Ai miei genitori
Alla mia paziente moglie
e ai miei due splendidi figli
2
Indice generale della ricerca
Pag.
7
Introduzione
13
Capitolo 1. Il concetto di architettura solare
»
1.1 Sulla origine del termine
25
1.2 Architettura solare passiva e attiva
27
1.3 Il rapporto tra l’abitare e il sole
38
1.4 La questione dell’orientamento della città e degli edifici
47
1.5 Prototipo e progetto: dalle prime sperimentazioni attive alla grande crisi
energetica degli anni ’70 (1930-1973)
54
1.6 Dalla riscoperta delle tecniche solari alle tendenze contemporanee (1973-2013)
67
1.7 Verso un’autosufficienza energetica dell’architettura
73
Capitolo 2. Teoria dell’architettura solare
»
2.1 Definizione dell’ambito di ricerca e terminologie
»
2.1.1 La casa passiva. Passivhaus
77
2.1.2 La casa passiva per il clima mediterraneo. Progetto Passive-On
81
2.1.3 L’edifici a energia zero. Net Zero Energy Building
84
2.1.4 L’edificio energeticamente attivo. Plus Energy Building
88
2.1.5 L’edificio solare energeticamente attivo. Plus Energy Solar Building
90
2.1.6 Il quartiere a energia (quasi) zero. Nearly Zero Energy District
94
2.1.7 Il quartiere energeticamente attivo. Plus Energy District
97
2.2 Le componenti solari passive dell’involucro
98
2.2.1 Sistemi a guadagno diretto
99
2.2.2 Sistemi a guadagno indiretto
101
2.2.3 Sistemi a guadagno misto
102
2.2.4 Sistemi a guadagno separato
103
2.2.5 Sistemi di schermatura e regolazione della radiazione solare
104
2.3 Le componenti solari attive dell’involucro
105
2.3.1 Il solare fotovoltaico
113
2.3.2 Il solare termico
118
2.3.3 Il solare ibrido
120
2.3.4 Il raffrescamento solare. Solar cooling
122
2.4 L’influenza e il controllo del colore nel progetto dei componenti solari passivi e
attivi dell’involucro edilizio
3
Pag.
141
Capitolo 3. Pratica dell’architettura solare
142
3.1 Analisi dei casi studio
144
3.1.1 Sonnenschiff, Friburgo (Germania), R. Disch, 2004
149
3.1.2 Home for Life, Aarhus (Danimarca), Aart AS, 2008
153
3.1.3 Solar Aktivhaus, Kraig (Austria), G.W. Reinberg, 2009
157
3.1.4 Sunlighthouse, Vienna (Austria), Hein-Troy, 2010
161
3.1.5 MED in Italy, Madrid, Università degli studi Roma Tre, 2012
167
171
Capitolo 4. Strategie per una progettazione dell’architettura solare
4.1 Le invarianti tipo-morfologiche (o forme tipo) solari
174
4.1.1 Forme tipo del fronte orientato zenit. Copertura
179
4.1.2 Forme tipo del fronte orientato sud
185
4.1.3 Forme tipo dei fronti orientati est e ovest
187
4.1.4 Forme tipo del fronte orientato nord
188
4.1.5 Forme tipo urbane
191
4.2 Forma urbana e rendimento solare
194
4.2.1 Scelta dei parametri
196
4.2.2 Ambiti di applicazione
197
4.2.3 Morfotipo 1: isolato a C o a “corte aperta”
200
4.2.4 Morfotipo 2: isolato a blocchi contrapposti
202
4.2.5 Morfotipo 3: isolato con elementi a schiera
205
4.2.6 Morfotipo 4: isolato chiuso
208
4.2.7 Morfotipo 5: torre
211
4.2.8 Comparazione dei risultati
217
4.3 Applicazione delle strategie solari nel progetto di architettura
218
4.3.1 Costruzione ex novo: progetto di un edificio plurifamiliare
224
4.3.2 Strategie d’intervento su di un isolato residenziale esistente
227
4.3.3 Efficientamento energetico dell’esistente vs sostituzione edilizia
255
Conclusioni
261
Bibliografia orientata, apparato normativo, sitografia
276
Fonti delle immagini
4
Abstract
La recente Direttiva 31/2010 dell’Unione Europea impone agli stati membri di
riorganizzare il quadro legislativo nazionale in materia di prestazione energetica degli
edifici, affinchè tutte le nuove costruzioni presentino dal 1° gennaio 2021 un bilancio
energetico tendente allo zero; termine peraltro anticipato al 1° gennaio 2019 per gli
edifici pubblici. La concezione di edifici a energia “quasi” zero (nZEB) parte dal
presupposto di un involucro energeticamente di standard passivo per arrivare a
compensare, attraverso la produzione preferibilmente in sito di energia da fonti
rinnovabili, gli esigui consumi richiesti su base annuale.
In quest’ottica la riconsiderazione delle potenzialità dell’architettura solare individua
degli strumenti concreti e delle valide metodologie per supportare la progettazione di
involucri sempre più performanti che sfruttino pienamente una risorsa inesauribile,
diffusa e alla portata di tutti come quella solare. Tutto ciò in considerazione anche della
non più procrastinabile necessità di ridurre il carico energetico imputabile agli edifici,
responsabili come noto di oltre il 40% dei consumi mondiali e del 24% delle emissioni di
gas climalteranti.
Secondo queste premesse la ricerca pone come centrale il tema dell’integrazione dei
sistemi di guadagno termico, cosiddetti passivi, e di produzione energetica, cosiddetti
attivi, da fonte solare nell’involucro architettonico. Il percorso sia analitico che operativo
effettuato si è posto la finalità di fornire degli strumenti metodologici e pratici al progetto
dell’architettura, bisognoso di un nuovo approccio integrato mirato al raggiungimento
degli obiettivi di risparmio energetico. Attraverso una ricognizione generale del concetto
di architettura solare e dei presupposti teorici e terminologici che stanno alla base della
stessa, la ricerca ha prefigurato tre tipologie di esito finale: una codificazione delle
morfologie ricorrenti nelle realizzazioni solari, un’analisi comparata del rendimento solare
nelle principali aggregazioni tipologiche edilizie e una parte importante di verifica
progettuale dove sono stati applicati gli assunti delle categorie precedenti.
PAROLE CHIAVE: architettura solare, edifici a energia quasi zero, BIPV
5
Abstract (english)
The recent Directive 31/2010 of the European Union requires that the member
states reorganize their national legislative framework in the field of energy performance
of buildings, so that from 1 January 2021 the energy balance of all new buildings will
tend to zero; the term, however, is anticipated to 1 January 2019 for public buildings.
The concept of nearly Zero Energy Buildings (nZEB) is based on the assumption that the
envelope follows the standard of the passive houses and the small energy consumption
required on annual basis is compensated by the production of renewable energy,
preferably on-site.
In this context, the rethinking of the potential of solar architecture allows to identify
concrete tools and valid methodologies to support the design of increasingly efficient
envelopes that take full advantage of an inexhaustible, common and affordable energy
source, such as the solar energy. This should be achieved considering the necessity of no
longer delaying the reduction of the energy load due to buildings, known as responsible
for over 40% of world consumption and 24% of greenhouse gas emissions.
According to these premises, the central theme of the research is the integration of
the heat gain systems, so-called passive, and the solar energy production, so-called
active, in the envelope. The carried out analytical and operational path has set the
objective of providing practical and methodological tools for the design of the
architecture, in need of a new integrated approach to achieve the goals of energy
savings. Through a general survey of the concept of solar architecture and its theoretical
assumptions and terminology, the research has envisioned three types of outcome: a
codification of the recurring morphologies in solar constructions, a comparative analysis
of the solar performance in the principal types of building aggregations and a significant
design verification, where the assumptions of the previous categories have been applied.
KEYWORDS : solar architecture, nearly zero-energy buildings, BIPV
6
Introduzione
Questa tesi si propone in primo luogo di ordinare un sistema di conoscenze di ciò che
viene definito architettura solare, nella doppia accezione teorica e pratica; ma soprattutto
di indagare come l’approccio progettuale indirizzato all’utilizzo di dispositivi architettonici
di sfruttamento solare, sia di tipo passivo che attivo, influenza il progetto architettonico e
di conseguenza le risultanze morfologiche e compositive dell’involucro edilizio.
Gli esiti della ricerca si sono strutturati attraverso l’analisi e la catalogazione di una
serie di casi studio caratteristici e nel ricorrente utilizzo dello strumento di progetto come
verifica operativa dell’articolato teorico. Tutto ciò è stato finalizzato all’obiettivo di
evidenziare una possibile strutturazione logica delle intersezioni tra tecnologia applicata e
forma architettonica, configurandola nei diversi esiti finali della ricerca.
L’ambito di interesse più generale si inserisce nel portato della recente Direttiva
31/2010 dell’Unione Europea che impone agli stati membri di legiferare in materia di
prestazione energetica degli edifici, affinchè tutte le nuove costruzioni e le ristrutturazioni
“importanti” 1 presentino dal 1° gennaio 2021 un bilancio energetico tendente allo zero;
termine peraltro anticipato al 1° gennaio 2019 per gli edifici pubblici. Secondo queste
premesse la concezione di edifici a energia “quasi” zero non può che partire dal
presupposto di un involucro energeticamente ultraperformante e di standard passivo per
arrivare a compensare, attraverso la produzione preferibilmente in sito di energia da fonti
rinnovabili, gli esigui consumi richiesti su base annuale. L’energia solare appare, tra le
fonti rinnovabili attualmente a disposizione, la più convincente, diffusa e con le
potenzialità maggiori di sviluppo tecnologico; associata agli involucri architettonici può
fornire quel supporto di produzione e guadagno energetico funzionali al raggiungimento
degli obiettivi comunitari.
Al contempo è però necessario analizzare gli
effetti
dell’integrazione di questi nuovi sistemi, soprattutto di tipo attivo, con la struttura
morfologica dell’involucro architettonico, valutandone anche l’influenza che determinano
nel ripensamento dell’approccio progettuale.
È ben noto che il tema dell’architettura solare rientra nell’ambito più ampio riferito
alla sostenibilità ambientale, concetto nel quale la produzione e l’uso degli involucri edilizi
rientrano in maniera decisiva; basti pensare alle problematiche del consumo energetico,
delle emissioni in atmosfera e dei cicli di vita 2 dei manufatti architettonici e dei materiali
che li compongono.
1
Viene definita “ristrutturazione importante” quando il costo dell’intervento supera il 25% del valore dell’intero
immobile (escluso il valore del terreno) o viene interessata più del 25% della superficie dell’involucro
dell’edificio; cfr. art. 2 “definizioni”, Direttiva 2010/31/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio
2
LCA life cycle assessment: l’analisi del ciclo di vita degli edifici, definito dalla ISO 14040, è una metodologia di
analisi che permette di valutare compiutamente le interazioni che un prodotto o un servizio ha con l’ambiente,
dalla fase di produzione, uso, manutenzione e dismissione finale.
7
L’attuale processo di riappropriazione delle tematiche legate al risparmio energetico,
e quindi anche al consumo degli edifici, ha come spartiacque temporale la prima grande
crisi energetica mondiale del 1973. L’elemento decisivo di allora fu la generale presa di
coscienza che l’approvvigionamento delle risorse fossili, oltre ad assumere un peso
economico insostenibile 3 , sarebbe diventato inevitabilmente un problema di equilibrio
geopolitico mondiale con conseguenze dirette soprattutto sui paesi come l’Italia a forte
dipendenza energetica dall’estero 4 .
Fig. I.1 Dati sul consumo e sulla dipendenza energetica degli stati membri dell’Unione
Europea, periodo 2008-2011
Svanita l’illusione dell’energia facile e a basso costo in molti paesi, soprattutto
europei, ci si rese conto che questa condizione di subordinazione non negoziabile avrebbe
3
Il prezzo della benzina quadruplicò in due anni (dai 3 dollari al barile del 1972 ai 12 del 1974) e in Italia
vennero per la prima volta lanciate le famose “domeniche a piedi”, con lo scopo di risparmiare sui carburanti
per autotrazione divenuti improvvisamente costosissimi. Cfr. Butera F., Dalla caverna alla casa ecologica, Ed.
Ambiente, Milano, 2007, p. 187
4
L’Italia ancora oggi dipende ancora oggi per oltre l’81.3% dall’estero per il suo approvvigionamento
energetico derivante in larga parte dal petrolio e dal gas naturale; è al sesto posto tra i paesi dell’Unione per
dipendenza energetica dall’estero dopo Malta, Lussemburgo, Cipro, Irlanda e Lituania e al quarto posto come
paese consumatore, dopo Germania, Francia e Gran Bretagna (fonte: EuNews.it)
8
provocato grandi problemi nell’approvvigionamento a medio-lungo termine; questo
fattore era in gran parte dovuto alla forte instabilità politico-economica dei paesi
esportatori di petrolio e gas naturale. In Italia, come in altri paesi, furono perciò
promulgati i primi provvedimenti normativi atti a contenere i consumi energetici negli
edifici 5 e si assistette, in alcuni casi più virtuosi, ad una generale riscoperta dei dispositivi
di
guadagno
termico
riconsiderazione
delle
solare
teorie
sia
passivo
scientifiche
che
basate
attivo 6 ,
sulla
oltre
ad
bioclimatica
una
generale
applicata
alla
7
progettazione degli edifici .
In Europa il vero punto di svolta è stato generato dalla Energy Performance Building
Directive del 2002 (EPBD 2002/91/CE), in cui si sono tracciate le linee guida alle quali i
singoli paesi della comunità europea hanno allineato gli apparati normativi nazionali in
tema di risparmio energetico e prestazione degli edifici. Con le recenti direttive
sull’efficienza energetica (2012/27/UE) e con la già citata EPBD Recast (2010/31/UE) è
stato compiuto il definitivo salto di qualità.
In questo quadro di un futuro molto prossimo e fortemente vincolante sotto
l’aspetto prestazionale, appare decisivo intervenire sul comparto edilizio, sia di nuova
costruzione ma soprattutto esistente, sostanzialmente su due livelli: in primis con
soluzioni sempre più innovative legate al contenimento delle dispersioni termiche
sottoforma
d’isolamento
e
tenuta
all’aria
dell’involucro,
anche
in
relazione
al
contenimento degli spessori di materiale isolante divenuti oramai notevolissimi; in
secondo luogo attraverso l’incremento e l’ottimizzazione dello sfruttamento delle fonti di
energia rinnovabile (FER), auspicabilmente on site, che bilanci il consumo di energia da
fonte non rinnovabile e limiti conseguentemente l’inquinamento immesso in atmosfera.
Tra le possibilità di generazione energetica da fonte rinnovabile, quella legata al
solare (termico e fotovoltaico) è decisamente la più praticabile, sostenibile 8 e portatrice
di caratteri “democratici”, essendo disponibile in ogni luogo del pianeta. In un quadro più
ampio rispetto alla scala del singolo edificio, il fotovoltaico in particolare consente una
5
Cfr. Legge 373/76, Norme per il contenimento del consumo energetico per usi termici negli edifici, pubblicata
sulla Gazzetta ufficiale il 7 giugno 1976
6
Vedi Carletti C., Sciurpi F. (a cura di), “Passivhaus – Evoluzione energetica e comfort ambientale negli edifici
italiani”, Bologna, Pitagora, 2005
7
Queste teorie hanno come capostipiti i fratelli Olgyay, che negli anni ’60 elaborano negli Stati Uniti una
metodologia scientifica di approccio bioclimatico alla progettazione architettonica e urbana; cfr. Olgyay V.,
Design with climate, Princeton, Princeton University Press, 1963
8
È attualmente in corso in Italia una forte polemica sulla questione della sostenibilità del solare fotovoltaico. Da
una parte i sostenitori del sistema incentivante, come l’autore, affermano che senza l’intervento pubblico non
sarebbe stato possibile innescare lo sviluppo del mercato (e conseguentemente la riduzione dei costi
d’impianto), che porteranno poi il sistema ad autosostenersi (la Germania, e probabilmente l’Italia,
bloccheranno gli incentivi entro il 2016); dall’altra i detrattori affermano che il costo di produzione attuale di 1
Kwh di energia elettrica da fotovoltaico è insostenibile da un punto di vista economico. Se da un lato è pur vero
che il rendimento dei sistemi attuali è ancora troppo basso rispetto alla complessiva radiazione solare incidente
(valori tra il 6-8% per sistemi amorfi e il 20-22% del monocristallino), lo sviluppo tecnologico legato a doppio
filo allo sviluppo del mercato, porteranno inevitabilmente ad una ulteriore forte riduzione dei costi d’impianto,
generando la sostenibilità del sistema grazie all’energia risparmiata nell’intero ciclo di vita dell’impianto
fotovoltaico.
9
“condivisione energetica” attraverso la connessione alla rete, in cui tante piccole
microgenerazioni sparse sul territorio soddisfano parte, tutto, o più, del fabbisogno
energetico di una intera comunità: energia pulita, silenziosa, a chilometri zero e
inesauribile.
La quantità di radiazione solare che quotidianamente arriva sul nostro pianeta
rappresenta un potenziale energetico pari a 10.000 volte l’intero fabbisogno mondiale. In
termini teorici, potendo idealmente sfruttare una minima parte di questa radiazione con
sistemi a conversione fotovoltaica, si potrebbe rinunciare da subito a qualsiasi fonte
fossile e ridurre drasticamente la problematica ambientale; oltre al non trascurabile
vantaggio da parte dei paesi poveri di risorse fossili, di non dipendere più dai ricatti dei
paesi produttori o di quelli che detengono il controllo dei sistemi di approvvigionamento.
La realtà la strada da percorrere è ancora lunga, soprattutto nei termini di innovazione
tecnologica e gli effetti di una possibile fotovoltaicizzazione su larga scala, si intravedono
lontani. È però fattibile in termini concreti pensare a sistemi bilanciati e localizzati di
produzione energetica, attraverso opportuni mix di risorse rinnovabili disponibili in una
determinata zona geografica, rinunciando al contempo a soluzioni troppo impattanti che
generano problematiche di compatibilità ambientale 9 .
Obiettivi, ambiti culturali e temporali, metodologia di lavoro, strumenti
ed esiti della ricerca.
La codificazione delle possibilità d’integrazione dei sistemi di produzione o di guadagno
termico da fonte solare nell’involucro architettonico, tematica ancora poco esplorata e
risolta soprattutto nelle architetture “costruite”, è sicuramente un elemento decisivo nella
definizione del processo decisionale che consente al progetto il controllo degli esiti
figurativi e morfologici del manufatto. Questa ricerca propone l’assunto che una corretta
sinergia tra le esigenze del sistema tecnologico e le esigenze del sistema morfologicocompositivo, produce il più alto livello possibile di efficienza del sistema integrato
tecnologico-formale e conseguentemente genera la migliore qualità architettonica.
Il campo temporale d’indagine della ricerca focalizza principalmente un periodo
compreso tra le prime sperimentazioni di sistemi solari attivi applicati agli edifici e le
realizzazioni contemporanee (1934-2013). La trattazione dei successivi casi studio
restringe il campo d’indagine ad un periodo più specifico, compreso tra gli anni 20002012, poiché in questa fase di forte innovazione tecnologica si assiste alla realizzazione
9
In Emilia Romagna la Direttiva Regionale 06/12/2010, Prima individuazione delle aree e dei siti per
l'installazione di impianti di produzione di energia elettrica mediante l'utilizzo della fonte energetica rinnovabile
solare fotovoltaica, limita fortemente la possibilità di occupare aree agricole o terreni vincolati da piani
paesaggistici, con campi estesi di fotovoltaico (cd. parchi fotovoltaici).
10
dei primi esempi di edifici “energeticamente attivi” o plus energy buildings; la
caratteristica di estremizzazione del fattore di autoproduzione energetica principalmente
da fonte solare, evidenzia questi edifici come modelli ideali per lo studio dei principi
d’integrazione morfologica in rapporto all’efficienza dei sistemi tecnologici, principi che
stanno alla base di questa ricerca.
La scelta dei casi studio ha considerato singoli edifici o comparti urbani di nuova
costruzione e si è concentrata appositamente in quei paesi, come Danimarca, Germania e
Austria, che allo stato attuale hanno saputo esprimere maggiormente il carattere
dell’attuale innovazione tecnologica nell’architettura, attraverso realizzazioni connotate
dalla ricerca di una corretta intersezione tra il sistema tecnologico e quello formale.
Questi casi studio e le successive elaborazioni progettuali, rappresentano modelli
applicabili in un ambito geografico compreso tra i 28° e i 56° di latitudine nord o sud 10 ,
con le opportune correzioni in base allo specifico microclima locale. Questo fattore è da
tenere in considerazione sia per l’applicazione di sistemi passivi che attivi, poiché
entrambi necessitano di particolari orientamenti rispetto all’irraggiamento solare e di
morfologie architettoniche caratteristiche che li supportino.
La ricerca si struttura in quattro capitoli, secondo uno schema metodologico di
lettura-analisi-sintesi.
Il primo capitolo prevede un inquadramento del concetto di architettura solare nella
doppia accezione attiva e passiva, legato ai suoi molteplici rapporti con l’abitare, la
configurazione degli edifici e delle città, proponendo inoltre una ricostruzione dell’origine
del termine.
Il secondo capitolo si occupa dell’apparato teorico attraverso una sistematizzazione
degli aspetti terminologici correntemente in uso all’interno del rapporto edificio-energia,
ambito a cui sono riconducibili gli edifici solari; analizza i dispositivi architettonici e i
sistemi tecnologici di sfruttamento solare e propone una riflessione sull’influenza e sul
controllo della colorazione nel progetto dei componenti attivi e passivi dell’involucro
architettonico.
Il terzo capitolo analizza la pratica dell’architettura solare attraverso una serie di
casi studio opportunamente selezionati e rappresentativi di una elevata sinergia tra
sistema tecnologico e sistema formale; viene proposto un metodo di analisi in cui si
evidenziano le logiche d’intersezione tra il sistema tecnologico e quello formale,
evidenziandone i rapporti che le sottendono, secondo una scomposizione dell’edificio in
cinque parti (fronti orientati): copertura, sud, est, ovest e nord. L’obiettivo di questo tipo
di analisi è di evidenziare i luoghi del progetto a maggiore concentrazione d’intersezioni,
10
A seconda che ci si trovi nell’emisfero boreale o australe e invertendo il sud con il nord come fronte
privilegiato di captazione; cfr. Mazria E., Sistemi solari passivi, Padova, Muzzio, 1990, p. 17
11
gli elementi tecnologici e morfologici che le determinano, identificandone i caratteri e la
funzione.
Nel quarto capitolo vengono ordinati gli esiti della ricerca. Una prima parte
comprende la codificazione delle invarianti tipo-morfologiche, raccolte in uno specifico
abaco rappresentativo. Una seconda parte tratta della formulazione del concetto di
rendimento solare della forma urbana, secondo la comparazione di cinque modelli
insediativi caratteristici (morfotipi). Una terza parte si concentra sulla definizione di
possibili strategie di progettazione dell’architettura solare, attraverso specifiche e diverse
rielaborazioni progettuali. Le tre parti di questo capitolo sono consequenziali nel senso
che gli esiti di una parte vengono riutilizzati nelle parti successive.
In
ordine
generale
il
problema
dell’integrazione
dei
sistemi
solari
attivi
nell’architettura presenta allo stato attuale diversi contributi 11 , alcuni anche di elevato
spessore, ma pochissime pubblicazioni trattano in maniera specifica la codificazione delle
modificazioni formali dell’architettura, derivate dall’uso di questi sistemi. La maggior
parte dei testi presentano prevalentemente una successione di esempi di edifici, più o
meno complessi e a diversa funzione, che supportano sistemi attivi solari, più o meno
integrati; oppure si concentrano sull’evidenziazione dei caratteri prestazionali e perciò
sulla questione puramente energetica. Anche la maggior parte dei contributi scientifici
sull’argomento propongono spesso esiti computazionali, anche importanti ma specifici,
trattando in maniera secondaria le questioni dell’ottimizzazione morfologica e degli
aspetti di sinergia tra i due sistemi tecnologico e formale.
Parallelamente a questo la ricerca mira a concretizzarsi in un volume specifico (se
avrà la dignità di pubblicazione) a disposizione dei progettisti dell’architettura, che
vogliano avvicinarsi ai temi legati al solare o in un qualche modo modificare il loro
approccio al progetto, considerando importanti tutte le questioni legate allo sfruttamento
della risorsa solare con sistemi realmente integrati nell’architettura.
11
Cfr. indice bibliografico, sezione I.1: L’architettura solare e l’uso di sistemi passivi e attivi applicati agli edifici
12
Capitolo 1. Il concetto di architettura solare
Definire una origine storica precisa dell’architettura solare, intesa nel suo significato più
ampio, non è possibile poiché essa coincide con l’origine stessa dell’architettura. Da
sempre l’uomo ha cercato di interagire, adattandosi, con l’ambiente che lo circonda,
secondo un continuo rapporto dicotomico tra l’esigenza di protezione dagli agenti avversi
e la possibilità invece di sfruttare le risorse ambientali favorevoli. Inizialmente alla ricerca
di un riparo (l’albero, la caverna) poi costruendosi direttamente un luogo artificiale (la
propria casa) in cui ricreare determinate condizioni di comfort interne in relazione alle
condizioni esterne.
Il sole come elemento primario, dio pagano venerato e generatore di ogni forma di
vita, è sempre stato al centro del rapporto tra l’uomo e il suo contesto ambientale,
influenzandone fortemente la concezione costruttiva e figurativa dell’architettura fin dagli
inizi.
1.1 Sulla origine del termine
Nella letteratura tecnica e scientifica il termine “architettura solare” ha un’origine
relativamente recente.
Nel Novecento uno dei primi autori che più in generale si è posto il problema del
rapporto edificio-sole è stato Gaetano Vinaccia 1 ; nel 1938 introduce il concetto di
“eliourbanistica” riferendosi principalmente a questioni di orientamento dei tessuti urbani
delle città, ma senza mai accennare espressamente al termine compiuto. Egli infatti
arriva a definire il cosiddetto “asse equisolare”, in contrapposizione all’asse eliotermico di
Rey, Bard e Pidoux, allora molto considerato nelle realizzazioni del Movimento Moderno;
egli contribuisce altresì a porre le prime basi delle conoscenze attuali sulle interrelazioni
tra radiazione solare e costruzioni edilizie.
Negli anni ’60 del secolo scorso risulta importante il contributo portato dagli studi di
Ralph Knowles 2 sul rapporto energia e forma dell’architettura, nella dimostrazione
razionale di un metodo di progettazione che considera fondamentali le forze naturali (tra
cui anche quella solare) nella generazione dello spazio costruito. Egli arriva a definire
l’importante indicatore di forma H/A, detto anche “area di influenza” 3 , cioè il rapporto tra
una determinata altezza H dell’edificio e una superficie A, definita dall’ombra portata
dello stesso edificio durante tutto l’anno, variabilmente in base all’orografia del terreno;
1
2
3
Cfr. Vinaccia G., Il corso del sole in urbanistica ed edilizia, Milano, Hoepli, 1938, p. 11
Cfr. Knowles R., Energy and Form, Chicago, Massachusets Institute of Technology, 1974
Bottero M. et al. , Architettura solare, Milano, Clup, 1984, p. 32
Teoria e pratica dell’architettura solare
in pratica questo indicatore determina la distanza, in tutte le direzioni, a cui porre altri
edifici per beneficiare della medesima insolazione.
Altri protagonisti importanti di quel periodo sono i fratelli Olgyay 4 , che elaborano
una metodologia scientifica applicata alla progettazione architettonica, finalizzata al
controllo delle influenze del clima sui manufatti edilizi e sugli insediamenti urbani; è
grazie infatti al loro lavoro che viene definita la moderna bioclimatologia applicata alla
progettazione architettonica. Sergio Los 5 nella prefazione all’edizione italiana del libro dei
fratelli ungheresi 6 , parla del loro lavoro come «[…] fonte e ispirazione dei libri più recenti
sull’architettura solare […]», intendendo oramai (1981) il termine in questione
consolidato e di uso comune.
G. Vinaccia: il porticato giustamente orientato come riparo dall’irraggiamento estivo (fig. 1.1); R.
Knowles: morfologia architettonica modellata dal controllo della radiazione solare (fig. 1.2); V.
Olgyay: modello di insediamento bioclimatico in zona temperata (fig. 1.3)
Il concetto di architettura solare si struttura compiutamente nei successivi anni ’70,
dopo lo spartiacque temporale della prima grande crisi energetica del 1973; in reazione
allo sconvolgimento delle logiche di approvvigionamento delle risorse, furono attivati
diversi importanti programmi di ricerca negli Stati Uniti ed in Europa. Le finalità di queste
ricerche erano quelle di articolare una serie di strategie attuabili, progettuali e
costruttive, finalizzate al risparmio energetico ed allo sfruttamento della risorsa
energetica solare 7 ; a tal proposito furono pubblicati diversi testi, come sintesi divulgative
delle ricerche sopracitate. Tra queste sono coeve (1977) le due pubblicazioni di Peter Van
4
Cfr. Olgyay V., Design with climate, Princeton, Princeton University Press, 1963
Professore ordinario di composizione architettonica all’Istituto Universitario di Venezia (IUAV), studioso di
Carlo Scarpa. Nel 1977/78 é consulente del Ministero dell’Industria per l’organizzazione di una cooperazione
Italia-USA sui “Sistemi solari passivi nelle case unifamiliari” e rende possibile, attraverso la collana Le scienze
dell’artificiale (Muzzio Editore) di cui è curatore e grazie anche alle preziose traduzioni di G. Mancuso, la
conoscenza in Italia delle avanguardistiche esperienze americane sui temi dell’architettura solare passiva
6
Cfr. Olgyay V., Progettare con il clima – un approccio bioclimatico al regionalismo architettonico, Padova,
Muzzio, 1981
7
Tra questi: il programma Sundwellings, del 1974 (Four Corners Regional Commission, New Mexico, USA),
prevedeva la sistematizzazione di una serie di pratiche virtuose, in regime di autocostruzione, di sistemi solari
passivi applicabili dagli gli abitanti dello stato del New Mexico, per la realizzazione della loro abitazione; in
Francia sul finire degli anni ’70 tramite il concorso HOT del Ministero dell’Attrezzatura, l’attività dell’AFEDES
(Associazione per lo sviluppo dell’energia solare), della sezione francese della COMPLES (Cooperazione
mediterranea per l’energia solare) e dell’Institut technique du bâtiment et des travaux publics, attraverso il
Projets pour 1000 maisons solare; in Italia a partire dal 1976, all’interno del Progetto Finalizzato Energetica
(PFE) del CNR, tramite il sottoprogetto “Energia solare”.
5
14
Cap. 1 Il concetto di architettura solare
Dresser 8 e Charles Chauliaguet 9 che per la prima volta riportano espressamente il
termine di architettura solare nella trattazione, senza comunque darne una definizione
specifica. Chauliaguet titola il capitolo 1 “Architettura solare”, parlando più in generale di
principi “eliotecnici” che consentono all’architettura, soprattutto nelle regioni ad alta
insolazione, di adattare l’habitat alle esigenze di comfort dell’uomo. Invero accenna al
termine in questione considerandolo “pleonastico”, dal momento in cui tutte le forme,
soprattutto nell’architettura tradizionale, hanno sempre tenuto conto delle influenze
ambientali tra cui anche quella solare. Van Dresser all’opposto cita il termine
nell’introduzione in un’accezione che ritiene consolidata, di uso comune, parlando anche
di «architettura solare indigena e concezione regionalista» 10 della casa solare. In questo
senso egli ritiene che la priorità assoluta sia la riduzione dell’impatto economico delle
strategie solari di tipo passivo, contro la standardizzazione ed industrializzazione delle
soluzioni applicabili e dei componenti d’involucro. Parla evidentemente di un’architettura
che riceve dal sole la maggior parte del contributo per il fabbisogno termico invernale;
che possa essere costruita con materiali locali a filiera corta e con una notevole incidenza
di lavoro artigianale locale; in definitiva auspica che il proprietario stesso possa esser
messo nelle condizioni di autocostruirsi la propria dimora, come facevano anticamente le
popolazioni indigene del New Mexico (USA), territorio al quale l’autore si riferisce.
P. Van Dresser: casa solare dimostrativa al Ghost Ranch, New Mexico (fig. 1.4); casa solare
d’Aramon, Francia (fig. 1.5)
Nel 1977 in Italia viene pubblicato un interessante volumetto edito da Uniedit a
firma di un fisico-tecnico (Giovanni Del Signore) e di un architetto (Andrea Ponsi)
entrambi fiorentini, dal titolo La casa solare 11 . Il testo, come si legge nella presentazione
della quarta di copertina, «[…] non vuole essere né un manuale, né un testo divulgativo
[ma] una raccolta di informazioni sull’energia solare applicate specificatamente all’edilizia
[…]»; esso si struttura in diversi capitoli divulgativi degli utilizzi pratici e su di un buon
8
Cfr. Van Dresser P., Homegrown sundwellings, Santa Fé, Lightning Tree, 1977 (trad. it. G. Mancuso M. Laini,
Case solari locali, Padova, F. Muzzio, 1979)
9
Cfr. Chauliaguet C., L'energie solaire dans le batiment, Paris, Eyrolles, 1977
10
Probabilmente anche in riferimento al testo Design with Climate di V. Olgyay (1962)
11
Cfr. Del Signore G., Ponsi A., La casa solare, Firenze, Uniedit, 1977
15
Teoria e pratica dell’architettura solare
regesto di progetti di case solari soprattutto americane, avendo, il Ponsi, passato un
periodo di studio negli USA grazie ad una borsa di ricerca.
Pur senza definire specificatamente il termine di architettura solare, gli autori
pongono in risalto già nell’introduzione la necessità di ben integrare i collettori solari nelle
ampie superfici captanti a disposizione, come pareti e coperture, aspetto questo che «[…]
influisce
necessariamente
sia
sull’organizzazione
degli
spazi
interni
quanto
sul
12
complessivo aspetto formale dell’edificio» ; in conclusione affermano che:
[…] La forma dell’architettura è l’espressione delle necessità che ad essa viene richiesto di
assolvere, ed il contenimento del consumo di energia diventerà sempre più una di queste
fondamentali necessità. I nuovi requisiti che un’architettura energeticamente responsabile
dovrà considerare possono anzi offrire al progettista nuove possibilità di interpretazioni
originali e creative. 13
Un altro importante contributo italiano di quegli anni (1978) deriva dal testo di
Cristina Benedetti 14 , assistente al corso di Tecnologia dell’architettura del prof. Vincenzo
Bacigalupi, alla Facoltà di Architettura di Roma. Anche questo testo si inserisce nel
contesto culturale italiano di quegli anni, in cui le soluzioni legate allo sfruttamento solare
stanno lentamente riemergendo grazie al lavoro di ricerca del Progetto Finalizzato
Energetica 15 del CNR; le finalità della stessa prefigurano delle possibili soluzioni
all’annoso problema del risparmio energetico nell’edilizia, dopo lo shock della crisi del ‘73.
Nella presentazione del libro Bacigalupi accenna ad una “architettura solarizzata”
definita anche “orribile neologismo” 16 ; questo per rilanciare i contenuti successivi che in
un’accezione invece propositiva, pongono il problema della forma e dei nuovi linguaggi
dell’architettura in rapporto alla diffusione dei sistemi solari attivi. Allo stesso tempo
rivendica una riassunzione di responsabilità da parte dell’architetto nella gestione del
progetto integrato, troppo spesso demandato e scollegato nelle componenti tecnologicoformali e poco risolto dal punto di vista degli esiti figurativi finali. È interessante un
passaggio dell’autore sulla questione dell’utilizzazione delle tecnologie solari in rapporto
alla forma architettonica:
[…] quando […] l’edificio è progettato in funzione della propria autosufficienza energetica,
totale o parziale, mediante la captazione dell’energia solare (ed è questa, evidentemente, la
strada più corretta sotto il profilo sia tecnico che linguistico) gli elementi di captazione
devono assumere lo stesso ruolo che gli altri elementi tecnologici presenti nella costruzione
assumono per la configurazione del linguaggio. […] in questo caso, l’input dei fattori
12
13
14
15
16
Ivi, p. IX
ibidem
Cfr. Benedetti C., L’energia del sole, Roma, Kappa, 1978
Cfr. nota 7
Benedetti C., op. cit,, p. 5
16
Cap. 1 Il concetto di architettura solare
tecnologici si presenta in termini nuovi, ed anche quantitativamente ingenti, ma la risoluzione
non può che essere quella di sempre, e cioè quella della sintesi formale dell’opera
architettonica. […] 17
Questa riflessione, quasi profetica (1978) rispetto alle tendenze attuali sugli edifici a
energia zero, anticipa il tema attualissimo del problema formale derivato dall’applicazione
dei sistemi tecnologici solari all’involucro edilizio. Viene perciò riaffermato il ruolo
fondamentale del progetto di architettura come strumento di sintesi e controllo della
modificazione della forma, in conseguenza dell’introduzione di elementi tecnologici
innovativi, tesi peraltro fortemente sostenuta dal presente lavoro di ricerca.
Nel 1979 viene pubblicato quello che è, tutt’ora, il manuale di riferimento
dell’architettura solare passiva. The Passive Solar Energy Book 18 di Edward Mazria
raccoglie e sintetizza l’esperienza di quella che potrebbe essere definita la “Scuola di
Santa Fè”, un gruppo di ricercatori, progettisti e costruttori riunito nel New Mexico dal
programma di ricerca “Sundwellings” 19 del 1974. Essi diedero vita ad alcune tra le più
riuscite realizzazioni di case solari, divenute modelli teorici e pratici per innumerevoli
ricercatori e progettisti di allora ma anche contemporanei. Il testo in realtà non propone
una definizione di architettura solare, ma si concentra su di una precisa ed esaustiva
esemplificazione dei sistemi solari passivi, strutturando una metodologia applicativa
basata su patterns 20 specifici a disposizione di progettisti e utenti di case solari.
Sempre negli Stati Uniti all’inizio degli anni ’80 escono due volumi direttamente
ispirati all’architettura solare, segno di un interesse molto forte e non circostanziato 21 nel
paese d’oltreoceano. Il primo, A Golden Thread, 2500 Years of Solar Architecture and
Technology 22 , traccia una interessante ricostruzione partendo, forse un pò forzatamente,
dall’architettura solare dei greci e dei romani, per arrivare alle case solari del MIT e alle
importanti esperienze americane coeve. Il secondo è il volume Solar architecture: the
direct gain approach 23 . L’autore, T.E. Johnson docente al MIT, elabora una prima parte
storica in cui fa coincidere l’inizio della moderna architettura solare passiva con le
sperimentazioni dell’architetto di Chicago G.F. Keck. Questi infatti nel 1933, presenta alla
Chicago Century of Progress Exposition, una casa completamente vetrata che può essere
riscaldata unicamente con il sole: la “Crystal House”. Naturalmente l’involucro presenta
diversi
problemi
di
surriscaldamento
che
inducono
Keck
a
sperimentare
altre
17
Ibidem, p. 13
Cfr. Mazria E., The passive solar energy book, Rodale Press, 1979 (trad. it Mancuso G., Sistemi solari passivi:
soluzioni per una migliore qualità ambientale degli edifici, II ed., Padova, Muzzio, 1990)
19
Cfr. nota 4 p. 27
20
Metodologia progettuale ideata da Christopher Alexander e divulgata dal testo A Pattern Language: towns,
buildings, constuctrion, Oxford (USA), University press, 1977. Il pattern è fondamentalmente uno strumento
operativo trasmissibile di verifica progettuale e nel loro insieme “[…] rappresentano soluzioni di ricorrenti
problemi ambientali […]” (Mazria E., op. cit., p. 7)
21
Cfr. Le ricerche del gruppo Sundwellings e di Mazria
22
Butti K., Perlin J., The Golden Thread, Van Nostrand Reinhold, New York, 1980
23
Johnson T., Solar architecture, McGraw-Hill, New York, 1981
18
17
Teoria e pratica dell’architettura solare
configurazioni morfologiche e materiche più efficaci. Nel 1941 progetta la Duncan’s
House 24 che viene soprannominata solar home (casa solare) da un reporter del Chicago
Tribune utilizzando il termine per la prima volta.
È del 1982 la traduzione a cura di Paolo Cella del volume Projets pour 1000 maisons
solaire, edito da Longanesi. 25 Il volume raccoglie una selezione di 29 progetti (tra i quali i
7 vincitori ex aequo) di un concorso bandito dal “Ministero per l’ambiente e la qualità
della vita” francese nel gennaio 1980, per la progettazione e la successiva costruzione di
case solari innovative sul territorio nazionale. Nella prefazione Cella afferma che «[…]
estetiche idiote o di facile presa hanno nascosto, e purtroppo nascondono tuttora,
progetti irrazionali ed energeticamente costosi, come realizzazione e come gestione
[…]» 26 , introduce il termine attualissimo della “casa a energia zero” 27 e definisce che:
Oggi […] si parla di architettura solare attiva o passiva, a seconda che i componenti preposti
alle trasformazioni energetiche nell’habitat siano rappresentati da sistemi meccanici (pannelli
solari o pompe di calore) oppure dalla casa stessa mediante un accurato studio del
soleggiamento e dei moti convettivi. 28
L’obiettivo del volume è in definitiva quello di mostrare ad un pubblico il più ampio
possibile, l’esistenza di politiche illuminate nel governo centrale di un paese vicino come
la Francia; ma soprattutto la reale possibilità di “progettare con il sole” mostrata
dettagliatamente nelle 29 proposte selezionate, a fronte di extracosti largamente inferiori
in proporzione ai risparmi energetici ottenuti (dal 30 al 50% in meno del fabbisogno
energetico standard per una costruzione di allora).
In Italia nel 1984 viene edito Architettura solare, tecnologie passive e analisi costibenefici, a firma di Maria Bottero, Giancarlo Rossi, Gianni Scudo e Gianni Silvestrini.
Anche in questo caso però, titolazione a parte, non viene data una definizione univoca del
termine, ma si definiscono concetti maggiormente legati alla morfologia dell’energia o
all’architettura dell’energia, questioni sollevate per la prima volta da V. Olgyay e R.
Knowles alcuni decenni prima; viene fornita al contempo una prima importante riflessione
sulla modificazione della tipomorfologia in edilizia ed urbanistica 29 , in rapporto ai sistemi
di captazione passivi. Vengono inoltre forniti strumenti applicativi di contenuto
interdisciplinare, strutturando il testo come sorta di manuale operativo, per la
progettazione di edifici solari con sistemi passivi. Gli autori, provenienti da diverse realtà
24
Keck sperimenta il guadagno termico per accumulo diretto sui pavimenti neri e una muratura “pesante”
disposta in fondo alla sala giorno, registrando un risparmio del 15% sulle spese di riscaldamento, valore
notevole considerando che la casa non era pressoché isolata termicamente; ibidem, pp. 1-7
25
Institut technique du bâtiment et des travaux publics, Projets pour 1000 maisons solaires, Éditions du
Moniteur, 1981 (tr. it Cella P., Progetti per mille case solari, Milano, Longanesi, 1982)
26
Ivi, p. 7
27
Ivi, p. 8
28
ibidem
29
Bottero et al., op. cit, p. 41
18
Cap. 1 Il concetto di architettura solare
accademiche italiane (Milano, Venezia e Palermo), raccolgono tutta quella che è stata
l’esperienza americana sul solare passivo e inquadrano lo stato dell’arte di quel periodo in
Italia, dove, attraverso programmi di ricerca e leggi specifiche 30 , si sta tentando di
promuovere una solarizzazione diffusa degli edifici.
Fig. 1.6: sezione trasversale del Desert Research Institute (J. Miller, Nevada, 1975); fig. 1.7:
concorso per “1.000 case solari”, progetto vincitore (ex aequo) “Becare”
Fig. 1.8: sezione trasversale della casa Terry a Santa Fè (New Mexico, USA); fig. 1.9: edificio
plurifamiliare con sistema solare termico centralizzato integrato in copertura (S. Vincenzo, Livorno)
Nel 1991 la Commissione delle Comunità Europee all’interno di un programma di
ricerca 31 sull’utilizzo passivo dell’energia solare nelle costruzioni, pubblica il volume
divulgativo Architecture Solaires en Europe (Architetture solari in Europa). Nella selezione
di realizzazioni mostrata è evidente l’associazione tra il termine in questione e ciò che
viene inteso in quel periodo per architettura solare; infatti nell’introduzione ai casi
analizzati
viene
restrinto
il
campo
alla
architecture
solaire
passive
(passiva),
evidenziando con questo l’utilizzo quasi esclusivo dei sistemi a guadagno termico.
Nel 1999 Alinea pubblica, nella collana “Ecologia e architettura” diretta da F.
Sartogo, un volume che fa conoscere in Italia l’opera di un architetto viennese
protagonista della nuova architettura solare: G.W. Reinberg 32 . Nel saggio introduttivo alla
30
Progetto finalizzato energetica del CNR del 1976 e la legge 308/1982 per l’incentivazione degli interventi di
risparmio energetico e di utilizzo di fonti energetiche rinnovabili
31
Passive solar as a Fuel, 1990-2010, Commissione delle Comunità Europee , rapporto n° EUR-13094, XIII
Direzione Generale, Lussemburgo
32
G.W. Reinberg può essere sicuramente considerato, con Thomas Herzog, tra i migliori protagonisti
dell’architettura solare contemporanea. Lo testimoniano le numerose realizzazioni tutte finalizzate alla ricerca
19
Teoria e pratica dell’architettura solare
presentazione molto dettagliata dei progetti, lo stesso Reinberg definisce la sua visione di
“architettura solare”, anche se spesso la interpreta in un senso più allargato di
“architettura ecologia”; egli comunque afferma:
[…] così come il sole utilizzato nell’architettura solare non è solamente energia fisica, ma
altresì energia che ispira i nostri sensi, cosi una corretta architettura solare non applica
semplicemente l’energia solare come semplice elemento fisico in edilizia, ma anche per fare
fisicamente sperimentare la qualità della vita all’interno di un determinato edificio.
Effettivamente tutta l’architettura che noi consideriamo buona dovrebbe esprimere in modo
adeguato la nostra cultura, la nostra società ed i nostri problemi, le nuove tecnologie, la
nostra idea di armonia, le nostre aspirazioni e il nostro futuro […] creare una comprensione
sensibile e vitale della nuova relazione tra l’Uomo e l’Ambiente […]
L’architettura solare si differenzia in genere fra utilizzo termico e fotovoltaico del sole. […]
Questo non può essere ancora definito architettura solare, poiché questa […] ha molto più da
offrire ed è infinitamente lontana dal funzionare come una “installazione in stadio avanzato”
la cui presenza garantisca architettura di alta qualità.
Per questo stesso motivo fallisce anche il metodo (molto amato) di prendere un qualsiasi
architetto non a conoscenza degli sviluppi ecologici e lasciarlo progettare, poi chiamare un
tecnico solare ed un fisico edilizio ad “ottimizzare” il tutto.
Le nuove strategie dell’edilizia ecologica sono troppo autonome e presentano architettura
troppo differenziata per poter essere semplicemente “appiccicate” ad un edificio a posteriori.
Molto spesso la strategie è rappresentata dall’edificio, dall’architettura stessa. […]
Questa riflessione propone per la prima volta l’assunto fondamentale che non si può
definire “solare” un’architettura solo perché fa uso di un qualche sistema o dispositivo di
sfruttamento solare; essa è di più, è un qualcosa che va direttamente all’origine, all’inizio
del processo ideativo di cui è sintesi e matrice allo stesso tempo, nella piena
consapevolezza dei caratteri culturali, sociali e tecnologici della situazione contestuale.
Sempre sul lavoro di Reinberg nel 2005 A. Labella pubblica per Libria una selezione di
alcuni progetti dal titolo Solar Architecture; anche in questo caso la curatrice associa e
definisce il termine nella rassegna di realizzazioni dell’architetto viennese.
Nel 2003 viene pubblicata la versione italiana di Solares Bauen 33 a cura di Christian
Schittich, dove è possibile individuare, nel saggio iniziale “verso un’architettura solare”,
una interpretazione della stessa nella sua accezione più contemporanea. Infatti l’autore
parlando di edificio come “sistema energetico”, precisa:
della migliore sintesi possibile tra un’architettura di buona qualità e i dispositivi/impianti di sfruttamento solare.
I paradigmi progettuali che utilizza, elementi ripetuti e ricorrenti, segni figurativi espliciti di un preciso indirizzo
progettuale, diventano vere e proprie forme tipo solari, strumentali alla definizione del miglior livello di
efficienza sinergica, nell’accezione più coerente del termine definito in questa ricerca.
33
Cfr. Schittich C. (a cura di), Solares Bauen - Strategien, Visionen, Konzepte, Munich, Birkhauser, 2003 (ed.
it., Architettura solare – strategie, visioni, concetti, 2003).
20
Cap. 1 Il concetto di architettura solare
[…] un sistema in cui si integrano accorgimenti passivi e attivi, partendo dall’orientamento e
dalla composizione del corpo di fabbrica fino ad arrivare all’integrazione dei dispositivi per la
produzione di acqua calda e corrente elettrica. L’involucro esterno, regolabile e modificabile,
apporta il suo contributo in misura sempre maggiore: regolato da un sistema di controllo
intelligente, esso reagisce al variare delle condizioni e degli influssi climatici. È ovvio che per
creare un prodotto così complesso è necessaria la formulazione di progetti elaborati ed
estensivi, con il coinvolgimento tempestivo di tutti gli esperti implicati. […] 34
In questo passaggio sono riconoscibili alcuni caratteri fondamentali: il concetto di
sinergia tra sistemi passivi ed attivi, l’integrazione tra sistemi attivi e l’involucro
architettonico, l’adattabilità dell’involucro attraverso sistemi domotici e l’esigenza di un
progettazione integrata fin dalle prime fasi.
Il volume raccoglie saggi e progetti già pubblicati in alcuni numeri monografici
(Solares Bauen: costruzioni solari) della rivista tedesca Detail 35 dal 1993 al 2002,
strutturati come una sorta di osservatorio a cadenza pluriennale, della migliore e più
rappresentativa produzione architettonica solare. La rivista, attraverso questi focus
specialistici, rappresenta sicuramente uno tra i migliori riferimenti di recensione e
approfondimento delle tematiche solari, almeno fino ai primi anni del nuovo secolo. Tra i
progetti pubblicati, portati come esempio di “buona architettura solare”, emergono
sicuramente il complesso residenziale a Kolding (3Xnielsen) per l’uso sapiente dei muri
solari sul fronte sud; l’edificio per uffici a Solihull (Arup) per i sistemi di controllo della
luce naturale zenitale; la palazzina per uffici Iguzzini a Recanati (M. Cucinella) per la
sinergia tra sistemi attivi e passivi di produzione energetica e di raffrescamento estivo;
l’edificio per uffici a Würzburg (Webler+Geissler) per la soluzione della doppia parete in
vetro come strumento di regolazione della radiazione incidente; la famosa scuola di
perfezionamento a Herne (F. Jourda), meglio conosciuta come Accademia di Mont-Cenis,
per il tema dei sistemi fotovoltaici inseriti nelle chiusure trasparenti; la famosissima
copertura del Deutschen Bundestag di Berlino (N. Foster) per la risolta coesistenza di
numerose strategie attive e passive di climatizzazione interna e illuminazione naturale.
Fig. 1.10: case a schiera a Kolding; fig. 1.11: sede Arup Associates a Solihull; fig. 1.12: sede
IGuzzini a Recanati
34
ivi p. 9
DETAIL, Solares Bauen, numeri monografici, n° 6/1993, 3/1997, 2/1999, 6/2002, 6/2005, Inst. für Internat.
Architektur-Dokumentation, München
35
21
Teoria e pratica dell’architettura solare
Fig. 1.13: edificio per uffici a Würzburg; fig. 1.14: Accademia di Mont-Cenis a Herne; fig. 1.15:
cupola vetrata del Bundestag di Berlino
Sempre nel 2003 Rolando Scarano 36 e Antonietta Piemontese si pongono, tra i
pochi, il problema del linguaggio architettonico nei confronti delle nuove tecnologie
fotovoltaiche. Nel volume, oltre ad una esaustiva rassegna di progetti “solari”
paradigmatici, propongono una interpretazione originale del concetto di architettura
solare, affermando:
[…] Il linguaggio (architettonico, NdA) non è più rivolto esclusivamente ad un fine
estetizzante quanto alla più asciutta e razionale soluzione di problemi attuando una
trasformazione del lessico tecnologico dei materiali e del linguaggio tecnico. In quest’ottica la
nuova architettura solare diviene sinonimo di misura, risparmio, eleganza. La città, non più
concepita secondo logiche tradizionali si offre come “ecosistema urbano”, territorio
antropizzato fatto di un insieme di architetture tra loro necessariamente integrate. La stessa
forma degli edifici si traduce in uno strumento che produce e dissipa energia attraverso
particolari organizzazioni morfologiche. L’energia solare è a tutti gli effetti una componente
che non solo imprime forma ma che si rivela efficace anche da un punto di vista estetico
[…] 37
I due autori, insieme al curatore della collana 38 Paolo Portoghesi, rivendicano un
preciso ruolo figurativo alle applicazioni delle tecnologie solari in architettura. In questa
visione allargata l’architettura stessa riacquista un preciso valore etico, riponendosi a
completo servizio dell’uomo e dell’ambiente (la nuova alleanza); i nuovi sistemi
fotovoltaici modificano fortemente il lessico formale degli involucri architettonici
contemporanei, in un rapporto tra energia e forma architettonica riconsiderato
possibilmente in un’accezione più naturalistica rispetto alla scientificità dell’approccio di
Knowles 39 , citato precedentemente.
36
Piemontese A., Scarano R., Energia solare e architettura. Il fotovoltaico tra sostenibilità e nuovi linguaggi,
Roma, Gangemi, 2003
37
Ibidem, p. 9
38
La nuova alleanza: Architettura & Ambiente, collana editoriale diretta da paolo Portoghesi e Rolando Scarano
per Gangemi Editore
39
Knowles R., op. cit.
22
Cap. 1 Il concetto di architettura solare
Fig. 1.16: edificio per uffici a Dresda (D. Schempp, 1996); fig. 1.17: centro per l’innovazione
tecnologica a Berlino (Eisele & P., 1998) ; fig. 1.18: stazione dei vigili del fuoco a Houten (Samyn &
P., 1997)
Un anno dopo (2004), sempre per la stessa collana, Paolo Portoghesi e lo stesso
Scarano pubblicano L’architettura del sole. 40 Il volume si configura come una raccolta di
saggi presentati all’omonimo convegno internazionale tenutosi sull’isola di Capri (24-28
giugno 2002), a conclusione del programma di ricerca “L’integrazione del fotovoltaico in
architettura”. 41 Nel saggio introduttivo Rolando Scarano parla di un nuovo “umanesimo
ecologico” 42 e di una “naturalizzazione dell’architettura” 43 , interpretabile anche come una
condivisione della poetica portoghesiana fortemente strutturata sul naturalismo barocco,
affermando:
[…] i sistemi fotovoltaici integrati negli edifici hanno il potenziale di divenire veri e propri
elementi architettonici, costituendo alternative concrete ai componenti edili. L’utilizzo
architettonico del fotovoltaico apre ulteriori possibilità di ricerca, che vanno dal disegno
architettonico degli elementi della struttura di superficie, alla implementazione dei risparmi
energetici.
Si potrebbe ipotizzare di fatto, l’inizio di un nuovo campo semantico: basti pensare a quanto
le attuali tecnologie hanno reso più complesso e certamente più ambiguo il discorso sull’uso
dei materiali, mettendo spesso in discussione categorie architettoniche accettate quali, ad
esempio, leggerezza e trasparenza. […] 44
Nello stesso saggio, ponendo sempre come centrale il problema del linguaggio
formale delle nuove “tecnologie energetiche”, 45 l’autore riporta anche una interessante
definizione dei sistemi fotovoltaici che diventano “epidermide artificiale dell’edificio”; 46
cita anche Norman Foster quando afferma che “l’architettura solare non è una questione
di moda ma una questione di sopravvivenza” 47 . David Lloyd Jones, in un contributo
successivo, parla invece di “architettura del sole” come di «[…] concetto olistico che
40
Portoghesi P., Scarano R., L’architettura del sole, Roma, Gangemi, 2004
La ricerca si è svolta nella’ambito di un accordo di programma fra Ministero dell’Ambiente e CNR, con
responsabile scientifico nazionale Rolando Scarano. I diversi gruppi di ricerca sono stati coordinati da: Cesare
Blasi, Enrico Bordogna, Guido Canella, Aimaro d’Isola, Antonio Monestiroli, Piero Paoli, Gabriella Padovano,
Antonietta Piemontese, Luciano Semerani, Maurizio Vogliazzo
42
Portoghesi P., Scarano R., op. cit, p. 20
43
ivi
44
Portoghesi P., Scarano R., op. cit., p. 16,17
45
ivi
46
ivi
47
Ibidem, p. 9
41
23
Teoria e pratica dell’architettura solare
concerne le conseguenze dello sviluppo edilizio sulla società e sul benessere economico,
le quali vanno ad aggiungersi a quelle sull’ambiente naturale […]» 48 . Architecture Studio
afferma che «[…] il sole è parte del contesto e tutta l’architettura è solare. Si hanno così
due differenti posizioni in relazione al sole ‘essere con’ o ‘essere contro’ […]» 49 . Tjerk H.
Reijenga ritiene che «gli architetti devono […] pensare a una nuova “Architettura Solare
Intelligente” (Smart Solar Architecture)» 50 , all’interno di una proposta di categorie
crescenti di integrazione architettonica e perciò di linguaggio. Antonio Monestiroli
reinterpreta in una visione contemporanea il progetto di Le Corbusier per la Maison
Citrohan, ipotizzando le possibilità espressive della tecnologia fotovoltaica come
sostituzione puntuale di alcuni elementi architettonici che «per loro natura sono nati e
vivono di un particolare rapporto con il sole» 51 , come, in questo caso, la grande vetrata
del soggiorno a doppia altezza.
Fig.1.19 Prototipo abitativo energeticamente autosufficiente : the Autarkic house (A. Pike, 1971);
fig. 1.20 La pelle attiva regolatrice della radiazione solare: Institut du Monde Arabe (J. Nouvel.
1987); fig. 1.21 Integrazione di brise soleil attivi nella Maison Citrohan di Le Corbusier (A.
Monestiroli, 2002)
Il periodo che va dal 2005 ad oggi non vede contributi importanti alla ridefinizione o
alla maggiore diffusione del termine in questione. Le pubblicazioni che si susseguono
mirano quasi esclusivamente alla riproposizione di temi specifici e più tecnici, come
l’integrazione dei sistemi attivi nell’involucro architettonico; oppure, come accade in
Italia,
diversi
testi
rincorrono
l’apparato
normativo
d’incentivazione
in
continua
evoluzione, nei suoi aspetti esplicativi commerciali e di convenienza economica, legato al
Conto Energia. Altri testi 52 propongono svariate casistiche di esempi realizzati, senza
approfondire in maniera specifica l’essenza costitutiva dell’architettura solare o proporre
riflessioni terminologiche. A tutt’oggi si può dire che manca ancora una univoca
48
Portoghesi P., Scarano R., op. cit., p. 47
Ibidem, p. 131
50
Ibidem, p. 137
51
Ibidem, p. 229
52
Tra questi è importante ricordare L’integrazione architettonica del fotovoltaico: esperienze compiute a cura di
Cinzia Abbate (Roma, Gangemi, 2002), sintesi del lavoro di ricerca del Task 7 dell’International Energy Agency
(IEA), che raccoglie le migliori realizzazioni europee legate agli edifici/ambiti urbani in cui i sistemi FV trovano
la migliore qualità d’integrazione architettonica
49
24
Cap. 1 Il concetto di architettura solare
connotazione del termine che tenga conto, in maniera particolare, della profonda
trasformazione in atto nell’architettura contemporanea dovuta in maniera particolare alla
diffusione dei sistemi solari attivi applicati agli involucri edilizi.
1.2 Architettura solare passiva e attiva
In virtù delle diverse interpretazioni sopraesposte e degli obiettivi della ricerca, si può
definire col termine di architettura solare quel tipo di approccio alla progettazione
architettonica indirizzato, fin dalla fase iniziale del metaprogetto, allo sfruttamento
dell’energia derivante dall’irraggiamento solare e l’esito costruito caratterizzato da questo
tipo di approccio; questo processo si struttura attraverso l’utilizzo di sistemi di
sfruttamento solare definiti passivi o attivi, integrati variabilmente nell’involucro
architettonico quale supporto privilegiato.
Questo approccio definisce conseguentemente un manufatto architettonico o un
aggregato edilizio in cui è riconoscibile, essendone fortemente connotati gli esiti
morfologico-figurativi
complessivi,
l’impronta
dei
diversi
sistemi
o
dispositivi
di
sfruttamento solare, sinergicamente organizzati tra loro attraverso il progetto di
architettura.
Ponendo allo stato attuale come necessaria ed auspicabile la compresenza dei due
diversi sistemi, si può affermare che è in atto un momento di transizione tra una fase
legata
storicamente
allo
sfruttamento
della
risorsa
solare
con
sistemi
quasi
esclusivamente di tipo passivo, meno efficienti, e una fase più recente caratterizzata dalla
prevalenza dei sistemi di tipo attivo, che stanno più incisivamente riconfigurando
l’oggetto architettonico anche da un punto di vista etico-sociale.
Con il termine “passiva” si intende (attualmente) quel tipo di architettura solare che
utilizza prevalentemente strategie e dispositivi di sfruttamento o protezione, intesi anche
come insieme di metodologie progettuali e tecniche costruttive 53 , che comportano
guadagni energetici dal sole senza l’ausilio di impianti o di energia richiesta per il loro
funzionamento. Nel caso dei sistemi definiti passivi il guadagno solare avviene attraverso
l’utilizzo di particolari dispositivi architettonici strutturati nella morfologia dell’involucro,
alla loro orientazione e alle caratteristiche ambientali del contesto.
In termini di efficenza energetica gli effetti più considerevoli di guadagno passivo da
radiazione solare sono associabili nelle costruzioni edili al fenomeno dell’effetto serra,
53
Ena D., Magrini A., Tecnologie solari attive e passive. collettori solari e pannelli fotovoltaici, integrazioni
architettoniche, incentivi (Conto Energia) e agevolazioni, III ed., Roma, EPC, 2007, pag 16
25
Teoria e pratica dell’architettura solare
legato a doppio filo all’applicazione del vetro 54 negli infissi delle bucature architettoniche
giustamente orientate degli edifici.
Col termine “attiva” si intende attualmente quel tipo di architettura solare che
utilizza prevalentemente strategie e dispositivi di sfruttamento o protezione che
necessitano per il loro funzionamento di impianti meccanici, collegamenti elettrici,
strumenti di supporto, sistemi perciò configurabili come “impianti”. Questi sistemi per
poter essere convenientemente efficienti necessitano, come i dispositivi passivi, di
orientazioni privilegiate (sud, sud-est, est, sud-ovest) e di morfologie architettoniche
particolari dipendenti dal livello di integrazione che viene stabilito in fase progettuale. Nel
caso di sistemi attivi perciò lo sfruttamento solare è veicolato alla produzione di energia
elettrica o termica e, in alcuni casi 55 , alla protezione dall’eccessivo irraggiamento
dell’involucro; l’implementazione di questi sistemi può avvenire per sovrapposizione o
integrazione nei confronti dell’edificio-supporto.
È necessario precisare che volutamente questa ricerca considera solamente i casi in
cui i sistemi attivi sono fortemente integrati nell’involucro; essa parte infatti dal
presupposto che la modificazione/adattamento della forma architettonica può avvenire
solamente in presenza di una corretta sinergia tra il sistema tecnologico e quello formale.
Non tratterà e non mostrerà perciò esempi di sistemi attivi semplicemente “agganciati” o
semplicemente sovrapposti all’involucro, modalità peraltro caratterizzante la maggior
parte della cosiddetta “edilizia solarizzata diffusa”. Un aspetto molto importante da
considerare e fino ad ora poco analizzato, è il tema della percezione 56 e dell’accettazione
di questi sistemi da parte della componente sociale. Essa tende ancora, in molti casi, a
mostrare segni di rifiuto o non condivisione verso queste tecnologie, considerandone
criticamente solo l’impatto visivo e non i caratteri sostenibili del nuovo involucro più
performante e produttore di energia.
54
L’uso diffuso del vetro piano nelle costruzioni è un fenomeno relativamente recente, dovuto alle innovazioni
nei procedimenti produttivi di fine ‘800 e alla messa a punto del procedimento della “stiratura” nel 1905; la
svolta decisiva si ebbe nel 1959, del processo float da parte di Pilkington per la produzione del vetro piano di
qualità elevata in lastre. Del periodo precedente si hanno notizie di applicazioni (rarissime) in alcune terme
romane a Pompei, risalenti al I secolo d.C., di applicazioni nelle grandi basiliche gotiche come vetrazioni
multicolore e una certa diffusione nel periodo rinascimentale negli edifici delle classi più agiate, grazie anche al
lavoro degli artigiani del vetro di Venezia. Nel XVIII secolo con la rivoluzione industriale e l’introduzione del
ferro associato al vetro nelle costruzioni, si diffondono le grandi serre per la coltivazione e le grandi costruzioni
a galleria, che hanno, come esempio paradigmatico, il Crystal Palace di J. Paxton; cfr. manuale del vetro st.
Gobain
55
Sistemi bivalenti: viene associata la produzione energetica alla schermatura dall’irraggiamento solare (es.
vetrazioni fotovoltaiche, lamelle frangisole anche orientabili fotovoltaiche); cfr. sotto-sottocap. 2.2.5
56
Dessì V., “Strumenti e metodi di valutazione dell’impatto visivo di tecnologie da fonti energetiche rinnovabili
nell’ambiente urbano”, in Scudo G. (a cura di), Tecnologie solari integrate nell’architettura, Milano, Wolters
Kluwer, 2013, pp. 87-96
26
Cap. 1 Il concetto di architettura solare
1.3 Il rapporto tra l’abitare e il sole
La storia dell’architettura è densa di esempi paradigmatici dell’importanza della risorsa
solare applicata all’architettura; essa ha spesso influenzato sia la concezione del singolo
edificio che la pianificazione della forma della città.
Come detto la risorsa solare rientra nel complesso rapporto tra edificio e ambiente,
rapporto che sotto l’aspetto energetico si configura come equilibrio variabile tra due
sistemi in continuo interscambio. In ordine generale uno dei primi aspetti da considerare
nel progetto dell’involucro è l’analisi del tipo di clima e microclima in cui l’oggetto
architettonico
viene
inserito,
individuando
come
questo
possa
influenzarne
il
comportamento energetico. Successivamente dovrà essere attuata una sintesi tra le
condizioni ambientali, le tecnologie a disposizione e la forma dell’involucro, valutati nella
loro interdipendenza sinergica, in modo tale da generare la massima possibile qualità
architettonica e prestazionale.
Nella valutazione del rapporto edifico-ambiente un importante riferimento alla
macroscala territoriale, rimane ancora oggi la classificazione proposta dal botanico e
climatologo tedesco W. Köppen agli inizi del Novecento. Essa si basa sull’esame dei valori
delle temperature e delle precipitazioni medie mensili ed annuali; nonché sull’esame della
vegetazione spontanea, intesa come espressione sintetica dei parametri climatici. In base
a questa classificazione, formata da gruppi principali e sottogruppi secondari che
intersecano
i
primari,
si
possono
distinguere
sinteticamente
cinque
macrozone
climatiche:

zone A. climi tropicali: equatoriale, monsonico, savana

zone B. climi aridi: desertico, steppico

zone C. climi temperati (freddo, fresco, caldo): sinico, subtropicale umido,
mediterraneo, temperato umido

zone D. climi boreali (o temperato freddo): foreste, transiberiano

zone E. climi nivali: tundra, glaciale
L’Italia nella fattispecie comprende diverse zone climatiche, che rappresentano la
complessa orografia e geomorfologia del territorio; l’intervallo relativamente ampio di
latitudine, alla cui variazione sono generalmente associate le diverse condizioni
climatiche, varia tra i 36° e i 47º di latitudine Nord.
27
Teoria e pratica dell’architettura solare
Fig. 1.22: mappa del globo con la suddivisione delle zone climatiche secondo Köppen-Geiger
Sotto l’aspetto delle metodologie costruttive, questa classificazione rispecchia il
variare del “fattore di reazione” dell’attività umana al variare delle condizioni climatiche,
con conseguenze anche importanti sulla strutturazione tecnica e formale dei manufatti.
Sotto questo punto di vista le qualità e le quantità caratteristiche di irraggiamento solare
sono fondamentali; esse influenzano le tipologie costruttive e i dispositivi di sfruttamento
e protezione in base ai fattori di orientamento e al percorso del sole. Diversa infatti è una
forte o bassa insolazione in un clima secco o umido, in condizioni di temperatura esterna
variabile o costante; queste condizioni particolari influenzano di volta in volta la risposta
dell’uomo al particolare contesto ambientale e definiscono forme energeticamente
efficienti nella misura in cui riescono a ricreare le migliori condizioni di comfort interno
possibili per quel clima.
Nei climi freddi la risposta dell’uomo alla prioritaria esigenza di contenere al
massimo la dispersione del calore, tenendo conto dei materiali e delle tecniche
costruttive a disposizione, ha prodotto forme architettoniche tradizionali molto compatte
(rapporto S/V minore), ben isolate e con aperture ridotte al minimo.
Ne sono un
esempio paradigmatico gli igloo eschimesi o i tabià delle regioni alpine, con le bucature
principali orientate a sud, finalizzando la configurazione architettonica alla protezione dai
venti dominanti e allo sfruttamento dell’irraggiamento solare. In queste regioni,
contestualmente all’avvento delle moderne tecniche di isolamento e dei sistemi di
chiusure trasparenti sempre più performanti, l’atteggiamento progettuale nei confronti
28
Cap. 1 Il concetto di architettura solare
della risorsa solare ha portato ad aumentare la superficie delle bucature rivolte a sud per
incrementare il guadagno termico passivo; parallelamente l’introduzione dei sistemi attivi
ha coadiuvato la tipica forte pendenza delle coperture con la minore altezza solare allo
zenit, permettendo una certa efficacia nello sfruttamento dell’irraggiamento incidente.
L’assetto morfologico-compositivo attuale compartecipa perciò a massimizzare i guadagni
solari in maniera sinergica tra sistemi attivi e passivi.
All’opposto nei climi caldi e secchi la risposta alla prioritaria esigenza di protezione
dal surriscaldamento configura forme più articolate (rapporto S/V maggiore), a grande
massa per favorire l’inerzia termica 57 e con bucature ridotte finalizzate in questo caso alla
protezione dall’irraggiamento esterno. Allo stesso modo una serie di dispositivi
architettonici
caratterizzati
da
formalismi
regionali 58 ,
sfruttano
principi
fisici
e
termodinamici universali: ne sono un esempio le torri del vento iraniane (bagdir) o
egiziane (malkaf), configurate come elementi di captazione delle masse d’aria in
movimento sopra l’edificio in funzione di raffrescamento; oppure le fini geometrie a
gelosia caratterizzanti le ridotte bucature architettoniche delle costruzioni tradizionali di
alcune regioni nordafricane, finalizzate ad aumentare la ventilazione interna per “effetto
Venturi” 59 ; o ancora le semicupole massive dei dammusi di Pantelleria o dei trulli di
Alberobello, che accumulano il calore per stratificazione delle masse d’aria nella parte
superiore dell’involucro, dissipandolo nelle ore notturne grazie allo sfasamento termico.
Tutte queste forme architettoniche, calibrate secondo precise varianti regionali,
forniscono efficienti risposte bioclimatiche alle esigenze di comfort espresse in un
determinato contesto ambientale e culturale. La risorsa solare in questi climi è vista
soprattutto come un fattore da cui difendersi, a parte i rari periodi invernali insolitamente
rigidi. Sotto l’aspetto morfologico è interessante l’analisi dei sistemi di protezione che
vengono
utilizzati,
poiché
configurano
fortemente
il
linguaggio
architettonico
e
prospettive
di
suggeriscono soluzioni adattabili anche nei climi temperati.
Attualmente
sfruttamento
in
queste
intensivo
dei
regioni
si
stanno
sistemi
solari
delineando
attivi,
favorite
nuove
dall’enorme
quantità
d’irraggiamento a disposizione; ciò potrebbe rappresentare in un prossimo futuro la
57
L’inerzia termica, legata al concetto di sfasamento, è quella proprietà dei materiali ad elevata massa (densità
volumica) di assorbire grandi quantità di calore, per essere poi rilasciate dopo un certo numero di ore
(sfasamento orario). Nel caso dei materiali da costruzione, questi si sovraccaricano termicamente durante il
giorno e si “scaricano” durante la notte, quando vi è la possibilità di disperdere il calore accumulato verso la
volta celeste. La massa degli elementi d’involucro (muri, pavimenti, copertura) rimane dunque relativamente
“fredda” nelle ore di massima insolazione diurne e diventa relativamente “calda” nelle ore più fresche notturne.
58
Cfr. Olgyay V., Design with climate, Princeton, Princeton University Press, 1963, 330 pp. (tr.it. Mancuso G.,
Progettare con il clima - un approccio bioclimatico al regionalismo architettonico, 1981, F. Muzzio, Padova, p.
47-60
59
L'effetto Venturi (o paradosso idrodinamico) è il fenomeno fisico, scoperto e studiato dal fisico italiano
Giovanni Battista Venturi (1746–1822), per cui la pressione di una corrente fluida aumenta con il diminuire
della velocità. È possibile affermare che ad un aumento della velocità corrisponde una diminuzione della
pressione e viceversa, cioè all'aumento della pressione corrisponde una diminuzione della velocità; perciò in
prossimità di bucature su parete la velocità delle masse d’aria incidenti aumentano al rimpicciolirsi delle stesse,
favorendo la ventilazione degli ambienti retrostanti.
29
Teoria e pratica dell’architettura solare
primaria risorsa energetica e conseguentemente economica dei paesi della fascia
tropicale ed equatoriale, caratterizzati da una forte dipendenza energetica dall’estero.
Questa visione è già stata pianificata e verrà realizzata in fasi successive dal progetto
denominato Desertec 60 : esso prevede la costruzione di una rete di distribuzione ad alta
efficienza dell’energia prodotta da fonte solare nelle regioni desertiche del mondo. La
tecnologia si basa sul particolare sistema attivo a concentrazione solare che surriscalda
un fluido fino allo stato di vapore, tale da poter essere utilizzato energeticamente per la
conversione in forza meccanica attraverso apposite turbine.
Progetto Desertec: concept del progetto (fig. 1.23); localizzazione degli impianti a FER e delle reti
di collegamento (fig. 1.24); mappe delle potenzialità delle varie FER (fig. 1.25)
Considerando il clima temperato, ricompreso tra i 30° e i 60° di latitudine sia nord
che sud, la risposta dell’uomo alle richieste di comfort ha prodotto architetture e sistemi
formali di mediazione tra le due precedenti situazioni ambientali. Queste sono
variabilmente importanti nel corso dell’anno: condizioni di freddo anche intenso nella
stagione invernale e di caldo anche intenso nella situazione estiva. Questa approccio
mediato, più complesso dei precedenti, ha influenzato sia gli aspetti morfologicocompositivi che tecnologici dell’architettura, riconfigurando e adattando soluzioni sia dai
climi freddi che da quelli caldi.
Esempio paradigmatico del rapporto tra l’abitare e il sole in clima temperatomediterraneo è la famosa “casa di Socrate”, descritta dal filosofo ateniese in uno dei suoi
60
Questo progetto è stato sviluppato dalla Trans-Mediterranean Renewable Energy Cooperation (TREC),
un’organizzazione volontaria fondata nel 2003 dal Club di Roma e dal National Energy Research Center Jordan,
ed è nato da un’idea di Gerhard Knies, un fisico delle particelle tedesco e fondatore stesso della rete di
ricercatori TREC. Nel 1986, sull’onda dell’incidente nucleare di Chernobyl, Knies stava cercando una possibile
fonte alternativa di energia pulita e arrivò alla seguente importante conclusione: in sole sei ore i deserti
mondiali ricevono dal sole una quantità di energia superiore a quanta l’intero genere umano ne
consuma in un anno intero. Il progetto, praticamente, prevede una sorta di “globalizzazione” mondiale della
produzione energetica da FER e la sua “messa in rete”, basandosi sulla raccolta di energia sostenibile dai siti in
cui le fonti rinnovabili sono maggiormente disponibili, ciascuna per propria natura. È previsto l’utilizzo di tutti i
tipi di fonti rinnovabili, ma in particolare quella prodotta in tutti i deserti mondiali, grazie alla straordinaria
disponibilità di radiazione solare, giocherà un ruolo fondamentale. Il sole giocherà perciò il ruolo da
protagonista attraverso la tecnologia a concentrazione solare. Particolare interessante è che l’energia prodotta
sarà in grado anche di coprire il fabbisogno di desalinizzazione dell’acqua marina, attraverso un progetto
parallelo dedicato, dei paesi coinvolti (generalmente “in via di sviluppo”). L’energia elettrica potrà essere
trasportata in Europa mediante cavi a corrente continua ad alta tensione (HVDC High Voltage Direct Current)
ultraperformanti, con perdite complessive limitate al 10-15%. (fonte: Desertec Italy)
30
Cap. 1 Il concetto di architettura solare
abituali racconti. Egli si trovò a parlare della “dimora più bella e confortevole” in questo
dialogo riportato da Senofonte (430-355 a.C.):
[…] egli (Socrate) era del parere che queste case fossero belle e utili, e a me sembrò che
egli ci volesse insegnare come si deve costruirle. Il suo ragionamento era il seguente: se
qualcuno volesse costruirsi una casa così come questa dovrebbe essere (secondo le regole),
non dovrebbe egli attrezzarla in modo che vi si possa vivere comodamente e con funzionalità?
Dopo aver noi approvato quanto egli andava dicendo, continuava: non è una comodità se la
casa è fresca in estate e calda in inverno? Dopo aver approvato anche questo, egli continuò:
non è forse vero che nelle case esposte a sud il sole penetra in inverno sotto il portico, mentre
in estate passa sopra di noi e sopra i tetti in modo da procurarci ombra? Se ci fa comodo che
questo avvenga, non dovrebbero le stanze esposte a sud essere più alte affinché il sole
invernale non ne sia escluso, mentre quelle sul lato nord più basse affinché i venti freddi non
possono nuocere? Detto in breve: questa dovrebbe essere veramente la dimora più bella e più
confortevole, in cui sentirsi a proprio agio in tutte le stagioni e in cui vivere più al sicuro. 61
In questo passo sono condensati alcuni dei principi basilari dell’architettura solare
passiva nei climi temperati, nella fattispecie mediterranei: massima apertura verso sud
per il maggiore guadagno solare invernale (casa calda), enfatizzata anche nella spazialità
interna e massima protezione dall’irraggiamento solare nella stagione estiva (casa fresca)
attraverso la schermatura del portico. Le strategie adottate per questo “concetto-forma”
archetipico, possono essere sintetizzate come:
strategie in regime invernale

L’andamento della copertura ascendente e lo svasamento della pianta entrambi
verso sud, amplia la superficie captante disponibile verso il fronte più performante

Il sole, con l’angolo zenitale minore invernale, irraggerà lo spazio interno
riscaldando ed illuminando in modo ottimale l’ambiente interno principale

le pesanti pareti massicce e il pavimento di pietra colpite dalla radiazione solare
durante il giorno continueranno, per l’effetto dell’inerzia termica, ad emettere
calore anche nelle ore notturne.

Il fronte nord, più esposto ai venti freddi e non irraggiato, presenta la minore
superficie disperdente possibile e configura una piccola bucatura d’illuminazione
per uno spazio filtro, destinato a deposito;
strategie in regime estivo

Il portico a sud scherma l’irraggiamento solare, che d’estate presenta l’angolo
zenitale maggiore, impedendo ai raggi di penetrare nell’ambiente interno
61
Senofonte, Memorabili, a cura di Santoni A., BUR, Milano, 1997
31
Teoria e pratica dell’architettura solare

Le spesse masse dei muri e del pavimento, non colpite dall’irraggiamento,
funzionano come compensatori termici, assorbendo il calore di giorno per
rilasciarlo di notte, quando la temperatura si abbassa

