedibilità della domanda che ben conosciamo, ponendo fine, in tal modo, ad un’esperienza, durata poco più di un decennio, avviata dal d.lgs. n. /, che non ha prodotto, sotto il profilo deflazionistico, il risultato auspicato, alla fine del secolo ventesimo, per l’inadeguatezza degli organismi (u ffici provinciali del . Come cambia la tutela del lavoro: dal “collegato” alla “Fornero” lavoro) chiamati ad esperire la procedura di conciliazione obbligatoria. Invero, da tempo la dottrina aveva sollevato molteplici dubbi sull’istituto, ritenendolo di ostacolo alla semplificazione del processo, nonché in contrasto con la garanzia prevista dall’art. cost.[in tema, tuttavia, la Corte delle leggi aveva ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. , –bis e –bis c.p.c., per essere, la previsione dell’obbligatorietà del tentativo di conciliazione per le controversie di cui all’art. c.p.c., rispettosa della delega di cui alla l. n. /, come parimenti infondata era stata ritenuta la medesima questione sollevata in quanto il tentativo obbligatorio di conciliazione per le controversie di cui all’art. c.p.c. limiterebbe il diritto d’azione ritardandone l’esercizio e facendo sorgere questioni processuali inutili e contrarie alla finalità deflativa perseguita dal legislatore, in riferimento all’art. cost. (Corte cost. luglio , n. , in Foro It. , I, ; in precedenza aveva ritenuto infondata la questione anche Trib. Milano luglio , d.l. , ]. Pertanto, l’art. del Collegato lavoro riscrive le disposizioni generali in materia di conciliazione ed arbitrato nelle controversie individuali di lavoro, di cui agli artt. ––quater c.p.c. In particolare, viene modificato l’art. (tentativo di conciliazione), integralmente sostituito l’art. (processo verbale di conciliazione), sono stati, invece, abrogati gli articoli bis(termine per l’espletamento del tentativo di conciliazione)e bis(procedibilità della domanda) del codice di rito. Resta, dunque, obbligatorio solamente il tentativo di conciliazione previsto dall’art. , comma °, d.lgs. settembre , n. , che in caso di ricorso giurisdizionale avverso i contratti certificati prescrive la necessaria istanza alla Commissione che ha adottato l’atto di certificazione, per espletare il tentativo di cui all’art. c.p.c. In altri termini, in caso di controversia tra datore di lavoro e lavoratore i quali abbiano certificato il contratto inter partes, colui che intende agire in giudizio dovrà preventivamente adire la Commissione di certificazione che si riunirà in funzione conciliativa con le modalità previste dal nuovo dettato dell’art. c.p.c. Per quanto attiene alla procedura, la richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione, sottoscritta dall’istante, deve essere consegnata o spedita mediante raccomandata, con avviso di ricevimento, ad una Commissione di conciliazione e copia della stessa deve essere Processo civile: lavori in corso inoltrata, con le stesse modalità, alla controparte. Il novellato art. prevede, inoltre, che la richiesta debba contenere l’indicazione dei dati dell’istante e della controparte, il luogo in cui è sorto il rapporto di lavoro, ovvero si trovi l’azienda o una sua dipendenza alla quale era addetto il lavoratore o vi prestava la sua opera al momento della cessazione del rapporto di lavoro, il luogo in cui l’istante vuole ricevere le comunicazioni attinenti alla procedura conciliativa, nonché l’esposizione dei fatti e delle ragioni poste a fondamento delle sue pretese. Nell’ipotesi in cui la controparte accetti la procedura, la stessa ha l’onere di depositare, entro il termine di venti giorni dal ricevimento della copia dell’istanza di conciliazione, una memoria contenente le proprie difese, ivi incluse eccezioni in fatto e diritto, nonché eventuali domande riconvenzionali. In caso contrario, le parti sono libere di adire l’autorità giudiziaria. In tal modo si evita che la parte che ha proposto l’istanza sia vincolata da attese troppo gravose dipendenti dal comportamento della convenuta. Nei dieci giorni successivi al deposito della memoria del resistente, la Commissione di conciliazione fissa la comparizione delle parti per il tentativo di conciliazione, che deve concludersi nei successivi trenta giorni. Relativamente alla composizione ed al funzionamento delle Commissioni di conciliazione, il comma ° dell’art. c.p.c. prevede che detti organi siano composti dal direttore dell’Ufficio provinciale del lavoro o da un suo delegato oppure da un magistrato collocato a riposo, in qualità di presidente, da quattro rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei datori di lavoro e da quattro rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei lavoratori, designati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello territoriale. Il comma ° aggiunge che, ove se ne ravvisi la necessità, le Commissioni affidino l’espletamento del tentativo a proprie sottocommissioni, presiedute dal responsabile della Direzione provinciale del lavoro o da un suo delegato, purché le stesse con le valutazioni espresse in merito ad essa da ciascuna delle parti. Nel caso in cui la mancata accettazione della proposta transattiva, formulata dalla Commissione di conciliazione, non sia corredata da una « adeguata motivazione », il giudice potrà tenerne conto in sede . Come cambia la tutela del lavoro: dal “collegato” alla “Fornero” di giudizio. Il « tenerne conto » della norma richiama il dettato del novellato art. del codice di rito civile; quindi la valutazione del giudice è inerente alle spese del giudizio. Inoltre, ove il tentativo di conciliazione sia stato richiesto dalle parti, al ricorso in giudizio devono essere allegati i verbali e le memorie relative al procedimento di conciliazione fallito. Al tentativo di conciliazione compiuto in sede sindacale non si applica il dettato dell’art. c.p.c. Un’ultima riflessione va operata in ordine al procedimento stragiudiziale di conciliazione nel pubblico impiego, giacchè la riforma adottata con la legge n. / definisce un sistema unico di conciliazione delle controversie di lavoro, senza differenziare il privato dal pubblico impiego. Gli articoli e del d.lgs. marzo , n. , che disciplinavano la materia nel lavoro pubblico, infatti, sono stati abrogati dall’art. , comma , della l. n. / comportando il venir meno del Collegio di conciliazione presso le Direzioni provinciali del lavoro, previsto per le controversie in materia di pubblico impiego. Al riguardo la legge n. / chiarisce con l’art. , comma : « Le disposizioni degli articoli , , , –ter e –quater del codice di procedura civile si applicano anche alle controversie di cui all’articolo , comma , del decreto legislativo marzo , n. . Gli articoli e del decreto legislativo marzo , n. , sono abrogati ». Viene meno, in tal modo, la lamentata dicotomia tra i due procedimenti di conciliazione e si evita la problematica figura del « conciliatore di parte ». ... Il tentativo stragiudiziale di conciliazione nel licenziamento per giustificato motivo oggettivo Con un successivo intervento, operato dall’art. , comma , della legge del giugno , n. , recante « disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita » (c.d. riforma Fornero), viene, altresì, riformato l’art. della legge luglio , n. , e si prevede che il tentativo stragiudiziale di conciliazione preceda obbligatoriamente il licenziamento intimato per giustificato motivo oggettivo « qualora disposto da un datore di lavoro avente i Processo civile: lavori in corso requisiti dimensionali di cui all’art. , comma , della legge maggio , n. , e successive modificazioni(. . . ) ». Il motivo secondo il quale il Legislatore ha voluto operare una siffatta distinzione rispetto alle altre ipotesi di recesso unilaterale del rapporto di lavoro, è da ricercare nella peculiarità del licenziamento considerato inerente l’organizzazione del lavoro dell’impresa. « È questa infatti una procedura comprensibile e giustificabile quando il licenziamento viene intimato in presenza delle (delicate) condizioni del giustificato motivo oggettivo, il che non trova equivalente nelle altre ipotesi di recesso unilaterale del rapporto » . In altri termini, il tentativo obbligatorio di conciliazione si applica ai giudizi concernenti l’impugnazione dei licenziamenti individuali, intimati senza giustificato motivo oggettivo, rientranti nell’ambito della tutela reale per le dimensioni del datore di lavoro. Il limite dimensionale di cui trattasi, è quello indicato dall’art. , comma ° della legge del maggio , n. , relativo al « datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento occupa alle sue dipendenze più di quindici lavoratori o più di cinque se si tratta di imprenditore agricolo, nonché al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore che nell’ambito dello stesso comune occupa più di quindici dipendenti e all’impresa agricola che nel medesimo ambito territoriale occupa più di cinque dipendenti, anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti, e in ogni caso al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che occupa più di sessanta dipendenti ». Il datore di lavoro, pertanto, deve comunicare il licenziamento preventivamente alla Direzione territoriale del lavoro del luogo in cui il lavoratore presta la sua opera, trasmettendo detta missiva, per conoscenza, anche al lavoratore. La comunicazione, ai sensi del novellato art. , comma °, deve contenere la dichiarazione del datore di lavoro di voler procedere al licenziamento per motivo oggettivo, i motivi dello stesso, nonché le . Sul punto vedi R. Tiscini, La procedura conciliativa che precede il licenziamento intimato per giustificato motivo oggettivo, in La Nuova disciplina sostanziale e processuale dei licenziamenti a cura di S. Chiarloni, C. Consolo, G. Costantino, F. P. Luiso, Bruno Sassani, Torino , p. . Vedi ancora D. Borghesi, Conciliazione e procedimento speciale dei licenziamenti per la Riforma Fornero, in Law Jur , p. . . Come cambia la tutela del lavoro: dal “collegato” alla “Fornero” misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato. La procedura prevista per l’espletamento del tentativo di conciliazione è descritta dai successivi commi dello stesso art. , nei seguenti termini: la Direzione territoriale del lavoro trasmette la convocazione al datore di lavoro e al lavoratore nel termine perentorio di sette giorni dalla ricezione della richiesta: l’incontro si svolge dinanzi alla commissione provinciale di conciliazione di cui all’articolo del codice di procedura civile. La comunicazione contenente l’invito si considera validamente effettuata quando e’ recapitata al domicilio del lavoratore indicato nel contratto di lavoro o ad altro domicilio formalmente comunicato dal lavoratore al datore di lavoro, ovvero e’ consegnata personalmente al lavoratore che ne sottoscrive copia per ricevuta. Le parti possono essere assistite dalle organizzazioni di rappresentanza cui sono iscritte o conferiscono mandato ad un componente della rappresentanza sindacale dei lavoratori, ovvero ad un avvocato o anche ad un consulente del lavoro. La procedura durante la quale le parti, con la partecipazione attiva della Commissione di cui al comma , procedono ad esaminare anche eventuali soluzioni alternative al recesso, si conclude entro venti giorni dal momento in cui la Direzione territoriale del lavoro ha trasmesso la convocazione per l’incontro, fatta salva l’ipotesi in cui le parti, di comune accordo, non ritengano di proseguire la discussione prolungando il tempo. Se fallisce il tentativo di conciliazione e, comunque, decorso il termine di cui al comma , il datore di lavoro può comunicare il licenziamento al lavoratore. Quando la conciliazione ha esito positivo e prevede la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, si applicano le disposizioni in materia di Assicurazione sociale per l’impiego (ASpI) e può essere previsto, al fine di favorirne la ricollocazione professionale, l’affidamento del lavoratore ad un’agenzia per la mobilità. Il comportamento complessivo delle parti, desumibile anche dal verbale redatto in sede di Commissione provinciale di conciliazione e dalla proposta conciliativa avanzata dalla stessa Commissione, e’ valutato dal giudice per la determinazione dell’indennità risarcitoria di cui all’articolo , settimo comma, della legge maggio , n. , e successive modificazioni, ai fini dell’applicazione degli articoli e del codice di procedura civile. In caso di legittimo e documentato impedimento del lavoratore a presenziare all’incontro di cui al comma , la procedura può essere sospesa per un massimo di quindici giorni. Processo civile: lavori in corso In particolare, il dettato del comma ° dell’articolo in esame offre alcuni spunti di riflessione. La norma rievoca quella (art. ) del d.lgs. n. /, oggi dichiarate incostituzionale con la decisione del dicembre , n. , in dir. e giustizia , . Tra quella e questa vi sono però differenze considerevoli. Nel d.lgs. n. /, le conseguenze sanzionatorie che derivano dal comportamento delle parti nella mediazione (anche in caso di formulazione di una proposta conciliativa) erano da misurare, o in termini di possibilità per il giudice di trarre argomenti di prova ex art. c.p.c. (art. , d.lgs. n./), oppure ai fini delle spese di lite (art. , d.lgs. n. /). Essa richiama poi — proprio con riferimento alle controversie di lavoro — l’art. c.p.c., il quale attribuisce al giudice il potere di valutare “ai fini del giudizio” la mancata comparizione personale delle parti alla prima udienza, allo scopo di interrogarle liberamente e tentare la conciliazione, nonché il rifiuto della proposta transattiva formulata dal giudice stesso, senza giustificato motivo. Nel comma , art. , il comportamento delle parti nella fase conciliativa stragiudiziale è descritto e produce conseguenze diverse rispetto a quanto avviene nella altra ipotesi normativa considerata. Rispetto all’art. c.p.c. la differenza sta nel fatto che qui il potere del giudice di valutare il comportamento delle parti ai fini della decisione è relativamente comprensibile perché si tratta di un comportamento tenuto dalle parti nel processo. Rispetto alla disciplina della mediazione civile la differenza è evidente perché nel caso in esame il comportamento delle parti nella fase che precede il giudizio incide sul diritto all’indennità risarcitoria descritta dall’art., comma , della L. / . Per quanto concerne la natura del tentativo stragiudiziale di conciliazione in esame, va detto che questo concorre a perfezionare la validità del recesso intimato dal datore di lavoro, ed integra uno dei requisiti di validità del licenziamento, da considerarsi sotto il profilo del merito della domanda. A ben vedere, in conseguenza dell’analizzata riforma, notevoli sono i margini di discrezionalità dei giudici di merito circa l’interpretazione di molte di dette norme: basti pensare alle fattispecie di illegittimità indicate nella nuova formulazione dell’art. dello Statuto dei lavoratori, ad esempio quelle legate alla “violazione del requisito di motivazione” . Cfr. R. Tiscini, Op. cit., p. . . Come cambia la tutela del lavoro: dal “collegato” alla “Fornero” o ad un “difetto di giustificazione” (comma) oppure alla “manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo” o al fatto “che non ricorrono gli estremi del predetto giustificato motivo”(comma ). Ulteriori dubbi si pongono, soprattutto in questa fase iniziale, sul c.d. “repechage”: sarà interessante osservare l’orientamento giurisprudenziale su un tema che, fino ad oggi, era risolto ritenendo legittimo un licenziamento per giustificato motivo oggettivo dovuto a soppressione di posto di lavoro, solo se legato alla impossibilità di adibire il lavoratore ad altre posizioni lavorative, purché esistenti e non coperte da altro lavoratore e purché le relative mansioni fossero equivalenti o addirittura inferiori a quella rivestita dal lavoratore. ... Il tentativo giudiziale di conciliazione L’art. , comma °, della legge novembre , n. , ha modificato, il testo dell’art. , comma °, c.p.c. (udienza di discussione della causa), aggiungendo la locuzione « formula alle parti una proposta transattiva », riferita al giudice adito, nonché l’ulteriore ipotesi, che lo stesso giudicante può valutare ai fini del giudizio, oltre alla mancata comparizione personale delle parti senza giustificato motivo, del rifiuto della proposta transattiva anzidetta formulata dal giudice. La modifica deve essere letta come norma di congiunzione tra conciliazione innanzi alla Commissione e processo del lavoro, alla luce dell’intervenuta abolizione del tentativo di conciliazione e che ha destato preoccupazione allo stesso Legislatore. Si è tentato, dunque, di attribuire al giudice del lavoro i poteri conciliativi già propri dell’arbitro del pubblico impiego. La nuova formulazione della norma assegna al giudice del lavoro compiti più penetranti, evidenziati dalle conseguenze che produce la mancata adesione alla proposta transattiva formulata dallo stesso, ad opera delle parti. Ricordiamo, inoltre, che ai sensi e per gli effetti di cui all’art. c.p.c. il giudice, se accoglie la domanda, in misura non superiore all’eventuale proposta conciliativa, condanna la parte che ha rifiutato, senza giustificato motivo la proposta da lui formulata, al pagamento delle spese del processo maturate dopo la proposizione della ipotesi transattiva, salva la regola generale della compensazione delle spese, se Processo civile: lavori in corso vi è soccombenza reciproca o se concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni. L’obbligo del giudice di formulare, comunque, al termine dell’interrogatorio libero delle parti, una propria ipotesi “valutativa” di conciliazione può destare qualche perplessità. Invero, il giudice del lavoro è chiamato a porre in essere tale sua valutazione avendo esaminato esclusivamente le prove in quel momento portate alla sua attenzione (cioè soltanto le prove costituite), ma non è in condizione di ipotizzare, in alcun modo, le risultanze derivanti dall’assunzione di una prova testimoniale, prova che ha sempre avuto, nel processo del lavoro, un particolare rilievo. La valutazione conciliativa del giudice potrebbe portarlo a minimizzare la rilevanza delle prove testimoniali e conseguentemente a non ammetterle. Per ovviare tale ipotesi è necessaria, da parte del ricorrente, una modifica della tecnica redazionale del ricorso integrante una più ampia descrizione degli accertamenti che si intendano perseguire attraverso le prove testimoniali. .. La certificazione dei contratti di lavoro ... Estensione dell’ambito oggettivo di applicazione dell’istituto La certificazione dei contratti di lavoro costituisce un istituto, introdotto dal d.lgs. settembre , n. , con riferimento alle nuove tipologie contrattuali previste dalla c.d. riforma Biagi, al fine di evitare il contenzioso che può insorgere dalla incertezza derivante dalla loro identificazione. Tuttavia, alla funzione principale volta a « certificare » la tipologia contrattuale scelta dalle parti, ossia volta ad ottenere un provvedimento che attesti la corrispondenza tra la qualificazione formale ed il contenuto effettivo del contratto in oggetto, da parte delle apposite Commissioni di certificazione, se ne aggiunsero altre quali: a) quella di consacrare il perfezionamento di rinunzie o transazioni aventi ad oggetto diritti derivanti da un rapporto di lavoro già in essere, in occasione della riconduzione ad un programma dei contratti di lavoro autonomo « a progetto », contemplati dall’art. , I comma; b) quella di « confermare » la volontà abdicativa o transattiva delle parti in sede di rinunzie o transazioni di cui all’art. c.c.; c) quella di svolgere, . Come cambia la tutela del lavoro: dal “collegato” alla “Fornero” nell’interesse delle parti, un servizio di consulenza e assistenza sia nella stipula di un contratto di lavoro, con particolare riferimento alla disponibilità dei diritti ed alla esatta qualificazione dei contratti; d) quella di consentire, in sede di stipulazione di un appalto, nonché nel corso di esso, una distinzione netta tra la somministrazione di lavoro e l’appalto stesso » . Solo con il d.lgs. ottobre , n. , la certificazione è stata estesa a tutti i contratti di lavoro. La legge novembre , n. ha innovato l’istituto della certificazione, introducendo nuove ipotesi in cui le parti possono far ricorso a detta procedura volontaria [incentivandone, in tal modo l’utilizzo], come nel caso in cui si certifichi un contratto in cui, direttamente o indirettamente sia dedotta una prestazione di lavoro, attraverso il coinvolgimento delle Commissioni di conciliazione. Esse possono essere istituite presso enti bilaterali, costituiti nell’ambito territoriale di riferimento, ovvero a livello nazionale presso organismi bilaterali a competenza nazionale. Detti organi sono: Direzioni provinciali del lavoro, Province, Università pubbliche e private (comprese le Fondazioni universitarie), Consigli provinciali dei consulenti del lavoro, presso la Direzione Generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro del Ministero del Lavoro. Così, l’art. della legge /, al comma °, individua alcune clausole, rilevanti ai fini della valutazione del giudice adito all’atto dell’esame delle motivazioni addotte al licenziamento; clausole inserite dalle parti nel contratto di lavoro ed efficaci solo in quanto certificate; tra queste, quelle relative alla tipizzazione della giusta causa e del giustificato motivo, nonchè quelle inerenti alla determinazione della indennità prevista dall’art. della legge luglio , n. . Possiamo ritenere, tuttavia, che il giudice non sia obbligato ad attenersi alle pattuizioni certificate delle parti, dovendo pur sempre verificare la loro rispondenza al nostro ordinamento, comprensivo della contrattazione collettiva; così, la clausola individuale difforme e peggiorativa per il lavoratore, rispetto a quella prevista dalla contrattazione collettiva sarà, dunque, nulla. . Vedi, sul punto, R. Foglia, La certificazione dei rapporti di lavoro, in Diritto e processo del lavoro e della previdenza sociale a cura di G. Santoro Passarelli, Milano , p. . . Vedi F. Natalini, Le novità del collegato lavoro in tema di certificazione in Guida Lavoro, ottobre , p. . Processo civile: lavori in corso Si può ritenere, pertanto, che questa disposizione trovi applicazione in settori non regolamentati dalla contrattazione collettiva, oppure al fine di integrare tipizzazioni di giusta causa o giustificato motivo di licenziamento, contenute nei contratti collettivi . La procedura volontaria, che resta invariata, rispetto a quella tipicizzata nel , prende avvio da una istanza scritta necessariamente comune alle parti, sottoscritta in originale con allegata copia dei documenti identificativi delle stesse, l’indicazione degli effetti civili, amministrativi, previdenziali o fiscali in relazione ai quali le parti chiedono la certificazione, corredata dall’originale del contratto di lavoro. Tale procedura deve concludersi entro trenta giorni dal ricevimento della istanza da parte della competente Commissione di certificazione adita, mediante l’adozione dell’atto di certificazione. Quest’ultima fisserà la data di comparizione delle parti, ricordando che l’assenza di una di esse rende improcedibile l’istanza presentata. L’atto di certificazione riveste la natura giuridica di un atto amministrativo, con tutte le prescrizioni, che il medesimo deve contenere. La legge n. / ha innovato la disciplina originaria disponendo che, « nel caso di contratti in corso di esecuzione » [art., comma , legge /], gli effetti dell’accertamento compiuto dalla commissione apposita retroagiscano al momento di inizio del contratto, ove la commissione abbia accertato la conformità tra il contratto da certificare e l’effettivo svolgimento dello stesso, anche alla fase precedente l’attività istruttoria svolta dall’organo. Inalterata, resta la disciplina dei rimedi giudiziali riconosciuti alle parti esperibili avverso l’atto di certificazione, rimedi estesi anche ai terzi nei cui confronti l’atto è destinato a produrre i suoi effetti giuridici. Prima di poter contestare in giudizio l’attività posta in essere dall’organo preposto alla certificazione, però, è prescritto il tentativo obbligatorio di conciliazione, non solo dalle parti che abbiano sottoscritto il contratto certificato ma anche da parte dei terzi, che intendano agire in giudizio avverso l’atto di certificazione . . Cfr. S. Centofanti, La certificazione dei contratti di lavoro in Il contenzioso del lavoro nella legge novembre , n. , a cura di M. Cinelli e G. Ferraro, Torino , p. . . Vedi sul punto P. Sandulli, La conciliazione e i soci lavoratori, in Diritto e processo del lavoro e della previdenza sociale, a cura di G. Santoro Passarelli, Milano , p. . . Come cambia la tutela del lavoro: dal “collegato” alla “Fornero” Il d.lgs. n. / ha inoltre previsto ulteriori ipotesi di certificazione: la prima (art. ) per i regolamenti interni delle cooperative, relativamente ai contratti stipulati con i soci lavoratori. In questo caso l’organo certificatore è una commissione specifica istituita presso la Direzione Provinciale del Lavoro o la Provincia, presieduta da un presidente indicato dalla Provincia e da rappresentanti delle associazioni di assistenza, tutela e rappresentanza del movimento cooperativo e dalle organizzazioni sindacali, comparativamente più rappresentative . Altro caso (art. ) è quello dell’appalto di servizi, che può essere certificato anche ai fini della distinzione rispetto alla somministrazione di lavoro. In tal caso, oggetto dell’attività certificatoria è la validazione del contratto di appalto stesso: i richiedenti possono inoltrare l’istanza sia all’atto della stipula che durante le fasi di attuazione del relativo programma negoziale e sono competenti ad effettuare tale certificazione solo gli enti bilaterali costituiti a livello territoriale o nazionale. ... Ampliamento dei poteri delle Commissioni di certificazione L’art. , comma °, della legge novembre , n. ha, inoltre, previsto che presso le sedi in cui si realizza la certificazione possa essere esperito anche il tentativo di conciliazione previsto dall’art. c.p.c. Le stesse Commissioni di conciliazione, poi, potranno certificare — come ricordato — anche rinunzie e transazioni in linea con il dettato dell’art. c.c. ... La certificazione della clausola compromissoria Sempre in relazione alle controversie che rientrano nell’ambito dell’art. c.p.c., la clausola compromissoria, di cui all’ art. c.p.c. può essere pattuita dalle parti solo nel caso in cui ciò sia previsto da accordi interconfederali o contratti collettivi di lavoro stipulati da organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che può essere pattuita e sottoscritta solo dopo che siano trascorsi trenta giorni dalla stipula del contratto di lavoro ed esaurito il periodo di prova e che, infine, non può riguardare con. Vedi sul punto Trib. Milano, sez. lav., Nrg. /. Processo civile: lavori in corso troversie relative alla risoluzione del rapporto di lavoro; tale clausola deve essere certificata a pena di nullità. Le Commissioni di certificazione accerteranno, pertanto, l’effettiva volontà (e non la costrizione) delle parti di voler devolvere ad arbitri le controversie eventualmente nascenti dal rapporto di lavoro [art. , comma °, della legge novembre , n. ]. .. L’accertamento tecnico preventivo obbligatorio nelle controversie previdenziali ... Il procedimento di accertamento tecnico preventivo L’art. del d.l. luglio , n. , convertito con modificazioni nella legge luglio , n. , recante disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria, ha introdotto l’istituto del c.d. accertamento tecnico preventivo che incide sul processo previdenziale, ed è finalizzato ad accelerare e ridurre il contenzioso in materia. Nel codice di rito, infatti, dopo l’art. è stato inserito l’art. bis, rubricato « accertamento tecnico preventivo obbligatorio », che prevede il ricorso a detto istituto quale unica modalità di introduzione delle controversie riguardanti le materie dell’invalidità civile, della cecità e sordità civile, dell’handicap e della disabilità, nonché di pensione di inabilità ed assegno di invalidità. L’ambito di applicazione della norma, la cui introduzione appare in controtendenza rispetto alle altre scelte praticate dal Legislatore nel medesimo periodo (tra tutte, si ricorda l’abolizione del tentativo obbligatorio di conciliazione nelle controversie di lavoro, apportata dalla legge n. /), è limitato alla « verifica delle condizioni sanitarie della pretesa fatta valere »; in conseguenza, l’accertamento può essere attivato solo nel caso in cui, proposta la richiesta in via amministrativa, l’Ente previdenziale abbia negato la prestazione asserita assenza del requisito sanitario. Al contrario, ove il diniego sia stato espresso per insussistenza degli altri requisiti di legge quali, a titolo esemplificativo, i limiti di reddito o di età, l’unico rimedio esperibile immediatamente è quello del giudizio ordinario. . Come cambia la tutela del lavoro: dal “collegato” alla “Fornero” L’istanza per l’accertamento tecnico preventivo, dal ° gennaio , è diventata condizione di procedibilità dell’azione finalizzata alla verifica delle condizioni sanitarie legittimanti la prestazione richiesta e deve contenere una chiara esposizione dei fatti posti a fondamento della pretesa, nonchè la prova documentale di tutti i requisiti richiesti dalla legge per il riconoscimento del diritto , in mancanza dei quali il giudice, in applicazione analogica dell’art. , comma °, c.p.c., deve ordinare al ricorrente l’integrazione della domanda. Stante l’espresso richiamo all’art. –bis c.p.c., l’istituto dovrebbe essere informato agli stessi principi regolatori dei procedimenti di istruzione preventiva, di natura solo « altamente cautelare ». In tema, tuttavia, sono stati sollevati molteplici dubbi , perché si tratta di due procedimenti con finalità ed ambiti di applicazione evidentemente assai diversi tra loro . In ragione di ciò, il giudice provvede, nelle forme stabilite dagli artt. e , alla fissazione dell’udienza di comparizione, assegnando, con lo stesso decreto, il termine per la notifica del ricorso al