Come cambia la tutela del lavoro

Capitolo I
Come cambia la tutela del lavoro
Dal “collegato” alla “Fornero”
: .. Premessa,  – .. L’abrogazione del tentativo obbligatorio
di conciliazione stragiudiziale,  – .. La certificazione dei contratti di
lavoro,  – .. L’accertamento tecnico preventivo obbligatorio nelle
controversie previdenziali,  – .. Le variazioni al modello introdotte
dal d.lgs. n. /,  – .. Conclusione, .
.. Premessa
Il processo del lavoro e quello previdenziale (modello ordinario semplificato) sono stati, sin dall’origine dell’attuale formulazione [legge n.
/], centro di interesse per il Legislatore che si è, ripetutamente,
cimentato in modifiche e riforme della normativa vigente, inserite nel
contesto della riorganizzazione dell’intero sistema processuale civile.
Facendo seguito a quanto precedentemente esaminato nel capitolo primo della prima parte, verranno, in questa sede, succintamente
analizzate le innovazioni introdotte a decorrere dal , anno in cui
è stata conferita delega al Governo per il riordino della materia del
lavoro e delle relative controversie (c.d. Collegato lavoro), riguardanti, in particolare, l’istituto del tentativo di conciliazione (eso ed endo
processuale) e della certificazione dei contratti di lavoro.
Inoltre, prendendo le mosse da detta riforma, l’analisi dovrà essere
rivolta anche ai successivi interventi legislativi che, nell’ottica di garantire maggior competitività al nostro Paese, attraverso una riduzione
dei tempi del processo, hanno tentato di ridurre il contenzioso pendente e di semplificare il processo civile, riducendone il numero di riti
e hanno modificato la fase prodromica del processo previdenziale.


Processo civile: lavori in corso
In merito alle modifiche introdotte dalla legge  agosto , n. ,
in tema di « decisione contestuale » (art.  c.p.c.), si veda il capitolo
primo della prima parte, mentre per l’analisi della legge n. / sul
c.d. filtro all’appello (artt.  e –bis c.p.c.), si richiama il successivo
capitolo ° di questa seconda parte.
.. L’abrogazione del tentativo obbligatorio di conciliazione stragiudiziale
... L’abrogazione del tentativo obbligatorio di conciliazione ed il sistema
unico di conciliazione delle controversie di lavoro pubbliche e private
La legge  novembre , n. , contenente « deleghe al Governo
in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi,
aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione
femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni
in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro » (c.d. Collegato lavoro) ha recuperato l’originario () carattere facoltativo del
tentativo stragiudiziale di conciliazione nelle cause di lavoro.
Come in epoca anteriore alla c.d « privatizzazione » (rectius: contrattualizzazione) del pubblico impiego operata con il d.lgs.  marzo
, n. , che, modificando il testo dell’art.  c.p.c., introdusse,
nel rito del lavoro, il tentativo obbligatorio di conciliazione per tutte
le controversie indicate dall’art.  c.p.c., al fine di deflazionare il
contenzioso in materia [contenzioso che si sarebbe riversato sul giudice del lavoro per il passaggio dal giudice amministrativo al giudice
ordinario delle controversie a seguito della contrattualizzazione del
rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni],
il tentativo stragiudiziale di conciliazione, è ora restituito alla libera
volontà delle parti.
Tale modifica normativa ha fatto perdere al tentativo di conciliazione il carattere di condizione di procedibilità della domanda che ben
conosciamo, ponendo fine, in tal modo, ad un’esperienza, durata poco
più di un decennio, avviata dal d.lgs. n. /, che non ha prodotto,
sotto il profilo deflazionistico, il risultato auspicato, alla fine del secolo
ventesimo, per l’inadeguatezza degli organismi (u ffici provinciali del
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lavoro) chiamati ad esperire la procedura di conciliazione obbligatoria.
Invero, da tempo la dottrina aveva sollevato molteplici dubbi sull’istituto, ritenendolo di ostacolo alla semplificazione del processo, nonché
in contrasto con la garanzia prevista dall’art.  cost.[in tema, tuttavia,
la Corte delle leggi aveva ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. , –bis e –bis c.p.c., per essere,
la previsione dell’obbligatorietà del tentativo di conciliazione per le
controversie di cui all’art.  c.p.c., rispettosa della delega di cui alla
l. n. /, come parimenti infondata era stata ritenuta la medesima
questione sollevata in quanto il tentativo obbligatorio di conciliazione
per le controversie di cui all’art.  c.p.c. limiterebbe il diritto d’azione ritardandone l’esercizio e facendo sorgere questioni processuali
inutili e contrarie alla finalità deflativa perseguita dal legislatore, in
riferimento all’art.  cost. (Corte cost.  luglio , n. , in Foro
It. , I, ; in precedenza aveva ritenuto infondata la questione
anche Trib. Milano  luglio , d.l. , ].
Pertanto, l’art.  del Collegato lavoro riscrive le disposizioni generali in materia di conciliazione ed arbitrato nelle controversie individuali
di lavoro, di cui agli artt. ––quater c.p.c.
In particolare, viene modificato l’art.  (tentativo di conciliazione),
integralmente sostituito l’art.  (processo verbale di conciliazione),
sono stati, invece, abrogati gli articoli  bis(termine per l’espletamento del tentativo di conciliazione)e  bis(procedibilità della domanda)
del codice di rito.
Resta, dunque, obbligatorio solamente il tentativo di conciliazione
previsto dall’art. , comma °, d.lgs.  settembre , n. , che
in caso di ricorso giurisdizionale avverso i contratti certificati prescrive la necessaria istanza alla Commissione che ha adottato l’atto di
certificazione, per espletare il tentativo di cui all’art.  c.p.c.
In altri termini, in caso di controversia tra datore di lavoro e lavoratore i quali abbiano certificato il contratto inter partes, colui che
intende agire in giudizio dovrà preventivamente adire la Commissione di certificazione che si riunirà in funzione conciliativa con le
modalità previste dal nuovo dettato dell’art.  c.p.c.
Per quanto attiene alla procedura, la richiesta di espletamento del
tentativo di conciliazione, sottoscritta dall’istante, deve essere consegnata o spedita mediante raccomandata, con avviso di ricevimento,
ad una Commissione di conciliazione e copia della stessa deve essere
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inoltrata, con le stesse modalità, alla controparte.
Il novellato art.  prevede, inoltre, che la richiesta debba contenere l’indicazione dei dati dell’istante e della controparte, il luogo in
cui è sorto il rapporto di lavoro, ovvero si trovi l’azienda o una sua
dipendenza alla quale era addetto il lavoratore o vi prestava la sua
opera al momento della cessazione del rapporto di lavoro, il luogo
in cui l’istante vuole ricevere le comunicazioni attinenti alla procedura conciliativa, nonché l’esposizione dei fatti e delle ragioni poste a
fondamento delle sue pretese.
Nell’ipotesi in cui la controparte accetti la procedura, la stessa ha
l’onere di depositare, entro il termine di venti giorni dal ricevimento
della copia dell’istanza di conciliazione, una memoria contenente le
proprie difese, ivi incluse eccezioni in fatto e diritto, nonché eventuali
domande riconvenzionali.
In caso contrario, le parti sono libere di adire l’autorità giudiziaria.
In tal modo si evita che la parte che ha proposto l’istanza sia vincolata da attese troppo gravose dipendenti dal comportamento della
convenuta.
Nei dieci giorni successivi al deposito della memoria del resistente,
la Commissione di conciliazione fissa la comparizione delle parti per
il tentativo di conciliazione, che deve concludersi nei successivi trenta
giorni.
Relativamente alla composizione ed al funzionamento delle Commissioni di conciliazione, il comma ° dell’art.  c.p.c. prevede che
detti organi siano composti dal direttore dell’Ufficio provinciale del lavoro o da un suo delegato oppure da un magistrato collocato a riposo,
in qualità di presidente, da quattro rappresentanti effettivi e da quattro
supplenti dei datori di lavoro e da quattro rappresentanti effettivi e da
quattro supplenti dei lavoratori, designati dalle organizzazioni sindacali
maggiormente rappresentative a livello territoriale.
Il comma ° aggiunge che, ove se ne ravvisi la necessità, le Commissioni affidino l’espletamento del tentativo a proprie sottocommissioni,
presiedute dal responsabile della Direzione provinciale del lavoro o da
un suo delegato, purché le stesse con le valutazioni espresse in merito
ad essa da ciascuna delle parti.
Nel caso in cui la mancata accettazione della proposta transattiva,
formulata dalla Commissione di conciliazione, non sia corredata da
una « adeguata motivazione », il giudice potrà tenerne conto in sede
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di giudizio.
Il « tenerne conto » della norma richiama il dettato del novellato art.
 del codice di rito civile; quindi la valutazione del giudice è inerente
alle spese del giudizio.
Inoltre, ove il tentativo di conciliazione sia stato richiesto dalle parti,
al ricorso in giudizio devono essere allegati i verbali e le memorie
relative al procedimento di conciliazione fallito.
Al tentativo di conciliazione compiuto in sede sindacale non si
applica il dettato dell’art.  c.p.c.
Un’ultima riflessione va operata in ordine al procedimento stragiudiziale di conciliazione nel pubblico impiego, giacchè la riforma
adottata con la legge n. / definisce un sistema unico di conciliazione delle controversie di lavoro, senza differenziare il privato dal
pubblico impiego.
Gli articoli  e  del d.lgs.  marzo , n. , che disciplinavano
la materia nel lavoro pubblico, infatti, sono stati abrogati dall’art. ,
comma , della l. n. / comportando il venir meno del Collegio
di conciliazione presso le Direzioni provinciali del lavoro, previsto per
le controversie in materia di pubblico impiego.
Al riguardo la legge n. / chiarisce con l’art. , comma :
« Le disposizioni degli articoli , , , –ter e –quater del
codice di procedura civile si applicano anche alle controversie di cui
all’articolo , comma , del decreto legislativo  marzo , n. .
Gli articoli  e  del decreto legislativo  marzo , n. , sono
abrogati ». Viene meno, in tal modo, la lamentata dicotomia tra i due
procedimenti di conciliazione e si evita la problematica figura del
« conciliatore di parte ».
... Il tentativo stragiudiziale di conciliazione nel licenziamento per giustificato motivo oggettivo
Con un successivo intervento, operato dall’art. , comma , della
legge del  giugno , n. , recante « disposizioni in materia di
riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita » (c.d.
riforma Fornero), viene, altresì, riformato l’art.  della legge  luglio
, n. , e si prevede che il tentativo stragiudiziale di conciliazione
preceda obbligatoriamente il licenziamento intimato per giustificato
motivo oggettivo « qualora disposto da un datore di lavoro avente i
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requisiti dimensionali di cui all’art. , comma , della legge  maggio
, n. , e successive modificazioni(. . . ) ».
Il motivo secondo il quale il Legislatore ha voluto operare una
siffatta distinzione rispetto alle altre ipotesi di recesso unilaterale del
rapporto di lavoro, è da ricercare nella peculiarità del licenziamento considerato inerente l’organizzazione del lavoro dell’impresa. « È
questa infatti una procedura comprensibile e giustificabile quando il licenziamento viene intimato in presenza delle (delicate) condizioni del giustificato
motivo oggettivo, il che non trova equivalente nelle altre ipotesi di recesso
unilaterale del rapporto »  .
In altri termini, il tentativo obbligatorio di conciliazione si applica
ai giudizi concernenti l’impugnazione dei licenziamenti individuali,
intimati senza giustificato motivo oggettivo, rientranti nell’ambito
della tutela reale per le dimensioni del datore di lavoro.
Il limite dimensionale di cui trattasi, è quello indicato dall’art. ,
comma ° della legge del  maggio , n. , relativo al « datore di
lavoro, imprenditore o non imprenditore, che in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il
licenziamento occupa alle sue dipendenze più di quindici lavoratori o
più di cinque se si tratta di imprenditore agricolo, nonché al datore di
lavoro, imprenditore o non imprenditore che nell’ambito dello stesso
comune occupa più di quindici dipendenti e all’impresa agricola che
nel medesimo ambito territoriale occupa più di cinque dipendenti,
anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non
raggiunge tali limiti, e in ogni caso al datore di lavoro, imprenditore e
non imprenditore, che occupa più di sessanta dipendenti ».
Il datore di lavoro, pertanto, deve comunicare il licenziamento
preventivamente alla Direzione territoriale del lavoro del luogo in
cui il lavoratore presta la sua opera, trasmettendo detta missiva, per
conoscenza, anche al lavoratore.
La comunicazione, ai sensi del novellato art. , comma °, deve
contenere la dichiarazione del datore di lavoro di voler procedere al
licenziamento per motivo oggettivo, i motivi dello stesso, nonché le
. Sul punto vedi R. Tiscini, La procedura conciliativa che precede il licenziamento intimato
per giustificato motivo oggettivo, in La Nuova disciplina sostanziale e processuale dei licenziamenti
a cura di S. Chiarloni, C. Consolo, G. Costantino, F. P. Luiso, Bruno Sassani, Torino ,
p. . Vedi ancora D. Borghesi, Conciliazione e procedimento speciale dei licenziamenti per la
Riforma Fornero, in Law Jur , p. .
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misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato.
La procedura prevista per l’espletamento del tentativo di conciliazione è descritta dai successivi commi dello stesso art. , nei seguenti
termini: la Direzione territoriale del lavoro trasmette la convocazione al datore di lavoro e al lavoratore nel termine perentorio di sette
giorni dalla ricezione della richiesta: l’incontro si svolge dinanzi alla
commissione provinciale di conciliazione di cui all’articolo  del
codice di procedura civile. La comunicazione contenente l’invito si
considera validamente effettuata quando e’ recapitata al domicilio
del lavoratore indicato nel contratto di lavoro o ad altro domicilio
formalmente comunicato dal lavoratore al datore di lavoro, ovvero
e’ consegnata personalmente al lavoratore che ne sottoscrive copia
per ricevuta. Le parti possono essere assistite dalle organizzazioni di
rappresentanza cui sono iscritte o conferiscono mandato ad un componente della rappresentanza sindacale dei lavoratori, ovvero ad un
avvocato o anche ad un consulente del lavoro. La procedura durante
la quale le parti, con la partecipazione attiva della Commissione di
cui al comma , procedono ad esaminare anche eventuali soluzioni
alternative al recesso, si conclude entro venti giorni dal momento in
cui la Direzione territoriale del lavoro ha trasmesso la convocazione
per l’incontro, fatta salva l’ipotesi in cui le parti, di comune accordo,
non ritengano di proseguire la discussione prolungando il tempo. Se
fallisce il tentativo di conciliazione e, comunque, decorso il termine di
cui al comma , il datore di lavoro può comunicare il licenziamento al
lavoratore. Quando la conciliazione ha esito positivo e prevede la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, si applicano le disposizioni
in materia di Assicurazione sociale per l’impiego (ASpI) e può essere
previsto, al fine di favorirne la ricollocazione professionale, l’affidamento del lavoratore ad un’agenzia per la mobilità. Il comportamento
complessivo delle parti, desumibile anche dal verbale redatto in sede
di Commissione provinciale di conciliazione e dalla proposta conciliativa avanzata dalla stessa Commissione, e’ valutato dal giudice per la
determinazione dell’indennità risarcitoria di cui all’articolo , settimo
comma, della legge  maggio , n. , e successive modificazioni,
ai fini dell’applicazione degli articoli  e  del codice di procedura
civile. In caso di legittimo e documentato impedimento del lavoratore
a presenziare all’incontro di cui al comma , la procedura può essere
sospesa per un massimo di quindici giorni.
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In particolare, il dettato del comma ° dell’articolo in esame offre
alcuni spunti di riflessione. La norma rievoca quella (art. ) del d.lgs. n.
/, oggi dichiarate incostituzionale con la decisione del  dicembre , n. , in dir. e giustizia , . Tra quella e questa vi sono
però differenze considerevoli. Nel d.lgs. n. /, le conseguenze
sanzionatorie che derivano dal comportamento delle parti nella mediazione (anche in caso di formulazione di una proposta conciliativa)
erano da misurare, o in termini di possibilità per il giudice di trarre
argomenti di prova ex art.  c.p.c. (art. , d.lgs. n./), oppure ai
fini delle spese di lite (art. , d.lgs. n. /). Essa richiama poi —
proprio con riferimento alle controversie di lavoro — l’art.  c.p.c.,
il quale attribuisce al giudice il potere di valutare “ai fini del giudizio”
la mancata comparizione personale delle parti alla prima udienza, allo
scopo di interrogarle liberamente e tentare la conciliazione, nonché il
rifiuto della proposta transattiva formulata dal giudice stesso, senza
giustificato motivo. Nel comma , art. , il comportamento delle parti
nella fase conciliativa stragiudiziale è descritto e produce conseguenze
diverse rispetto a quanto avviene nella altra ipotesi normativa considerata. Rispetto all’art.  c.p.c. la differenza sta nel fatto che qui il
potere del giudice di valutare il comportamento delle parti ai fini della
decisione è relativamente comprensibile perché si tratta di un comportamento tenuto dalle parti nel processo. Rispetto alla disciplina della
mediazione civile la differenza è evidente perché nel caso in esame il
comportamento delle parti nella fase che precede il giudizio incide sul
diritto all’indennità risarcitoria descritta dall’art., comma , della L.
/ .
Per quanto concerne la natura del tentativo stragiudiziale di conciliazione in esame, va detto che questo concorre a perfezionare la
validità del recesso intimato dal datore di lavoro, ed integra uno dei
requisiti di validità del licenziamento, da considerarsi sotto il profilo
del merito della domanda.
A ben vedere, in conseguenza dell’analizzata riforma, notevoli sono
i margini di discrezionalità dei giudici di merito circa l’interpretazione
di molte di dette norme: basti pensare alle fattispecie di illegittimità indicate nella nuova formulazione dell’art.  dello Statuto dei lavoratori,
ad esempio quelle legate alla “violazione del requisito di motivazione”
. Cfr. R. Tiscini, Op. cit., p. .
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o ad un “difetto di giustificazione” (comma) oppure alla “manifesta
insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo” o al fatto “che non ricorrono gli estremi del
predetto giustificato motivo”(comma ). Ulteriori dubbi si pongono,
soprattutto in questa fase iniziale, sul c.d. “repechage”: sarà interessante osservare l’orientamento giurisprudenziale su un tema che, fino
ad oggi, era risolto ritenendo legittimo un licenziamento per giustificato motivo oggettivo dovuto a soppressione di posto di lavoro, solo
se legato alla impossibilità di adibire il lavoratore ad altre posizioni
lavorative, purché esistenti e non coperte da altro lavoratore e purché
le relative mansioni fossero equivalenti o addirittura inferiori a quella
rivestita dal lavoratore.
... Il tentativo giudiziale di conciliazione
L’art. , comma °, della legge  novembre , n. , ha modificato,
il testo dell’art. , comma °, c.p.c. (udienza di discussione della
causa), aggiungendo la locuzione « formula alle parti una proposta
transattiva », riferita al giudice adito, nonché l’ulteriore ipotesi, che
lo stesso giudicante può valutare ai fini del giudizio, oltre alla mancata comparizione personale delle parti senza giustificato motivo, del
rifiuto della proposta transattiva anzidetta formulata dal giudice.
La modifica deve essere letta come norma di congiunzione tra
conciliazione innanzi alla Commissione e processo del lavoro, alla
luce dell’intervenuta abolizione del tentativo di conciliazione e che
ha destato preoccupazione allo stesso Legislatore. Si è tentato, dunque, di attribuire al giudice del lavoro i poteri conciliativi già propri
dell’arbitro del pubblico impiego.
La nuova formulazione della norma assegna al giudice del lavoro
compiti più penetranti, evidenziati dalle conseguenze che produce la
mancata adesione alla proposta transattiva formulata dallo stesso, ad
opera delle parti.
Ricordiamo, inoltre, che ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 
c.p.c. il giudice, se accoglie la domanda, in misura non superiore
all’eventuale proposta conciliativa, condanna la parte che ha rifiutato,
senza giustificato motivo la proposta da lui formulata, al pagamento
delle spese del processo maturate dopo la proposizione della ipotesi
transattiva, salva la regola generale della compensazione delle spese, se