L’assenza di bucature sui fronti est ed ovest e la ridotta apertura sul fronte nord
impediscono ai raggi solari più bassi di penetrare all’interno, evitando così di
surriscaldare l’ambiente
Fig. 1.26 La “casa di Socrate”: strategie solari evidenziate in pianta e in sezione
Questa forma archetipica trapezoidale di apertura in pianta e in sezione verso il sole
è riscontrabile anche in progetti recenti di architettura solare; come nel caso dell’edificio
sperimentale Ourobouros degli anni ’70 sviluppato dalla School of Architecture and
Landscape dell’Università del Minnesota 62 o del complesso residenziale in Sagedergasse a
Vienna di G.W. Reinberg 63 del 1999. Il prototipo americano enfatizza il concetto di
apertura spaziale verso sud sia nella pianta che nell’alzato, con il fronte a mezzogiorno
inclinato al fine della massima captazione solare sia attiva che passiva; nei fronti minori
nord, est e ovest viene applicata la strategia della minima dispersione termica
evidenziata dal riporto del terreno utilizzato come isolamento termico sulle pareti
esterne. Nel realizzazione viennese l’elemento emergente della serra solare, ripetuto per
ogni unità abitativa, rende possibile lo sfruttamento passivo anche in presenza di un
assetto non ottimale dell’edificio, orientato secondo l’asse nord-sud; anche in questo caso
è
evidente
il
fine
della
massima
captazione
della
serra
solare,
organizzata
morfologicamente in forma trapezoidale come elemento di connotazione di tutta la
composizione volumetrica dell’edificio. Una grande monofalda attiva chiude a nord il
blocco edilizio, integrando gli elementi di produzione fotovoltaica.
62
63
Del Signore G., Ponsi A., op. cit., pp. 119-120
Scarano R., Piemontese A., op. cit., pp. 309-314; Siragusa L., op. cit., p. 271-280
32
Cap. 1 Il concetto di architettura solare
Prototipo della casa solare Ourobouros: pianta (fig. 1.27) e sezione (fig. 1.28). Questo prototipo
integra la produzione del solare termico, della fonte eolica, della fermentazione dei rifiuti organici e
la coibentazione termica sul lato nord data dalla particolare conformazione terreno-edificio
Edificio residenziale in Sagedergasse a Vienna (G.W. Reinberg, 1998): fronte est (fig. 1.29) e
assonometria (fig. 1.30)
Tra i dispositivi di sfruttamento di tipo passivo applicabili all’involucro edilizio la
serra solare è sicuramente quello che ha avuto la maggiore diffusione, oltre a
rappresentare un elemento di figurazione compositiva molto importante. Ideata nei paesi
del centro e nord Europa (XVII secolo) per usi legati alla coltivazione di agrumi, viene poi
successivamente utilizzata anche in ambito residenziale come giardino d’inverno o come
riferimento per alcuni grandi edifici collettivi, tra i quali il Crystal Palace di Joseph Paxton
rimane il riferimento più conosciuto.
Il principio di guadagno termico su cui si basa è il medesimo che regola la vita sul
nostro pianeta e prende il nome di “effetto serra”. La radiazione solare colpendo una
superficie vetrata penetra in una certa misura all’interno dell’ambiente confinato. Il vetro
è un materiale trasparente alle onde corte della radiazione (range del visibile), ma risulta
opaco, allo stesso modo dei gas serra contenuti nella nostra atmosfera, alle onde lunghe
tipiche del range dell’infrarosso; queste sono responsabili dell’energia termica che il sole
33
Teoria e pratica dell’architettura solare
ci trasmette 64 e vengono assorbite dagli oggetti e dai materiali contenuti all’interno della
serra che funzionano da masse di accumulo termico. Queste onde vengono riemesse
lentamente nell’ambiente sottoforma di radiazioni infrarosse (calore); il vetro risultando
ad esse opaco le “intrappola” nello serra che conseguentemente aumenta di temperatura.
Lo spazio interno così surriscaldato scambia energia termica con gli ambienti confinanti,
contribuendo ad una percentuale del fabbisogno energetico dell’involucro. Sotto l’aspetto
della configurazione formale la serra solare può essere considerata come elemento
aggiunto o essere più o meno integrata spazialmente nell’involucro.
Alcuni progetti mostrano il tema della serra che diventa l’involucro-edificio stesso,
come nel caso della Wohnhaus a Regensburg (Ratisbona, Germania) del 1979. Thomas
Herzog, autore del progetto e uno dei maggiori artefici dell’architettura solare
contemporanea, ha ideato un involucro dove il concept formale ed energetico coincidono.
La serra diventa allo stesso tempo elemento figurativo e di controllo ambientale,
concepita per il massimo sfruttamento passivo della radiazione solare. Lo stesso Herzog,
descrivendo il progetto in una intervista, afferma
[…] era nato qualcosa che non si sapeva bene come fosse fatta e che era strettamente e
causalmente legata, in modo del tutto innovativo, al tema dell’energia solare. Il tentativo di
raggiungere in questo contesto un alto livello architettonico ebbe un grande consenso: era
quella la vera sfida innovativa. Fino ad allora questo tema era necessariamente collegato
all’idea di abbruttimento dell’architettura, di produzione di oggetti edilizi caratterizzati da
sistemi tecnologici brutalmente appiccicati in copertura o in facciata, senza alcun cambiamento
per l’organismo edilizio. […] Venne fuori così un parallelepipedo distorto lungo la diagonale
verso nord-sud; anche questa è una semplice costruzione in legno, con la quale si trattava di
organizzare la struttura interna della casa diversamente dal solito, affinché le diverse stanze
potessero orientarsi tutte verso un lato vetrato esposto a sud senza che vi fossero
inconvenienti per l’utilizzo […] 65
Da questo passaggio si evidenziano due concetti fondamentali: il tema energetico
solare si reinventa come nuova opportunità architettonica non più solo come applique
tecnologica; la tipologia stessa della casa unifamiliare adatta le sue regole distributive a
nuove logiche di orientamento e di sfruttamento solare passivo. Questo progetto, come
del resto quasi tutta la produzione di Herzog, è un passaggio importante nel definire
come lo sfruttamento della risorsa solare possa aspirare a diventare un tema importante
del linguaggio architettonico contemporaneo.
64
65
Cfr., Guzzi R., Manuale di climatologia, Muzzio, Padova, 1981, p. 70-74, 104-106
Intervista a Thomas Herzog in “Modulo”, n. 259 (2000), BE-MA, Milano
34
Cap. 1 Il concetto di architettura solare
Wohnhaus in Regensburg (T. Herzog, 1977-79): dettaglio della vista sud (fig. 1.31), vista est (fig.
1.32) e dettaglio della vista nord (fig. 1.33)
Wohnhaus in Regensburg: assonometria strutturale (fig. 1.34) e concept energetico (fig. 1.35)
Un altro esempio paradigmatico del concetto edifico-serra, lo si può ritrovare nel
progetto di concorso per la Solarhaus a Landstuhl di Oswald Mathias Ungers; anche in
questo caso la struttura della serra incorpora completamente l’involucro architettonico e
ne diventa lo spazio di regolazione bioclimatica. Il tema dell’incorporazione, della casa
dentro la casa, 66 si configura come la successione di tre nuclei materico-concettuali:
l’involucro interno (la casa di pietra) più solido e massiccio definisce la sfera privata e
configura lo spazio abitabile; il successivo (la casa di vetro/serra solare) accumula il
calore; il terzo (naturhaus, la casa della natura) è lo spazio della loggia definita da una
sovrastruttura lignea ricoperta di vegetazione e il giardino circostante. Nella concezione
energetica la “casa di pietra” funge da accumulatore di calore, generato dalla “casa di
66
Si veda anche il progetto per il Deutsche Architekturmuseum a Francoforte, cfr. Ungers O.M., Architettura
come tema, Electa, Milano, 1982, pp. 58-67
35
Teoria e pratica dell’architettura solare
vetro” per effetto serra nella stagione invernale; la “casa della natura” funge da elemento
di
mitigazione
del
surriscaldamento
nella
stagione
estiva.
Le
massicce
pareti
dell’involucro interno, riscaldate durante il giorno, rilasciano il calore per effetto
dell’inerzia termica durante la notte, contribuendo al mantenimento delle condizioni di
comfort della casa. La serra solare diventa il principale elemento di caratterizzazione del
progetto che utilizza un principio bioclimatico come tema progettuale.
Assonometria (fig. 1.36) e sezione di progetto (fig. 1.37) per la solarhaus a Landstühl (progetto di
concorso, O.M. Ungers)
Il rapporto mediato sfruttamento-protezione della risorsa solare è un elemento
ricorrente nell’architettura delle zone a clima temperato. Ne sono un esempio anche le
case a corte delle classi agiate della Roma imperiale; in esse il manufatto abitativo
reagiva in maniera paritetica alle sollecitazioni sia dei freddi ed umidi inverni, che delle
calde ed assolate estati dell’Italia centrale. La soluzione tipologica ricorrente prevedeva
un manufatto sempre introverso chiuso dentro alle mura perimetrali, che definivano il
confine con la strada e affacciavano le poche e ridotte bucature degli ambienti di servizio;
tipologicamente la casa di apriva su di una corte centrale sulla quale affacciavano tutti gli
ambienti principali. La corte risulta sempre porticata per impedire alla radiazione estiva,
alta allo zenit, di penetrare negli ambienti e consentire invece l’ingresso dei bassi raggi
solari d’inverno. La presenza di vegetazione e di specchi d’acqua nella corte concorrono a
mitigare la calura estiva per effetto dell’evapotraspirazione. È ben noto che ai tempi non
esistevano i vetri 67 , per cui gli unici accorgimenti di controllo bioclimatico passivo a
disposizione, erano il corretto orientamento, l’uso dei materiali e la calibrazione delle
bucature, disposte perlopiù in ragione di protezione dai venti dominanti.
67
Se non per alcune sporadiche applicazioni nelle terme pubbliche più importanti, in funzione di contenimento
delle dispersioni termiche e di protezione dal vento
36
Cap. 1 Il concetto di architettura solare
Anche e soprattutto nel caso dell’edilizia popolare il regionalismo architettonico 68 ha
prodotto dispositivi bioclimatici che adattassero le forma costruita alle esigenze
climatiche locali, sempre in equilibrio mediato tra esigenze di guadagno energetico e di
protezione. Ne sono un esempio gli edifici rurali della pianura padana, sintesi dell’utilizzo
di tecniche costruttive povere ed ingegno umano, dove alcuni semplici concetti
bioclimatici ben applicati e tramandati di generazione in generazione, hanno creato per
secoli quel minimo di comfort possibile nei confronti del clima locale, in rapporto alle
scarse possibilità tecnico-economiche dei contadini del tempo. Generalmente l’edificio
rurale a destinazione mista, cioè che comprendeva sia l’abitazione che la stalla e il fienile,
si sviluppava lungo l’asse est-ovest con una struttura tripartita; uno spazio porticato
aperto verso sud e chiuso verso nord di notevole volume 69 , divideva la parte destinata
all’abitazione vera e propria dalla stalla con il soprastante fienile. Contestualmente una
muratura “tagliafuoco” strutturale a due teste saliva fino in copertura, limitando il
propagarsi del fuoco dal fienile (più a rischio) verso la parte abitativa o anche viceversa.
La spazialità della “porta morta” fungeva anche da luogo di relazione esterno
riparato, consentendo d’inverno ai raggi solari, bassi allo zenit, di penetrare all’interno e
riscaldare le masse murarie in laterizio (buon accumulatore di calore) sia dell’abitazione
che della stalla-fienile. All’opposto in estate, col sole alto, fungeva da luogo riparato
dall’irraggiamento diretto, con una ventilazione incrociata innescata, per effetto Venturi,
dalle ridotte aperture sul lato nord. Lo stesso effetto è riscontrabile nelle bucature dei
fienili, caratterizzate dalle tipiche “gelosie” di ventilazione sulla muratura ad una testa,
previste in funzione di essiccamento del fieno contenuto. Le strutture della stalla e
dell’abitazione, più massiva in muratura a due teste, possedevano invece una maggiore
inerzia termica sfasando l’onda termica verso le ore serali in cui era più semplice
dissipare il calore verso l’esterno.
Spesso nelle ristrutturazioni attuali di questo tipo edilizio rurale, più o meno
conservative dei caratteri tipologico-costruttivi originari, il funzionamento bioclimatico
della “porta morta” viene spesso arbitrariamente modificato attraverso una chiusura
vetrata, che, se da un lato apporta notevoli incrementi di guadagno termico invernale,
dall’altro crea diversi problemi di surriscaldamento in fase estiva, mancando la necessaria
schermatura di protezione solare superiore.
Attualmente il dualismo sfruttamento-protezione solare, tipico delle architetture in
clima temperato, si è ulteriormente sviluppato grazie all’introduzione dei sistemi attivi;
l’integrazione consapevole di questi strumenti nella strutturazione di involucri sempre
68
Olgyay V., op. cit., pp. 47-60
Definita comunemente “porta morta”; questo spazio alto spesso un piano e mezzo, fungeva da ricovero per i
carri e gli attrezzi da lavoro dei campi, oltre che da spazio di relazione esterno riparato. Cfr. Zappavigna P.,
Forme insediative e territorio nell’area parmense, in Mambriani A., Zappavigna P. (a cura di), Edilizia rurale e
territorio. Analisi, metodi, progetti, Mattioli 1885, Parma, 2004, pp. 197-199
69
37
Teoria e pratica dell’architettura solare
meno energivori sancisce di fatto una nuova alleanza tra uomo e natura 70 , configurando
la risorsa solare come nuovo paradigma del costruire sostenibile.
Fig. 1.38: caratteristiche del modello insediativo del tipo a “corte aperta” nel delta del Po; fig. 1.39:
casa colonica nel parmense con porta morta e portico affiancato
1.4 La questione dell’orientamento della città e degli edifici
L’orientamento della matrice viaria e conseguentemente la disposizione degli aggregati
urbani nei confronti del sole hanno caratterizzato la forma urbana di alcuni insediamenti
dell’antichità, come ad esempio le città greche di Mileto, Olinto e Priene. In esse il
reticolo ortogonale era organizzato per isolati rettangolari disposti secondo l’asse estovest, funzionale all’ottenimento della maggiore superficie edilizia esposta a sud 71 .
Tuttavia questa non è stata l’unica regola utilizzata poiché venivano considerate
anche altre questioni, parimenti importanti, nel dare forma e orientamento alla città:
l’esigenza prioritaria di salubritas della popolazione da insediarsi; l’adattamento alle
condizioni geomorfologiche del luogo; le esigenze difensive e l’accesso alla risorsa idrica
dovuto alla vicinanza di fiumi o torrenti. Le città di fondazione romane infatti,
contraddicendo a quanto teorizzato successivamente da Vitruvio, venivano costruite
spesso in posizioni pianeggianti e poco salubri; esse però risultavano strategiche dal
punto di vista militare e commerciale, localizzate com’erano sui nuovi assi viari in
costruzione, diversamente dalle città etrusche strutturate sempre in posizioni dominanti
sulle vallate. Si pensi all’esempio di Florentia (Firenze) costruita in riva all’Arno, a rischio
continuo di inondazione, con un clima caldo e umido, spesso asfissiante d’estate per la
sua posizione stretta in una conca, ma con il vantaggio di essere un crocevia di tre
70
Cfr. Piemontese A., Scarano R., Energia solare e architettura, il fotovoltaico tra sostenibilità e nuovi linguaggi,
Gangemi, Roma, 2003, p. 7-9
71
Butera F.M., Dalla caverna alla casa ecologica – storia del comfort e dell’energia, Milano, Edizioni Ambiente,
2007, p. 21
38
Cap. 1 Il concetto di architettura solare
importanti arterie; la vicina Faesulae (Fiesole) etrusca venne invece edificata sopra una
collina alta trecento metri a nord di Firenze in posizione dominante sulla vallata dell’Arno.
Altri esempi significativi sono le città di fondazione lungo la via Emilia che
presentano un orientamento della griglia urbana molto simile, adattandosi alla direzione
della via stessa, cioè sud/est-nord/ovest con una rotazione di circa 28° rispetto all’asse
est-ovest (Imola, Faenza, Forlì, Forlimpopoli).
Piante delle antiche città greche di Mileto (fig. 1.40), Priene (fig. 1.41) e Olinto (fig. 1.42) con i
reticoli urbani orientati secondo l’asse est-ovest
Isolato tipico di Olinto rappresentato in planimetria (fig. 1.43) e assonometria (fig. 1.44): è
evidente la configurazione dei volumi edilizi in funzione del guadagno solare; le 10 case che
costituivano l’isolato erano sempre organizzate attorno ad una corte aperta sul lato sud
Vitruvio nel I libro del De architectura enuncia alcuni principi fondamentali da
considerare per le città di fondazione, affermando:
Prima di segnare le mura di una città si dovrà scegliere luogo di ottima aria. E questa si avrà,
se sarà alto, non nebbioso, né brinoso, e riguardante gli aspetti del cielo né caldi, ne freddi, ma
temperati: e oltre ciò se sarà lontano dai luoghi paludosi […] Fatto che sarà il giro delle mura,
resta da farsi la distribuzione del suolo di dentro, e la propria direzione delle strade e dei vicoli,
secondo i giusti aspetti del cielo. Sarà propria la direzione, se si penserà ad escludere dai vicoli
i venti; i quali se sono freddi, offendono; se caldi, viziano; se umidi, nuocciono. Onde si deve
sfuggire questo difetto, e porre mente che non succeda quel che suole accadere in molti paesi:
fra questi è la città di Mitilene nell’isola di Lesbo, la quale è fabbricata con magnificenza e
39
Teoria e pratica dell’architettura solare
bellezza, ma non è situata con giudizio. Quando soffia l’Austro, la gente si ammala: quando
Maestro, tossono: colla Tramontana si ristabiliscono: ma nei vicoli e nelle strade non si può
resistere per la veemenza del freddo. 72
Fig. 1.45 L’orientamento ideale del reticolo ortogonale urbano secondo Vitruvio: una rotazione di
22.5° rispetto ai punti cardinali finalizzata al contrasto dei principali venti
Altri studiosi come Bardet 73
giunsero alla conclusione che «il cardo degli
accampamenti romani non si scostava mai di più di 30° dall’asse nord-sud» 74 , teoria
supportata anche dal Vinaccia 75 .
Un passaggio fondamentale sulla questione del giusto orientamento della città nei
confronti della risorsa solare si deve a Ildefonso Cerdà. Nel 1860 egli presenta il piano di
ampliamento (Eixample) di Barcellona, deciso dopo la demolizione dell’antica cinta
muraria nel 1854, strutturando un reticolo ortogonale formato da isolati di 113,3 metri di
lato smussati negli angoli per favorire la circolazione stradale. L’idea portante è che la
radiazione solare deve poter raggiungere la percentuale maggiore di superfici verticali
degli edifici, in modo tale da garantire al maggior numero di alloggi possibile i benefici
dati dall’irraggiamento solare. Per questo ruota di 45° la griglia di base rispetto all’asse
nord-sud, imponendo una sorta di perequazione solare del disegno urbano. Inizialmente
prevede edifici di altezza massima di 16 metri e strade larghe 20, in modo tale che non vi
siano ombre portate per la maggior parte dell’anno; prevede inoltre l’aggregabilità, non
compiuta, di più isolati a formare sistemi a corte a quattro moduli o a due moduli
passanti; questo per consentire occasioni di aggregazione sociale, maggior irraggiamento
solare e favorire la ventilazione naturale. Successivamente però la pressione speculativa
gli impone una densificazione del progetto iniziale, facendogli escogitare una soluzione
con 3 piani aggiuntivi degradanti verso la strada per limitare al massimo le ombre
portate ai fronti prospicienti.
72
73
74
75
Vitruvio Pollione M., Dell’architettura, 1854, cit. in Butera F., op. cit. , p. 31, nota 4
Bardet G., Le facteur soleil en urbanisme , Technique et architecture, 7-8, 1945, pp. 202-206 ;
Olgyay V., op.cit., p. 98
Vinaccia G., op. cit., pp. 228-236
40
Cap. 1 Il concetto di architettura solare
Fig. 1.46: vista aerea dell’Eixample; fig. 1.47: progetto di quattro isolati con l’indicazione
dell’orientamento nord-sud esattamente in asse con la diagonale degli isolati; fig. 1.48: l’attacco
dell’ampliamento alla città vecchia e alcune tipologie di isolati “passanti” poi non realizzati
Nel 1913 Rey, Pidoux, Bardet presentano al Congrès International et exposition
comparèe des villes di Ghent la loro teoria sull’asse eliotermico 76 : questa prevede di
orientare una superficie verticale a 19° a est dell’asse nord-sud per avere i maggiori
benefici in termini di insolazione e temperatura ambientale sui due fronti principali
dell’edificio. Già nel 1931 Felix Marboutin 77 stabilisce il concetto, fondamentale per le
caratteristiche dell’architettura solare e tuttora attualissimo nelle più recenti realizzazioni,
che la migliore orientazione sia quella perfettamente a sud poiché la superficie verticale
dell’edificio riceve la maggiore insolazione nel momento del massimo bisogno (inverno) e
minore quando invece se ne deve proteggere (estate).
Nel secolo scorso Gaetano Vinaccia è stato tra i maggiori studiosi e sostenitori
dell’importanza
dell’orientamento
nei
tracciati
delle
città
rispetto
dell’irraggiamento solare. Nel libro Il corso del sole in urbanistica e edilizia
ai
78
benefici
definendo
l’urbanistica moderna afferma:
“Questa scienza è quella che presiede alla traccia del solco primigenio. Essa al di sopra di
ogni interesse personale, di ogni mercantilismo, con occhio lungimirante mette le basi dello
sviluppo futuro della città, fissando le norme comuni del sano e saggio edificare […] Scienza
vasta, dove la fantasia può confinare con l’arbitrio se non le si fissa un programma razionale
scientifico quale è quello dell’insolazione […] 79
Per la “scienza dell’urbanismo” 80 rivendica un ruolo primario nell’economia generale
dello sfruttamento solare, sia per gli effetti termici sugli edifici che per la salubrità
dell’ambiente di vita dell’uomo. Ricollegandosi alle teorie di Vitruvio, come Bardet, cerca
76
Rey A., Pidoux J., Bardet G., “La ville salubre de l’avenir: principes scientifiques d’orientation des voies
publiques et des habitations”, in Congrès International et exposition comparèe des villes , Ghent : Rapport,
1913, pp. 217-224
77
Marboutin F., “L’actinometre et l’orientation des rue et des façades”, in la Technique sanitaire et municipale,
n. 3 (1931), pp. 60-67; n. 4 (1931), pp. 83-90; n. 5 (1931), pp. 98-105; n. 6 (1931), pp. 126-131, in
bibliografia Olgyay V., op. cit., p. 321
78
Vinaccia G., op. cit., parte IV, cap. I e II
79
ibidem, p. 191
80
ivi
41
Teoria e pratica dell’architettura solare
di
individuare
nell’orientamento
delle
81
regole
precise,
supportate
da
ragioni
di
eliotermia,
delle strutture urbane storiche di alcune città italiane, derivanti
dall’analisi dei reticoli romani originari. Nella sue ricerche inoltre anticipa un problema
fondamentale del diritto (o accesso) al sole, dibattuto tuttora, definito come qualità
dell’edificato
di
non
portarsi
ombre
a
vicenda,
soprattutto
negli
affacci
meno
favorevolmente orientati; per fare questo evidenzia la questione del rapporto tra altezza
degli edifici, larghezza della sezione stradale e suo orientamento, come strumento di
controllo del corretto accesso al sole. Come già accennato in precedenza 82 , giunge a
teorizzare scientificamente la “perequazione dell’insolazione delle facciate” 83 non più
solamente su due ma su tutti e quattro i fronti verticali di un edificio, attraverso la
definizione dell’”asse equisolare”. La volontà era di garantire anche alle esposizioni meno
favorevoli a settentrione, caso frequente delle tipologie in linea a doppio corpo, quella
“minima insolazione” nella stagione invernale.
Fig. 1.49: pianta di Torino con evidenziato il reticolo dell’antica Augusta Taurinorum ruotato di
27°30’ rispetto all’asse nord-sud; fig. 1.50: schema dell’asse equisolare, ruotato di 32° dall’asse
est-ovest; fig. 1.51: esempio di “corretta” disposizione di edifici alti (stellari) su di un tracciato
stradale ortogonale
Tra il 1944 e il 1945 altri studiosi come Hilberseimer 84 , Bardet 85 e Lebreton 86
confermano l’orientazione sud come esposizione migliore per le pareti verticali di un
edificio. Hilberseimer giudica gli orientamenti a est e a ovest come i meno vantaggiosi e
considera accettabile lo scostamento a sud-est e sud-ovest dei fronti di un unico
organismo edilizio, senza però definirlo numericamente; Bardet consente una tolleranza
rispetto al sud pieno di 30° sia verso est che verso ovest, ricollegandosi anche alle sue
conclusioni sull’orientazione delle città di fondazione romane; Lebreton specifica come sia
ideale una rotazione di 25° verso est dall’asse nord-sud per ottenere i massimi benefici
dall’insolazione.
81
82
83
84
85
86
deviazione di circa 30° verso est rispetto all’asse nord-sud
Cfr sottocapitolo 1.3
Vinaccia G., op cit., p. 201
Cfr. Hilberseimer L., The new city: principles of planning, Theobald, Chicago, 1944
Cfr. Bardet G., “Le facteur soleil en urbanisme”, in Technique et architecture, n. 7-8 (1945), pp. 202-206
Cfr. Lebreton J., La citè naturelle, Dupont, Paris, 1945
42
Cap. 1 Il concetto di architettura solare
La questione dell’orientamento delle città e degli edifici, dopo il grande interesse di
inizio del secolo scorso, trova un nuovo impulso negli anni ’60 grazie alle ricerche dei
fratelli Olgyay. Essi arrivano a definire dei modelli d’insediamento sostenibili, proponendo
esempi di aggregati urbani nelle diverse situazioni climatiche basati sulla corretta
orientazione e l’interdipendenza rispetto al sole degli edifici.
Fig. 1.52: V. Olgyay: diagramma della radiazione annuale sulle superfici verticali al variare
dell’orientamento; fig. 1.53: orientazione solare ottimale per New York (latitudine 40°N), rotazione
di 17.5° verso est dall’asse nord-sud; fig. 1.54: orientazione solare ottimale per Phoenix (latitudine
33°N), rotazione di 25° verso est dall’asse nord-sud
Le prassi di progettazione ambientale che gli Olgyay individuano si basano sulle
sperimentazioni scientifiche condotte, tramite anche strumentazioni all’avanguardia,
all’università di Princeton. Arrivano perciò a individuare scientificamente il migliore
orientamento e la migliore configurazione tipologica di base su cui impostare l’edificato
alle diverse latitudini, in base ai dati di radiazione media solare incidente sui vari fronti
verticali e la temperatura percepita. A tal proposito affermano:
L’importanza del calore solare varierà […] in funzione delle regioni e delle stagioni. In
condizioni fredde, il suo apporto addizionale è benvenuto e un edificio dovrebbe essere
disposto in modo da ricevere la massima insolazione possibile, mentre in condizioni di caldo
eccessivo l’orientazione del medesimo edificio dovrebbe ridurre notevolmente l’effetto della
radiazione solare. […] queste due condizioni possono essere definite come i periodi
sottoriscaldato e surriscaldato dell’anno. L’orientazione ottimale per un determinato sito
dovrebbe dare la massima insolazione durante il periodo sottoriscaldato e allo stesso temo
ridurre al minimo l’insolazione nel periodo surriscaldato. 87
Nel passaggio si evidenziano alcuni aspetti fondamentali per l’architettura solare:
l’assoluta importanza di analizzare il sito in cui si interviene; l’analisi del problema del
comfort nei due periodi critici fondamentali 88 (sottoriscaldato e surriscaldato); la ricerca
87
Olgyay V., op. cit., p. 100
Il periodo surriscaldato viene considerato dal 7 giugno al 7 settembre circa; il periodo sottoriscaldato dal 7
dicembre al 7 marzo circa; cfr. Olgyay V., op. cit., p. 101
88
43
Teoria e pratica dell’architettura solare
dell’orientazione che massimizzi l’efficacia della radiazione solare in equilibrio tra
massimo guadagno e massima protezione nei due periodi critici.
Fig. 1.55: orientazione ottimale nelle diverse zone climatiche in rapporto alla tipologia edilizia
Sul finire degli anni ’70 del secolo scorso Edward Mazria riprende e sviluppa le
teorie dei fratelli Olgyay. Probabilmente per maggior chiarezza e comunicabilità dei
patterns che andava enunciando 89 tralascia gli adattamenti specifici alle varie latitudini e
ripropone più semplicemente la tesi dell’orientamento migliore al sud perfetto 90 , con la
condizione però di “allungare” sempre l’edificio secondo l’asse est-ovest. Specifica
chiaramente che le suddette indicazioni sono valide «per tutti i climi». 91 Riflette inoltre
«sull’entità dell’allungamento ottimale» 92 dell’edificio in base al tipo di clima: in
situazione estrema (clima torrido o freddo) è conveniente un edificio più compatto
(rapporto S/V minore); in clima temperato è consigliabile una forma più allungata
(rapporto S/V maggiore) con la disposizione di tutti gli ambienti principali sul lato sud e la
disposizione degli spazi secondari sul lato nord a fare da cuscinetto.
89
90
91
92
Mazria E., op. cit., pp. 76-226
Ricollegandosi perciò alle deduzioni di Marboutin del 1931 (cfr. nota 69)
Mazria E., op. cit., p. 81
Ivi, p. 83
44
Cap. 1 Il concetto di architettura solare
Egli ammette che una rotazione di ±30° dell’asse dell’edificio rispetto al sud
perfetto non comporta grosse perdite nel guadagno solare passivo. Riporta anche delle
interessanti indicazioni operative sulla profondità massima degli ambienti rivolti a sud,
per poter efficacemente beneficiare del guadagno termico e dell’illuminazione naturale;
questi dovranno essere da due a due volte e mezzo l’altezza delle finestre da pavimento:
«[…] per un’altezza media delle finestre di 2 metri, ciò significa una profondità massima
dello spazio da 4 a 5 metri. Per i sistemi a muro solare e a serra addossata, la profondità
delle stanze va considerata da 4.5 a 6 metri». 93
Come strategia per il fronte nord indica delle soluzioni interessanti per limitare la
dispersione termica e le ombre portate dall’edificio in inverno sul terreno retrostante,
consigliando di limitare l’altezza del fronte o di configurare la falda di copertura
esattamente con l’angolo di pendenza del sole al solstizio invernale. Per aumentare la
luce diffusa tipica degli ambienti esposti a nord propone delle barriere in luce distanti
dall’edificio di colore chiaro, con la doppia funzione di riflettere la luce all’interno degli
ambienti e di proteggere l’edificio dai freddi venti dominanti invernali. 94
Fig. 1.56: ombre portate sul lato nord da un edificio in base alla conformazione del terreno
93
94
Mazria E., op. cit., p. 84
Ivi, p. 85-88
45
Teoria e pratica dell’architettura solare
Fig. 1.57: rappresentazione dell’intensità della radiazione solare in rapporto alla latitudine e ai
fronti orientati
In conclusione anche le tendenze attuali mostrano come le recenti realizzazioni
assecondino gli assunti precedentemente espressi. L’orientazione privilegiata 95 del fronte
principale rimane quella a sud, con tolleranze di rotazione entro l’ordine dei ±30° rispetto
all’asse nord-sud. Le configurazioni edilizie sono allungate secondo l’asse est-ovest e
presentano spesso una tipologia a corpo unico 96 , con l’alloggio disposto in doppio affaccio
a sud e nord.
Progetti recenti, come ad esempio il quartiere Solar Siedlung a Friburgo (R. Disch,
2003), il quartiere Gneis Moos a Salisburgo (G.W. Reinberg, 2000), il quartiere BedZed a
Londra (B. Dunster, 2002), Solarcity a Linz (Herzog, Foster, Rogers, 2005), mostrano
chiaramente come lo sforzo progettuale converga verso orientazioni e forme che
privilegiano l’affaccio a sud per il reperimento della maggior superficie possibile dei fronti
95
Per latitudini comprese tra 32-56° emisfero boreale o australe invertendo il sud con il nord come orientazione
privilegiata; cfr. Mazria E., op. cit., p. 82
96
Bottero et al., op. cit., p. 159
46
Cap. 1 Il concetto di architettura solare
verticali, alternando spesso blocchi nord-sud con soluzioni architettoniche particolari per
la captazione solare.
È logico che la città nella sua complessità non possa essere uniformemente
orientata secondo le direzioni più favorevoli alla captazione solare; porre comunque come
prioritaria la logica dell’accesso al sole negli strumenti della pianificazione urbana, anche
dei tessuti consolidati, potrebbe rivelarsi una risorsa importante negli attuali processi di
rigenerazione urbana e riduzione globale del fabbisogno energetico delle città.
1.5 Prototipo e progetto: dalle prime sperimentazioni attive alla grande
crisi energetica degli anni ’70 (1930-1973)
Se l’utilizzo in architettura della radiazione solare nell’accezione passiva è antica come la
storia dell’abitare, quella attiva ha una storia relativamente recente che si può fare
risalire agli inizi degli anni ’30 del secolo scorso.
Considerando un aspetto particolare della definizione di architettura solare attiva,
cioè l’utilizzo di impianti per lo sfruttamento della radiazione solare ma a fini passivi,
sono sicuramente da citare le esperienze italiane sugli edifici rotanti, condotte da Angelo
Invernizzi nel progetto e nella costruzione della casa detta “il Girasole” del 1930-‘35 e da
Pier Luigi Nervi nel progetto per una casa girevole del 1934. Questi edifici, come moderni
inseguitori solari 97 , sfruttano la lenta rotazione 98 di origine meccanica per massimizzare
gli effetti dell’insolazione sulle superfici vetrate o, al contrario, mitigarli in fase estiva.
Per la casa “il Girasole”, situata a Marcellise nel veronese e alla quale da un
contributo importante per la progettazione l’architetto Ettore Fagiuoli, Mauro Bertagnin 99
evidenzia un approccio diverso al sistema attivo impiantistico affermando:
L’edificio […] trascurando la strada tradizionale della macchina che riscalda, o raffredda i
vani, affronta un nuovo indirizzo, studia la macchina che, muovendo l’edificio, introduce una
seconda dimensione temporale nella sua esposizione agli agenti della natura. Come affacciare
97
Cfr. un esempio contemporaneo di casa rotante, che sicuramente ha preso spunto dalla casa “il Girasole” di
Invernizzi, è il progetto Heliotrop® (R. Disch, Friburgo, 1994), nome derivato dall’eliotropismo cioè la capacità
di alcune piante, stimolate dall’irraggiamento del sole, di seguirne la direzione come appunto il girasole. In
questo caso l’edificio tedesco, al vantaggio di massimizzare i guadagni solari di tipo passivo grazie alle ampie
vetrate, somma anche la produzione fotovoltaica della grande pannellatura di copertura; questa, inseguendo il
sole, assicura la massima produzione energetica possibile durante tutto l’arco della giornata. L’edificio inoltre
viene definito da Disch come il primo esempio di Plusenergiehaus®, cioè “edificio attivo” (in termini di bilancio
energetico), capace cioè di produrre più energia di quella che consuma.
98
Per la casa “il Girasole” sono necessarie 9 ore e 20 minuti per compiere la rotazione completa di 360°, cioè la
durata all’incirca dell’insolazione al solstizio d’inverno (condizione più sfavorevole); Bertagnin al proposito (op.
cit., p. 108) ipotizza una precisa volontà di Invernizzi di far coincidere le due fasi temporali, sfruttando al
massimo l’irraggiamento solare ed evitando al contempo situazioni di disagio all’interno dell’edificio dovute al
suo movimento (ridotto a soli 4 mm/sec nel cerchio di rotazione periferico).
99
Bertagnin M., “Case girevoli e architettura solare”, in Bertagnin M., Pietrogrande E., La salubrità dell’abitare,
Gorizia, Edicom, 2002
47
Teoria e pratica dell’architettura solare
al sole gli ambienti interni significa dare un contributo al loro riscaldamento, così rivolgerli
all’ombra vuol dire raffrescarli. 100
In questo modo è l’edificio che perde la sua caratteristica intrinseca dell’immobilità
per diventare esso stesso regolatore bioclimatico in funzione del variare delle condizioni
esterne ambientali. In questo particolare caso vengono sperimentate anche soluzioni
innovative impiantistiche legate alle connessioni degli stessi tra la parte mobile e il
basamento fisso, desunte da soluzioni dell’industria navale. 101
Sulla casa rotante di Nervi, lo stesso Bertagnin fa una interessante riflessione sul
particolare clima culturale italiano di quel periodo, affermando:
Con questo progetto Nervi coniuga l’interesse per il miglior impiego dell’energia solare con gli
assunti del dinamismo futurista, che vede nella meccanizzazione e nel movimento il
traguardo verso cui tendere per il progresso della società. Egli pone l’accento sul particolare
benefico effetto del sole sulla salubrità dell’abitazione, mentre si va progressivamente
evidenziando, ai fini dell’autarchia nazionale, l’utilità della captazione e dell’ottimizzazione
dell’energia solare negli edifici. La costruzione girevole, in questo clima culturale, non risulta
come una bizzarria, ma piuttosto come una proposta razionale per sfruttare al massimo il
calore naturale del sole. L’atmosfera politico-culturale nella quale si colloca il progetto di
Nervi è influenzata dal pensiero di Gaetano Vinaccia, studioso che in quel periodo propone un
approccio scientifico al corretto orientamento degli edifici e alla razionale utilizzazione del
calore solare anche mediante l’impiego di serre girevoli per la captazione solare passiva. 102
Casa “il Girasole” (A. Invernizzi, 1930-’35): pianta del piano terra con in evidenza i cerchi
concentrici di rotazione e del piano primo (fig. 1.58) e vista dell’edificio (fig. 1.59); fig. 1.60:
progetto di un edificio ruotante (P.L. Nervi, 1934);
E’ possibile datare al 1939 la prima applicazione di un sistema solare attivo di
produzione
100
energetica
integrato
nella
morfologia
dell’involucro
edilizio;
questa
ivi, p. 107
Bisi L., op cit., p. 112
102
Bertagnin M., op. cit., pp. 105-106 ; cfr. anche Bisi L., “Villa il Girasole a Marcellise, Verona 1935”, in “Lotus
international”, n. 40 (1983), p. 112; cfr. anche P.L. Nervi, Una casa girevole, in “Quadrante”, n. 13 (1934), p.
27
101
48
Cap. 1 Il concetto di architettura solare
sperimentazione si configura nella casa-laboratorio del MIT di Chicago, realizzata grazie
al finanziamento del filantropo statunitense Godfrey Lowell Cabot.
In questo prototipo di residenza solare, denominato Solar I, viene applicato per la
prima volta un sistema di collettori solari ad acqua con tubi integrati in una falda
appositamente dedicata esposta a sud. È il primo caso in cui la forma architettonica si
adatta alle esigenze del sistema tecnologico di sfruttamento solare: la copertura a due
falde a doppia pendenza presenta quella rivolta a sud massimizzata nella superficie, in
conseguenza della traslazione a nord del colmo tradizionalmente in posizione simmetrica.
La sperimentazione prevede di riscaldare l’abitazione con l’aria calda insufflata
nell’ambiente tramite un ventilatore, che “scambia” il calore raccolto dai tubi solari in
copertura per accumularlo dentro un grande serbatoio interrato.
Il prototipo non produsse però risultati soddisfacenti causa l’elevata dispersione
termica del serbatoio interrato e la non sufficiente inclinazione (28°) della falda
captante. 103 A tal senso si può dire che l’andamento della copertura della Solar I è più
efficiente per una captazione di tipo fotovoltaico, configurazione morfologica espressa in
diversi casi contemporanei, 104 mentre l’utilizzo in termia solare necessiterebbe di
inclinazioni maggiori (60°) per le latitudini di Cambridge in Massachusetts (42°N).
La Solar I del MIT (1939): fase di montaggio dei collettori solari (fig. 1.61) e schema di
funzionamento attivo del sistema di climatizzazione (fig. 1.62)
Completano l’esperienza pioneristica del MIT di Chicago altri quattro prototipi di
case solari (Solar II, III, IV, V) compresi nel periodo che va dal 1946 al 1978; in questi
edifici vengono sperimentate diverse strategie di climatizzazione sia attive che passive,
103
104
Cfr. Del Signore G., Ponsi A., La casa solare, Firenze, Uniedit, 1977, p. 74
Cfr. casi studio, “Pratica dell’architettura solare”, cap. 3
49
Teoria e pratica dell’architettura solare
tra cui uno dei primi utilizzi di materiali a cambiamento di fase 105 (PCM - phase change
materials). Infatti nella Dover Sun House (E. Raymond, 1948), grazie agli studi applicati
della ricercatrice del MIT M. Telkes e al finanziamento di A. Peabody 106 , viene inserita
una certa quantità di sali di Glauber nell’ampia vetrazione verticale esposta a sud, in
funzione di accumulo dell’energia termica durante l’irraggiamento solare diurno;
successivamente viene sfruttata la caratteristica di questi sali di rilasciare lentamente
calore nella fase di cambiamento di stato in assenza di irraggiamento (fase notturna).
Nel successivo prototipo Solar IV (C.D. Engebretson, 1959) costruito a Lexington
(Massachussets), viene corretta l’inclinazione della falda captante portandola a 60°
rispetto all’orizzontale; questo fattore aumenta l’efficienza del sistema a termia solare 107
e determina conseguentemente una nuova configurazione morfologica del manufatto. Il
colmo della copertura a due falde si presenta ora traslato verso sud, ottimizzando in
questo modo la superficie a disposizione (60 mq.) per la captazione termica; allo stesso
modo, in virtù della forte inclinazione, configura la falda a sud come principale elemento
figurativo del prospetto nella connotazione stereometrica delle pannellature solari.
Gli Stati Uniti assumono, dopo la seconda guerra mondiale, un ruolo guida grazie al
lavoro dei centri di ricerca universitari; vengono messe a punto alcune interessanti
sperimentazioni sul solare attivo, legate anche all’utilizzo della pompa di calore come
impianto di supporto e completamento. Nella costruzione del Laboratorio dell’Università
dell’Arizona (R.W. Bliss, 1959) è implementata una soluzione a collettori solari per il
riscaldamento e il raffrescamento degli ambienti tramite uno dei primi sistemi radianti. In
questo caso la copertura si configura come una monofalda che massimizza la superficie
captante disponibile, dove la minor efficienza dovuta alla bassa pendenza viene
compensata dalla generosa estensione superficiale; un grande serbatoio suddiviso in due
parti distinte e staccato dall’edificio serve come accumulatore dell’energia termica, sia
fredda che calda. 108
In Inghilterra nello stesso periodo viene costruita una scuola con un sistema di
riscaldamento principalmente solare grazie alla captazione diretta. Nella St. George’s
County Secondary School a Wallasey (E.A. Morgan, 1962) viene prevista una grande
vetrata a tutt’altezza sul fronte sud; considerando il contesto climatico spesso nebbioso o
nuvoloso, il sistema è in grado di coprire fino al 50% del fabbisogno invernale per il
riscaldamento, mentre la rimanente percentuale viene coperta i gran parte dai cosiddetti
“apporti interni”, come le lampade ad incandescenza e il calore prodotto dagli
105
Nella fattispecie venne utilizzato il solfato di sodio decaidrato o più comunemente definito come “sale di
Glauber”
106
Il progetto viene realizzato interamente al femminile (ricerca, progettazione e finanziamento), tanto che il
Saturday Evening Post lo annota nel 1949 come “exclusively feminine project”; cfr. Butti K., op. cit., p. 213
107
Nell’inverno del 1960/61 viene calcolato un apporto solare pari al 56% dell’intero fabbisogno energetico per
il riscaldamento. Cfr. Del Signore, op. cit., p. 77
108
Nell’inverno 1959-60 il contributo solare viene calcolato all’86% del fabbisogno totale per il riscaldamento;
cfr. Del Signore G., op. cit., p. 89
50
Cap. 1 Il concetto di architettura solare
occupanti 109 . La configurazione morfologica dell’edificio presenta una monofalda orientata
a nord per massimizzare la superficie captante solare, in questo caso la parete verticale
sud, composta da un sistema di due vetrate poste a 60 centimetri una dall’altra; la prima
trasparente la seconda traslucida per proteggere gli occupanti dai fenomeni di
abbagliamento all’interno delle aule scolastiche e diffondere meglio la radiazione solare
sulle masse di accumulo interne (pavimenti e pareti). Come nel caso della Dover Sun
House (Solar VI) la composizione generale privilegia le superfici verticali rivolte a sud,
essendo stata scelta una strategia di tipo passivo; in presenza invece di sistemi attivi
vengono in altri casi privilegiate le superfici inclinate della copertura, luogo ove questi
sistemi preferibilmente si concentrano.
Fig. 1.63: Dover sun house: vista da sud-est (1948); fig. 1.64: Solar IV (1959): vista da sud-ovest
e schema di funzionamento impiantistico (fig. 1.65)
Fig. 1.66: prospettiva del laboratorio dell’Università dell’Arizona (1959); fig. 1.67: la St. Geroges
school a Wallasey, Inghilterra (1962)
Ai primi anni ‘60 del secolo scorso risale la casa costruita da H. Thomason a
Washington, primo esempio di una serie di edifici solari sperimentali. Anche in questo
caso vengono studiati gli effetti combinati delle strategie morfologico-costruttive per il
riscaldamento e il raffrescamento nelle due fasi invernali ed estive. La copertura a
capanna presenta il colmo traslato verso sud per inclinare maggiormente la falda
captante che portata a terra configura tutto il prospetto; nella falda rivolta a nord risulta
maggiormente estesa e di minor pendenza. La soluzione escogitata prevedeva in buona
sostanza un sistema “a collettore solare aperto”. L’acqua del circuito veniva pompata sul
colmo della copertura e lasciata scorrere su una o sull’altra falda (a seconda del periodo
109
Mazria E., op. cit., p. 41-43
51
Teoria e pratica dell’architettura solare
stagionale) per poi essere raccolta da una gronda: in regime invernale l’acqua scorreva di
giorno sulla falda sud (verniciata di nero) riscaldandosi; in regime estivo scorreva sulla
falda nord di notte incamerando il fresco notturno. Il caldo o il freddo “raccolto” in
copertura alimentava un serbatoio che, a seconda delle stagioni, garantiva una riserva di
energia per la climatizzazione della casa. 110
Nel 1967 a Odeillo in Francia Felix Trombe e Jaques Michel sperimentano in una
casa residenziale uno dei sistemi più conosciuti nell’architettura solare passiva, anche
contemporanea: il “muro di Trombe” 111 . Questo particolare dispositivo architettonico di
guadagno termico 112 passivo a captazione indiretta, caratterizzava l’edificio solare con un
fronte sud completamente vetrato e leggermente inclinato, in funzione della massima
captazione solare a fini di riscaldamento interno. Anche in questo caso la struttura
compositiva si focalizzava sulla massima estensione della parete verticale meglio
esposta, demandandole le principali funzioni di illuminazione e guadagno termico degli
ambienti interni.
Nel 1973 il ricercatore americano H. Hay costruisce ad Atascadero una casa
sperimentale, configurandola come una delle prime applicazioni di roof pond (tettopiscina o tetto-stagno) a fini di climatizzazione interna. L’edificio si struttura su di un
unico livello con la copertura di tipo piano; questa contiene delle sacche di plastica
trasparenti riempite d’acqua che agiscono come accumulatori di caldo e di freddo (a
seconda delle stagioni) climatizzando per irraggiamento gli ambienti sottostanti 113 . Il
sistema risulta efficiente solo se il roof pond può essere isolato termicamente con sistemi
mobili, configurandosi perciò anche come sistema attivo; infatti in questo caso una serie
di
pannelli
coibentanti,
movimentati
meccanicamente,
agiscono
come
copertura
superiore. In inverno lo strato d’acqua è coperto nella notte per non disperdere il calore
accumulato durante il giorno; in estate rimane coperto durante il giorno per mantenere, il
più a lungo possibile, il fresco “raccolto” di notte per irraggiamento. La configurazione
sinergica tecnico-formale risultante risulta possibile solo per latitudini non elevate e climi
non particolarmente rigidi, vista la presenza dell’acqua in copertura.
Sempre nel 1973 viene sperimentato per la prima volta un sistema ibrido termicoelettrico, che combina il riscaldamento dell’aria e la produzione di energia per effetto
fotovoltaico, oltre che prevedere un sistema di immagazzinamento energetico con
materiale a cambiamento di fase (sali di Glauber) 114 . Il prototipo, costruito a Newark
110
Nell’inverno 1960-61 il contributo solare viene calcolato al 95% del fabbisogno totale per il riscaldamento.
Ivi, p. 92
111
Il muro Trombe è un affinamento di funzionamento del “muro solare” già brevettato da E. Morse nel 1881
112
Mazria E., op. cit., pp. 53-54
113
Del Signore G., op. cit., p. 112
114
Vedi nota 67
52
Cap. 1 Il concetto di architettura solare
all’interno dell’Università del Delaware da K.W. Boer 115 con la collaborazione di M. Telkes,
ideatrice della precedente Dover sun house, presenta una monofalda esposta a sud con
inclinazione di 45°; l’edificio perciò configura una risposta morfologica che massimizza la
superficie captante e media tra la massima efficienza dei sistemi a termia solare e
fotovoltaico. La struttura e il principio di funzionamento dei collettori solari ibridi utilizzati,
anticipa di quattro decadi quella degli
attuali pannelli
in
produzione,
che più
efficacemente abbinano l’acqua al fotovoltaico (anziché l’aria) come fluido termovettore.
Fig. 1.68: Casa Thomason (1960) con il sistema a “collettore aperto”; casa Trombe a Odeillo: vista
sud (fig. 1.69) e schema di funzionamento del dispositivo solare (fig. 1.70)
Casa solare ad Atascadero (1973): prospettiva dall’alto con in evidenza il sistema roof pond (fig.
1.71) e vista sud-est (fig. 1.72); casa a Newark (1973) con la falda a sistema attivo di tipo ibrido
(fig. 1.73)
Nel periodo appena tracciato (1939-1973) è evidente il carattere prototipale delle
esempi riportati, nella quasi totalità riferiti ad esperienze di ricerca universitaria e
globalmente concentrati negli Stati Uniti. La ridottissima attenzione alle questioni
ambientali ed energetiche, il basso prezzo delle materie prime e del petrolio, facevano
focalizzare la critica architettonica del tempo su altre tematiche, riducendo la visibilità di
queste realizzazioni e delle conferenze ove venivano presentate all’attenzione di pochi
esperti specializzati. In generale l’applicazione di sistemi attivi solari presentava una
netta predominanza dei sistemi termici rispetto a quelli fotovoltaici, dato l’alto costo di
produzione che ancora li contraddistingueva.
Alcune fondamentali ricerche sulle celle fotovoltaiche vengono portate avanti negli
anni ’60 dalla NASA (l’agenzia spaziale americana), finalizzate all’approvvigionamento
energetico dei satelliti spaziali; queste sperimentazioni avranno poi importanti ricadute
115
Cfr. Del Signore, op. cit., p. 105; Raffellini G., “Sull’utilizzazione dell’energia solare in Italia per la
climatizzazione ambientale”, in Condizionamento dell’aria, riscaldamento, refrigerazione, n. 5/1976, pp. 370371
53
Teoria e pratica dell’architettura solare
sull’attuale tecnologia fotovoltaica applicata agli involucri edilizi. Nello stesso periodo
inoltre si sviluppano e vengono sistematizzati, sempre nei confini virtuosi dei centri di
ricerca universitari, i più importanti contributi teorici per la formazione della cultura
sostenibile
anche
contemporanea.
Viene
definito
il
fondamentale
concetto
di
bioclimatologia applicata alle costruzioni e nascono le prime teorizzazioni del rapporto
energia-forma nell’architettura; 116 vengono sperimentate alcune innovative soluzioni di
sfruttamento dell’energia solare di tipo passivo, come il muro Trombe, grazie anche al
contemporaneo affinamento delle tecniche di lavorazione del vetro piano con il processo
float. 117
1.6 Dalla riscoperta delle tecniche solari alle tendenze contemporanee
(1973-2013)
Come più volte accennato la grande crisi energetica del 1973 solca una sorta di
spartiacque tra un prima e un dopo, tra una fiducia incondizionata nella tecnica come
fattore dominante del controllo ambientale e la presa di coscienza che l’energia, da cui la
tecnica dipende fortemente, non è più così facilmente reperibile. 118 In questo quadro si
muove la riscoperta dei principi fondativi dell’architettura solare e la nascita della
moderna cultura sostenibile.
Il grande fervore nella ricerca, nei programmi statali e nei contributi realizzativi a
cui si assiste nella seconda metà degli anni ’70 e fino alla prima metà degli anni ’80,
produce la percentuale maggiore dei contributi teorici e pratici in ambito solare, frutto
della sistematizzazione di antiche e nuove tecniche. Gli studi e le realizzazioni della
scuola di Santa Fè 119 negli Stati Uniti, il Programma Finalizzato Energetica in Italia, il
concorso per “5.000 edifici solari” in Francia, contribuiscono a fornire strumenti operativi
ai progettisti di allora che desiderano reindirizzare la propria attività, tecnica ma anche
culturale, verso nuove modalità di intendere l’architettura. La risorsa solare appare come
una imprescindibile opportunità sia per il risparmio energetico che per la definizione di
nuovi paradigmi compositivi.
116
Cfr. sottocapitolo 1.1. Gli studi e le ricerche compiute negli anni ’60 da V. Olgyay e R. Knowles sono tuttora
considerate basilari (soprattutto Olgyay) per le applicazioni nell’architettura solare o bioclimatica più in generale
117
Cfr. Saint Gobain, Manuale del vetro, ed. St. Gobain, 2007
118
Nel 1972 viene pubblicato il rapporto Limits to Growth (I limiti dello sviluppo) del Club di Roma, che per la
prima volta pone l’attenzione sul rapporto, che inizia a essere problematico, tra crescita demografica mondiale
e risorse disponibili: viene in pratica sconfessata la teoria dello “sviluppo senza limiti” di matrice modernista
allora imperante. Cfr. Schittich C., op. cit., p. 25; Scudo G., “Il processo di progettazione energeticamente
sostenibile”, in Bottero et. al., op. cit., p. 69
119
È possibile riunire all’interno della “Scuola di Santa Fè” tutte le personalità (progettisti, ricercatori,
costruttori) che, principalmente all’interno del programma Sundwellings, diedero vita a numerosissime
realizzazioni e pubblicazioni scientifiche sulla teoria e la pratica dell’architettura solare passiva nella seconda
metà degli anni ’70, concentrando particolarmente la loro attività nello stato del New Mexico (USA). I principali
protagonisti furono: P. Van Dresser, E. Mazria, D. Balcomb, J. Cook, K. Haggard, W. Lumpkins, A. Owen, B.T.
Rogers, F. Wessling, D. Wright, M. Chalom, M. Baker.
54
Cap. 1 Il concetto di architettura solare
La consapevolezza che l’utilizzo della radiazione solare può realmente evitare il
ricorso
alle
risorse
fossili
per
la
climatizzazione
degli
edifici,
fattore
divenuto
improvvisamente molto problematico, da vita ad una nuova cultura progettuale che
coinvolge un numero sempre crescente di architetti e studiosi in tutto il mondo. Le
realizzazioni che ne conseguono dimostrano la possibilità di soluzioni concrete ma allo
stesso tempo mettono in evidenza delle nuove implicazioni formali, frutto della
necessaria applicazione delle regole basilari di composizione e articolazione morfologica
dell’edificio solare.
Nella prima fase di quella che si può definire una “riscoperta solare” (periodo 19731985) si assiste ad un’ampia riproposizione di soluzioni progettuali che affinano strategie
solari già note e sperimentate precedentemente, soprattutto di tipo passivo. L’elevato
costo di soluzioni “attive” di produzione energetica da fonte solare, fotovoltaiche in
particolar modo, e la bassa diffusione/affidabilità delle stesse, concentrano gli sforzi
progettuali quasi esclusivamente sui principi di guadagno termico passivo.
Il corretto orientamento, la distribuzione interna degli ambienti, l’integrazione dei
dispositivi architettonici di guadagno termico, una maggiore attenzione verso il problema
delle dispersioni termiche, diventano gli strumenti progettuali di una nuova architettura
energeticamente consapevole.
Negli Stati Uniti si susseguono modelli esemplari di abitazioni unifamiliari isolate, in
coerenza con il modello d’insediamento estensivo americano, che propongo interessanti
configurazioni morfologiche in base alle strategie solari applicate. Casa Schiff 120 (M.
Schiff e R. Janik) nel Wyoming, orientata secondo l’asse nord-sud, affida il guadagno
termico alle grandi vetrate della copertura a dente di sega orientate a sud. Casa Terry 121
(D. Wright) a Santa Fè nel New Mexico, segue il naturale declivio del terreno verso sud
con una soluzione gradonata; le superfici captanti vetrate, inclinate di 45° verso il sole,
sono studiate in modo tale da ottenere il massimo irraggiamento sulle masse di accumulo
interne (volumi riempiti con recipienti d’acqua) nel periodo d’insolazione più efficace per il
guadagno passivo.
Le quattro case solari dimostrative e didattiche del Ghost Ranch 122 (P. Van Dresser)
ad Abiquiu nel New Mexico, sono sviluppate come esemplificazioni pratiche dei principi
del coevo programma di ricerca Sundwellings. Tutti gli edifici, organizzati su di un unico
livello con misure in pianta di 6 x 12 metri e morfologicamente identici, si presentano con
un andamento di copertura a monofalda esposta a nord come configurazione ideale per la
massimizzazione dei sistemi di tipo passivo; il quarto edificio viene realizzato senza
particolari accorgimenti di guadagno solare come modello di confronto con gli altri tre. Le
120
Cfr. Mazria E., op. cit., p. 49
Ibidem; cfr. anche Los S., “Energia solare, architettura, sistemi passivi”, in Condizionamento dell’aria,
riscaldamento, refrigerazione, n. 7/1978, p. 481
122
Cfr. Van Dresser P., op. cit., p. 95-102
121
55
Teoria e pratica dell’architettura solare
strategie applicate riguardano le tre principali tipologie di guadagno termico per il
riscaldamento: sistema a captazione diretta (superfici finestrate esposte a sud), indiretta
(muro Trombe) e separata (serra solare); inoltre l’effetto combinato della ventilazione
naturale e della massa inerziale dei muri in adobe permette la mitigazione del
surriscaldamento in regime estivo. Sono previsti anche dei collettori solari in facciata per
il riscaldamento dell’acqua calda sanitaria, configurabili anch’essi come sistemi passivi
poiché sfruttano il ricircolo naturale convettivo dell’acqua per il loro funzionamento;
questi diventano allo stesso tempo i principali elementi di caratterizzazione formale nella
composizione del fronte sud. Uno degli aspetti fondamentali di queste costruzioni è che
sono
realizzabili
utilizzando
esclusivamente
materiali
reperibili
nelle
vicinanze
e
direttamente edificabili dagli abitanti della zona, sfruttando modelli tipologici e figurativi
della tradizione locale.
Fig. 1.74: casa Schiff, con l’asse principale orientato nord-sud, sfrutta i tre grandi shed di copertura
per il guadagno termico passivo; fig. 1.75: casa Terry si adagia sul declivio del terreno per
aumentare a superficie captante trasparente esposta a sud; fig. 1.76: vista dei quattro edifici
dimostrativi del Ghost ranch
In Italia nello stesso periodo vengono realizzati diversi interventi di edilizia
residenziale solare, social housing in particolare, in cui viene affrontato il tema
dell’edificio plurifamiliare in linea; in questi edifici vengono applicate diverse strategie di
guadagno termico solare passivo in compresenza di sistemi attivi a termia solare. La
qualità formale degli interventi non presenta eccellenze assolute, trattandosi di edilizia
popolare, ma presentano un’importante innovazione tecnologica nel sistema BarraCostantini 123 come evoluzione del muro Trombe.
Tra i progetti ricompresi nell’osservatorio dell’ENEA 124 del 1985 emergono l’edificio
a pianta trapezoidale per 40 alloggi a Orbassano (Gabetti&Isola, 1984) con il sistema
continuo dei collettori ad aria organizzati sui prospetti sud-est e sud-ovest; gli edifici per
16 alloggi a Marostica (Cooprogetto, 1984) 125 con l’alternanza in facciata di serre e muri
123
Il sistema Barra-Costantini (detto anche camino solare) è una variante del muro Trombe del quale utilizza il
principio di funzionamento passivo (accumulo per effetto serra); esso consente di portare i benefici termici a
distanze maggiori, oltre il vano abitato immediatamente adiacente al muro solare. Il sistema funziona grazie a
delle canalizzazioni a soffitto e pavimento, ricavate nello spessore dei solai o in eventuali controsoffitti, che
trasportano l’energia termica orizzontalmente e a delle aperture schermabili che regolano il sistema.
124
Cfr. Funaro G. et al., 116 edifici solari passivi, ENEA, Roma, 1985
125
Cfr. Bottero et al., op. cit. pp. 184-190; Carletti C., Sciurpi F., Passivhaus: evoluzione energetica e comfort
ambientale negli edifici italiani, Pitagora, Bologna, 2005, pp. 9-17;
56
Cap. 1 Il concetto di architettura solare
solari con il sistema Barra-Costantini; l’intervento per le case dei dipendenti ENEL a
Tarquinia di P. Portoghesi (1981), con l’interessante soluzione delle torri “mozze” 126
fotovoltaiche ruotate rispetto alla maglia ortogonale dell’impianto geometrico di base.
In Germania, sul finire degli anni ’70, sono fondamentali l’esperienze progettuali di
Thomas Herzog sul tema dell’edificio residenziale: le case unifamiliari di Ratisbona 127
(1977-‘79) e Waldmohr (1982-’84), le case a schiera a Monaco (1979-’82), sono esempi
eccellenti di una nuova cultura progettuale solare che stava assumendo importanza
anche figurativa. Nelle prime il sistema passivo della serra solare diventa il fulcro
compositivo, attorno al quale si organizza tutta la distribuzione sia planimetrica che
volumetrica; nell’intervento a schiera viene attuata una stretta sinergia tra sistemi attivi
e passivi, con le pannellature fotovoltaiche inserite nella chiusura trasparente della serra.
Fig. 1.77: Gabetti&Isola: edificio solare a Orbassano; fig. 1.78: Cooprogetto: edifici a schiera a
Marostica; fig. 1.79: P. Portoghesi: case ENEL a Tarquinia
T. Herzog: case unifamiliari a Regensburg (fig. 1.80), casa Waldmohr a Landstühl (fig. 1.81); case
a schiera a Monaco (fig. 1.82)
Nel successivo periodo compreso tra il 1985 e il 1992, è possibile riscontrare una
sorta di zona d’ombra dell’interesse per l’architettura solare e dei temi del risparmio
energetico più in generale; esso coincide non casualmente con la generale ripresa
economica mondiale e il calo repentino del prezzo del petrolio. Il rapporto energiaarchitettura torna ad essere relegato in secondo piano, parallelamente al problema
rimosso dell’approvvigionamento energetico. Questo convergenza riflette ancora una
volta l’essenza dell’architettura come emanazione diretta dell’attività umana, sempre e
126
127
cfr. Portoghesi P., op. cit., pp. 60-61
Cfr. sottocapitolo 1.3, p. 20-21
57
Teoria e pratica dell’architettura solare
comunque assoggettata alle condizioni socio-economiche caratteristiche di un particolare
periodo storico.
Nel 1993 la rivista Detail pubblica il primo numero monografico Solares Bauen
(costruzioni solari) nel quale C. Schittich 128 ammette che:
[…] fu piuttosto difficile trovare esempi convincenti (recenti NdA). Raramente all’interno di
concezioni
architettoniche
mature,
gli
accorgimenti
tecnici
trovavano
un’integrazione
soddisfacente anche dal punto di vista formale. Nelle poche costruzioni riuscite […] i
dispositivi solari venivano messi in risalto in modo quasi mostruoso, come i frangisole della
scuola professionale di Norman Foster a Frejus, nella Francia meridionale. In quel periodo
qualunque edificio in grado di risparmiare energia veniva spacciato per costruzione solare. 129
L’osservazione fa in un qualche modo riflettere dal momento che modelli esemplari
di architettura solare ne erano già stati realizzati a sufficienza fino a quel tempo 130 ;
bisogna anche porsi comunque nelle condizioni di chi, come curatore di una rivista di
architettura
contemporanea,
deve
necessariamente
selezionare
e
pubblicare
una
rassegna di progetti o realizzazioni circoscritte ad un breve periodo precedente. Questo
fatto conferma sostanzialmente il disinteresse della cultura architettonica di quegli anni
verso le costruzioni solari. Il motivo per cui viene deciso comunque di pubblicare un
numero monografico di questo tipo sicuramente esiste; esso va ricercato nell’ennesima
riscoperta del problema ambientale e del modello di sviluppo, 131 che ciclicamente si
ripresenta all’attenzione generale.
Negli anni successivi vengono pubblicati altri quattro numeri monografici 132 che
rappresentano un vero e proprio “osservatorio” della produzione architettonica solare; i
progetti presentati testimoniano l’evoluzione del lento ma costante passaggio tra un
approccio puramente passivo delle tecniche di sfruttamento solare e la trasformazione in
atto nell’architettura dovuta alla diffusione dei sistemi attivi.
Una occasione importante di dibattito e di incontro intorno ai temi dell’architettura
solare è fornita dalla quarta “Conferenza europea sull’energia solare in architettura e
nella pianificazione urbana” del 1996 a Berlino. In questa sede il gruppo READ 133
presenta un documento di intenti 134 , redatto da Thomas Herzog e firmato da diversi
128
Schittich come curatore, raccoglie nel volume “Architettura solare” una selezione di progetti dei 4 precedenti
numeri monografici della rivista Detail intitolati “Solares Bauen”.
129
Schittich C., op. cit., p. 10
130
Cfr. sottocapitolo 1.5
131
È del 1992 la prima conferenza sul clima di Rio de Janeiro; cfr. introduzione, nota 8
132
Detail, op. cit., n. 6 (1993), 3 (1997), 3 (1999), 6 (2002, 6 (2005)
133
READ Renewable Energy in Architecture and Design è un progetto coordinato da Thomas Herzog e
supportato dalla XII Direzione Generale (Energia) della Commissione Europea, per la promozione, lo sviluppo e
la ricerca di soluzioni nell’applicazione dell’energia rinnovabile in architettura
134
Il testo della European Charter for Solar Energy in Architecture and Urban Planning (Carta europea per
l’Energia solare in architettura e pianificazione urbana), redatto da Herzog tra il 1994 e il 1995, viene poi
discusso e sottoscritto da: A. Campo Baeza, V.L. Cotelo, R. Erskine, N. Fintikakis, N. Foster, N. Grimshaw, H.
Hertzberger, T. Herzog, K. Holscher, M. Hopkins, F. Jourda, U. Kiessler, H. Larsen, B. Lundsten, D. Mackay,
58
Cap. 1 Il concetto di architettura solare
autorevoli architetti europei (tra cui N. Foster, R. Rogers e R. Piano), sulle caratteristiche
di sostenibilità dei futuri sviluppi in architettura e urbanistica. Nello stesso contesto viene
organizzata una mostra itinerante che documenta una casistica di edifici o ambiti urbani,
realizzati o in corso di realizzazione, in cui si dimostrano gli esiti qualitativi ottenuti
utilizzando la risorsa solare integrata 135 .
Su tutti emerge la nuova “Solarcity” a Pichling, sobborgo a sud-est di Linz
nell’Austria settentrionale. Il piano urbano, basato su di un programma antesignano e
innovativo della locale municipalità 136 , propone una “città solare” progettata dallo stesso
Herzog con Norman Foster e Richard Rogers e la consulenza per alcuni aspetti di Renzo
Piano. La visione generale prevedeva:
[…] un modello di città policentrica e ispirato ai principi di “città mista” della Wohnbund 137 ,
per garantire accoglienza, tolleranza ed equilibrio sociale. L’idea di città di riferimento trae
forza dalla complessità funzionale, entro una dimensione urbana ridotta, articolata in piccole
parti autonome, miste e con connessioni multiple, per un uso flessibile di lungo periodo e
l’integrazione di diversi gruppi sociali. Le caratteristiche di questi nuovi quartieri sono piccoli
agglomerati, compatti e innovativi, con piccole superfici edificabili
tipologicamente
diversificate, in modo da coinvolgere un ampio numero di imprese edili e di investitori
specializzati, per coprire i diversi segmenti di mercato. L’idea centrale è creare quartieri dove
poter “abitare e lavorare nella natura”, attraenti ed invitanti per tutta la città, in cui la varietà
di offerte, nei pressi dell’abitazione, permetta una dimensione sostenibile degli spostamenti
per i servizi di quartiere e le attrezzature comunali per il tempo libero, l’istruzione e la
cultura. Alla base c’è la ricerca di un mix sociale e funzionale e una densità abitativa in
sintonia con le esigenze economiche e sociali di un “quartiere solare” che tiene conto
dell’efficienza energetica e del consumo di territorio: “solare” vuol dire cercare un equilibrio
tra efficienza delle risorse impiegate, l’uso dell’energia e qualità della vita. 138
Il piano urbano e architettonico è un compendio delle migliori strategie sostenibili e
solari applicate al tema del social housing a basso costo: orientamenti, larghezze stradali,
diritto al sole, sistemi passivi ed attivi, si integrano in maniera esemplare; viene
dimostrato che la città solare a basso impatto energetico, ambientale ed economico, è
realmente possibile e può avere anche una buona qualità architettonica.
135
A tal proposito G.W. Reinberg fa notare come sulla totalità dei progetti presentati ci sia una quasi esclusività
delle nuove costruzioni rispetto all’intervento sugli edifici esistenti; il tema dell’efficientamento “solare” del
patrimonio esistente è invece già attualissimo, nella visione più “ecologica” di minor sfruttamento del territorio
di Reinberg; cfr. G.W. Reinberg, Architetture, Alinea, Firenze, 1998, pp. 10-19
136
Solarcity fa parte di un programma di espansione per 25.000 abitanti (12.000 nuovi alloggi), suddivisi in 5
poli residenziali gravitanti intorno a Pichling (Linz, Austria) e ai suoi centri di servizi, raggiungibili a piedi. Il
masterplan complessivo della “Zona dei laghi” fu affidato dalla municipalità di Linz a Ronald Reiner nel 1992 e
presentato nel 1993; cfr. Castelli G., “SOLAR CITY a Linz: qualità, bassi consumi, regia pubblica”, in
Urbanistica, n. 141 (2010)
137
Progetto di ricerca (Austria, 1986) fondato sulla pianificazione interdisciplinare per la gestione sostenibile
dell’habitat urbano
138
Castelli G., op. cit., pp. 59-60
59
Teoria e pratica dell’architettura solare
Il disegno urbano prevede quattro settori residenziali che gravitano attorno ad una
polarità centrale destinata ai servizi collettivi. Nello specifico due settori vengono
progettati da Herzog (comparti est ed ovest) e due rispettivamente da Rogers (quello a
nord) e Foster (sud). Herzog si occupa dei blocchi edilizi con le orientazioni più
sfavorevoli (nord-sud e nord/ovest-sud/est), a dimostrazione che può esistere anche una
città solare non necessariamente orientata tutta a sud; è con il progetto di architettura
che
vengono
risolte
le
situazioni
meno
favorevoli,
attraverso
la
configurazione
morfologica di nuovi elementi di captazione solare. La strutturazione degli edifici
progettati propone la regola aurea della massima captazione solare da parte dei fronti
giustamente orientati, utilizzando le regole basilare del corretto “accesso al sole”. Le
diverse strategie di guadagno passivo e produzione attiva agiscono sinergicamente fra di
loro, attraverso il corretto dimensionamento degli spazi pubblici interposti nell’edificato e
in rapporto alle altezze solari caratteristiche.
Solar city può realmente essere considerato un modello antesignano di urbanistica
solare, funzionale al necessario salto di scala tra il singolo edificio e l’aggregato urbano.
Fino a quel periodo erano stati realizzati in percentuale maggiore interventi puntuali e
isolati, sottoforma di edificato unifamiliare; il concetto della mutua interazione solare tra
gli edifici in rapporto alle logiche insediative risultava ancora poco esplorato, in funzione
del livello di densità edilizia che il modello europeo richiedeva.
A livello architettonico Rogers organizza gli elementi del comparto più a nord con
una disposizione a regent e propone degli alloggi passanti di tre differenti tipologie; il
fronte sud diventa una serra solare a tutt’altezza organizzata sui due livelli di piano e
viene opportunamente schermata superiormente.
Nel comparto sud Foster propone dei blocchi lineari a tre piani in cui organizza
sistemi passivi (vetrate a tutt’altezza e muri Trombe) e attivi (solare termico in
copertura). In sezione l’andamento della facciata segue le logiche del guadagno diretto
secondo un profilo a dente di sega: se la radiazione estiva risulta più radente, quella
invernale è invece perpendicolare alle superfici trasparenti aumentando l’accumulo
termico.
Herzog nei blocchi est e ovest risolve brillantemente le orientazioni più svantaggiose
con soluzioni variabili di captazione solare. Nel comparto ovest organizza i blocchi su tre
piani, con alloggi passanti profondi 16 metri; inserisce tra i blocchi di alloggi dei volumi a
“cuscinetto termico” 139 completamente vetrati, contenenti le scale, i pianerottoli di
accesso, delle zone ludiche per i bambini e delle logge sospese. La copertura a shed è
vetrata nel fronte che guarda a nord e illumina lo spazio sottostante; la parte inclinata
verso sud è parzialmente opaca e supporta il sistema attivo di termia solare. Tutti i
139
Cfr. Herzog T. (a cura di), Solar Energy in Architecture and Urban Planning, Munich-London-New York,
Prestel, 1996, p. 189
60
Cap. 1 Il concetto di architettura solare
prospetti a est e a ovest sono prevalentemente trasparenti per favorire l’accumulo
termico invernale; delle schermature frontali (tende a rullo) garantiscono la protezione in
regime estivo. Nel comparto ovest lo stesso Herzog disegna dei blocchi in linea a tre piani
alternati a blocchi a pianta quadrata di quattro piani. Le strategie adottate prevedono i
fronti a nord-nord/ovest molto massivi e rivestiti di legno; i dispositivi di guadagno
termico si concentrano nelle logge aggettanti organizzate sui fronti sud-sud/ovest.
La varietà tipo-morfologica delle soluzioni di guadagno/produzione solare presentata
nella Solarcity configura una sorta di catalogo delle più semplici e corrette soluzioni
progettuali applicabili. Il vero punto di forza rimane comunque la pianificazione organica
del disegno urbano finalizzata al massimo sfruttamento solare. La qualità generale è
completata dalle strategie adottate per gli spazi interclusi tra gli edifici residenziali; essi si
differenziano in tre livelli distinti (privato, semipubblico e pubblico) e risultano fortemente
interconnessi fra loro. Un ulteriore punto di forza del programma generale è dato dalle
logiche legate alla mobilità; quella carrabile lambisce gli edifici solo in pochi punti di
contatto come accesso ai parcheggi interrati e delega la percentuale maggiore degli
spostamenti a quella pedonale e ciclabile.
Linz, blocchi nord (R. Rogers): planimetria generale (fig. 1.83), concept energetico (fig. 1.84) e
assonometria di progetto (fig. 1.85)
Linz, blocchi sud (N. Foster): planimetria generale (fig. 1.86) e concept energetico (fig. 1.87)
61
Teoria e pratica dell’architettura solare
Linz, blocchi est e ovest (T. Herzog): planimetrie di progetto (fig. 1.88, 1.89), rendering del
“cuscino termico” del vano scale (fig. 1.90) e della spazialità interna (fig. 1.91)
La mostra del 1996 a Berlino lascia intravedere una profonda trasformazione in atto
nelle realizzazioni solari che si svilupperà compiutamente nel giro di un decennio, grazie
all’introduzione diffusa dei sistemi attivi nell’architettura.
Un altro esempio paradigmatico di questo periodo è la Scuola di perfezionamento a
Herne (Jourda-Perraudin-Hegger, 1992-’99), che sviluppa il tema del grande contenitore
vetrato polifunzionale configurandolo come una serra bioclimatica; la schermatura
dall’irraggiamento solare avviene attraverso l’uso esteso di sistemi fotovoltaici integrati
nelle superfici vetrate. La copertura infatti è interamente ricoperta di shed “attivi”, con
andamento inclinato verso sud di 5° e 90° verso nord; questi lasciano filtrare la luce
naturale in maniera calibrata in funzione della densità delle celle nel modulo base vetrato
(1,16 x 2,78 metri). Lo stesso sistema bivalente viene riproposto anche in diversi settori
di facciata verticale con esposizione favorevole. La strategia solare “bivalente” associa la
produzione energetica 140 attiva a quella passiva di schermatura della radiazione solare
incidente, limitando il surriscaldamento nei periodi di picco termico estivo. In questo caso
si può dire che il livello di efficienza sinergica 141 appare molto sbilanciato verso le istanze
morfologico-compositive del progetto, assumendo come poco efficiente il tilt delle celle
FV in copertura (5°) o in parete verticale (90°).
Sul finire degli anni ’90 i sistemi attivi si diffondono largamente sia negli edifici
specialistici (Biblioteca a Matarò, M. Brullet i Tenas; Solar-Fabrik a Friburgo, Rolf+Hotz),
che nelle costruzioni residenziali; l’interesse e l’affinamento tecnologico di questi sistemi
è sempre crescente ma rimane comunque subordinato all’utilizzo prevalente di dispositivi
solari passivi.
La Svizzera in questo periodo risulta centrale nel panorama delle realizzazioni solari,
con alcune interessanti realizzazioni a Zollikofen (Aarplan) vicino a Berna o a Herisau (P.
Dransfeld) vicino a San Gallo.
140
Complessivamente il sistema FV garantisce una potenza di picco di 1 MW, per 9.300 mq in copertura e 780
mq. in facciata;cfr. Detail, n. 3 (1999), p.387
141
Cfr. nota 5 cap. 4
62
Cap. 1 Il concetto di architettura solare
Biblioteca a Matarò, Spagna, vista da sud-ovest: il fronte sud è completamente attivo a parte la
fascia a terra per consentire l’ingresso (fig. 1.92); sezione trasversale con in evidenza i quattro
shed di copertura, attivi verso sud e trasparenti verso nord per consentire l’illuminazione degli
ambienti sottostanti (fig. 1.93)
Sistema a serra inclinata: Solar Fabrik di Friburgo (fig. 1.94) e casa unifamiliare a Zollikofen (fig.
1.95); vista sud-est della casa a Herisau (fig. 1.96)
Tra i protagonisti di quegli anni D. Schwarz, con la serie delle Solar House I, II, III,
produce la ricerca progettuale più interessante sul tema della casa solare. Nella Solar I
(Domat-Ems,1995-’96) alterna il grande guadagno passivo dei fronti est, sud e ovest
(strutturati da pannelli contenenti PCM 142 traslucidi 143 ) alla produzione energetica della
copertura
(solare
termico
e
fotovoltaico),
raggiungendo
una
notevole
qualità
architettonica; la stessa copertura a due falde trasla il colmo verso nord aumentando la
superficie a disposizione per la captazione solare e introduce la forma tipo 144 più
ricorrenti per l’architettura solare contemporanea. Nella Solar III (Ebnat-Kappel, 2000) il
fronte sud assume la massima estensione, aprendosi alla radiazione invernale con una
alternanza di moduli vetrati trasparenti o traslucidi contenenti PCM 145 ; anche in questo
142
Phase change materials (materiali a cambiamento di fase), cfr. sotto-sottocap. 2.2.2
Schwarz ha sperimentato per la prima volta nella Solar I questo sistema modulare per facciate a tripla
camera composto da: vetro di sicurezza 6 mm + camera d’aria con pannello riflettente e gas nobile 20 mm +
vetro di sicurezza basso emissivo 6 mm + camera d’aria con gas nobile 10 mm + vetro di sicurezza basso
emissivo 6 mm + camera con PCM (sali idrati) 24 mm + vetro di sicurezza 6 mm, totale = 78 mm; conducibilità
termica: 0.48 W/m2K. Il sistema denominato Glassxcrystal contiene nella prima camera dei pannelli prismatici
traslucidi che riflettono i raggi solari incidenti fino ad un angolo zenitale di 40° (estivo) lasciando comunque
passare una certa quantità di luce; sotto i 36° di angolo d’incidenza la radiazione colpisce direttamente il PCM
facendolo fondere (il processo di cambiamento di fase inizia oltre una temperatura di 26-28°C) e perciò
accumulare calore. Cessata la radiazione il PCM risolidifica e cede il calore accumulato all’ambiente. Questo
sistema è stato poi commercializzato successivamente dallo stesso Schwarz attraverso la fondazione della
GLASSX nel 2002; il sito dichiara che a temperatura ambiente 1,6 cm di questo materiale PCM assorbono tanto
calore come 25 cm di calcestruzzo. Cfr. “Focus materiali”, in Costruire, n. 282 (2006), pp. 76-77;
http://www.glassx.ch
144
Cfr. sottocap. 4.1, Le invarianti tipo-morfologiche (o forme tipo) solari
145
In questo casi il PCM intercluso nella chiusura traslucida è la paraffina; cfr. Detail, Solares bauen, n. 6
(2005), pp. 660-661
143
63
Teoria e pratica dell’architettura solare
caso gli stessi assumono la funzione di accumulo termico per le ore in cui il sole non
riscalda direttamente l’involucro
attraverso le vetrate trasparenti.
D. Schwarz: vista sud-ovest (fig. 1.97 e fig. 1.99) e sezione trasversale (fig. 1.98 e fig. 1.100)
delle case unifamiliari Solar I e Solar III, con in evidenza la caratterizzazione cromatica dovuta alle
chiusure traslucide ad accumulo passivo grazie all’utilizzo di PCM
Agli inizi del nuovo secolo si cominciano a imporre quei paesi centro e nord-europei
che ospiteranno i migliori esempi di architettura solare contemporanea 146 : Austria,
Danimarca e Germania. I complessi residenziali danesi di case a schiera a Ikast
(Vandkunsten, 2000) e Kolding (3xNielsen, DK, 1998) reinterpretano il modello bassoestensivo nordeuropeo, reinterpretando i principi di guadagno passivo del sistema a serra
(Ikast) e del muro ad accumulo termico (Kolding).
Case a schiera a Kolding: sezione (fig. 1.101) e dettaglio esterno del sistema a muro solare (fig.
1.102); complesso di case a schiera a Ikast (fig. 1.03)
Il caso di “marketing urbano” 147 della città di Friburgo fa storia a sé; dall’adozione
nel 1996 del Piano energetico comunale, la municipalità ha reindirizzato tutte le politiche
edilizie verso una sostenibilità “spinta” di riduzione dei consumi energetici e di produzione
energetica locale attraverso le diverse forme di sfruttamento della risorsa solare.
I punto cardine del programma sono 148 :
146
Cfr. capitolo 3, Pratica dell’architettura solare
Antonini E., Tatano V., “Le politiche ecologiche della città di Friburgo”, in AA.VV., Costruire sostenibile.
L’Europa, Alinea, Firenze, 2002, p. 80
148
Cfr. Berrini M., Colonnetti A. (a cura di), Green life – costruire città sostenibili, Compositori, Bologna, 2010,
pp. 160-169
147
64
Cap. 1 Il concetto di architettura solare

una chiara regolamentazione comunale che vincola fortemente tutti gli interventi
edilizi per il massimo accesso al sole e risparmio energetico (dal 2011 il fabbisogno
massimo per le nuove costruzioni deve essere inferiore ai 15 kWh/m²anno,
praticamente lo standard passivo del Passivhaus Institut di Darmstadt);

una eccellente produzione locale di sistemi fotovoltaici (Solar Fabrik);

un forte impulso alla produzione energetica rinnovabile grazie al sistema di
incentivazione locale; 149

la sede a Friburgo del Fraunhofer ISE, il più importante centro di ricerca europeo
sull’energia solare