convenuto, che coincide con l’ente che deve erogare la prestazione richiesta: la sede provinciale dell’Inps in materia di assistenza civile, ai sensi dell’art. , comma °, d.l. /, in deroga alle disposizioni generali del codice di rito e senza che trovi applicazione l’art. , d.l. n. /, convertito in legge n. /, il quale prevede la notifica presso la c.d. sede zonale dell’Ente. In alternativa il ricorso va notificato presso la sede legale dello stesso Organismo, per le ipotesi di trattamenti previdenziali di pensione di inabilità e di assegno di invalidità. L’Istituto previdenziale, a differenza del ricorrente, non ha necessità di assistenza tecnica nel giudizio di primo grado, limitatamente ai procedimenti in materia di assistenza, ben potendo costituirsi a mezzo dei propri funzionari amministrativi, in applicazione analogica del disposto dall’art. , comma °, d.l. / e così come precisato . Cfr. Trib. S. Maria Capua Vetere, sez. lav., giugno , Red. Giuffrè . . In tal senso, prime indicazioni sull’accertamento tecnico preventivo del Tribunale di Lecce, sez. lav., dicembre , in www.ordineavvocatilecce.it; critico sul punto P. Licci, Il nuovo accertamento tecnico preventivo obbligatorio nelle controversie previdenziali, in www.judicium.it. . Cfr. A. Frabasile, L’accertamento tecnico preventivo obbligatorio, in www.judicium.it . . Cfr. D. Dalfino, La nuova giustizia del lavoro, Bari , p. . . Cfr. A. M. Luna e M. Forziati, Il nuovo processo previdenziale e assistenziale in Giur. Processo civile: lavori in corso dallo stesso Ente con circolare n. , del dicembre . Entro l’udienza di comparizione il resistente o il giudice, d’ufficio, può rilevare la improponibilità dell’istanza, ove non sia stata preceduta dalla domanda amministrativa di prestazione previdenziale; nel silenzio del legislatore, è da ritenere che l’adozione di detta pronuncia vada fatta con ordinanza, piuttosto che con sentenza. L’istanza è, del pari, inammissibile ove manchi la dichiarazione di valore della prestazione richiesta con il giudizio, a norma dell’art. disp. att. c.p.c. che ne prevede l’indicazione nei giudizi per prestazioni previdenziali, affinchè le spese, competenze ed onorari liquidati dal giudice non ne superino l’ammontare. L’autorità giudiziaria è altresì chiamata a valutare l’ammissibilità del ricorso in relazione alle condizioni dell’azione, ovvero ad esaminare se, nella futura causa di merito cui l’atp è preordinato, la consulenza tecnica potrà rivelarsi utile: in difetto, respinge l’istanza con ordinanza non reclamabile, né ricorribile in cassazione, ex art. cost., in quanto provvedimento connotato dal carattere di provvisorietà e strumentalità . Nel caso di regolare instaurazione del contraddittorio, sempre nell’udienza di comparizione, il giudice nomina il consulente tecnico d’ufficio, cui viene conferito l’incarico di espletare la visita medica e con l’obbligo di comunicare, con almeno giorni di anticipo, la data di inizio delle operazioni peritali al Direttore della sede provinciale dell’Inps competente, ai sensi dell’ art. , comma °, l. /. Lo stesso trattamento non viene, invece, riservato al consulente di parte ricorrente che, al contrario, dovrà essere nominato entro il termine improrogabile di giorni prima dell’udienza di comparizione, in evidente contrasto con la disposizione del codice di rito circa i giudizi ordinari. La fase istruttoria prevede che il Ctu, esaurita l’indagine, invii ai consulenti di parte, a mezzo posta elettronica certificata, una bozza della perizia, nel termine di trenta giorni prima della fine delle operazioni peritali, mentre i difensori, nei successivi venti giorni, potranno trasmettere al Ctu le proprie osservazioni. All’esito, la relazione defiMerito , p. . . Vedi sul punto P. Capurso e G. Madonia, L’accertamento tecnico preventivo nel processo previdenziale, in LPO , p. . . Come cambia la tutela del lavoro: dal “collegato” alla “Fornero” nitiva dovrà essere depositata in cancelleria e, nel termine perentorio determinato dal giudice, non superiore a trenta giorni, le parti dovranno dichiarare con atto scritto e depositato se intendono, o meno, contestare le risultanze istruttorie. In caso di adesione congiunta, ove il giudice ritenga di non dover rinnovare l’indagine peritale, omologa l’accertamento del requisito sanitario con decreto pronunciato fuori udienza, provvedendo anche sulle spese di lite e di consulenza. Il provvedimento, per espressa previsione normativa, non è impugnabile, né modificabile mentre non pare possano esservi ragioni ostative all’eventuale correzione di errori materiali, secondo la procedura dettata dagli artt. e ss. c.p.c. Sull’omologazione del decreto si è ampiamente dibattuto in dottrina, evidenziando come l’uso del termine sia improprio, non ritrovandosi neppure nel testo dell’art. –bis c.p.c. . Entro giorni dalla notifica del decreto, l’Inps è tenuta ad erogare la prestazione riconosciuta, previa verifica della sussistenza degli ulteriori requisiti prescritti dalla legge, tuttavia, non essendo prevista l’efficacia di titolo esecutivo del provvedimento di omologa . appaiono evidenti le problematiche sottese all’eventuale inottemperanza dell’Ente previdenziale. Si tratta, infatti, di una pronuncia che accerta semplicemente la sussistenza di un requisito sanitario e non il diritto alla prestazione, dunque, di natura sostanzialmente dichiarativa circostanza questa che non legittima l’esercizio di un’azione esecutiva, a differenza del verbale di conciliazione che, in teoria, potrebbe redigere il Ctu prima dell’inizio delle operazioni peritali, in applicazione analogica dell’art. c.p.c., giusta l’espresso richiamo fatto dall’art. c.p.c . Sul punto l’Ente ha, comunque, emanato apposite direttive con le quali ha sottolineato « l’importanza, tanto nell’interesse del cittadino quanto in quello dell’Istituto, non soltanto di una celere liquidazione della prestazione da parte della linea di prodotto servizio, ma anche di una solerte comunicazione all’U.O. Gestione organizzativa dei ricorsi . Cfr. A. Panzarola, in commento artt. e –bis c.p.c. in Codice di procedura civile a cura di A. Briguglio e B. Sassani, Torino , p. . . Contra D. Dalfino, op. cit., p. . . Vedi sul punto S. Gentile, In attesa dell’art. –bis c.p.c.: una cognizione trifasica per sfoltire il contenzioso previdenziale in materia d’invalidità?, in Foro It. , V, c. . . Vedi al riguardo la circolare dicembre , n. . Processo civile: lavori in corso amministrativi dell’esito finale del relativo procedimento, sia in caso di pagamento della prestazione, che in caso di rigetto per carenza dei requisiti amministrativi ». La soluzione più agevole in caso di inerzia appare, dunque, quella della proposizione di un ricorso per ingiunzione ex art. c.p.c., ovvero l’introduzione di un giudizio di merito per la condanna dell’Istituto. ... Il giudizio di merito L’art. –bis c.p.c., al comma °, sancisce che in caso di mancato accordo delle parti sulle risultanze peritali, chi intenda contestare la perizia deve depositare, entro il termine perentorio di giorni dalla dichiarazione di dissenso, il ricorso introduttivo del giudizio di merito. Laddove la contestazione provenga da entrambe le parti, ciascuna di esse sarà legittimata a promuovere il giudizio di merito e, nel caso di iscrizione di due procedimenti distinti, gli stessi verranno riuniti d’ufficio, ex artt. c.p.c. e disp. att. c.p.c. Il giudizio di merito si svolge secondo le regole ordinarie dettate per il processo previdenziale: nell’atto introduttivo, che assume la forma del ricorso, devono essere specificate le ragioni della contestazione, a pena di inammissibilità, e formulate sia la domanda di accertamento del diritto, che quella di condanna al pagamento della relativa prestazione. Il ricorso deve essere notificato alla sede Inps competente per materia, secondo le regole già analizzate per l’Atp, ove la contestazione provenga dalla parte privata; al contrario, ove fosse l’Ente ad introdurre il giudizio a cognizione piena, gli atti devono essere indirizzati alla parte personalmente e non presso il procuratore costituito nel « precedente grado » di giudizio. In mancanza di apposita indicazione del Legislatore, la suddetta soluzione appare quella più idonea in quanto l’atto introduttivo del giudizio a cognizione piena, non può essere equiparato a quello di impugnazione, né qualificato come mero atto interno al procedimento di accertamento tecnico preventivo. Ne deriva che non possono trovare applicazione né le disposizioni sulle notifiche di cui all’art. c.p.c., né quelle dettate dall’art. c.p.c., in materia di comunicazioni degli atti nel corso del procedimento. . Come cambia la tutela del lavoro: dal “collegato” alla “Fornero” Esclusa l’inammissibilità dell’atto, il giudice prosegue nella fase istruttoria, ove non è necessariamente prevista la rinnovazione delle indagini peritali oggetto di contestazione, salvo « che vengano in considerazione le situazioni descritte nell’art. disp. att. c.p.c. (aggravamento delle malattie denunciate od accertate, insorgenza di nuove infermità) e l’assicurato deduca e documenti che dette situazioni non siano state tenute presenti dal primo giudice, o che si siano verificate nel giudizio di appello. In tali ipotesi, infatti, si impone, di regola, il riscontro, mediante nuova consulenza tecnica, della documentazione esibita dall’interessato a sostegno del proprio assunto. In mancanza di tali evenienze, la valutazione circa la necessità del rinnovo della consulenza in appello integra un giudizio di fatto, incensurabile in sede di legittimità ove adeguatamente motivato » È altresì plausibile l’ipotesi di convocazione a chiarimenti del perito nominato nella precedente fase ove, in particolare, le contestazioni delle parti si fondino sull’esistenza di nuova documentazione medica non esaminata dal ctu. Invero, nonostante le decadenze prescritte dall’art. c.p.c. — norma che si ritiene compatibile con il procedimento in esame —, in tema di nuovi documenti non pare possano esservi ostacoli alla produzione in giudizio di documentazione sanitaria formatasi successivamente al deposito dell’accertamento tecnico preventivo e ciò al fine di limitare il rinnovo delle indagini a casi circostanziati, nonché di avere valutazioni medico legali scevre da errori o contestazioni. All’esito, la causa viene decisa con sentenza, espressamente definita inappellabile dal Legislatore del che, con l’art. , comma °, lettera f) l. cd. di stabilità n. , ha ripristinato la disciplina introdotta dall’art. , d.l. luglio , n. , che era stata abrogata in sede di conversione dall’art. , l. novembre , n. . A ben vedere la legge sulla stabilità ha reintrodotto l’inappellabilità delle sentenze con decorrenza dal ° febbraio , in evidente difetto di coordinamento con la stessa legge n. /, così finendo per creare non pochi problemi ai giudizi instaurati dal ° al gennaio, che non sono soggetti alla nuova disciplina . . Cfr. sul punto Cass., sez. lav., febbraio , n. , in Giust. civ. Mass. , p. . . Vedi sul punto A. Frabasile, L’accertamento tecnico preventivo obbligatorio, in Processo civile: lavori in corso L’ambito di applicazione di detta norma, sancita dal settimo comma dell’art. –bis c.p.c., è limitato al giudizio di merito introdotto a seguito di contestazione dell’atp e non può essere estesa anche ai procedimenti instaurati in carenza dell’accertamento preventivo, ove l’improcedibilità non sia stata rilevata entro la prima udienza. Appare, tuttavia, esperibile il rimedio del ricorso straordinario in cassazione, ex art. cost., trattandosi di provvedimento « definitivo » che non può non essere sottoposto all’ordinario controllo di legittimità in Cassazione, a garanzia del « giusto processo » [contra, Capurso, Madonia, (), i quali ritengono che « nel caso in cui la parte si dolga per una violazione di legge contenuta nel capo della sentenza che riguardi l’accertamento del requisito sanitario, il rimedio esperibile, in forza dell’art. bis, u.c. è il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. , comma °, cost., mentre tutti gli altri motivi di contestazione della sentenza, ed in particolare quelli afferenti i requisiti socio economici, sarebbero da sottoporre alla corte di appello quale giudice del gravame »; Licci, (), sostiene , invece, la ricorribilità del provvedimento in cassazione, ai sensi dell’art. c.p.c., trattandosi di sentenza in unico grado]. .. Le variazioni al modello introdotte dal d.lgs. n. / Al fine di riordinare il rilevante numero di procedimenti, autonomamente disciplinati, presenti nel nostro Ordinamento, il Legislatore ha emanato il d.lgs. ° settembre , n. , entrato in vigore il successivo ottobre, con il quale ha ridotto il numero dei riti da a [v. più ampiamente cap. °]. Ciò, in attuazione della delega conferita dal Parlamento al Governo con l’art. della l. giugno , n. , che suggeriva di ricondurre i molteplici procedimenti ai modelli processuali, già esistenti, caratterizzati da concentrazione e semplificazione, restando fermi i criteri di competenza e di composizione dell’organo giudicante, previsti dalla normativa vigente. www.judicium.it. . In L’accertamento tecnico preventivo nel processo previdenziale, in LPO , p. . . Vedi al riguardo P. Licci, Il nuovo accertamento tecnico preventivo obbligatorio nelle controversie previdenziali in www.judicium.it. . Come cambia la tutela del lavoro: dal “collegato” alla “Fornero” Muovendo da tali premesse si è, dunque, giunti ad unificare i procedimenti secondo gli schemi dettati, rispettivamente, dal rito ordinario di cognizione, dal rito che disciplina le controversie in materia di rapporti di lavoro e dal rito sommario di cognizione . In questa sede di interesse appare opportuno esaminare esclusivamente quelli che sono, oggi, disciplinati dalla regole proprie del rito del lavoro: a) i giudizi di opposizione ad ordinanza ingiunzione, previsti dall’art. della l. novembre , n. ; b) le controversie in materia di opposizione al verbale di accertamento di violazione del codice della strada, di cui all’art. del d.lgs. aprile , n. ; c) le opposizioni a sanzione amministrativa in materia di stupefacenti; d) le controversie in materia di recupero degli aiuti di Stato previste dall’art. del d.l. aprile , n. convertito, con modificazioni, dalla legge giugno , n. ; d) le controversie in materia di applicazione delle disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali; e) i giudizi aventi ad oggetto contratti agrari o conseguenti alla conversione dei contratti associativi in affitto; f ) le impugnazioni dei provvedimenti in materia di registro dei protesti e di opposizione ai provvedimenti di diniego di riabilitazione del debitore protestato . A ben vedere, dunque, sono stati assimilati al rito del lavoro tutti quei giudizi in cui si rivelavano prevalenti i caratteri della concentrazione delle attività processuali, ovvero nei quali sono previsti ampi poteri di istruzione d’ufficio [Relazione di accompagnamento al d.lgs. n. /]. Invero, il rinvio al suddetto rito non è stato fatto tout court, stante l’espresso richiamo operato dal legislatore delegato al solo Titolo IV, sezione II