Processo civile: lavori in corso
vi è soccombenza reciproca o se concorrono altre gravi ed eccezionali
ragioni.
L’obbligo del giudice di formulare, comunque, al termine dell’interrogatorio libero delle parti, una propria ipotesi “valutativa” di
conciliazione può destare qualche perplessità. Invero, il giudice del
lavoro è chiamato a porre in essere tale sua valutazione avendo esaminato esclusivamente le prove in quel momento portate alla sua
attenzione (cioè soltanto le prove costituite), ma non è in condizione
di ipotizzare, in alcun modo, le risultanze derivanti dall’assunzione di
una prova testimoniale, prova che ha sempre avuto, nel processo del
lavoro, un particolare rilievo. La valutazione conciliativa del giudice
potrebbe portarlo a minimizzare la rilevanza delle prove testimoniali e
conseguentemente a non ammetterle. Per ovviare tale ipotesi è necessaria, da parte del ricorrente, una modifica della tecnica redazionale
del ricorso integrante una più ampia descrizione degli accertamenti
che si intendano perseguire attraverso le prove testimoniali.
.. La certificazione dei contratti di lavoro
... Estensione dell’ambito oggettivo di applicazione dell’istituto
La certificazione dei contratti di lavoro costituisce un istituto, introdotto dal d.lgs.  settembre , n. , con riferimento alle nuove
tipologie contrattuali previste dalla c.d. riforma Biagi, al fine di evitare
il contenzioso che può insorgere dalla incertezza derivante dalla loro
identificazione.
Tuttavia, alla funzione principale volta a « certificare » la tipologia
contrattuale scelta dalle parti, ossia volta ad ottenere un provvedimento che attesti la corrispondenza tra la qualificazione formale ed il
contenuto effettivo del contratto in oggetto, da parte delle apposite
Commissioni di certificazione, se ne aggiunsero altre quali: a) quella
di consacrare il perfezionamento di rinunzie o transazioni aventi ad
oggetto diritti derivanti da un rapporto di lavoro già in essere, in occasione della riconduzione ad un programma dei contratti di lavoro
autonomo « a progetto », contemplati dall’art. , I comma; b) quella
di « confermare » la volontà abdicativa o transattiva delle parti in sede
di rinunzie o transazioni di cui all’art.  c.c.; c) quella di svolgere,
. Come cambia la tutela del lavoro: dal “collegato” alla “Fornero”

nell’interesse delle parti, un servizio di consulenza e assistenza sia
nella stipula di un contratto di lavoro, con particolare riferimento alla
disponibilità dei diritti ed alla esatta qualificazione dei contratti; d)
quella di consentire, in sede di stipulazione di un appalto, nonché nel
corso di esso, una distinzione netta tra la somministrazione di lavoro
e l’appalto stesso » . Solo con il d.lgs.  ottobre , n. , la certificazione è stata estesa a tutti i contratti di lavoro. La legge  novembre
, n.  ha innovato l’istituto della certificazione, introducendo
nuove ipotesi in cui le parti possono far ricorso a detta procedura
volontaria [incentivandone, in tal modo l’utilizzo], come nel caso in
cui si certifichi un contratto in cui, direttamente o indirettamente sia
dedotta una prestazione di lavoro, attraverso il coinvolgimento delle
Commissioni di conciliazione.
Esse possono essere istituite presso enti bilaterali, costituiti nell’ambito territoriale di riferimento, ovvero a livello nazionale presso
organismi bilaterali a competenza nazionale. Detti organi sono: Direzioni provinciali del lavoro, Province, Università pubbliche e private
(comprese le Fondazioni universitarie), Consigli provinciali dei consulenti del lavoro, presso la Direzione Generale della Tutela delle
Condizioni di Lavoro del Ministero del Lavoro.
Così, l’art.  della legge /, al comma °, individua alcune
clausole, rilevanti ai fini della valutazione del giudice adito all’atto dell’esame delle motivazioni addotte al licenziamento; clausole inserite
dalle parti nel contratto di lavoro ed efficaci solo in quanto certificate;
tra queste, quelle relative alla tipizzazione della giusta causa e del
giustificato motivo, nonchè quelle inerenti alla determinazione della
indennità prevista dall’art.  della legge  luglio , n. .
Possiamo ritenere, tuttavia, che il giudice non sia obbligato ad
attenersi alle pattuizioni certificate delle parti, dovendo pur sempre verificare la loro rispondenza al nostro ordinamento, comprensivo della
contrattazione collettiva; così, la clausola individuale difforme e peggiorativa per il lavoratore, rispetto a quella prevista dalla contrattazione
collettiva sarà, dunque, nulla.
. Vedi, sul punto, R. Foglia, La certificazione dei rapporti di lavoro, in Diritto e processo
del lavoro e della previdenza sociale a cura di G. Santoro Passarelli, Milano , p. .
. Vedi F. Natalini, Le novità del collegato lavoro in tema di certificazione in Guida Lavoro,
ottobre , p. .

Processo civile: lavori in corso
Si può ritenere, pertanto, che questa disposizione trovi applicazione
in settori non regolamentati dalla contrattazione collettiva, oppure al
fine di integrare tipizzazioni di giusta causa o giustificato motivo di
licenziamento, contenute nei contratti collettivi .
La procedura volontaria, che resta invariata, rispetto a quella tipicizzata nel , prende avvio da una istanza scritta necessariamente
comune alle parti, sottoscritta in originale con allegata copia dei documenti identificativi delle stesse, l’indicazione degli effetti civili, amministrativi, previdenziali o fiscali in relazione ai quali le parti chiedono
la certificazione, corredata dall’originale del contratto di lavoro. Tale
procedura deve concludersi entro trenta giorni dal ricevimento della
istanza da parte della competente Commissione di certificazione adita,
mediante l’adozione dell’atto di certificazione.
Quest’ultima fisserà la data di comparizione delle parti, ricordando
che l’assenza di una di esse rende improcedibile l’istanza presentata.
L’atto di certificazione riveste la natura giuridica di un atto amministrativo, con tutte le prescrizioni, che il medesimo deve contenere.
La legge n. / ha innovato la disciplina originaria disponendo
che, « nel caso di contratti in corso di esecuzione » [art., comma ,
legge /], gli effetti dell’accertamento compiuto dalla commissione apposita retroagiscano al momento di inizio del contratto, ove
la commissione abbia accertato la conformità tra il contratto da certificare e l’effettivo svolgimento dello stesso, anche alla fase precedente
l’attività istruttoria svolta dall’organo.
Inalterata, resta la disciplina dei rimedi giudiziali riconosciuti alle
parti esperibili avverso l’atto di certificazione, rimedi estesi anche
ai terzi nei cui confronti l’atto è destinato a produrre i suoi effetti
giuridici.
Prima di poter contestare in giudizio l’attività posta in essere dall’organo preposto alla certificazione, però, è prescritto il tentativo obbligatorio di conciliazione, non solo dalle parti che abbiano sottoscritto il
contratto certificato ma anche da parte dei terzi, che intendano agire
in giudizio avverso l’atto di certificazione .
. Cfr. S. Centofanti, La certificazione dei contratti di lavoro in Il contenzioso del lavoro
nella legge  novembre , n. , a cura di M. Cinelli e G. Ferraro, Torino , p. .
. Vedi sul punto P. Sandulli, La conciliazione e i soci lavoratori, in Diritto e processo del
lavoro e della previdenza sociale, a cura di G. Santoro Passarelli, Milano , p. .
. Come cambia la tutela del lavoro: dal “collegato” alla “Fornero”

Il d.lgs. n. / ha inoltre previsto ulteriori ipotesi di certificazione: la prima (art. ) per i regolamenti interni delle cooperative,
relativamente ai contratti stipulati con i soci lavoratori. In questo caso
l’organo certificatore è una commissione specifica istituita presso la
Direzione Provinciale del Lavoro o la Provincia, presieduta da un presidente indicato dalla Provincia e da rappresentanti delle associazioni
di assistenza, tutela e rappresentanza del movimento cooperativo e
dalle organizzazioni sindacali, comparativamente più rappresentative .
Altro caso (art. ) è quello dell’appalto di servizi, che può essere certificato anche ai fini della distinzione rispetto alla somministrazione di
lavoro. In tal caso, oggetto dell’attività certificatoria è la validazione del
contratto di appalto stesso: i richiedenti possono inoltrare l’istanza sia
all’atto della stipula che durante le fasi di attuazione del relativo programma negoziale e sono competenti ad effettuare tale certificazione
solo gli enti bilaterali costituiti a livello territoriale o nazionale.
... Ampliamento dei poteri delle Commissioni di certificazione
L’art. , comma °, della legge  novembre , n.  ha, inoltre,
previsto che presso le sedi in cui si realizza la certificazione possa
essere esperito anche il tentativo di conciliazione previsto dall’art.
c.p.c.
Le stesse Commissioni di conciliazione, poi, potranno certificare —
come ricordato — anche rinunzie e transazioni in linea con il dettato
dell’art.  c.c.
... La certificazione della clausola compromissoria
Sempre in relazione alle controversie che rientrano nell’ambito dell’art.  c.p.c., la clausola compromissoria, di cui all’ art.  c.p.c.
può essere pattuita dalle parti solo nel caso in cui ciò sia previsto da
accordi interconfederali o contratti collettivi di lavoro stipulati da organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative
sul piano nazionale, che può essere pattuita e sottoscritta solo dopo
che siano trascorsi trenta giorni dalla stipula del contratto di lavoro
ed esaurito il periodo di prova e che, infine, non può riguardare con. Vedi sul punto Trib. Milano, sez. lav., Nrg. /.