l’opera di sensibilizzazione dei residenti sulla convenienza sia ambientale che
economica del risparmio energetico e della produzione/guadagno da fonte solare.
Nell’organizzazione generale della Friburgo “città solare” 150 emergono i quartieri di
Rieselfeld per 11.000 abitanti (Rieselfeld Projekt Group, 1994-2010) e di Vauban per
5.000 abitanti (Projekt Group Vauban + Forum Vauban, 1993-2006). Quest’ultimo,
configurato come un ottimo esempio di riqualificazione urbana di aree dismesse 151 ,
contiene al suo interno l’eccellenza del complesso “Am Schlierberg” (R. Disch, 2002-’05)
e il noto edificio Sonnenschiff 152 (nave solare), risultando uno dei primi quartieri europei
plus energy 153 .
In questo complesso lo sfruttamento solare attraverso sistemi fotovoltaici diviene
l’elemento maggiormente caratterizzante la configurazione formale degli edifici; la
superficie destinata alla captazione solare è notevolissima, implementata nelle coperture
a due falde che presentano la forma ricorrente del colmo traslato verso nord. I sistemi
attivi e passivi sono finalizzati sinergicamente alla massima produzione e guadagno
energetico per ottenere un bilancio annuale positivo; la falda attiva a sud assume
funzione
bivalente
schermando
le
sottostanti
superfici
vetrate,
generosamente
dimensionate in funzione del massimo guadagno termico invernale. In questo caso si può
dire che il livello di efficienza sinergica è molto sbilanciato a favore delle istanze
tecnologiche, indirizzando la concezione progettuale alla massima efficienza dei sistemi di
guadagno e di produzione solare.
149
Le nuove installazioni di autoproduzione energetica (privati, imprese, enti pubblici) da fonte rinnovabile
prevedevano un incentivo di 250€ ogni metro quadrato di superficie a solare termico, 1200€ ogni kWp di
fotovoltaico, finanziati da un prelievo di 0,003 sui consumi elettrici domestici. Inoltre dal 2000 lo stato centrale
compensa (per 20 anni) con 0,50€, ogni kWh prodotto da fonte rinnovabile immesso in rete; ibidem, p. 81; cfr.
anche successivo sottocap. 1.7
150
Cfr. Wienke U., “Friburgo (Germania) – città solare”, in Progetti innovativi, http://www.miniwatt.it/
151
Un’area di 38 ettari ex sede di un insediamento militare attivo fino al 1992; cfr. Antonini E., op. cit., p. 82
152
Cfr. sotto-sottocap. 3.1.1
153
Cfr. sotto-sottocap. 2.1.7
65
Teoria e pratica dell’architettura solare
Quartiere Rieselfeld: vista dall’alto (fig. 1.04); quartiere Vauban: zonizzazione in base alle
prestazioni degli edifici (fig. 1.05); edificio Sonnenschiff: vista sud-ovest (fig. 1.06)
Il definitivo impulso all’attuale diffusione dei sistemi attivi di sfruttamento solare
viene dato in Europa dalle direttive comunitarie sull’efficienza energetica degli edifici, 154
che impongono agli stati membri di legiferare in materia di efficienza energetica e
prestazione degli edifici. Più in generale il vero motore della diffusione dei sistemi attivi
nell’architettura è stato il sistema d’incentivazione economica attuato nei vari paesi
europei, poiché senza questo decisivo supporto l’unità energetica (kWh) prodotta con
sistemi fotovoltaici sarebbe risultata fortemente antieconomica. I dati attuali riferiti allo
scenario sul medio-breve periodo 155 prevedono che la contestuale diminuzione dei prezzi
dei sistemi FV e l’aumento del costo delle risorse fossili, pareggino il costo economico di
una unità energetica prodotta da fonte solare rispetto a quella prodotta da fonte non
rinnovabile.
Un altro esempio eccellente di questo periodo è la casa unifamiliare a Hegenlohe in
Germania (T. Volz, 2003); in questo progetto appare chiaramente un approccio maturo al
problema dell’integrazione dei nuovi sistemi attivi. In questo caso il livello di efficienza
sinergica si evidenzia in diversi elementi: la riproposizione della forma tipo ricorrente a
falda traslata; 156 l’integrazione dimensionale dei moduli fotovoltaici con le partizioni
dell’edificio; il distacco dei moduli FV, risolto compositivamente, dalla struttura della
copertura per favorirne il raffreddamento in fase estiva; 157 la distribuzione interna rivolta
completamente a sud; la corretta disposizione delle superfici trasparenti e le opportune
schermature superiori. Tutti questi elementi compresenti rendono questo progetto un
modello di riferimento contemporaneo sul tema dell’edificio unifamiliare solare.
154
2002/91/CE (EPBD, Energy Performance Building Directive), 2012/27/EU e 2010/31/EU
Entro il 2030 il “costo livellato dell’elettricità tedesco” (LCOE) sarà inferiore rispetto a 1 kWh prodotto da
una centrale a gas o a carbone; fonte: Fraubhofer-ISE di Friburgo
156
Cfr. sotto-sottocap. 4.1.1,
157
Le celle fotovoltaiche subiscono un non trascurabile decremento prestazionale in caso di elevato
surriscaldamento, abbastanza frequente nella stagione estiva di massima produzione; cfr. sotto-sottocap. 2.3.1
155
66
Cap. 1 Il concetto di architettura solare
Casa a Hegenlohe: vista alta da sud-ovest (fig. 1.107); concept energetico (fig. 1.108); dettaglio
del nodo copertura-parete esterna con in evidenza lo strato di ventilazione sotto i pannelli FV (fig.
1.109
La breve selezione di realizzazioni presentate e i successivi casi studio individuati, 158
mostrano come dall’inizio del nuovo secolo sia in atto una profonda riconsiderazione del
ruolo
dell’involucro
architettonico;
la
sua
funzione
strumentale
di
“scambiatore
energetico” con l’ambiente circostante sta assumendo un peso sempre più rilevante
nell’economia generale del progetto. Tutto ciò influenza necessariamente anche l’assetto
morfologico e la risultanza figurativa, prevalentemente influenzata da fattori stilistici o
all’opposto puramente funzionali. La scelta consapevole di operare con gli strumenti
dell’architettura solare implica perciò delle scelte nell’approccio al progetto molto precise;
esse devono indirizzare l’involucro architettonico verso il massimo livello di efficienza
sinergica, garantendone la qualità architettonica finale sia che si voglia far prevalere
l’istanza formale rispetto a quella tecnologica o viceversa.
1.7 Verso un’autosufficienza energetica dell’architettura
Sul concetto di energia legata alla produzione e all’uso degli edifici, tanto è stato scritto e
tanto si sta scrivendo: la questione è antica come la storia dell’architettura.
Gli scenari prefigurati dall’attuale direttiva europea 2010/31/EU impongono delle
scelte di campo radicali: gli edifici di nuova costruzione dal 2020, praticamente non
dovranno più consumare energia in fase d’uso (2018 per i nuovi edifici pubblici: scuole,
università, teatri, municipi, ecc.); senza considerare anche i forti vincoli imposti dalla
recentissima direttiva 2012/27/EU sull’efficienza energetica, con l’obiettivo di ridurre
l’enorme peso della bolletta energetica europea dovuta alle importazioni dall’estero,
gravante per quasi il 4% del prodotto interno lordo. 159
Ora però appare necessario spostare l’obbiettivo sulla città, superando l’idea del
singolo
158
159
edificio
autonomamente
ultraperformante;
è
necessario
perciò
agire
più
Cfr. Cap. 3
dati 2011 Unione Europea
67
Teoria e pratica dell’architettura solare
consapevolmente alla scala del quartiere, del tessuto urbano consolidato. Come già è
stato fatto alla scala del singolo manufatto l’attenzione della ricerca deve concentrarsi
sulla individuazione di strumenti operativi finalizzati a ridurre drasticamente il fabbisogno
di energia primaria in maniera organica sui tessuti urbani, incentivando prioritariamente
lo sfruttamento delle risorse rinnovabili reperibili in loco.
Il percorso sembra molto complesso pensando che in Italia, ad esempio, più del
70% del patrimonio edilizio è stato costruito antecedentemente alla legge 376 del 1976,
primo provvedimento normativo italiano che ha posto limiti restrittivi alle dispersioni
termiche degli edifici. Inoltre è un dato di fatto che non esistono attualmente strumenti
legislativi attuativi che considerino l’efficienza energetica alla scala urbana e il suo
complesso interagire di diversi fattori. Si prospetta perciò un processo lungo ma
realisticamente possibile, pensando agli attuali incrementi esponenziali degli interventi di
riduzione delle dispersioni termiche e della produzione energetica da fonte rinnovabile.
Una certa visione ottimistica deriva anche dai dati che vengono pubblicati, anche se
in maniera non troppo diffusa: il fotovoltaico installato in Italia ha recentemente superato
come potenza complessiva il livello di una centrale nucleare di quarta generazione. 160
Oppure è sufficiente volgere lo sguardo alle realizzazioni urbane sostenibili già in essere:
esistono esempi di quartieri energeticamente quasi autosufficienti come Solar City (R.
Rainer, 1993) a Linz in Austria, Vauban (Kohlhoff & Kohlhoff, 1995) a Friburgo in
Germania; o addirittura un intero comparto urbano completamente autosufficiente per
30.000 persone in costruzione ad Abu Dhabi (Masdar City, N. Foster, 2007-in corso) negli
Emirati Arabi Uniti.
Masdar City: vista aerea del nuovo insediamento di progetto (fig. 1.110); l’andamento inclinato
delle facciate degli edifici crea protezione dall’irraggiamento e spazi schermanti superiormente dai
sistemi di produzione fotovoltaica (fig. 1.111); nel concetto estremizzato di sostenibilità viene
gerarchizzata anche la mobilità: quella carrabile (elettrica) è separata e a un livello inferiore
rispetto a quella pedonale (fig. 1.112)
160
Alla fine del 2011 la potenza installata in Italia ha raggiunto i 13.200 GWh contro i 9.600 GWh dell’impianto
di Olkiluoto in Finlandia
68
Cap. 1 Il concetto di architettura solare
L’ottimismo deriva anche dal fatto che in una sola giornata il sole riversa sulla terra
una quantità di energia, teoricamente sfruttabile, pari circa a 5.400 volte l’intero
fabbisogno del pianeta; 86.000 terawatt contro i 15 terawatt globalmente richiesti. 161
Secondo queste premesse l’innovazione tecnologica deve farsi carico d’incrementare la
percentuale di resa dei sistemi che al momento è possibile sfruttare. Va detto che
l’efficienza media degli attuali pannelli fotovoltaici, come esempio di tecnologia con i più
ampi margini di miglioramento, si aggira mediamente su di un modesto 14%; 162
percentuale molto bassa se confrontata con alcune tipologie di sistemi termici a
combustione, come ad esempio le caldaie a condensazione di ultima generazione, che
possono arrivare fino al 109% di efficienza globale in rapporto all’energia primaria
consumata.
Sotto l’aspetto architettonico gli edifici di nuova costruzione, ma soprattutto il
patrimonio edilizio esistente, sono dei supporti ideali per le tecnologie solari; è necessario
però risolvere attentamente le problematiche d’integrazione per garantire una buona
qualità architettonica complessiva. D’altra parte è sbagliato ed eticamente discutibile
utilizzare le superfici extraurbane sfigurando il territorio agricolo, poichè è sufficiente
utilizzare gli svariati milioni di metri quadrati disponibili sulle coperture, giustamente
orientate e in accesso al sole, per implementare questi sistemi.
Appare necessario ragionare nei termini di produzione diffusa, in regime di
autoconsumo e d’immissione energetica in reti efficienti con il sistema dello scambio sul
posto; 163 è possibile ipotizzare dei piccoli network energetici locali, che hanno nella
dimensione del quartiere urbano i loro confini di sistema e agiscono come elementi
regolatori per lo stoccaggio e l’interscambio energetico. Nella concezione del quartiere
energeticamente autosufficiente si attua una perequazione tra produzione e consumo
energetico dei singoli edifici, più o meno virtuosi, per arrivare ad un bilancio complessivo
tendente allo zero o addirittura positivo. È perciò fondamentale in questa prospettiva che
l’energia prodotta da fonte rinnovabile sia disponibile a “chilometri zero”, incrementando
il livello di autoconsumo in sito, poiché sarà più semplice la gestione energetica evitando
perdite per trasporto o inadeguatezza delle reti.
Secondo queste premesse e considerando il livello di irraggiamento che l’Italia può
vantare sorge un quesito: potrebbe essere possibile una “solarizzazione” diffusa ed
estesa dell’Italia? Una primaria risorsa energetica nazionale che ci affranchi da quella
percentuale altissima (85%) di dipendenza dall’estero, peraltro derivante da risorse
fossili oramai non più sostenibili o problematiche centrali nucleari. Attualmente la quota
161
Fonte: GCEP – Stanford University
intesa come resa percentuale media rispetto alla complessiva radiazione incidente solare; cfr. Spagnolo M.,
op. cit., p. 195
163
In Italia praticabile attraverso il “Conto energia”; cfr. Magrini A., op. cit., pp. 125-136
162
69
Teoria e pratica dell’architettura solare
di rinnovabili in Italia si assesta su una quota di circa il 10% 164 della domanda di energia
primaria. I ritmi attuali di crescita sono importanti ma non bastano; è necessaria una
svolta incrementale urgente per sostituire una delle maggiori voci di costo del bilancio
economico italiano e ridurre drasticamente le emissioni in atmosfera di CO2, anche per
rispettare gli impegni presi a livello mondiale. Uno scenario dell’ENEA prefigura al 2050 la
quota delle rinnovabili in Italia al 65% 165 rispetto al fabbisogno energetico primario; è
possibile fare meglio e prima, grazie ad una diffusa fotovoltaicizzazione del paese. Questo
fattore potrebbe rappresentare anche un nuovo motore di ripresa economica per imprese
massicciamente riorientate sulla green economy, fornendogli una richiesta di prodotto
certa e in aumento esponenziale.
Fig. 1.113: potenza fotovoltaica installata (2012) nei principali paesi produttori: è ben evidente il
ruolo dell’Italia nel contesto internazionale, posizionata al secondo posto assoluto dietro alla
Germania
Come agire è sempre un problema che parte dalla volontà politica (livello
decisionale) e dalle risorse economiche (investimenti): quello che è stato fatto fino ad
ora, come le incentivazioni sulla produzione da energia rinnovabile, è positivo ma non
basta; prima o poi il sistema dovrà necessariamente arrivare ad autosostenersi, senza
gravare più sul costo energetico della collettività.
È necessario perciò strutturare una grande convergenza d’intenti, primo fra tutti
una legislazione prescrittiva di livello nazionale; questo strumento imporrà a cascata
prima alle regioni e poi ai singoli comuni, quelle tipologie di pianificazione interamente
164
165
Cfr. Rapporto energia e ambiente, ENEA, Roma, 2013, p. 4-5
Ibidem, p. 12
70
Cap. 1 Il concetto di architettura solare
finalizzate all’autosufficienza energetica degli ambiti urbani consolidati o di nuova
costruzione, interessando non più solo la scala del singolo edificio.
La sfida più importante è senz’altro il recupero del patrimonio edilizio esistente,
problema
che
presuppone
l’individuazione
di
ambiti
energeticamente
omogenei
attraverso una zonizzazione specifica dei territori comunali. Circoscritti gli ambiti un
sistema perequativo interverrà sul bilancio energetico “di zona” stabilendo degli obbiettivi
energetici da raggiungere; ciò sarà reso possibile da una classificazione puntuale degli
edifici più energivori fino a quelli più virtuosi a energia zero o a energia+. Il regime
attuale della certificazione energetica va sicuramente affinato, ma rimane lo strumento
più funzionale per arrivare a un obbiettivo di gerarchizzazione dei costi di fornitura: chi
consuma di più e non intende riqualificare il proprio patrimonio edilizio o implementare
sistemi di produzione energetica da fonti rinnovabili, 166 pagherà proporzionalmente di più
la fornitura energetica per compensare la maggiore incidenza sul bilancio complessivo di
quartiere. Questa logica dovrà attuarsi necessariamente all’interno di ambiti urbani già
pianificati specificatamente per tendere ad un bilancio energetico zero; è fondamentale
inoltre una campagna efficace di sensibilizzazione culturale dell’utenza finale, che stimoli
anche processi di identificazione in comunità locali sostenibili e che faccia diventare
l’autosufficienza energetica e il minor inquinamento ambientale una peculiarità del buon
vivere.
In realtà tutto questo sta già avvenendo, con ottimi risultati e pur in situazioni più
svantaggiose rispetto a quelle italiane, in nazioni vicine come Germania, Danimarca,
Austria, Gran Bretagna e Olanda.
166
Anche attraverso le opportunità d’incentivazione attualmente in campo: Conto energia, Conto termico,
detrazioni fiscali, utilizzo delle Energy Service Company (ESCO) per finanziare gli interventi di efficientamento
energetico, ecc.
71
Teoria e pratica dell’architettura solare
72
Capitolo 2. Teoria dell’architettura solare
2.1. Definizione dell’ambito di ricerca e terminologie
Prima di affrontare più nello specifico le questioni inerenti l’architettura solare è
importante definire le diverse tipologie energetiche di edifici attualmente presenti nel
panorama scientifico internazionale. La Passivhaus (casa passiva) è un concetto
prestazionale già definito organicamente in tutti i suoi aspetti, mentre sono ancora in
corso di approfondimento le strutturazioni concettuali, che riguardano sia il singolo
edificio che l’aggregato urbano, di nZEB/ZEB (nearly/Zero Energy/Emission Building),
PEB (Plus Energy Building) e PED (Plus Energy District, Development or Communities).
Gli
acronimi
sopracitati,
attualmente
protagonisti
di
un
gran
numero
di
pubblicazioni, tour di convegni e cicli di conferenze in tutto il mondo, sono al centro del
dibattito scientifico contemporaneo in merito alla tipologia di bilancio energetico annuale
da considerarsi, nel quale viene ricompreso anche l’apporto solare. L’energia consumata
e autoprodotta da una parte o la quantità di CO2 emessa in atmosfera dall’altra, sono gli
ambiti di valutazione a cui le stesse definizioni fanno riferimento. La comunità scientifica
è tutt’ora alla ricerca di una convergenza interpretativa e terminologica; a tal proposito è
in corso un progetto di ricerca europeo dell’International Energy Agency (SCH Task 40,
Towards Net Zero Energy Solar Buildings, 2008 – 2013), che ha tra gli obiettivi anche
quello di uniformare le definizioni e, soprattutto, le metodologie di calcolo, elemento
decisivo per la definizione dell’edificio a bassissimo consumo del prossimo futuro.
Alcuni esempi di edifici o comparti urbani, connotati fortemente sotto l’aspetto
energetico, contengono al loro interno spunti di grande interesse sulle tematiche di
sfruttamento solare e contengono soluzioni, sia formali che tecnologiche, di elevata
qualità progettuale.
2.1.1 La casa passiva. Passivhaus
Il termine “passivo” si riferisce ad edifici in cui certe condizioni di comfort, invernale e/o
estivo, vengono raggiunte grazie a caratteristiche ottimizzate dell’involucro edilizio
(forma e orientamento, isolamento termico e massa, protezioni solari, etc.) e a sistemi di
trasporto del calore (pompe o ventilatori) da o verso l’ambiente circostante (aria,
Teoria e pratica dell’architettura solare
terreno, cielo, etc.), che non richiedono l’utilizzo di energia fossile o di altre fonti
convenzionali 1 .
La concezione della casa passiva (passivhaus) si è concretizzata in Svezia nel 1988
dalla collaborazione tra Bob Adamson, professore all’Università svedese di Lund e
Wolfgang Feist, come risultato di una serie di progetti di ricerca mirati a massimizzare il
risparmio energetico applicato alla produzione edilizia. Successivamente in Germania lo
stesso concetto viene definitivamente strutturato nelle sue caratteristiche descrittive e
prestazionali, attraverso la creazione nel 1996 del Passivhaus Institut a Darmstadt da
parte di Feist. Questo istituto propone metodologie e soluzioni per la progettazione di
case passive e collabora a diversi programmi di ricerca europei su tematiche di risparmio
energetico in ambito comunitario; tra questi il Task 28 (Soustainable housing solar)
dell’IEA (International Energy Agency) e il progetto CEPHEUS (Cost Efficient Passive
Houses as European Standards), del quale detiene la leadership scientifica.
Il primo edificio campione rispondente agli standards passivhaus risale al 1990 e
viene realizzato a Darmstadt-Kranichstein (Germania) sotto la supervisione di Feist; è
tutt’ora monitorato sotto l’aspetto prestazionale e risponde ancora agli standards iniziali
di progetto.
Edificio passivo a Darmstadt-Kranichstein: concept energetico (fig. 2.1) e rilevazione delle
temperature del soggiorno (senza riscaldamento) nel periodo invernale 1994-’95 (fig. 2.2)
La filosofia che sta alla base dell’idea passivhaus, mira al quasi annullamento del
fabbisogno energetico per il riscaldamento invernale. Questo è reso possibile da una serie
di fattori tra cui:
1
end-use Efficiency Research Group (eERG), Passivhaus per il sud dell’Europa: linee guida per la progettazione,
Dipartimento di Energia, Politecnico di Milano, 2011
74
Cap. 2 Teoria dell’architettura solare

una forma architettonica molto compatta che determini un basso valore del
rapporto S/V (sommatoria delle superfici esterna disperdenti in rapporto al
complessivo volume confinato);

la ricerca della massima continuità dell’isolamento, a forte spessore, su tutto
l’involucro esterno;

l’annullamento o la forte limitazione dei ponti termici, dei quali l’attacco a terra
risulta essere quello di soluzione più problematica;

lo sfruttamento degli apporti solari passivi, come l’irraggiamento verso il sistema
delle vetrazioni debitamente orientate e schermate (a seconda della latitudine), in
sinergia con l’accumulo termico delle masse edilizie retrostanti;

lo sfruttamento e la considerazione degli apporti gratuiti interni come il calore
corporeo, quello prodotto dagli elettrodomestici, dagli apparati elettronici o dagli
impianti d’illuminazione;

l’elevata tenuta all’aria dell’involucro, misurabile tramite il blower door test;

la presenza obbligatoria di un impianto di ventilazione meccanica controllata (VMC),
con scambiatore di calore ad alto rendimento nell’ordine dell’80-90%; esso è in
grado di apportare i necessari ricambi d’aria all’interno dell’edificio, senza
disperdere eccessivamente il calore e garantire in caso di necessità, attraverso il
pretrattamento dell’aria immessa, quei minimi fabbisogni di climatizzazione (caldo,
freddo e deumidificazione) degli ambienti interni.
Il Passivhaus Institut ha fissato degli standards precisi (minimi prestazionali) ai
quali un edificio deve rispondere per essere considerato passivo. Il fabbisogno energetico
per riscaldamento dovrà essere inferiore a 15 kwh/m²anno; prestazione resa possibile
dall’iperisolamento dell’involucro nelle sue componenti disperdenti: pareti esterne
verticali, copertura, solaio contro terra, infissi e vetrazioni. Il consumo totale di energia
primaria, considerando anche l’acqua calda sanitaria (ACS) e i consumi elettrici, dovrà
essere inferiore a 120 kwh/m²anno. Infine il valore di tenuta all’aria dell’involucro dovrà
risultare n50≤0,6hˉ¹; livello che garantisce l’ermeticità dello spazio confinato, limitando
fortemente le dispersioni termiche dovute ad infiltrazione o fuoriuscita d’aria.
In Italia sono state fatte diverse sperimentazioni tra cui la casa passiva di San
Bartolomeo di Cherasco (Cuneo), realizzata nel 2005 dall’arch. M. G. Novo (proprietaria
dell’immobile) in partnership con Rockwool Italia, produttore di isolamenti a base di lana
di roccia. È stata prevista la completa ricostruzione di un edificio esistente rurale risalente
agli inizi dell’800, che presentava un forte stato di degrado sia strutturale che
superficiale; in più vi erano i vincoli tipici sulle costruzioni storiche che richiedevano il
rispetto delle volumetrie e dei materiali originari. I livelli raggiunti di trasmittanza termica
delle componenti d’involucro, hanno permesso di contenere le spese di riscaldamento e
75
Teoria e pratica dell’architettura solare
acqua calda sanitaria in circa 250 €/anno 2 , garantendo peraltro ottime condizioni di
comfort termo-igrometrico e acustico. Il fabbisogno di energia primaria è risultato essere
di 14,6 kwh/m²anno e il blower door test ha verificato un valore di pressione n50
inferiore a 0,6 hˉ¹, 3 rendendo conforme la casa di Cherasco agli standard passivhaus e
ottenendo così la certificazione dell’istituto di Darmstadt.
La casa di Cherasco: vista attuale (fig. 2.3) e sezione trasversale con in evidenza le strategie di
contenimento delle dispersioni termiche attraverso l’isolamento a forte spessore (fig. 2.4)
Elemento costruttivo
Trasmittanza (W/m²K)
Parete esterna verso l'ambiente
0,155
Tetto
0,172
Primo solaio
0,123
Tab. 2.1 Trasmittanza specifica degli elementi d’involucro della casa di Cherasco
Un altro esempio esemplificativo di casa passiva, certificata anch’essa dal PHI, è
possibile trovarlo sulle montagne della provincia di Modena, nella frazione di Sant’Anna
Pelago (Comune di Pievepelago, Provincia di Modena). Anche in questo caso si tratta di
una ricostruzione di una vecchia stalla-fienile dove erano imposti il recupero delle
volumetrie, delle bucature e dei materiali originari. Il progetto dell’Arch. Giuseppina Testa
e dell’Energy Manager Yuri Bautta (proprietario dell’immobile), ha previsto anche un
originale tetto-giardino inclinato con funzione di isolamento e massa inerziale. Lo
standard passivhaus e la successiva certificazione, sono stati raggiunti grazie al valore
del fabbisogno energetico per riscaldamento invernale di 14,3 kwh/m²anno e di tenuta
all’aria a n50 di 0,56 hˉ¹, valori inferiori ai limiti imposti.
2
Carotti A., Madè D., La casa passiva in Italia: teoria e progetto di una “casa passiva” in tecnologia
tradizionale, Rockwool, Milano, 2006, p. VI
3
ibidem, p. 82
76
Cap. 2 Teoria dell’architettura solare
Passivhaus a Sant’Anna Pelago: stato di fatto (fig. 2.5) e particolare della copertura a “tetto
giardino” inclinato di tipo basso-estensivo (fig. 2.6)
La casa passiva è in sostanza un’efficace risposta alle esigenze di riduzione o quasi
annullamento dei fabbisogni energetici per riscaldamento degli edifici nei climi nordeuropei o delle nostre regioni alpine e alto-appenniniche; qui è presente un netto
sbilanciamento della risposta prestazionale dell’involucro nei confronti del regime
invernale, con temperature di esercizio esterne particolarmente rigide. È un tipo
prestazionale e costruttivo che presenta però diversi inconvenienti se applicato alle
costruzioni in climi temperati o mediterranei; in questo caso il concetto cardine della
compattezza dei volumi architettonici è messo in discussione dalle esigenze dell’involucro
in regime estivo, necessitando di una risposta prestazionale più equilibrata nei confronti
di entrambi i periodi, sia quello sottoriscaldato invernale che quello surriscaldato estivo.
2.1.2 La casa passiva per clima mediterraneo. Progetto Passive-On
Il Passive-On (Marketable Passive Homes for Winter and Summer Comfort) è un progetto
di ricerca patrocinato dal programma europeo SAVE Intelligent Energy Europe, promosso
e coordinato da eERG 4 , che mira alla promozione e alla diffusione delle case passive per i
climi caldi.
La ricerca sta modificando il concetto passivhaus per ottenere bassi consumi ed
elevato comfort anche nei climi mediterranei, attraverso simulazioni su edifici da
realizzare nei diversi paesi partecipanti al progetto e riguardanti tipologie di case
largamente diffuse nelle rispettive zone climatiche. Come detto la problematica del
raffrescamento estivo è variabilmente equivalente o prioritaria rispetto al riscaldamento
4
eERG (end-use Efficiency Research Group) è il gruppo di ricerca (responsabile Prof. Lorenzo Pagliano)
sull'efficienza negli usi finali dell'energia attivo dal 1996 presso il Dipartimento di Energia del Politecnico di
Milano
77
Teoria e pratica dell’architettura solare
invernale nei climi sud-europei o italiani in particolare. Si tratta perciò di implementare le
soluzioni e gli standard prestazionali definiti per le passivhaus nord-europee con soluzioni
che tengano conto del maggiore carico termico incidente sugli edifici nel regime estivo,
sia come componenti opache che trasparenti.
Queste soluzioni sono classificabili come:

un livello di isolamento differenziato per clima e tipologia di chiusura dell’involucro
(copertura, parete esterna verticale, solaio contro terra);

un livello di tenuta all’aria meno stringente (n50‹1hˉ¹) in considerazione del minor
fabbisogno invernale per riscaldamento, a vantaggio del raffrescamento naturale
estivo (cioè la maggiore possibilità dell’edificio di dissipare per ventilazione il calore
accumulato durante il giorno);

delle superfici vetrate generosamente dimensionate e orientate prevalentemente a
sud, in grado di intercettare la massima radiazione solare favorevole invernale
(guadagno termico gratuito grazie all’effetto serra), ma anche di proteggersi, grazie
a schermature fisse e/o mobili opportunamente dimensionate e posizionate, dalla
radiazione non favorevole estiva;

la possibilità di ventilare gli ambienti interni in maniera naturale, grazie al corretto
posizionamento delle aperture finestrate (contrapposte), da porsi in collegamento
con il vano scala e con delle aperture regolabili in copertura; oppure utilizzando dei
cavedi verticali estrattori opportunamente dimensionati che sfruttano le brezze
dominanti e la depressione innescata dall’effetto camino;

un ricambio dell’aria comunque garantito da sistemi attivi a basso consumo
(ventilazione meccanica controllata con recuperatore di calore ad alta efficienza,
η›80-90%), che possano permettere la ventilazione anche in particolari condizioni
svantaggiose sotto il profilo acustico (ambienti esterni molto rumorosi, o la
prossimità a vie trafficate anche di notte, ecc.) e termico estivo (ambiente esterno
surriscaldato);

il raffrescamento da attuarsi in fase estiva ottenuto prevalentemente con sistemi
passivi (schermature solari, grandi masse inerziali, ventilazione notturna) e con
l’ausilio di sistemi attivi a basso consumo (VMC in funzionamento notturno) nei
giorni di picco termico;

il riscaldamento invernale attuato sfruttando gli apporti solari passivi e gratuiti
interni e con l’ausilio di sistemi di generazione termica alimentati a FER (fonti
energetiche rinnovabili) nei giorni di picco invernale; assenza quindi di sistemi
tradizionali di riscaldamento.
78
Cap. 2 Teoria dell’architettura solare
In ordine generale gli obiettivi di natura più divulgativa del progetto Passive-ON
sono sostanzialmente tre:

rendere disponibili una serie di strumenti ad uso di architetti (in particolare i piccoli
studi) e professionisti: delle “linee guida” per la progettazione dell'edilizia e il
software di calcolo sviluppato su foglio Excel PHPP (Passive House Planning
Package), sviluppato dal Passivhaus Institut di Darmstadt e implementato dei
carichi estivi per gli edifici in climi caldi;

fornire alla Commissione Europea una Relazione di Opportunità e Strategie, allo
scopo di esaminare gli ostacoli e le soluzioni di fattibilità del concetto passivhaus
applicato ai climi mediterranei, attraverso:
o
il completamento di un'analisi per determinare l'attuale livello di diffusione di
case a basso consumo nei paesi partecipanti, individuare le barriere che
attualmente rallentano la loro adozione e proporre delle soluzioni di tipo
regolativo/organizzativo che potrebbero portare ad una più larga diffusione sul
territorio;
o
la realizzazione di un modello comune di analisi nelle nazioni partner per stimare
i potenziali risparmi globali di energia delle case passive nel medio e lungo
termine;
o
l'analisi dei benefici politici ed amministrativi per lo sviluppo di programmi
volontari per ottenere la certificazione di casa passiva o adottare gli standard
comuni della casa passiva nelle nazioni partner;
o
definire il Pacchetto d'Azione del Governo Locale, dove evidenziare i diversi
procedimenti a livello locale per accrescere lo sviluppo delle case passive basati
sulle buone pratiche esistenti sia nei paesi partner che nei paesi non associati.
In termini prestazionali le differenze tra lo standard passivhaus originario e quello
per
climi
mediterranei,
si
possono
riassumere
in
tre
questioni
fondamentali:
l’introduzione di un limite di fabbisogno per raffrescamento (›15 kw/m²a) inesistente per
la passivhaus; la possibilità di derogare fino a 1,0h‒¹ il livello di tenuta all’aria
dell’involucro termico a n50, in caso però di temperature di progetto esterne maggiori di
0°C; l’applicazione del criterio di comfort estivo (definito dalla norma EN 15251:2007)
con la possibilità di mantenere la temperatura operativa sotto i 26°C in caso di
raffrescamento ottenuto con sistemi attivi. Questi parametri, a detta degli stessi
ricercatori dell’eERG, andranno sicuramente ricalibrati quando saranno a disposizione
sufficienti dati operativi di confronto, derivanti da un buon numero di edifici passivi che
rispettano lo standard passivhaus “esteso”.
79
Teoria e pratica dell’architettura solare
Una
interessante
metodologia
adottata
dal
gruppo
di
ricerca
è
stata
la
comparazione di un modello di studio, verificato in tre differenti situazioni climatiche
corrispondenti a tre diverse città italiane: Milano, Roma e Palermo. I dati elaborati hanno
evidenziato soluzioni di involucro e strategie tecnologiche applicate anche molto
differenti; nel caso di Milano, ad esempio, la necessità di un maggiore isolamento del
solaio contro terra per contenere le dispersioni termiche, mentre a Palermo si riduce
drasticamente per facilitare la dispersione del carico termico estivo verso il terreno.
Fig. 2.7 Progetto Passive-ON (eERG): diagrammi dei fabbisogni in regime invernale (rosso) ed
estivo (blu) nelle tre città di riferimento, Milano-Roma-Palermo
Il corpus dei risultati empirici ottenuti, analizzando i vari aspetti prestazionali degli
elementi tecnici costitutivi l’involucro edilizio, potrà essere un valido supporto alle attività
di progettazione di edifici passivi per climi mediterranei. Questi indicatori infatti danno la
possibilità di adottare in fase progettuale tutta una serie di condizioni necessarie (aspetti
ambientali, rapporto di compattezza, superfici vetrate, influenza delle schermature solari,
etc.) che consentono il raggiungimento dei livelli prestazionali dello standard passivhaus
esteso, evitando ai professionisti la parte di elaborazione computazionale.
Fig. 2.8 Bart Conterio, progetto di casa passiva in clima mediterraneo
80
Cap. 2 Teoria dell’architettura solare
2.1.3 L’edificio a energia zero. Net Zero Energy Building
Come già anticipato, attualmente il dibattito scientifico non ha ancora trovato una
sostanziale convergenza sulla definizione di Zero Energy Building (ZEB) e degli acronimi
derivati che negli ultimi anni hanno fatto la comparsa nel panorama internazionale.
Un importante progetto di ricerca, il Task 40-Annex 52 Towards Net Zero Energy
Solar Buildings (2008-2013), dell’International Energy Agency all’interno del programma
Solar Cooling and Heating, sta lavorando sull’elaborazione di una univoca e condivisa
definizione del concetto ZEB; esso tiene conto anche delle prospettive poste dalla
Direttiva 2010/31/UE della Comunità Europea, che prevede edifici a energia “quasi” zero
a partire dal 2021.
Essendo il concetto ZEB una tipologia energetica di edificio, la ricerca scientifica si
sta concentrando su alcuni fattori principali:

la metodologia di calcolo del fabbisogno energetico da considerare;

il periodo su cui impostare il bilancio energetico (annualità o l’intero ciclo di vita
del manufatto architettonico);

la connessione o meno dell’edificio alle reti energetiche (on-grid, off-grid);

il tipo di bilancio basato o sul fabbisogno energetico o sulle emissioni di CO2 in
atmosfera dell’edificio.
Il concetto di Zero Energy Building appare per la prima volta nel 2006 5 e viene
definito come:
[…] un edificio residenziale o commerciale che riduce drasticamente il suo fabbisogno
energetico grazie a una progettazione dell’involucro efficiente e all’ottimizzazione dei
guadagni termici e in cui il fabbisogno energetico viene soddisfatto tramite impianti che
producono energia da fonti rinnovabili […]. Al cuore del concetto di ZEB vi è l’idea che gli
edifici siano in grado di soddisfare tutte le loro esigenze di energia tramite fonti di energia a
basso costo, disponibili in loco, non inquinanti, rinnovabili.
La definizione sopracitata evidenzia subito tre punti di contatto con le finalità di
questa ricerca:

la priorità del progetto tecnologico dell’involucro efficiente, condizione necessaria
per ottenere uno ZEB;
5
Torcellini P. et al., “Zero Energy Buildins: a critical look at the definition”, conference paper, ACEEE summer
study pacific grove, California, 14-18/08/2006
81
Teoria e pratica dell’architettura solare

l’ottimizzazione dei guadagni termici (per irraggiamento solare e per apporti interni)
ottenibile solo attraverso una mirata progettazione preliminare;

il soddisfacimento del minimo fabbisogno energetico richiesto dall’edificio da parte
di impianti a FER (Fonti Energetiche Rinnovabili o RES Renewable Energy Source)
reperibili in loco, tra cui, appunto, l’energia solare.
E’ da notare come il tema dell’integrazione dei sistemi attivi nell’involucro edilizio
non venga ancora trattato come questione determinante ai fini dell’ottenimento di uno
ZEB, poiché gli stessi ricercatori prevedono la possibilità di posizionare indifferentemente
i sistemi attivi sull’involucro o al di fuori di esso, o addirittura del lotto di riferimento, a
seconda del diverso “limite” di sistema energetico che viene stabilito. Le FER possono
essere sia nelle vicinanze (comunque all’interno del lotto) che lontane dal sito di
riferimento (grandi impianti di generazione energetica); questa condizione sottende
anche la possibilità di connessione dello ZEB alle reti energetiche locali (on site energy
grids).
Nello stesso articolo viene stilata una sorta di classifica “qualitativa” della fornitura
energetica da FER:

disponibilità e uso di FER derivante dal risparmio energetico, ottenuto attraverso
l’ottimizzazione della tenuta termica dell’involucro edilizio (energy saved);

disponibilità e uso di FER entro il perimetro dell’edificio (building footprint);

disponibilità e uso di FER entro il lotto di riferimento dell’edificio (site footprint);

disponibilità e uso di FER reperibili al di fuori del lotto di riferimento per generare,
attraverso processi termici, energia all’interno dello ZEB;

disponibilità e uso di FER reperibili al di fuori del lotto di riferimento e trasportate
all’interno dello stesso attraverso le reti energetiche già sottoforma di energia
utilizzabile; ad esempio: campi fotovoltaici, eolici, geotermici, teleriscaldamento
alimentato a FER, idroelettrico.
Queste opzioni di fornitura energetica aprono questioni importanti nella definizione
del concetto ZEB. Sono sicuramente auspicabili la prima e la seconda soluzione; esse
definiscono un edificio a bassissimo consumo (tendente all’autosufficienza energetica),
che compensa il debito energetico nei mesi più sfavorevoli autoproducendo l’energia nei
mesi più favorevoli. Lo stesso edificio deve avere la possibilità di cedere alla rete il
surplus energetico e richiedere alla rete il debito energetico (on grid building), utilizzando
la stessa come elemento “compensatore” ed evitando complessi e onerosi sistemi di
stoccaggio.
82
Cap. 2 Teoria dell’architettura solare
Questa in sostanza prefigura la logica dello “scambio energetico sul posto” che
caratterizza, nel caso italiano, il sistema incentivante sul fotovoltaico dei piccoli impianti
(fino a 20 kWp) denominato “conto energia”. 6 Esso ha ottenuto e sta ottenendo risultati
ben superiori alle più rosee aspettative; è arrivato al quinto aggiornamento e ha portato
l’Italia al secondo posto in Europa, dopo la Germania, come livello complessivo di
potenza fotovoltaica installata. Considerando il dibattito in corso sulla ripartenza del
programma nucleare italiano è sempre importante sottolineare che, sommando tutti gli
impianti attivati nel nostro paese, è stata recentemente raggiunta (2011) la potenza di
una centrale nucleare di quarta generazione. 7
Nella nuova ottica di questi edifici produttori energetici connessi alla rete, è
importante considerare la problematica della qualità della stessa: nel medio-lungo
termine, prevedendo sviluppi considerevoli dei volumi energetici scambiati e avvalorati
dagli attuali trend di crescita del mercato del fotovoltaico, bisognerà valutare la capacità
della rete di assorbire le quantità di energia immessa nei picchi di produzione e non
immediatamente richiesta. Questo aspetto potrebbe essere risolto ipotizzando idonei siti
di stoccaggio energetici (sorta di grandi “batterie”) che diano la possibilità di compensare
la prevalenza dell’offerta rispetto alla domanda di energia.
In ordine generale uno ZEB può essere definito considerando due riferimenti
principali: o attraverso il bilancio energetico (solitamente su base annuale) 8 oppure
attraverso il bilancio delle emissioni di CO2 in atmosfera. L’orientamento anglosassone (il
Regno Unito in particolare fin dal 2006) 9 considera il bilancio delle emissioni come
prioritario nell’ottenimento di un edificio a bassissimo consumo. La considerazione di
questo fattore, rispetto alla valutazione del bilancio energetico, comporta delle
metodologie di calcolo differenti, ma sostanzialmente con finalità equivalenti: ridurre
drasticamente il consumo di energia da fonte fossile, perciò non rinnovabile, degli edifici
di nuova costruzione e, in un’ottica di efficientamento energetico, anche del più esteso
patrimonio edilizio esistente.
6
Questo sistema di incentivazione è stato introdotto in Italia nel 2005, con il Decreto Ministeriale del 28 luglio
2005 (Primo Conto Energia) ed è attualmente regolato dal Decreto Ministeriale del 05 maggio 2011 (Quarto
Conto Energia). Il Quinto Conto Energia si applica a partire dal 27 agosto 2012. Possono beneficiare del Conto
Energia le persone fisiche, le persone giuridiche, i soggetti pubblici, gli enti non commerciali e i condomini di
unità abitative e/o di edifici. (fonte: GSE gestore dei servizi energetici); cfr. nota 57
7
La capacità produttiva annuale del fotovoltaico in Italia, raggiunta nell’arco del 2011, supera di una volta e
mezzo quella di una centrale nucleare di ultima generazione: 13.200 GWh contro i 9.600 GWh dell’impianto di
Olkiluoto in Finlandia (fonte: www.tuttogreen.it)
8
Diversi autori cominciano a considerare anche vari aspetti qualitativi sia del fattore energetico, che sul tipo e
durata del bilancio, cfr. Lavagna, Bonanomi, De Flumeri, Edifici a consumo energetico zero, 2012, pp. 19-22
9
Cfr. Communities and local government, Code for sustainable homes. A step-change in sustainable home
building practice, London, 2006. Communities and local government, Building a greener future: towards zero
carbon development, London, 2006.
83
Teoria e pratica dell’architettura solare
S. Robson, ZEB Lighthouse prototype: concept energetico (fig. 2.9) e dettaglio (fig. 2.10)
Rimane un fattore prioritario l’utilizzo di sistemi a FER per soddisfare il fabbisogno
energetico residuo; tra questi, i sistemi attivi e passivi di sfruttamento solare sono
inequivocabilmente i più semplici da implementare, per la loro caratteristica di poter
sfruttare convenientemente l’involucro architettonico come supporto.
In Italia una prima classificazione delle possibilità d’integrazione di questi sistemi
nell’edificio, è stata fatta a partire dalle indicazioni del terzo conto energia; 10 esso infatti
prevedeva, tra le possibilità di maggiore incentivazione, l’utilizzo di sistemi attivi
fortemente integrati nelle stesse componenti costitutive dell’involucro. Queste parti
sommano alle funzioni tipiche di funzionamento dell’edificio (tenuta strutturale, all’acqua,
al vento, d’isolamento) anche quella di produzione di energia elettrica per conversione
fotovoltaica o solare termica.
2.1.4 L’edificio energeticamente attivo. Plus Energy Building
L’edificio energeticamente attivo (PEB - plus energy building) è definibile come un
particolare ZEB che produce un credito energetico nel periodo di bilancio energetico
annuale; esso perciò produce energia da fonti rinnovabili in surplus rispetto all’energia
che richiede alla rete. Questo avviene per i fabbisogni dei periodi di maggior consumo
che coincidono nella maggioranza dei casi con quelli di minor produzione. Alle latitudini
del centro e del nord Europa, questo periodo coincide essenzialmente con la stagione
invernale e per alcune fasi del periodo primaverile e autunnale, dove il fabbisogno per
riscaldamento è quantitativamente prioritario rispetto al raffreddamento; lo stesso
10
Cfr. nota 5
84
Cap. 2 Teoria dell’architettura solare
periodo non favorevole può avere una ridistribuzione temporale diversa nei climi caldi o
mediterranei.
Se valutiamo ad esempio il caso italiano, dove è possibile incontrare condizioni
ambientali radicalmente opposte che vanno dalla zona climatica F equiparabile ai climi
nord-europei (zone alpine) alla zona A equiparabile ai climi nord-africani (alcune località
della Sicilia), possiamo capire quanto le implicazioni sul bilancio energetico annuale, e
perciò sui criteri di progetto di un edifico a energia zero, siano fortemente variabili.
Il già citato progetto di ricerca Passive-On 11 ha ipotizzato di applicare gli standard
passivhaus a un edificio campione localizzato in tre diverse zone climatiche: Milano (zona
E), Roma (zona D) e Palermo (zona B). I risultati di calcolo prevedono per Milano 12
kWh/m²anno come fabbisogno di “energia utile netta” (EUN) per il riscaldamento e 2
kWh/m²a per il raffreddamento; rispettivamente 3,5 e 2,5 kWh/m²anno per Roma; 1,25
e 4 kWh/m²anno per Palermo.
Appare chiaro perciò come siano completamente diversi i “pesi” del fabbisogno
richiesto nei due regimi invernale ed estivo: in termini assoluti il caso di Roma appare
come quello più equilibrato e conseguentemente più controllabile a livello progettuale,
caratterizzato da inverni relativamente miti ed estati non eccessivamente calde. Queste
considerazioni
influenzano
fortemente
la
concezione
dell’involucro
architettonico,
soprattutto nel dimensionamento, disegno e protezione delle superfici vetrate, che
diventano elementi caratteristici del linguaggio architettonico e indirizzano le strategie
evidenziate nel concept energetico del manufatto.
È possibile perciò affermare che un edificio energeticamente attivo è un edificio che
rispetta gli standard passivhaus e nel complesso:

attua un ulteriore incremento dell’isolamento dell’involucro, sia per trasmissione di
calore che per ventilazione, attuando una precisissima correzione dei ponti termici;

è un edificio che deve necessariamente essere connesso alle reti energetiche 12
avendo una produzione energetica in surplus;

attua una elevata produzione energetica da fonti energetiche rinnovabili (solare
fotovoltaico, solare termico, microeolico, geotermia) sempre maggiore del suo
fabbisogno considerato nel bilancio annuale;

controlla attentamente gli apporti passivi, derivanti dall’irraggiamento solare sulle
superfici vetrate e opache (per effetto serra e per accumulo termico) e gli apporti
gratuiti interni (calore umano, calore prodotto dalla cottura dei cibi, dall’utilizzo
11
12
Cfr. note 2 e 3
La connessione in rete (on grid) è un fattore non obbligatorio secondo la letteratura attuale, ma auspicabile
viste le ridotte possibilità di poter stoccare l’energia prodotta in eccesso nell’impronta (footprint) dell’edificio o
del sito; questo a causa del basso livello tecnologico dei sistemi di accumulo a disposizione ed agli altissimi costi
degli stessi, sostanzialmente configurati come batterie in serie di varia tipologia; senza dimenticare le
problematiche ambientali legate allo smaltimento delle stesse.
85
Teoria e pratica dell’architettura solare
dell’acqua calda sanitaria, elettrodomestici, apparecchi illuminanti, apparecchi
elettronici,
ecc.),
poiché
si
possono
innescare
facilmente
dei
fenomeni
di
surriscaldamento dell’involucro.
Si potrebbe ipotizzare una configurazione ottimale della dotazione impiantistica per
un edificio energeticamente attivo, in climi caldi o mediterranei (es. Italia), affermando
che esso:

come per l’edificio passivo non necessita di un impianto di riscaldamento
tradizionale: nei giorni di “picco termico”, invernali o estivi, ristabilisce le condizioni
di comfort attraverso il trattamento dell’aria interna all’involucro con l’ausilio di
batterie di preriscaldamento, preraffreddamento e deumidificazione, sfruttando
l’impianto di ventilazione meccanica controllata;

necessita obbligatoriamente di un impianto di ventilazione meccanica controllata
(VMC) a doppio flusso (estrazione da bagni e cucine e immissione nei locali a giorno
e nelle camere da letto) con recuperatore di calore ad altissima efficienza (›90%),
che garantisce sia i necessari ricambi d’aria (variabili a seconda della destinazione
d’uso) che le eventuali richieste di climatizzazione;

utilizza un generatore di energia termica a bassa potenza (ad esempio una pompa
di calore idealmente accoppiata ad un sistema geotermico) alimentato dall’impianto
fotovoltaico, per preriscaldare o preraffreddare al bisogno l’aria di ricircolo,
garantendo anche la quantità necessaria di energia termica per gli usi derivanti
dall’acqua calda sanitaria (ACS), con l’ausilio di un sistema di accumulo a scambio
termico;

attua, in determinati periodi di equilibrio termico interno/esterno, la ventilazione e il
ricircolo naturale dell’aria attraverso dispositivi architettonici opportunamente
predisposti, sfruttando i venti o le brezze dominanti e il gradiente termico (effetto
camino,
orientamento
e
contrapposizione
delle
aperture
finestrate),
in
accoppiamento con un sistema intelligente di regolazione (building automation)
delle aperture e delle schermature solari;

necessita di un impianto solare fotovoltaico (generalmente di potenza oltre i 3 kWp)
integrato nell’edificio per la produzione di energia elettrica da utilizzare per usi
interni e per gli impianti, che determina (viste le caratteristiche d’involucro e di
consumo) un surplus energetico da immettere in rete.
Naturalmente queste ipotesi sono fortemente influenzate dalla latitudine e dal tipo
di zona climatica 13 in cui l’edificio viene inserito; queste caratteristiche microclimatiche
13
Cfr. la classificazione dei climi di W. Köppen, (cfr. sotto-sottocap. 1.1.1)
86
Cap. 2 Teoria dell’architettura solare
vanno attentamente analizzate e implementate nel progetto attraverso lo strumento
dell’analisi del sito. In conseguenza di questi fattori, come dimostrato anche dai
ricercatori dell’eERG 14 , la strutturazione dell’involucro varia fortemente e questo influenza
in modo decisivo le scelte tecnologiche e impiantistiche del progetto.
surPLUShome, prototipo dell'Università Tecnica di Darmstadt, vincitore dell’edizione 2007 del Solar
Decathlon (fig. 2.11); Plus Energy primary school, (IBUS, 2011) a Hohen Neuendorf, Germania
(fig. 2.12)
Un edificio energeticamente attivo inoltre deve garantire adeguati livelli di comfort
per la tipologia di utenti previsti. Infatti un involucro così altamente performante prevede
alcune modificazioni rispetto all’idea di casa tradizionalmente considerata, riguardanti sia
la sfera psicologica che economica. L’utilizzo di questi edifici richiede, soprattutto in
ambito residenziale, dei cambiamenti di comportamento e abitudini della quotidianità che
sono consolidate; consuetudini meno sentite nelle tipologie ad ufficio o ad uso
specialistico poiché vi è una maggiore abitudine all’utilizzo di ambienti sigillati e
controllati climaticamente in maniera artificiale.
È sufficiente considerare, ad esempio, che nella stagione invernale è assolutamente
sconsigliato
aprire
le
finestre
per
“arieggiare”,
poiché
provocherebbe
eccessive
dispersioni termiche sbilanciando il funzionamento degli impianti; questa funzione viene
infatti demandata ad un impianto meccanico dedicato (VMC), che ricambia l’aria secondo
una quantità predefinita, impedendo al calore interno di fuoriuscire grazie ad uno
scambiatore ad alta efficienza. A livello economico inoltre il mercato richiede attualmente
oneri ancora nettamente maggiori per ciò che riguarda i costi di costruzione rispetto ad
un edificio “tradizionale”, che faticano ad essere accettati e condivisi come necessari da
chi le case le costruisce e le abita.
L’adattamento
culturale
e
lo
sviluppo
tecnologico
e
produttivo
porteranno
probabilmente ad una sensibile riduzione di questo gap nel medio periodo, com’è
accaduto per i sistemi fotovoltaici, contribuendo al diffondersi di costruzioni a credito
energetico positivo ed alti livelli di sostenibilità ambientali.
14
Cfr. note 2 e 3
87
Teoria e pratica dell’architettura solare
2.1.5 L’edificio solare energeticamente attivo. Plus Energy Solar Building
Un edificio solare energeticamente attivo è definibile come un Plus Energy Building che
attua sinergicamente una serie di strategie progettuali prevalentemente di tipo solare,
passive e attive, per l’ottenimento di un bilancio annuale a credito in termini di
fabbisogno energetico complessivo.
Le strategie di tipo solare passivo, influenzate come detto dalla localizzazione
geografica e dalla scelta dell’orientamento dell’edificio, riguardano il disegno, il
dimensionamento e i sistemi di protezione delle superfici vetrate, mediante l’utilizzo di
particolari dispositivi architettonici di sfruttamento e schermatura dell’irraggiamento
solare. 15
Le strategie di tipo attivo riguardano l’utilizzo di sistemi impiantistici di conversione
dell’irraggiamento solare in energia elettrica (fotovoltaico) o termica (solare termico). 16
Questi sistemi possono avere diversi livelli di integrazione con il manufatto
architettonico, che influiscono sulla qualità prestazionale e compositiva finale, secondo
un’efficienza sinergica predeterminata. Questa sinergia è ottenuta attraverso la corretta e
opportuna
soluzione
dell’intersezione
tra
le
esigenze
tecnologiche
e
le
forme
architettoniche: un sistema tecnologico solare attivo applicato all’involucro, genera delle
modificazioni della forma nel momento stesso che esso diventa componente essenziale
del manufatto architettonico.
La ricerca del miglior livello qualitativo si attua nella sintesi tra la logica efficientista
del sistema tecnologico e la configurazione morfologica dell’elemento che lo supporta. Il
livello massimo di efficienza di un sistema tecnologico di tipo solare attivo, prevede una
ripetersi indifferenziato di posizioni, inclinazioni e orientamenti ottimali, finalizzati al
massimo sfruttamento della radiazione solare. Attraverso la sinergia con il progetto
architettonico e le sue implicazioni di ordine formale, spaziale e culturale, è possibile
raggiungere un punto di equilibrio tra i due sistemi; ciò avviene nella consapevolezza di
perdere parte dell’efficienza del sistema tecnologico a favore di una corretta articolazione
morfologica e formale.
Un PESB (Plus Energy Solar Building) è perciò un edificio in cui i dispositivi solari
passivi e attivi, sono parti essenziali dell’insieme, configurati come elementi decisivi della
composizione dell’involucro; siano essi variabilmente dispositivi di guadagno termico o
componenti di produzione energetica. Allo stesso tempo certe forme adottate sono
inequivocabilmente riconducibili a una matrice decisionale di impronta solare, poiché
derivano da scelte progettuali fortemente indirizzate al raggiungimento di un determinato
livello di performance del sistema tecnologico.
15
16
Cfr. sottocap. 2.2
Cfr. sottocap. 2.3
88
Cap. 2 Teoria dell’architettura solare
Esempi di edifici energeticamente attivi: (fig. 2.13) Sunlighthouse (Hein-Troy, 2010) e (fig. 2.14)
Solar Aktivhaus (G.W. Reinberg, 2009)
Anche per questo tipo di edifici è essenziale la possibilità della connessione in rete
(on grid building); come già detto per gli ZEB e i PEB allo stato attuale lo stoccaggio in
sito dell’energia prodotta in esubero (sistemi stand alone) da fonte solare, è fortemente
condizionato dalla limitata diffusione dei dispositivi idonei, a basso costo e dalla loro
reperibilità sul mercato. Le reti energetiche assumono perciò il ruolo fondamentale di
compensatori delle produzioni locali, trasferendo l’energia in surplus da certe zone ad
altre ove richiesta.
Come già accennato, e soprattutto in conseguenza di una futura diffusione degli
edifici plus energy, i ritmi attuali di crescita delle microproduzioni in gran parte derivanti
dal fotovoltaico, pongono un serio problema di dimensionamento e qualità delle reti; esse
potrebbero in certe fasi non reggere la quantità di energia immessa. È necessario perciò
prevedere un corretto dimensionamento e localizzazione dei siti territoriali di stoccaggio e
di interscambio energetico, alle varie scale locale o nazionale, per accumulare l’energia
prodotta in esubero e regolare convenientemente e i flussi bidirezionali.
Un altro fattore decisivo, che riguarda l’implementazione degli impianti fotovoltaici
nelle conurbazioni urbane sia di nuova costruzione che esistenti, è il tema del “diritto alla
captazione”. È necessario prevedere, attraverso specifici apparati normativi, un sistema
di regole per cui sia garantito lo stesso livello di irraggiamento delle superfici captanti tra
i diversi manufatti architettonici accostati o contrapposti; sia per quanto riguarda il
disegno d’impianto urbano di nuovi insediamenti, sia per le superfici captanti già a
disposizione negli edifici esistenti.
Un principio similare è riscontrabile nella regolamentazione per la posa di sistemi
fotovoltaici nei condomini: l’utilizzo della superficie di copertura, considerata bene
comune, deve garantire a tutti gli stessi diritti di captazione. Ciò può avvenire attraverso
impianti centralizzati di cui tutti beneficiano, o garantendo a tutti i condomini la
89
Teoria e pratica dell’architettura solare
possibilità di predisporre singoli impianti fotovoltaici su una uguale superficie di copertura
e orientamento, possibilità peraltro assai complessa soprattutto per grandi condomini.
In ordine generale il target prestazionale del PESB va ben oltre le indicazioni
contenute nella direttiva 2010/31/UE, che introduce il concetto di edificio a energia quasi
zero. È necessario inoltre considerare che il risultato prestazionale sul lungo periodo di
questa tipologia energetica è ad oggi difficilmente prevedibile, non potendo contare su
dati storici consolidati da analizzare; senza contare le diverse interpretazioni in campo
sulle metodologie di calcolo e sul tipo di “misura” prestazionale con cui definire
compiutamente questi edifici.
Una possibile soluzione potrebbe essere quella di elevare maggiormente il target
prestazionale “atteso” oltre il livello minimo di surplus energetico; esso andrebbe poi
eventualmente a compensare risultati inferiori ai dati iniziali di calcolo. Va considerato
che questi dati tengono necessariamente conto di valori medi statistici e non possono
prevedere gli effettivi consumi in regime d’uso degli edifici, che rientrano in una logica di
abitudini e consuetudini dell’abitare a volte anche molto differenti tra loro.
2.1.6 Il quartiere a energia (quasi) zero. Nearly Zero Energy District
La definizione dei quartieri a energia (emissioni) quasi zero richiede delle valutazioni più
complesse rispetto al singolo edificio. In questo caso infatti interagiscono allo stesso
livello anche le reti e le centrali energetiche locali di supporto, che influiscono fortemente
sul risultato prestazionale dell’insieme. La costruzione, gestione e manutenzione di
queste sovrastrutture dipende da soggetti terzi, come amministrazioni comunali e gestori
energetici,
che
hanno
il
compito
di
pianificarne
la
costruzione
e
regolarne
il
funzionamento secondo logiche superiori di interesse comune o inferiori di guadagni
economici se gestori privati. La possibilità di una larga diffusione di questi “sistemi
energetici urbani” dipendono da un livello decisionale più alto di politica energetica
nazionale, derivante al livello superiore dagli indirizzi comunitari che però al momento
mancano; essi infatti si limitano alla considerazione dell’edificio singolo.
La necessaria creazione e regolamentazione di un network energetico di scala
urbana, dovrebbe incentivare le potenzialità della microgenerazione diffusa da fonti
rinnovabili, facendola diventare una primaria risorsa nazionale o, più ambiziosamente,
sovranazionale (una sorta di rete energetica integrata europea). Questo tipo di approccio
olistico e multiscalare, consentirebbe di ottenere una forte ottimizzazione di tutto il
sistema energetico e un livello di efficienza sicuramente maggiore rispetto alla
sommatoria dei tanti piccoli microproduttori puntuali, scollegati però da un contesto
integrato più ampio. In questo caso è molto importante il concetto di “confine di
90
Cap. 2 Teoria dell’architettura solare
sistema”; 17 esso definisce l’estensione territoriale entro il quale è reso possibile
l’approvvigionamento e l’interscambio energetico, sia esso il singolo edificio o il più ampio
comparto urbano. Un edificio completamente autosufficiente (sistema stand alone) dal
punto di vista energetico limita il confine di sistema all’edificio stesso, mentre uno ZEB
connesso alla rete locale (ad esempio il quartiere) pone come confine l’estensione della
rete stessa.
Come detto gli attuali apparati normativi e la maggioranza dei contributi scientifici
sono ancora orientati prevalentemente alla trattazione dell’edificio singolo e tralasciano il
tema più esteso del comparto urbano energeticamente autosufficiente. In quest’ottica la
computazione energetica è fattore d’innovazione ma anche di complessità, data dal fatto
che i vari edifici concorrono nel loro insieme a formare il bilancio non più considerati
singolarmente 18 . Questa strutturazione presuppone la contabilizzazione dell’energia in
ingresso e in uscita all’interno degli elementi del “sistema quartiere”, che può diventare
premiante per chi consuma meno e svantaggiosa per chi consuma di più, attraverso, ad
esempio, oneri maggiori di fornitura energetica o contributi alle urbanizzazioni. 19
Un aspetto interessante è che questa logica di sistema energetico “ottimizzato”, può
essere applicata anche ai quartieri esistenti col risultato auspicabile di incentivare i singoli
interventi di riqualificazione energetica. A tal fine è strumentale una mappatura
energetica degli edifici delle zone urbane individuate, sulla quale poter attuare una
pianificazione energetica comunale.
Anche alla scala urbana le possibilità fornite dai sistemi solari attivi, di produzione
energetica, e passivi, di guadagno termico, sono rilevanti. In alcune città 20 esistono già
delle vere e proprie mappe della “potenzialità fotovoltaica” dei singoli edifici, che
evidenziano le superfici captanti a disposizione e le potenze teoricamente installabili,
concorrendo a un possibile calcolo del potenziale produttivo del singolo ambito urbano.
Mappe di questo tipo diventano anche strumentali nella gestione del cosiddetto “diritto
alla captazione”, evidenziando le diverse ostruzioni in base alle potenzialità produttive
evidenziate.
Sul tema del distretto a energia zero la normativa del Regno Unito 21 , nella
fattispecie del Planning Policy Statement (PPS), è a livello europeo un passo più avanti
rispetto agli altri paesi; in questa logica infatti il quartiere BedZED di Londra 22 è uno tra
gli esempi maggiormente citati in letteratura come esempio di insediamento carbon
neutral.
17
Cfr. Lavagna et al., op. cit., pp. 21-22
Cfr. Cecere C., Coch H., Morganti M., Clementella G., Dalla riqualificazione energetica al recupero sostenibile
– un metodo di analisi energetica dei tessuti della città compatta, Bologna, articolo in rivista digitale, “IN-BO”, 5
(2012), p. 4
19
Cfr. sotto-sottocap. 1.7
20
Parigi: Cadaistre solaire; New York: Solar city map
21
Cfr. nota 18
22
Beddington Zero Energy Development (BedZED) è un piccolo quartiere a sud di Londra (località Sutton),
realizzato dall’architetto Bill Dunster tra il 2000 e il 2002.
18
91
Teoria e pratica dell’architettura solare
In questo complesso gli edifici sono caratterizzati da grandi estrattori d’aria
multicolore con funzione di ventilazione naturale degli ambienti interni e da grandi serre
solari esposte a sud con le superfici attive fotovoltaiche sulle coperture ad andamento
curvilineo. Sono anche presenti altri fattori di sostenibilità ambientale come il recupero
delle acque piovane per usi irrigui e la generazione del calore di fabbisogno termico
residuo da piccole caldaie a biomassa, che vedono compensata la CO2 immessa in
atmosfera attraverso la produzione energetica del sistema fotovoltaico.
Vista d’insieme (fig. 2.15) e concept energetico del quartiere BedZed a Londra (fig. 2.16)
Un aspetto su cui è posta particolare attenzione è il concetto di mobilità sostenibile:
all’interno dell’insediamento sono stati quasi eliminati gli spostamenti casa-lavoro, grazie
alla polifunzionalità dello stesso (molti residenti lavorano direttamente all’interno dello
stesso edificio in cui abitano); è fortemente incentivata la mobilità ciclo-pedonale e l’uso
di veicoli elettrici (sono presenti diverse colonnine per il rifornimento elettrico) per gli
spostamenti extra-quartiere.
Questo intervento chiarifica anche un altro concetto basilare e auspicabile per
l’ottenimento di un alto livello di prestazione energetica alla scala urbana: la
densificazione edilizia. Appare chiaro che nel bilancio energetico complessivo l’edificio
plurifamiliare consente economie di consumo rilevanti rispetto a tanti piccoli villini
unifamiliari: sia per gli aspetti legati al rapporto di forma (superficie disperdente/volume
contenuto) che alla centralizzazione degli impianti, con conseguenti minori costi di
costruzione e di gestione; senza dimenticare il maggior grado di sostenibilità legata al
minor consumo di territorio
Un altro esempio molto noto è il quartiere Solarcity 23 a Linz (Austria); esso si basa
su di una idea pianificatoria innovativa che ha cominciato a prender forma nella
municipalità fin dagli anni ’70, concretizzandosi nel 1992 con il masterplan generale di R.
Reiner. Grazie ad un preciso programma di progetto è stato posto l’obiettivo di creare un
23
Solarcity è un sobborgo di Linz, capoluogo dell’Alta Austria, progettato e realizzato tra il 1992 e il 2004 su
masterplan di R. Reiner. Per lo sviluppo architettonico di buona parte degli edifici venne chiamato T. Herzog,
coordinatore del gruppo READ (Renewable Energies in Architecture and Design), coadiuvato da altri nomi illustri
dell’archistar system internazionale: N. Foster, R. Rogers e R. Piano; cfr. sottocap. 1.6
92
Cap. 2 Teoria dell’architettura solare
comparto urbano quasi autosufficiente energeticamente, con caratteristiche di housing
sociale (abitazioni in vendita a basso costo o in affitto calmierato 24 ), ottimizzando gli
apporti solari attraverso una stretta sinergia tra sistemi attivi e passivi. Il disegno urbano
dei blocchi edilizi è finalizzato al massimo sfruttamento dell’irraggiamento solare, di
conseguenza la percentuale maggiore di superficie esterna dell’edificato risulta esposta
agli orientamenti sud, sud-est e sud-ovest.
Linz, Solar City (Austria): (fig. 2.17) prospetto di un edificio di T. Herzog (blocchi ovest);
planivolumetrico di progetto dell’insediamento (fig. 2.18)
Anche in questo caso, ed è sicuramente un tratto comune dell’urbanistica
sostenibile, è stata posta grandissima attenzione ai fattori legati alla mobilità: la
percorrenza massima pedonale tra il sistema delle residenze e i servizi essenziali è stata
stabilita entro un raggio di 400 metri. La mobilità carrabile è mantenuta sempre esterna
all’edificato, se non per alcuni assi di penetrazione non collegati fra di loro; la grande
arteria attrezzata che raggiunge il “cuore” del complesso, destinato ai servizi generali,
contiene la tramvia elettrica di collegamento col centro amministrativo di Linz.
Negli esempi trattati è rilevante l’utilizzo di sistemi solari attivi e passivi, che
determinano il contributo maggiore conferito al bilancio energetico di quartiere e
diventano lo strumento prioritario di generazione da fonte rinnovabile.
In entrambi i casi, una forte sinergia tra i sistemi solari attivi e passivi determina,
oltre al controllo accurato dei fattori d’involucro, una elevata qualità architettonica.
24
La Municipalità di Linz per garantire l’accessibilità alle fasce sociali di minor reddito, ha imposto costi di
costruzione nell’ordine di 1.200-1.300€/mq e affitti mensili contenuti entro un massimo di 5.5-5.7€/mq,; prezzi
risultano molto inferiori a quelli del mercato corrente della zona (ad esempio per un appartamento di 100 mq si
paga un canone massimo di 570€/mese)
93
Teoria e pratica dell’architettura solare
2.1.7 Il quartiere energeticamente attivo. Plus Energy District
Rispetto al nearly Zero Energy District (Communities o Development)) il Plus Energy
District (Communities o Development) ha lo stesso tipo di rapporto che intercorre tra
nZEB (nearly Zero Energy Building) e PEB (Plus Energy Building), operando in questo
caso un salto di scala dimensionale.
L’obiettivo rimane sempre quello di generare più energia da fonti rinnovabili rispetto
ai consumi, sempre e comunque fortemente contenuti, dell’intero quartiere; esso
potrebbe anche essere definito come “zona energeticamente omogenea” 25 .
Le caratteristiche espresse precedentemente per il nZED (nearly Zero Energy
District) rimangono sostanzialmente valide, anzi sono i presupposti di partenza; è
necessario però un ulteriore salto qualitativo sia della risposta bioclimatica dei manufatti
edilizi che della produzione energetica complessiva e una più accurata sinergia tra sistemi
attivi e passivi di sfruttamento delle risorse rinnovabili, pensata ancor più in una logica
d’insieme urbano strutturato.
Una
FER
di
origine
solare
diventa
risorsa
prevalente,
nel
sistema
di
microgenerazione diffusa, che influenza in maniera decisiva il bilancio energetico. A
questo proposito è ancor più fondamentale l’analisi delle condizioni ambientali, nelle sue
caratteristiche di sito esteso, 26 come latitudine, elementi ombreggianti, irraggiamento
medio, 27 e soprattutto del mutuo rapporto di accesso al sole tra gli edifici che influenza
fortemente il disegno urbano d’impianto. 28
Per ottenere un Plus Energy Disctrict è necessaria la compartecipazione di molti
fattori, tra i quali:

l’adozione nell’approccio della pianificazione del concetto di “zone energeticamente
omogenee” e la redazione di piani urbanistici che definiscano le regole operative;
25
Una zona energeticamente omogenea è composta da edifici con caratteristiche energetiche molto simili,
riconoscibili all’interno di un determinato perimetro. Essa può assumere la funzione di semplificare il bilancio di
aggregati urbani complessi
26
La “analisi del sito” è una procedura, oramai abbastanza standardizzata, finalizzata a definire compiutamente
le caratteristiche ambientali di un luogo sottoposto a successiva modificazioni edificatorie. Le caratteristiche da
analizzare sono: percorso del sole nelle varie stagioni, elaborazione del diagramma solare e calcolo
dell’irraggiamento medio; direzione, intensità dei venti e delle brezze dominanti; presenza di elementi
ombreggianti di tipo vegetazionale, edificato nell’intorno ed orografici del terreno; piovosità e precipitazioni
nevose medie nei vari mesi dell’anno; presenza di sostanze o gas inquinanti nel sottosuolo; qualità dell’aria;
presenza di linee elettriche ad alta tensione o ripetitori per telefonia mobile nei dintorni; analisi di impatto
acustico. Solitamente questa analisi viene richiesta come allegato consigliato ma non cogente, dai Regolamenti
Edilizi dei Comuni, per accedere ad un sistema di detrazioni sugli oneri di costruzione e di urbanizzazione in
base al rispetto di determinati requisiti. Essa è anche strumentale all’ottenimento di determinate certificazioni
come il protocollo LEED o ITACA. L’accezione “esteso” si intende riferita ad una intera zona urbana o
energeticamente omogenea, coincidente con i limiti del District, Communities o Development considerato.
27
Naturalmente per poter sfruttare in maniera adeguata la risorsa solare bisogna che si verificano certe
condizioni minime di irraggiamento, definite in watt-ora/metro quadrato; es.: un borgo edificato posto sul
versante sud di in una vallata alpina, avrà condizioni di soleggiamento molto sfavorevoli, presenti in pochi
periodi del giorno, rendendo quasi impraticabili e sicuramente antieconomiche soluzioni con sistemi attivi
fotovoltaici
28
Cfr. sottocap. 4.2
94
Cap. 2 Teoria dell’architettura solare

un programma di politica territoriale condiviso, finalizzato al raggiungimento di
obiettivi di credito energetico; formalizzato da reti energetiche intelligenti (smart
grid) che mettono a sistema le produzioni puntuali nel rapporto con gli elementi
compensatori (centrali energetiche di zona);

l’applicazione del principio della densificazione urbana;

un disegno urbano “ottimizzato”, con assi edificatori prevalentemente in direzione
est-ovest e comunque con la percentuale maggiore di superfici captanti esposte a
sud, sud-est e sud-ovest;

la predisposizione di elementi urbani diffusi di controllo climatico di tipo passivo:
ombreggiamenti, schermature, progetto e controllo degli aspetti cromatici degli edifici
e degli elementi di arredo urbano (per evitare il fenomeno delle isole di calore),
elementi vegetazionali di mitigazione/protezione dell’azione dei venti e dell’eccessivo
irraggiamento;

la predisposizione di elementi urbani di controllo e produzione energetica di tipo attivo
quali: compensatori energetici (centrale di zona), elementi generatori su edifici
pubblici o di arredo urbano, microparchi eolici o fotovoltaici;

una progettazione ottimizzata degli involucri edilizi, indirizzata dal particolare
contesto climatico-ambientale di riferimento, partendo comunque da una base di
tipologia energetica passivhaus;

il progetto e il controllo delle migliori soluzioni d’intersezione forma-tecnologia dei
sistemi solari attivi e passivi, sia per il singolo edificio che nel rapporto tra edifici
adiacenti o contrapposti;

l’applicazione estesa del concetto di “diritto alla captazione”; 29

la strutturazione di elementi diffusi di sostenibilità ambientale, anche se non legati
direttamente
al
bilancio
energetico:
recupero
e
riuso
delle
acque
piovane,
contenimento delle acque di prima pioggia, depurazione delle acque nere, mobilità a
bassissimo impatto ambientale (veicoli elettrici) interna al quartiere, condivisione
sociale e costruzione di caratteri identitari finalizzati al raggiungimento comune di
obiettivi di risparmio energetico e riduzione dell’inquinamento ambientale.
Un esempio concreto e tra i più citati di plus energy district è il complesso “Am
Schlierberg” (meglio noto come Solarsiedlung) a Friburgo di R. Dish, realizzato nel 2003
all’interno del quartiere ecologico di Vauban. Le Solarsiedlung sono degli edifici lineari
orientati est-ovest, a 3 o 4 piani fuori terra, per un totale di 50 abitazioni. Ogni dettaglio,
dal progetto architettonico alla costruzione, è finalizzato alla massima captazione solare
sia passiva che attiva. Gli stessi elementi con funzione di schermatura delle facciate
29
Il “diritto alla captazione” è qui definito come la garanzia ad avere uguale superficie captante a disposizione,
da realizzarsi in situazioni di nuova edificazione e per fabbricati in adiacenza o in contrapposizione; premessa
necessaria è il recepimento di questo concetto da parte degli strumenti urbanistici e di regolamento comunali.
95
Teoria e pratica dell’architettura solare
vetrate esposte a sud, strutturati dalle falde di copertura inclinate e molto sporgenti,
diventano elementi bivalenti (funzione sia passiva che attiva) nell’integrazione, per tutta
la loro superficie, dei sistemi fotovoltaici. Il risultato ottenuto è che ogni unità abitativa, a
fronte di un consumo (di sola elettricità) di 2.200 kWh annui, attua una produzione di
6.280 kWh da conversione fotovoltaica, perciò in un rapporto quasi triplo di produzione
rispetto al consumo. Anche in questo caso il tema della mobilità pedonale assume molta
importanza: all’interno del comparto sono presenti solo viali pedonali o ciclabili; le case
non hanno un garage proprio (è impossibile arrivare a casa con l’automobile), ma un
grande parcheggio interrato multilivello a poca distanza. Secondo questa logica il 40%
dei residenti ha rinunciato a possedere una macchina propria, contando comunque su di
un trasporto pubblico efficiente. Il complesso è concluso a ovest da un lungo edificio
misto servizi-residenza (Sonnenschiff) 30 con orientamento prevalente nord-sud, che
definisce il fronte urbano sulla principale arteria carrabile; è composto da un blocco a 3
piani fuori terra contenente uffici e attività commerciali e da 5 emergenze, configurate
come torri solari rivolte a sud, contenenti altre residenze che usufruiscono del giardino
pensile sulla copertura del blocco sottostante a uffici.
Planimetria generale (fig. 2.19) e vista d’insieme (fig. 2.20) del complesso “Am Schlierberg” nel
quartiere Vauban a Friburgo
La diffusione dei distretti energeticamente attivi appare al momento ancora molto
lontana e complessa, essenzialmente per due motivi fondamentali: gli indirizzi normativi
nazionali e comunitari sono assenti e si indirizzano quasi esclusivamente sul concetto di
singolo edificio a energia zero; la volontà politica e il mondo produttivo non sono ancora
maturi per il recepimento di questi obiettivi. Certo è che la prospettiva di ridurre
drasticamente il 40% dei consumi energetici mondiali, legati alla sola fruizione
30
Cfr. sottocap. 3.1
96
Cap. 2 Teoria dell’architettura solare
dell’edilizia, appare molto allettante; 31 anche, e soprattutto visto il peso percentuale,
attraverso politiche radicali di riqualificazione del patrimonio esistente. In quest’ottica è
ipotizzabile la possibilità di equilibrare, su un periodo temporale esteso, il gap di consumo
degli edifici obsoleti attraverso il surplus di produzione dei nuovi distretti o di quelli
esistenti radicalmente riqualificati energeticamente.
2.2. Le componenti solari passive dell’involucro
Tra gli studiosi esistono diverse interpretazioni nella divisione di campo tra sistemi passivi
e attivi rendendo necessaria una presa di posizione precisa al riguardo; una tra le
definizione in letteratura più strutturata e in cui diversi autori convergono cita:
Vengono definiti sistemi solari passivi tutti i dispositivi, accorgimenti e criteri costruttivi
finalizzati al riscaldamento, raffrescamento e climatizzazione degli edifici mediante l’apporto
energetico gratuito del sole e delle possibili risorse naturali del microclima locale, senza
l’ausilio di mezzi meccanici alimentati con fonti esogene di distribuzione dell’energia. Questa
avviene mediante flussi termici naturali (conduzione, convezione, irraggiamento). 32
Risulta chiaro perciò che la discriminante è rappresentata dall’ausilio d’impianti
alimentati da fonti esterne di energia per il funzionamento dei sistemi: quando questi
sfruttano fenomeni fisici naturali si parla correttamente di sistemi passivi quando
necessitano impianti con apporti energetici esterni si parla di sistemi attivi. In realtà è
possibile riconoscere anche sistemi “ibridi” in cui si utilizza unicamente un principio
passivo che però viene aiutato, a fini di aumento della resa energetica, da un impianto di
supporto alimentato da fonte esterna: è il caso ad esempio dell’uso, in alcuni sistemi
passivi indiretti o separati, di ventilatori elettrici per accelerare processi convettivi
naturali. 33
In termini generali sia i sistemi passivi che attivi sono scomponibili in quattro
subsistemi funzionali:
31
32
33

di captazione/trasformazione della radiazione solare

di trasferimento dell’energia all’elemento di accumulo (trasferimento primario)

di conservazione dell’energia raccolta (accumulo)

di distribuzione finale dell’energia dove è richiesta (trasferimento secondario);
Cfr. sottocap. 1.7
Cfr. Magrini A., Ena D., Tecnologie solari attive e passive, EPC, Roma, 2008, p. 20
Cfr. Serra Florensa R., L’energia nel progetto di architettura, Città Studi, Milano, 1997, pp. 296
97
Teoria e pratica dell’architettura solare
i diversi rapporti d’interdipendenza tra questi subsistemi e l’ambiente confinato che
riceve i benefici solari, caratterizzano la tipo-morfologia e il funzionamento del particolare
sistema solare attivo o passivo.
Tutti i sistemi passivi sono accumunati dal fattore di sfruttamento dell’effetto serra
e dalla necessità di una orientazione favorevole rispetto alla radiazione solare; è possibile
fare una classificazione di questi sistemi in base alla posizione reciproca dell’ambiente
confinato che riceve i guadagni termici rispetto al dispositivo che produce il guadagno,
secondo quattro diverse tipologie:

sistema a guadagno diretto (vetrazioni giustamente orientate, serra isolata
dall’edificio)

indiretto (muro ad accumulo termico, muro Trombe, pareti ad acqua, sistema
Barra-Costantini, roof pond, PCM, serra non accessibile addossata all’edificio)

misto (serre abitabili in comunicazione con l’ambiente confinato)

separato (sistema detto a “termosifone” o rock bed, solare termico ad acqua o ad
aria a convezione naturale).
2.2.1 Sistemi a guadagno diretto
Il sistema a guadagno diretto è il metodo più semplice e intuitivo di sfruttamento
dell’energia solare ed è antico come la storia del vetro applicato alle costruzioni; il
collettore è la vetrazione esposta al sole e la massa accumulatrice è data dall’involucro
stesso come sommatoria delle masse di accumulo (pavimenti, pareti, soffitti, arredi),
preferibilmente di materiali a buona capacità inerziale e di colorazione scura 34 , irraggiate
attraverso la vetrazione. In questo caso perciò il sistema prevede una coincidenza tra i
quattro subsistemi funzionali e l’ambiente confinato che riceve il beneficio. Tra i vari
dispositivi solari è però anche quello che presenta la minore efficienza, prevedibilità di
funzionamento e attendibilità nel calcolo, essendo molto influenzabile dal comportamento
dell’utenza. Ogni bucatura finestrata dell’involucro edilizio può essere considerata un
sistema a guadagno diretto: a seconda del posizionamento e dell’orientazione produrrà
effetti termici più o meno efficienti e particolari risultanze nella strutturazione
morfologico-compositiva del manufatto.
Alcuni
autori
hanno
cercato
empiricamente
di
fornire
indicazioni
per
il
dimensionamento del sistema diretto: Mazria indica un indice di riferimento (pattern di
progettazione) variabile tra 0,11 e 0,25 mq di superficie vetrata ogni mq di superficie
34
Materiali a buona capacità inerziale: laterizio pieno e semipieno, calcestruzzo, adobe, acqua; colorazioni più
performanti: nero, marrone scuro, blu scuro
98
Cap. 2 Teoria dell’architettura solare
dell’ambiente da riscaldare 35 ; a titolo esemplificativo per riscaldare d’inverno uno spazio
di 20 mq. è necessaria una superficie vetrata di 3,6 mq (es. bucatura di m. 1,8 x 2,0)
con esposizione sud e irraggiamento solare non ostruito.
Per fare chiarezza sulle molteplici interpretazioni classificatorie a cui il sistema serra
solare viene sottoposto, vi è da ricomprendere tra i sistemi a guadagno diretto la serra
staccata dall’edificio, comunemente intesa per la coltivazione di essenze arboree o come
spazio isolato di soggiorno all’aperto.
2.2.2 Sistemi a guadagno indiretto
Il
sistema
(captazione,
indiretto
prevede
trasferimento
una
primario,
coincidenza
accumulo,
dei
quattro
subsistemi
trasferimento
funzionali
secondario)
e
la
separazione dall’ambiente confinato che riceve i benefici termici; esso può essere
integrato nell’involucro architettonico sia in parete verticale che in copertura. Il
funzionamento è caratterizzato da una superficie di captazione vetrata e da una massa di
accumulo, solida o liquida, che trasferisce successivamente il calore accumulato
all’ambiente da riscaldare secondo un certo sfasamento; rispetto al sistema diretto quello
indiretto ha una maggiore possibilità di controllo e regolazione poiché non interagisce
funzionalmente con lo spazio abitato.
Il più conosciuto tra i sistemi indiretti è il muro ad accumulo termico o la variante
ideata da Felix Trombe detta “muro Trombe” 36 ; consiste essenzialmente in una
vetrazione posta ad una certa distanza (8-10 cm) 37 da una massa muraria ad alta
densità 38 dipinta di colore scuro (nero o blu scuro) che accumula il calore durante il
giorno, per poi cederlo più o meno lentamente durante la notte. Alcuni autori 39 parlano
anche di muro Trombe isolato o ventilato per differenziare il muro ad accumulo termico
dal muro Trombe: isolato si intende quando la trasmissione del calore avviene solo per
conduzione della massa muraria e irraggiamento della stessa verso l’ambiente interno;
ventilato quando, tramite aperture calibrate alla base e in sommità del muro, si sfrutta
l’effetto camino dell’aria surriscaldata nell’intercapedine (principio del “camino solare”),
consentendo un ricircolo convettivo naturale tra la stessa e l’ambiente interno.
L’affinamento della variante “Trombe” aumenta il rendimento del sistema, alla condizione
di interrompere il ricircolo inverso durante la notte (chiusura delle aperture in alto) per
35
Queste indicazioni sono valide nei climi temperati, considerando una temperatura invernale media esterna tra
i 2 e i 7 °C e interna tra i 18 e i 21 °C; cfr. Mazria E., Sistemi solari passivi, Muzzio, Padova, 1980, p. 110
36
Cfr. nota 101, cap. 1
37
Diversi autori convergono su di una distanza “fino a 10 cm.” della vetrazione dal muro di accumulo; cfr.
Magrini A., op. cit., p. 39. Mazria invece riporta, come distanza ottimale, 10 cm o più; cfr, Mazria E., op cit., p.
52
38
Cfr. nota 25
39
Magrini A., op. cit., p. 40
99
Teoria e pratica dell’architettura solare
non disperdere il calore accumulato durante il giorno. Un muro Trombe correttamente
dimensionato 40 , in una limpida giornata di sole invernale può riscaldare autonomamente
l’ambiente retrostante, contenendo le fluttuazioni giornaliere di temperatura interna nel
limite di comfort di 6 °C. Per evitare fenomeni di surriscaldamento in regime estivo è
necessario prevedere delle schermature solari esterne al vetro (spegnimento del sistema)
che ne impediscano il funzionamento; queste schermature possono essere anche
utilizzate come regolazione del sistema in funzionamento.
Variabile specifica del muro Trombe sperimentata in Italia è il sistema BarraCostantini 41 , applicato come sistema di riscaldamento passivo in diversi esempi di edifici
solari nei primi anni ‘80 42 di edilizia popolare. Il sistema ha la stessa configurazione
morfo-tipologica e di funzionamento del muro Trombe; differisce per il subsistema di
trasferimento energetico secondario enfatizzato grazie a canali inseriti nei solai edilizi
superiore ed inferiore, finalizzati a portare il calore ad una distanza maggiore dalla parete
solare e perciò nella parte meno riscaldata dell’ambiente. Per ottenere questa variante
tecnologica vengono utilizzati, nei casi succitati, gli spazi tra un travetto e l’altro dei solai
latero-cementizi, sostituendo gli elementi di alleggerimento (pignatte di laterizio o
polistirolo) con dei canali appositamente dedicati.
A livello morfologico-figurativo entrambe le variabili di muro ad accumulo termico si
presentano in facciata come una normale vetrazione che però ricopre una parete opaca
scura; l’estetica risulta sicuramente straniante (la normale percezione prevede un vuoto
dietro ad un infisso vetrato) ma se l’elemento è ben inserito nella composizione generale
del fronte, ad esempio in rapporto con altre bucature o elementi architettonici primari,
può produrre esiti figurativi interessanti ed esteticamente gradevoli.
Tra le variabili materiche del muro ad accumulo ci sono l’acqua 43 , problematica però
dal punto di vista estetico e di gestione funzionale e i PCM 44 (phase change materials);
essi grazie alle loro proprietà fisico-chimiche modificano il loro stato fisico sotto l’effetto
della temperatura e/o della radiazione solare, incamerando o rilasciando calore
all’ambiente confinato. Entrambi i sistemi però hanno avuto ed hanno attualmente una
bassa diffusione a causa delle problematicità gestionali e il costo molto elevato.
40
Dimensionamento per climi temperati: 0,22-0,6 mq di muro trombe per ogni mq di superficie interna da
riscaldare; cfr. Mazria E., op. cit., p. 138
41
Alcuni autori inseriscono il sistema Barra-Costantini tra i “sistemi separati”, in contraddizione però con la
definizione data in precedenza per questi sistemi come “[…] configurazioni in cui il dispositivo per la captazione
solare, l’accumulo o entrambi gli elementi siano appunto separati dagli spazi abitativi”. Secondo questa
interpretazione bisognerebbe perciò ricondurre anche i muri ad accumulo termico ed i muri Trombe nella
categoria dei sistemi separati; cfr. Magrini A., op. cit., pp. 44-46
42
Cfr. Funaro G., 116 edifici solari passivi in Italia, ENEA, Roma, 1985
43
Diverse tipologie di pareti ad acqua vennero sperimentate in America sul finire degli anni ’70, come soluzione
passiva di riscaldamento in alcune case di abitazione nel New Mexico; cfr. Van Dresser P., Case solari locali,
Muzzio, Padova, 1979, pp. 38-39, 83-91; Mazria E., op. cit., pp. 142-152
44
I PCM più adatti all’uso passivo in edilizia sono quelli che presentano una temperatura di fusione intorno alla
temperatura di comfort di un ambiente confinato (20-25 °C) in modo da “attivarsi”, nel loro cambiamento di
fase, quando la temperatura ambientale tende a salire o a scendere generando discomfort; tra quelli
maggiormente in uso ritroviamo i sali idrati (o eutettici) e la paraffina
100
Cap. 2 Teoria dell’architettura solare
Un sistema di guadagno indiretto adatto ai climi caldi è il roof pond (tetto piscina o
tetto stagno). Esso prevede la coincidenza tra i subsistemi di captazione, trasferimento
primario
e
accumulo,
attraverso
una
massa
d’acqua
posizionata
in
copertura;
quest’ultima dovrà essere preferibilmente di tipo piano per una migliore gestione e
manutenzione del sistema, con l’acqua solitamente inserita dentro recipienti stagni.
L’acqua riscaldandosi o raffreddandosi cederà il calore accumulato alla sottostante
struttura edilizia di copertura (trasferimento secondario) che a sua volta lo cederà al
sottostante ambiente confinato con un certo sfasamento orario. Come per il muro
Trombe è necessario prevedere una schermatura mobile isolante che, quando richiusa,
minimizzi le dispersioni notturne d’inverno o al contrario impedisca il surriscaldamento
nelle giornate estive. È evidente che un sistema passivo di questo tipo è adatto dove non
ci siano frequenti gelate notturne, e ne limita l’uso quasi esclusivamente in funzione di
raffrescamento
passivo;
inoltre
vincola
fortemente
la
configurazione
morfologica
dell’edificio poiché necessità, vista la natura della massa accumulatrice, di una copertura
a tipologia piana, comunque ricorrente nelle regioni a clima caldo.
2.2.3 Sistemi a guadagno misto
Questa definizione è stata introdotta da alcuni autori 45 per affinare la classificazione delle
tipologie di serre solari abitabili comunicanti con l’ambiente confinato; altri autori la
inseriscono tra i sistemi isolati 46 , semidiretti 47 o indiretti 48 . La visione più convincente è
quella di considerarla come un sistema misto, poichè la serra abitabile addossata sfrutta
per il suo funzionamento le caratteristiche sia di un sistema diretto che di uno indiretto.
Lo spazio confinato della serra solare si configura come subsistema captante e di
trasferimento energetico primario (guadagno diretto); la massa muraria dell’involucro
riscaldato a cui è addossata come subsistema di accumulo e trasferimento secondario
(guadagno indiretto). Il trasferimento del calore dalla serra all’ambiente di guadagno
termico può avvenire in diversi modi: per cessione dell’energia termica della massa
muraria separatrice; per convezione naturale dell’aria predisponendo aperture in basso e
in alto (come per il muro Trombe); o più semplicemente lasciando aperte le aperture di
comunicazione tra i due ambienti quando la temperatura dell’aria della serra è maggiore
di quella dell’ambiente interno. Per ovviare al surriscaldamento del periodo estivo è
necessario predisporre delle schermature (meglio se regolabili) e prevedere delle parti
apribili (parzialmente o completamente) nelle chiusure trasparenti della serra, per
45
Magrini A., op. cit., pp. 43-44
Los S., “Energia solare, architettura, sistemi passivi”, in Condizionamento dell’aria, riscaldamento,
refrigerazione, n. 7 (1978), pp. 489-490
47
Serra Florensa R., op. cit., pp. 291-292
48
Mazria E., op. cit., pp. 60-62
46
101
Teoria e pratica dell’architettura solare
consentire la circolazione naturale dell’aria
fini di raffrescamento; particolare da non
trascurare riguarda il funzionamento e perciò l’efficienza stessa del sistema che, come
spazio abitato, è molto influenzato dal comportamento dell’utenza nella sua capacità di
regolare correttamente il microclima interno della serra.
Tra i vari sistemi passivi elencati è certamente quello più utilizzato e portatore delle
maggiori potenzialità architettoniche, poiché, configurandosi come spazio architettonico
concluso e fruibile, è allo stesso tempo dispositivo solare, elemento connotativo
morfologico-compositivo e funzionale.
2.2.4 Sistemi a guadagno separato
Questi sistemi, definiti da alcuni autori a “termosifone” 49 o “rock bed” 50 , prevedono tre
dei quattro subsistemi separati o isolati dall’involucro riscaldato; infatti captazione,
trasferimento energetico primario e accumulo vengono posizionati in volumi autonomi,
staccati dall’edificio, col quale mantengono in comune solo le canalizzazioni di
trasferimento energetico secondario al volume riscaldato. Nel caso che il fluido
termovettore sia l’aria il funzionamento prevede dei cicli convettivi che riscaldano, per
effetto della radiazione solare, un accumulo termico isolato formato generalmente da un
letto di pietre da vespaio e posizionato superiormente alla superficie di captazione; data
la configurazione del sistema lo stesso risulta particolarmente adatto in situazioni
orografiche di declivio verso sud 51 , posizionando il recettore termico (edificio) a monte
del collettore solare e dell’accumulo (termosifone). L’apporto di calore avviene tramite
griglie a pavimento o a parete, sempre richiudibili, posizionate nell’ambiente da
riscaldare; come per i sistemi indiretti anche in questo caso l’eventuale utilizzo di
ventilatori aumenta l’efficienza globale, configurando però un sistema “ibrido” passivoattivo. In generale si può dire che la diffusione del sistema non ha superato la
costruzione di alcuni edifici-prototipo negli USA, considerate le oggettive difficoltà e i
vincoli costruttivi che impone.
Un dispositivo tecnologico equiparabile a un sistema captazione separata è invece il
sistema solare termico ad acqua a “convezione naturale”; soprattutto nei paesi sudmediterranei ha trovato largo impiego in funzione di riscaldamento dell’acqua sanitaria, a
fronte però di un forte impatto estetico dovendo posizionare l’accumulo termico sopra la
superficie di captazione, generalmente di tipo piano.
49
50
51
Los S., op. cit., pp. 488-491
Magrini A., op. cit., pp. 44-46
Los S., op. cit., p. 490
102
Cap. 2 Teoria dell’architettura solare
2.2.5 Sistemi di schermatura e regolazione della radiazione solare
Come i sistemi di guadagno termico passivo forniscono un decisivo apporto energetico in
fase invernale al riscaldamento dell’involucro edilizio, allo stesso tempo è necessario
regolare o impedire l’irraggiamento solare quando questo non è richiesto (fasi
tardoprimaverili,
estive,
preautunnali).
Il
dispositivo
passivo
deve
perciò
agire
sinergicamente con un sistema di schermatura fissa o mobile posizionata strategicamente
in base alle diverse orientazioni e, conseguentemente, all’angolo di incidenza dei raggi
solari. Come verrà analizzato anche nella successiva parte dedicata alle “forme tipo solari
ricorrenti” rispetto ai fronti orientati 52 , il posizionamento e la morfologia delle
schermature seguono logiche desunte dalle caratteristiche tipiche del corso del sole in un
particolare contesto climatico, anche se sono il larga parte valide per ogni latitudine
operando opportuni adattamenti 53 .
I principi generali consolidati indicano di schermare superiormente i dispositivi
architettonici passivi 54 posizionati sul fronte verticale sud e frontalmente, più o meno a
distanza dalla superficie captante, quelli posizionati sui fronti est e ovest. 55 Esistono
diverse metodologie di calcolo scientifiche o empiriche per il dimensionamento delle
schermature solari, che vanno comunque sempre rapportate alle specificità del
dispositivo di guadagno termico (caratteristiche fisico-tecniche della vetrazione captante,
resa attesa dal sistema, principio di funzionamento, ecc.) e agli esiti formali che si
vogliono conseguire. Le schermature o dispositivi di regolazione solare applicati
all’involucro architettonico prevedono diverse tipologie morfologiche:

aggetto o rientranze architettoniche;

brise soleil, gelosie;

lamelle fisse o mobili;

sistemi di oscuramento (tende avvolgibili, veneziane, persiane scorrevoli);

elementi vegetazionali (a foglia caduca, sempreverdi);

riflettori (lightshelves 56 );
52
Cfr. sottocapitolo 4.1
Come premesso i principi a cui ci si riferisce sono validi per l’emisfero boreale; per quello australe basta
invertire il sud con il nord geografico
54
Generalmente non è necessario schermare i dispositivi passivi a guadagno separato poiché isolati
termicamente dall’involucro edilizio
55
Si considera trascurabile l’apporto energetico della radiazione solare sui fronti nord, e perciò la non
necessaria schermatura, per le poche ore estive di irraggiamento a cui sono sottoposte le eventuali superfici di
captazione.
56
Letteralmente “mensola luminosa”: è un dispositivo posizionato strategicamente ad una certa altezza della
chiusura trasparente con la funzione di riflettere verso l’alto la radiazione luminosa, favorendo la distribuzione
diffusa della luce all’interno dell’ambiente confinato. Anche in questo caso si possono avere lightshelves passivi
o attivi: quelli passivi sono elementi fissi paragonabili ai brise-soleil; quelli attivi permettono una regolazione
(configurandosi come sistemi adattivi) della riflessione luminosa in base alla quantità di radiazione incidente e
alle esigenze di illuminamento interne
53
103
Teoria e pratica dell’architettura solare

vetrazioni: a controllo solare 57 , fotovoltaiche 58 , cromogeniche, 59 con interposti
TIM 60 , pannelli prismatici 61 , veneziane regolabili.
Alcune di queste tipologie possono anche configurarsi come sistemi “bivalenti” o
“adattivi”. Del primo caso fanno parte le schermature a lamelle fisse o mobili e le
vetrazioni attive quando vengono associate ad elementi fotovoltaici; il sistema risultante
acquista perciò una doppia funzione: “passiva” come schermatura della radiazione solare
incidente e “attiva” come produzione energetica. Nel secondo caso è frequente il caso di
elementi “dinamici”, spesso a controllo remoto (sistemi domotici), che interagiscono con
il variare delle condizioni esterne e/o interne dell’involucro in funzione di regolazione del
comfort interno; è il caso dei sistemi di oscuramento/protezione esterni come le tende
avvolgibili, le persiane scorrevoli, le lamelle orientabili, le vetrazioni cromogeniche.
Secondo queste premesse è possibile considerare “adattiva” anche la schermatura
vegetale, del tipo però a foglia caduca; infatti correttamente posizionata (est e ovest) la
chioma vegetale protegge dalla radiazione solare nella stagione estiva, mentre in quella
invernale consente l’irraggiamento dell’involucro e il conseguente guadagno termico.
In definitiva la scelta dei dispositivi di schermatura/regolazione più idonea, come
per tutte le altre strategie solari, va concepita già nella fase di metaprogettazione
iniziale, poiché influenza fortemente la risposta prestazionale e la struttura compositiva
dell’oggetto architettonico fino a diventarne, a volte, l’elemento più caratterizzante62 .
2.3. Le componenti solari attive dell’involucro
Per componenti solari attive si intendono tutti quegli elementi di un sistema tecnologico
che per produrre energia da conversione della radiazione solare, necessitano di
57
Di questa categoria fanno parte le applicazioni che prevedono in fase produttiva un deposito pirolitico di
sostanze chimiche vaporizzate o di un coating di ossidi metallici (vetri riflettenti, selettivi, basso emissivi); per
interventi di retrofit si applicano sul vetro delle pellicole riflettenti in poliestere (preferibilmente sulla faccia
esterna). Tutte queste tecniche agiscono o sulla riflessione o sulla selettività della radiazione incidente la
vetrazione, a seconda delle esigenze di schermatura dell’ambiente confinato che si vogliono attuare
58
Vengono posizionate delle celle fotovoltaiche tra due lastre di vetro secondo una certa trasparenza o
“densità” (distanza tra le celle) che regola l’intensità della luce in ingresso nell’ambiente confinato
59
I materiali “cromogenici” sono in grado di cambiare le proprie caratteristiche ottiche (trasmissione energetica
e luminosa) in base a stimoli esterni di tipo naturale (variazione dell’intensità luminosa o della temperatura,) o
artificiale (elettricità). I primi sono definiti vetri fotocromici e termocromici perciò configurabili come sistemi
passivi, i secondi elettrocromici e a cristalli liquidi perciò configurabili come sistemi attivi; cfr. Siragusa L.,
L’energia del sole e dell’aria come generatrice di forme architettoniche, Cleup, Padova, 2009, pp. 158-159
60
Transparent Insulation Materials (aerogel e pannelli a struttura geometrica): questi materiali sono formati in
pannelli e vengono posizionati all’interno di un vetrocamera; hanno le proprietà di essere traslucidi (illuminano
ma non sono trasparenti) e altamente isolanti
61
Questi pannelli, di materiale acrilico o poliestere, sono anch’essi interposti all’interno del vetrocamera e
hanno la proprietà di riflettere la radiazione solare, per caratteristiche geometriche superficiali, oltre un certo
grado d’inclinazione (fase estiva) e di lasciarla passare sotto una certa angolazione (fase invernale)
permettendo il guadagno termico; cfr. sistema GlassX, nota 138, cap. 1
62
Esempio paradigmatico è l’uso del brise soleil nell’architettura di Le Corbusier (Unitè d’habitation di Marsiglia,
Palazzo dell’Alta Corte di Chandigarh); cfr. Le Corbusier, Verso una architettura, Longanesi, Milano, 1973, 2012,
pp. XIX, XXII
104
Cap. 2 Teoria dell’architettura solare
componenti meccaniche e/o elettriche, quali pompe di circolazione, inverter, collegamenti
di vario tipo. In un certo qual modo è possibile affermare, al contrario dei sistemi passivi,
che esiste un bilancio energetico proprio del sistema tecnologico attivo, che sconta
dall’energia prodotta l’energia necessaria al funzionamento del sistema stesso; oltretutto
è necessario considerare l’energia richiesta dai processi di produzione e di smaltimento
delle componenti, che va ricompresa nel ciclo di vita globale dell’edificio (LCA). Alcuni
autori considerano i sistemi attivi dei veri e propri impianti tecnologici, in cui i vari
elementi costitutivi sono distinguibili, fermo restando la necessità di una forma di
alimentazione energetica esterna al sistema stesso 63 . Possiamo dire che i sistemi attivi di
sfruttamento solare applicati nell’architettura hanno una sorta di pay back energetico
istantaneo, oltre a quello di tipo economico derivante dal costo del sistema. Ad esempio
la tipologia del solare termico a circolazione forzata, necessita per funzionare di una
pompa idraulica a funzionamento elettrico per la movimentazione del fluido riscaldante
all’interno del circuito e dello stoccaggio termico; a completamento del sistema sono
necessarie
sonde
e
centraline
elettroniche
regolatrici
dell’efficienza
in
base
all’irraggiamento solare, alla temperatura di esercizio ed alle richieste di energia termica
del sistema edificio. Il solare fotovoltaico abbisogna, al contrario, di un componente
specifico, l’inverter a funzionamento elettrico, che rende disponibile sottoforma di
corrente alternata, la corrente continua prodotta dai moduli; in caso di impianto “stand
alone”, cioè non connesso alla rete, è oltretutto necessario un sistema di stoccaggio
dell’energia prodotta sottoforma di batteria, o serie di batterie.
Una prima osservazione interessante di carattere sociale sta nel fatto che si rende
auspicabile concentrare i consumi termici ed elettrici nelle fasi di produzione, perciò di
giorno in condizioni di insolazione; questo per aumentare la resa dei sistemi di
sfruttamento e favorire l’autoconsumo, condizione valida sia per il fotovoltaico che per il
solare termico. Tale aspetto presume un radicale cambiamento delle tendenze di
consumo energetico, sempre più incentivate nelle ore serali e notturne, come accade, ad
esempio, per la tariffazione a fasce di costo (F1, F2, F3) nella contabilizzazione
dell’energia elettrica.
2.3.1 Il solare fotovoltaico
È ben noto che il primo studioso a scoprire l’effetto fotovoltaico, la trasformazione cioè di
una certa quantità di radiazione solare in elettricità, fu il fisico francese Alexandre
Becquerel, che nel 1839 presentò gli esiti della scoperta all’Accademia delle Scienze di
63
Cfr. Magrini A., Ena D., Tecnologie solari attive e passive, EPC, Roma, 2008, p. 21
105
Teoria e pratica dell’architettura solare
Parigi, con la trattazione “Memoria sugli effetti elettrici prodotti sotto l’influenza dei raggi
solari”.
L’antenato delle moderne celle fotovoltaiche (FV) si fa risalire invece al 1863,
quando Charles Fritts mise a punto un dispositivo di generazione elettrica con una
efficienza di conversione (rapporto tra radiazione incidente e corrente generata) di
appena l’1% 64 . Dovranno trascorrere quasi cent’anni (1954) per ritrovare uno sviluppo
significativo di questa tecnologia, grazie a Gerald Pearson che ideò la prima cella FV
commercializzabile, con un rendimento del 6%; questa innovazione trovò ben presto la
sua naturale applicazione, visti i costi di produzione ancora molto onerosi, nel nascente
settore aerospaziale, con lo scopo di alimentare le batterie di navicelle e satelliti
impegnati nello spazio in missioni prolungate. Grazie ad un finanziatore “generoso” come
la NASA americana, la ricerca e lo sviluppo si affinarono considerevolmente, e, dopo la
grande crisi energetica del 1973, si cominciarono a sperimentare le prime applicazioni
nell’architettura. Ecco perciò un altro esempio di tranfer virtuoso d’innovazione
tecnologica proveniente da un diverso settore di ricerca e produzione, del quale l’edilizia,
nei suoi ritmi lenti di assorbimento e stratificazione dell’innovazione, si è giovata
pienamente 65 .
È possibile operare una classificazione dei sistemi fotovoltaici basandosi sul
materiale che compone la cella e sul procedimento produttivo. Si distinguono tre grandi
classi, che corrispondono a sistemi fotovoltaici di prima e seconda generazione, in genere
classificate in rapporto all’efficienza, parametro prioritario nello sviluppo della ricerca:

celle di silicio cristallino: monocristallino, policristallino, film spessi di silicio,
eterostrutture in silicio (HIT), cristalli a film sottile; l’efficienza è arrivata da alcuni
anni intorno al 20%;

tecnologie a film sottile: Cu (In, Ga)Se2, CdTe, silicio amorfo (a-Si), nano-micropoli-silicio, policristallino a multigiunzione; l’efficienza è di 4-5 punti inferiore a quella
del cristallino;