del capo I del codice di rito, quindi agli artt. –, con ulteriori deroghe previste dall’art. del decreto stesso [non si prevede, pertanto, alcuna ipotesi di conciliazione e di arbitrato]. Inoltre, nell’ipotesi di controversie promosse in forme diverse da quelle previste dalla nuova normativa, non oltre la prima udienza di comparizione delle parti viene disposto, anche d’ufficio, il mutamento del rito con ordinanza. . Vedi al riguardo C. Consolo, Prime osservazioni introduttive sul decreto legislativo n. / di riordino (e relativa “semplificazione”) dei riti settoriali in Corriere giuridico , p. . . Vedi sul punto M. Bove, Applicazione del rito del lavoro nel decreto legislativo s. lgs. n. / in www.judicium.it. Processo civile: lavori in corso Pur ritenendo apprezzabile la volontà del legislatore di riorganizzare il vigente sistema processual civilistico, tuttavia, non può non evidenziarsi che il decreto in esame non ha esaurito tutti i possibili interventi di semplificazione e non sembra aver operato in maniera « razionale » . Tra tutti, basti segnalare che non sono state ricondotte nell’alveo del rito del lavoro, bensì in quello del processo sommario di cognizione, le controversie in materia di discriminazione, in particolare, quelle relative a vessazioni sui luoghi di lavoro, attraverso una scelta alquanto discutibile e senza alcun coordinamento con le norme sulla competenza funzionale. L’art. del d.lgs. n. /, infatti, assoggetta al rito sommario di cognizione tutti i procedimenti contro la discriminazione, ovvero, indistintamente, tutte le ipotesi di discriminazione sul lavoro, quella di genere, le discriminazioni per ragioni legate all’origine etnica e quelle che vedono come soggetto passivo le persone con disabilità. Sul punto, la stessa giurisprudenza ha sollevato molteplici dubbi, finendo con il chiarire che, in mancanza di espresse indicazioni fornite dal d.lgs. n. / in ordine ad una riserva di competenza in favore del giudice civile ordinario, « devono essere decise dal giudice del lavoro le controversie in materia di discriminazione che rientrano nelle previsioni dell’art. c.p.c. » . Le variazioni introdotte appaiono, dunque, come l’ennesimo tentativo di riordino del sistema processuale, operato senza porre mano ad una concreta riforma dei riti così accorpati e senza una reale valutazione della tutela derivante da tale presunta riunione. A ben vedere la specificità delle norme dettate per i singoli procedimenti crea un frazionamento di essi ben lontano dalla propugnata unificazione di cui ha già avuto modo di occuparsi la Corte costituzionale con la decisione gennaio , n. [in www.cortecostituzionale.it] e rappresenta l’ennesima « occasione persa per raggiungere risultati migliori » . . Vedi, sul punto, A. Carratta, La semplificazione dei riti civili: I limiti dello schema di decreto legislativo presentato dal governo, in www.treccani.it. . Trib. Roma, sez. lav., giugno , in Riv. Critica dir. Lav. , p. . . In Riv. dir. proc. , fascicolo , con nota di P. Sandulli. . Vedi sul punto F. Santangeli , Riordino e semplificazione dei procedimenti civili, Milano , p. . . Come cambia la tutela del lavoro: dal “collegato” alla “Fornero” .. Conclusione In conclusione le molteplici riforme intervenute sull’ordito originario del rito del lavoro e previdenziale hanno, in molti casi, finito con lo snaturarne il modello e non ne hanno aumentato la funzionalità spesso dilatando i tempi del giudizio. A distanza di quaranta anni dalla sua entrata in vigore () sarebbe auspicabile che il legislatore e la stessa applicazione giurisprudenziale restituiscano al rito la sua originaria efficacia, eliminando anche il discutibile assoggettamento del rito del lavoro al contributo unificato che dà vita ad un incomprensibile filtro di natura economica nei confronti della tutela del lavoro, filtro di dubbia costituzionalità . . Vedi, al riguardo, la decisione della Corte Costituzionale n. del dicembre , in Foro it. , I, c. . Capitolo II I nuovi requisiti per la proposizione dell’appello nel rito del lavoro I nuovi requisiti per la proposizione dell’appello nel rito del lavoro : .. Posizione del problema, – .. Il precedente testo del primo comma dell’articolo c.p.c., – .. I nuovi criteri dettati dalla legge n. del alla luce della prima giurisprudenza, – .. Il requisito delle “circostanze della violazione” contenuta nella sentenza di primo grado, – .. I nuovi requisiti per la proposizione dell’appello, – .. La nuova tecnica redazionale, – .. Conclusioni, . .. Posizione del problema Le due decisioni della Corte d’Appello di Roma del gennaio , e di quella di Salerno, del successivo febbraio , pongono, all’analisi della dottrina, le prime ipotesi di applicazione, da parte delle Corti di merito , del nuovo testo dell’articolo del codice di rito civile relativo alle modalità di formulazione del ricorso in appello in materia di lavoro (art. c.p.c.). Il testo del primo comma dell’articolo del codice di rito civile, formulato nel , dalla legge n. , affermava che “il ricorso deve contenere l’esposizione sommaria dei fatti ed i motivi specifici dell’impugnazione, nonché le indicazioni prescritte dall’art. ”. Il nuovo testo del primo comma nell’articolo , così come sostituito dall’art. , comma , lett. C bis, del d.l. giugno , n. , convertito nella legge del agosto , n. , così dispone: “il . Anche la sezione lavoro della Corte di appello di L’Aquila ha pronunciato, in data marzo , l’ordinanza numero (presidente e relatore Sannite), con cui ha dichiarato inammissibile una impugnazione proposta, avverso una sentenza del Tribunale di Lanciano, in quanto essa “non ha una ragionevole probabilità di essere accolta”. Processo civile: lavori in corso ricorso deve contenere le indicazioni prescritte dall’art.. L’appello deve essere motivato. La motivazione dell’appello deve contenere, a pena di inammissibilità: ) L’indicazione delle parti del provvedimento che si intende appellare e delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado; ) l’indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata”. Dalla novellata disposizione del codice, modulata sull’art. , rileva come il d.l. n. / ha previsto disposizioni che mirano a migliorare l’efficienza delle impugnazioni, al fine di ridurre la durata dei relativi giudizi., scaturiscono precisi e nuovi oneri relativi alla formulazione del gravame in capo all’appellante, in quanto il legislatore non si è limitato a codificare gli orientamenti più rigorosi della Suprema Corte circa la specificità dei motivi, ma ha disposto che l’appello sia circostanziatamente motivato, a pena di inammissibilità di esso. Le due decisioni emesse dalle Corti di merito, tra le prime ad essere state pronunciate, offrono, pertanto, validi spunti per individuare i necessari requisiti per ritenere il gravame utilmente proposto ed in grado di superare il vaglio dell’art. c.p.c. .. Il precedente testo del primo comma dell’articolo c.p.c. Al fine di comprendere la effettiva ampiezza della modifica, apportata nel , occorre muovere dall’analisi della giurisprudenza formatasi sul vecchio testo dell’articolo del codice di rito civile. Tale analisi ci condurrà a verificare se una parte della modifica normativa sia stata dettata, o no, dall’accoglimento delle conclusioni cui era pervenuta la giurisprudenza per supplire alla formulazione, estremamente laconica, del testo del circa la specificità del gravame, basata sul pedissequo recepimento del testo dell’art. , primo comma, relativo all’appello nel rito ordinario . Il tema della specificità aveva, in passato, orientato la giurisprudenza, originata sia dall’analisi dell’art. , che da quella dell’art. , fino . G. Balena, Le novità relative all’appello, in www.unife.it . P. Sandulli, Processo civile (lavori in corso): le nuove impugnazioni civili, in Riv. dir. priv. , p. . . I nuovi requisiti per la proposizione dell’appello nel rito del lavoro a giungere ad affermare che l’appellante è tenuto a fornire la dimostrazione della fondatezza delle singole censure mosse alle diverse soluzioni offerte dalla sentenza gravata . Tale soluzione della Suprema Corte, pur trovando una ferma opposizione della dottrina , in quanto la sentenza n. / stravolgeva completamente la precedente struttura delle impugnazioni , dopo la modifica normativa del ha assunto una notevole rilevanza. Invero, mentre in precedenza le specificità, non potendo essere determinate con classificazioni a priori, andavano valutate caso per caso , anche se il requisito non poteva mai dirsi soddisfatto quando l’appellante chiedeva la riforma della sentenza impugnata nella sua globalità , oggi i criteri di validità dell’appello vanno valutati alla luce del nuovo testo degli articoli e c.p.c. .. I nuovi criteri dettati dalla legge n. del alla luce della prima giurisprudenza Con la nuova formulazione del primo comma, sia dell’articolo , che del codice di rito civile, gli elementi richiesti, a pena di inammissibilità del gravame, sono ora molteplici ed attengono alla esatta individuazione delle parti della decisione di primo grado che si intende impugnare ed alla corretta ricostruzione del fatto rispetto a quello reso dalla sentenza gravata; inoltre, vengono richieste le circostanze che hanno prodotto la violazione della legge e la rilevanza di esse. Proprio da tale ultima prospettazione derivano le maggiori perplessità della dottrina circa la modifica normativa, in quanto non è chiaro cosa il legislatore abbia voluto intendere con il riferimento alle circostanze. . Cfr. Cass. S.U. dicembre , n. , in Foro It. , I, c. . . Vedi al riguardo la nota critica di G. Balena, R. Oriani, A. Proto Pisani, N. Rascio, in Foro It. , I, c. . . Sul punto, vedi: N. Rascio, Ancora sui motivi di appello il requisito della specificità e la conseguenza della violazione dell’articolo c.p.c. nella giurisprudenza della Suprema Corte, in Foro It. , I. c. . . Cfr. Cass. marzo , n. ; Cass. gennaio , in Foro it. , I, c. . . Vedi Cass. novembre , n. , in Giust. Civ. Mass. , p. . . Sulla correlazione tra specificità ed assolvimento della funzione del motivo vedi R. Poli, Il nuovo giudizio di appello, in Riv. dir. Proc. , I, p. ss. Processo civile: lavori in corso Le due decisioni annotate hanno tentato di dare soluzione alle nuove formulazioni dell’appello, per quanto riguarda il rito del lavoro. Chiarisce la decisione della Corte territoriale romana che “l’appello per superare il vaglio di ammissibilità di cui all’art. c.p.c. deve indicare espressamente le parti del provvedimento che vuole impugnare (profilo volitivo); per parti vanno intesi non solo i capi della decisione ma anche tutti i singoli segmenti (o se si vuole sottocapi) che la compongono quando assumano un rilievo autonomo (o di causalità) rispetto alla decisione; deve suggerire le modifiche che dovrebbero essere apportate al provvedimento con riguardo alla ricostruzione del fatto (profilo argomentativo); il rapporto di causa ad effetto fra la violazione di legge che è denunziata e l’esito della lite (profilo di causalità)”. Per rafforzare il concetto espresso, la Corte d’Appello di Roma ha ritenuto di dover chiarire che tale chiave di lettura è in grado di offrire una garanzia costituzionale alla norma, anche in ottica di ragionevole durata (art. cost.). Integrando l’orientamento prospettato dalla sentenza della Corte laziale, la decisione resa dalla Corte d’Appello di Salerno, ha posto l’accento sui vantaggi, in termini di tempo, che possono derivare dalla riforma sul giudizio di gravame, ritenendo che le modifiche apportate dall’art. c.p.c. consentono di verificare le facilitazioni e lo sveltimento per il lavoro del giudice dell’appello “potendo il decidente individuare, con immediatezza e senza studi defatiganti, sia le richieste tendenti ad un effetto demolitorio di precise parti della motivazione della decisione impugnata, sia le richieste, sorrette da specifica ed adeguata motivazione critica, tendenti con stretta corrispondenza anche espositiva ad un effetto sostitutivo e altrettanto “chirurgicamente” preciso di tali parti con quelle indicate dall’appellante, il che si armonizza anche con le funzionalità di editing redazionale consentite sul piano informativo dal processo civile telematico”. Come si vede, entrambe le pronunce si soffermano sul contenuto del punto numero dell’art. c.p.c. rilevando (in particolare quella della Corte territoriale campana) anche la forte analogia tra la novellata normativa ed il testo del § ZPO fino ad affermare che ci si trova . Anche se nella normativa italiana difettano i coefficienti di oggettività che, invece, caratterizzano il testo tedesco. . I nuovi requisiti per la proposizione dell’appello nel rito del lavoro in presenza di una ipotesi di “trapianto” della norma contenuta nel codice processual civilistico tedesco nel nostro codice di rito civile. Neppure una parola, invece, è stata dedicata, da entrambe le sentenze delle Corti di appello, alla ipotesi costruita dal legislatore con il numero due del primo comma sia dell’articolo , che dell’art. c.p.c. relativa alle “circostanze” da cui discende la violazione della legge. Tale omissione induce ad ulteriori riflessioni in materia. .. Il requisito delle “circostanze della violazione” contenuta nella sentenza di primo grado Come ricordato in precedenza, le due decisioni annotate non hanno fatto alcun riferimento al requisito, certamente più discusso dalla dottrina ; R. Caponi, L’appello nel sistema delle impugnazioni civili, in www.treccani.it , della dettagliata analisi delle circostanze che hanno determinato la ingiustizia (o la pretesa ingiustizia) della sentenza di primo grado. Tale mancato riferimento suggerisce due diverse linee di riflessione, da una parte può ritenersi che le due decisioni non abbiano fermato la loro attenzione sul tema delle “circostanze” in quanto lo hanno ritenuto assorbito dal dettagliato svolgimento del primo punto. In particolare, la Corte di Appello di Salerno chiarisce i requisiti essenziali, ai fini della sufficienza del gravame proposto, affermando: “che la norma obbliga l’appellante ad indicare, in primo luogo, le parti della sentenza delle quali chiede la riforma, nonché le modifiche richieste, sicchè è stato osservato che il lavoro assegnato al giudice d’appello appare alquanto simile ad un preciso e mirato intervento di ritaglio delle parti di sentenza di cui si imponga l’emendamento”; dunque, alla luce di tale prima opzione, il requisito delle “circostanze”, indicato dal punto , del primo comma dell’art. c.p.c. può dirsi completamente assorbito ed esaurito dal puntuale riferimento “demolitorio” della sentenza impugnata. Del resto le due sentenze, dalle quali è partita . Vedi sul punto C. Consolo, Nuovi ed indesiderabili esercizi normativi sul processo civile: le impugnazioni a rischio di svaporamento, in Il corriere giuridico , p. ; G. Costantino, Le riforme dell’appello civile e l’introduzione del “filtro”, in www.treccani.it Processo civile: lavori in corso la presente riflessione, ritengono che il vero portato della modifica normativa vada ricercato nella contrazione dei tempi del giudizio d’appello, anche in virtù dell’introduzione