Processo civile: lavori in corso
troversie relative alla risoluzione del rapporto di lavoro; tale clausola
deve essere certificata a pena di nullità.
Le Commissioni di certificazione accerteranno, pertanto, l’effettiva
volontà (e non la costrizione) delle parti di voler devolvere ad arbitri
le controversie eventualmente nascenti dal rapporto di lavoro [art. ,
comma °, della legge  novembre , n. ].
.. L’accertamento tecnico preventivo obbligatorio nelle controversie previdenziali
... Il procedimento di accertamento tecnico preventivo
L’art.  del d.l.  luglio , n. , convertito con modificazioni nella
legge  luglio , n. , recante disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria, ha introdotto l’istituto del c.d. accertamento tecnico
preventivo che incide sul processo previdenziale, ed è finalizzato ad
accelerare e ridurre il contenzioso in materia.
Nel codice di rito, infatti, dopo l’art.  è stato inserito l’art.  bis,
rubricato « accertamento tecnico preventivo obbligatorio », che prevede il ricorso a detto istituto quale unica modalità di introduzione delle
controversie riguardanti le materie dell’invalidità civile, della cecità e
sordità civile, dell’handicap e della disabilità, nonché di pensione di
inabilità ed assegno di invalidità.
L’ambito di applicazione della norma, la cui introduzione appare
in controtendenza rispetto alle altre scelte praticate dal Legislatore nel
medesimo periodo (tra tutte, si ricorda l’abolizione del tentativo obbligatorio di conciliazione nelle controversie di lavoro, apportata dalla
legge n. /), è limitato alla « verifica delle condizioni sanitarie
della pretesa fatta valere »; in conseguenza, l’accertamento può essere
attivato solo nel caso in cui, proposta la richiesta in via amministrativa,
l’Ente previdenziale abbia negato la prestazione asserita assenza del
requisito sanitario.
Al contrario, ove il diniego sia stato espresso per insussistenza degli
altri requisiti di legge quali, a titolo esemplificativo, i limiti di reddito o
di età, l’unico rimedio esperibile immediatamente è quello del giudizio
ordinario.
. Come cambia la tutela del lavoro: dal “collegato” alla “Fornero”

L’istanza per l’accertamento tecnico preventivo, dal ° gennaio
, è diventata condizione di procedibilità dell’azione finalizzata alla
verifica delle condizioni sanitarie legittimanti la prestazione richiesta
e deve contenere una chiara esposizione dei fatti posti a fondamento
della pretesa, nonchè la prova documentale di tutti i requisiti richiesti
dalla legge per il riconoscimento del diritto , in mancanza dei quali il
giudice, in applicazione analogica dell’art. , comma °, c.p.c., deve
ordinare al ricorrente l’integrazione della domanda.
Stante l’espresso richiamo all’art. –bis c.p.c., l’istituto dovrebbe
essere informato agli stessi principi regolatori dei procedimenti di
istruzione preventiva, di natura solo « altamente cautelare ».
In tema, tuttavia, sono stati sollevati molteplici dubbi , perché
si tratta di due procedimenti con finalità ed ambiti di applicazione
evidentemente assai diversi tra loro .
In ragione di ciò, il giudice provvede, nelle forme stabilite dagli artt.
 e , alla fissazione dell’udienza di comparizione, assegnando,
con lo stesso decreto, il termine per la notifica del ricorso al convenuto,
che coincide con l’ente che deve erogare la prestazione richiesta: la
sede provinciale dell’Inps in materia di assistenza civile, ai sensi dell’art.
, comma °, d.l. /, in deroga alle disposizioni generali del
codice di rito e senza che trovi applicazione l’art. , d.l. n. /,
convertito in legge n. /, il quale prevede la notifica presso la
c.d. sede zonale dell’Ente. In alternativa il ricorso va notificato presso
la sede legale dello stesso Organismo, per le ipotesi di trattamenti
previdenziali di pensione di inabilità e di assegno di invalidità.
L’Istituto previdenziale, a differenza del ricorrente, non ha necessità
di assistenza tecnica nel giudizio di primo grado, limitatamente ai
procedimenti in materia di assistenza, ben potendo costituirsi a mezzo
dei propri funzionari amministrativi, in applicazione analogica del
disposto dall’art. , comma °, d.l. / e così come precisato
. Cfr. Trib. S. Maria Capua Vetere, sez. lav.,  giugno , Red. Giuffrè .
. In tal senso, prime indicazioni sull’accertamento tecnico preventivo del Tribunale di Lecce, sez. lav.,  dicembre , in www.ordineavvocatilecce.it; critico sul punto P.
Licci, Il nuovo accertamento tecnico preventivo obbligatorio nelle controversie previdenziali, in
www.judicium.it.
. Cfr. A. Frabasile, L’accertamento tecnico preventivo obbligatorio, in www.judicium.it .
. Cfr. D. Dalfino, La nuova giustizia del lavoro, Bari , p. .
. Cfr. A. M. Luna e M. Forziati, Il nuovo processo previdenziale e assistenziale in Giur.

Processo civile: lavori in corso
dallo stesso Ente con circolare n. , del  dicembre .
Entro l’udienza di comparizione il resistente o il giudice, d’ufficio,
può rilevare la improponibilità dell’istanza, ove non sia stata preceduta
dalla domanda amministrativa di prestazione previdenziale; nel silenzio del legislatore, è da ritenere che l’adozione di detta pronuncia vada
fatta con ordinanza, piuttosto che con sentenza.
L’istanza è, del pari, inammissibile ove manchi la dichiarazione di
valore della prestazione richiesta con il giudizio, a norma dell’art. 
disp. att. c.p.c. che ne prevede l’indicazione nei giudizi per prestazioni
previdenziali, affinchè le spese, competenze ed onorari liquidati dal
giudice non ne superino l’ammontare.
L’autorità giudiziaria è altresì chiamata a valutare l’ammissibilità del
ricorso in relazione alle condizioni dell’azione, ovvero ad esaminare
se, nella futura causa di merito cui l’atp è preordinato, la consulenza
tecnica potrà rivelarsi utile: in difetto, respinge l’istanza con ordinanza non reclamabile, né ricorribile in cassazione, ex art.  cost.,
in quanto provvedimento connotato dal carattere di provvisorietà e
strumentalità .
Nel caso di regolare instaurazione del contraddittorio, sempre
nell’udienza di comparizione, il giudice nomina il consulente tecnico
d’ufficio, cui viene conferito l’incarico di espletare la visita medica e
con l’obbligo di comunicare, con almeno  giorni di anticipo, la data
di inizio delle operazioni peritali al Direttore della sede provinciale
dell’Inps competente, ai sensi dell’ art. , comma °, l. /.
Lo stesso trattamento non viene, invece, riservato al consulente
di parte ricorrente che, al contrario, dovrà essere nominato entro il
termine improrogabile di  giorni prima dell’udienza di comparizione,
in evidente contrasto con la disposizione del codice di rito circa i
giudizi ordinari.
La fase istruttoria prevede che il Ctu, esaurita l’indagine, invii ai
consulenti di parte, a mezzo posta elettronica certificata, una bozza
della perizia, nel termine di trenta giorni prima della fine delle operazioni peritali, mentre i difensori, nei successivi venti giorni, potranno
trasmettere al Ctu le proprie osservazioni. All’esito, la relazione defiMerito , p. .
. Vedi sul punto P. Capurso e G. Madonia, L’accertamento tecnico preventivo nel processo
previdenziale, in LPO , p. .
. Come cambia la tutela del lavoro: dal “collegato” alla “Fornero”

nitiva dovrà essere depositata in cancelleria e, nel termine perentorio
determinato dal giudice, non superiore a trenta giorni, le parti dovranno dichiarare con atto scritto e depositato se intendono, o meno,
contestare le risultanze istruttorie.
In caso di adesione congiunta, ove il giudice ritenga di non dover
rinnovare l’indagine peritale, omologa l’accertamento del requisito
sanitario con decreto pronunciato fuori udienza, provvedendo anche
sulle spese di lite e di consulenza. Il provvedimento, per espressa
previsione normativa, non è impugnabile, né modificabile mentre
non pare possano esservi ragioni ostative all’eventuale correzione di
errori materiali, secondo la procedura dettata dagli artt. e ss. c.p.c.
Sull’omologazione del decreto si è ampiamente dibattuto in dottrina, evidenziando come l’uso del termine sia improprio, non ritrovandosi neppure nel testo dell’art. –bis c.p.c. .
Entro  giorni dalla notifica del decreto, l’Inps è tenuta ad erogare la prestazione riconosciuta, previa verifica della sussistenza degli
ulteriori requisiti prescritti dalla legge, tuttavia, non essendo prevista
l’efficacia di titolo esecutivo del provvedimento di omologa . appaiono evidenti le problematiche sottese all’eventuale inottemperanza
dell’Ente previdenziale.
Si tratta, infatti, di una pronuncia che accerta semplicemente la
sussistenza di un requisito sanitario e non il diritto alla prestazione,
dunque, di natura sostanzialmente dichiarativa circostanza questa
che non legittima l’esercizio di un’azione esecutiva, a differenza del
verbale di conciliazione che, in teoria, potrebbe redigere il Ctu prima
dell’inizio delle operazioni peritali, in applicazione analogica dell’art.
 c.p.c., giusta l’espresso richiamo fatto dall’art.  c.p.c .
Sul punto l’Ente ha, comunque, emanato apposite direttive con le
quali ha sottolineato « l’importanza, tanto nell’interesse del cittadino
quanto in quello dell’Istituto, non soltanto di una celere liquidazione
della prestazione da parte della linea di prodotto servizio, ma anche di
una solerte comunicazione all’U.O. Gestione organizzativa dei ricorsi
. Cfr. A. Panzarola, in commento artt.  e –bis c.p.c. in Codice di procedura civile a
cura di A. Briguglio e B. Sassani, Torino , p. .
. Contra D. Dalfino, op. cit., p. .
. Vedi sul punto S. Gentile, In attesa dell’art. –bis c.p.c.: una cognizione trifasica per
sfoltire il contenzioso previdenziale in materia d’invalidità?, in Foro It. , V, c. .
. Vedi al riguardo la circolare  dicembre , n. .

Processo civile: lavori in corso
amministrativi dell’esito finale del relativo procedimento, sia in caso
di pagamento della prestazione, che in caso di rigetto per carenza dei
requisiti amministrativi ».
La soluzione più agevole in caso di inerzia appare, dunque, quella
della proposizione di un ricorso per ingiunzione ex art.  c.p.c., ovvero l’introduzione di un giudizio di merito per la condanna dell’Istituto.
... Il giudizio di merito
L’art. –bis c.p.c., al comma °, sancisce che in caso di mancato
accordo delle parti sulle risultanze peritali, chi intenda contestare la
perizia deve depositare, entro il termine perentorio di  giorni dalla
dichiarazione di dissenso, il ricorso introduttivo del giudizio di merito.
Laddove la contestazione provenga da entrambe le parti, ciascuna
di esse sarà legittimata a promuovere il giudizio di merito e, nel caso
di iscrizione di due procedimenti distinti, gli stessi verranno riuniti
d’ufficio, ex artt.  c.p.c. e  disp. att. c.p.c.
Il giudizio di merito si svolge secondo le regole ordinarie dettate per il processo previdenziale: nell’atto introduttivo, che assume
la forma del ricorso, devono essere specificate le ragioni della contestazione, a pena di inammissibilità, e formulate sia la domanda di
accertamento del diritto, che quella di condanna al pagamento della
relativa prestazione.
Il ricorso deve essere notificato alla sede Inps competente per materia, secondo le regole già analizzate per l’Atp, ove la contestazione
provenga dalla parte privata; al contrario, ove fosse l’Ente ad introdurre il giudizio a cognizione piena, gli atti devono essere indirizzati
alla parte personalmente e non presso il procuratore costituito nel
« precedente grado » di giudizio.
In mancanza di apposita indicazione del Legislatore, la suddetta
soluzione appare quella più idonea in quanto l’atto introduttivo del
giudizio a cognizione piena, non può essere equiparato a quello di
impugnazione, né qualificato come mero atto interno al procedimento di accertamento tecnico preventivo. Ne deriva che non possono
trovare applicazione né le disposizioni sulle notifiche di cui all’art. 
c.p.c., né quelle dettate dall’art.  c.p.c., in materia di comunicazioni
degli atti nel corso del procedimento.
. Come cambia la tutela del lavoro: dal “collegato” alla “Fornero”

Esclusa l’inammissibilità dell’atto, il giudice prosegue nella fase
istruttoria, ove non è necessariamente prevista la rinnovazione delle indagini peritali oggetto di contestazione, salvo « che vengano in
considerazione le situazioni descritte nell’art.  disp. att. c.p.c. (aggravamento delle malattie denunciate od accertate, insorgenza di nuove
infermità) e l’assicurato deduca e documenti che dette situazioni non
siano state tenute presenti dal primo giudice, o che si siano verificate
nel giudizio di appello. In tali ipotesi, infatti, si impone, di regola, il
riscontro, mediante nuova consulenza tecnica, della documentazione
esibita dall’interessato a sostegno del proprio assunto. In mancanza
di tali evenienze, la valutazione circa la necessità del rinnovo della
consulenza in appello integra un giudizio di fatto, incensurabile in
sede di legittimità ove adeguatamente motivato »
È altresì plausibile l’ipotesi di convocazione a chiarimenti del perito
nominato nella precedente fase ove, in particolare, le contestazioni
delle parti si fondino sull’esistenza di nuova documentazione medica
non esaminata dal ctu.
Invero, nonostante le decadenze prescritte dall’art.  c.p.c. —
norma che si ritiene compatibile con il procedimento in esame —,
in tema di nuovi documenti non pare possano esservi ostacoli alla
produzione in giudizio di documentazione sanitaria formatasi successivamente al deposito dell’accertamento tecnico preventivo e ciò al
fine di limitare il rinnovo delle indagini a casi circostanziati, nonché di
avere valutazioni medico legali scevre da errori o contestazioni.
All’esito, la causa viene decisa con sentenza, espressamente definita
inappellabile dal Legislatore del  che, con l’art. , comma °,
lettera f) l. cd. di stabilità n. , ha ripristinato la disciplina introdotta
dall’art. , d.l.  luglio , n. , che era stata abrogata in sede di
conversione dall’art. , l.  novembre , n. .
A ben vedere la legge sulla stabilità  ha reintrodotto l’inappellabilità delle sentenze con decorrenza dal ° febbraio , in evidente
difetto di coordinamento con la stessa legge n. /, così finendo
per creare non pochi problemi ai giudizi instaurati dal ° al  gennaio,
che non sono soggetti alla nuova disciplina .
. Cfr. sul punto Cass., sez. lav.,  febbraio , n. , in Giust. civ. Mass. , p.
.
. Vedi sul punto A. Frabasile, L’accertamento tecnico preventivo obbligatorio, in

Processo civile: lavori in corso
L’ambito di applicazione di detta norma, sancita dal settimo comma
dell’art. –bis c.p.c., è limitato al giudizio di merito introdotto a
seguito di contestazione dell’atp e non può essere estesa anche ai
procedimenti instaurati in carenza dell’accertamento preventivo, ove
l’improcedibilità non sia stata rilevata entro la prima udienza.
Appare, tuttavia, esperibile il rimedio del ricorso straordinario in
cassazione, ex art.  cost., trattandosi di provvedimento « definitivo »
che non può non essere sottoposto all’ordinario controllo di legittimità in Cassazione, a garanzia del « giusto processo » [contra, Capurso,
Madonia, (), i quali ritengono che « nel caso in cui la parte si dolga
per una violazione di legge contenuta nel capo della sentenza che
riguardi l’accertamento del requisito sanitario, il rimedio esperibile, in
forza dell’art.  bis, u.c. è il ricorso per cassazione ai sensi dell’art.
, comma °, cost., mentre tutti gli altri motivi di contestazione della
sentenza, ed in particolare quelli afferenti i requisiti socio economici,
sarebbero da sottoporre alla corte di appello quale giudice del gravame »; Licci, (), sostiene  , invece, la ricorribilità del provvedimento
in cassazione, ai sensi dell’art.  c.p.c., trattandosi di sentenza in
unico grado].
.. Le variazioni al modello introdotte dal d.lgs. n. /
Al fine di riordinare il rilevante numero di procedimenti, autonomamente disciplinati, presenti nel nostro Ordinamento, il Legislatore ha
emanato il d.lgs. ° settembre , n. , entrato in vigore il successivo  ottobre, con il quale ha ridotto il numero dei riti da  a  [v. più
ampiamente cap. °].
Ciò, in attuazione della delega conferita dal Parlamento al Governo
con l’art.  della l.  giugno , n. , che suggeriva di ricondurre
i molteplici procedimenti ai modelli processuali, già esistenti, caratterizzati da concentrazione e semplificazione, restando fermi i criteri di
competenza e di composizione dell’organo giudicante, previsti dalla
normativa vigente.
www.judicium.it.
. In L’accertamento tecnico preventivo nel processo previdenziale, in LPO , p. .
. Vedi al riguardo P. Licci, Il nuovo accertamento tecnico preventivo obbligatorio nelle
controversie previdenziali in www.judicium.it.
. Come cambia la tutela del lavoro: dal “collegato” alla “Fornero”

Muovendo da tali premesse si è, dunque, giunti ad unificare i procedimenti secondo gli schemi dettati, rispettivamente, dal rito ordinario
di cognizione, dal rito che disciplina le controversie in materia di
rapporti di lavoro e dal rito sommario di cognizione .
In questa sede di interesse appare opportuno esaminare esclusivamente quelli che sono, oggi, disciplinati dalla regole proprie del
rito del lavoro: a) i giudizi di opposizione ad ordinanza ingiunzione,
previsti dall’art.  della l.  novembre , n. ; b) le controversie
in materia di opposizione al verbale di accertamento di violazione del
codice della strada, di cui all’art.  del d.lgs.  aprile , n. ; c)
le opposizioni a sanzione amministrativa in materia di stupefacenti;
d) le controversie in materia di recupero degli aiuti di Stato previste
dall’art.  del d.l.  aprile , n.  convertito, con modificazioni,
dalla legge  giugno , n. ; d) le controversie in materia di applicazione delle disposizioni del codice in materia di protezione dei dati
personali; e) i giudizi aventi ad oggetto contratti agrari o conseguenti
alla conversione dei contratti associativi in affitto; f ) le impugnazioni
dei provvedimenti in materia di registro dei protesti e di opposizione
ai provvedimenti di diniego di riabilitazione del debitore protestato .
A ben vedere, dunque, sono stati assimilati al rito del lavoro tutti
quei giudizi in cui si rivelavano prevalenti i caratteri della concentrazione delle attività processuali, ovvero nei quali sono previsti ampi
poteri di istruzione d’ufficio [Relazione di accompagnamento al d.lgs.
n. /].
Invero, il rinvio al suddetto rito non è stato fatto tout court, stante
l’espresso richiamo operato dal legislatore delegato al solo Titolo IV,
sezione II del capo I del codice di rito, quindi agli artt. –, con
ulteriori deroghe previste dall’art.  del decreto stesso [non si prevede,
pertanto, alcuna ipotesi di conciliazione e di arbitrato].
Inoltre, nell’ipotesi di controversie promosse in forme diverse da
quelle previste dalla nuova normativa, non oltre la prima udienza di
comparizione delle parti viene disposto, anche d’ufficio, il mutamento
del rito con ordinanza.
. Vedi al riguardo C. Consolo, Prime osservazioni introduttive sul decreto legislativo n.
/ di riordino (e relativa “semplificazione”) dei riti settoriali in Corriere giuridico , p.
.
. Vedi sul punto M. Bove, Applicazione del rito del lavoro nel decreto legislativo s. lgs. n.
/ in www.judicium.it.