celle multi giunzione, in genere non utilizzate in campo edilizio, con efficienza che
può arrivare sopra il 40%.
Queste tecnologie hanno più di trent’anni di sperimentazione. Nella successiva
figura 2.21 si nota l’incremento di efficienza negli anni, che ormai appare stabilizzato per
le vecchie generazioni di FV.
Vi sono poi tecnologie fotovoltaiche emergenti come le celle a colorante (dyesensitized cells), le celle organiche e inorganiche, le quantum dot cells; l’efficienza di
64
65
Cfr. Aste N., Il fotovoltaico in architettura, SE, Napoli, 2008, p. 13
Nardi G., Le nuove radici antiche: saggio sulla questione delle tecniche esecutive in architettura, Milano,
Franco Angeli, 1986
106
Cap. 2 Teoria dell’architettura solare
questi sistemi è ancora molto bassa (sotto il 10%), ma il trend evidente è quello della
crescita di rendimento nel breve-medio periodo.
Le “vecchie” generazioni di fotovoltaico si distinguono quindi per lo spessore (o
rigidezza) della cella. Le tradizionali celle in silicio monocristallino sono ottenute da un
processo detto di melting a partire da cristalli di silicio di elevata purezza che, una volta
fusi, vengono fatti solidificare a contatto con un seme di cristallo. Durante il
raffreddamento, il silicio gradualmente si solidifica nella forma di un lingotto cilindrico di
monocristallo del diametro di 13-20 cm, con una lunghezza che può raggiungere i 200
cm. In un momento successivo, il lingotto viene tagliato con speciali seghe a filo, in
fettine dette wafers con spessore di 250-350 mm.
Fig. 2.21 Cronologia delle massime efficienze raggiungibili in rapporto alle tipologie di fotovoltaico:
si evidenzia la massima resa oggi disponibile (44%) ottenibile con celle multi giunzione e
concentratore
Nel caso del silicio policristallino, che ha costi di produzione inferiori e consente di
realizzare celle con prestazioni elettriche di qualche punto percentuale inferiore rispetto a
quelle del monocristallino, i cristalli si presentano ancora aggregati tra loro, ma con
forme e orientamenti differenti (texture). La texture modifica la percezione cromatica dei
pannelli.
A differenza della tecnologia cristallina, nella quale il materiale semiconduttore si
presenta solido in forma di wafer con spessore di qualche centinaio di micron, nel caso
delle celle fotovoltaiche in silicio amorfo la materia attiva può essere ottenuta in forma di
107
Teoria e pratica dell’architettura solare
gas con il vantaggio di poter essere depositata in strati spessi pochi micron e su di una
grande varietà di superfici di appoggio (film sottile).
La strategia industriale dell’amorfo è stata dunque quella di contenere l’utilizzo di
silicio rispetto al cristallino, in rapporto alla limitata disponibilità di materiale attivo
ottenuto come scarto dell'industria elettronica. Una delle ricadute dell’uso dell’amorfo è il
fatto di ottenere film di spessore totale pari a 1-2 millimetri, quindi flessibili e
leggerissimi (per esempio, silicio amorfo depositato su una lastra di 0,5 millimetri di
alluminio). Il silicio amorfo può anche essere depositato a temperature basse, fino a
75°C, che ne permettono la deposizione non solo su vetro, ma anche su materiale
plastico, rendendolo utilizzabile su nastri arrotolati (roll-to-roll). La flessibilità del
materiale ne ha spinto lo sviluppo in ambito architettonico. In tale senso si è cominciato
a parlare di “smaterializzazione dell’involucro”; la riduzione dello spessore della cella ha
portato alla produzione di componenti attivi (pelli di involucro attive) in cui viene a
perdersi la terza dimensione. Il colore dell’amorfo non costituisce dunque la reale
differenza rispetto alle superfici derivate dai wafer, ma la riduzione del materiale silicio,
accompagnata da una riduzione del rendimento.
Alcuni ricercatori della Aalto University hanno portato a termine uno studio su
pannelli fotovoltaici al silicio nero, dimostrando che ha la capacità di ottimizzare
l’assorbimento dell’irradiazione solare, quindi di aumentare la produzione di energia. Il
silicio nero, infatti, riduce un fenomeno tipico delle celle fotovoltaiche: la riflessione dei
raggi del sole per ogni lunghezza d’onda dello spettro solare. Grazie al silicio le celle
assorbono una quantità elevata di fotoni che poi diverranno energia elettrica. Il
potenziale della cella solare in silicio nero era già stato individuato dai ricercatori del
Fraunhofer Institute for Solar Energy Systems. Gli studiosi avevano già rilevato che il
materiale era in grado di ridurre sino a valori minori dell’1% la riflessione della luce. Il
motivo per cui quest’innovativa tecnologia non viene lanciata nel mercato del fotovoltaico
è che ci sono ancora dei dettagli irrisolti, fra cui soprattutto la scarsa risposta spettrale
nelle lunghezze d’onda più corte.
Le celle CIS (Copper Indium Diselinide) e CIGS (Copper Indium Gallium Diselinide)
appartengono alla categoria dei film sottili. La loro colorazione è simile a quella del silicio.
Queste celle utilizzano substrati di basso costo e processi di produzione facilmente
automatizzabili e quindi idonei a produzioni di grandi volumi, dimostrando affidabilità e
stabile efficienza nel tempo. I moduli CIS sono già presenti commercialmente. Il CIGS, e
ancora più recentemente il CIGSS (con l’aggiunta di zolfo) è un derivato che consente di
aumentare l'efficienza elettrica di conversione. Nonostante la più intuitiva complessità di
realizzazione, fortunatamente l'aggiunta di un composto nel mix di produzione ha
consentito una maggior
flessibilità
del processo
non
gravando
sui
costi
totali.
Contrariamente a quanto accade per il silicio amorfo, la stabilità delle prestazioni in
108
Cap. 2 Teoria dell’architettura solare
esterno del CIS-CIGS è notevole. Viceversa lo stato di maturità della tecnologia sul piano
della uniformità di produzione (celle o moduli di simili caratteristiche elettriche, quindi
anche cromatiche) è ancora insufficiente. L'ingegneria chimico-fisica dei dispositivi CIS e
CIGS è prevista con l’utilizzo di materiali di base piuttosto costosi anche se si ottengono
buone prestazioni anche con materiali di qualità intermedia. La peculiarità di poter essere
realizzate su substrati anche flessibili le rendono tuttavia attraenti anche per gli usi
architettonici.
I moduli a film sottile in CdTe (Telloruro di Cadmio) sono un’altra tecnologia sulla
via della commercializzazione. Il materiale è un semiconduttore con caratteristiche vicine
a quelle delle efficienti ma costose celle all'arseniuro di gallio (GaAs) realizzate per le
applicazioni spaziali. Il processo costruttivo è tecnologicamente semplice e produce una
cella con buone caratteristiche meccaniche di resistenza e reazione agli stress termici. Il
processo tipico è definito sublimazione in spazio chiuso e permette la costruzione di celle
con efficienze maggiori del 15%. Sino al 1999 le migliori prestazioni erano state
raggiunte con celle caratterizzate da uno strato attivo di soli 3.5 micron, ma attualmente
spessori di 5-10 micron sono alla portata delle nuove tecniche di produzione.
La classificazione della tecnologia delle celle solari non emergenti, cioè non di ultima
generazione, diventa più complessa quando si considera la cella in rapporto ad altri
layers
o
coatings,
sovrapposti
per
ottenere
prestazioni
in
termini
di
controllo
dell’efficienza energetica, controllo dell’illuminazione interna degli spazi, controllo delle
qualità meccaniche. Di fatto, la ricerca si è andata finora sviluppando nell’ottimizzazione
della resa energetica in rapporto ai costi del materiale.
Nell’ambito delle applicazioni integrate nell’architettura, in base alla classificazione
indicata, possiamo per semplificazione ricondurre i sistemi FV in due grandi famiglie: i
sistemi rigidi (pannelli e vetrazioni attive) e i sistemi flessibili. I prodotti in commercio
della prima categoria, pannelli sostanzialmente a base silicea mono o policristallina,
possono essere concettualmente assimilati a sistemi di finitura, o pelle attiva dell’edificio,
e solamente in pochi casi a componenti veri e propri dell’involucro (sistemi innovativi),
cioè sostitutivi delle chiusure tradizionalmente intese (pareti, coperture, infissi e vetri).
La seconda categoria comprende sostanzialmente i film sottili, cioè strutture flessibili
monodirezionali spesse pochi mm, che
accoppiati a guaine bituminose, per esempio,
possono sostituire lo strato di tenuta all’acqua (impermeabilizzazione). Esistono
comunque una serie di aspetti importanti da considerare a priori nella concezione
progettuale del sistema integrato edificio-FV, evidenziati nella tabella sottostante:
109
Teoria e pratica dell’architettura solare
categorie
Sistema rigido
prodotti
applicazioni
vantaggi
svantaggi
Curtain wall
Maggiore resa
prestazionale assoluta 1422%
Decadimento
prestazionale alle alte
temperature
Coperture semitrasparenti
Elemento di linguaggio
architettonico
Necessità di retro
ventilazione
Schermature
fisse o mobili
Variabilità cromatica
Bassa capacità isolante
sia acustica che termica
Pannello
Pareti ventilate
Tegola
Vetrazione
Tenuta all’aria e all’acqua
Manti di
copertura
(inclinati)
Sistema
flessibile
Film sottile a
rotoli
Tegola tipo
canadese
Coperture piane
ed inclinate
(anche volte)
Edifici industriali
Tenuta ai carichi
Può essere accoppiato
con materiali isolanti
Buona efficienza alle alte
temperature
Decadimento in situazioni
di ombreggiamento anche
localizzato (alberi, pali,
ecc.)
Minore resa prestazionale
Necessità di maggiore
superficie di posa
Nessuna tenuta ai carichi
Maggiore efficienza in
condizioni di luce diffusa
Tenuta all’aria e all’acqua
Tab. 2.2 Vantaggi e svantaggi dell’applicazione in architettura delle due principali tipologie
produttive FV
Sistema FV a basso spessore (8 mm) su supporto ceramico (Laminam) per sistemi di facciata (fig.
2.22) e di copertura (fig. 2.23)
Inizialmente l’intersezione tra il sistema attivo e la forma architettonica, proponeva
soluzioni di semplice “incollaggio” o sovrapposizione dei pannelli FV sull’edificio, senza
porre nessun tipo di attenzione verso una benché minima integrazione o mimesi tra i due
sistemi. In Italia, grazie all’introduzione del sistema incentivante denominato “Conto
Energia” 66 , si sono cominciate a diffondere maggiormente le soluzioni cosiddette
66
CONTO ENERGIA: In Italia dal terzo “Conto Energia” in poi è stato introdotto il concetto di impianto
fotovoltaico integrato con caratteristiche innovative, che utilizza moduli non convenzionali e componenti
speciali, sviluppati per sostituire elementi architettonici, e risponde ad alcuni requisiti costruttivi e modalità di
installazione specifici. Oltre alla produzione d’energia, i moduli devono svolgere le funzioni di regolazione
termica dell’edificio, di tenuta all’acqua e di tenuta meccanica. L’inserimento può avvenire come parte
costitutiva del componente d’involucro, dalla copertura alla facciata e l’integrazione si ha per colore, per forma
e per dimensione.Il Conto Energia è stato introdotto in Italia con la Direttiva comunitaria per le fonti rinnovabili
(Direttiva 2001/77/CE), recepita con l’approvazione del Decreto legislativo 387 del 2003. Questo meccanismo,
che premia con tariffe incentivanti l’energia prodotta dagli impianti fotovoltaici per un periodo di 20 anni.
110
Cap. 2 Teoria dell’architettura solare
“innovative”; attraverso una incentivazione maggiore è stato possibile orientare la
produzione e la progettazione verso soluzioni sempre più integrate e di maggiore qualità
estetica nell’architettura. La diffusione dei sistemi FV, dopo l’introduzione del Conto
Energia, ha registrato volumi di crescita notevolissimi degli impianti installati, soprattutto
dopo il 2010 67 . Questo fenomeno abbraccia diversi aspetti: da un lato lo sviluppo del
mercato dei produttori, sempre più concorrenziale, che ha favorito l’abbattimento dei
costi d’impianto dovuto in parte anche alle politiche molto aggressive dei paesi
esportatori dall’estremo oriente; dall’altro il fenomeno socio-culturale della “presa di
coscienza” collettiva che, grazie anche ad una efficace comunicazione mass-mediatica,
stimola le sensibilità ambientaliste e l’interesse verso le risorse rinnovabili e il risparmio
energetico.
Il costo di installazione di un sistema FV residenziale prefigura oramai tempi di
ammortamento (piccoli impianti di taglia fino ai 3 kWp) che vanno dai 4 agli 8 anni,
contribuend alla loro diffusione. Se da un lato è indubbio che senza il sistema
incentivante, che riscontra però costi sociali aggiuntivi nelle bollette di tutti gli utenti, la
diffusione del fotovoltaico sarebbe stata impossibile, è anche vero che le dinamiche
Primo Conto Energia (Decreti attuativi del 28 luglio 2005 e del 6 febbraio 2006): ha introdotto il sistema di
finanziamento in conto esercizio della produzione elettrica, sostituendo i precedenti contributi statali a fondo
perduto destinati alla messa in servizio dell’impianto. Con il , cosiddetto
Secondo Conto Energia (D.M. del 19 febbraio 2007): ha fissato nuovi criteri per incentivare la produzione
elettrica degli impianti fotovoltaici entrati in esercizio fino al 31 dicembre 2010. Tra le principali novità
introdotte c’è stat l’applicazione della tariffa incentivante su tutta l'energia prodotta e non solamente su quella
prodotta e consumata in loco, lo snellimento delle pratiche burocratiche per l’ottenimento delle tariffe
incentivanti e la differenziazione delle tariffe sulla base del tipo di integrazione architettonica, oltre che della
taglia dell’impianto.
Terzo Conto Energia (D.M. 6 agosto 2010): applicabile agli impianti entrati in esercizio a partire dal primo
gennaio 2011 e fino al 31 maggio 2011; ha definito le seguenti categorie di impianti: 1. impianti fotovoltaici
(suddivisi in “impianti su edifici” o “altri impianti fotovoltaici”); 2. impianti fotovoltaici integrati con
caratteristiche innovative; 3. impianti fotovoltaici a concentrazione; 4. impianti fotovoltaici con innovazione
tecnologica.
Quarto Conto Energia (D.M. 05/05/2011): ha definito il meccanismo di incentivazione della produzione di
energia elettrica da impianti fotovoltaici riguardante gli impianti che entrano in esercizio dopo il 31 maggio
2011.
Quinto Conto Energia (D.M. 5 luglio 2012): ridefinisce le modalità di incentivazione per la produzione di
energia elettrica da fonte fotovoltaica.Il Quinto Conto Energia cesserà di applicarsi decorsi 30 giorni solari dalla
data in cui si raggiungerà un costo indicativo cumulato degli incentivi di 6,7 miliardi di euro l’anno, che sarà
comunicata dall’AEEG, sulla base degli elementi forniti dal GSE attraverso il proprio Contatore fotovoltaico con
un’apposita deliberazione. (fonte: GSE, Gestore dei Servizi Energetici)
67
A fine 2012 in Italia risultano in esercizio 478.331 impianti fotovoltaici, per una potenza installata di 16.420
MW e 18.862 GWh di energia prodotta nell’anno. Nel solo 2012 stato installato quanto presente in Italia alla
fine del 2010: oltre 148.000 impianti per una potenza addizionale di 3.646 MW. Il meccanismo del Conto
Energia – evidenzia il Gse - ha rappresentato il motore di questa crescita. I 475.851 impianti che ne
usufruiscono hanno contribuito al 96% della produzione fotovoltaica dell'anno e ricevuto un incentivo di circa 6
miliardi di euro nel solo 2012. Almeno un impianto è presente nel 97% dei Comuni italiani (era l'11% nel 2006)
e il 96% degli impianti esistenti è collegato in bassa tensione con una taglia media di 11 kW. La maggior parte
degli impianti è entrata in esercizio durante il periodo estivo anticipando il passaggio normativo tra il Quarto e il
Quinto Conto Energia. I Paesi che a livello mondiale hanno maggiormente investito sulla fonte fotovoltaica sono
Germania e Italia. Al primo posto la Germania con 32.278 MW, l'Italia si conferma al secondo posto con un
totale in esercizio di 16.420 MW. Quanto al futuro del fotovoltaico, in Italia la Strategia Energetica Nazionale
(SEN) prevede che fino al 2020 la potenza aggiuntiva installata sarà pari a circa 1.000 MW all'anno; cfr. GSE,
Rapporto Statistico 2012
111
Teoria e pratica dell’architettura solare
economiche che si sono attivate porteranno entro il medio periodo il sistema
all’autosostentamento 68 .
Sotto l’aspetto etico è indubbio che ogni forma di sostegno alla produzione
energetica da fonte non fossile è giusta e corretta; fino al momento in cui produce
benefici per tutta la collettività (minor inquinamento ambientale e decremento delle
importazioni energetiche da risorse non rinnovabili). È altresì importante che essa sia
indirizzata secondo una politica nazionale di sviluppo sostenibile, prefigurando risorse
energetiche locali, rinnovabili e già attive a disposizione delle generazioni future.
Secondo un recente studio realizzato da Micheal Dale 69 borsista post-dottorato
presso il Global Climate & Energy Project (GCEP) dalla Stanford University e pubblicato
su Environmental Science & Technology, il fotovoltaico sarà in grado di ripagare il proprio
"debito" energetico globale, rappresentato dall’energia necessaria per produrlo e
installarlo, approssimativamente entro il 2015 e sicuramente non oltre il 2020. La ricerca
evidenzia l'importanza avuta dalla drastica diminuzione dell'energia necessaria nella
realizzazione e nell'installazione dei pannelli, oltre che dalla costante crescita che ha
vissuto negli ultimi anni il settore, che nel 2012 ha superato a livello mondiale i 100 GW
di potenza installata. La produzione dei pannelli solari, soprattutto nelle tecnologie legate
al silicio, richiede grandi quantità di energia; tuttavia tecnologie sempre più efficaci
hanno permesso di diminuire a tal punto il peso dell'energia utilizzata, tanto da renderla
inferiore a quella prodotta, producendo così un pay-back time positivo. I dati di questa
ricerca, frutto di meta-analisi comparative sulle tendenze dei costi effettivi di produzione
in rapporto alla diffusione dei sistemi FV, rappresentano un punto di svolta importante
nel bilancio energetico globale del fotovoltaico.
Sempre secondo lo stesso studio, nel 2020 il fotovoltaico produrrà circa il 10% della
capacità elettrica mondiale consumandone per la produzione circa il 9%; tuttavia i
ricercatori prevedono che se, come sta avvenendo, il fabbisogno energetico necessario
nella produzione dovesse continuare a diminuire, questa cifra possa essere anche
notevolmente inferiore, attestando la percentuale ad appena il 2% della produttività FV
globale.
68
In Italia lo spin-off dell’incentivo è previsto presumibilmente entro il 2016, mentre in Germania è già
avvenuto
69
Dale B., Benson S., “Energy Balance of the Global Photovoltaic (PV) Industry: is the PV Industry a Net
Electricity Producer?”, in Environmental science & technology, American Chemical Society”, vol. 47, is. 7
(2013), pp. 3482-3489
112
Cap. 2 Teoria dell’architettura solare
Fig. 2.24 Produzione energetica mondiale FV lorda (linea continua) e al netto dei consumi per
produzione ed installazione (tratteggiata). Tra il 2015 e il 2020 si prevede l’anno di pareggio
(breakeven year) (fonte: op. cit. in nota 29)
In conclusione si può affermare che il fotovoltaico, tra i sistemi attivi, è quello che
possiede attualmente le maggiori possibilità di sviluppo e di crescita, sia nella ricerca
finalizzata ad incrementare l’efficienza delle varie tipologie in uso, che nella problematica
dell’integrazione architettonica. La tematica dei BIPV (Building Integrated PhotoVoltaics)
è uno dei maggiori spunti di discussione scientifica e di ricerca applicata in architettura,
poiché associa esigenze oramai improrogabili 70 con il necessario ripensamento delle
qualità formali e morfologiche dell’architettura stessa. I pannelli e i componenti innovativi
FV non possono più essere considerati alla stregua di semplici vestiti da sovrapporre
all’architettura, adattati più o meno bene a seconda dell’abilità o del talento del singolo
progettista, ma vanno riconsiderati come elementi primari, alla pari di tutti gli altri
materiali e componenti che caratterizzano la costruzione del manufatto architettonico,
contemporanei o della tradizione storica.
2.3.2 Il solare termico
Questa tipologia impiantistica sfrutta la radiazione del sole per convertirla in energia
termica,
a
differenza
del
solare
fotovoltaico
che
produce
energia
elettrica.
Il
funzionamento del sistema si concretizza attraverso l’esposizione di un componente di
captazione (collettore) alla radiazione solare; questa riscalda un fluido al suo interno (o
dell’aria nel caso di collettori ad aria). Successivamente un sistema di trasferimento,
detto circuito primario, conferisce il fluido termico ad un elemento che accumula il calore
prodotto (boyler di stoccaggio dell’energia); un sistema di trasferimento del calore, detto
secondario, conferisce il fluido riscaldato all’interno dell’accumulo alle terminazioni
70
Risulta un problema molto attuale il concetto di ”azzeramento energetico” del bilancio dell’involucro edilizio
(ZEB), coadiuvato dalla produzione da fonti rinnovabili; cfr. sotto-sottocap. 2.1.3
113
Teoria e pratica dell’architettura solare
impiantistiche dell’involucro 71 . In questo sistema l’energia termica prodotta può essere
utilizzata sia per riscaldare l’acqua calda sanitaria (ACS) che lo stesso fluido termovettore
utilizzato per riscaldare l’involucro edilizio.
Storicamente l’osservazione del principio fisico su cui si basa questo sistema si fa
risalire al 1767, quando un fisico (come per il fenomeno fotovoltaico) in questo caso
svizzero, Horace de Saussure, misurò temperature superiori ai 100°C all’interno di un
recipiente con le pareti nere, ricoperto con una lastra di vetro esposta ai raggi solari. Egli
non fece altro che provocare all’interno dell’involucro il famoso “effetto serra”; questo è
sostanzialmente il metodo più semplice per “catturare” dell’energia termica utilizzando un
vetro e delle masse accumulatrici. Lo stesso effetto lo possiamo constatare tutti noi,
all’interno di un qualsiasi ambiente esposto direttamente ai raggi solari attraverso una
superficie finestrata.
Le prime applicazioni pratiche riguardarono uno scaldacqua solare, brevettato nel
1881 dallo statunitense C. Kemp col nome di “Climax Solar Water”; esso consisteva in un
grosso contenitore con all’interno quattro recipienti di acciaio neri contenenti l’acqua che
veniva scaldata. Il dispositivo montato sul tetto di una qualsiasi abitazione, sopra ad una
falda ben esposta, forniva l’acqua calda all’impianto idrico-sanitario della casa; i serbatoi
venivano alimentati di acqua fredda direttamente dalla rete idrica.
Il successo del sistema fu notevole e nel 1909 l’ingegnere William Baily,
californiano, migliorò il brevetto originario inventando in buona sostanza lo schema del
moderno
collettore
solare
piano
con
accumulo
integrato:
un
involucro
isolato
termicamente, abbastanza appiattito, ricoperto da una lastra di vetro e con all’interno dei
tubi di rame saldati su di un piastra metallica annerita; il tutto collegato direttamente ad
un serbatoio di accumulo posto superiormente. Il sistema perciò presentava una prima
disgiunzione delle componenti: il collettore solare (interfaccia impiantistica esposta al
sole deputata ad intercettare la radiazione) e l’accumulo (serbatoio) deputato ad
incamerare, e a trattenere per un certo periodo, il calore proveniente dal collettore solare
per circolazione naturale. Questo sistema, ribattezzato “Day and Night”, consentiva,
grazie alla forma meno ingombrante, la concezione di una prima integrazione
architettonica; in ogni caso la percezione del sistema, dovuta soprattutto al grande
serbatoio di accumulo in copertura, rimaneva decisamente impattante.
Con i moderni sistemi a circolazione forzata è stato possibile collocare la massa di
accumulo (il serbatoio) all’interno dell’involucro, lasciando alla sola interfaccia del sistema
(il collettore solare) le finalità di integrazione con la morfologia architettonica.
Ancora oggi, a differenza del fotovoltaico in continua evoluzione tecnico-scientifica, i
principi di funzionamento delle tipologie impiantistiche a solare termico sono gli stessi dei
sistemi originari e configurano sostanzialmente due macrocategorie di prodotto: il
71
Cfr. Calderaro V., Architettura solare passiva, Roma, Kappa, 1981, p. 9
114
Cap. 2 Teoria dell’architettura solare
sistema a collettori piani e il sistema a tubi sottovuoto 72 . Quest’ultimo è in pratica una
evoluzione del sistema a collettori piani, ove in luogo della serpentina dietro ad una lastra
di vetro troviamo una serie di tubi a vista collegati idraulicamente in serie. Il sistema
rappresenta attualmente il massimo grado evolutivo finalizzato all’incremento della resa
del solare termico, ottenuto grazie all’ottimizzazione dell’elemento captante primario.
L’applicazione del sistema a tubi sottovuoto in architettura apre interessanti
possibilità di integrazione nelle configurazioni delle facciate verticali giustamente
orientate; ad esempio come elementi di contenimento (parapetto) di balconi e terrazze, o
come sistemi schermanti. In questo caso l’elemento assume funzione bivalente 73 , poiché
somma la produzione energetica attiva alla schermatura passiva della radiazione solare.
Tralasciando i sistemi ad accumulo diretto e circolazione naturale,
poiché
difficilmente integrabili e di minore efficienza energetica, l’architettura impiantistica del
sistema a circolazione forzata può essere scomposta in quattro componenti principali 74
che prefigurano un sistema integrato idraulico/elettrico abbastanza complesso.
In un’ottica di integrazione architettonica il primo componente da considerare,
(l’elemento visibile e perciò di maggiore interesse ai nostri fini) è l’interfaccia di
captazione: essa può essere composta da un pannello contenente una serpentina di tubi
entro cui si movimenta il fluido termovettore (acqua semplice o una miscela di acqua e
glicole) e un vetro piano selettivo soprastante con la funzione di intercettare i raggi solari
(sistema a collettori solari piani); oppure da certo numero di tubi sottovuoto collegati
idraulicamente, supportati da una retrostante lamiera di alluminio presagomata per
indirizzare la maggior percentuale di raggi verso i tubi captanti.
I pannelli del primo tipo sono disponibili in varie dimensioni assimilabili a quelle del
pannello FV (circa 1 x 1,6 metri) e perciò con questo accostabile anche per morfologia,
texture e colore. Quelli del secondo tipo misurano generalmente circa 2,5 metri di base
per 2 metri di altezza, dimensioni maggiori e poco accostabili, anche morfologicamente,
rispetto al classico pannello FV.
I sistemi a tubi sottovuoto garantiscono efficienze maggiori e prevedono, oltre alla
produzione di acqua calda sanitaria, anche la funzione d’integrazione al riscaldamento,
meglio se accoppiata ad un sistema di tipo radiante a bassa temperatura. A questo
fattore è associato uno specifico posizionamento dell’interfaccia (collettore) sia come
orientamento, privilegiando comunque il sud perfetto, che di inclinazione (tilt) dei
pannelli. Alle nostre latitudini la massima efficienza del sistema si ottiene con una
72
In questa tipologia, sviluppata recentemente, si sfrutta il principio di funzionamento delle grandi centrali
eliotermiche a concentrazione solare, adattato alla piccola dimensione. Grazie all’isolamento sottovuoto degli
assorbitori e delle tubazioni entro le quali circola il fluido termovettore e ai concentratori di irraggiamento
posizionati dietro il tubo, è possibile raggiungere temperature ben oltre i 100 C° (acqua allo stato di vapore) ed
elevati livelli di efficienza, anche in condizioni di temperatura molto basse o cielo coperto; cfr Magrini A., op.
cit., p. 67
73
Cfr. sotto-sottocap. 2.2.5
74
Cfr. Magrini A., op. cit., p. 65
115
Teoria e pratica dell’architettura solare
inclinazione a 60°, che ottimizza la captazione in fase invernale con il sole più basso allo
zenit quando è richiesta la maggiore quantità di energia termica. Questo aspetto,
nell’ipotesi di allestimento in una copertura a falde, mal si concilia con le tipiche
inclinazioni dei tetti in zona temperata che generalmente variano tra i 16 e i 19°;
considerando perciò una corretta efficienza sinergica 75 tra i due sistemi (tecnologico e
morfologico-compositivo) sono preferibili perciò soluzioni su copertura piana o integrate
in parete verticale esterna, ritenendo di bassa qualità architettonica soluzioni a diversa
pendenza in falda. Esistono kit per il montaggio dei pannelli in parete, con pendenza
variabile a 60° o 30°; in questo caso l’interfaccia attiva può assumere anche la funziona
di schermatura solare, divenendo dispositivo come detto a funzione bivalente.
Il secondo componente del sistema è il trasferimento dell’energia termica dal
collettore all’accumulo, attraverso dei tubi resistenti alle alte temperature (che possono
raggiungere anche i 110-120°) e opportunamente coibentati per non disperdere calore
durante il trasporto; la movimentazione del fluido termovettore è affidata ad una pompa
elettrica che si attiva quando la temperatura dell’acqua nei collettori raggiunge una certa
temperatura.
Il terzo componente del sistema è il serbatoio di accumulo (storage), di dimensioni
rilevanti (300-1000 litri di capacità per usi residenziali) e posizionato preferibilmente in
un apposito locale tecnico 76 ; lo stesso è rivestito completamente da un grosso spessore
di isolamento per poter immagazzinare l’energia termica prodotta dall’interfaccia
captante. La struttura interna del serbatoio consente lo scambio termico per convezione
tra una serpentina contenente il fluido termovettore del circuito dei collettori solari e la
massa d’acqua del serbatoio; questa scaldandosi si stratifica in maniera naturale dal
basso (acqua meno calda) verso l’alto (acqua più calda). Le altre serpentine interne
diversamente posizionate dell’impianto dell’ACS (più in alto per le esigenza di
temperature maggiori) e del circuito del riscaldamento (più in basso per le esigenza di
temperature inferiori), ricevono l’energia termica direttamente dall’acqua del serbatoio
riscaldata dalla serpentina del circuito solare.
75
Il concetto di “efficienza sinergica”, citato più volte, mette in relazione il sistema tecnologico ed il sistema
formale dell’architettura e definisce il rapporto variabile tra le esigenze di massima efficienza espresse dal
sistema tecnologico e le istanze espresse dal sistema morfologico-compositivo; in pratica il massimo livello
raggiungibile di performance impiantistica è limitato e regolato dalle caratteristiche della struttura compositiva e
morfologica propria della concezione architettonica. Lo strumento del progetto perciò concretizza questo
rapporto, finalizzandolo al raggiungimento della massima qualità architettonica; cfr. cap. 3
76
Il locale tecnico, quasi totalmente scomparso nell’edilizia degli ultimi trent’anni, ritorna ora ad essere uno
spazio fondamentale da prevedersi in fase di progettazione, per contenere l’impiantistica più complessa e
voluminosa degli edifici solari a bassissimo consumo energetico; accumuli (serbatoi) di notevoli dimensioni del
caldo (riscaldamento) del freddo (raffrescamento), VMC (ventilazione meccanica controllata), generatori termici
(caldaie, pompe di calore, ecc.), scambiatori, inverter FV, centraline, ramificazione idraulica ed elettrica, fanno
di questo spazio un luogo fondamentale di concentrazione di tutti quei macchinari necessari ad ottenere edifici a
consumo prossimi allo zero. Nondimeno da questo luogo possono concentrarsi e accorparsi in un unico cavedio
verticale (il tronco della ramificazione impiantistica) tutte quelle condotte di espulsione di fumi, aria viziata, di
presa dell’aria esterna, dei condotti della ventilazione naturale, dei collettori dell’acqua calda e fredda, delle
caverie elettriche, ecc., che collegano questo spazio, attraverso i vari livelli della costruzione, fino alla
fuoriuscita in copertura, connotandosi come grande, unico camino integrato nell’edificio.
116
Cap. 2 Teoria dell’architettura solare
In pratica in un sistema così configurato, l’accumulo caldo (serbatoio) diventa
l’elemento termoregolatore dei fabbisogni di calore di tutto il sistema impiantistico (in
buona sostanza assume la funzione del generatore di calore di un impianto tradizionale)
e viene supportato da un generatore termico esterno (caldaia, pompa di calore, caldaia a
pellet o a biomassa) che interviene in caso di una insolazione insufficiente o di necessità
urgenti di energia termica da parte delle terminazioni impiantistiche (ad esempio l’acqua
calda necessaria al riempimento di una vasca del bagno, delle condizioni esterne
particolarmente rigide).
Il quarto componente del sistema è rappresentato dalle ramificazioni del circuito di
distribuzione alle terminazioni impiantistiche; i collegamenti idraulici al serbatoio sono
collocati in posizioni diverse a seconda dello strato più o meno caldo dell’acqua. In questo
modo è possibile soddisfare le diverse esigenze di comfort dell’utenza, sia come richiesta
di climatizzazione degli ambienti che di acqua calda sanitaria.
categorie
Sistema a
collettori piani
prodotti
Pannello
applicazioni
Pareti ventilate
vantaggi
svantaggi
Abbinabile per similitudine
ai sistemi FV
Minore resa
prestazionale
Migliore integrazione
architettonica
Minore efficienza in
condizioni di luce
diffusa
Curtain wall
Schermature
fisse
Tenuta ai carichi
Coperture
(inclinate)
Sistema a tubi
sottovuoto
Pannello
Coperture molto
inclinate
Tubi singoli
Parapetti balconi
e terrazze
Costo più contenuto
Maggiore resa prestazionale
Maggiore efficienza alle
basse temperature
Maggiore efficienza in
condizioni di luce diffusa
Minore integrazione
architettonica (nel caso
del sistema a tubi
sottovuoto)
Costo più elevato
Schermature
fisse
Tab. 2.3 Vantaggi e svantaggi nell’applicazione delle principali tipologie di solare termico in
architettura
Infine il quinto componente è rappresentato dal sistema di controllo dell’impianto
integrato solare e di climatizzazione; questa funzione viene assolta da una o più
centraline elettroniche termoregolatrici, che al variare delle condizioni d’insolazione e di
richieste delle terminazioni impiantistiche (rilevate da una serie di sonde), modula il
funzionamento delle pompe solari o richiede “assistenza” al generatore di calore
ausiliario. Le regolazioni richieste all’utente sono generalmente di facile comprensione
(user friendly) e si limitano a pochi semplici settaggi: come ad esempio passare dalla
fase invernale a quella estiva, aumentare o diminuire la temperatura interna degli
ambienti (attraverso termostati locali) o dell’acqua calda sanitaria.
117
Teoria e pratica dell’architettura solare
Dettaglio del collettore a tubi sottovuoto (fig. 2.25) e schema di funzionamento di un impianto
solare termico a circolazione forzata con in evidenza i cinque principali componenti del sistema:
collettore, circuito primario, accumulo, circuito secondario, sistema di controllo (fig. 2.26)
Casa Opdebeeck (M. Opdebeeck, 2008): esempio di integrazione efficace in copertura dei tubi
sottovuoto del sistema solare termico; dettaglio (fig. 2.27); vista dall’alto del fronte nord che
evidenzia il buon livello di integrazione del sistema (fig. 2.28)
2.3.3 Il solare ibrido
Una interessante innovazione di prodotto, recentemente apparsa sul mercato, ha unito
pregi e difetti dei due principali sistemi attivi di sfruttamento solare, fotovoltaico e solare
termico, nella tecnologia del solare “ibrido”. Questa tipologia impiantistica prevede un
pannello integrato di conversione fotovoltaica e di produzione termica, dove quest’ultima,
movimentandosi attraverso pompe di circolazione, raffredda il pannello stesso 77 .
77
Poliseno G., “Architettura solare”, in Progetto Energia, n. 56 (2009), p. 67
118
Cap. 2 Teoria dell’architettura solare
Il pannello ibrido si struttura allo stato attuale in due tipologie differenti, in base alla
posizione del fluido termovettore (acqua o miscela acqua-glicole). La prima tipologia
prevede uno strato d’acqua, contenuto tra due vetri e spesso pochi centimetri,
sovrapposto alla sottostante cella fotovoltaica. Nella parte posteriore del pannello uno
strato isolante ha il compito di ridurre le dispersioni termiche. L’acqua viene posta in
circolazione nella parte anteriore del pannello, formando uno strato di separazione
trasparente tra la radiazione incidente e le celle FV; l’energia termica assorbita dal fluido
termovettore viene immagazzinata in un serbatoio di accumulo allo stesso modo del
solare termico tradizionale. La cella fotovoltaica risulta così protetta dal surriscaldamento
eccessivo nella fase estiva, evitando il forte decadimento prestazionale tipico del
fotovoltaico sottoposto ad alte temperature 78 . Questa tipologia privilegia l’efficienza del
sistema termico rispetto al fotovoltaico.
La seconda tipologia, più diffusa poiché meno problematica a livello produttivo e
manutentivo, struttura un pannello con le celle FV in posizione frontale, direttamente
esposte alla radiazione incidente; il circuito a serpentine contenente l’acqua viene posto
dietro le celle FV, assorbe il calore della struttura superiore, funzionando come un vero e
proprio radiatore 79 . Come per la prima tipologia, un pannello isolante chiude il sistema
posteriormente a tutti gli strati. In questo modo viene resa privilegiata l’efficienza del
sistema FV rispetto alla termia solare.
In entrambi i casi le potenzialità del sistema sono rappresentate dalla produzione
integrata e contestuale di elettricità e di calore, dalla gestione di un unico collettore, dalla
sensibile riduzione dell’utilizzo di superfici captanti e dalla maggiore semplificazione
dell’integrazione architettonica. Va detto comunque che la resa sconta un certo
decadimento prestazionale in entrambi i casi poiché sottoposti ad un funzionamento non
ottimizzato. Infatti il sistema termico, oltre a scontare inclinazioni non ottimali, prevede
che la temperatura del fluido termovettore non possa raggiungere i livelli di efficienza
ottimali del sistema tradizionale (110-120° per la tipologia a tubi sottovuoto) poiché
produrrebbe decrementi eccessivi della resa del sistema fotovoltaico; lo stesso, nella
tipologia a circolazione d’acqua frontale, sconta una diminuzione prestazionale dovuta
alla posizione delle celle non direttamente esposte alla radiazione solare.
Sotto
l’aspetto
dell’integrazione
architettonica
il
sistema
presenta
notevoli
potenzialità di sviluppo, poiché somma in una unica interfaccia i due principali sistemi
solari attivi; in definitiva si può parlare di un ingegnoso sistema di “microcogenerazione”
energetica da fonte rinnovabile solare.
I prodotti in commercio non sono ancora numerosi a causa della maggiore
complessità dei sistemi di collegamento ed i costi elevati; il principio di base è comunque
78
79
cfr. 2.3.1
Il sistema funziona in analogia ai circuiti di raffreddamento ad acqua dei motori a scoppio
119
Teoria e pratica dell’architettura solare
coerente con la tendenza attuale all’ottimizzazione impiantistica, che prevede la
concentrazione e l’accorpamento di più tipologie impiantistiche in singoli sistemi integrati,
come ad esempio la cogenerazione e la trigenerazione.
Pannello ibrido con circolazione d’acqua frontale (fig. 2.29); pannello solare ibrido con circolazione
d’acqua posteriore: dettaglio della serpentina (fig. 2.30) e del successivo strato isolante (fig. 2.31)
2.3.4 Il raffrescamento solare. Solar cooling
Questa tecnologia impiantistica, ancora allo stadio di ricerca e prototipazione, prevede di
ottenere dell’energia termica “fredda”, utilizzabile nel raffrescamento degli edifici,
dall’energia termica “calda” prodotta dai sistemi solari termici ad alta efficienza. Tra le
ricerche in atto eccelle quella italiana, coordinata dal DETEC 80 , denominata Solar-Assisted
Heating And Refrigeration Appliances – Progetto Sahara.
In ordine generale il principio di funzionamento si basa sulla conversione del calore
proveniente da collettori solari in energia di refrigerazione attraverso particolari macchine
frigorifere di conversione; il principale vantaggio di questa tecnologia, nella logica di
favorire sempre più l’autoconsumo, consiste nella contemporaneità tra la massima
capacità di produzione e la massima richiesta di raffrescamento, cioè le ore diurne della
fase estiva. Questo fattore diventa particolarmente interessante nelle zone climatiche in
cui il problema del surriscaldamento estivo è preponderante rispetto al riscaldamento
invernale, come le regioni meridionali italiane o più in generale tutta l’area sudmediterranea.
Le principali tipologie impiantistiche in fase di sperimentazione sono i sistemi con
macchine ad assorbimento (o ad adsorbimento) e i sistemi DEC (Desiccant & Evaporative
Cooling Systems) per il trattamento dell’aria. Il primo tipo prevede delle macchine
frigorifere che possono produrre acqua refrigerata fino a temperature di 7°C da acqua
calda proveniente dai collettori solari alla temperatura di 80-100°C. L’acqua refrigerata
può essere inviata direttamente ai terminali impiantistici dell’edificio (ventilconvettori o
pavimenti radianti) o, attraverso degli scambiatori di calore, raffreddare l’aria dei sistemi
80
Dipartimento di Energetica, Termofluidodinamica applicata e Condizionamenti ambientali dell’Università degli
Studi di Napoli Federico II,
120
Cap. 2 Teoria dell’architettura solare
di ventilazione utilizzati per la climatizzazione degli ambienti interni. Il secondo tipo, più
interessante,
realizza
sistemi
che
combinano
deumidificazione
e
raffreddamento
evaporativo e possono essere alternativi ai tradizionali sistemi a compressione (i comuni
condizionatori a pompa di calore)
Fig. 2.32 Numero di impianti “solar cooling” realizzati al 2009 nel mondo
In Italia il numero di installazioni di impianti solar cooling è passato dalla sola unità
del 2005 alle 21 complessive del 2009; di particolare interesse è l’impianto installato a
Roma sopra i magazzini della METRO Cash & Carry; in questo caso i 2700 m² di
superficie di campo solare garantiscono 700 kWp alle macchine frigorifere, a copertura
del 12% dell’energia necessaria al raffrescamento dell’edificio81. In prospettiva futura lo
sviluppo e la diffusione del mercato di questa tecnologia impiantistica potrà avvenire solo
con l’offerta di sistemi (a costi sempre più competitivi e di taglia inferiore ai 20 kWp)
adatti alle installazioni residenziali; allo stato attuale il mercato propone solo impianti di
grandi dimensioni.
È stato incentrato sullo sviluppo e la diffusione delle tecnologie solar cooling di
piccolo-medio taglio, il progetto di ricerca SOLAIR (2007-2009), co-finanziato dalla
Commissione Europea nel quadro del programma Energia intelligente per l'Europa (EIE).
Gli obiettivi della ricerca hanno interessato la promozione del mercato dei piccoli e medi
condizionatori
d'aria
solari;
l’attivazione
di
un
focus
sul
settore
residenziale
e
commerciale; lo studio di sistemi integrati per la fornitura di acqua calda sanitaria e di
riscaldamento degli ambienti a trattamento aria; la diffusione della conoscenza dei
sistemi, perlopiù sconosciuti a progettisti ed installatori, e delle apparecchiature
impiantistiche attualmente a disposizione.
81
fonte: ENEA – Unità Tecnica Efficienza Energetica
121
Teoria e pratica dell’architettura solare
La potenzialità più evidente, per il momento solo teorica, di questi sistemi pensati in
accoppiamento con il fotovoltaico, riguarda la possibilità di costituire addirittura un
sistema di trigenerazione (elettricità, calore e freddo) da fonte energetica primaria
esclusivamente di tipo solare; mentre si evidenzia la particolarità importante di poter
gestire una sola interfaccia di captazione esterna che soddisfa tutte e richieste di comfort
dell’utenza, semplificando, secondo livelli variabili di efficienza sinergica tra i sistemi, il
processo d’integrazione architettonica con l’involucro edilizio.
Schema di un impianto solar cooling con chiller ad assorbimento e caldaia integrativa (fig. 2.33);
vista dei collettori solari dell’impianto dei magazzini Metro Cash&Carry a Roma (fig. 2.34)
2.4 L’influenza e il controllo del colore nel progetto dei
componenti solari passivi e attivi dell’involucro edilizio
Nella progettazione architettonica le scelte cromatiche derivano prevalentemente da
ragioni
estetiche,
dell’edificio.
Nel
sebbene
recente
abbiano
passato
implicazioni
quest’aspetto
dirette
è
stato
sull’efficienza
spesso
energetica
trascurato.
Oggi
l’applicazione dei concetti legati all’efficienza energetica sta condizionando la colorazione
degli edifici, soprattutto delle coperture, con risultanze cromatiche non del tutto
controllate e a volte non attese. Da una parte l’introduzione di nuovi componenti solari
attivi, come i pannelli fotovoltaici (FV), ha mutato drasticamente la resa cromatica degli
involucri richiedendo riflessioni approfondite sul concetto di progetto integrato. Dall’altra
si è sviluppata l’idea che la colorazione dei componenti d’involucro costituisca un fattore
influente sul rendimento energetico complessivo degli edifici. In definitiva, il progetto di
tali componenti richiede oggi un’analisi accurata delle caratteristiche cromatiche.
A tal fine verranno proposte alcune riflessioni progettuali in ambito architettonico
sul rapporto tra l’efficienza energetica di componenti solari attivi – cioè impiantistici – e
passivi di involucro e il colore, considerato secondo parametri opportuni.
COMPONENTI PASSIVI OPACHI
122
Cap. 2 Teoria dell’architettura solare
La temperatura raggiunta dalla superficie di un involucro opaco esposto al sole determina
la quantità di calore che può successivamente entrare all’interno dell’edificio 82 . A parte
l’impiego di sistemi schermanti, per ridurre una temperatura eccessiva durante l’estate,
non si può che agire sulla finitura della superficie esterna, che dipende dal tipo di
materiale, dalla sua rugosità e dal suo colore.
I parametri termofisici principali che caratterizzano la temperatura superficiale di un
materiale opaco sottoposto a radiazione solare sono il coefficiente di assorbimento della
radiazione (α) e l’emissività (ε). Il primo indica l’attitudine del materiale ad assorbire
l’energia radiante che incide su di esso; in genere superfici scure e rugose si scaldano più
di quelle chiare e lisce. Il secondo indica l’attitudine del materiale a disperdere l’energia
radiante che incide su di esso; è il rapporto tra la radiazione termica emessa da una
superficie e la massima emissione teorica alla medesima temperatura. In genere superfici
rugose e di colorazione scura dissipano più calore di quelle lisce e di colorazione chiara. Il
colore è dunque un fattore determinante, anche se non esclusivo, nell’attribuzione dei
valori α ed ε. Un primo aspetto da considerare nella progettazione cromatica di un edificio
riguarda dunque la capacità di assorbimento della radiazione da parte dell’involucro
opaco. I dati di letteratura in genere non distinguono il contributo della colorazione dal
tipo di materiale e/o di superficie.
Vicino al concetto di emissività vi è quello di riflettanza solare, valore spesso
indicato nelle caratteristiche dei componenti edilizi presenti sul mercato. Quest’ultima
rappresenta la frazione di radiazione solare incidente direttamente riflessa da una
superficie irradiata; il suo valore varia da 0 ad 1, oppure è espresso in percentuale 83 .
Tinteggiare i tetti degli edifici di bianco, o di un colore chiaro, contribuisce d’estate a
raffreddare gli edifici. Questione importante soprattutto nelle zone urbane, più calde
rispetto alle zone rurali, in base al fenomeno conosciuto come effetto “isola di calore”
(l’aumento di temperatura è di circa 1-3 gradi rispetto alle aree rurali) 84 . Negli USA da
lungo tempo il conosciuto gruppo Isola di Calore presso il Lawrence Berkeley National
Laboratory sostiene lo sviluppo di tetti bianchi come misura di risparmio energetico 85 . In
base alla simulazione della quantità di radiazione solare assorbita o riflessa in una città
media presa come campione, secondo il National Center for Atmospheric Research
(NCAR), se ogni tetto fosse interamente dipinto di bianco, l’effetto del calore urbano
potrebbe essere ridotto fino al 33%, con un raffreddamento medio di circa 0,3°C,
particolarmente evidente durante le calde giornate estive. I tetti bianchi hanno però
l’effetto di aumentare il fabbisogno energetico invernale per il riscaldamento, aspetto
82
Sharma V. C.; Sharma A., “Solar properties of some building elements”, Energy, vol. 14, 1989, pp. 805-810.
Libbra A. et al. “Riflettanza solare ed emissività termica per l’efficienza energetica estiva degli edifici”, in
L’industria dei laterizi, n. 249, 2008, pp. 249-257.
84
Menon S. et al., “Radiative forcing and temperature response to changes in urban albedos and associated
CO2 offsets”, Environmental Research Letters. 5:1-11, 2010.
85
<http://heatisland.ibl.gov>
83
123
Teoria e pratica dell’architettura solare
negativo soprattutto in climi freddi, con il conseguente mancato apporto di riscaldamento
passivo all’interno degli edifici. In città fredde il guadagno in estate può essere quindi
annullato dalla perdita in inverno. Una problematica importante è data inoltre dall’effetto
dell’aumento di riflessione sugli edifici adiacenti da parte delle superfici maggiormente
riflettenti e, quindi, negli spazi pubblici e privati dell’intorno (edifici più alti). La situazione
ideale sarebbe quella di ottenere il vantaggio dei tetti bianchi quando fa caldo e delle
superfici scure quando fa freddo.
Lo sviluppo di materiali termocromici e termoelettrici va in questa direzione: alcune
ricerche del MIT 86 (gruppo Thermeleon) hanno sviluppato tegole di copertura che
cambiano colore assorbendo il calore in inverno e riflettendolo in estate.
Vernice organica bianca
con alcuni variazioni
cromatiche
SR%
Materiali utilizzati per
coperture
SR%
bianco
85
Guaina impemeabilizante
0,03
verde
72
Piastrelle in cemento
0,84
rosso
66
Piastrelle in argilla rossa
0,88
Giallo
73
Guaina bituminosa
0,95
bruno
58
Marmo
0,93
Tab. 2.4 Riflettanza solare (SR), valore integrato.
Misurazioni di laboratorio mostrano che, nel loro stato bianco, le tegole riflettono
circa l’80% della luce solare, mentre quando sono di colore nero riflettono solo il 30%.
Per ottenere questo risultato sono stati utilizzati polimeri commerciali in soluzione
acquosa inglobata in piccole capsule trasportate su una vernice chiara pennellata o
spruzzata sulla superficie. Quando la temperatura è sotto un certo livello il polimero
rimane disciolto, permettendo di mostrare il supporto scuro. Quando la temperatura sale,
il polimero si condensa e forma minuscole goccioline, le cui piccole dimensioni provocano
una dispersione di luce e, di conseguenza, una superficie bianca che riflette il calore del
sole.
Un altro aspetto non secondario, anche se trascurato, e legato al surriscaldamento
dell’involucro, riguarda le colorazioni dei sistemi d’isolamento a cappotto generate dalla
pigmentazione applicata allo strato finale, il cosiddetto “intonachino”. Per evitare
eccessivi surriscaldamenti estivi esso deve tendere, per indicazione delle stesse ditte
produttrici, a colori chiari. Gli isolanti leggeri comunemente in uso per i sistemi a
cappotto, del tipo EPS e XPS, possono raggiungere in regime estivo temperature
dell’ordine dei 70-80 °C che ne pregiudicano la primaria funzione di isolamento.
86
Massachusetts Institute of Technology
124
Cap. 2 Teoria dell’architettura solare
Ai fini della riduzione della temperatura della superficie è consigliabile utilizzare
materiali con basso valore di assorbimento ed alto valore di emissività e di riflettanza. La
norma UNI-TS 11300-1:2008 sull’efficienza energetica indica la possibilità di fare uso di
questa proprietà.
Le vernici riflettenti possono essere applicate sulla copertura degli edifici come
strato finale di membrane bituminose o granigliate, sulle superfici verticali esterne, ma
anche su manufatti costituiti da materiali plastici, vetrosi o tessili.
Copertura piana che prevede l’applicazione di una vernice riflettente, prima (fig. 2.35) e dopo il
trattamento (fig. 2.36)
Possono
essere
impiegate
in
accoppiamento
ad
altri
tipi
d’intervento
di
riqualificazione di una copertura: operazioni di incapsulamento dell’amianto, trattamento
antimuffa o anti allergico, di tipo ignifugo, antistatico o sanificante. In ogni tipo di
trattamento variano i componenti della miscela verniciante. Esistono tipologie di prodotti
che, oltre al colore, utilizzano determinate componenti limitanti la frazione non visibile
(IR e UV) della radiazione incidente che porta a un degrado del materiale. Per esempio
nelle vernici riflettenti con solfato di bario, componente bianco poco solubile e opaco ai
raggi IR e UV, la temperatura superficiale si riduce da 70-80°C a 40-50°C, la riflettanza
supera il 92% e l’emittanza è circa dell’89%.
Il progetto Cool Roofs dell’Unione Europea ha proposto strategie di mitigazione delle
isole di calore nelle città attraverso l’uso di superfici ad alta riflessione (emissività e
riflettanza) 87 . La ricerca ha previsto vari tipi di prove, tra cui test su superfici con colori
abbinati, standard e “freddi”. Durante il giorno, tutti le superfici con colori freddi hanno
avuto temperature inferiori di alcuni gradi delle superfici colorate con i colori standard
corrispondenti. Le superfici con le performance migliori sono state nere, marrone
cioccolato, blu e antracite. La differenza di temperatura più alta è stata osservata tra
nero freddo e nero standard, pari a 10,2C°, corrispondente ad una riflettenza pari a 22.
87
Zinzi M., Carnielo E., Impatto di tecnologie cool roof sulle prestazioni energetiche di edifici residenziali in
area mediterranea, ENEA, RdS/2010/200
125
Teoria e pratica dell’architettura solare
La differenza minore è stata osservata tra verde freddo e verde standard, pari a 1,6°C,
corrispondente ad una riflettenza solare di 7. L’impatto sull’ambiente urbano è stato
stimato in un aumento dell’albedo da 0,2 a 0,85. Oltre agli effetti sull’ambiente urbano,
lo studio ha registrato anche una diminuzione delle ore di discomfort interno e della
massima temperatura interna agli edifici 88 .
Tra gli scopi della ricerca Cool Roofs vi era quello di promuovere accordi con gli
USA, dove il programma Energy Star ha già sviluppato criteri di scelta dei prodotti per la
riduzione dell’assorbimento di energia. Commercialmente i prodotti sono divisibili in:

coperture metalliche riflettenti e tegole metalliche riflettenti (reflective metal roofing
and reflective metal shingles & tiles): “metalli freddi” sono venduti con superfici
riflettenti che possono arrivare al 70% di energia solare riflessa.

superfici metalliche di copertura emissive (re-emissive metal roof surfaces): il
manto contiene al proprio interno pigmenti che riemettono il calore superficiale,
riducendo così la temperatura del tetto.