del filtro, operante anche per il rito del lavoro, secondo il disposto dell’articolo bis. Se, invece, si volesse dare autonoma valenza al dettato del punto del primo comma dell’articolo c.p.c. e non considerarlo — come fanno le due decisioni rese dalle Corti territoriali — meramente ancillare e specificativo del punto , allora, oltre agli oneri chiariti dalla Corti del merito, incomberebbe, alla parte appellante, anche un ulteriore peso ossia quello della ricerca delle circostanze che hanno determinato l’ingiustizia della sentenza, ma, in tal modo, si determinerebbe un’inconciliabile scissione tra le doglianze da proporre avverso la sentenza gravata e le cause che hanno determinato la ingiustizia della sentenza impugnata. Tale tesi appare poco convincente e notevolmente contraddittoria, tanto da non essere stata recepita dalle decisioni annotate anche se tale profilo — sia nell’uno che nell’altro caso — si è realizzato in maniera ermetica e non motivata. Tuttavia è da ritenere che la specificità delle circostanze debba essere fatta scaturire dalla puntuale analisi delle doglianze mosse avverso la sentenza di prime cure. .. I nuovi requisiti per la proposizione dell’appello In conclusione, dall’analisi dei testi delle due sentenze rese dalla Corte di Appello di Roma il gennaio e da quella di Salerno il primo febbraio , è possibile trarre utili elementi per valutare i requisiti necessari e sufficienti perché l’appello possegga i coefficienti minimi per essere ritenuto ammissibile, alla luce del novellato testo dell’art. c.p.c. Preliminarmente, va ricordata la logica che deve presiedere alla redazione del gravame, in virtù della quale è necessario che vi sia una intima connessione tra la esposizione del fatto e la stesura del diritto, avendo attenzione nel porre in essere la fase demolitoria della decisione impugnata, segnalando puntualmente tutti gli errori in cui è incorso il giudice di prime cure, operando, pertanto, quella “vivisezione” su cui effettuare l’intervento “chirurgico” ad opera dei giudici del gravame — come ha segnalato la Corte d’Appello di Salerno — i quali, . I nuovi requisiti per la proposizione dell’appello nel rito del lavoro in virtù di detto lavoro di natura demolitoria, trovano un ambiente favorevole per porre in essere la loro attività di ricostruzione della verità processuale operando la sostituzione dell’errato con ciò che determina invece la emanazione d una decisione corretta. Così operando risulterà, anche implicitamente, adempiuto il discutibile requisito della descrizione delle circostanze che hanno determinato, presso il giudice di primo grado, l’ingiustizia della sentenza. Tale schema, del resto, risponde alla sistematica precisata dalla Corte territoriale romana che ha chiarito che “è assai probabile che il giudice di appello riesca a pervenire, in tempi ragionevoli, alla definizione del processo” se i motivi del gravame “si conformeranno, in misura convincente, allo stilema dell’art. c.p.c.”. La costruzione dell’appello così attuata ha sufficienti elementi anche per superare il filtro di ammissibilità previsto dall’articolo –bis del codice di rito, per il processo del lavoro. .. La nuova tecnica redazionale La tecnica per la redazione del ricorso in appello deve essere completamente rielaborata alla luce delle nuove norme in tema di gravame di merito norme che se correttamente interpretate consentono alla parte ricorrente di giungere alla redazione del ricorso in appello attraverso una più intima consequenzialità tra fatto e diritto dove il corretto inquadramento del primo da vita ad una migliore valutazione delle inesattezza e/o ingiustizie in diritto di cui è macchiata la sentenza gravata. Detta tecnica deve tenere presenti le ulteriori difficoltà prodotte dal cosiddetto filtro dettato dagli articoli –bis e ter del codice di rito civile, filtro che come da più parti è stato rilevato non si basa come nel processo tedesco (§ ZPO) su di un criterio di manifesta infondatezza, ma ha individuato parametri assai più discrezionali e scivolosi perché non ancorati ad un dato oggettivo. Sono, infatti, i profili relativi al necessario superamento dell’ammissibilità dell’appello che debbono guidare il lavoro della parte ricorrente, . Vedi al riguardo per tutti, R. Caponi, La riforma dei mezzi di impugnazione, in Riv. trim. dir. proc. civ. , p. . Processo civile: lavori in corso la quale è tenuta ad offrire al giudice del gravame, non dotato (come la Corte di cassazione) di specifiche sezioni “filtro”, tutti gli elementi che consentono di far ritenere la fondatezza dell’appello e la sua completezza ai fini del perseguimento della valutazione, preliminare, circa la “ragionevole probabilità” dell’accoglimento del gravame . Inoltre, un’ulteriore considerazione deve guidare la redazione dell’atto di appello: tale rilievo va desunto dal nuovo testo del terzo comma dell’articolo ter c.p.c., che trova applicazione anche per il rito del lavoro, in base al dettato dell’art. –bis c.p.c. Come è noto, quando è pronunciata l’inammissibilità dell’appello, contro la sentenza di primo grado “può essere proposto, a norma dell’articolo , ricorso per cassazione”; tale circostanza deve suggerire, al fine di evitare eventuali ipotesi di acquiescenza (art. c.p.c.) o il formarsi di un giudicato interno, l’ampliamento della materia che deve essere posta alla base dell’appello e che eventualmente potrà divenire, in caso di dichiarazione di inammissibilità, anche oggetto del giudizio di Cassazione . .. Conclusioni L’inserimento del “filtro” nel giudizio d’appello, sia nel rito ordinario, che in quello del lavoro, ha, nelle intenzioni del legislatore del , la duplice valenza di razionalizzare la stesura del gravame, anche a fini dello snellimento dei tempi del giudizio (art. cost.), e quella di evitare che gli appelli manifestamente infondati appesantiscano i ruoli delle corti del merito. Tali obiettivi, però, rischiano di non essere perseguiti poiché il legislatore non è intervenuto sull’organico delle Corti d’appello e non ha dato vita a sezioni filtro, sulla base di quanto a suo tempo (d.lgs. /) disposto per la cassazione. La mancanza di detto strumento di selezione obbliga la Corte d’Appello nella sua composizione ordinaria (sia nel rito del lavoro, che in quello ordinario) ad un duplice esame che, nel tempo, può produrre un appesantimento . Cfr., sul punto Cass. S.U. febbraio , n. , in Guida al diritto , , p. . . In altra sede (cfr. P. Sandulli, Processo civile (lavori in corso): le nuove impugnazioni civili, cit. p. ) ho sostenuto che nei confronti dei vizi propri dell’ordinanza che dichiara l’inammissibilità dell’appello, decidendo del diritto alla difesa, è esperibile il ricorso per cassazione ex art. , settimo comma della Costituzione. . I nuovi requisiti per la proposizione dell’appello nel rito del lavoro del lavoro delle corti territoriali, allungandone ulteriormente i tempi del giudizio. Inoltre, non si comprende perché non si sia scelta la corsia preferenziale della sentenza immediata (sull’esempio di quanto accade nei giudizi amministrativi) per gli appelli manifestamente fondati. Capitolo III Il giudizio in Cassazione in materia di lavoro Alla luce delle modifiche introdotte dalla legge n. del e dalla legge n. del : .. Premessa, – .. La fase introduttiva, – .. La decisione, – .. Provvedimenti sulle spese, – .. La nuova formulazione del motivo di ricorso contenuto nell’art. c.p.c., – .. Art. d.lgs. n. / ed art. –bis c.p.c., . .. Premessa Il giudizio innanzi alla Corte di Cassazione è stato oggetto di due recenti modifiche da parte del Legislatore, inseritesi nel solco già tracciato dai precedenti interventi riformatori, a temporanea conclusione di un dibattito dottrinale avviato sin dalla fine degli anni ’ . Dette modifiche sono contenute in parte nella legge n. del ed in parte nella legge agosto n. , che ha dettato le “misure urgenti per la crescita del Paese”. Le modifiche contenute nella legge n. del , trovano applicazione, come precisato dalle disposizioni transitorie di cui all’art. della legge giugno , n. , per i giudizi instaurati in data successiva al luglio : con riferimento alla materia che ci occupa, tuttavia, il successivo art. ha precisato che le disposizioni sul giudizio in cassazione si attuano per le sentenze “depositate successivamente alla data di entrata in vigore della legge”, ovvero, dal luglio . Invece, la modifica apportata dall’art. della legge n. del , trova la sua applicazione per la proposizione dei ricorsi per cassazione relativi alle sentenze d’appello pubblicate, mediante deposito in . M. Stella Richter, “Problemi attuali della Corte di Cassazione”, in Riv. dir. proc., , p. . Processo civile: lavori in corso cancelleria, a partire dal ° giorno successivo a quello della data di entrata in vigore della legge, vale a dire dal settembre , essendo stata la legge n. pubblicata nella G.U. n. dell’ agosto . Tra le novità più importanti apportate dalla legge n. /, vi è da segnalare l’introduzione di un c.d. filtro di ammissibilità dei ricorsi, finalizzato al rafforzamento della funzione di nomofilachia della Corte: l’istituto (art. –bis c.p.c., correlato all’art. –bis Ord. Giudiziario), invero, non era previsto nell’originario testo del provvedimento (disegno di legge governativo ) ma è stato introdotto solo a seguito dell’accoglimento, nella terza lettura innanzi alla Camera, avvenuta in data aprile , di alcune proposte di emendamento. Il testo originario elencava, infatti, i casi in cui il ricorso poteva essere dichiarato ammissibile , ovvero: ) se il provvedimento impugnato aveva deciso su questioni di diritto in modo difforme da precedenti decisioni della Corte; ) se l’oggetto era una questione c.d. nuova, ovvero, se la Corte riteneva di dover fare chiarezza sul tema, in presenza di contrastanti orientamenti giurisprudenziali; ) quando appariva fondata la censura relativa a violazione dei principi regolatori del giusto processo; ) quando ricorrevano i presupposti per una pronuncia ai sensi dell’art. c.p.c. A ben vedere, la versione originale del disegno di legge prevedeva un’ulteriore ipotesi, legata alla presenza di una c.d. “doppia conforme”: il ricorso non poteva, infatti, essere ritenuto ammissibile ove proposto avverso la sentenza di appello che avesse confermato la pronuncia di primo grado. Tuttavia, alla luce delle molteplici riserve espresse sul disegno di legge ; C. Consolo, “La Cassazione “vertice immanente” non ambiguo ”, in Corr. Giur., , p. ; P. Sandulli “Un grido di allarme sul futuro del processo civile”, in Foro Romano, , p. ., tacciato di incostituzionalità sotto diversi profili, giacchè sembrava subordinare agli . G. Impagnatiello, “La Cassazione civile dopo la riforma: una nuova nomofilachia?”, in Giust. proc. civ., , p. . . R. Frasca, “Osservazioni critiche sul cd. filtro in cassazione attualmente in discussione al Parlamento”, in www.judicium.it . Consiglio nazionale forense, “Sul d.d.l. di riforma di norme del codice di procedura civile”, in www.cnf.it . Il giudizio in Cassazione, in materia di lavoro “umori” della Corte il giudizio sull’ammissibilità dell’impugnazione , le previsioni sono state ampiamente rivisitate e corrette. In particolare, sono state accolte le critiche mosse dalla stessa magistratura, che aveva sottolineato il rischio di alterazioni profonde sul piano sostanziale della tutela e su quello del ruolo istituzionale della Corte, chiamata a ricondurre nella categoria dell’ammissibilità — inammissibilità, quello che propriamente attiene all’ambito della manifesta fondatezza — infondatezza del ricorso . Inoltre il d.d.l. affidava la funzione di “filtro” ad un collegio composto di tre magistrati, seguendo un procedimento assai distante da quello dettato dall’art. –bis c.p.c. L’attuale disciplina prevede, invece, che sia il primo Presidente della Corte di cassazione ad affidare i ricorsi ad un’apposita sezione, formata da cinque magistrati, la quale dovrà effettuare un vaglio di ammissibilità, ad eccezione dei casi in cui lo stesso Presidente ritenga di doverli rimettere alle Sezioni unite . Nella versione attuale, dunque, il neo formulato art. –bis del codice di rito ha introdotto due nuove ipotesi di inammissibilità del ricorso in Cassazione , che vanno ad aggiungersi a quelle già normate dallo stesso codice: la prima si verifica ove la decisione impugnata sia conforme a precedenti, consolidati, orientamenti giurisprudenziali e la Corte non ravvisi, dall’esame dei motivi di ricorso, l’opportunità di discostarsene, ovvero di precisare od arricchire l’orientamento già manifestato . Il secondo caso di inammissibilità si verifica quando la censura dedotta sulla violazione dei principi regolatori del giusto processo, si . L’espressione è di G. F. Ricci, “Prime osservazioni sulle modifiche al giudizio di Cassazione introdotte dal d.d.l. bis”, in www.oua.it. . N. Taruffo, “Una riforma della cassazione civile?”, in Riv. trim. dir. e proc. civ., , p. . . Consiglio Superiore Magistratura, “ Parere sulle disposizioni in materia di riforma del codice di procedura civile, contenute nel d.d.l. –bis — Camera dei deputati — concernente le disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e perequazione tributaria”, Delibera del settembre . . F. Auletta, S. Boccagna, G. P. Califano, G. Della Pietra, G. Olivieri, N. Rascio, “Le norme sul processo civile nella legge per lo sviluppo economico, la semplificazione e la competitività”, Napoli, , p. . . F. Carpi “Il tormentato filtro al ricorso in cassazione”, in Corr. Giur., , p. . . C. Consolo, “Una buona novella al c.p.c.: la riforma del — con i suoi articoli –bis e –bis — va ben al di là della sola dimensione processuale”, in Corr. Giur., , p.. Processo civile: lavori in corso appalesa manifestamente infondata . Ove la sezione ritenga di poter definire il giudizio con ordinanza in camera di consiglio , per inammissibilità del ricorso ovvero per manifesta fondatezza o infondatezza dello stesso, depositerà una relazione in Cancelleria ed il Presidente fisserà la data dell’adunanza. I difensori delle parti in causa ed il pubblico ministero, ove necessario, avranno facoltà di depositare delle brevi memorie sino a giorni prima dell’adunanza e potranno chiedere di essere ascoltati. Nell’ipotesi in cui, al contrario, la sezione non ravvisi gli estremi per la decisione in camera di consiglio, rimetterà gli atti al Primo Presidente, che provvederà ad assegnare la causa alle sezioni semplici. La sezione assegnataria, tuttavia, non sarà assolutamente vincolata alla decisione preliminare della “sezione–filtro” , ben potendo, a sua volta, effettuare un vaglio sull’inammissibilità del ricorso. Da un primo esame, entrambe le ipotesi di inammissibilità sembrerebbero ancorate più ai singoli motivi di doglianza che all’impugnazione complessivamente considerata ed introducono, comunque, un rilevante fattore “discrezionale” nella decisione sui ricorsi. Inoltre, piuttosto che snellire l’attività giudiziaria, sembrerebbero averne reso ancor più farraginosi i meccanismi, avendo introdotto dei passaggi ulteriori tra le sezioni, rispetto a quelli vigenti. A ben vedere, dunque, piuttosto