Processo civile: lavori in corso
Pur ritenendo apprezzabile la volontà del legislatore di riorganizzare il vigente sistema processual civilistico, tuttavia, non può non
evidenziarsi che il decreto in esame non ha esaurito tutti i possibili
interventi di semplificazione e non sembra aver operato in maniera
« razionale » .
Tra tutti, basti segnalare che non sono state ricondotte nell’alveo
del rito del lavoro, bensì in quello del processo sommario di cognizione, le controversie in materia di discriminazione, in particolare,
quelle relative a vessazioni sui luoghi di lavoro, attraverso una scelta
alquanto discutibile e senza alcun coordinamento con le norme sulla
competenza funzionale.
L’art.  del d.lgs. n. /, infatti, assoggetta al rito sommario
di cognizione tutti i procedimenti contro la discriminazione, ovvero,
indistintamente, tutte le ipotesi di discriminazione sul lavoro, quella di
genere, le discriminazioni per ragioni legate all’origine etnica e quelle
che vedono come soggetto passivo le persone con disabilità.
Sul punto, la stessa giurisprudenza ha sollevato molteplici dubbi,
finendo con il chiarire che, in mancanza di espresse indicazioni fornite
dal d.lgs. n. / in ordine ad una riserva di competenza in favore
del giudice civile ordinario, « devono essere decise dal giudice del
lavoro le controversie in materia di discriminazione che rientrano
nelle previsioni dell’art.  c.p.c. » .
Le variazioni introdotte appaiono, dunque, come l’ennesimo tentativo di riordino del sistema processuale, operato senza porre mano ad una concreta riforma dei riti così accorpati e senza una reale
valutazione della tutela derivante da tale presunta riunione.
A ben vedere la specificità delle norme dettate per i singoli procedimenti crea un frazionamento di essi ben lontano dalla propugnata unificazione di cui ha già avuto modo di occuparsi la Corte costituzionale
con la decisione  gennaio , n.  [in www.cortecostituzionale.it]
e rappresenta l’ennesima « occasione persa per raggiungere risultati
migliori » .
. Vedi, sul punto, A. Carratta, La semplificazione dei riti civili: I limiti dello schema di
decreto legislativo presentato dal governo, in www.treccani.it.
. Trib. Roma, sez. lav.,  giugno , in Riv. Critica dir. Lav. , p. .
. In Riv. dir. proc. , fascicolo , con nota di P. Sandulli.
. Vedi sul punto F. Santangeli , Riordino e semplificazione dei procedimenti civili, Milano
, p. .
. Come cambia la tutela del lavoro: dal “collegato” alla “Fornero”

.. Conclusione
In conclusione le molteplici riforme intervenute sull’ordito originario
del rito del lavoro e previdenziale hanno, in molti casi, finito con lo
snaturarne il modello e non ne hanno aumentato la funzionalità spesso
dilatando i tempi del giudizio.
A distanza di quaranta anni dalla sua entrata in vigore () sarebbe
auspicabile che il legislatore e la stessa applicazione giurisprudenziale
restituiscano al rito la sua originaria efficacia, eliminando anche il
discutibile assoggettamento del rito del lavoro al contributo unificato che dà vita ad un incomprensibile filtro di natura economica nei
confronti della tutela del lavoro, filtro di dubbia costituzionalità .
. Vedi, al riguardo, la decisione della Corte Costituzionale n.  del  dicembre ,
in Foro it. , I, c. .
Capitolo II
I nuovi requisiti per la proposizione
dell’appello nel rito del lavoro
I nuovi requisiti per la proposizione dell’appello nel rito del lavoro
: .. Posizione del problema,  – .. Il precedente testo del
primo comma dell’articolo  c.p.c.,  – .. I nuovi criteri dettati dalla
legge n.  del  alla luce della prima giurisprudenza,  – .. Il requisito delle “circostanze della violazione” contenuta nella sentenza di primo grado,  – .. I nuovi requisiti per la proposizione dell’appello, 
– .. La nuova tecnica redazionale,  – .. Conclusioni, .
.. Posizione del problema
Le due decisioni della Corte d’Appello di Roma del  gennaio , e
di quella di Salerno, del successivo  febbraio , pongono, all’analisi
della dottrina, le prime ipotesi di applicazione, da parte delle Corti
di merito , del nuovo testo dell’articolo  del codice di rito civile
relativo alle modalità di formulazione del ricorso in appello in materia
di lavoro (art.  c.p.c.).
Il testo del primo comma dell’articolo  del codice di rito civile, formulato nel , dalla legge n. , affermava che “il ricorso
deve contenere l’esposizione sommaria dei fatti ed i motivi specifici
dell’impugnazione, nonché le indicazioni prescritte dall’art. ”.
Il nuovo testo del primo comma nell’articolo , così come sostituito dall’art. , comma , lett. C bis, del d.l.  giugno , n.
, convertito nella legge del  agosto , n. , così dispone: “il
. Anche la sezione lavoro della Corte di appello di L’Aquila ha pronunciato, in data
 marzo , l’ordinanza numero  (presidente e relatore Sannite), con cui ha dichiarato
inammissibile una impugnazione proposta, avverso una sentenza del Tribunale di Lanciano,
in quanto essa “non ha una ragionevole probabilità di essere accolta”.


Processo civile: lavori in corso
ricorso deve contenere le indicazioni prescritte dall’art.. L’appello
deve essere motivato. La motivazione dell’appello deve contenere, a
pena di inammissibilità: ) L’indicazione delle parti del provvedimento
che si intende appellare e delle modifiche che vengono richieste alla
ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado; ) l’indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della
loro rilevanza ai fini della decisione impugnata”.
Dalla novellata disposizione del codice, modulata sull’art.  , rileva come il d.l. n. / ha previsto disposizioni che mirano a
migliorare l’efficienza delle impugnazioni, al fine di ridurre la durata
dei relativi giudizi., scaturiscono precisi e nuovi oneri relativi alla formulazione del gravame in capo all’appellante, in quanto il legislatore
non si è limitato a codificare gli orientamenti più rigorosi della Suprema Corte circa la specificità dei motivi, ma ha disposto che l’appello
sia circostanziatamente motivato, a pena di inammissibilità di esso.
Le due decisioni emesse dalle Corti di merito, tra le prime ad essere
state pronunciate, offrono, pertanto, validi spunti per individuare i
necessari requisiti per ritenere il gravame utilmente proposto ed in
grado di superare il vaglio dell’art.  c.p.c.
.. Il precedente testo del primo comma dell’articolo  c.p.c.
Al fine di comprendere la effettiva ampiezza della modifica, apportata
nel , occorre muovere dall’analisi della giurisprudenza formatasi
sul vecchio testo dell’articolo  del codice di rito civile.
Tale analisi ci condurrà a verificare se una parte della modifica
normativa sia stata dettata, o no, dall’accoglimento delle conclusioni
cui era pervenuta la giurisprudenza per supplire alla formulazione,
estremamente laconica, del testo del circa la specificità del gravame, basata sul pedissequo recepimento del testo dell’art. , primo
comma, relativo all’appello nel rito ordinario .
Il tema della specificità aveva, in passato, orientato la giurisprudenza, originata sia dall’analisi dell’art. , che da quella dell’art. , fino
. G. Balena, Le novità relative all’appello, in www.unife.it
. P. Sandulli, Processo civile (lavori in corso): le nuove impugnazioni civili, in Riv. dir. priv.
, p. .
. I nuovi requisiti per la proposizione dell’appello nel rito del lavoro

a giungere ad affermare che l’appellante è tenuto a fornire la dimostrazione della fondatezza delle singole censure mosse alle diverse
soluzioni offerte dalla sentenza gravata . Tale soluzione della Suprema
Corte, pur trovando una ferma opposizione della dottrina , in quanto
la sentenza n. / stravolgeva completamente la precedente
struttura delle impugnazioni , dopo la modifica normativa del 
ha assunto una notevole rilevanza.
Invero, mentre in precedenza le specificità, non potendo essere
determinate con classificazioni a priori, andavano valutate caso per
caso , anche se il requisito non poteva mai dirsi soddisfatto quando
l’appellante chiedeva la riforma della sentenza impugnata nella sua
globalità , oggi i criteri di validità dell’appello vanno valutati alla luce
del nuovo testo degli articoli  e  c.p.c.
.. I nuovi criteri dettati dalla legge n.  del  alla luce della
prima giurisprudenza
Con la nuova formulazione del primo comma, sia dell’articolo ,
che  del codice di rito civile, gli elementi richiesti, a pena di inammissibilità del gravame, sono ora molteplici ed attengono alla esatta
individuazione delle parti della decisione di primo grado che si intende impugnare ed alla corretta ricostruzione del fatto rispetto a quello
reso dalla sentenza gravata; inoltre, vengono richieste le circostanze
che hanno prodotto la violazione della legge e la rilevanza di esse.
Proprio da tale ultima prospettazione derivano le maggiori perplessità della dottrina circa la modifica normativa, in quanto non è
chiaro cosa il legislatore abbia voluto intendere con il riferimento alle
circostanze.
. Cfr. Cass. S.U.  dicembre , n. , in Foro It. , I, c. .
. Vedi al riguardo la nota critica di G. Balena, R. Oriani, A. Proto Pisani, N. Rascio, in
Foro It. , I, c. .
. Sul punto, vedi: N. Rascio, Ancora sui motivi di appello il requisito della specificità e la
conseguenza della violazione dell’articolo  c.p.c. nella giurisprudenza della Suprema Corte, in
Foro It. , I. c. .
. Cfr. Cass.  marzo , n. ; Cass.  gennaio , in Foro it. , I, c. .
. Vedi Cass.  novembre , n. , in Giust. Civ. Mass. , p. .
. Sulla correlazione tra specificità ed assolvimento della funzione del motivo vedi R.
Poli, Il nuovo giudizio di appello, in Riv. dir. Proc. , I, p.  ss.

Processo civile: lavori in corso
Le due decisioni annotate hanno tentato di dare soluzione alle
nuove formulazioni dell’appello, per quanto riguarda il rito del lavoro.
Chiarisce la decisione della Corte territoriale romana che “l’appello
per superare il vaglio di ammissibilità di cui all’art.  c.p.c. deve indicare espressamente le parti del provvedimento che vuole impugnare
(profilo volitivo); per parti vanno intesi non solo i capi della decisione ma anche tutti i singoli segmenti (o se si vuole sottocapi) che la
compongono quando assumano un rilievo autonomo (o di causalità)
rispetto alla decisione; deve suggerire le modifiche che dovrebbero
essere apportate al provvedimento con riguardo alla ricostruzione
del fatto (profilo argomentativo); il rapporto di causa ad effetto fra
la violazione di legge che è denunziata e l’esito della lite (profilo di
causalità)”.
Per rafforzare il concetto espresso, la Corte d’Appello di Roma ha
ritenuto di dover chiarire che tale chiave di lettura è in grado di offrire
una garanzia costituzionale alla norma, anche in ottica di ragionevole
durata (art.  cost.).
Integrando l’orientamento prospettato dalla sentenza della Corte
laziale, la decisione resa dalla Corte d’Appello di Salerno, ha posto
l’accento sui vantaggi, in termini di tempo, che possono derivare
dalla riforma sul giudizio di gravame, ritenendo che le modifiche
apportate dall’art.  c.p.c. consentono di verificare le facilitazioni e lo
sveltimento per il lavoro del giudice dell’appello “potendo il decidente
individuare, con immediatezza e senza studi defatiganti, sia le richieste
tendenti ad un effetto demolitorio di precise parti della motivazione
della decisione impugnata, sia le richieste, sorrette da specifica ed adeguata motivazione critica, tendenti con stretta corrispondenza anche
espositiva ad un effetto sostitutivo e altrettanto “chirurgicamente”
preciso di tali parti con quelle indicate dall’appellante, il che si armonizza anche con le funzionalità di editing redazionale consentite sul
piano informativo dal processo civile telematico”.
Come si vede, entrambe le pronunce si soffermano sul contenuto
del punto numero  dell’art.  c.p.c. rilevando (in particolare quella
della Corte territoriale campana) anche la forte analogia tra la novellata
normativa ed il testo del §  ZPO fino ad affermare che ci si trova
. Anche se nella normativa italiana difettano i coefficienti di oggettività che, invece,
caratterizzano il testo tedesco.
. I nuovi requisiti per la proposizione dell’appello nel rito del lavoro

in presenza di una ipotesi di “trapianto” della norma contenuta nel
codice processual civilistico tedesco nel nostro codice di rito civile.
Neppure una parola, invece, è stata dedicata, da entrambe le sentenze delle Corti di appello, alla ipotesi costruita dal legislatore con il
numero due del primo comma sia dell’articolo , che dell’art. 
c.p.c. relativa alle “circostanze” da cui discende la violazione della
legge.
Tale omissione induce ad ulteriori riflessioni in materia.
.. Il requisito delle “circostanze della violazione” contenuta nella sentenza di primo grado
Come ricordato in precedenza, le due decisioni annotate non hanno
fatto alcun riferimento al requisito, certamente più discusso dalla
dottrina ; R. Caponi, L’appello nel sistema delle impugnazioni civili, in
www.treccani.it , della dettagliata analisi delle circostanze che hanno
determinato la ingiustizia (o la pretesa ingiustizia) della sentenza di
primo grado.
Tale mancato riferimento suggerisce due diverse linee di riflessione,
da una parte può ritenersi che le due decisioni non abbiano fermato
la loro attenzione sul tema delle “circostanze” in quanto lo hanno
ritenuto assorbito dal dettagliato svolgimento del primo punto. In particolare, la Corte di Appello di Salerno chiarisce i requisiti essenziali,
ai fini della sufficienza del gravame proposto, affermando: “che la
norma obbliga l’appellante ad indicare, in primo luogo, le parti della
sentenza delle quali chiede la riforma, nonché le modifiche richieste,
sicchè è stato osservato che il lavoro assegnato al giudice d’appello
appare alquanto simile ad un preciso e mirato intervento di ritaglio
delle parti di sentenza di cui si imponga l’emendamento”; dunque, alla
luce di tale prima opzione, il requisito delle “circostanze”, indicato dal
punto , del primo comma dell’art.  c.p.c. può dirsi completamente
assorbito ed esaurito dal puntuale riferimento “demolitorio” della
sentenza impugnata. Del resto le due sentenze, dalle quali è partita
. Vedi sul punto C. Consolo, Nuovi ed indesiderabili esercizi normativi sul processo civile:
le impugnazioni a rischio di svaporamento, in Il corriere giuridico , p. ; G. Costantino, Le
riforme dell’appello civile e l’introduzione del “filtro”, in www.treccani.it