vernici riflettenti per coperture (reflective roof coatings): vernici o strati riflettenti
bianchi contengono piccolissime superfici riflettenti in grado di riflettere l’energia
solare.
I tetti a bassa pendenza (inferiore a 2:12 di pollice, secondo ASTM E 1918-97)
devono avere una riflettanza iniziale  0.65 e dopo 3 anni  0.50; i tetti ad alta pendenza
devono avere una riflettanza iniziale  0.25 e dopo 3 anni  0.15.
COMPONENTI PASSIVI TRASPARENTI
Per la scelta cromatica dei componenti vetrati si utilizzano alcuni parametri principali. Il
primo è il fattore solare g (FS), che indica l’attitudine di un componente trasparente a
lasciarsi attraversare dalla radiazione solare, rappresentando la frazione di energia solare
che entra in ambiente, rispetto a quella totale incidente. Il fattore di trasmissione
luminosa (TL) si riferisce, invece, alla sola banda del visibile. Ridurre il valore di FS
comporta la riduzione anche della luce naturale entrante, conseguenza di cui tener conto
nella valutazione del fattore medio di luce diurna. Il parametro forse più importante è
l’indice di selettività (IS), dato dal rapporto tra la trasmissione luminosa e il fattore solare
(IS = TL/FS). Un vetro a controllo solare ha un alto indice IS, per permettere l’ingresso
88
Synnefa A., Santamouris M., Apostolakis K., “On the development, optical properties and thermal
performance of cool colored coatings for the urban environment”, in Solar Energy, volume 81, 2007, pp. 488497; cfr. anche www.coolroofs-eu.eu
126
Cap. 2 Teoria dell’architettura solare
della componente visibile della radiazione e il minimo di calore, associato alla
componente infrarossa. Più il rapporto IS è vicino a 2, più il vetro è selettivo ed offre
migliori prestazioni termiche.
Valori tipici di IS sono intorno a 1,6-1,7. Valori alti di IS si possono ottenere
mediante rivestimenti del vetro a base di metalli nobili (es. argento), in fase di
produzione industriale, in grado di incrementare la capacità di riflettere la radiazione nel
campo dell’infrarosso. Alcuni vetri associano alla funzione di controllo solare anche
caratteristiche di alta trasmissione luminosa (fattore TL). Sono detti vetri selettivi perché,
pur lasciando passare una grande quantità di luce naturale esercitano un’azione
schermante dei raggi ultravioletti e infrarossi. La riflessione dai raggi infrarossi (dall’80 al
40% circa) è direttamente proporzionale all’energia solare respinta (dal 60 al 30% circa),
variando la percentuale di energia assorbita rispetto a quella riflessa.
Componente
FS
TL
IS
0,85
0,9
1,06
0,4
0,32
0,80
0,76
0,81
1,07
0,75
0,8
1,07
Vetro chiaro 8 mm + 12 mm aria + vetro 8 mm riflettente
0,38
0,47
1,24
Vetro chiaro 4 mm + 12 mm Ar + vetro 4 mm selettivo
0,71
0,42
1,69
Vetro singolo
Vetro chiaro 4 mm
Vetro riflettente (Argento)
Vetro camera
Vetro chiaro 4 mm + 15 mm aria + vetro chiaro 4 mm
Vetro chiaro 4 mm + 15 mm aria + vetro chiaro 5 mm
basso emissivo
Tab. 2.5 Valori di fattore solare, trasmissione luminosa e indice di selettività per componenti
vetrate.
Fig. 2.37 Andamento della temperatura per l’effetto di pellicole Serisolar, installate al Museo di
Arte Moderna di Rovereto (MART), 2007
Per ridurre i costi derivanti da un’eccessiva dispersione termica, si adottano spesso
vetri selettivi con proprietà basso emissive. I vetri incorporano una sottile pellicola di
127
Teoria e pratica dell’architettura solare
ossidi metallici depositati tramite processo magnetronico. Con questo metodo si
ottengono tipi di pellicole con effetti sulla trasparenza ed il colore, oltre che sulla
temperatura interna. Queste vetrazioni, comunemente abbinate in due o tre lastre e
spesso con l’interposizione di gas Argon o Krypton, consentono una riduzione più che
significativa delle dispersioni termiche dell’edificio verso l’esterno; al contempo però
riducono la trasparenza del vetro fino anche a valori del 20%, conferendo una
caratteristica colorazione tendente al verde, che si evidenzia nelle visuali non frontali o di
scorcio.
COMPONENTI ATTIVI
La variazione cromatica nei componenti attivi nasce da motivazioni tecniche e di costo.
Nella cella di silicio monocristallino (rendimento medio dei prodotti attualmente in
commercio tra il 14 e il 16%) la struttura cristallina è omogenea e di colore scuro, vicino
al nero. La cella fotovoltaica di tipo policristallino (rendimento medio tra il 12 e il 14%),
con la struttura del wafer di silicio non omogenea ma organizzata in grani ordinati, si
presenta con un colore blu intenso con tonalità di verde. Nel caso del silicio amorfo (tra le
tipologie FV attualmente in uso meno diffusa), in cui la deposizione del materiale sulla
superficie di sostegno avviene in maniera disorganizzata, la percentuale di silicio
depositato risulta inferiore rispetto al caso delle strutture cristalline; il costo delle celle
risulta dunque minore, con l’efficienza più bassa (6- 7%) e non costante rispetto al valore
nominale.
Nelle celle sono usati trattamenti antiriflesso ARC (Anti-Refletcive Coatings) per
ridurre quanto più è possibile la frazione di radiazione solare riflessa verso l’esterno e, di
conseguenza, non utilizzabile ai fini dell’effetto fotovoltaico. A seguito del trattamento
ARC, il colore delle celle cambia da grigio a blu tendente al nero secondo il tipo di silicio.
Senza il trattamento ARC, per perdite per riflessione, si può raggiungere anche il 30%
della radiazione incidente. È possibile variare il colore delle celle: attualmente si
producono di colore verde, dorate, marroni e color porpora, senza sostanziale differenza
di rendimento.
Il fotovoltaico flessibile a film sottile del tipo amorfo, utilizzato soprattutto sui tetti
degli edifici commerciali e industriali, è invece di colore nero opaco, ma, così come
esistono celle cristalline di colori diversi, vengono prodotti anche film sottili colorati, verdi
o rossi. Si tratta di strisce di materiale fotovoltaico larghe circa mezzo metro e lunghe
circa 5 metri che, utilizzando celle efficienti a film sottile del tipo CIGS (copper indium
gallium diselenide - (di)seleniuro di rame indio gallio), producono circa il 50% di energia
in più rispetto a un comune pannello piano cristallino. Associano la resa estetica ad un
128
Cap. 2 Teoria dell’architettura solare
buon rendimento energetico (anche con superfici piane e luce diffusa), una notevole
leggerezza e facilità d’installazione, ma ad un costo ancora molto elevato 89 . Il film sottile
che usa la tecnologia della giunzione tripla è formato da tre strati di celle che assorbono
luce di diversa lunghezza d’onda, rendendolo più efficiente del film sottile tradizionale con
luce scarsa e diffusa.
Possibili varietà cromatiche di celle fotovoltaiche (fig. 2.38); film sottili fotovoltaici in silicio amorfo
di colorazione verde (fig. 2.39) e blu (fig. 2.40)
L’elevato costo del silicio ha motivato la sperimentazione di nuove tecnologie FV che
implicano una variazione cromatica e sono basate soprattutto su composti organici.
Alcune di queste usano semiconduttori come i fullereni, altri sfruttano le proprietà di
coloranti organici (organic dyes) di liberare elettroni come nella fotosintesi clorofilliana
(cella di Graetzel). Una cella di Graetzel, o Dye-Sensitized Solar Cell (DSSC), è un
dispositivo che sfrutta le proprietà di alcune sostanze organiche di generare una corrente
di elettroni quando vengono colpite dalla radiazione solare, ovvero l’analogo della
fotosintesi clorofilliana. Il colorante organico (clorofilla, antiocianine) fissato a uno strato
di biossido di titanio, viene eccitato dalla radiazione solare e trasmette l’elettrone ad una
soluzione elettrolitica che riporta il colorante allo stato neutro e cede al contro-elettrodo
gli elettroni.
Un primo problema conseguente all’utilizzo di componenti attivi nella progettazione
architettonica, risulta essere il controllo delle riflessioni dovute all’irraggiamento solare
diretto nei diversi periodi del giorno. Questi fenomeni, se non opportunamente controllati
in rapporto agli edifici circostanti, possono provocare, come già rilevato per le tecniche
cool roofs, pericolosi effetti di abbagliamento (basti l’esempio delle sovrastrutture FV su
barriere antiacustiche autostradali) o situazioni di malessere indotto all’intorno.
Un secondo problema, causato dalle colorazioni blu scure o nere opache, è quello
del surriscaldamento dei pannelli in estate, che provoca un decadimento prestazionale
anche nell’ordine del 20-30%.
89
Recentemente (ottobre 2012) l’Istituto dei materiali per l'elettronica e il magnetismo (IMEM-CNR) di Parma
ha messo a punto, una nuova tecnica per produrre celle solari CIGS a basso costo, riducendo la temperatura di
deposizione dei film da 400 °C a 270 °C e perciò un minore dispendio energetico e costo di produzione
129
Teoria e pratica dell’architettura solare
Indipendentemente dalle caratteristiche tecnico-fuzionali sopra descritte, l’obiettivo
della progettazione cromatica di un componente attivo è quello di combinare l’efficienza
energetica dei componenti con la gradevolezza estetica. L’esigenza di integrazione
architettonica può essere la motivazione per una variazione cromatica del FV.
Vi sono pannelli neri ad alta efficienza sviluppati per l’integrazione cromatica,
ottenuti posizionando i contatti elettrici dietro alla cella e lasciando tutta la superficie
disponibile per l’assorbimento della luce dentro il pannello con il posizionamento di una
superficie riflettente retrostante di colore nero. Per una cella monocristallina di
colorazione nera opaca viene dichiarato un incremento di efficienza fino al 50% rispetto
alla cella tradizionale. Per alcuni prodotti recentemente immessi sul mercato vengono
dichiarati dei dati di resa teorica del 23%, operativa del 21,5%, rispetto al 12-14% dei
policristallini comunemente in uso 90 .
Un esempio d’integrazione per forma è dato dall’impiego di tegole fotovoltaiche. Il
risultato estetico dell’accostamento del silicio monocristallino a tegole di laterizio è la
combinazione del colore rosso opaco dell’argilla cotta e del nero opaco del silicio.
Utilizzando queste tegole occorre più spazio rispetto a un pannello FV, a parità di energia
prodotta: circa 40 mq di tetto per realizzare un impianto da 3 kWp con tegole da 11 Wp,
montate esattamente come le tegole normali e giuntate una a una nei collegamenti
elettrici.
In alternativa le tegole ondulate possono essere ricoperte completamente, ricorrendo alla
caratteristica di flessibilità del film sottile amorfo con tripla giunzione; esso permette,
infatti, di adattare la propria forma a quella del supporto. In questo caso si dovrebbe
parlare più propriamente di “pelle attiva” di ricoprimento, che associa una buona
produzione d’energia anche alle condizioni di luce ridotta e indiretta. Per il momento la
produzione di tegole di questo tipo ha riguardato film di colore blu, verde e nero opaco.
Componenti attivi come il FV possono essere integrati, con funzione schermante ed
estetica,
a
superfici
d’involucro
trasparenti
(tetti
fotovoltaici
strutturali,
facciate
fotovoltaiche, frangisole); in questo caso i vantaggi in termini di efficienza dei sistemi
attivi si devono poter sommare a quelli dei sistemi passivi. Per quanto riguarda il tipo di
vetro, mentre per quello frontale non si ha molta scelta, in quanto deve essere di tipo
extra-bianco
con
spessore
ridotto
(4
mm
per
moduli
piccoli)
per
ottimizzare
l’assorbimento della radiazione luminosa, per quello posteriore si ha maggiore libertà in
quanto a colori, tipi di laminazione ed isolamento.
90
SunPower® serie X21, prodotto dalla SunPower Corporation (USA)
130
Cap. 2 Teoria dell’architettura solare
Componente semitrasparente con celle fotovoltaiche di diverse colorazioni (fig. 2.41); tegole
fotovoltaiche con celle cristalline (fig. 2.42); fig. 2.43: copertura fotovoltaica con film amorfo (Casa
Capriata, C. Mollino, 1954; ricostruzione a cura del Politecnico di Torino, 2011)
La particolarità di alcuni prodotti è la serigrafia. Mentre il lato superiore dei pannelli
è realizzato di colore blu lasciando trasparenti solo gli spazi in cui sono posate le celle
fotovoltaiche, il lato inferiore è colorato di bianco. Nella creazione dei moduli
semitrasparenti, le celle sono fissate con una resina tra due lastre di vetro distanziate tra
loro circa 2 mm. I cavi della corrente in uscita sono solitamente fatti passare attraverso
corridoi creati nella cornice, in modo da rimanere nascosti, oppure si utilizzano junction
box di connessione. Nei casi in cui la facciata trasparente debba anche soddisfare
requisiti di isolamento termico, il modulo solare è integrabile in un doppio vetro,
ottenendo un valore di dispersione termica dell’ordine di 1 W/mq K. Per garantire il
requisito della tenuta all’acqua, tutti i moduli prodotti sono testati elettricamente e
meccanicamente secondo rigidi controlli di qualità.
Esempi di vetrazioni fotovoltaiche: in copertura curvilinea (fig. 2.44) in parete verticale con
interposizione di celle policristalline (figg. 2.45) o di film amorfo (fig. 2.46)
Il colore gioca un ruolo fondamentale quando il componente attivo diventa
complemento di arredo, “make-up cutaneo” dell’edificio esistente. Vengono utilizzati
coloranti organici, paste di biossido di titanio e inchiostri con nanocristalli come il cadmio
telluride, che assorbe la luce solare.Il progetto di Alessandro Villa e Sonia Maritan per la
riqualificazione di edifici della periferia attraverso l’uso di pannelli fotovoltaici colorati
vuole risolvere l’esigenza diffusa di produzione energetica termica ed elettrica, anche su
131
Teoria e pratica dell’architettura solare
piccola scala, valorizzando l’aspetto estetico, oltre a quello funzionale. La diffusione degli
impianti fotovoltaici “diventa occasione per rivitalizzare episodi metropolitani grigi e
obsoleti, per riempire le città di luce, vestire le facciate di colore, restituire bellezza agli
involucri”.
La realizzazione di pannelli FV con valenza cromatica si è avvalsa di nuove celle
sferiche ridottissime che permettono di catturare la luce da più direzioni. Queste celle
sono integrate nel vetro, dando origine a moduli flessibili, ma possono anche essere
inglobate nei pannelli di rivestimento degli edifici. Questa tecnologia della Kyosemi
Corporation, conosciuta con il nome di Sphelar (da Spherical Solar Cell), consiste nel far
cadere gocce di silicio fuso su un supporto di vetro; il silicio solidifica ed evita lo spreco di
materiale derivante dalla lavorazione. Urban Skin è un sistema di pannelli solari
fotovoltaici di varie dimensioni e colori, realizzati con un mix di lavorazioni del vetro che
abbinano la tecnologia Sphelar ai processi tecnologici di fusione del colore ad alte
temperature (figg. 16 e 17). Il colore fuso nelle lastre è fotostabile ed introduce
interessanti scenari cromatici per l’involucro. L’effetto finale è quello di pannelli in vetro
colorato con all’interno microsfere iridescenti fissate tramite piccole staffe metalliche,
invisibili come nelle facciate ventilate perché nascoste dalle lastre stesse.
Sistema Spheral (fig. 2.47) e pannelli solari prodotti all’interno del progetto Urban Skin di A. Villa e
S. Maritan (fig. 2.48)
ASPETTI CROMATICI DELL’INTEGRAZIONE ARCHITETTONICA DEI SISTEMI ATTIVI
Si usa internazionalmente il termine BIPV (building integrated photovoltaics) per
individuare sistemi fotovoltaici integrati, utilizzati per essere posizionati nell’involucro o
sull’involucro degli edifici. Il concetto di integrazione si riferisce principalmente all’aspetto
morfologico, ma può riguardare anche la stessa componentistica che struttura l’edificio:
ai fini dell’integrazione il modulo fotovoltaico deve essere non convenzionale o costituire
una superficie fotovoltaica che sia parte di un componente in grado di svolgere, oltre alla
produzione di energia elettrica, le funzioni tipiche di un involucro edilizio: tenuta
all’acqua, tenuta meccanica e resistenza. Inoltre l’integrazione architettonica del
132
Cap. 2 Teoria dell’architettura solare
fotovoltaico è tale se la rimozione dei moduli fotovoltaici compromette la funzionalità
dell’involucro edilizio, rendendo la costruzione non idonea all’uso 91 .
Tralasciando la definizione normativa tesa a regolare le modalità di sovvenzione
economica, quando si parla di integrazione architettonica dei sistemi attivi (solare
fotovoltaico
e
solare
termico)
nell’involucro
edilizio
si
dovrebbe
aggiungere
all’integrazione morfologica anche l’integrazione cromatica. Attualmente il problema
dell’integrazione architettonica è legato infatti non solo al posizionamento di pannelli di
una certa dimensione e superficie in rapporto alla forma dell’edificio, ma anche al
contrasto di colore che si genera in seguito all’uso di celle in silicio monocristallino o
policristallino, sostanzialmente di colorazioni nero opaco il primo o blu vivido cangiante il
secondo, con le finiture tipiche dell’involucro edilizio.
La risultanza estetico-formale derivante dalla sovrapposizione di questi pannelli
sulla superficie esterna dell’edificio si limita in genere ad una passiva ricezione del
sistema tecnologico da parte dell’involucro architettonico; solo alcuni sistemi innovativi
integrati presuppongono una risoluzione del problema formale. Tegole fotovoltaiche,
elementi attivi di tamponamento verticale sia opachi che trasparenti (sistemi a parete
verticale o vetrazioni) ed inclinato (sistemi di copertura), elementi attivi di schermatura
solare, stanno riformulando il lessico formale dell’involucro architettonico, connotandone
fortemente l’esito figurativo in base anche alla texture e, soprattutto, alla colorazione di
queste nuove pelli tecnologiche.
Per quanto riguarda gli aspetti d’integrazione architettonica di texture e colore del
solare termico, è possibile una classificazione in base alla tipologia del sistema di
captazione 92 : avremo colorazioni simili al fotovoltaico policristallino, perciò blu vivide
cangianti decisamente più scure, per il tipo “solare piano”; per il solare termico “a tubi
sottovuoto” avremo risultanze molto diverse sia dal punto di vista morfologico che
cromatico, con colorazioni scure cangianti dei tubi e grigie riflettenti del convogliatore
d’irraggiamento retrostante (generalmente in lamiera di acciaio preformata).
Un filone di ricerca interessante, considerando l’integrazione di forme e colori delle
nuove tecnologie solari, riguarda lo studio del solare cosiddetto ibrido 93 . L’interfaccia
visibile assume sempre le colorazioni tipiche dei normali pannelli fotovoltaici a seconda
della composizione del pannello (nere o blu vivide), risultando percettivamente più o
meno smorzata come riflessione e intensità colore a seconda del posizionamento del
fluido termovettore (sopra o sotto le celle FV).
Con l’avvento di nuovi materiali tra cui le Dye-sensitized solar cells (DSSC) il tema
del colore ha aperto nuove prospettive di sviluppo nella progettazione degli involucri
91
GSE, Guida alle applicazioni innovative finalizzate all’integrazione architettonica del fotovoltaico. 5° Conto
Energia, agosto 2012, p. 5
92
93
Cfr. sotto-sottocap. 2.3.2
Cfr. sotto-sottocap. 2.3.3
133
Teoria e pratica dell’architettura solare
architettonici contemporanei. Nelle componenti semitrasparenti o traslucidi non è solo la
superficie fotovoltaica ad avere un impatto sulla percezione dell’involucro dell’edificio, ma
la combinazione tra superficie fotovoltaica (cioè in grado di generare energia) e superficie
neutra (più o meno trasparente) ad essa integrata.
CONTROLLO CROMATICO DEI SISTEMI FOTOVOLTAICI
Di fatto non esiste uno studio cromatico sistematico dei sistemi fotovoltaici, né in ambito
architettonico, né in ambito scientifico. Dal punto di vista architettonico fino a poco
tempo fa la relativa limitatezza delle tecnologie in commercio ha indirizzato il progetto
dell’integrazione architettonica sull’aspetto morfologico; dal punto di vista scientifico,
invece, i parametri di valutazione del rendimento energetico delle celle solari hanno
riguardato l’aspetto cromatico solo indirettamente.
Mentre l’accettabilità della colorazione di una superficie attiva a fini architettonici
implica una valutazione del colore nell’ambito della luce visibile, la valutazione
dell’efficienza tiene in considerazione anche le lunghezze d’onda infrarosse e ultraviolette
che contribuiscono a tale efficienza. In tal senso il colore, inteso come fattore di
percezione umana, non coglie a pieno il rapporto tra efficienza del sistema e materiale
utilizzato, perché non interpreta correttamente lo spettro di assorbimento della luce.
Sebbene non esista un rapporto di relazione diretta tra rendimento e colorazione, è
corretto suggerire l’importanza del controllo del colore nella progettazione architettonicatecnologica dei sistemi attivi d’involucro.
Dal punto di vista del progettista architettonico, il controllo delle qualità cromatiche
di una cella fotovoltaica può essere semplicemente effettuato sulla base di tre
componenti essenziali: la luminosità, la tonalità e la saturazione. L’HSB, Hue Saturation
Brightness (tonalità, saturazione e luminosità) è un metodo additivo di composizione dei
colori e un modo per rappresentarli in un sistema digitale. La tonalità (detta anche tinta)
rappresenta il colore puro; essa varia partendo convenzionalmente dal rosso primario
(0°), passando per il verde primario (120°) e il blu primario (240°), e quindi tornando al
rosso a 360°. La saturazione rappresenta l’intensità del colore. La luminosità (detta
anche brillanza) è un’indicazione del livello di brillantezza, aspetto molto importante
considerando le superfici fotovoltaiche.
Il controllo progettuale del colore di una superficie fotovoltaica si imposta
confrontando le tonalità delle superfici attive con quelle non attive sulla base del metodo
HSB. Lo stesso modello risulta particolarmente orientato sulla percezione umana,
essendo basato sulla risposta percettiva che abbiamo di un colore in termini di tinta,
sfumatura e tono. In questo modo si riesce a modulare, per esempio, la presenza del
nero nelle superfici di involucro e il suo passaggio al blu.
134
Cap. 2 Teoria dell’architettura solare
Introducendo quindi il parametro della luminosità, si controlla il rapporto tra
superfici attive opache e superfici non attive opache. Con la saturazione si riesce quindi a
prendere in considerazione il fatto che la superficie della cella solare, con l’introduzione
dei film sottili integrati alle vetrazioni, può acquistare una certa trasparenza. Alcune
nuove superfici attive sono infatti traslucide, cioè permettono il parziale passaggio della
luce attraverso il componente architettonico. Traslucida è una superficie che lascia
vedere attraverso di sé, cogliendo forma e aspetto degli oggetti al di là, anche se non
sempre i contorni precisi. Simili al fotovoltaico inorganico a film sottile, anche il
fotovoltaico organico è capace di essere traslucido. In definitiva controllare il parametro
della saturazione aiuta a controllare l’aspetto cromatico delle vetrazioni attive.
Come già accennato, il controllo cromatico di sistemi attivi complessi difficilmente
può avvenire a livello di produzione, qualora l’obiettivo del produttore sia quello
dell’ottimizzazione dell’efficienza energetica. Nuove prospettive si aprono, invece, con lo
sviluppo di tecnologie fotovoltaiche del tipo DSSC, per le quali è il colore l’elemento
caratterizzante di un determinato composto chimico con una specifica efficienza.
Alcune tecnologie sono andate recentemente verso il concetto di integrazione
cromatica con l’architettura, pur utilizzando il silicio. In questo senso il coating della cella
viene predisposto di una colorazione diversa, a scapito di un decadimento dell’efficienza
dei moduli FV valutabile in circa 2-3 punti percentuali. L’obiettivo di questo processo
produttivo è quello della mimesi contestuale (coperture, territorio agricolo, ecc.), con una
gamma di colori ancora non molto varia tra i prodotti commerciali.
Fig. 2.49: pannelli fotovoltaici di colore rosso integrati architettonicamente con il manto di
copertura in laterizio; fig. 2.50: moduli semitrasparenti a film sottile microcristallino di vari colori;
fig. 2.51: successione dei layers in una vetrazione attiva a celle FV
Alcune nuove superfici attive usano uno strato di film sottile in silicio amorfo tra due
lamine di vetro: lo strato ha uno spessore di alcuni decimi di micron, centinaia di volte
più sottile delle celle tradizionali cristalline in silicio e quindi meno oneroso in termini di
utilizzo di materiale pregiato. Questi sistemi usano processi di incisione al laser per
creare rifiniture semitrasparenti, mentre la logica dei collegamenti elettrici è studiata per
assicurare che tutti i cablaggi siano nascosti nel telaio del componente. Generalmente le
dimensioni
dei
moduli
vengono
personalizzate
in
rapporto
al
singolo
progetto
architettonico, portando conseguentemente ad un notevole incremento dei costi. Alla
135
Teoria e pratica dell’architettura solare
caratteristica di produzione energetica viene associata la qualità dell’isolamento termico
in base alla stratificazione del componente, che può essere realizzato in vetrocamera
singolo o doppio, con vetri semplici o basso emissivi; la parte attiva (celle FV) viene
posta sempre nello strato più esterno del pacchetto vetrato, per ricevere la quantità
maggiore di irraggiamento solare e svolgere più efficacemente l’azione di schermatura
passiva. Anche in questo caso la base è comunque quella del materiale silicio, il cui colore
può essere controllato attraverso la sua saturazione.
Fig. 2.52. Nuova sede della Regione Lombardia, Milano (Pei Cobb Freed & Partners, 2011):
dettaglio della vetrazione a celle FV semitrasparenti; fig. 2.53 Enzian tower, Bolzano (Z. Bampi,
2010): dettaglio dei parapetti attivi con interposto un film sottile semitrasparente
PROSPETTIVE DI SVILUPPO E STRATEGIE TECNOLOGICHE DEL FOTOVOLTAICO A
COLORANTE
Nel 1991 il ricercatore M. Grätzel scoprì come semplici coloranti potevano essere in
grado di trasformare la radiazione luminosa in energia elettrica, così come la verde
clorofilla trasforma l’energia solare in energia per l’autosostentamento. Dagli albori di
questa scoperta ad oggi, migliaia di ricercatori hanno intrapreso questa nuova strada,
alla ricerca di miglioramenti soprattutto in termini prestazionali; successivamente la
ricerca si è ramificata seguendo ulteriori strade. Sicuramente tra queste la più
interessante è quella legata all’aspetto cromatico. Gli obiettivi erano di due ordini di
grandezza: ridurre il costo di produzione dei sistemi fotovoltaici in commercio da un lato,
ed aumentarne l’efficienza dall’altro. In linea di principio soluzioni più economiche dal
punto di vista produttivo possono bilanciare la bassa resa finale.
La possibilità di utilizzare vari coloranti (con ovvie variazioni prestazionali) ne
permette potenzialmente un’ampia diffusione. Uno degli sviluppi più interessanti è il
trasferimento di tutte queste caratteristiche nella preparazione di celle solari a film
sottile. Rispetto a quelle tradizionali con tecnologia al silicio, queste celle solari hanno lo
136
Cap. 2 Teoria dell’architettura solare
svantaggio di possedere un rendimento più basso (finora il massimo raggiunto è del
12%) ma il vantaggio, come per tutti i film sottili, di produrre energia anche in
condizione di luce non particolarmente intensa 94 .
Nonostante la ricerca stia migliorando considerevolmente l’efficienza di questo tipo
di celle, il punto chiave resta però la scelta del colorante. L’obiettivo è quello di fare in
modo di massimizzare l’assorbimento della radiazione solare in modo da catturare e poi
convertire la maggior parte della radiazione possibile. Questo è teoricamente possibile
utilizzando coloranti neri, che come noto assorbono tutta la radiazione visibile della luce;
infatti tra i coloranti studiati quelli con maggiore efficienza hanno tutti una colorazione di
questo tipo.
Esistono però in commercio celle di Grätzel di vari colori che possono essere
utilizzate anche a scopo architettonico. In questo caso l’efficienza subisce un calo perché
un solo colore è in grado di assorbire una percentuale minore di radiazione solare visibile
e quindi recuperare meno energia. Tutto questo però non è quantificabile tramite un
semplice diagramma colore/efficienza poiché intervengono in realtà altri fenomeni che
modificano l’efficienza senza però essere propriamente legati al colore.
I vantaggi legati a questa nuova tecnologia possono essere così riepilogati:

basso costo di produzione;

funzionamento anche con luce artificiale o bassa illuminazione solare;

produzione in film sottile, quindi applicabilità su finestre e tetti senza bisogno di
supporti;

possibilità di creare film decorati per rivestimento di finestre e conseguente
abbassamento dei costi di condizionamento.
Inoltre è da sottolineare che questo tipo di tecnologia, sviluppata sulla tecnica del
film sottile, possa essere direttamente autoprodotta. Infatti i sottili strati dei vari
materiali che compongono la cella di Grätzel possono essere depositati su supporti
flessibili grazie alla tecnica ink-jet (o getto d’inchiostro), su cui sono basate le comuni
stampanti. Utilizzando al posto dei semplici inchiostri i vari materiali componenti il wafer
attivo e disciolti in opportuni solventi, è possibile creare nella propria casa pannelli solari
scegliendo diversi livelli di trasparenza alla luce, sia nella regione spettrale del visibile sia
in quella vicina dell’infrarosso. Secondo questa logica, si potrà operare anche in fase
progettuale, un controllo migliore dell’aspetto cromatico.
Bisogna dire che allo stato attuale non è ancora possibile creare una precisa
relazione diretta tra colore ed efficienza, o meglio ancora, produrre una cella solare con
94
Snaith H. J., “Estimating the Maximum Attainable Efficiency in Dye-Sensitized Solar Cells”, in Advanced
Functional Matererials, n. 20 (2010), pp. 13–19.
137
Teoria e pratica dell’architettura solare
determinate caratteristiche colorimetriche massimizzandone al contempo l’efficienza. La
ricerca in questo campo è ancora finalizzata al raggiungimento della massima efficienza,
cercando inoltre di razionalizzare il rapporto tra la struttura molecolare del colorante e
l’efficienza risultante. Per questo si studia come le modificazioni strutturali in varie classi
di composti (ad esempio gli antociani della frutta rossa o le porfirine della clorofilla nelle
piante) portino ad incrementi o peggioramenti in termine di prestazioni. Probabilmente
questi studi non porteranno nell’immediato alla possibilità di stabilire con esattezza
l’efficienza dei pannelli fotovoltaici in rapporto al colore delle molecole attive, ma
creeranno le basi sulle quali poter individuare molecole con determinate caratteristiche
colorimetriche che massimizzano l’efficienza delle celle FV finali.
Fig. 2.54: immagine di vetrazione attiva trasparente e colorata a base di DSSC; fig. 2.55:
immagine di film sottile DSSC con colorante marrone
In ordine più generale è possibile affermare che la ricerca scientifica, e
conseguentemente anche l’ambito della produzione, si sta concentrando su di un
processo di smaterializzazione dei componenti attivi fotovoltaici applicabili all’involucro
architettonico. Il pannello fotovoltaico, come componente morfologicamente definito,
perde la terza dimensione, lo spessore e l’ingombro, destrutturandosi a favore di “pelli
innovative” bidimensionali; queste, sovrapposte o inserite all’interno di elementi tecnici,
diventeranno immediatamente riconoscibili e caratterizzeranno sempre più le risultanze
figurative dell’architettura, per le loro qualità cromatiche e di texture superficiale.
Una classificazione in base al colore delle componenti attive reperibili sul mercato, è
possibile ricondurla sostanzialmente a due grandi famiglie di prodotti. La prima utilizza
celle fotovoltaiche standard a base cristallino-silicea e ottiene gradazioni cromatiche
variabili in base all’accoppiamento, sopra o sotto, di pellicole sottili o vetri colorati;
queste, miscelandosi con l’elemento primario semiconduttore, generano colorazioni e
rendimenti diversi, comunque sempre inferiori a quelli delle celle di colore standard. La
seconda famiglia, di recente sperimentazione, utilizza le celle DSSC operando sulla
modificazione dell’elemento primario (strato organico semiconduttore di spessore
138
Cap. 2 Teoria dell’architettura solare
infinitesimale); questo elemento genera colorazioni differenti per la sua particolare
composizione chimica e a seconda della formula molecolare impostata. Per questi
prodotti è possibile indagare le variazioni cromatiche, in prima battuta, sulla base del
sistema HSB. Appare evidente perciò che le celle a base organica rappresentano
attualmente gli indirizzi più promettenti della ricerca scientifica sul fotovoltaico; parimenti
non è ancora possibile attuare un vero e proprio controllo della colorazione, poiché l’input
rimane sempre l’aumento dell’efficienza (per raggiungere l’obiettivo del 15% delle celle in
commercio), relegando la risultanza cromatica ad elemento consequenziale.
In conclusione si può dire che nel caso dei sistemi fotovoltaici, il rapporto tra le
istanze architettoniche e l’efficienza del sistema tecnologico (efficienza sinergica) appare
per il momento ampiamente sbilanciato a favore di quest’ultimo.
139
Teoria e pratica dell’architettura solare
140
Capitolo 3. Pratica dell’architettura solare
Tra le finalità della presente ricerca vi è quella di arrivare a definire delle invarianti tipomorfologiche
(o
forme
tipo)
dell’architettura
solare,
cioè
particolari
morfologie
dell’architettura che si sono modificate nel tempo per ottimizzare la capacità di efficienza
del sistema tecnologico, secondo un certo rapporto di sinergia con il sistema formale.
Questo rapporto, definibile anche come “efficienza sinergica”, si esplicita nella possibilità
di valutare il diverso peso, variabile da caso a caso, che assumono le istanze-esigenze
espresse dal sistema tecnologico rispetto alle istanze-esigenze espresse dal sistema
morfologico (e perciò formale) dell’architettura.
Le prime sono assoggettate ai criteri propri del corretto funzionamento dei sistemi
impiantistici (attivi) o dei dispositivi architettonici (passivi) di sfruttamento della risorsa
solare; esse vengono valutate in rapporto alla “massima efficienza” che possono
esprimere all’interno di un certo contesto ambientale e secondo certi indicatori
(orientamento irraggiamento, superficie captante a disposizione, inclinazione, ecc.) che
ne influenzano la resa finale. Le seconde dipendono dal sistema di scelte dell’opera
intellettuale del singolo progettista, operate nella rilettura di determinate morfologie
consolidate (la modificazione della forma) e influenzate da un certo contesto socioculturale in cui lo stesso progettista agisce; tutto ciò anche in considerazione del suo
livello
di
conoscenza
dell’innovazione
tecnologica 1 .
L’agire
biunivoco
e
sinergico
all’interno del progetto delle istanze-esigenze di entrambi i sistemi determina la loro
efficienza e la migliore qualità architettonica 2 .
Una possibile metodologia per valutare il livello di questa azione sinergica dei due
sistemi, consiste nell’evidenziare le intersezioni (integrazioni) presenti nel progetto
realizzato; per fare questo sono stati analizzati i sistemi tecnologici e i dispositivi
architettonici di sfruttamento solare adottati nei diversi casi studio, in rapporto agli esiti
morfologici e compositivi di alcuni parametri caratteristici del sistema formale. Il processo
analitico individua i rapporti e ne descrive sinteticamente le caratteristiche rispetto ai
luoghi del progetto 3 ove questi si manifestano. Lo strumento di sintesi è strutturato in
una scheda matrice dove vengono interrelate sei categorie del sistema tecnologico
(sistemi solari attivi e passivi utilizzati) e sei categorie del sistema formale (esiti o
risultanze morfologico-compositive), evidenziando con la colorazione della cella le
1
2
3
Nardi G., Le nuove radici antiche, Franco Angeli, Milano, 1986, pp. 34-51
Ivi, pp. 106-107
Per semplificazione e chiarezza analitica, l’edificio è stato scomposto nei “cinque fronti orientati”
corrispondenti ai prospetti zenit (copertura), sud, est, ovest e nord, considerando una forbice di angolazione
di ±45° rispetto all’allineamento esatto del fronte rispetto al punto cardinale
Teoria e pratica dell’architettura solare
relazioni dirette (intersezioni) tra i due sistemi, oppure la semplice descrizione delle
relazioni interne di sistema (cella non colorata).
3.1. Analisi dei casi studio
Il campo di applicazione di queste schede sono degli esempi di architettura solare di
nuova costruzione 4 , alle due differenti scale del piccolo edificio singolo e isolato o più
grande e complesso a carattere urbano. Questa fase è strumentale all’individuazione
delle forme tipo più ricorrenti, che saranno successivamente analizzate e codificate 5
attraverso un abaco sintetico riferito ai cinque fronti orientati. Le forme individuate come
più efficaci verranno poi riutilizzate in due fasi successive della ricerca: la prima definisce
un possibile metodo di approccio al calcolo del rendimento solare della forma urbana 6 ; la
seconda riguarda la possibile definizione di strategie per la progettazione dell’architettura
solare.
La struttura della scheda prevede una prima parte descrittiva di alcuni dati
anagrafici e ambientali di riferimento del caso studio; nello specifico:

la carta solare del PVGIS (Photovoltaic Geographical Information System) 7 : oltre a
localizzare il caso studio, attraverso la scala cromatica è possibile risalire al valore
di radiazione solare incidente al suolo e alla potenzialità produttiva da fotovoltaico;

una o due fotografie rappresentative dell’edificio: con le quali, oltre alla parte
descrittiva e fotografica del paragrafo, poter individuare il sistema di rapporti e
intersezioni riportati nella scheda;

il nome del progettista, la localizzazione (comune o provincia, nazione) e l’anno di
costruzione: dati utili all’inquadramento del caso studio;

la latitudine del sito d’intervento e la radiazione solare incidente al suolo
(kWh/m²anno) su di un piano orizzontale: con questi dati è possibile determinare il
valore
delle
altezze
solari
e
dell’intensità
periodica
dell’irraggiamento
e
dimensionare i dispositivi attivi e passivi di sfruttamento solare;

la tipologia strutturale: per verificare, in comparazione con gli altri casi studio, i
principi costruttivi e i materiali prevalentemente utilizzati;

Il concept energetico: inteso come target prestazionale (o tipologia energetica)
stabilito nella fase di progettazione preliminare.
4
5
6
7
La scelta deriva semplicemente dalla volontà di “isolare” in maniera più efficace le forme tipo solari, scevre dai
condizionamenti caratteristici dell’intervento sull’esistente. La forma tipo “isolata” può essere poi riproposta,
tenendo conto dei necessari adattamenti, anche a situazioni di riqualificazione solare del costruito
Cfr. sottocap. 4.1, Le invarianti tipo-morfologiche (o forme tipo) solari
Cfr. sottocap. 4.2, Forma urbana e rendimento solare
Cfr. sito della Comunità Europea: http://re.jrc.ec.europa.eu/pvgis/cmaps/
142
Cap. 3 Pratica dell’architettura solare
La struttura della scheda prevede in ordinata le due macrocategorie di riferimento
tecnologia e forma; riferite la prima alle strategie solari applicate (acronimo “S”
numerato), la seconda alle risultanze morfologiche e compositive (acronimo R numerato).
In ascissa è operata la scomposizione dell’involucro nei cinque fronti orientati (zenit, sud,
est, ovest, nord), e per ognuno di essi vengono indicate le intersezioni, attraverso la
colorazione della cella, e i rapporti individuati, descritti sinteticamente a fianco.
Fig. 3.1 Carta europea del potenziale di energia solare fotovoltaica: i valori a sinistra della scala
cromatica esprimono la somma annuale dell’irradiazione incidente (espressa in kWh/m²) su di una
superficie a inclinazione ottimale esposta a sud; quelli sulla destra esprimono la produzione annua
di elettricità (kWh) generata da 1 kW di picco di fotovoltaico a inclinazione ottimale e con un
rapporto prestazionale di 0,75
Più nello specifico le sottocategorie sono suddivise come:

S1. solare fotovoltaico 8 : inteso come sistema attivo di produzione energetica
(elettrica) integrato nel fronte orientato;

S2. solare termico 9 : inteso come sistema attivo a termia solareper la produzione di
acqua calda sanitaria e/o integrazione al riscaldamento dell’involucro;
8
9
Cfr. sotto-sottocap. 2.3.1
Cfr. sotto-sottocap. 2.3.2
143
Teoria e pratica dell’architettura solare

S3. guadagno diretto 10 : inteso come dispositivi architettonici che trasmettono
direttamente il flusso termico all’ambiente confinato;

S4. guadagno indiretto 11 : inteso come dispositivi architettonici che trasmettono
indirettamente 12 il flusso termico all’ambiente confinato attraverso particolari
accorgimenti tecnici;

S5. sistemi bivalenti 13 : inteso come elementi a doppia funzione sia attiva che
passiva;

S6. sistemi adattivi 14 : inteso come dispositivi che si regolano, autonomamente o
manualmente, alle mutate condizioni di irraggiamento e/o di comfort interno;

R1. configurazione ed andamento: inteso come articolazione formale del fronte;

R2. aggetti e rientranze: inteso come particolari conformazioni morfologiche
dell’involucro utilizzate a fini di guadagno o protezione solare;

R3. sovrastrutture: inteso come componenti esterne applicate all’involucro, tra cui
anche le schermature solari;

R4. massa e trasparenza: inteso come prevalenza di massa o trasparenza del fronte
orientato, espresso con dei “+” da 1 a 5 per evidenziare il carattere più o meno
massivo o trasparente del fronte;

R5. disegno delle bucature: inteso come morfologia dei componenti finestrati;

R6. materiali e colori: inteso come proprietà dei materiali e dei colori utilizzati anche
in funzione di protezione/accumulo termico o d’integrazione con i sistemi solari
applicati nei fronti;
3.1.1 Sonnenschiff, Friburgo (Germania), R. Disch, 2004
Il primo caso studio riguarda l’edificio più complesso tra i cinque considerati e l’unico dal
carattere propriamente urbano, essendo inserito nel quartiere Vauban di recente
costruzione a Friburgo e in allineamento con una importante arteria stradale (la
Merzhauser Straße).
Il Sonnenschiff (letteralmente “nave solare”) rappresenta il blocco di chiusura, in
asse nord-sud, del ben noto insediamento “Solarsiedlung Am Schlierberg” al quale
assicura la protezione acustica del traffico della strada. L’edificio, lungo ben 125 metri, si
struttura secondo un basamento di quattro piani fuori terra con cinque volumi emergenti
10
Cfr. sotto-sottocap. 2.2.1
Cfr. sotto-sottocap. 2.2.2
12
La categoria delle “serre solari” è stata ricompresa nei “sistemi misti”, quelli cioè che sfruttano sia le
caratteristiche del guadagno solare diretto che indiretto, sommandone gli effetti; Cfr. sotto-sottocap. 2.2.3
13
Cfr. sotto-sottocap. 2.2.5
14
ibidem
11
144
Cap. 3 Pratica dell’architettura solare
a funzione di captazione solare 15 : quattro di essi sono a destinazione residenziale
contenendo dei blocchi bifamiliari; il quinto volume chiude l’edificio a nord contenendo
uffici e la sede dell’Istituto di Ecologia Applicata (Öko-Institut) di Friburgo.
L’edificio è stato riconosciuto come il primo plus energy building a funzione
commerciale; infatti il suo “credito energetico” è garantito da un fabbisogno ridottissimo,
variabile tra i 10 e i 20 kWh/m²a, e dalla produzione di energia elettrica derivante dai
135 kWp di fotovoltaico posizionati sulle coperture delle torri emergenti 16 . In questo caso
infatti lo sfavorevole orientamento, derivante dalle esigenze del progetto urbano, è stato
risolto dalla rotazione di 90° della logica distributiva di questi volumi, posizionati sulla
copertura del basamento a 4 piani: grazie a questa invenzione progettuale è stato
possibile rivolgere a sud tutte le principali superfici di captazione, sia di copertura che di
guadagno termico passivo (superfici trasparenti verticali).
A livello di strategie solari possiamo quindi individuare due diversi approcci, che
rappresentano le diverse logiche applicate alle due “parti” dell’edificio.
Basamento a uffici e attività commerciali (2 piani interrati più 4 piani fuori terra):

Massima superficie di captazione verticale est e ovest per il guadagno termico
invernale, schermabile frontalmente, con veneziane esterne impacchettabili e a
lamelle orientabili 17 , dall’irraggiamento estivo; questo dispositivo consente un
miglior
controllo
sinergico
sia
della
radiazione
incidente
che
delle
visuali
sull’esterno;

Modulo opaco riflettente inserito all’altezza del parapetto nella vetrata continua.
Blocchi emergenti a residenze e uffici (2 piani più sottotetto sulla copertura del
basamento):

Rotazione di 90° dell’assetto tipologico e distributivo: le coperture a lastre
fotovoltaiche e la prevalenza delle superfici trasparenti sono rivolte completamente
a sud; lo stacco tra un blocco e l’altro consente di reperire spazi esterni (a verde) a
servizio delle abitazioni, che accostate a due o tre unità alla volta assumono il
carattere tipologico del blocco a schiera;

La forma della copertura a monofalda cuspidata 18 massimizza la superficie captante
attiva e definisce un ampio terrazzo a nord come spazio/belvedere protetto nella
stagione estiva;
15
16
17
18
Cfr. sotto-sottocap. 4.1.3, Forme tipo dei fronti orientati est e ovest
Berrini M. (a cura di), Green life: costruire città sostenibili, Compositori, Bologna, 2010, pp. 166-167
Cfr. sotto-sottocap. 4.1.1, Forme tipo del fronte orientato zenit. Copertura
Cfr. sotto-sottocap. 4.1.1, Forme tipo del fronte orientato zenit. Copertura
145
Teoria e pratica dell’architettura solare

La stessa monofalda, prevista in aggetto sul fronte sud, funge da schermatura delle
superfici vetrate continue 19 del primo piano; una balconata a struttura autonoma
(soluzione che evita anche il ponte termico di continuità strutturale) scherma le
vetrate 20 del livello terra-copertura del basamento;

Le ampie superfici trasparenti del fronte sud massimizzano il guadagno termico
diretto in fase invernale;

La superficie a “terra-copertura” destinata a giardino pensile, evita il guadagno
termico sfavorevole per riflessione della radiazione solare estiva; produce un effetto
di mitigazione del microclima per evapotraspirazione; trattiene le acque di prima
pioggia e collabora all’isolamento termico dei volumi sottostanti.
La “nave solare” si configura perciò come un ottimo esempio di soluzione per gli
edifici a orientamento sfavorevole degli elementi di tessuto urbano consolidato 21 o di
nuova costruzione, che non presentano l’orientamento prevalente a sud; infatti, a parte
alcuni casi 22 , raramente le logiche di formazione della città consolidata hanno seguito
principi favorevoli allo sfruttamento solare. Inoltre la soluzione bipartita dei blocchi
sovrapposti e ruotati, libera l’impianto tipologico di base consentendo di proporre
soluzioni spaziali diverse; le superfici piane rese accessibili in sommità del basamento,
diventano inoltre l’occasione per incrementare le spesso inconsistenti superfici a verde
della città, con tutti i vantaggi anzidetti che ne derivano.
La tematica dell’edificio di grandi dimensioni a destinazione plurifunzionale come
l’esempio appena proposto, può trovare degli spunti interessanti di riconfigurazione delle
logiche di sistema energetico dell’intero ambito urbano; la concentrazione di funzioni,
anche energetiche, a servizio di una comunità più ampia, può essere assegnata a questi
edifici-modello, che possono configurarsi come polarità d’interscambio energetico
all’interno di confini del sistema più ampi rispetto a quelli del singolo edificio 23 . Il
concetto
della
rete
energetica
di
quartiere 24
necessità
di
tanti
contributi
di
microproduzione diffusa (i singoli edifici) più o meno performanti, ma soprattutto di
queste polarità (edificio scambiatore) che regolano sia l’eventuale stoccaggio energetico
che le sottoreti di distribuzione, per giungere all’obiettivo dell’autosufficienza di interi
ambiti urbani.
19
Cfr. sotto-sottocap. 4.1.2, Forme tipo del fronte orientato sud
ibidem
21
Basti considerare tutta la tematica attualissima delle sopraelevazioni o delle addizioni “leggere” di edifici
esistenti, operate con sistemi intelaiati in legno tipo platform frame, che in alcuni casi consentono di non
dover adeguare simicamente l’intera struttura dell’edificio
22
Cfr. sottocap. 1.4
23
Cfr. sotto-sottocap. 2.1.7
24
Cfr. ibidem
20
146
Cap. 3 Pratica dell’architettura solare
Complesso Am Schlierberg: vista aerea da sud-ovest (fig. 3.2, sulla sinistra il Sonnenschiff);
schema d’impianto urbano con la suddivisione dei lotti (fig. 3.3); vista aerea da nord-ovest (fig.
3.4)
Vista del modello di progetto (fig. 3.5); vista dalla Merzhauser Straße (fig. 3.6); prospetto interno
a est (fig. 3.7)
Vista sud di una delle torri emergenti residenziali: la divisione delle unità abitative è sottolineata
dal diverso cromatismo del prospetto (fig. 3.8); sezione trasversale (fig. 3.9); i pannelli colorati,
posti sia sul fronte est che su quello ovest, nascondono delle griglie di ventilazione: la loro apertura
simultanea permette il raffrescamento notturno (fig. 3.10); dettaglio dell’accessibilità al sistema di
ventilazione meccanizzata, alternativo a quello naturale (fig. 3.11)
Fig. 3.12: piante del piano tipo interrato a parcheggi, del piano terra, del piano tipo a uffici e del
piano “terra” delle residenze (coperture del blocco a uffici); fig. 3.13: sezione del Sonnenschiff
147
Teoria e pratica dell’architettura solare
Fig. 3.14 Scheda matrice del Sonnenschiff
148
Cap. 3 Pratica dell’architettura solare
3.1.2 Home for Life, Aarhus (Danimarca), Aart AS, 2008
Il progetto “Home for life” è parte di una più ampia iniziativa di ricerca applicata del
gruppo Velux (VKR Holding, Danimarca), denominata The Velux model home 2020
project 25 . Attraverso l’ideazione e la costruzione di una serie di edifici unifamiliari a
bilancio energetico positivo (edifici solari energeticamente attivi – Plus Energy Solar
Building) 26 , cioè produttori nel bilancio annuale di una quantità di energia, da fonte
prevalentemente
solare,
maggiore
di
quella
consumata,
il
gruppo
Velux
vuole
promuovere un modello di residenza più che coerente con i dettami della direttiva
2010/31/EU; la stessa direttiva, come noto, richiederà edifici di nuova costruzione a
energia “quasi zero” dal 31/12/2020 (31/12/2018 per gli edifici pubblici).
L’oggetto di studio, orientato sull’asse est-ovest, si sviluppa secondo lo schema
tipologico ricorrente della residenza unifamiliare: al piano terra la parte a servizi e
l’ingresso disposti verso nord e la zona giorno, in doppio volume, disposta verso sud; al
primo piano si trovano la zona notte e un servizio igienico.
Sotto l’aspetto formale l’elemento più caratterizzante è il sistema falda-fronte
rivolto a sud, che appare morfologicamente integrato per forma, materiali, texture,
colori, finalizzato chiaramente alla massima captazione attiva e passiva della radiazione
solare. Ciò si evidenzia nel concept energetico in cui tutte le strategie energetiche sono
sintetizzate da specifiche soluzioni formali integrate con quelle impiantistiche e di
guadagno termico. I luoghi risultanti a maggiore intersezione tra il sistema tecnologico e
quello morfologico-compositivo sono i fronti zenit e sud, come si evidenzierà chiaramente
nella scheda matrice; i fronti est, ovest e nord diventano di supporto funzionale e di
completamento ai fronte integrato zenit-sud di orientazione più favorevole.
L’analisi di dettaglio mette in evidenza una serie di strategie del sistema tecnologico
e di esiti formali, interrelati poi nella scheda matrice, che possono essere elencati come:

linea di colmo traslata a nord (falde asimmetriche) per la massimizzazione della
superficie captante;

la falda inclinata sud prolungata in funzione di protezione dall’irraggiamento estivo
delle vetrate al piano terra e primo;

la texture delle lastre fotovoltaiche posate in sovrapposizione, che caratterizza la
fascia superiore della falda, in complanarità con il manto di copertura a scandole di
ardesia;
25
26
Gottard F., “Model home 2020”, in Azero, n. 01 (2011), Edicom, Gorizia, pp. 86-87
cfr. sotto-sottocap. 2.1.4
149
Teoria e pratica dell’architettura solare

i pannelli solari termici integrati con i lucernari di copertura per forma e dimensioni,
a definire una griglia di 10 moduli pressoché identici nella fascia inferiore della falda
sud;

l’integrazione cromatica delle scandole di ardesia (grigio-scura) con i pannelli solari;

la schermatura dall’irraggiamento estivo alle vetrate del piano terra e primo, grazie
al prolungamento differenziato della falda sud;

il sistema a guadagno diretto dei lucernari di copertura, schermabili in adattamento
alla variazione del comfort termico e luminoso interno, attraverso un controllo
domotico;

le bucature dei fronti est e ovest, schermabili frontalmente, che permettono di
sfruttare l’irraggiamento mattutino e pomeridiano;

il carattere massivo del fronte nord, contrapposto alla trasparenza del fronte sud; il
basamento, diviso in due blocchi in conseguenza della configurazione ottimizzata del
fronte sud-copertura, assume caratteri meno massivi nella parte dell’attacco a terra
in legno (ingresso alla casa e ai servizi) rispetto al volume sovrapposto di ardesia;

le bucature di questo fronte sono di superficie minima e sottolineano il concetto di
protezione termica delle superfici opache;

sullo stesso fronte sono prevalenti le finestrature zenitali per consentire, essendo la
parte più alta, il raffrescamento naturale estivo (effetto camino) in combinazione
con le aperture al piano terra, oltre al vantaggio di intercettare una maggiore
quantità di luce;
Sotto l’aspetto prestazionale sono dichiarati dei valori di trasmittanza dei
componenti d’involucro molto bassi, pari a 0,1 w/m²K per le pareti e 0,07 w/m²K per la
copertura. Il valore complessivo dell’EPgl 27 determina un valore totale “teorico” (poiché le
abitudini d’uso degli occupanti incidono notevolmente sui valori del fabbisogno
energetico) pari a 53,2 kWh/m²anno, molto inferiore a quello di una casa passiva 28 .
A livello di produzione energetica viene dichiarato un totale di 62,6 kWh/m²anno di
produzione energetica consente un credito energetico (teorico) di 9,4 kWh/m²anno, che
configura l’edificio a “energia+” (Plus Energy Building) e determina, a seconda della
prospettiva di analisi, o un ritorno economico proveniente dalla vendita in rete
dell’energia elettrica prodotta in eccesso, o un pareggio dell’energia consumata
(embodied energy o “energia grigia”) e della CO2 emessa (carbon neutral) in atmosfera
per la produzione dell’edificio.
27
L’indice di prestazione energetica globale (EPgl= EPi + EPacs + EPe + EPill) viene espresso in chilowattora
per metro quadrato su base annuale (kWh/m²a) e comprende i fabbisogni per la climatizzazione degli ambienti
(riscaldamento e raffrescamento), la produzione di acqua calda sanitaria (ACS) e l’energia elettrica per il
funzionamento degli impianti e per gli usi domestici; cfr. DM 10-7-2009 (decreto attuativo della legge 192/05),
allegato A, "Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici", punto 3
28
Valore molto contenuto confrontato, ad esempio, con il valore richiesto dal Passihaus Institut di Darmstadt
per una casa passiva (120 kWh/m²anno); cfr. sotto-sottocap. 2.1.1
150
Cap. 3 Pratica dell’architettura solare
Prospetto sud (fig. 3.15), est (fig. 3.16) e vista dell’interno (fig. 3.17) con in evidenza il tema del
doppio volume sulla zona giorno, conseguenza della traslazione del colmo di copertura verso nord
Vista sulla scala a giorno (fig. 3.18), modello tridimensionale (fig. 3.19) e dettaglio della copertura
con in evidenza l’integrazione tra i sistemi di captazione e il manto di copertura (fig. 3.20)
Piante del piano terra (fig. 3.21), primo (fig. 3.22) e sezione trasversale (fig. 3.23)
Concept energetico con in evidenza le strategie adottate (fig. 3.24); comparazione dei fabbisogni
energetici rispetto ad altre tipologie di edifici (fig. 3.25)
151
Teoria e pratica dell’architettura solare
Fig. 3.26 Scheda matrice della Home for life
152
Cap. 3 Pratica dell’architettura solare
3.1.3 Solar Aktivhaus, Kraig (Austria), G.W. Reinberg, 2009
Il terzo caso studio si configura come modello di casa ad energia quasi zero (nZEB) 29 , è
pensato come unità ripetibile e vendibile a catalogo, e si sviluppa a tipologia unifamiliare
su 150 mq. di superficie complessiva. L’edificio è disposto secondo l’asse est-ovest ed è
fortemente connotato dal sistema fronte sud-copertura (sistema formale ricorrente),
risolto in continuità morfologica e materica, secondo alcune interessanti soluzioni
integrate tra dispositivi attivi, passivi, bivalenti e adattivi che agiscono sinergicamente.
In questo caso le strategie solari adottate e gli esiti formali conseguenti, possono
essere descritti sinteticamente secondo questi punti:

il sistema attivo fotovoltaico è composto da due fasce di 18 pannelli fissati su telai
autonomi in acciaio a minor pendenza rispetto alla falda; esso si configura sia come
sovrastruttura applicata in copertura che come sistema bivalente a protezione dei
lucernari di copertura (prima fascia) e delle vetrate del piano terra (seconda fascia);

il sistema attivo di termia solare risulta sovrapposto alla falda e in allineamento con
la linea di colmo; è integrato in complanarità con il manto di copertura del quale ne
sostituisce una parte;

i dispositivi di guadagno termico passivo (superfici trasparenti) sono in rapporto
morfologico con i sistemi di protezione, rappresentati dalle schermature superiori e
dalle
tende
avvolgibili
esterne,
che
agiscono
in
funzione
di
regolazione
dell’irraggiamento solare in fase estiva;

il sistema bivalente si configura nella doppia funzione del fotovoltaico sia come
produzione energetica che come sistema passivo di schermatura solare dei lucernari
sottostanti;

la configurazione e l’andamento della copertura dipendono fortemente dalla volontà
di massimizzare la superficie captante ad uso dei sistemi attivi e in misura minore di
quelli passivi (guadagno termico e illuminazione naturale), in un rapporto
equilibrato di massa prevalente sulla trasparenza dei lucernari e in continuità con il
fronte orientato sud per composizione, materiali e colori;

la pendenza della falda captante (45°) è un valore di compromesso tra il tilt più
efficace per il sistema fotovoltaico (34° a queste latitudini) e quello del sistema a
termia solare (64° se utilizzato anche in funzione di integrazione al riscaldamento)

la struttura compositiva del fronte sud, prevalentemente trasparente, consente il
massimo guadagno termico invernale in sinergia con le schermature superiori
bivalenti che impediscono l’accesso alla radiazione estiva;
29
cfr. sotto-sottocap. 2.1.3
153
Teoria e pratica dell’architettura solare

l’articolazione dei fronti est e ovest prevede delle bucature di completamento,
ridotte nelle dimensioni rispetto al fronte sud e adattabili, tramite tende avvolgibili,
nella loro funzione di sistema diretto di guadagno termico;

il fronte nord, spiccatamente massivo, evidenzia aperture finestrate dimensionate
sulla esclusiva esigenza di apporto aero-illuminante, facendo prevalere il carattere
di protezione contro la dispersione termica delle superfici opache;
In conclusione è possibile affermare che l’efficienza sinergica dell’edificio è
evidentemente sbilanciata sul tema dello sfruttamento solare e perciò del sistema
tecnologico; infatti l’integrazione morfologica e il funzionamento sinergico della superficie
captante verticale ed inclinata rivolta a sud, si configura chiaramente come l’elemento
generatore del progetto, enfatizzato anche dallo stesso trattamento materico e
cromatico. I dispositivi tecnologici sovrastrutturali si integrano in maniera molto efficace
e diventano elementi formali caratterizzanti.
La struttura degli altri fronti orientati completa l’assetto compositivo dell’edificio,
attraverso il rivestimento massivo uniforme a doghe di larice naturale e le bucature
(ridotte ai minimi funzionali) di supporto agli ambienti notte, servizi e d’ingresso
all’abitazione. Questo progetto-programma di architettura solare, pur di relativa
semplicità applicativa come edificio isolato, è una brillante sintesi delle sinergie adottabili
in regime di funzionamento solare attivo e passivo.
L’edificio, concepito con un preciso target energetico a bilancio quasi zero, si pone
in linea con le indicazioni dell’attuale direttiva europea 2010/31/CE. Ciò è reso possibile
sia dalla minimizzazione delle dispersioni termiche (iperisolamento) che dalla corretta
impostazione progettuale, tesa al massimo sfruttamento della risorsa solare; è altresì
importante nel bilancio energetico globale la compartecipazione delle altre strategie di
tipo impiantistico, come la ventilazione meccanica controllata (VMC) con recupero di
calore ad alta efficienza e lo sfruttamento energetico geotermico associato ad una pompa
di calore.
Vista sud, con in evidenza la forte integrazione tra il sistema del fronte verticale e di quello
inclinato della copertura (fig. 3.27); vista da sud-ovest (fig. 3.28); vista da nord-ovest (fig. 3.29)
154
Cap. 3 Pratica dell’architettura solare
Foto di cantiere con in evidenza la fase di montaggio della struttura portante a pannelli lignei
prefabbricati (fig. 3.30); della fase avanzata poco prima del fissaggio del rivestimento a doghe (fig.
3.31); vista sulla zona giorno con in evidenza il doppio volume generato dalla falda di captazione a
forte pendenza (fig. 3.32)
Pianta del piano terra primo (fig. 3.33); sezione costruttiva (fig. 3.34)
Concept energetico delle strategie solari in fase estiva e invernale con in evidenza le inclinazioni
delle superfici captanti (fig. 3.35); confronto tra il fabbisogno energetico della Solar aktivhaus ed
altre varie tipologie energetiche di edifici (fig. 3.36)
155
Teoria e pratica dell’architettura solare
Fig. 3.37 Scheda matrice della Solaraktivhaus
156
Cap. 3 Pratica dell’architettura solare
3.1.4 Sunlighthouse, Vienna (Austria), Hein-Troy, 2010
Un secondo esempio del progetto “Velux Model Home 2020” 30 , di notevole interesse sotto
l’aspetto della configurazione morfologica, è questa residenza unifamiliare di tipologia
energetica equivalente alla Home for Life (PEB) 31 . L’edificio si sviluppa su di un lieve
pendio, è orientato secondo l’asse sud/est-nord/ovest e si articola morfologicamente in
due corpi distinti collegati da un corridoio, che genera un piccolo patio aperto su di un
lato. Al piano terra, considerato il livello di accesso dalla strada, si trovano le attività a
giorno poste in successione: cucina, terrazzo, pranzo, soggiorno; al primo piano sono
presenti tre camere da letto, collegate al piano inferiore da una scala a giorno illuminata
da lucernari posti in copertura. La casa si affaccia completamente sul lato sud, mentre il
lato nord, molto chiuso, contiene gli spazi di servizio e di connessione orizzontale e
verticale. Grazie alla pendenza del lotto è stato ricavato anche un livello inferiore,
parzialmente interrato, dove si trovano uno spazio a giorno e il locale tecnico.
Il corpo più a valle presenta una particolare conformazione a falda traslata in
funzione di reperimento della quantità maggiore di superficie captante rivolta a sudsud/ovest; su questa falda-schermo, opportunamente differenziata a livello materico e
cromatico, trovano sede i sistemi attivi fotovoltaici e termici per buona parte della
superficie e passivi, sottoforma di lucernari. Nella scheda matrice risultante è
chiaramente evidente la concentrazione delle intersezioni dei due sistemi nei fronti zenit
e sud, secondo un andamento scalare in rastremazione verso il fronte nord; qui è
possibile riconoscere solamente rapporti tra elementi di forma all’interno perciò della
stessa macrocategoria. Un altro elemento ricorrente è l’unicità del fronte orientato zenit
come luogo per l’implementazione dei sistemi attivi.
Le strategie solari adottate e gli esiti formali si riassumono secondo questi punti:

la massimizzazione della superficie captante a sud attraverso una configurazione di
falda che “media” tra le esigenze di produzione energetica fotovoltaica (tilt ideale
34°), produzione termica (tilt ideale 64°) e le configurazione spaziale interna; 32

l’incremento della superficie di captazione verticale attraverso la creazione del patio
intermedio tra i due blocchi e aperto verso sud;

la concezione del grande elemento captante diventa il tema portante della
morfologia architettonica e ne influenza tutta la composizione spaziale;

I vari fronti est e ovest in questo caso non sono semplicemente di completamento
del principale a sud, che anzi non presenta sistemi passivi verticali se non nella
30
31
32
Gottard F., op. cit. , pp. 92-93
Cfr. sotto-sottocap. 2.1.4
Cfr. caso studio 3.1.3
157
Teoria e pratica dell’architettura solare
vetrata del corridoio, ma diventano fondamentali per le esigenze di illuminazione e
percezione dell’esterno