che introdurre meccanismi di nuova creazione, sarebbe stato più opportuno aderire ai suggerimenti forniti dal Consiglio superiore di magistratura, ovvero, procedere con una riforma sul piano organizzativo e non processuale, prevedendo un aumento del relativo organico e l’adozione di nuovi criteri di selezione dei giudici di cassazione, disancorati dal criterio della sola anzianità. . C. Mandrioli, A. Carratta, “Come cambia il processo civile”, Torino, , p. . . “È costituzionalmente illegittimo l’art. — bis, comma , c.p.c. (come modificato dall’art. d.lgs. n. del ), nella parte in cui non prevede l’esperibilità del rimedio della revocazione per errore di fatto, ai sensi dell’art. , comma , n. c.p.c., per le ordinanze pronunciate dalla Corte di cassazione a norma dell’art. , comma , n. , dello stesso codice”, Corte cost., luglio , n. , in Giust. civ. Mass., , , p.. . A. Briguglio, B. Capponi (a cura di), “Commentario alle riforme del processo civile”, Padova, , vol. III, tomo I, p. . . C. Consolo, “Una buona novella al c.p.c.: la riforma del — con i suoi artt. –bis e –bis — va ben al di là della sola dimensione processuale”, in Corr. Giur., , p. . . Cfr nota n. . . A. Proto Pisani, “Sulla garanzia costituzionale del ricorso per cassazione sistematicamente . Il giudizio in Cassazione, in materia di lavoro Al più, sarebbe stato utile valutare la possibilità di sopprimere il giudizio di appello, così come consentito dalla stessa Carta costituzionale, senza dover limitare oltremodo l’accesso al giudizio di Cassazione che, al contrario, è costituzionalmente garantito dall’art. . In questa breve ricostruzione delle modifiche apportate al giudizio in Cassazione, merita segnalazione anche l’intervenuta abrogazione dell’art. –bis c.p.c., peraltro di recente introduzione (), con il quale era stata prevista la formulazione di appositi “quesiti” di diritto da sottoporre alla Corte, a conclusione di ciascuna doglianza mossa nel ricorso, ovvero l’indicazione del fatto controverso, con riferimento al vizio di cui all’art. , n. , c.p.c. . Invero, la citata disposizione, seppur all’inizio aveva incontrato la diffidenza di molti operatori del diritto, anche grazie ai successivi “chiarimenti” forniti dalla stessa Corte di cassazione , sembrava aver prodotto risultati incoraggianti in termini di riduzione del carico di lavoro per i magistrati. Gli operatori stavano, infatti, imparando che “una formulazione del quesito idonea alla sua funzione richiede che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso, la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed averne indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto, formulato in modo tale da circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto”. Quanto al vizio di motivazione, poi, per costante giurisprudenza era divenuto chiaro che “esso deve indefettibilmente contenere la sintetica e riassuntiva indicazione: a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre ad una diversa decisione; c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria”. La ratio della norma risiedeva, infatti, nella possibilità che la lettura del ricorso fosse più agevole, così da consentire la pronta identificazione delle questioni da risolvere, nella prospettiva di una decisione rapida; lo sforzo in più, richiesto ai difensori della parti, veniva dunque ripagato dal raggiungimento della “ragionevole durata del processo”. interpretata”, in Foro it., , , V, c. . . S. Raiti, “Note esegetiche a prima lettura sul “filtro” in cassazione secondo la legge di riforma al codice di rito civile n. del giugno ”, in www.judicium.it. . Ex multis, Cass. civ, S.U., marzo , n. in Foro it., , I, c. , con nota di R. Caponi; Cass. civ., sez. III, luglio , n. , in Ilsoleore, Lexrepertorio, . Processo civile: lavori in corso Per quanto in questa sede interessa, valga ricordare che non è stato oggetto di modifica l’istituto, anch’esso di recente introduzione, dell’accertamento pregiudiziale sull’efficacia, validità ed interpretazione dei contratti ed accordi collettivi, previsto dall’art. –bis c.p.c. Con l’art. del d.lgs. febbraio , n. , infatti, è stato esteso il sindacato diretto della Corte sull’interpretazione ed applicazione dei contratti collettivi nazionali di diritto comune, ampliando la previsione del n. dell’art. c.p.c. Invero, la previsione già esisteva nel nostro ordinamento, seppur limitata al settore dell’impiego pubblico: ricordiamo, infatti, che l’art. del d.lgs. marzo , n. (“Nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell’art. , comma , legge marzo , n. ”) aveva disposto l’inserimento “dopo l’art. del d.lgs. febbraio , n. ”, di un articolo –bis che, articolato in commi, enucleava la disciplina dell’accertamento pregiudiziale. La norma, in seguito alla privatizzazione del pubblico impiego, era stata trasfusa nel t.u. n. / (“Norme generali sull’ordinamento . A. Carratta, “Commento all’art. bis”, in AA. VV., “Le recenti riforme del processo civile”, (a cura di) S. Chiarloni, Bologna, , p.. . “Sono infondate le q. l. c. dell’art. , commi , , d.lgs. /. In particolare, è infondata la questione relativa all’art. , comma — censurato in riferimento all’art. cost. per l’ingiustificata disparità della disciplina processuale applicabile al pubblico dipendente rispetto al lavoratore privato, nonostante la tendenza alla “omogeneizzazione” di tutto il lavoro dipendente — in quanto la disposizione tiene conto della peculiarità del contratto collettivo nel pubblico impiego, le quali rendono evidente l’impossibilità di ritenere a priori irrazionali le peculiarità della disciplina del processo in cui quel contratto collettivo — ben diverso da quelli cosiddetti di diritto privato — deve essere applicato. È infondata altresì la questione concernente l’art. comma — censurato in riferimento all’art. cost. perché la sua macchinosità, con l’arresto del processo per giorni, lo renderebbero incompatibile con la tutela cautelare — in quanto prevede una valutazione del giudice richiesto i una misura cautelare la cui natura sommaria è ben compatibile con una (anteriore, coeva o successiva) rimessione della questione interpretativa all’ARAN ai fini della (successiva) decisione di merito. È infondata, infine, la q.l.c. dell’art. comma — censurato in riferimento agli art. e cost. in quanto impone al giudice, ove non intervenga l’accordo tra l’ARAN e le organizzazioni sindacali, di “emettere una sentenza non definitiva su un determinato profilo della controversia, privandolo di ogni valutazione discrezionale sull’opportunità di rinviare ogni decisione al definitivo” — dal momento che prevede un meccanismo certamente in sintonia con lo scopo perseguito dalla legge delega e con il generale contesto normativo che quello scopo ha suggerito: il principio fissato “in subiecta” materia è stato, infatti, del tutto adeguatamente tradotto dal legislatore delegato in una disciplina che, in presenza di una (ovviamente serie) questione interpretativa, fa della controversia individuale — sia pure attraverso un modesto “sacrificio” per il . Il giudizio in Cassazione, in materia di lavoro del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) ed ha finito per rappresentare il modello cui si è ispirato il Legislatore del , che ne ha esteso l’applicabilità al settore privato. È stata assunta a fonte di diritto — seppur ai soli fini processuali — anche la contrattazione collettiva ed esteso il sindacato relativo agli errores in procedendo; in passato, invece, i contratti dell’impiego privato potevano essere impugnati solo per motivi di carattere ermeneutico . Dunque, nonostante la Corte costituzionale avesse fugato ogni dubbio sulla disparità di trattamento tra dipendenti pubblici e privati, il Legislatore ha preferito uniformarne la disciplina precisando comunque che, ove il ricorso sia finalizzato a sottoporre alla Corte il sindacato sui contratti collettivi, dovrà chiaramente indicarne gli estremi e contenerne, in allegato, una copia. Ciò, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso ed a conferma di come i citati contratti non possano essere annoverati tra le fonti di diritto le quali, come noto, soggiacciono al principio “ iura novit curia” . Sempre in tema di violazione e falsa applicazione di contratti o singolo lavoratore — l’occasione per pervenire ad una definitiva, perché potenzialmente generale, soluzione della questione e, quindi, alla rimozione erga omnes della situazione di incertezza posta in evidenza dalla controversia; senza, peraltro, che ciò, nell’esercizio della discrezionalitàlegislativa, costituisca uno spreco di attivitàgiurisdizionale o provochi una non ragionevole, e quindi iniqua, durata del processo”; Corte cost., giugno , n. , in Giur. cost. , p. . . “I contratti collettivi del settore pubblico (come pure, successivamente, quelli del settore privato) sono stati equiparati agli atti normativi ai soli fini processuali dell’ammissibilità della denuncia di violazione e falsa applicazione di clausole nel ricorso per cassazione (art. , comma , d.lgs. n. / e, poi, art. , comma , n. , c.p.c., nel testo novellato dal d.lgs. n. /), senza che ne sia stata alterata, sul piano sostanziale, la natura di atti negoziali. Conseguentemente, è manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale avverso una clausola di contratto collettivo, potendo l’incidente di costituzionalità essere proposto soltanto nei confronti di atti aventi forza di legge”, Cass. civ., sez. un., luglio , n. , in Giust. civ. Mass. , , p. . . “Nell’interpretazione di una norma contrattuale, com’è quella contenuta in un contratto collettivo di diritto comune — operazione che si sostanzia in un accertamento di fatto, come tale riservato al giudice di merito ed incensurabile in cassazione se non per vizi attinenti ai criteri legali di ermeneutica o ad una motivazione carente o contraddittoria — occorre far riferimento in via prioritaria al criterio fondato sul significato letterale delle parole, di cui all’art. cod. civ. e, solo ove il dato letterale della norma possa risultare ambiguo, può farsi ricorso agli altri canoni strettamente interpretativi (art. — cod. civ.) e, in caso di insufficienza, a quelli integrativi (artt. — cod. civ.)”, Cass., sez. lav., giugno , n. . . R. Tiscini, “Art. — Sentenze impugnabili e motivi di ricorso”, in “Commentario alle riforme del processo civile”, (a cura di ) A. Biguglio, B. Capponi, Milano, , p. . Processo civile: lavori in corso accordi collettivi nazionali di lavoro, oltre che di norme di diritto, con la recente riforma è stata introdotta la possibilità di formulare ricorso per saltum contro le sentenze di primo grado (art. , comma , c.p.c.), ove vi sia accordo tra le parti, risultante da atto sottoscritto personalmente dalle stesse, ovvero dal difensore munito di procura speciale , ed avente data certa. A conclusione di questa breve premessa, nella quale si è tentato di schematizzare le innovazioni al giudizio in Cassazione, apportate nel corso dell’ultima legislatura, si segnala la novità introdotta dall’art. c.p.c., in tema di pronuncia a sezioni unite , che si salda con la disposizione prevista dall’art c.p.c. .. La fase introduttiva In mancanza di disposizioni speciali, al giudizio di cassazione in materia di lavoro si ritengono applicabili, per quanto compatibili, le norme previste per il rito ordinario. La competenza a decidere è tuttavia riservata, ai sensi dell’art. della legge agosto , n. , ad apposita sezione “incaricata esclusivamente della trattazione delle controversie di lavoro e di quelle in materia di previdenza ed assistenza, che giudica col numero invariabile di votanti”. L’atto introduttivo del giudizio deve assumere la forma del ricorso, i cui elementi sono indicati nell’art. c.p.c. e, giuste le nuove disposizioni introdotte dal Legislatore, i motivi di doglianza potranno essere esclusivamente quelli previsti dalla nuova formulazione dell’art. , così come ridotta, circa il punto n. , dalla legge n. del . Ulteriore elemento, a pena di inammissibilità, è rappresentato dalla sottoscrizione da parte di un legale che sia abilitato al patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori, munito degli appositi poteri , conferiti . “L’accordo diretto all’immediata impugnazione in sede di legittimità della sentenza di primo grado costituisce un negozio giuridico processuale, quantomeno sotto il profilo della rilevanza della manifestazione di volontà dei dichiaranti, il cui e ffetto è quello di rendere non appellabile la sentenza oggetto dell’accordo; pertanto, qualora detto accordo non sia stato concluso dalle parti o dai loro difensori muniti di procura speciale, il ricorso per cassazione proposto per saltum deve essere dichiarato inammissibile”, Cass. civ., s.u., luglio , n. , in Giur. it., , c. . . A. Proto Pisani, “Novità nel giudizio civile di cassazione”, in Foro it., , V, c. . . “In tema di spese giudiziali, configura ipotesi di colpa grave — tale da legittimare l’irrogazione, a carico del soccombente, dell’ulteriore somma di cui all’art., comma , c.p.c., introdotto . Il giudizio in Cassazione, in materia di lavoro a mezzo di procura speciale rilasciata in data successiva alla sentenza impugnata . Il ricorso, quindi, andrà notificato alla controparte e, nei giorni successivi, depositato in cancelleria secondo un procedimento contrario a quanto si potrebbe ictu oculi pensare, con riferimento al termine ricorso: infatti, la contraddizione terminologica ha un’origine storica perché, in passato, il ricorso in cassazione era un mezzo di impugnazione straordinario, che rappresentava una “supplicatio” all’organo supremo . La controparte, a sua volta, potrà costituirsi in giudizio a mezzo di controricorso, anch’esso da notificare al ricorrente e, successivamente, da depositare in cancelleria, ed all’interno del quale potrà proporre impugnazione incidentale. Sia il ricorso introduttivo che il controricorso, dovranno rispettare il principio di specificità ed autosufficienza , sanciti dall’art. , n. dal d.lgs. n. del — l’aver proposto ricorso per cassazione a mezzo di un difensore privo di procura speciale (richiesta testualmente dall’art. c.p.c.) ed agente in forza di una procura generale, rilasciata anteriormente alla data di emanazione della sentenza impugnata, stante il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui è indispensabile la posteriorità della procura”, Cass. civ., sez. un., febbraio , n. , in Giust. civ. Mass., , p. . . “La procura per il ricorso per cassazione ha, ex art. c.p.c., carattere necessariamente speciale, dovendo riguardare il particolare giudizio di legittimità sulla base di una specifica valutazione della sentenza da impugnare, per cui tale procura è valida solo se rilasciata in data successiva alla sentenza impugnata; né può ritenersi sufficiente, con riguardo alle controversie soggette al rito del lavoro, la mera lettura in udienza, in epoca anteriore al rilascio della procura, del dispositivo della sentenza, dovendosi ritenere la previsione di cui all’art. c.p.c. — in base al quale può essere proposto l’appello contro le sentenza di primo grado ove l’esecuzione sia iniziata prima della