Processo civile: lavori in corso
la presente riflessione, ritengono che il vero portato della modifica
normativa vada ricercato nella contrazione dei tempi del giudizio
d’appello, anche in virtù dell’introduzione del filtro, operante anche
per il rito del lavoro, secondo il disposto dell’articolo  bis.
Se, invece, si volesse dare autonoma valenza al dettato del punto
 del primo comma dell’articolo  c.p.c. e non considerarlo — come fanno le due decisioni rese dalle Corti territoriali — meramente
ancillare e specificativo del punto , allora, oltre agli oneri chiariti
dalla Corti del merito, incomberebbe, alla parte appellante, anche un
ulteriore peso ossia quello della ricerca delle circostanze che hanno
determinato l’ingiustizia della sentenza, ma, in tal modo, si determinerebbe un’inconciliabile scissione tra le doglianze da proporre avverso
la sentenza gravata e le cause che hanno determinato la ingiustizia
della sentenza impugnata.
Tale tesi appare poco convincente e notevolmente contraddittoria,
tanto da non essere stata recepita dalle decisioni annotate anche se tale
profilo — sia nell’uno che nell’altro caso — si è realizzato in maniera
ermetica e non motivata. Tuttavia è da ritenere che la specificità delle
circostanze debba essere fatta scaturire dalla puntuale analisi delle
doglianze mosse avverso la sentenza di prime cure.
.. I nuovi requisiti per la proposizione dell’appello
In conclusione, dall’analisi dei testi delle due sentenze rese dalla Corte
di Appello di Roma il  gennaio  e da quella di Salerno il primo
febbraio , è possibile trarre utili elementi per valutare i requisiti
necessari e sufficienti perché l’appello possegga i coefficienti minimi
per essere ritenuto ammissibile, alla luce del novellato testo dell’art.
 c.p.c.
Preliminarmente, va ricordata la logica che deve presiedere alla
redazione del gravame, in virtù della quale è necessario che vi sia
una intima connessione tra la esposizione del fatto e la stesura del
diritto, avendo attenzione nel porre in essere la fase demolitoria della
decisione impugnata, segnalando puntualmente tutti gli errori in cui è
incorso il giudice di prime cure, operando, pertanto, quella “vivisezione” su cui effettuare l’intervento “chirurgico” ad opera dei giudici del
gravame — come ha segnalato la Corte d’Appello di Salerno — i quali,
. I nuovi requisiti per la proposizione dell’appello nel rito del lavoro

in virtù di detto lavoro di natura demolitoria, trovano un ambiente
favorevole per porre in essere la loro attività di ricostruzione della
verità processuale operando la sostituzione dell’errato con ciò che
determina invece la emanazione d una decisione corretta.
Così operando risulterà, anche implicitamente, adempiuto il discutibile requisito della descrizione delle circostanze che hanno determinato, presso il giudice di primo grado, l’ingiustizia della sentenza.
Tale schema, del resto, risponde alla sistematica precisata dalla Corte
territoriale romana che ha chiarito che “è assai probabile che il giudice
di appello riesca a pervenire, in tempi ragionevoli, alla definizione
del processo” se i motivi del gravame “si conformeranno, in misura
convincente, allo stilema dell’art.  c.p.c.”.
La costruzione dell’appello così attuata ha sufficienti elementi anche per superare il filtro di ammissibilità previsto dall’articolo –bis
del codice di rito, per il processo del lavoro.
.. La nuova tecnica redazionale
La tecnica per la redazione del ricorso in appello deve essere completamente rielaborata alla luce delle nuove norme in tema di gravame di
merito norme che se correttamente interpretate consentono alla parte
ricorrente di giungere alla redazione del ricorso in appello attraverso
una più intima consequenzialità tra fatto e diritto dove il corretto
inquadramento del primo da vita ad una migliore valutazione delle
inesattezza e/o ingiustizie in diritto di cui è macchiata la sentenza
gravata.
Detta tecnica deve tenere presenti le ulteriori difficoltà prodotte
dal cosiddetto filtro dettato dagli articoli –bis e  ter del codice
di rito civile, filtro che come da più parti  è stato rilevato non si basa
come nel processo tedesco (§  ZPO) su di un criterio di manifesta
infondatezza, ma ha individuato parametri assai più discrezionali e
scivolosi perché non ancorati ad un dato oggettivo.
Sono, infatti, i profili relativi al necessario superamento dell’ammissibilità dell’appello che debbono guidare il lavoro della parte ricorrente,
. Vedi al riguardo per tutti, R. Caponi, La riforma dei mezzi di impugnazione, in Riv.
trim. dir. proc. civ. , p. .

Processo civile: lavori in corso
la quale è tenuta ad offrire al giudice del gravame, non dotato (come
la Corte di cassazione) di specifiche sezioni “filtro”, tutti gli elementi
che consentono di far ritenere la fondatezza dell’appello e la sua completezza ai fini del perseguimento della valutazione, preliminare, circa
la “ragionevole probabilità” dell’accoglimento del gravame .
Inoltre, un’ulteriore considerazione deve guidare la redazione dell’atto di appello: tale rilievo va desunto dal nuovo testo del terzo
comma dell’articolo  ter c.p.c., che trova applicazione anche per il
rito del lavoro, in base al dettato dell’art. –bis c.p.c. Come è noto,
quando è pronunciata l’inammissibilità dell’appello, contro la sentenza di primo grado “può essere proposto, a norma dell’articolo ,
ricorso per cassazione”; tale circostanza deve suggerire, al fine di evitare eventuali ipotesi di acquiescenza (art.  c.p.c.) o il formarsi di
un giudicato interno, l’ampliamento della materia che deve essere
posta alla base dell’appello e che eventualmente potrà divenire, in
caso di dichiarazione di inammissibilità, anche oggetto del giudizio di
Cassazione .
.. Conclusioni
L’inserimento del “filtro” nel giudizio d’appello, sia nel rito ordinario,
che in quello del lavoro, ha, nelle intenzioni del legislatore del ,
la duplice valenza di razionalizzare la stesura del gravame, anche a
fini dello snellimento dei tempi del giudizio (art.  cost.), e quella
di evitare che gli appelli manifestamente infondati appesantiscano i
ruoli delle corti del merito. Tali obiettivi, però, rischiano di non essere
perseguiti poiché il legislatore non è intervenuto sull’organico delle
Corti d’appello e non ha dato vita a sezioni filtro, sulla base di quanto
a suo tempo (d.lgs. /) disposto per la cassazione. La mancanza
di detto strumento di selezione obbliga la Corte d’Appello nella sua
composizione ordinaria (sia nel rito del lavoro, che in quello ordinario)
ad un duplice esame che, nel tempo, può produrre un appesantimento
. Cfr., sul punto Cass. S.U.  febbraio , n. , in Guida al diritto , , p. .
. In altra sede (cfr. P. Sandulli, Processo civile (lavori in corso): le nuove impugnazioni
civili, cit. p. ) ho sostenuto che nei confronti dei vizi propri dell’ordinanza che dichiara
l’inammissibilità dell’appello, decidendo del diritto alla difesa, è esperibile il ricorso per
cassazione ex art. , settimo comma della Costituzione.
. I nuovi requisiti per la proposizione dell’appello nel rito del lavoro

del lavoro delle corti territoriali, allungandone ulteriormente i tempi
del giudizio.
Inoltre, non si comprende perché non si sia scelta la corsia preferenziale della sentenza immediata (sull’esempio di quanto accade nei
giudizi amministrativi) per gli appelli manifestamente fondati.
Capitolo III
Il giudizio in Cassazione in materia di lavoro
Alla luce delle modifiche introdotte dalla legge n.  del 
e dalla legge n.  del 
: .. Premessa,  – .. La fase introduttiva,  – .. La decisione,  – .. Provvedimenti sulle spese,  – .. La nuova formulazione
del motivo di ricorso contenuto nell’art.  c.p.c.,  – .. Art.  d.lgs.
n. / ed art. –bis c.p.c., .
.. Premessa
Il giudizio innanzi alla Corte di Cassazione è stato oggetto di due
recenti modifiche da parte del Legislatore, inseritesi nel solco già tracciato dai precedenti interventi riformatori, a temporanea conclusione
di un dibattito dottrinale avviato sin dalla fine degli anni ’ .
Dette modifiche sono contenute in parte nella legge n. del 
ed in parte nella legge  agosto  n. , che ha dettato le “misure
urgenti per la crescita del Paese”.
Le modifiche contenute nella legge n.  del , trovano applicazione, come precisato dalle disposizioni transitorie di cui all’art.  della
legge  giugno , n. , per i giudizi instaurati in data successiva
al  luglio : con riferimento alla materia che ci occupa, tuttavia,
il successivo art.  ha precisato che le disposizioni sul giudizio in
cassazione si attuano per le sentenze “depositate successivamente alla
data di entrata in vigore della legge”, ovvero, dal  luglio .
Invece, la modifica apportata dall’art.  della legge n.  del ,
trova la sua applicazione per la proposizione dei ricorsi per cassazione relativi alle sentenze d’appello pubblicate, mediante deposito in
. M. Stella Richter, “Problemi attuali della Corte di Cassazione”, in Riv. dir. proc., , p.
.


Processo civile: lavori in corso
cancelleria, a partire dal ° giorno successivo a quello della data di
entrata in vigore della legge, vale a dire dal  settembre , essendo
stata la legge n.  pubblicata nella G.U. n.  dell’ agosto .
Tra le novità più importanti apportate dalla legge n. /, vi è
da segnalare l’introduzione di un c.d. filtro di ammissibilità dei ricorsi,
finalizzato al rafforzamento della funzione di nomofilachia della Corte:
l’istituto (art. –bis c.p.c., correlato all’art. –bis Ord. Giudiziario),
invero, non era previsto nell’originario testo del provvedimento (disegno di legge governativo ) ma è stato introdotto solo a seguito
dell’accoglimento, nella terza lettura innanzi alla Camera, avvenuta in
data  aprile , di alcune proposte di emendamento.
Il testo originario elencava, infatti, i casi in cui il ricorso poteva
essere dichiarato ammissibile , ovvero: ) se il provvedimento impugnato aveva deciso su questioni di diritto in modo difforme da
precedenti decisioni della Corte; ) se l’oggetto era una questione
c.d. nuova, ovvero, se la Corte riteneva di dover fare chiarezza sul
tema, in presenza di contrastanti orientamenti giurisprudenziali; )
quando appariva fondata la censura relativa a violazione dei principi
regolatori del giusto processo; ) quando ricorrevano i presupposti
per una pronuncia ai sensi dell’art.  c.p.c.
A ben vedere, la versione originale del disegno di legge prevedeva
un’ulteriore ipotesi, legata alla presenza di una c.d. “doppia conforme”:
il ricorso non poteva, infatti, essere ritenuto ammissibile ove proposto
avverso la sentenza di appello che avesse confermato la pronuncia di
primo grado.
Tuttavia, alla luce delle molteplici riserve espresse sul disegno di
legge ; C. Consolo, “La Cassazione “vertice immanente” non ambiguo ”,
in Corr. Giur., , p. ; P. Sandulli “Un grido di allarme sul futuro
del processo civile”, in Foro Romano, , p. ., tacciato di incostituzionalità sotto diversi profili, giacchè sembrava subordinare agli
. G. Impagnatiello, “La Cassazione civile dopo la riforma: una nuova nomofilachia?”, in
Giust. proc. civ., , p. .
. R. Frasca, “Osservazioni critiche sul cd. filtro in cassazione attualmente in discussione al
Parlamento”, in www.judicium.it
. Consiglio nazionale forense, “Sul d.d.l. di riforma di norme del codice di procedura
civile”, in www.cnf.it
. Il giudizio in Cassazione, in materia di lavoro

“umori” della Corte il giudizio sull’ammissibilità dell’impugnazione ,
le previsioni sono state ampiamente rivisitate e corrette.
In particolare, sono state accolte le critiche mosse dalla stessa magistratura, che aveva sottolineato il rischio di alterazioni profonde
sul piano sostanziale della tutela e su quello del ruolo istituzionale
della Corte, chiamata a ricondurre nella categoria dell’ammissibilità
— inammissibilità, quello che propriamente attiene all’ambito della
manifesta fondatezza — infondatezza del ricorso .
Inoltre il d.d.l.  affidava la funzione di “filtro” ad un collegio
composto di tre magistrati, seguendo un procedimento assai distante
da quello dettato dall’art. –bis c.p.c.
L’attuale disciplina prevede, invece, che sia il primo Presidente
della Corte di cassazione ad affidare i ricorsi ad un’apposita sezione,
formata da cinque magistrati, la quale dovrà effettuare un vaglio di
ammissibilità, ad eccezione dei casi in cui lo stesso Presidente ritenga
di doverli rimettere alle Sezioni unite .
Nella versione attuale, dunque, il neo formulato art. –bis del
codice di rito ha introdotto due nuove ipotesi di inammissibilità del
ricorso in Cassazione , che vanno ad aggiungersi a quelle già normate
dallo stesso codice: la prima si verifica ove la decisione impugnata sia
conforme a precedenti, consolidati, orientamenti giurisprudenziali e
la Corte non ravvisi, dall’esame dei motivi di ricorso, l’opportunità
di discostarsene, ovvero di precisare od arricchire l’orientamento già
manifestato .
Il secondo caso di inammissibilità si verifica quando la censura
dedotta sulla violazione dei principi regolatori del giusto processo, si
. L’espressione è di G. F. Ricci, “Prime osservazioni sulle modifiche al giudizio di
Cassazione introdotte dal d.d.l.  bis”, in www.oua.it.
. N. Taruffo, “Una riforma della cassazione civile?”, in Riv. trim. dir. e proc. civ., , p.
.
. Consiglio Superiore Magistratura, “ Parere sulle disposizioni in materia di riforma del
codice di procedura civile, contenute nel d.d.l. –bis — Camera dei deputati — concernente le
disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della
finanza pubblica e perequazione tributaria”, Delibera del  settembre .
. F. Auletta, S. Boccagna, G. P. Califano, G. Della Pietra, G. Olivieri, N. Rascio, “Le
norme sul processo civile nella legge per lo sviluppo economico, la semplificazione e la competitività”,
Napoli, , p. .
. F. Carpi “Il tormentato filtro al ricorso in cassazione”, in Corr. Giur., , p. .
. C. Consolo, “Una buona novella al c.p.c.: la riforma del  — con i suoi articoli –bis
e –bis — va ben al di là della sola dimensione processuale”, in Corr. Giur., , p..