notificazione della sentenza — norma eccezionale, in suscettibile di applicazione analogica”, Cass. civ., sez. lav., giugno , n. , in Giust. civ. Mass., , p. . . F. P. Luiso “Diritto processuale civile”, Milano, , tomo II, p. . . “Nel giudizio in cassazione, il controricorso deve essere notificato alla controparte ai sensi dell’art. c.p.c., non potendosi considerare sufficiente il mero deposito presso la corte perché l’atto possa svolgere la sua funzione di strumento di attivazione del contraddittorio rispetto alla parte ricorrente, la quale, solo avendone acquisito legale conoscenza, è in condizioni di presentare le sue osservazioni nelle forme ex art. c.p.c.; ne consegue che, ove la notifica sia stata omessa, l’atto non è qualificabile come controricorso e la procura speciale, rilasciata in calce od a margine allo stesso, non è valida, dovendosi ritenere priva di efficacia l’autenticazione del difensore, il cui potere certificativi è limitato agli atti specificamente indicati nell’art. , comma , c.p.c., e al quale ,pertanto, resta preclusa la partecipazione alla discussione del ricorso”, Cass. civ., sez. lav., settembre , n. , in Giust. civ. Mass., , p. . . “La parte che denuncia, in sede di legittimità, il difetto di motivazione su un’istanza di ammissione di un mezzo istruttorio o sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie e processuali, ha l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto Processo civile: lavori in corso , c.p.c. e, trattandosi di mezzo di impugnazione privo di effetto devolutivo ed a critica vincolata, dovranno essere chiaramente esposti sia i motivi di doglianza, sia gli atti richiamati . In particolare, ove il gravame si fondi su contratti o accordi collettivi, essi andranno depositati in cancelleria, unitamente al ricorso, a pena di improcedibilità dello stesso; ciò perché, come è stato poc’anzi chiarito, i contratti e gli accordi in questione non sono equiparabili alle norme di legge e, pertanto, non rispondono al principio iura novit curia. Al contrario, in materia di rapporto di impiego pubblico , atteso che i contratti vengono stipulati dall’Aran e dalle confederazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale, anche alla luce dell’art. , comma II, del d.lgs. n. /, non è necessaria la produzione in giudizio, poiché si annoverano tra le fonti del diritto . del documento trascurato o erroneamente interpretato dal giudice di merito, al fine di consentire il controllo della decisività dei fatti da provare e, quindi, delle prove stesse, dato che questo controllo, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, deve poter essere compiuto dalla corte di cassazione sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative”, Cass. civ., sez. lav., luglio , n. , in Red. Giuffrè, . . “Nel nome del principio di specificità e autosufficienza del ricorso per cassazione, la parte che denuncia l’erronea interpretazione di un atto di autonomia privata deve riportarlo integralmente, perché non è consentito ai giudici di legittimità — per i limiti propri della funzione ad essi attribuita — di procedere alla ricerca e all’esame del contenuto dei fascicoli di parte, al di fuori delle ipotesi di denuncia di “error in procedendo”. In particolare, sulla parte che denuncia la violazione delle regole di ermeneutica contrattuale grava anche l’onere, al di là dell’indicazione degli articoli di legge in materia, di fornire specifica dimostrazione del modo in cui il ragionamento del giudice di merito abbia deviato dalle regole stesse; ai fini dell’ammissibilità del ricorso, infatti, non è idonea la mera trascrizione di massime giurisprudenziali in materia, senza una specifica esposizione ed un’esauriente dimostrazione delle ragioni per le quali il giudice di merito, nel pervenire alle conclusioni esposte nella sentenza impugnata, abbia operato in contrasto con i principi stabiliti nelle massime stesse”, Cass. civ., sez. lav., maggio , n. , in Diritto e Giustizia, . . A. Vallebona “Le questioni di interpretazione, validità ed efficacia dei contratti collettivi nazionali del settore pubblico”, in Giust. civ., , II, p. . . Contra, Cass. civ., sez. lav., maggio , n. : “In Considerazione della natura contrattuale delle clausole dei contratti collettivi del settore pubblico ed in mancanza di una previsione legislativa in tal senso, non può trovare applicazione alle norme contenute nelle suddette clausole il principio iura novit curia; tuttavia, nell’interpretazione di tali clausole, la Corte di cassazione non può essere condizionata dal comportamento delle parti che abbiano riprodotto in tutto o in parte le clausole da interpretare, potendo ricercarle aliunde, al pari di tutte le altre norme contrattuali ritenute utili alla interpretazione, nei limiti del fascicolo processuale nella sua interezza e, dunque, dei documenti prodotti dinanzi al giudice di merito o dallo stesso acquisiti ”, in Giust. civ., , I, p. . . Il giudizio in Cassazione, in materia di lavoro Nell’ipotesi di ricorso c.d. per saltum, agli atti di causa deve essere allegato anche l’accordo delle parti finalizzato all’omissione dell’appello. Come anticipato nel precedente paragrafo, i recenti interventi legislativi hanno abolito la regola introdotta con il d.lgs. n. /, secondo la quale ciascun motivo di gravame doveva concludersi, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto o, nel caso descritto al punto n. dell’art. , con l’indicazione del “fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione”. La disposizione, ispirata dalla volontà che il ricorso fosse da subito orientato verso la formulazione di un principio di diritto, è stata infatti abrogata dall’art. , comma , lettera d), della legge n. /, la quale ha sostituito il filtro — quesito, con il filtro — sezione, spostando, dunque, sulla magistratura il compito di provvedere allo sbarramento selettivo dei ricorsi, secondo il criterio della “meritevolezza”. Ciò non esclude, tuttavia, che le parti debbano formulare il ricorso in cassazione esclusivamente per i motivi di cui all’art. c.p.c. La proposizione del gravame non ha effetto sospensivo della sentenza impugnata, pertanto, ove dall’esecuzione della decisione di appello o di quella emessa in unico grado, possa derivare un danno grave ed irreparabile, la parte dovrà rivolgere apposita istanza di sospensione al giudice a quo , e non alla Corte di legittimità, secondo il dettato dell’art. c.p.c. . “Il ricorso per cassazione con il quale si facciano valere vizi di violazione di legge o di contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, impugnata a norma dell’art. , n. , c.p.c., deve contenere,in ossequio al disposto dell’art –bis c.p.c., almeno un quesito per ogni motivo o censura; tuttavia, laframmentazione di un unico motivo in una pluralità di quesiti non determina di per sé l’inammissibilità del ricorso, allorquando il giudice sia in grado di ridurre ad unità i quesiti formulati, attraverso una lettura che sia agevole ed univoca, per la chiarezza del dato testuale. Il rapporto corrente tra il motivo del ricorso ed il relativo quesito è assimilabile a quello che sorregge, in termini analoghi a quelli che caratterizzano la valutazione della corrispondenza tra motivazione e dispositivo della sentenza”, Cass. civ, sez. lav., settembre , n. . . C. Mandrioli “Diritto processuale civile”, Torino, , tomo II, p. . Processo civile: lavori in corso .. La decisione Come per il rito ordinario, anche in quello del lavoro la fase di istruzione della causa è assente, operando, invece, il principio dell’impulso d’ufficio: dopo il deposito degli atti, la causa verrà discussa in pubblica udienza dai difensori delle parti, innanzi ad un collegio composto di magistrati. Con le recenti modifiche introdotte dal Legislatore, a ben vedere, la causa potrà essere discussa innanzi al collegio, solo nell’ipotesi in cui abbia superato un duplice vaglio: il primo, ad opera della c.d. sezione filtro, la quale è chiamata svolgere un giudizio preliminare di verifica della possibilità di definire la causa in “forma semplificata”, ovvero con pronuncia in camera di consiglio , al verificarsi delle condizioni di cui all’art. , primo comma, numeri e (inammissibilità del ricorso principale e di quello incidentale, anche per mancanza dei motivi di cui all’art. c.p.c.; manifesta fondatezza o infondatezza). Il secondo, da parte delle sezione assegnataria la quale, a sua volta, dovrà preliminarmente valutare la sussistenza delle circostanze descritte dai punti ) e ) del medesimo articolo (ordine di integrazione del contraddittorio, ex art. c.p.c.; di notifica dell’impugnazione nelle cause scindibili, ex art. c.p.c.; di estinzione del processo, tranne nell’ipotesi di rinuncia), in presenza della quali procedere in camera di consiglio. Solo dopo aver superato entrambe le valutazioni, la causa potrà essere discussa in pubblica udienza, all’esito della quale la Corte si ritira in camera di consiglio, per deliberare la sentenza. Il contenuto della decisione potrà essere di rigetto, ove le censure formulate dalle parti siano ritenute infondate, ovvero di accoglimento, con cassazione della sentenza impugnata. In tale ultima ipotesi, seguirà necessariamente un’ulteriore fase rescissoria che dovrà condurre ad una nuova decisione sulla controversia, previa esclusione della presenza di vizi dei presupposti processuali (cassazione senza rinvio). Ed infatti, ove la pronuncia impugnata presenti degli errori, la causa . L. F. Di Nanni, “La decisione in camera di consiglio”, in “Il nuovo giudizio di cassazione”, (a cura di) G. Ianniruberto, U. Morcavallo, Milano, , p. . . Il giudizio in Cassazione, in materia di lavoro sarà rimessa al giudice del merito , se sono necessari ulteriori accertamenti di fatto; in caso contrario, sarà la stessa Corte di cassazione ad annullare la sentenza ed a sostituirla con una nuova decisione , divenendo giudice sia del rescindente che del rescissorio. Quando il ricorso sia stato formulato ai sensi dell’art. , primo comma, n. , la Corte sarà, inoltre, chiamata ad enunciare un principio di diritto , come pure nel caso in cui abbia risolto una questione di diritto di particolare importanza, secondo la nuova formulazione dell’art c.p.c. L’istituto in esame, trae origine dal codice del ove l’enunciazione del principio era diretta esclusivamente al giudice del rinvio, che doveva uniformarsi al dettato della corte di legittimità ; oggi, essa ha assunto un carattere “universale” , la cui portata sembrerebbe dover essere equiparata a quella delle massime . Nelle controversie di lavoro, in particolare, la soluzione fornita dalla Corte su di una questione che riguarda l’efficacia, validità o interpretazione delle clausole di un contratto o accordo collettivo nazionale, sarà vincolante per gli altri giudici non nel merito, piuttosto, nel rito . . F. Cipriani, “Contro la cassazione con rinvio”, in Foro it., , I, c. . . M. De Cristofaro, “La cassazione sostitutiva sul merito”, in Riv. trim. dir. e proc. civ., , p. . . V. Andrioli, “Il principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione”, in Riv. dir. proc., , I, p. . . A. Panzarola, “La Cassazione civile giudice del merito”,Torino, , p. . . “A norma dell’art. , comma , c.p.c. — come novellato dall’art. d.lgs. febbraio , n. — se le parti non possono, nel loro interesse e sulla base della normativa vigente, investire la Corte di cassazione di questioni di particolare importanza in rapporto a provvedimenti giurisdizionali non impugnabili, e il P.g. presso la stessa Corte non chieda l’enunciazione del principio di diritto nell’interesse della legge, le Sezioni Unite della Corte — chiamate comunque a pronunciarsi su tali questioni su disposizione del primo presidente — dichiarata l’inammissibilità del ricorso, possono esercitare d’ufficio il potere discrezionale di formulare il principio di diritto concretamente applicabile. Tale potere, espressione della funzione di nomofilachia, comporta che — in relazione a questioni la cui particolare importanza sia desumibile non solo dal punto di vista normativo, ma anche da elementi di fatto — la Corte di cassazione possa eccezionalmente pronunciare una regola di giudizio che, sebbene non influente nella concreta vicenda processuale, serva tuttavia come criterio di decisione di casi analoghi o simili”, Cass. civ., sez. un., dicembre , n. , in Giust. civ., , p. . . M. Bove, “La decisione nel merito della corte di cassazione dopo la riforma”, in “Il giusto processo civile”, , p. . . F. P. Luiso, nota cit. Processo civile: lavori in corso Invero, l’interpretazione suggerita dalla Corte ha un’efficacia peculiare nel giudizio di merito: il giudice innanzi al quale si proponga la medesima questione, tra parti diverse, infatti, potrà accettare la soluzione, ovvero, discostarsene. Nell’ipotesi di dissenso, il giudicante sarà tenuto a giustificare tale sua diversa opinione e ad emettere una sentenza che si limiti a decidere sulla questione interpretativa; avverso tale pronuncia potrà essere esperito ricorso in cassazione. .. Provvedimenti sulle spese Oltre a decidere sulle questioni proposte, la corte provvede anche sulle spese: se rigetta il ricorso, condanna il ricorrente alle spese mentre, se lo accoglie, potrà disporre in ordine alle stesse, o rimettere la questione al giudice del rinvio . Con la novella del , l’art. c.p.c. ha subito una parziale modifica, essendo stato abrogato il punto n. , che disponeva : “quando . “Spetta alla Corte di cassazione adita in sede di ricorso contro la sentenza di appello del giudice di merito pronunciarsi, ai sensi dell’art. c.p.c., con la sentenza di rigetto, sul diritto al rimborso delle spese processuali affrontate dalla parte vittoriosa per resistere all’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza impugnata, proposta in virtù dell’art. c.p.c., i cui ati relativi al conseguente procedimento incidentale sono producibili ai sensi dell’art. c.p.c., non potendo essere allegati anteriormente alla proposizione del ricorso, che costituisce il presupposto logico temporale del suddetto procedimento”, Cass. civ., sez. III, marzo , n. , in Red. Giust. civ. Mass., , p. . . “Con esclusione del caso di accoglimento del ricorso con rinvio al giudice di merito — competente alla liquidazione delle spese anche per la fase del giudizio di cassazione — nel giudizio di legittimità può essere chiesta alla corte di cassazione anche la liquidazione delle spese sostenute, davanti al giudice di appello, per lo svolgimento della procedura di sospensione dell’esecuzione della sentenza ai sensi dell’art c.p.c.; tuttavia, affinché sia rispettato il principio del contraddittorio, tale richiesta è esaminabile a condizione che l’interessato produca, nei termini di cui all’art. , coma , c.p.c., una specifica e documentata istanza, comprensiva dei relativi atti, in modo da offrire alla controparte la possibilità di interloquire sul punto ”, Cass. civ., sez. III, febbraio , n. , in Giust. civ. Mass. , p. . . “Nel giudizio in cassazione configura un’ipotesi di colpa grave tale da legittimare l’irrogazione, a carico del soccombente, dell’ulteriore somma di cui all’art. , comma IV, c.p.c., aggiunto dalla legge n. del , il caso del ricorrente che, oltre ad omettere negligentemente la formulazione dei quesiti di diritto, si sia limitato a riproporre le questioni di merito precedentemente dedotte, senza cogliere le rationes decidendi e reiterando censure del tutto generiche ed inidonee a configurare i profili di erroneità della sentenza impugnata”, cass. civ., sez. I, febbraio , n. , in Giust. civ. Mass., , p. . . Il giudizio in Cassazione, in materia di lavoro pronuncia sulle spese, anche nelle ipotesi di cui all’articolo , la Corte, anche d’ufficio, condanna, altresì, la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma, equitativamente determinata, non superiore al doppio dei massimi tariffari, se ritiene che essa ha proposto il ricorso o vi ha resistito anche solo con colpa grave”. Detto ultimo comma, invero, era stato introdotto solo nel , al precipuo fine di produrre un effetto deflativo del carico di lavoro della Corte, attraverso il meccanismo delle sanzione pecuniaria per la proposizione di ricorsi infondati o, comunque, pretestuosi ed a prescindere dai criteri sanciti dall’art. c.p.c. La successiva abrogazione, tuttavia, non deve essere letta come ripensamento, piuttosto, va ricollegata all’intervenuta modifica dell’art. c.p.c. la quale, ampliando l’abito di applicazione della condanna per lite temeraria, ha addirittura esteso ad ogni stato e grado del processo, la previsione originariamente sancita per il solo giudizio in cassazione. .. La nuova formulazione del motivo di ricorso contenuto nell’art. c.p.c. La legge n. del , nel convertire con modificazioni il decreto legge del giugno n. , ha specificato che il punto n. del primo comma dell’art. del codice di rito civile, è stato sostituito nel seguente modo “. Per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”. In tal modo il legislatore ha recuperato una formulazione del punto n. dell’art. c.p.c. assai simile, per non dire identica , a quella contenuta nell’originario codice del entrato in vigore il aprile . Vengono meno, in tal modo, i riferimenti alla insufficiente o contraddittoria motivazione, in precedenza contenuti (sin dal ) nel testo del punto n. dell’art. . La dottrina . ha posto in rilievo la circostanza che tale nuova formulazione del punto n. del primo comma dell’art. fa venir meno il controllo di logicità circa la sentenza emanata dal giudice di . C. Consolo “Spiegazioni di diritto processuale civile”, Padova, , II, p. . . Il testo del si riferiva al “omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”. . Vedi, sul punto, A. Carratta, Giudizio di Cassazione e nuove modifiche legislative: ancora limiti al controllo di legittimità, in www.treccani.it Processo civile: lavori in corso appello, non potendosi più esercitare attraverso tale motivo di ricorso le verifiche relative alla consequenzialità della sentenza gravata. Nel capitolo secondo della prima parte si è però affermato come tale controllo non sia venuto meno ma imponga ai ricorrenti la necessità di calare le ipotesi di gravame all’interno dei motivi previsti dal punto n. e dal punto n. del primo comma dell’art. del codice di rito civile. Tale sforzo ricostruttivo è oggi richiesto anche per quanto riguarda il ricorso per cassazione in materia di lavoro che dovrà, per le sentenze depositate dopo la data dell’ settembre , far riferimento ai motivi di doglianza previsti dai punti (errores in indicando) e (errores in procedendo) al fine di poter recuperare la possibilità di un controllo ad opera della Suprema Corte sulla logicità della pronuncia gravata; restando il disposto del punto n. il solo controllo relativo alla omessa pronuncia. .. Art. d.lgs. n. / ed art. –bis c.p.c. Al fine di completare la disamina della disciplina applicabile al giudizio in cassazione, per le controversie in materia di lavoro, con particolare riferimento alle novità introdotte dal legislatore, nell’ultimo triennio, risulta opportuno rivolgere l’attenzione al tema delle questioni di “efficacia, validità ed interpretazione dei contratti collettivi”. La recente introduzione dell’art. –bis c.p.c. ha, infatti, esteso al settore del privato , il procedimento previsto dall’art. del d.lgs. /, in materia di impiego pubblico . Presupposto fondamentale per la sua applicazione è la reale e concreta esistenza di un dubbio interpretativo, ovvero il sorgere di una . Sulle problematiche relative all’equiparazione dei contratti collettivi di diritto privato e la contrattazione collettiva del pubblico impiego vedi: A. Corvino, “Le modifiche al processo del lavoro dopo il pacchetto competitività”, in Guida al lavoro, n. , p. ss. . “Il canone costituzionale della ragionevole durata del processo, coniugato a quello dell’immediatezza della tutela giurisdizionale, orienta l’interpretazione dell’art. –bis c.p.c. nel senso che tale disposizione trova applicazione solo nel giudizio di primo grado e non anche in quello di appello, in sintonia con le scelte del legislatore delegato (d.lgs. ) che,più in generale, ha limitato la possibilità di ricorso immediato per cassazione avverso sentenze non definitive rese in grado di appello, lasciando invece inalterata la disciplina dell’impugnazione immediata delle sentenze rese in primo grado”, Cass. civ., sez. lav., marzo , n. . . Il giudizio in Cassazione, in materia di lavoro questione rilevante ai fini del decidere, la quale dovrà assumere carattere pregiudiziale: solo al ricorrere delle citate circostanze, il giudice potrà emettere una sentenza che si limiti a risolvere il dubbio interpretativo, dettando i provvedimenti per l’ulteriore istruzione della causa. La pronuncia potrà essere impugnata esclusivamente con ricorso per cassazione. Tuttavia, continua ad operare una distinzione tra il settore pubblico e quello privato: nei giudizi inerenti i pubblici dipendenti, infatti, è sempre richiesto il parere dell’Aran, al quale devono essere trasmessi gli atti del processo. Quest’ultimo, nei successi giorni deve convocare le organizzazioni sindacali firmatarie, per verificare la possibilità di un accordo sull’interpretazione autentica del contratto . Nel caso in cui ritengano di dissentire sulla pronuncia resa dal giudice, inoltre, sia all’Aran che ai sindacati è estesa la legittimazione ad impugnare la sentenza. Al contrario, nelle controversie che riguardano l’impiego privato, non è prevista la partecipazione obbligatoria dei sindacati ed è una mera facoltà del giudice richiedere informazioni a tal proposito, ai sensi dell’art. , II co., c.p.c. Ne deriva che gli stessi non saranno neppure legittimati ad intervenire in giudizio o ad impugnare la sentenza sulla questione pregiudiziale. . D.lgs. /, art. : “(. . . ) . Entro trenta giorni dalla comunicazione di cui al comma , l’ARAN convoca le organizzazioni sindacali firmatarie per verificare la possibilità di un accordo sull’interpretazione autentica del contratto o accordo collettivo, ovvero sulla modifica della clausola controversa. All’accordo sull’interpretazione autentica o sulla modifica della clausola si applicano le disposizioni dell’articolo . Il testo dell’accordo è trasmesso, a cura dell’ARAN, alla cancelleria del giudice procedente, la quale provvede a darne avviso alle parti almeno dieci giorni prima dell’udienza. Decorsi novanta giorni dalla comunicazione di cui al comma , in mancanza di accordo, la procedura si intende conclusa. . Se non interviene l’accordo sull’interpretazione autentica o sulla modifica della clausola controversa, il giudice decide con sentenza sulla sola questione di cui al comma , impartendo distinti provvedimenti per l’ulteriore istruzione o, comunque, per la prosecuzione della causa. La sentenza è impugnabile soltanto con ricorso immediato per Cassazione, proposto nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione dell’avviso di deposito della sentenza. Il deposito nella cancelleria del giudice davanti a cui pende la causa di una copia del ricorso per cassazione, dopo la notificazione alle altre parti, determina la sospensione del processo. Processo civile: lavori in corso Sul punto, alcuni autori hanno ipotizzato che laddove l’art.–bis c.p.c. venga considerato norma speciale, si dovrebbe dedurre la tacita abrogazione, da parte del legislatore, dell’art. del TU sul pubblico impiego: tuttavia, il riferimento operato dall’art. –bis delle disposizioni di attuazione del codice di rito, ricorda in modo esplicito che “nel caso di cui all’art. –bis si applica, in quanto compatibile, l’art. , commi , , , d. lgs marzo , n. ” e, pertanto, nessuno dei due articoli può implicitamente ritenersi abrogato . Il descritto procedimento prevede che la decisione assunta dal giudice, sia nell’area pubblica che in quella privata, è sempre vincolante per le parti, alle quali è concesso, come detto, esclusivamente di ricorrere in Cassazione , nel termine di giorni decorrenti dalla comunicazione dell’avviso di deposito. La proposizione dell’eventuale ricorso, se debitamente comunicata al giudice a quo mediante deposito in cancelleria della copia dell’atto, entro giorni dalla notificazione, produce la sospensione del giudizio di merito. La Corte di cassazione, a sua volta, potrà rigettare il ricorso, confermando la pronuncia interpretativa del giudice di merito, ovvero accoglierlo, fornendo la corretta soluzione (principio di diritto). Si tratta, dunque, di un’ipotesi di ricorso per saltum che ha condotto all’ampliamento della funzione nomofilattica della Suprema Corte e sulla quale molti studiosi hanno avanzato dubbi e perplessità . . M. Viceconte “Ricorso in Cassazione, novità del processo del lavoro”, in Lav. Prev. Oggi, , p. . . “Nel procedimento di accertamento pregiudiziale della validità, efficacia ed interpretazione dei contratti ed accordi collettivi nazionali di cui all’art. –bis c.p.c. non è applicabile il disposto di cui all’art. , comma , n. c.p.c. — che pone a carico del ricorrente l’onere del deposito dei contratti collettivi sui quali il ricorso si fonda, sanzionandone l’omissione con l’improcedibilità del ricorso stesso — ove le stesse parti abbiano concordemente indicato le clausole contrattuali costituenti il perimetro delle disposizioni rilevanti ai fini dell’esame e dell’interpretazione delle pattuizioni di cui si lamenta la violazione o la falsa applicazione, dovendosi ritenere che una diversa soluzione, oltre ad essere improntata ad un eccessivo formalismo, finirebbe per contraddire il perseguimento delle finalità di certezza e nomofilachia sottese alla speciale procedura”, Cass. civ, sez. lav., giugno , n. , in Giust. civ. Mass., , p. . . In dottrina sui contributi riguardanti l’art. –bis c.p.c., vedi G. Ianniruberto, L’accertamento pregiudiziale sull’efficacia, validità ed interpretazione dei contratti collettivi dopo il d.lgs. /, in Il nuovo giudizio in Cassazione, Milano, , p. , ss; R. Foglia, Impugnazione delle sentenze per violazione dei contratti collettivi e accertamento pregiudiziale”, in Gior. dir. lav. rel. ind, , p. , G. Trisorio Liuzzi, “L’accertamento pregiudiziale, dei contratti collettivi dal d.lgs. / al d.lgs. /”, in Judicium.it. . Il giudizio in Cassazione, in materia di lavoro Seppur nata per rispondere all’esigenza di prevenire la proliferazione delle cause seriali e di favorire la rapida formazione di indirizzi interpretativi uniformi , la nuova funzione assegnata alla Corte sembra allontanarsi dalla “vocazione nomofilattica”, in contrasto con l’assioma che ha dato vita alla delega, in base alla quale è stato emanato il d.lgs. /, nonché con il nuovo regime delle impugnazioni delle sentenze non definitive, teorizzato per la cassazione dai novellati artt. e c.p.c., che consente l’impugnabilità immediata esclusivamente delle sentenze che abbiano deciso, almeno parzialmente, il merito del giudizio e tra le quali non può essere annoverata la sentenza “interpretativa”. A fugare alcuni dubbi sono intervenute le prime pronunce della stessa Corte che hanno delimitato l’ambito applicativo dell’istituto, delineando i confini della materia: è stato, infatti, precisato che la procedura di cui all’art. –bis c.p.c. non è azionabile in grado di appello e che è comunque sottoposta ad un primo vaglio del giudice di merito, circa l’esistenza di un reale dubbio interpretativo sul punto, tale da far sorgere un legittimo sospetto circa la nullità e/o l’inefficacia della clausola . Inoltre, il procedimento non deve essere attivato quando esistano le condizioni per emanare una sentenza di mero rito, ovvero quando il giudice ravvisi la propria incompetenza, il difetto di giurisdizione, la . “La ratio informatrice dello speciale procedimento di cui all’art. –bis c.p.c. di accertamento pregiudiziale sull’efficacia, validità e interpretazione della clausole di un contratto o accordo collettivo nazionale di diritto privato va individuata nell’esigenza di assicurare l’uniforme applicazione di tali clausole e di prevenire il rischio della polverizzazione dell’interpretazione in materia e di agevolare nel frattempo — attraverso l’esercizio della funzione nomofilattica della Corte di cassazione — anche l’attuazione del principio a rilevanza costituzionale della “ragionevole durata”del processo” (Cass. civ, sez. lav, marzo , n. ). . “Il nuovo istituto introdotto dall’art. –bis c.p.c. presuppone che la controversia devoluta alla cognizione del giudice di merito ponga una questione interpretativa, sull’efficacia o validità della contrattazione collettiva nazionale, rilevante nel giudizio e di non agevole soluzione, potendo mutuarsi il decisum della Corte cost (n. /) in riferimento all’art. d.lgs. / — cui il legislatore delegato del si è ispirato sulla scia delle innovazioni processuali preordinate a valorizzare la funzione nomofilattica della Corte di cassazione nella contigua area delle controversie di lavoro pubblico privatizzato — secondo il quale “presupposto per ‘applicazione della procedura in esame è, come evidente, l’esistenza di un reale dubbio interpretativo, concernente la clausola contrattuale della quale il giudice deve fare applicazione nella controversia”. Anche la procedura in esame può, quindi, essere utilizzata solo nei casi in cui la clausola contrattuale sia di contenuto oscuro e possa prestarsi a diverse e contrastanti letture interpretative, oppure sia sospettabile di nullità o inefficacia” (così Cass. civ, sez. lav., marzo , n. ). Processo civile: lavori in corso nullità del ricorso ecc. Peraltro, anche la Corte costituzionale , recentemente chiamata a pronunciarsi sulla legittimità degli art. del d.lgs. / e –bis c.p.c., in riferimento all’art. Cost, ha chiarito che lo speciale procedimento introdotto con l’art. –bis non si discosta dai criteri direttivi e dall’obiettivo primario fissato dalla legge delega, quale la valorizzazione della funzione nomofilattica del processo di cassazione. Tuttavia, le perplessità relative all’istituto non possono dirsi definitivamente sciolte, come pure lo scetticismo che induce a guardare al futuro dell’istituto, alla luce del rilievo quasi inesistente che ha avuto, per il pubblico impiego, l’omologa procedura teorizzata dall’art. d.lgs. /. . Corte cost., ord. n. del dicembre .