Processo civile: lavori in corso
appalesa manifestamente infondata .
Ove la sezione ritenga di poter definire il giudizio con ordinanza in
camera di consiglio , per inammissibilità del ricorso ovvero per manifesta fondatezza o infondatezza dello stesso, depositerà una relazione
in Cancelleria ed il Presidente fisserà la data dell’adunanza.
I difensori delle parti in causa ed il pubblico ministero, ove necessario, avranno facoltà di depositare delle brevi memorie sino a  giorni
prima dell’adunanza e potranno chiedere di essere ascoltati.
Nell’ipotesi in cui, al contrario, la sezione non ravvisi gli estremi
per la decisione in camera di consiglio, rimetterà gli atti al Primo
Presidente, che provvederà ad assegnare la causa alle sezioni semplici.
La sezione assegnataria, tuttavia, non sarà assolutamente vincolata
alla decisione preliminare della “sezione–filtro” , ben potendo, a sua
volta, effettuare un vaglio sull’inammissibilità del ricorso.
Da un primo esame, entrambe le ipotesi di inammissibilità sembrerebbero ancorate più ai singoli motivi di doglianza che all’impugnazione complessivamente considerata ed introducono, comunque, un
rilevante fattore “discrezionale” nella decisione sui ricorsi.
Inoltre, piuttosto che snellire l’attività giudiziaria, sembrerebbero
averne reso ancor più farraginosi i meccanismi, avendo introdotto dei
passaggi ulteriori tra le sezioni, rispetto a quelli vigenti.
A ben vedere, dunque, piuttosto che introdurre meccanismi di nuova
creazione, sarebbe stato più opportuno aderire ai suggerimenti forniti
dal Consiglio superiore di magistratura, ovvero, procedere con una
riforma sul piano organizzativo e non processuale, prevedendo un
aumento del relativo organico e l’adozione di nuovi criteri di selezione
dei giudici di cassazione, disancorati dal criterio della sola anzianità.
. C. Mandrioli, A. Carratta, “Come cambia il processo civile”, Torino, , p. .
. “È costituzionalmente illegittimo l’art.  — bis, comma , c.p.c. (come modificato dall’art.
 d.lgs. n.  del ), nella parte in cui non prevede l’esperibilità del rimedio della revocazione
per errore di fatto, ai sensi dell’art. , comma , n.  c.p.c., per le ordinanze pronunciate dalla
Corte di cassazione a norma dell’art. , comma , n. , dello stesso codice”, Corte cost.,  luglio
, n. , in Giust. civ. Mass., , , p..
. A. Briguglio, B. Capponi (a cura di), “Commentario alle riforme del processo civile”,
Padova, , vol. III, tomo I, p. .
. C. Consolo, “Una buona novella al c.p.c.: la riforma del  — con i suoi artt. –bis e
–bis — va ben al di là della sola dimensione processuale”, in Corr. Giur., , p. .
. Cfr nota n. .
. A. Proto Pisani, “Sulla garanzia costituzionale del ricorso per cassazione sistematicamente
. Il giudizio in Cassazione, in materia di lavoro

Al più, sarebbe stato utile valutare la possibilità di sopprimere il giudizio di appello, così come consentito dalla stessa Carta costituzionale,
senza dover limitare oltremodo l’accesso al giudizio di Cassazione
che, al contrario, è costituzionalmente garantito dall’art. .
In questa breve ricostruzione delle modifiche apportate al giudizio
in Cassazione, merita segnalazione anche l’intervenuta abrogazione
dell’art. –bis c.p.c., peraltro di recente introduzione (), con il
quale era stata prevista la formulazione di appositi “quesiti” di diritto
da sottoporre alla Corte, a conclusione di ciascuna doglianza mossa
nel ricorso, ovvero l’indicazione del fatto controverso, con riferimento
al vizio di cui all’art. , n. , c.p.c. .
Invero, la citata disposizione, seppur all’inizio aveva incontrato la
diffidenza di molti operatori del diritto, anche grazie ai successivi
“chiarimenti” forniti dalla stessa Corte di cassazione , sembrava aver
prodotto risultati incoraggianti in termini di riduzione del carico di
lavoro per i magistrati.
Gli operatori stavano, infatti, imparando che “una formulazione
del quesito idonea alla sua funzione richiede che con riferimento ad ogni
punto della sentenza investito da motivo di ricorso, la parte, dopo avere del
medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed averne indicato il modo
in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui
base il punto controverso andrebbe viceversa risolto, formulato in modo tale
da circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto”.
Quanto al vizio di motivazione, poi, per costante giurisprudenza
era divenuto chiaro che “esso deve indefettibilmente contenere la sintetica
e riassuntiva indicazione: a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova
la cui valutazione avrebbe dovuto condurre ad una diversa decisione; c) degli
argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria”.
La ratio della norma risiedeva, infatti, nella possibilità che la lettura
del ricorso fosse più agevole, così da consentire la pronta identificazione delle questioni da risolvere, nella prospettiva di una decisione
rapida; lo sforzo in più, richiesto ai difensori della parti, veniva dunque
ripagato dal raggiungimento della “ragionevole durata del processo”.
interpretata”, in Foro it., , , V, c. .
. S. Raiti, “Note esegetiche a prima lettura sul “filtro” in cassazione secondo la legge di
riforma al codice di rito civile n.  del  giugno ”, in www.judicium.it.
. Ex multis, Cass. civ, S.U.,  marzo , n.  in Foro it., , I, c. , con nota
di R. Caponi; Cass. civ., sez. III,  luglio , n. , in Ilsoleore, Lexrepertorio, .

Processo civile: lavori in corso
Per quanto in questa sede interessa, valga ricordare che non è stato
oggetto di modifica l’istituto, anch’esso di recente introduzione, dell’accertamento pregiudiziale sull’efficacia, validità ed interpretazione
dei contratti ed accordi collettivi, previsto dall’art. –bis c.p.c.
Con l’art.  del d.lgs.  febbraio , n. , infatti, è stato esteso il
sindacato diretto della Corte sull’interpretazione ed applicazione dei
contratti collettivi nazionali di diritto comune, ampliando la previsione
del n.  dell’art.  c.p.c.
Invero, la previsione già esisteva nel nostro ordinamento, seppur
limitata al settore dell’impiego pubblico: ricordiamo, infatti, che l’art.
 del d.lgs.  marzo , n.  (“Nuove disposizioni in materia di
organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione
amministrativa, emanate in attuazione dell’art. , comma , legge 
marzo , n. ”) aveva disposto l’inserimento “dopo l’art.  del
d.lgs.  febbraio , n. ”, di un articolo –bis che, articolato in 
commi, enucleava la disciplina dell’accertamento pregiudiziale.
La norma, in seguito alla privatizzazione del pubblico impiego, era
stata trasfusa nel t.u. n. / (“Norme generali sull’ordinamento
. A. Carratta, “Commento all’art.  bis”, in AA. VV., “Le recenti riforme del processo
civile”, (a cura di) S. Chiarloni, Bologna, , p..
. “Sono infondate le q. l. c. dell’art. , commi ,  ,  d.lgs. /. In particolare, è
infondata la questione relativa all’art. , comma  — censurato in riferimento all’art.  cost. per
l’ingiustificata disparità della disciplina processuale applicabile al pubblico dipendente rispetto al
lavoratore privato, nonostante la tendenza alla “omogeneizzazione” di tutto il lavoro dipendente —
in quanto la disposizione tiene conto della peculiarità del contratto collettivo nel pubblico impiego,
le quali rendono evidente l’impossibilità di ritenere a priori irrazionali le peculiarità della disciplina
del processo in cui quel contratto collettivo — ben diverso da quelli cosiddetti di diritto privato —
deve essere applicato. È infondata altresì la questione concernente l’art.  comma  — censurato in
riferimento all’art.  cost. perché la sua macchinosità, con l’arresto del processo per  giorni, lo
renderebbero incompatibile con la tutela cautelare — in quanto prevede una valutazione del giudice
richiesto i una misura cautelare la cui natura sommaria è ben compatibile con una (anteriore,
coeva o successiva) rimessione della questione interpretativa all’ARAN ai fini della (successiva)
decisione di merito. È infondata, infine, la q.l.c. dell’art.  comma  — censurato in riferimento
agli art.  e  cost. in quanto impone al giudice, ove non intervenga l’accordo tra l’ARAN e
le organizzazioni sindacali, di “emettere una sentenza non definitiva su un determinato profilo
della controversia, privandolo di ogni valutazione discrezionale sull’opportunità di rinviare ogni
decisione al definitivo” — dal momento che prevede un meccanismo certamente in sintonia con
lo scopo perseguito dalla legge delega e con il generale contesto normativo che quello scopo ha
suggerito: il principio fissato “in subiecta” materia è stato, infatti, del tutto adeguatamente tradotto
dal legislatore delegato in una disciplina che, in presenza di una (ovviamente serie) questione
interpretativa, fa della controversia individuale — sia pure attraverso un modesto “sacrificio” per il
. Il giudizio in Cassazione, in materia di lavoro

del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) ed ha
finito per rappresentare il modello cui si è ispirato il Legislatore del
, che ne ha esteso l’applicabilità al settore privato.
È stata assunta a fonte di diritto — seppur ai soli fini processuali
— anche la contrattazione collettiva ed esteso il sindacato relativo agli
errores in procedendo; in passato, invece, i contratti dell’impiego privato
potevano essere impugnati solo per motivi di carattere ermeneutico .
Dunque, nonostante la Corte costituzionale avesse fugato ogni
dubbio sulla disparità di trattamento tra dipendenti pubblici e privati, il Legislatore ha preferito uniformarne la disciplina precisando
comunque che, ove il ricorso sia finalizzato a sottoporre alla Corte
il sindacato sui contratti collettivi, dovrà chiaramente indicarne gli
estremi e contenerne, in allegato, una copia.
Ciò, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso ed a
conferma di come i citati contratti non possano essere annoverati tra
le fonti di diritto le quali, come noto, soggiacciono al principio “ iura
novit curia” .
Sempre in tema di violazione e falsa applicazione di contratti o
singolo lavoratore — l’occasione per pervenire ad una definitiva, perché potenzialmente generale,
soluzione della questione e, quindi, alla rimozione erga omnes della situazione di incertezza posta
in evidenza dalla controversia; senza, peraltro, che ciò, nell’esercizio della discrezionalitàlegislativa,
costituisca uno spreco di attivitàgiurisdizionale o provochi una non ragionevole, e quindi iniqua,
durata del processo”; Corte cost.,  giugno , n. , in Giur. cost. , p. .
. “I contratti collettivi del settore pubblico (come pure, successivamente, quelli del settore
privato) sono stati equiparati agli atti normativi ai soli fini processuali dell’ammissibilità della
denuncia di violazione e falsa applicazione di clausole nel ricorso per cassazione (art. , comma
, d.lgs. n. / e, poi, art. , comma , n. , c.p.c., nel testo novellato dal d.lgs. n. /),
senza che ne sia stata alterata, sul piano sostanziale, la natura di atti negoziali. Conseguentemente,
è manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale avverso una clausola di
contratto collettivo, potendo l’incidente di costituzionalità essere proposto soltanto nei confronti di
atti aventi forza di legge”, Cass. civ., sez. un.,  luglio , n. , in Giust. civ. Mass. ,
, p. .
. “Nell’interpretazione di una norma contrattuale, com’è quella contenuta in un contratto
collettivo di diritto comune — operazione che si sostanzia in un accertamento di fatto, come tale
riservato al giudice di merito ed incensurabile in cassazione se non per vizi attinenti ai criteri legali
di ermeneutica o ad una motivazione carente o contraddittoria — occorre far riferimento in via
prioritaria al criterio fondato sul significato letterale delle parole, di cui all’art.  cod. civ. e,
solo ove il dato letterale della norma possa risultare ambiguo, può farsi ricorso agli altri canoni
strettamente interpretativi (art.  —  cod. civ.) e, in caso di insufficienza, a quelli integrativi
(artt.  —  cod. civ.)”, Cass., sez. lav.,  giugno , n. .
. R. Tiscini, “Art.  — Sentenze impugnabili e motivi di ricorso”, in “Commentario alle
riforme del processo civile”, (a cura di ) A. Biguglio, B. Capponi, Milano, , p. .

Processo civile: lavori in corso
accordi collettivi nazionali di lavoro, oltre che di norme di diritto,
con la recente riforma è stata introdotta la possibilità di formulare
ricorso per saltum contro le sentenze di primo grado (art. , comma
, c.p.c.), ove vi sia accordo tra le parti, risultante da atto sottoscritto
personalmente dalle stesse, ovvero dal difensore munito di procura
speciale , ed avente data certa.
A conclusione di questa breve premessa, nella quale si è tentato
di schematizzare le innovazioni al giudizio in Cassazione, apportate
nel corso dell’ultima legislatura, si segnala la novità introdotta dall’art.
 c.p.c., in tema di pronuncia a sezioni unite , che si salda con la
disposizione prevista dall’art  c.p.c.
.. La fase introduttiva
In mancanza di disposizioni speciali, al giudizio di cassazione in materia di lavoro si ritengono applicabili, per quanto compatibili, le norme
previste per il rito ordinario.
La competenza a decidere è tuttavia riservata, ai sensi dell’art. 
della legge  agosto , n. , ad apposita sezione “incaricata esclusivamente della trattazione delle controversie di lavoro e di quelle in materia
di previdenza ed assistenza, che giudica col numero invariabile di  votanti”.
L’atto introduttivo del giudizio deve assumere la forma del ricorso, i cui elementi sono indicati nell’art.  c.p.c. e, giuste le nuove
disposizioni introdotte dal Legislatore, i motivi di doglianza potranno
essere esclusivamente quelli previsti dalla nuova formulazione dell’art.
, così come ridotta, circa il punto n. , dalla legge n.  del .
Ulteriore elemento, a pena di inammissibilità, è rappresentato dalla
sottoscrizione da parte di un legale che sia abilitato al patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori, munito degli appositi poteri , conferiti
. “L’accordo diretto all’immediata impugnazione in sede di legittimità della sentenza di
primo grado costituisce un negozio giuridico processuale, quantomeno sotto il profilo della rilevanza
della manifestazione di volontà dei dichiaranti, il cui e ffetto è quello di rendere non appellabile la
sentenza oggetto dell’accordo; pertanto, qualora detto accordo non sia stato concluso dalle parti
o dai loro difensori muniti di procura speciale, il ricorso per cassazione proposto per saltum deve
essere dichiarato inammissibile”, Cass. civ., s.u.,  luglio , n. , in Giur. it., , c. .
. A. Proto Pisani, “Novità nel giudizio civile di cassazione”, in Foro it., , V, c. .
. “In tema di spese giudiziali, configura ipotesi di colpa grave — tale da legittimare l’irrogazione, a carico del soccombente, dell’ulteriore somma di cui all’art., comma , c.p.c., introdotto
. Il giudizio in Cassazione, in materia di lavoro

a mezzo di procura speciale rilasciata in data successiva alla sentenza
impugnata .
Il ricorso, quindi, andrà notificato alla controparte e, nei  giorni
successivi, depositato in cancelleria secondo un procedimento contrario a quanto si potrebbe ictu oculi pensare, con riferimento al termine
ricorso: infatti, la contraddizione terminologica ha un’origine storica
perché, in passato, il ricorso in cassazione era un mezzo di impugnazione straordinario, che rappresentava una “supplicatio” all’organo
supremo .
La controparte, a sua volta, potrà costituirsi in giudizio a mezzo di
controricorso, anch’esso da notificare al ricorrente e, successivamente, da depositare in cancelleria, ed all’interno del quale potrà proporre
impugnazione incidentale.
Sia il ricorso introduttivo che il controricorso, dovranno rispettare
il principio di specificità ed autosufficienza , sanciti dall’art. , n.
dal d.lgs. n.  del  — l’aver proposto ricorso per cassazione a mezzo di un difensore privo
di procura speciale (richiesta testualmente dall’art.  c.p.c.) ed agente in forza di una procura
generale, rilasciata anteriormente alla data di emanazione della sentenza impugnata, stante il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui è indispensabile la posteriorità della procura”,
Cass. civ., sez. un.,  febbraio , n. , in Giust. civ. Mass., , p. .
. “La procura per il ricorso per cassazione ha, ex art.  c.p.c., carattere necessariamente
speciale, dovendo riguardare il particolare giudizio di legittimità sulla base di una specifica valutazione della sentenza da impugnare, per cui tale procura è valida solo se rilasciata in data successiva
alla sentenza impugnata; né può ritenersi sufficiente, con riguardo alle controversie soggette al rito
del lavoro, la mera lettura in udienza, in epoca anteriore al rilascio della procura, del dispositivo
della sentenza, dovendosi ritenere la previsione di cui all’art.  c.p.c. — in base al quale può
essere proposto l’appello contro le sentenza di primo grado ove l’esecuzione sia iniziata prima della
notificazione della sentenza — norma eccezionale, in suscettibile di applicazione analogica”, Cass.
civ., sez. lav.,  giugno , n. , in Giust. civ. Mass., , p. .
. F. P. Luiso “Diritto processuale civile”, Milano, , tomo II, p. .
. “Nel giudizio in cassazione, il controricorso deve essere notificato alla controparte ai sensi
dell’art.  c.p.c., non potendosi considerare sufficiente il mero deposito presso la corte perché
l’atto possa svolgere la sua funzione di strumento di attivazione del contraddittorio rispetto alla
parte ricorrente, la quale, solo avendone acquisito legale conoscenza, è in condizioni di presentare
le sue osservazioni nelle forme ex art.  c.p.c.; ne consegue che, ove la notifica sia stata omessa,
l’atto non è qualificabile come controricorso e la procura speciale, rilasciata in calce od a margine
allo stesso, non è valida, dovendosi ritenere priva di efficacia l’autenticazione del difensore, il cui
potere certificativi è limitato agli atti specificamente indicati nell’art. , comma , c.p.c., e al quale
,pertanto, resta preclusa la partecipazione alla discussione del ricorso”, Cass. civ., sez. lav., 
settembre , n. , in Giust. civ. Mass., , p. .
. “La parte che denuncia, in sede di legittimità, il difetto di motivazione su un’istanza di
ammissione di un mezzo istruttorio o sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie
e processuali, ha l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto

Processo civile: lavori in corso
, c.p.c. e, trattandosi di mezzo di impugnazione privo di effetto
devolutivo ed a critica vincolata, dovranno essere chiaramente esposti
sia i motivi di doglianza, sia gli atti richiamati .
In particolare, ove il gravame si fondi su contratti o accordi collettivi,
essi andranno depositati in cancelleria, unitamente al ricorso, a pena di
improcedibilità dello stesso; ciò perché, come è stato poc’anzi chiarito,
i contratti e gli accordi in questione non sono equiparabili alle norme
di legge e, pertanto, non rispondono al principio iura novit curia.
Al contrario, in materia di rapporto di impiego pubblico , atteso
che i contratti vengono stipulati dall’Aran e dalle confederazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale, anche alla luce dell’art.
, comma II, del d.lgs. n. /, non è necessaria la produzione in
giudizio, poiché si annoverano tra le fonti del diritto .
del documento trascurato o erroneamente interpretato dal giudice di merito, al fine di consentire il
controllo della decisività dei fatti da provare e, quindi, delle prove stesse, dato che questo controllo,
per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, deve poter essere compiuto dalla
corte di cassazione sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito
sopperire con indagini integrative”, Cass. civ., sez. lav.,  luglio , n. , in Red. Giuffrè,
.
. “Nel nome del principio di specificità e autosufficienza del ricorso per cassazione, la parte che
denuncia l’erronea interpretazione di un atto di autonomia privata deve riportarlo integralmente,
perché non è consentito ai giudici di legittimità — per i limiti propri della funzione ad essi attribuita
— di procedere alla ricerca e all’esame del contenuto dei fascicoli di parte, al di fuori delle ipotesi
di denuncia di “error in procedendo”. In particolare, sulla parte che denuncia la violazione delle
regole di ermeneutica contrattuale grava anche l’onere, al di là dell’indicazione degli articoli di
legge in materia, di fornire specifica dimostrazione del modo in cui il ragionamento del giudice di
merito abbia deviato dalle regole stesse; ai fini dell’ammissibilità del ricorso, infatti, non è idonea
la mera trascrizione di massime giurisprudenziali in materia, senza una specifica esposizione
ed un’esauriente dimostrazione delle ragioni per le quali il giudice di merito, nel pervenire alle
conclusioni esposte nella sentenza impugnata, abbia operato in contrasto con i principi stabiliti
nelle massime stesse”, Cass. civ., sez. lav.,  maggio , n. , in Diritto e Giustizia, .
. A. Vallebona “Le questioni di interpretazione, validità ed efficacia dei contratti collettivi
nazionali del settore pubblico”, in Giust. civ., , II, p. .
. Contra, Cass. civ., sez. lav.,  maggio , n. : “In Considerazione della natura
contrattuale delle clausole dei contratti collettivi del settore pubblico ed in mancanza di una
previsione legislativa in tal senso, non può trovare applicazione alle norme contenute nelle suddette
clausole il principio iura novit curia; tuttavia, nell’interpretazione di tali clausole, la Corte di
cassazione non può essere condizionata dal comportamento delle parti che abbiano riprodotto
in tutto o in parte le clausole da interpretare, potendo ricercarle aliunde, al pari di tutte le altre
norme contrattuali ritenute utili alla interpretazione, nei limiti del fascicolo processuale nella sua
interezza e, dunque, dei documenti prodotti dinanzi al giudice di merito o dallo stesso acquisiti ”,
in Giust. civ., , I, p. .
. Il giudizio in Cassazione, in materia di lavoro

Nell’ipotesi di ricorso c.d. per saltum, agli atti di causa deve essere
allegato anche l’accordo delle parti finalizzato all’omissione dell’appello.
Come anticipato nel precedente paragrafo, i recenti interventi legislativi hanno abolito la regola introdotta con il d.lgs. n. /,
secondo la quale ciascun motivo di gravame doveva concludersi, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto o,
nel caso descritto al punto n.  dell’art. , con l’indicazione del “fatto
controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o
contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza
della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione”.
La disposizione, ispirata dalla volontà che il ricorso fosse da subito
orientato verso la formulazione di un principio di diritto, è stata infatti
abrogata dall’art. , comma , lettera d), della legge n. /, la
quale ha sostituito il filtro — quesito, con il filtro — sezione, spostando,
dunque, sulla magistratura il compito di provvedere allo sbarramento
selettivo dei ricorsi, secondo il criterio della “meritevolezza”.
Ciò non esclude, tuttavia, che le parti debbano formulare il ricorso
in cassazione esclusivamente per i motivi di cui all’art.  c.p.c.
La proposizione del gravame non ha effetto sospensivo della sentenza impugnata, pertanto, ove dall’esecuzione della decisione di appello
o di quella emessa in unico grado, possa derivare un danno grave ed
irreparabile, la parte dovrà rivolgere apposita istanza di sospensione
al giudice a quo , e non alla Corte di legittimità, secondo il dettato
dell’art.  c.p.c.
. “Il ricorso per cassazione con il quale si facciano valere vizi di violazione di legge o di
contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, impugnata a norma dell’art. , n. , c.p.c., deve
contenere,in ossequio al disposto dell’art –bis c.p.c., almeno un quesito per ogni motivo o censura;
tuttavia, laframmentazione di un unico motivo in una pluralità di quesiti non determina di per
sé l’inammissibilità del ricorso, allorquando il giudice sia in grado di ridurre ad unità i quesiti
formulati, attraverso una lettura che sia agevole ed univoca, per la chiarezza del dato testuale. Il
rapporto corrente tra il motivo del ricorso ed il relativo quesito è assimilabile a quello che sorregge,
in termini analoghi a quelli che caratterizzano la valutazione della corrispondenza tra motivazione
e dispositivo della sentenza”, Cass. civ, sez. lav.,  settembre , n. .
. C. Mandrioli “Diritto processuale civile”, Torino, , tomo II, p. .

Processo civile: lavori in corso
.. La decisione
Come per il rito ordinario, anche in quello del lavoro la fase di istruzione della causa è assente, operando, invece, il principio dell’impulso
d’ufficio: dopo il deposito degli atti, la causa verrà discussa in pubblica
udienza dai difensori delle parti, innanzi ad un collegio composto di 
magistrati.
Con le recenti modifiche introdotte dal Legislatore, a ben vedere, la
causa potrà essere discussa innanzi al collegio, solo nell’ipotesi in cui
abbia superato un duplice vaglio: il primo, ad opera della c.d. sezione
filtro, la quale è chiamata svolgere un giudizio preliminare di verifica
della possibilità di definire la causa in “forma semplificata”, ovvero con
pronuncia in camera di consiglio , al verificarsi delle condizioni di
cui all’art. , primo comma, numeri  e  (inammissibilità del ricorso
principale e di quello incidentale, anche per mancanza dei motivi di
cui all’art.  c.p.c.; manifesta fondatezza o infondatezza).
Il secondo, da parte delle sezione assegnataria la quale, a sua volta,
dovrà preliminarmente valutare la sussistenza delle circostanze descritte dai punti ) e ) del medesimo articolo  (ordine di integrazione
del contraddittorio, ex art. c.p.c.; di notifica dell’impugnazione nelle cause scindibili, ex art.  c.p.c.; di estinzione del processo, tranne
nell’ipotesi di rinuncia), in presenza della quali procedere in camera
di consiglio.
Solo dopo aver superato entrambe le valutazioni, la causa potrà
essere discussa in pubblica udienza, all’esito della quale la Corte si
ritira in camera di consiglio, per deliberare la sentenza.
Il contenuto della decisione potrà essere di rigetto, ove le censure
formulate dalle parti siano ritenute infondate, ovvero di accoglimento,
con cassazione della sentenza impugnata.
In tale ultima ipotesi, seguirà necessariamente un’ulteriore fase
rescissoria che dovrà condurre ad una nuova decisione sulla controversia, previa esclusione della presenza di vizi dei presupposti processuali
(cassazione senza rinvio).
Ed infatti, ove la pronuncia impugnata presenti degli errori, la causa
. L. F. Di Nanni, “La decisione in camera di consiglio”, in “Il nuovo giudizio di cassazione”,
(a cura di) G. Ianniruberto, U. Morcavallo, Milano, , p. .
. Il giudizio in Cassazione, in materia di lavoro

sarà rimessa al giudice del merito  , se sono necessari ulteriori accertamenti di fatto; in caso contrario, sarà la stessa Corte di cassazione
ad annullare la sentenza ed a sostituirla con una nuova decisione ,
divenendo giudice sia del rescindente che del rescissorio.
Quando il ricorso sia stato formulato ai sensi dell’art. , primo
comma, n. , la Corte sarà, inoltre, chiamata ad enunciare un principio
di diritto , come pure nel caso in cui abbia risolto una questione
di diritto di particolare importanza, secondo la nuova formulazione
dell’art  c.p.c.
L’istituto in esame, trae origine dal codice del  ove l’enunciazione del principio era diretta esclusivamente al giudice del rinvio,
che doveva uniformarsi al dettato della corte di legittimità ; oggi,
essa ha assunto un carattere “universale” , la cui portata sembrerebbe
dover essere equiparata a quella delle massime .
Nelle controversie di lavoro, in particolare, la soluzione fornita
dalla Corte su di una questione che riguarda l’efficacia, validità o
interpretazione delle clausole di un contratto o accordo collettivo
nazionale, sarà vincolante per gli altri giudici non nel merito, piuttosto,
nel rito .
. F. Cipriani, “Contro la cassazione con rinvio”, in Foro it., , I, c. .
. M. De Cristofaro, “La cassazione sostitutiva sul merito”, in Riv. trim. dir. e proc. civ.,
, p. .
. V. Andrioli, “Il principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione”, in Riv. dir. proc.,
, I, p. .
. A. Panzarola, “La Cassazione civile giudice del merito”,Torino, , p. .
. “A norma dell’art. , comma , c.p.c. — come novellato dall’art.  d.lgs.  febbraio , n.
 — se le parti non possono, nel loro interesse e sulla base della normativa vigente, investire la Corte
di cassazione di questioni di particolare importanza in rapporto a provvedimenti giurisdizionali
non impugnabili, e il P.g. presso la stessa Corte non chieda l’enunciazione del principio di diritto
nell’interesse della legge, le Sezioni Unite della Corte — chiamate comunque a pronunciarsi su
tali questioni su disposizione del primo presidente — dichiarata l’inammissibilità del ricorso,
possono esercitare d’ufficio il potere discrezionale di formulare il principio di diritto concretamente
applicabile. Tale potere, espressione della funzione di nomofilachia, comporta che — in relazione
a questioni la cui particolare importanza sia desumibile non solo dal punto di vista normativo,
ma anche da elementi di fatto — la Corte di cassazione possa eccezionalmente pronunciare una
regola di giudizio che, sebbene non influente nella concreta vicenda processuale, serva tuttavia come
criterio di decisione di casi analoghi o simili”, Cass. civ., sez. un.,  dicembre , n. , in
Giust. civ., , p. .
. M. Bove, “La decisione nel merito della corte di cassazione dopo la riforma”, in “Il giusto
processo civile”, , p. .
. F. P. Luiso, nota cit.

Processo civile: lavori in corso
Invero, l’interpretazione suggerita dalla Corte ha un’efficacia peculiare nel giudizio di merito: il giudice innanzi al quale si proponga
la medesima questione, tra parti diverse, infatti, potrà accettare la
soluzione, ovvero, discostarsene.
Nell’ipotesi di dissenso, il giudicante sarà tenuto a giustificare
tale sua diversa opinione e ad emettere una sentenza che si limiti a
decidere sulla questione interpretativa; avverso tale pronuncia potrà
essere esperito ricorso in cassazione.
.. Provvedimenti sulle spese
Oltre a decidere sulle questioni proposte, la corte provvede anche
sulle spese: se rigetta il ricorso, condanna il ricorrente alle spese
mentre, se lo accoglie, potrà disporre in ordine alle stesse, o rimettere
la questione al giudice del rinvio .
Con la novella del , l’art.  c.p.c. ha subito una parziale modifica, essendo stato abrogato il punto n. , che disponeva  : “quando
 . “Spetta alla Corte di cassazione adita in sede di ricorso contro la sentenza di appello del
giudice di merito pronunciarsi, ai sensi dell’art.  c.p.c., con la sentenza di rigetto, sul diritto
al rimborso delle spese processuali affrontate dalla parte vittoriosa per resistere all’istanza di
sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza impugnata, proposta in virtù dell’art.  c.p.c., i
cui ati relativi al conseguente procedimento incidentale sono producibili ai sensi dell’art. c.p.c.,
non potendo essere allegati anteriormente alla proposizione del ricorso, che costituisce il presupposto
logico temporale del suddetto procedimento”, Cass. civ., sez. III,  marzo , n. , in Red.
Giust. civ. Mass., , p. .
. “Con esclusione del caso di accoglimento del ricorso con rinvio al giudice di merito —
competente alla liquidazione delle spese anche per la fase del giudizio di cassazione — nel giudizio
di legittimità può essere chiesta alla corte di cassazione anche la liquidazione delle spese sostenute,
davanti al giudice di appello, per lo svolgimento della procedura di sospensione dell’esecuzione della
sentenza ai sensi dell’art  c.p.c.; tuttavia, affinché sia rispettato il principio del contraddittorio,
tale richiesta è esaminabile a condizione che l’interessato produca, nei termini di cui all’art. ,
coma , c.p.c., una specifica e documentata istanza, comprensiva dei relativi atti, in modo da offrire
alla controparte la possibilità di interloquire sul punto ”, Cass. civ., sez. III,  febbraio , n.
, in Giust. civ. Mass. , p. .
. “Nel giudizio in cassazione configura un’ipotesi di colpa grave tale da legittimare l’irrogazione, a carico del soccombente, dell’ulteriore somma di cui all’art. , comma IV, c.p.c., aggiunto
dalla legge n.  del , il caso del ricorrente che, oltre ad omettere negligentemente la formulazione dei quesiti di diritto, si sia limitato a riproporre le questioni di merito precedentemente
dedotte, senza cogliere le rationes decidendi e reiterando censure del tutto generiche ed inidonee a
configurare i profili di erroneità della sentenza impugnata”, cass. civ., sez. I,  febbraio , n.
, in Giust. civ. Mass., , p. .
. Il giudizio in Cassazione, in materia di lavoro

pronuncia sulle spese, anche nelle ipotesi di cui all’articolo , la Corte,
anche d’ufficio, condanna, altresì, la parte soccombente al pagamento, a
favore della controparte, di una somma, equitativamente determinata, non
superiore al doppio dei massimi tariffari, se ritiene che essa ha proposto il
ricorso o vi ha resistito anche solo con colpa grave”.
Detto ultimo comma, invero, era stato introdotto solo nel ,
al precipuo fine di produrre un effetto deflativo del carico di lavoro
della Corte, attraverso il meccanismo delle sanzione pecuniaria per
la proposizione di ricorsi infondati o, comunque, pretestuosi ed a
prescindere dai criteri sanciti dall’art.  c.p.c.
La successiva abrogazione, tuttavia, non deve essere letta come
ripensamento, piuttosto, va ricollegata all’intervenuta modifica dell’art.
 c.p.c. la quale, ampliando l’abito di applicazione della condanna per
lite temeraria, ha addirittura esteso ad ogni stato e grado del processo,
la previsione originariamente sancita per il solo giudizio in cassazione.
.. La nuova formulazione del motivo di ricorso contenuto nell’art.  c.p.c.
La legge n.  del , nel convertire con modificazioni il decreto
legge del  giugno  n. , ha specificato che il punto n.  del primo comma dell’art.  del codice di rito civile, è stato sostituito nel
seguente modo “. Per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio
che è stato oggetto di discussione tra le parti”. In tal modo il legislatore
ha recuperato una formulazione del punto n.  dell’art.  c.p.c. assai
simile, per non dire identica , a quella contenuta nell’originario codice del  entrato in vigore il  aprile . Vengono meno, in tal
modo, i riferimenti alla insufficiente o contraddittoria motivazione,
in precedenza contenuti (sin dal ) nel testo del punto n.  dell’art.
. La dottrina . ha posto in rilievo la circostanza che tale nuova
formulazione del punto n.  del primo comma dell’art.  fa venir
meno il controllo di logicità circa la sentenza emanata dal giudice di
. C. Consolo “Spiegazioni di diritto processuale civile”, Padova, , II, p. .
. Il testo del  si riferiva al “omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato
oggetto di discussione tra le parti”.
. Vedi, sul punto, A. Carratta, Giudizio di Cassazione e nuove modifiche legislative: ancora
limiti al controllo di legittimità, in www.treccani.it

Processo civile: lavori in corso
appello, non potendosi più esercitare attraverso tale motivo di ricorso
le verifiche relative alla consequenzialità della sentenza gravata.
Nel capitolo secondo della prima parte si è però affermato come tale
controllo non sia venuto meno ma imponga ai ricorrenti la necessità
di calare le ipotesi di gravame all’interno dei motivi previsti dal punto
n.  e dal punto n.  del primo comma dell’art.  del codice di rito
civile.
Tale sforzo ricostruttivo è oggi richiesto anche per quanto riguarda
il ricorso per cassazione in materia di lavoro che dovrà, per le sentenze
depositate dopo la data dell’ settembre , far riferimento ai motivi
di doglianza previsti dai punti  (errores in indicando) e  (errores in
procedendo) al fine di poter recuperare la possibilità di un controllo
ad opera della Suprema Corte sulla logicità della pronuncia gravata;
restando il disposto del punto n.  il solo controllo relativo alla omessa
pronuncia.
.. Art.  d.lgs. n. / ed art. –bis c.p.c.
Al fine di completare la disamina della disciplina applicabile al giudizio
in cassazione, per le controversie in materia di lavoro, con particolare
riferimento alle novità introdotte dal legislatore, nell’ultimo triennio,
risulta opportuno rivolgere l’attenzione al tema delle questioni di
“efficacia, validità ed interpretazione dei contratti collettivi”.
La recente introduzione dell’art. –bis c.p.c. ha, infatti, esteso
al settore del privato , il procedimento previsto dall’art.  del d.lgs.
/, in materia di impiego pubblico .
Presupposto fondamentale per la sua applicazione è la reale e concreta esistenza di un dubbio interpretativo, ovvero il sorgere di una
. Sulle problematiche relative all’equiparazione dei contratti collettivi di diritto privato
e la contrattazione collettiva del pubblico impiego vedi: A. Corvino, “Le modifiche al processo
del lavoro dopo il pacchetto competitività”, in Guida al lavoro, n. , p.  ss.
. “Il canone costituzionale della ragionevole durata del processo, coniugato a quello dell’immediatezza della tutela giurisdizionale, orienta l’interpretazione dell’art. –bis c.p.c. nel senso
che tale disposizione trova applicazione solo nel giudizio di primo grado e non anche in quello
di appello, in sintonia con le scelte del legislatore delegato (d.lgs. ) che,più in generale, ha
limitato la possibilità di ricorso immediato per cassazione avverso sentenze non definitive rese
in grado di appello, lasciando invece inalterata la disciplina dell’impugnazione immediata delle
sentenze rese in primo grado”, Cass. civ., sez. lav.,  marzo , n. .
. Il giudizio in Cassazione, in materia di lavoro

questione rilevante ai fini del decidere, la quale dovrà assumere carattere pregiudiziale: solo al ricorrere delle citate circostanze, il giudice
potrà emettere una sentenza che si limiti a risolvere il dubbio interpretativo, dettando i provvedimenti per l’ulteriore istruzione della
causa.
La pronuncia potrà essere impugnata esclusivamente con ricorso
per cassazione.
Tuttavia, continua ad operare una distinzione tra il settore pubblico
e quello privato: nei giudizi inerenti i pubblici dipendenti, infatti, è
sempre richiesto il parere dell’Aran, al quale devono essere trasmessi
gli atti del processo.
Quest’ultimo, nei successi  giorni deve convocare le organizzazioni sindacali firmatarie, per verificare la possibilità di un accordo
sull’interpretazione autentica del contratto .
Nel caso in cui ritengano di dissentire sulla pronuncia resa dal
giudice, inoltre, sia all’Aran che ai sindacati è estesa la legittimazione
ad impugnare la sentenza.
Al contrario, nelle controversie che riguardano l’impiego privato,
non è prevista la partecipazione obbligatoria dei sindacati ed è una
mera facoltà del giudice richiedere informazioni a tal proposito, ai
sensi dell’art. , II co., c.p.c.
Ne deriva che gli stessi non saranno neppure legittimati ad intervenire in giudizio o ad impugnare la sentenza sulla questione
pregiudiziale.
. D.lgs. /, art. : “(. . . ) . Entro trenta giorni dalla comunicazione di cui al
comma , l’ARAN convoca le organizzazioni sindacali firmatarie per verificare la possibilità
di un accordo sull’interpretazione autentica del contratto o accordo collettivo, ovvero
sulla modifica della clausola controversa. All’accordo sull’interpretazione autentica o sulla
modifica della clausola si applicano le disposizioni dell’articolo . Il testo dell’accordo è
trasmesso, a cura dell’ARAN, alla cancelleria del giudice procedente, la quale provvede
a darne avviso alle parti almeno dieci giorni prima dell’udienza. Decorsi novanta giorni
dalla comunicazione di cui al comma , in mancanza di accordo, la procedura si intende
conclusa. . Se non interviene l’accordo sull’interpretazione autentica o sulla modifica
della clausola controversa, il giudice decide con sentenza sulla sola questione di cui al
comma , impartendo distinti provvedimenti per l’ulteriore istruzione o, comunque, per
la prosecuzione della causa. La sentenza è impugnabile soltanto con ricorso immediato
per Cassazione, proposto nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione dell’avviso di
deposito della sentenza. Il deposito nella cancelleria del giudice davanti a cui pende la causa
di una copia del ricorso per cassazione, dopo la notificazione alle altre parti, determina la
sospensione del processo.

Processo civile: lavori in corso
Sul punto, alcuni autori hanno ipotizzato che laddove l’art.–bis
c.p.c. venga considerato norma speciale, si dovrebbe dedurre la tacita
abrogazione, da parte del legislatore, dell’art.  del TU sul pubblico
impiego: tuttavia, il riferimento operato dall’art. –bis delle disposizioni di attuazione del codice di rito, ricorda in modo esplicito che
“nel caso di cui all’art. –bis si applica, in quanto compatibile, l’art.
, commi , ,   , d. lgs  marzo , n. ” e, pertanto, nessuno
dei due articoli può implicitamente ritenersi abrogato .
Il descritto procedimento prevede che la decisione assunta dal giudice, sia nell’area pubblica che in quella privata, è sempre vincolante
per le parti, alle quali è concesso, come detto, esclusivamente di ricorrere in Cassazione , nel termine di  giorni decorrenti dalla
comunicazione dell’avviso di deposito.
La proposizione dell’eventuale ricorso, se debitamente comunicata
al giudice a quo mediante deposito in cancelleria della copia dell’atto,
entro  giorni dalla notificazione, produce la sospensione del giudizio
di merito.
La Corte di cassazione, a sua volta, potrà rigettare il ricorso, confermando la pronuncia interpretativa del giudice di merito, ovvero
accoglierlo, fornendo la corretta soluzione (principio di diritto).
Si tratta, dunque, di un’ipotesi di ricorso per saltum che ha condotto
all’ampliamento della funzione nomofilattica della Suprema Corte e
sulla quale molti studiosi hanno avanzato dubbi e perplessità .
. M. Viceconte “Ricorso in Cassazione, novità del processo del lavoro”, in Lav. Prev. Oggi,
, p. .
. “Nel procedimento di accertamento pregiudiziale della validità, efficacia ed interpretazione
dei contratti ed accordi collettivi nazionali di cui all’art. –bis c.p.c. non è applicabile il disposto
di cui all’art. , comma , n.  c.p.c. — che pone a carico del ricorrente l’onere del deposito dei
contratti collettivi sui quali il ricorso si fonda, sanzionandone l’omissione con l’improcedibilità
del ricorso stesso — ove le stesse parti abbiano concordemente indicato le clausole contrattuali
costituenti il perimetro delle disposizioni rilevanti ai fini dell’esame e dell’interpretazione delle
pattuizioni di cui si lamenta la violazione o la falsa applicazione, dovendosi ritenere che una
diversa soluzione, oltre ad essere improntata ad un eccessivo formalismo, finirebbe per contraddire
il perseguimento delle finalità di certezza e nomofilachia sottese alla speciale procedura”, Cass. civ,
sez. lav.,  giugno , n. , in Giust. civ. Mass., , p. .
. In dottrina sui contributi riguardanti l’art. –bis c.p.c., vedi G. Ianniruberto, L’accertamento pregiudiziale sull’efficacia, validità ed interpretazione dei contratti collettivi dopo il
d.lgs. /, in Il nuovo giudizio in Cassazione, Milano, , p. , ss; R. Foglia, Impugnazione delle sentenze per violazione dei contratti collettivi e accertamento pregiudiziale”, in Gior.
dir. lav. rel. ind, , p. , G. Trisorio Liuzzi, “L’accertamento pregiudiziale, dei contratti
collettivi dal d.lgs. / al d.lgs. /”, in Judicium.it.
. Il giudizio in Cassazione, in materia di lavoro

Seppur nata per rispondere all’esigenza di prevenire la proliferazione delle cause seriali e di favorire la rapida formazione di indirizzi interpretativi uniformi , la nuova funzione assegnata alla Corte
sembra allontanarsi dalla “vocazione nomofilattica”, in contrasto con
l’assioma che ha dato vita alla delega, in base alla quale è stato emanato il d.lgs. /, nonché con il nuovo regime delle impugnazioni
delle sentenze non definitive, teorizzato per la cassazione dai novellati
artt.  e  c.p.c., che consente l’impugnabilità immediata esclusivamente delle sentenze che abbiano deciso, almeno parzialmente, il
merito del giudizio e tra le quali non può essere annoverata la sentenza
“interpretativa”.
A fugare alcuni dubbi sono intervenute le prime pronunce della
stessa Corte che hanno delimitato l’ambito applicativo dell’istituto,
delineando i confini della materia: è stato, infatti, precisato che la
procedura di cui all’art. –bis c.p.c. non è azionabile in grado di
appello e che è comunque sottoposta ad un primo vaglio del giudice
di merito, circa l’esistenza di un reale dubbio interpretativo sul punto,
tale da far sorgere un legittimo sospetto circa la nullità e/o l’inefficacia
della clausola .
Inoltre, il procedimento non deve essere attivato quando esistano
le condizioni per emanare una sentenza di mero rito, ovvero quando
il giudice ravvisi la propria incompetenza, il difetto di giurisdizione, la
. “La ratio informatrice dello speciale procedimento di cui all’art. –bis c.p.c. di accertamento pregiudiziale sull’efficacia, validità e interpretazione della clausole di un contratto o
accordo collettivo nazionale di diritto privato va individuata nell’esigenza di assicurare l’uniforme
applicazione di tali clausole e di prevenire il rischio della polverizzazione dell’interpretazione in
materia e di agevolare nel frattempo — attraverso l’esercizio della funzione nomofilattica della
Corte di cassazione — anche l’attuazione del principio a rilevanza costituzionale della “ragionevole
durata”del processo” (Cass. civ, sez. lav,  marzo , n. ).
. “Il nuovo istituto introdotto dall’art. –bis c.p.c. presuppone che la controversia devoluta
alla cognizione del giudice di merito ponga una questione interpretativa, sull’efficacia o validità
della contrattazione collettiva nazionale, rilevante nel giudizio e di non agevole soluzione, potendo
mutuarsi il decisum della Corte cost (n. /) in riferimento all’art.  d.lgs. / — cui
il legislatore delegato del  si è ispirato sulla scia delle innovazioni processuali preordinate a
valorizzare la funzione nomofilattica della Corte di cassazione nella contigua area delle controversie
di lavoro pubblico privatizzato — secondo il quale “presupposto per ‘applicazione della procedura
in esame è, come evidente, l’esistenza di un reale dubbio interpretativo, concernente la clausola
contrattuale della quale il giudice deve fare applicazione nella controversia”. Anche la procedura in
esame può, quindi, essere utilizzata solo nei casi in cui la clausola contrattuale sia di contenuto
oscuro e possa prestarsi a diverse e contrastanti letture interpretative, oppure sia sospettabile di
nullità o inefficacia” (così Cass. civ, sez. lav.,  marzo , n. ).

Processo civile: lavori in corso
nullità del ricorso ecc.
Peraltro, anche la Corte costituzionale , recentemente chiamata a pronunciarsi sulla legittimità degli art.  del d.lgs. / e
–bis c.p.c., in riferimento all’art.  Cost, ha chiarito che lo speciale
procedimento introdotto con l’art. –bis non si discosta dai criteri
direttivi e dall’obiettivo primario fissato dalla legge delega, quale la
valorizzazione della funzione nomofilattica del processo di cassazione.
Tuttavia, le perplessità relative all’istituto non possono dirsi definitivamente sciolte, come pure lo scetticismo che induce a guardare al
futuro dell’istituto, alla luce del rilievo quasi inesistente che ha avuto,
per il pubblico impiego, l’omologa procedura teorizzata dall’art. 
d.lgs. /.
. Corte cost., ord. n.  del  dicembre .