Le vetrate rivolte a est e ovest del patio risultano parzialmente schermate in fase
estiva (ma anche invernale) dalle stesse volumetrie della casa;

qualche problema di surriscaldamento potrebbero fornirlo le due grandi aperture
trasparenti (a nastro e quadrata) rivolte a est-sud/est in fase estiva; in questo caso
è prevalsa la volontà dell’affaccio verso il paesaggio sottostante;
Per questo edificio-modello sono stati dichiarati livelli di fabbisogno energetico
molto bassi, con un saldo energetico positivo di 12,2 kWh/m²anno; ciò equivale a 50,8
kWh/m²anno di fabbisogno globale (EPgl) 33
e una produzione dichiarata di 63
kWh/m²anno 34 , da fotovoltaico, solare termico e pompa di calore. Inoltre il programma
di sostenibilità iniziale prevedeva di prendere in considerazione nel bilancio globale anche
l’energia consumata per la produzione dei materiali da costruzione (embodied energy),
arrivando così all’obiettivo dell’azzeramento della CO2 globale emessa nell’ambiente. Si è
calcolato un tempo di “restituzione energetica” di circa 30 anni, in modo tale da
compensare il deficit energetico con l’ambiente attraverso il surplus di prduzione
garantito dal fotovoltaico e dal solare termico.
Un altro punto chiave del progetto è stato lo studio specialistico delle condizioni di
illuminazione naturale, curato in collaborazione la Donau Universität di Krems; per ogni
ambiente a giorno della casa, anche attraverso l’utilizzo di numerosi elementi finestrati in
falda 35 , sono stati garantiti valori dichiarati di FLDm (fattore medio di luce diurna) del
5%, oltre cinque volte superiori allo standard residenziale fissato dalla normativa, che
corrisponde a una superficie finestrata complessiva pari quasi alla metà della superficie
utile. 36
Vista da sud-est (fig. 3.38); vista da est (fig. 3.39)
33
Cfr. nota 16
Holzer P., “Wohnhaus in Pressbaum”, in Detail Green, n. 2 (2011), p. 30
35
Il finanziatore è il gruppo Velux (VKR Holding) produttore specializzato, appunto, nella produzione e
commercializzazione di lucernari
36
Gottard F., op. cit. , pp. 92-93; cfr. anche Sunlighthouse, Velux Model Home 2020,
<http://www.velux.com/sustainable_living/demonstration_buildings/sunlighthouse>
34
158
Cap. 3 Pratica dell’architettura solare
Vista da nord-est sulla corte aperta (fig. 3.40); vista da nord-ovest sull’ingresso (fig. 3.41);
concept energetico (fig. 3.42)
Bilancio annuale del fabbisogno di energia utile (fig. 3.43); bilancio annuale del fabbisogno di
energia primaria (fig. 3.44); elementi considerati nel calcolo dei fabbisogni (fig. 3.45)
Piante del piano terra e primo (fig. 3.46); sezione trasversale e longitudinale (fig. 3.47); vista del
connettivo verticale e del ballatoio del primo piano nella zona notte (fig. 3.48)
Viste interne: zona pranzo-soggiorno verso l’esterno (fig. 3.49); verso la corte interna
(fig. 3.50); camera da letto principale (fig. 3.51)
159
Teoria e pratica dell’architettura solare
Fig. 3.52 Scheda matrice della Sunlighthouse
160
Cap. 3 Pratica dell’architettura solare
3.1.5 MED in Italy, Madrid, Università degli studi Roma Tre, 2012
Il quinto e ultimo caso studio riguarda il prototipo di edificio solare che ha partecipato
all’ultima edizione del Solar Decathlon Europe, tenutasi nel settembre 2012 a Madrid. Il
motivo di questa scelta riguarda la possibilità di analizzare le strategie messe in atto nella
concezione di un edificio solare creato specificatamente per il clima mediterraneo (MED),
uno tra i primi modelli realizzati, in alternativa ai precedenti casi studio concepiti
univocamente per climi centro o nord-europei.
Il prototipo è stato concepito per il Solar Decatholn 37 (olimpiade degli edifici solari),
una competizione biennale a carattere internazionale creata dal US Department of
Energy 38 nel 2002, per la promozione di edifici solari energy plus e la sensibilizzazione
verso le tematiche della sostenibilità più in generale. Possono partecipare le università di
tutto il mondo 39 che gareggiano con un gruppo di studenti (Decathletes) sotto la
supervisione di un docente responsabile (Faculty Advisor). Dal 2010 ogni due anni viene
organizzato anche un Solar Decathlon europeo, grazie ad un accordo dell’US Department
con il Politecnico di Madrid; esso si alterna negli anni pari con la manifestazione
americana che si tiene negli anni dispari. Inoltre dal 2013 è attivo anche il Solar
Decathlon China, che mette in competizione le università provenienti soprattutto dalle
regioni mediorientali e asiatiche.
Il progetto italiano 40 , riscuotendo un brillante terzo posto finale, ha proposto un
modello di casa solare che si è ispirato direttamente al tipo edilizio della casa a patio o a
corte interna della tradizione mediterranea; i riferimenti citati dagli ideatori vanno dalle
ville di Pompei, al tipo residenziale di base di alcune isole greche, agli aggregati urbani
tradizionali di Capri.
Tra le strategie di tipo passivo messe in atto una riguarda la tipologia del sistema
costruttivo, individuato nella struttura intelaiata in legno 41 del platform frame; esso
37
38
39
40
41
L’olimpiade degli edifici solari si svolge su 10 prove, che possono avere sia carattere di verifica strumentale
(misurazioni prestazionali come produzione FV, condizioni termoigrometriche interne, ecc.) che pratiche;
queste ultime si svolgono attraverso l’utilizzo quotidiano delle dotazioni del prototipo come ad esempio
“invitare a cena” gli altri team, cucinando e consumando il pasto dentro alla casa in condizioni di comfort.
Nello specifico le 10 valutazione (decathlon) prevedono: 1. qualità architettonica, 2. ingegnerizzazione e
costruzione, 3. installazioni solari, 4. bilancio energetico elettrico, 5. comfort, 6. dotazioni e funzionamento,
7. comunicazione e sensibilizzazione sociale, 8. industrializzazione e fattibilità commerciale, 9. innovazione,
10. sostenibilità. Le prove di gara assegnano fino a un massimo (variabile a seconda della prova) o di 80 o di
120 punti e sono svolte nell’arco di una quindicina di giorni; chi somma più punti alla fine della competizione
vince il decathlon.
Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti d’America
Su tutte le candidature presentate vengono selezionate un massimo di 20 università
L’Italia era alla prima partecipazione ufficiale. I coordinatori generali per l’Università Roma Tre sono stati C.
Tonelli (Faculty Advisor) e G. Bellingeri; la stessa università ha ripresentato la candidatura per SDE 2014, che
si svolgerà a Parigi (Versailles) nella prima metà di luglio, con il progetto “RhOME for denCity”
In sede di prima analisi la scelta di un sistema costruttivo in legno potrebbe apparire contraddittoria con il
concetto di “casa mediterranea”, non essendo questo materiale propriamente il più diffuso e utilizzato in
queste zone climatiche. La questione va riconsiderata sotto l’aspetto dell’evoluzione/modificazione che un tipo
costruttivo può avere in una determinata area geografica, soprattutto in relazione al cambiamento del
sistema di esigenze a cui lo steso tipo deve riferirsi; esigenze espresse da un particolare contesto normativo,
sociale ed economico e posizionate in un certo periodo storico.
161
Teoria e pratica dell’architettura solare
associa le proprietà di resistenza sismica, precisione di assemblaggio, leggerezza e
trasportabilità tipiche dei sistemi costruttivi in legno, con le proprietà massive dello strato
interno, che si struttura attraverso tubi in alluminio riempiti di sabbia umida 42 . Questa
sinergia di comportamento dei diversi materiali assicura elevate resistenze statiche e
buone
caratteristiche
inerziali,
considerando
lo
sfasamento
termico
nel
periodo
surriscaldato; inoltre la logica della stratificazione delle chiusure esterne e delle partizioni
interne, consente di alloggiare le canalizzazioni e le derivazioni impiantistiche necessarie
al funzionamento dell’involucro.
Una seconda scelta strategica di progetto, riguarda l’organizzazione degli elementi
attivi di produzione energetica. La casa mediterranea, secondo la filosofia portata avanti
dall’Università Roma Tre, non ha il tetto a spioventi ma riprende la morfologia della
copertura piana; questo elemento risulta però in palese contraddizione con l’esigenza di
massima efficienza dei sistemi attivi. Essi richiedono infatti una inclinazione variabile, alle
nostre latitudini, tra i 30° di tilt per il fotovoltaico e i 45°÷60° per il solare termico, a
seconda dello sfruttamento prevalente che ne viene fatto 43 . In questo caso la soluzione
proposta sbilancia fortemente l’efficienza sinergica verso le istanze del sistema formale,
riducendo l’efficienza del sistema tecnologico. La soluzione progettuale che è stata scelta
prevede in definitiva un utilizzo maggiore di superficie captante in più orientazioni (zenit,
est, ovest), garantendo una disponibilità energetica in autoproduzione più costante
durante tutto l’arco della giornata.
Il fulcro impiantistico della struttura, in posizione centrale rispetto alla disposizione
planimetrica, è stato concentrato in un box (3D core) che ingloba il bagno, la parete
attrezzata della cucina e tutti gli impianti tecnici della casa; questa soluzione ha
ottimizzato le problematiche di trasportabilità, fornendo al contempo una soluzione al
tema della riproducibilità e standardizzazione dei componenti. La produzione energetica
per la climatizzazione degli ambienti è demandata ad una pompa di calore, che permette
il funzionamento di un sistema primario radiante; esso è ampiamente sufficiente per
condizioni standard di utilizzo, mentre in condizioni di picco termico interviene un sistema
ausiliario di climatizzazione dell’aria, che sfruttando l’impianto esistente di ricircolo
meccanizzato agisce anche in funzione di controllo dell’umidità relativa.
In ordine generale le strategie solari adottate possono essere elencate come:

L’implementazione
di
9,6
kWp
di
fotovoltaico
caratterizzano
un
tridimensionale a “scavalco” che protegge la copertura e i lati est e ovest;
42
43
Cfr. Project Manual, MED in Italy, SDE, 2012, pp. 4-5; cfr. anche sotto-sottocap. 4.3.1
Cfr. sottocap. 2.3
162
portale
Cap. 3 Pratica dell’architettura solare

lo stesso portale assume funzione bivalente poiché oltre alla produzione energetica
associa anche quella di schermatura passiva e di ombreggiamento delle superfici
trasparenti sul lato sud e del lucernaio continuo orizzontale sul lato nord;

Il lato sud è completamente trasparente (a parte il blocco a servizi centrale) in
funzione di guadagno termico invernale;

I lati est e ovest sono completamente ciechi (evitando le criticità delle superfici
trasparenti su questi fronti) e delegano alle pareti verticali del portale fotovoltaico il
compito di sfruttare la radiazione solare;

Il fronte nord, anch’esso di carattere fortemente massivo, non presenta bucature
verticali ma una interessante soluzione di lucernaio continuo orizzontale (ad un
livello leggermente inferiore rispetto all’orizzontamento di copertura) che irradia
luce diffusa nelle parti della casa altrimenti meno illuminate.
Viste generale da sud-est (fig. 3.53); dettaglio del rivestimento laterale in pannelli fotovoltaici (fig.
3.54); dettaglio della controparete in tubi di alluminio riciclato riempiti di sabbia con funzione di
accumulo termico (fig. 3.55)
Nodo solaio controterra-parete verticale esterna con in evidenza la stratificazione dell’involucro (fig.
3.56); sezione trasversale del prototipo MED in Italy (fig. 3.57)
Planivolumetrico di progetto (fig. 3.58) con in evidenza la rampa di accesso al patio interno e la
grande copertura piana fotovoltaica; pianta del MED in Italy (fig. 3.59); dettaglio costruttivo in
sezione orizzontale con in evidenza il telaio portante in legno e gli spessori d’isolamento (fig. 3.60)
163
Teoria e pratica dell’architettura solare
Fig. 3.61 Schemi del comportamento bioclimatico estivo ed invernale
164
Cap. 3 Pratica dell’architettura solare
Fig. 3.62 Scheda matrice del MED in Italy
165
Teoria e pratica dell’architettura solare
166
Capitolo 4.
Strategie per una progettazione dell’architettura solare
È opinione condivisa che la sfida per la riduzione globale dei consumi energetici debba
coinvolgere sempre più ampiamente il settore delle costruzioni, responsabile ancora oggi
in Italia, ad esempio, di una percentuale di oltre un terzo del totale dei consumi 1 .
L’architettura e il mondo dell’edilizia in genere hanno una grande opportunità a
disposizione, quella cioè di poter contribuire a ridurre una quota notevolissima dei
consumi globali di energia; la stessa energia che provenendo il larga percentuale da fonte
fossile è tra i principali responsabili dell’effetto serra e del global warming a cui stiamo
assistendo impotenti. La strada virtuosa della riduzione dei fabbisogni energetici in
edilizia è già stata intrapresa, soprattutto in alcune nazioni più impegnate già da alcuni
decenni, ma la drammaticità dei dati in costante peggioramento impongono una
accelerazione molto più incisiva nelle politiche mondiali e nazionali sui temi legati al
risparmio energetico; allo stato attuale il punto di non ritorno del cambiamento climatico
appare molto vicino, se non addirittura già superato. La ricerca scientifica in primis, la
cultura progettuale e il settore produttivo delle costruzioni come recettori, devono
consapevolmente
comprendere
che
il
problema
della
riduzione
dei
consumi
è
improrogabile, poiché non è solo in discussione il futuro dell’architettura ma la stessa
esistenza umana.
È necessario che una seria e immediata presa di coscienza debba attuarsi anche
nell’utilizzatore finale, colui che usa realmente l’edificio, sensibilizzandolo a modificare i
comportamenti quotidiani verso un minor spreco dell’energia a disposizione nel proprio
ambiente di vita e di lavoro; è evidente che la migliore delle energie disponibili è quella
non consumata 2 . Fermo restando la primaria strategia del porre in essere azioni di
risparmio energetico conservative, in equilibrio tra il “non uso” dell’energia e il minor
consumo dell’involucro, appaiono decisive le strategie legate alla produzione energetica e
al guadagno termico da fonte rinnovabile tramite sistemi impiantistici attivi e dispositivi
architettonici passivi integrati negli edifici. In quest’ottica la risorsa solare, sia per la sua
immensa disponibilità che per la sua caratteristica di “democraticità” nel reperimento,
risulta essere potenzialmente la più sfruttabile a livello planetario e portatrice dei più
ampi margini di miglioramento e diffusione. Occorre però analizzare attentamente ciò che
questi
1
sistemi
di
sfruttamento
solare
implicano
per
l’architettura,
indagandone
ENEA, Rapporto energia e ambiente, ENEA, Roma, 2013, p. 10
L’uso responsabile dell’energia che abbiamo quotidianamente a disposizione è la prima possibile azione di
risparmio energetico che possiamo immediatamente mettere in pratica, senza investimenti economici o sforzi
particolari; è necessaria solamente un po’ di consapevolezza nei nostri gesti quotidiani per produrre i cosiddetti
“Negawatt”, la migliore energia rinnovabile mai esistita. Cfr. Lantschner N., a cura di, La mia CasaClima –
progettare, costruire e abitare nel segno della sostenibilità, Bolzano, Raetia, 2009, p. 11
2
Teoria e pratica dell’architettura solare
precisamente i punti di contatto e le intersezioni e comprendendone le potenzialità
espressive che le nuove figurazioni architettoniche comportano; il fine ultimo sarà quello
di riproporre una nuova etica dell’architettura, sempre più a servizio dell’uomo e
dell’ambiente che lo circonda.
Le argomentazioni trattate nei capitoli precedenti mostrano come sia possibile
individuare, selezionare ed applicare concetti e tecniche per lo sfruttamento dell’energia
solare in architettura. Essi intervengono fin dalla concezione preliminare del progetto 3 e
influenzano la morfologia e la risultanza estetica finale del costruito, rendendosi
immediatamente
riconoscibili
nella
particolare
strutturazione
formale
dell’oggetto
architettonico. La scelta di adottare nella fase metaprogettuale un approccio che assuma
le questioni dello sfruttamento dell’energia solare come premessa, influenza fin da subito
ogni ragionamento e strategia applicabile al progetto e ne indirizza fortemente la
composizione 4 .
È sufficiente, ad esempio, porre attenzione alla differente risposta energetica dei
fronti edilizi diversamente orientati e sottoposti alla radiazione solare. Il fronte sud ne
riceve la maggior percentuale e si connota per la sua elevata trasparenza, essendo luogo
privilegiato per la predisposizione dei dispositivi solari prevalentemente di tipo passivo. I
fronti est e ovest interagiscono come completamento e supporto al funzionamento
bioclimatico del fronte sud e contengono le bucature complementari; essi sono
riconoscibili per le differenti tipologie di schermature solari posizionate in questo caso
frontalmente. Il fronte nord è connotato dallo spiccato carattere massivo nella logica del
massimo contenimento delle dispersioni energetiche, limitando le bucature finestrate al
soddisfacimento dei requisiti aero-illuminanti dei locali che contiene spesso destinati a
servizi.
Come
aspetto
di
notevole
interesse
nella
ricerca
è
emersa
una
forte
riconsiderazione del ruolo della copertura in conseguenza della recente e diffusa
introduzione dei sistemi solari attivi di produzione energetica; la stessa viene perciò
intesa non più unicamente come coronamento e terminazione dell’edificio ma anche
come luogo privilegiato di supporto degli stessi. Questa componente architettonica, qui
definita
“quinto
fronte
orientato”,
si
sta
fortemente
modificando
rispetto
alle
configurazioni tradizionali; il fine di massimizzare le superfici captanti verso orientazioni
più favorevoli (sud, sud-est, sud-ovest) produce un ripensamento della forma, a servizio
mediato del sistema tecnologico di sfruttamento solare.
È stato inoltre evidenziato che la massima efficienza del sistema tecnologico, nel
nostro caso di tipo solare, decrementa e si “adatta” al variare delle varie istanze che
compartecipano al processo ideativo del progetto architettonico: istanze di tipo culturale,
3
Nella fase preliminare di progettazione sono solitamente prese l’80% delle decisioni che influenzano il
rendimento energetico dell’edificio; cfr. Lobaccaro et al., “Potenziale solare nelle aree urbane”, in Involucri
avanzati, atti dell’8° Energy Forum, Bressanone (BZ), 05-06 novembre, 2013, p. 298
4
Cfr. Reinberg G.W., Architetture di Georg W. Reinberg, Alinea, Firenze, 1999, p. 12
168
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
ambientale e tecnico sintetizzate nelle forme dell’architettura. Questo rapporto definibile
come efficienza sinergica 5 varia a seconda del maggior o minor peso assegnato nel
progetto alle istanze formali, per definire la massima efficienza possibile del sistema
tecnologico in quel particolare contesto ambientale e culturale.
Caratterizzazione dei fronti in base all’orientamento. Immagini in alto (T. Herzog, residence del
centro educativo giovanile a Winberg, 1991): dettaglio del prospetto sud (fig. 4.1), pianta del
primo livello (fig. 4.2), dettaglio del prospetto nord (fig. 4.3); immagini in basso (A. Contavalli,
scuola materna a Ponticelli, 2007): prospetto sud (fig. 4.4) e nord (fig. 4.5)
Le forme dell’architettura sottendono a una continua evoluzione tra permanenza e
innovazione in un processo di lenta sedimentazione; all’opposto l’innovazione tecnologica
si presenta in modalità più dinamiche e proviene spesso da altri settori di ricerca e
produzione. Il rapporto che le nuove tecnologie solari di tipo attivo (fotovoltaico e solare
termico) hanno stabilito con l’architettura è stato in un primo momento dicotomico,
configurandosi come semplice sovrapposizione di un sistema su di un altro e producendo
risultati spesso di bassa qualità architettonica. Grazie soprattutto a una consapevole
azione di progetto da parte di una compagine “ideologicamente” schierata di progettisti
attenti alle problematiche della sostenibilità 6 , si sta assistendo a un processo di
assimilazione da parte dell’architettura dei sistemi tecnologici di sfruttamento solare; le
forme e i principi fondativi 7 di una nuova architettura solare si possono cogliere in tutta
5
Per efficienza sinergica si intende il rapporto di interdipendenza, variabile da caso a caso, tra l’efficienza del
sistema tecnologico e le istanze morfologico-compositive proprie del progetto di architettura. Queste istanze
dipendenti dal particolare contesto culturale, sociale ed ambientale in cui il progetto si realizza, regolano un
certo “decadimento” della massima efficienza del sistema tecnologico a favore di un maggior livello di qualità
architettonica finale
6
Tra i quali emergono come figure più rappresentative: Thomas Herzog, Georg W. Reinberg, Rolf Disch
7
Alcuni autori parlano già di “linguaggio dell’architettura solare”, “segno solare” o più in generale di
“architettura energetica”. Cfr. Piemontese A., Scarano R., Energia solare e architettura, Gangemi, Roma, 2003,
pp. 7-9; Roloff J., Costruire edifici climaticamente consapevoli porta ad uno specifico linguaggio formale?,
169
Teoria e pratica dell’architettura solare
una serie di opere realizzate, caratterizzate da un nuovo modo di concepire il modello
sostenibile contemporaneo. Tutto ciò è indotto anche per chiare ragioni di ineludibilità
della problematica energetica, che porteranno in breve tempo gli edifici a bassissimo
consumo a porsi come tipologia energetica di riferimento. Allo stesso tempo si sta
assistendo a una crescente risposta del mondo produttivo e della ricerca alle esigenze
espresse dalle nuove istanze legate alla progettazione solare.
Questa nuova architettura solare vuole assumere un ruolo importante nella sfida
planetaria alla riduzione globale dei consumi energetici e dell’inquinamento ambientale.
Riveste un ruolo primario nella concezione degli edifici a energia quasi zero o addirittura
attivi, dove il consumo necessariamente molto basso deve essere compensato da una
autoproduzione energetica in loco; in questo bilancio virtuoso si inseriscono le tecnologie
di sfruttamento della risorsa solare. Queste possono infatti trovare nell’architettura un
perfetto supporto applicativo, ma allo stesso tempo evidenziando il tema dell’integrazione
come uno dei principali problemi aperti dell’attuale ricerca scientifica in architettura.
Secondo queste premesse il presente capitolo, che contiene gli esiti della tesi
dottorale, arriva a tracciare secondo un certo percorso delle possibili strategie di
progettazione sostenibile, in cui al centro vi sia l’utilizzo dei dispositivi di sfruttamento
solare; esse hanno come esito sintetico tre esercizi progettuali riferiti sia alla costruzione
ex novo che all’efficientamento dell’esistente. Precedentemente vengono forniti gli
strumenti operativi a supporto delle strategie, configurati inizialmente nella codificazione
delle invarianti tipo-morfologiche (o forme tipo); esse sono desunte dall’analisi specifica
dei casi studio individuati e più in generale dalla ricognizione della produzione
architettonica solare. Successivamente le forme tipo individuate e le tipologie edilizie
ricorrenti, diventano strumentali alla definizione del rendimento della forma urbana
desunto attraverso specifici indicatori tecnologici e formali; questo concetto viene
applicato a cinque morfotipi 8 ricorrenti individuati nei tessuti urbani consolidati di edilizia
residenziale sociale, con la finalità di individuare le tipologie urbane potenzialmente più
performanti a livello di guadagno e produzione energetica da fonte solare.
rivista Detail, n° 6-2002, P. 723; Serra R., Coch H., L’energia nel progetto di architettura, Città Studi, Milano,
1997, p. 113
8
Per morfotipo si intende una forma urbana consolidta e ricorrente (isolato a corte chiusa o aperta; blocchi
edilizi contrapposti; successione di torri) e viene riferita ad una precisa unità minima territoriale urbana
(UMTU); quest’ultima si configura in relazione alla garanzia della piena captazione solare degli involucri edilizi
ed è dotata delle necessarie infrastrutture per poter funzionare ed essere ripetibile.
170
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
4.1. Le invarianti tipo-morfologiche (o forme tipo) solari
Attraverso l’analisi dei casi studio risulta possibile definire delle invarianti, o ricorrenze,
tipo-morfologiche che caratterizzano l’architettura solare contemporanea. Queste forme
tipo consistono in una modificazione di forme originarie già esistenti e sono caratterizzate
da un certo livello di efficienza sinergica. È anche possibile considerarle come risultato
della modificazione di un gene della loro struttura archetipica, dovuta all’intersezione
dell’architettura con un nuovo elemento tecnologico. Come affermato da Nardi 9 , in un
primo momento l’innovazione tecnologica prevale sempre sulla forma dell’architettura per
poi lentamente divenirne parte essa stessa, secondo un processo di adattamento e
simbiosi; alla fine torna sempre e comunque a prevalere l’architettura come processo di
sintesi, strutturandosi come elemento primario e ordinatore attraverso lo strumento del
progetto. Un approccio progettuale basato sull’efficienza sinergica regola il diverso peso
che viene dato al raggiungimento di determinate performance energetiche (dipendenti da
fattori tecnici e condizioni ambientali) in rapporto al soddisfacimento di determinate
esigenze formali, generate come detto da un certo contesto culturale, ambientale e
sociale.
Nel terzo capitolo, nella formulazione delle schede matrice, è stata operata una
scomposizione
del
manufatto
architettonico
in
cinque
parti
distinte,
sulla
base
dell’orientamento delle superfici di captazione dell’oggetto di studio. Definendo queste
parti come fronti orientati, si sono individuate le forme architettoniche ricorrenti (forme
tipo) in relazione/intersezione con lo sfruttamento dell’irraggiamento solare, attuato
attraverso certi dispositivi architettonici di tipo attivo o passivo. La particolare posizione,
inclinazione e orientazione di questi sistemi ne influenza la resa, producendo una
performance energetica minore o maggiore; le conformazioni architettoniche risultanti
nel progetto evidenziano perciò la misura dei livelli di efficienza sinergica raggiunti.
Le forme tipo ricorrenti risultano a volte definite nel singolo fronte orientato a volte
in stretto rapporto o continuità fra più fronti, determinando diverse configurazioni delle
superfici captanti; è il caso ad esempio dei fronti orientati zenit e sud, luoghi privilegiati
di captazione solare, che appaiono in diversi esempi come un sistema compositivo
integrato in continuità morfologica e percettiva. Spesso questa continuità è necessaria
per il corretto e sinergico funzionamento dei sistemi attivi e passivi; in certi casi la
continuità morfologica viene estremizzata e la stessa copertura diventa fronte arrivando
fin quasi a terra. Sicuramente il sistema copertura con l’introduzione delle nuove
tecnologie solari attive sta riassumendo una nuova forza figurativa, in antitesi al
dissolvimento formale tipico dell’architettura funzionalista; si può affermare che il
9
Cfr. Nardi G., “Le nuove radici antiche: saggio sulla questione delle tecniche esecutive in architettura”, II ed.,
Milano, Franco Angeli, 1988
171
Teoria e pratica dell’architettura solare
coronamento dell’edificio sta riappropriandosi di quel valore semantico che gli era stato
negato, oltre al ruolo più funzionale di supporto alle nuove tecnologie e di tenuta agli
agenti atmosferici.
Fig. 4.6 Valori della radiazione solare (cielo sereno) su di una superficie verticale a 40° di
latitudine nord nel corso dell’anno in rapporto ai 5 fronti orientati
L’abaco delle forme tipo che seguirà è desunto dall’analisi dei casi studio e di molti
altri esempi di realizzazioni, tenendo conto perciò delle configurazioni più ricorrenti di un
certo tipo di architettura solare definibile attuale o contemporanea. Questa scelta
sottolinea l’assunto che conclusosi la fase di un’architettura solare quasi esclusivamente
di tipo passivo, si sta assistendo attualmente ad una sperimentazione formale che tiene
fortemente in conto la sinergia tra i (relativamente) nuovi sistemi attivi e i sistemi passivi
consolidati, a volte con una prevalenza dei primi a volte dei secondi.
Tra i sistemi attivi è nettamente più utilizzato il fotovoltaico rispetto ai sistemi a
termia solare, ed è naturale la conseguenza di un maggiore adattamento della forma
architettonica alle esigenze di questo sistema. Tra tutti i tipi di sistemi passivi codificati 10
si può notare un quasi esclusivo utilizzo dei sistemi cosiddetti “a guadagno diretto”
(vetrazioni giustamente orientate) o del sistema cosiddetto ”a guadagno misto”
rappresentato dalla serra solare; in altri casi è possibile affermare che in sostituzione del
quasi scomparso sistema “a guadagno indiretto” rappresentato dal muro Trombe,
vengono ora utilizzati dei muri ad accumulo termico innovativi contenenti sostanze
10
Cfr. sottocapitolo 2.2
172
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
PCM 11 , di utilizzo meno complicato per l’utenza ma comunque sempre onerosi
economicamente.
In ordine generale è possibile individuare due modi ricorrenti di approccio
progettuale, generatori di forme tipo molto diverse. Il primo indirizza il progetto tenendo
in conto prioritariamente l’utilizzo di dispositivi passivi e configura la forma dell’edificio
per ottenere la massima efficienza dei sistemi a serra solare o dei muri ad accumulo
termico con PCM (edificio in Sagedergasse, G.W. Reinberg, 1999; Solar home III, D.
Schwarz, 2000). La seconda si rivolge più espressamente all’utilizzo di sistemi attivi di
produzione
energetica
e
configura
forme
architettoniche
finalizzate
al
massimo
reperimento di superfici captanti soprattutto in copertura (Solar Aktivhaus, G.W.
Reinberg, 2009; Home for Life, Aart A/S, 2009). Le finalità dei due diversi tipi di
approccio si possono desumere chiaramente dall’analisi del concept energetico 12 ,
strumento col quale vengono definite preliminarmente e organicamente le strategie
energetiche e bioclimatiche adottate nel progetto. Questo strumento di “programmazione
energetica” dell’involucro architettonico, definisce chiaramente anche le sinergie che si
devono instaurare tra i diversi tipi di sistemi impiantistici e i dispositivi architettonici di
sfruttamento passivo, tenendo conto delle loro esigenze particolari di funzionamento e di
orientazione.
Forma “passiva” e forma “attiva”: nella prima immagine (fig. 4.7) l’edificio sulla sinistra enfatizza
maggiormente l’utilizzo di superfici captanti attive fotovoltaiche (falda inclinata rivolta a sud),
quello sulla destra l’utilizzo di sistemi passivi a serra solare (falda rivolta a nord); immagine sulla
destra (fig. 4.8): sezione dell’edificio a forma “passiva” (complesso Gneis Moos, Salisburgo, G.W.
Reinberg, 2000)
Nota importante è che in tutti i casi di forme tipo successivamente schematizzate la
superficie captante può essere idealmente sostituita da un sistema continuo vetrato
“attivo”, formato cioè da moduli innovativi semitrasparenti con interposte celle
fotovoltaiche nel pacchetto vetrato. In questo caso il sistema viene definito bivalente
poiché alla produzione energetica somma un guadagno termico per effetto serra. È
11
Cfr. sotto-sottocapitolo 2.2.2
Cfr. Siragusa L., L’energia del sole e dell’aria come generatrice di forme architettoniche, Padova, CLEUP,
2009
12
173
Teoria e pratica dell’architettura solare
possibile controllare in fase di progetto la percentuale di trasparenza della chiusura,
calibrando la densità delle celle interposte; questo permette anche di ottenere particolari
effetti di luci e ombre interne, fermo restando la primaria funzione di elemento
schermante e di controllo passivo dell’irraggiamento solare.
Come importante considerazione finale va premesso che le configurazioni risultanti
dagli schemi delle forme tipo che seguono hanno validità, con dei necessari adattamenti,
per latitudini comprese tra i 28° e i 56° di latitudine nord o sud.
4.1.1 Forme tipo del fronte orientato zenit. Copertura
Questa analisi partirà dal luogo di progetto privilegiato nei termini di sfruttamento
dell’energia solare e di applicazione dei dispositivi tecnologici che lo realizzano,
soprattutto di tipo attivo (fotovoltaico e solare termico). La copertura, come risulta anche
dalle schede matrice di analisi 13 , è la componente dell’involucro in cui possiamo trovare
la maggiore concentrazione di rapporti e intersezioni tra il sistema tecnologico e la
struttura formale.
Un primo aspetto interessante è la messa in discussione della tipologia a copertura
piana, poiché tale configurazione risulta essere meno efficiente per il sistema tecnologico
che supporta; in questo caso l’implementazione dei sistemi attivi di captazione solare può
avvenire solamente per sovrapposizione di elementi completamente disgiunti per forma e
inclinazione, rendendo molto problematica la possibilità d’integrazione. Volendo in ogni
caso completamente integrare il sistema tecnologico con una copertura di tipo piano,
bisogna
considerare
un
decadimento
prestazionale
dell’ordine
del
15%
rispetto
all’inclinazione ideale di 30° che alle nostre latitudini garantisce la massima efficienza del
sistema 14 (esempio di un sistema FV orientato al sud pieno). Nei vari esempi tratti risulta
evidente invece una riconfigurazione del tipo più tradizionale a capanna, variamente
rielaborato allo scopo di ottenere la massima superficie captante nella direzione più
favorevole, considerando che le falde contengono già l’inclinazione sufficiente a contenere
i decrementi prestazionali dei sistemi tecnologici posizionati in piano.
Il tipo planimetrico più utilizzato negli edifici solari è a pianta rettangolare, orientata
secondo l’asse est-ovest per ottimizzare l’estensione superficiale del fronte captante più
favorevole a sud e minimizzare i due fronti problematici orientati a est e ovest. In questo
caso è ricorrente una copertura a due falde con la traslazione verso nord della linea di
colmo per incrementare la superficie di captazione; a volte mantenendo le stesse
pendenze di falda e conseguentemente altezze di gronda diverse (complesso “Am
13
Cfr. capitolo 3, Pratica dell’architettura solare
Valore da considerarsi ottimale per latitudini comprese tra i 40 e i 50° N (o 40-50° di latitudine sud ma con
esposizione dei pannelli verso nord).
14
174
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
Schlierberg”, R. Disch, 2005), a volte con la falda esposta a nord più in pendenza per
mantenere costante la linea di gronda (Casa a Hegenlohe, T. Volz, 2003). Questa tipo
morfologico di copertura sviluppa delle particolari spazialità interne in corrispondenza
dell’ultimo piano, spesso risolte con l’utilizzo di doppi volumi finalizzati alla ricucitura delle
diverse quote di gronda dei fronti contrapposti; in questi spazi sono ricorrenti, specie
nelle tipologie unifamiliari, anche soluzioni integrate scala-ballatoio a giorno per la
distribuzione al piano superiore della zona notte (Home for Life, Aart AS, 2008).
In caso di edifici orientati con il lato lungo secondo l’asse nord-sud spesso si
ritrovano soluzioni di elementi architettonici emergenti, sorta di torri solari, che cercano e
ricavano
superfici
captanti
perfettamente
esposte
a
sud,
con
falde
orientate
ortogonalmente all’asse principale (Sonnenschiff, R. Disch, 2004). In altri casi la
copertura e il fronte sud formano un sistema integrato in continuità di superfici verticali e
inclinate (Solar Aktivhaus, G.W. Reinberg, 2009) o solamente inclinate con il coperto che
arriva a terra, enfatizzato per texture, materiali e colori (Wohnhaus in Regensburg, T.
Herzog, 1977-79).
L’intersezione tecnologia-forma in questi casi è leggibile nella più o meno risolta
integrazione del sistema tecnologico nel sistema morfologico-compositivo della copertura,
quale sommatoria dell’originaria funzione di chiusura e protezione dagli agenti atmosferici
e della nuova funzione di produzione energetica da fonte solare. Il quinto fronte orientato
diventa a tutti gli effetti il vero elemento protagonista nella percezione dell’edificio solare
contemporaneo, ripensato secondo nuove esigenze tecnologiche che determinano nuove
configurazioni formali.
Negli schemi seguenti vengono riproposte alcune invarianti tipo-morfologiche (o
forme tipo) ricorrenti nei diversi edifici solari analizzati. Le costanti individuate mostrano
soluzioni che massimizzano la capacità captante delle superfici inclinate in caso di
prevalenza di strategie di tipo attivo, con la falda perciò orientata a sud (Sunlighthouse,
Hein-Troy, 2010); o soluzioni opposte quando la strategia è mirata al reperimento della
massima superficie sul fronte sud per una captazione di tipo passivo, con la falda perciò
orientata a nord (Solar III, D. Schwarz, 2000).
Nei successivi schemi delle forme tipo le indicazioni di pendenza della falda captante
nelle tipologie a capanna corrispondono sempre a un valore d’inclinazione di 20°
(pendenza del 36%); nel riprendere il concetto di efficienza sinergica definito
precedentemente, questo dato viene assunto come mediazione tra la massima efficienza
del sistema fotovoltaico (tilt di 30°) e la pendenza ricorrente delle falde attive, comprese
nella zona climatica a cui si riferiscono la maggior parte dei caso studio analizzati (tra i
40 e i 50° di latitudine nord).
Negli schemi grafici le frecce incidenti sulla superficie captante indicano in maniera
proporzionale e comparativa la quantità di radiazione solare (e conseguentemente la sua
175
Teoria e pratica dell’architettura solare
capacità produttiva) in rapporto all’estensione della superficie attiva e all’inclinazione
della stessa, conseguenza della particolare configurazione della forma tipo. Sempre
secondo una logica comparativa vengono poi assegnati dei valori da uno a tre più (+),
come espressione dell’efficacia delle varie strategie (attivi o passive) più favorevoli o
auspicabili per quella particolare configurazione. Gli indicatori utilizzati per evidenziare
l’intersezione tra la categoria tecnologica (strategie solari S) e quella formale (risultanze
morfologico-compositive R) sono gli stessi utilizzati nelle schede matrice di analisi dei casi
studio 15 e vengono nuovamente elencati di seguito per comodità di lettura:
S 1: sistema solare fotovoltaico (attivo)
S 2: sistema solare termico (attivo)
S 3: sistema a guadagno diretto (passivo)
S 4: sistema a guadagno indiretto (passivo)
S 5: sistema bivalente (attivo+passivo)
S 6: sistema adattivo (attivo, passivo o entrambi)
R 1: configurazione e andamento
R 2: aggetti e rientranze
R 3: sovrastrutture
R 4: massa e trasparenza
R 5: disegno delle bucature
R 6: materiali e colori
Fig. 4.9 FORMA TIPO Z1: capanna a colmo traslato verso nord (stessa pendenza)
STRATEGIA SOLARE: massimizzazione della produzione energetica (S1 ++ , S2 +)
RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: asimmetria; linee di gronda a quote diverse sui due
fronti; pendenza di entrambe le falde di 20° (R1)
INTERSEZIONE: S1, S2 / R1
15
Cfr. capitolo 3, Pratica dell’architettura solare
176
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
Fig. 4.10 FORMA TIPO Z2: capanna a colmo traslato verso nord (diversa pendenza)
STRATEGIA SOLARE: massimizzazione della produzione energetica (S1 ++, S2 +)
RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: configurazione asimmetrica, linee di gronda alla
stessa quota, pendenza falda di captazione 20° (R1)
INTERSEZIONE: S1, S2 / R1
Fig. 4.11 FORMA TIPO Z3: monofalda cuspidata e copertura piana
STRATEGIA SOLARE: produzione energetica (S1 ++; S2 ++)
RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: andamento a risega, inclinazione di falda 45°;
continuità fronti orientati zenit / sud (R1)
INTERSEZIONE: S1, S2 / R1
Fig. 4.12 FORMA TIPO Z4: capanna a colmo traslato verso sud (copertura serra solare)
STRATEGIA SOLARE: produzione di energia fotovoltaica e termica (S1 ++, S2 +);
RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: copertura a capanna asimmetrica, falde a stessa
pendenza a 20° (R1)
INTERSEZIONE: S1, S2 / R1
177
Teoria e pratica dell’architettura solare
Fig. 4.13 FORMA TIPO Z5: monofalda a sud
STRATEGIA SOLARE: produzione di energia fotovoltaica e termica (S1 ++, S2 +)
RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: monofalda pendenza 20° (R1)
INTERSEZIONE: S1, S2 / R1
Fig. 4.14 FORMA TIPO Z6: tetto a shed (edificio con orientamento nord-sud)
STRATEGIA SOLARE: produzione di energia fotovoltaica e termica (S1 +++, S2 +)
RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: elemento captante emergente per
orientamento nord-sud, pendenza 30° (R1)
INTERSEZIONE: S1, S2 / R1
edifici
con
Fig. 4.15 FORMA TIPO Z7: torre solare (edificio con orientamento nord-sud)
STRATEGIA SOLARE: produzione di energia fotovoltaica e termica (S1 +++, S2 +)
RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: elemento captante emergente (abitato) per edifici con
orientamento nord-sud, pendenza 30° (R1)
178
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
Fig. 4.16 FORMA TIPO Z8: monofalda a sud portata a terra (pendenza 30°)
STRATEGIA SOLARE: produzione di energia fotovoltaica / termica nella parte superiore
(S1 +++, S2 +), guadagno termico (serra solare) nella parte inferiore (S3 +, S4 +)
RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: coincidenza copertura-fronte sud (R1)
Fig. 4.17 FORMA TIPO Z9: monofalda a sud portata a terra (pendenza 45°)
STRATEGIA SOLARE: produzione di energia fotovoltaica e termica nella parte superiore della
copertura (S1 ++, S2 ++) e guadagno termico da sistema passivo misto (serra solare) nella parte
inferiore (S3 +, S4 +)
RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: coincidenza morfologica tra la copertura e il fronte
sud (R1)
4.1.2 Forme tipo del fronte orientato sud
Il prospetto rivolto a sud è il luogo privilegiato del progetto per l’implementazione dei
sistemi (soprattutto) passivi di guadagno termico. Questo fronte, infatti, riceve il
massimo irraggiamento sul piano verticale 16 durante la fase nell’anno di maggior bisogno
termico (periodo sottoriscaldato), 17 giustificando l’uso dei sistemi passivi di tipo diretto,
indiretto o misto. 18 È sicuramente un aspetto interessante notare che nei casi studio
16
«D’inverno, a 40° di latitudine nord, una parete [verticale NdA] rivolta a sud riceve circa tre volte l’energia
solare globale delle pareti a est o a ovest, mentre d’estate la radiazione incidente sulle pareti (verticali NdA) a
sud e a nord è soltanto la metà di quella assorbita dalle pareti a est e a ovest»; da Olgyay V., Progettare con il
clima, Muzzio, Padova, 2013, p. 97-98
17
Le terminologie “periodo sottoriscaldato” e “periodo surriscaldato” sono state introdotte da V. Olgyay,
valutabili attraverso il diagramma bioclimatico, per definire i periodi dell’anno in cui la radiazione solare
incidente su di un edificio è favorevole (bisogno di riscaldamento) o sfavorevole (bisogno di raffrescamento);
ibidem, p. 100
18
Cfr. sottocapitolo 2.2
179
Teoria e pratica dell’architettura solare
contemporanei analizzati non è stato mai utilizzato il dispositivo a guadagno indiretto
“muro Trombe”, 19 segno distintivo di molti edifici solari della fine degli anni ’60 e degli
anni ’70-‘80; ciò è dovuto a una serie di fattori imputabili probabilmente a ragioni di
costo, di funzionamento del sistema (che presuppone un ruolo “attivo” dell’utenza) e di
risultanze formali molto particolari. 20 Sfruttando sempre lo stesso principio fisico è
apparso più semplice utilizzare soluzioni a guadagno diretto con masse di accumulo
interne (murature e pavimentazioni), sicuramente meno performanti ma più integrate
nello spazio architettonico e dagli esiti formali più controllabili.
In alcuni casi particolari è riscontrabile l’utilizzo di sistemi attivi, principalmente a
tipologia fotovoltaica, su parapetti e facciate (Torre Garibaldi, Progetto CMR, 2010); in
questi casi però gli stessi sistemi scontano un sostanziale decremento nella performance
di produzione a causa del tilt massimo dei recettori (90°). Questa soluzione può
comunque essere efficace negli edifici alti, per sopperire alla minore superficie captante
disponibile in copertura, sfruttando le ampie superfici dei fronti verticali giustamente
orientati. Nel caso ad esempio dell’intervento sulla Willis Tower, in origine Sears Tower
(SOM, 1973), l’aspetto più interessante del’intervento di retrofit riguarda la sostituzione
in facciata di alcune parti vetrate con un sistema fotovoltaico semitrasparente (Adrian
Smith + Gordon Gill Architecture, 2010); la pelle trasparente della torre da elemento
altamente energivoro assume ora una funzione bivalente grazie alla sinergia tra la
produzione fotovoltaica delle celle ed il loro effetto schermante dall’irraggiamento solare.
Sempre sul tema dell’edificio alto è interessante notare, in altri casi, la contestuale
riconfigurazione formale della copertura ai fini di aumentarne la superficie da destinare a
captazione attiva, integrando al contempo i volumi dedicati tradizionalmente alle
terminazioni impiantistiche (Torre Unifimm, Open Project, 2011).
Nel confronto tra le strutture compositive dei quattro fronti verticali, quello
orientato a sud presenta costantemente la percentuale maggiore di superficie vetrata in
rapporto alla superficie opaca. In questo caso la componente trasparente ottimizza il
guadagno termico per effetto serra sul fronte maggiormente irraggiato nella fase
invernale, sempre in relazione con i necessari elementi di schermatura superiori per la
protezione nella fase estiva. Questa logica prestazionale configura un lessico formale che
ricorre spesso a soluzioni con elementi vetrati contrapposti a elementi di protezione,
anche morfologicamente importanti; soluzioni spesso in continuità con la copertura che
configura un sistema fronte-tetto omogeneo. Il prospetto tende perciò a smaterializzarsi
e a proiettare la spazialità interna verso l’esterno grazie alla concentrazione delle
superfici trasparenti; sullo stesso fronte affacciano e si caratterizzano gli spazi di
19
20
Cfr. sotto-sottocapitolo 2.2.2
ivi
180
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
relazione più importanti potendo sfruttare le migliori qualità di illuminazione e di comfort
percettivo, sempre in stretta relazione con le dinamiche energetiche passive.
Fig. 4.18 Willis Tower a Chicago (SOM, retrofit Adrian Smith + Gordon Gill Architecture, 2010); fig.
4.19 Retrofit torre Garibaldi a Milano (Progetto CMR, 2010); fig. 4.20 Torre Unifimm a Bologna
(Open Project, 2011)
Le forme tipo schematizzate in seguito mostrano le diverse configurazioni risultanti
dall’applicazione dei dispositivi passivi sul fronte sud, analizzate anche in relazione con i
dispositivi di schermatura necessari ad evitare la radiazione solare nel periodo
surriscaldato; come già anticipato precedentemente, vengono riportate solamente forme
tipo che utilizzano sistemi a guadagno diretto o misti a serra solare, poiché
assolutamente prevalenti rispetto ad altri tipi di sistemi passivi. 21
Le piccole frecce (da tre a sette) posizionate a ridosso della superficie captante
indicano in maniera proporzionale l’intensità del guadagno termico conseguente alla
configurazione della particolare forma tipo; la freccia più grande all’interno dell’involucro
indica semplicemente la presenza dell’effetto termico sulle masse di accumulo,
rispettivamente a pavimento e a parete per il sistema diretto o sul muro separatore per il
sistema misto (serra). Le soluzioni schematizzate propongono l’assunto della pariteticità
tra gli effetti di guadagno termico in fase invernale e l’azione di protezione in fase estiva;
questo fattore ha comportato delle differenziazioni in rapporto ad alcuni modelli di
riferimento, che hanno manifestato alcune criticità di comfort interno nella fase
surriscaldata proprio a causa della mancanza o inadeguatezza del sistema di schermatura
solare.
21
Per la tipologia indiretta a muri di accumulo con PCM è possibile considerare la superficie captante verticale,
ora intesa trasparente, come parete opaca.
181
Teoria e pratica dell’architettura solare
Fig. 4.21 FORMA TIPO S1: bucatura trasparente verticale + schermatura con aggetto
architettonico
STRATEGIA SOLARE: guadagno termico diretto (S3)
RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: rapporto di forma copertura-aggetto architettonico
(R2), trasparenza (R4)
INTERSEZIONE: S3 / R2, R4
Fig. 4.22
FORMA TIPO S2: bucatura trasparente verticale + schermatura
prolungamento di falda (attiva)
STRATEGIA SOLARE: guadagno termico diretto (S3)
RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: configurazione copertura (R1), trasparenza (R4)
INTERSEZIONE: S3 / R1, R4
con
Fig. 4.23
FORMA TIPO S3: bucatura trasparente verticale + schermatura
prolungamento di falda (non attiva)
STRATEGIA SOLARE: guadagno termico diretto (S3)
RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: configurazione copertura (R1), trasparenza (R4)
INTERSEZIONE: S3 / R1, R4
con
182
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
Fig. 4.24 FORMA TIPO S4: bucatura trasparente verticale + schermatura con aggetto
superiore
STRATEGIA SOLARE: guadagno termico diretto (S3)
RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: sovrastruttura (R3), trasparenza (R4)
INTERSEZIONE: S3 / R3, R4
Fig. 4.25 FORMA TIPO S5: serra solare verticale + schermatura con aggetto superiore
orizzontale
STRATEGIA SOLARE: guadagno termico diretto e indiretto (S3, S4), in fase estiva ad infissi aperti
(adattabilità del sistema) la schermatura superiore impedisce l’accumulo termico (S6)
RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: sovrastruttura (R3), trasparenza (R4)
INTERSEZIONE: S3, S4, S6 / R3, R4
Fig. 4.26 FORMA TIPO S6: serra solare verticale + schermatura con prolungamento di
falda (attiva)
STRATEGIA SOLARE: guadagno termico diretto e indiretto (S3, S4), in fase estiva ad infissi aperti
(adattabilità del sistema) la schermatura superiore impedisce l’accumulo termico (S6)
RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: sovrastruttura (R3), trasparenza (R4)
INTERSEZIONE: S3, S4, S6 / R3, R4
183
Teoria e pratica dell’architettura solare
Fig. 4.27 FORMA TIPO S7: serra solare inclinata + schermatura con prolungamento di
falda (non attiva)
STRATEGIA SOLARE: guadagno termico diretto (S3)
RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: andamento falda schermante (R1), trasparenza (R4)
INTERSEZIONE: S3 / R1, R4
Fig. 4.28 FORMA TIPO S8: serra solare inclinata + schermatura di falda (attiva)
STRATEGIA SOLARE: guadagno termico diretto (S3)
RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: configurazione copertura (R1), trasparenza (R4)
INTERSEZIONE: S3 / R1, R4
Fig. 4.29 FORMA TIPO S9: serra solare inclinata + schermature frontali
STRATEGIA SOLARE: guadagno termico diretto e indiretto (S3, S4), schermature frontali fisse o
mobili attive (S1)
RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: sovrastruttura (R3), trasparenza (R4)
INTERSEZIONE: S3, S4, S1 / R3, R4
184
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
4.1.3 Forme tipo dei fronti orientati est ed ovest
Il comportamento energetico dei due fronti nei confronti dell’irraggiamento solare è
ambivalente, poiché entrambi sono colpiti dalla radiazione solare con raggi bassi allo
zenit e perciò molto incidenti per buona parte del periodo d’irraggiamento che li
interessa. Sul fronte est al levare del sole, secondo angoli azimutali e periodi
d’irraggiamento variabili al variare delle stagioni; sul fronte ovest in modo simile ma nelle
ore pomeridiane, con la particolarità di colpire l’involucro quando questo è già
sovraccaricato termicamente e la temperatura dell’aria è maggiore.
L’assetto compositivo dei due fronti va perciò regolato, nel caso di ambienti a
doppio affaccio sia a sud che a est o a ovest, considerando bucature finestrate non
eccessivamente grandi, complementari a quelle poste sul fronte più favorevole (sud); nel
caso di ambienti con solo affaccio a est o a ovest vanno normalmente previste bucature
calibrate sui rapporti aeroilluminanti richiesti. Viste le particolarità della tipologia
d’irraggiamento che subiscono, è assolutamente necessario prevedere per questi due
fronti delle schermature di tipo frontale, meglio se mobili, per contrastare l’eccessiva
radiazione incidente nella fase estiva.
in caso di affaccio complementare sono ricorrenti soluzioni di bucature poste
solitamente in corrispondenza delle zone più buie e distanti dal fronte sud, con sistemi di
schermatura fissi o adattivi alle diverse condizioni dell’irraggiamento solare (brise soleil,
lamelle fisse o mobili, veneziane, tende avvolgibili, ecc.).
Una caratteristica formale rilevata nei casi studio è che spesso, con la disposizione
ricorrente dell’edificio lungo l’asse est-ovest, questi due fronti risultano favorevolmente
meno estesi e presentano spesso una configurazione a “sezione opaca” derivante dallo
schema della copertura solitamente a capanna.
In definitiva la composizione di questi due fronti orientati rivela la percezione di un
elemento protetto, con una prevalenza di partizioni opache rispetto a quelle trasparenti e
soprattutto fortemente connotato dai sistemi di schermatura frontali fissi o mobili; infatti
la radiazione solare incidente, concentrata alternativamente in periodi limitati della
giornata, può in regime estivo squilibrare fortemente il comportamento termico
dell’involucro richiedendo poi necessariamente il supporto di impianti di climatizzazione
per ristabilire le condizioni necessarie di comfort interno.
185
Teoria e pratica dell’architettura solare
Fig. 4.30 FORMA TIPO EO1: bucatura trasparente verticale + schermature frontali
STRATEGIA SOLARE: guadagno termico diretto (S3)
RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: schermature frontali fisse o mobili (R3),
massa (R4), bucature finestrate di complemento (R5)
INTERSEZIONE: S3 / R3, R4, R5
Fig. 4.31 FORMA TIPO EO2: bucatura trasparente verticale + schermature frontali
distanziate
STRATEGIA SOLARE: guadagno termico diretto (S3)
RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: schermature frontali distanziate fisse o
mobili (R3), massa (R4), bucature finestrate di complemento (R5)
INTERSEZIONE: S3 / R3, R4, R5
Fig. 4.32 FORMA TIPO EO3: bucatura trasparente verticale + schermatura frontale mobile
STRATEGIA SOLARE: guadagno termico diretto (S3)
RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: schermatura frontale mobile (R3), massa
(R4), bucature finestrate di complemento (R5)
INTERSEZIONE: S3 / R3, R4, R5
186
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
4.1.4 Forme tipo del fronte orientato nord
L’assetto compositivo del fronte nord riflette la funzione in termini energetici dello
stesso, quella cioè di limitare al massimo la dispersione termica senza avere la possibilità
di sfruttare alcun apporto solare. Infatti nei brevi periodi dell’anno in cui riceve un
minimo irraggiamento (fase estiva), l’involucro non necessita di apporti termici ma, anzi,
li deve contrastare. In sostanza questo fronte è assolutamente privo di qualsiasi
dispositivo di guadagno termico o sistema di produzione energetica da fonte solare.
Dovendo energeticamente sopperire alla sola funzione di chiusura verso l’esterno, il
fronte assume conseguentemente caratteri fortemente massivi, con bucature ridotte al
minimo e delegate al puro soddisfacimento dei requisiti di aeroilluminazione degli
ambienti che contiene. Ciò si riflette anche nella disposizione interna dei locali,
disponendo sul fronte nord solo affacci di ambienti di servizio (garage, vani tecnici,
ripostigli, bagni, lavanderie, depositi) e a volte la zona di ingresso, quando la disposizione
del lotto o le logiche distributive interne lo richiedono.
La struttura formale del fronte presenta perciò l’assoluta prevalenza di chiusure
opache rispetto a quelle trasparenti, spesso altezze maggiori della quota di gronda nel
caso di soluzioni di copertura a due falde ed un trattamento materico superficiale spesso
più elaborato che enfatizza il carattere massivo.
Fig. 4.33 FORMA TIPO N1: bucature trasparenti verticali
STRATEGIA SOLARE: nessuna
RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: massa (R4), minime bucature finestrate
(R5), caratterizzazione materica (R6)
187
Teoria e pratica dell’architettura solare
Fig. 4.34 FORMA TIPO N2: bucature trasparenti inclinate e verticali
STRATEGIA SOLARE: nessuna
RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: massa (R4), minime bucature finestrate
(R5), caratterizzazione materica (R6)
4.1.5 Forme tipo urbane
L’applicazione delle strategie solari per la formazione, trasformazione o sostituzione di
ambiti urbani, riflette, pur considerando le complessità intrinseche maggiori, il fattore
primario che vale per l’oggetto architettonico singolo: il reperimento della massima
superficie captante sia a fini attivi che passivi. Sia considerando i casi di efficientamento
dell’esistente che di nuovo insediamento, è necessario interagire con le condizioni più
vincolanti del contesto che esprimono le caratteristiche proprie del progetto urbano:
esigenze tipologiche, di composizione d’insieme, di carattere funzionale; tutto ciò sempre
rapportato ai parametri di densità urbana esistente o di progetto.
La forma consolidata della città compatta 22 in rapporto alla sua densità, influenza
fortemente la ricerca della massima efficienza in un approccio di progettazione solare; in
essa sono presenti morfotipi edilizi e spazi urbani molto complessi, derivanti dal continuo
susseguirsi di trasformazioni e sedimentazioni che nel corso del tempo culture e politiche
diverse hanno riportato sul disegno del territorio urbano. Nel caso dell’efficientamento
dell’esistente è difficile riscontrare ambiti consolidati che preordinano configurazioni
morfologiche favorevoli al raggiungimento di elevati livelli di captazione solare; in questo
caso risulta decisiva l’azione sullo specifico oggetto architettonico che ad una scala
inferiore modifica, quando fattibile, la sua morfologia preesistente, sopperendo così alle
orientazioni più sfavorevoli.
Anche in questo caso è applicabile il concetto di efficienza sinergica, considerando il
maggior livello di complessità dovendo sommare alle istanze formali dei singoli aggregati
architettonici le istanze proprie della forma urbana.
22
Sulla definizione di città compatta cfr. Cecere C. et al., Dalla riqualificazione energetica al recupero
sostenibile – un metodo di analisi energetica dei tessuti della città compatta, Bologna, articolo in rivista digitale,
IN-BO, n° 5, 2012, p. 5
188
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
La forma della città e conseguentemente le sue forme tipo insediative, sono state
raramente influenzate nella loro genesi dalla volontà del fine di massimo sfruttamento
dell’irraggiamento solare. 23 Alcuni storici fanno risalire al disegno urbano di alcune
antiche città greche una dichiarata volontà di orientamento solare della maglia urbana,
con isolati rettangolari allungati sull’asse est-ovest, per sfruttare pienamente i benefici
della risorsa solare 24 . È ancora possibile comunque riconoscere in alcuni esempi di
pianificazione urbana più recenti, una precisa attenzione alle questioni dell’orientamento
e ai benefici offerti della radiazione solare. Il Plan Cerdà a Barcellona (Eixample) fu
concepito proprio secondo un preciso orientamento degli isolati, 25 per garantire l’accesso
al sole e all’aria di tutti gli alloggi; questa precisa volontà divenne perciò l’elemento più
caratterizzante del progetto urbanistico, decisivo per la forma e l’altezza degli isolati, la
spaziatura delle strade, la logica di ripetibilità e di aggregazione del morfotipo di base.
Eixample (Barcellona): il tipo a “corte passante” del progetto Cerdà iniziale (fig. 4.35) e alcuni
esempi di galeriàs sui fronti interni degli isolati (figg. 4.36, 4.37)
Fig. 4.38 Eixample (Barcellona), sezione schematica dell’isolato tipo: il progetto originario
prevedeva il corpo dell’edificato di 14 metri di base per 16 metri di altezza con un maggiore
accesso al sole per buona parte dell’anno dei fronti sulla strada (parti in tratteggio); successive
varianti speculative portarono le dimensioni a quelle rappresentate nello schema (parti in grigio)
23
Cfr. sottocapitolo 1.4
È bene ricordare che l’utilizzo passivo dell’irraggiamento solare per riscaldare gli ambienti, attraverso il vetro
delle finestre giustamente orientate, fu possibile (in maniera relativamente diffusa) solo dal XV secolo in avanti,
essendo lo stesso vetro praticamente inutilizzato fino a quel momento, poiché troppo costoso e difficile da
produrre in grandi lastre.
25
Cfr. sottocapitolo 1.4
24
189
Teoria e pratica dell’architettura solare
In ordine generale la morfologia dell’isolato tipo dell’Eixample risulta una buona
soluzione di irraggiamento “equilibrato”, che tende a perequare la quantità d’insolazione
disponibile sulla maggior parte della superficie verticale. Questo particolare assetto
urbano assume però pregi e difetti di entrambe le orientazioni a cui si riferisce (sud-est e
sud-ovest); ciò avviene poiché nega la possibilità di un funzionamento univoco dei
dispositivi solari passivi e provoca un certo decremento sull’efficienza dei sistemi attivi.
Le forme tipo urbane solari più contemporanee presentano invece schemi ricorrenti
di blocchi edilizi in successione e orientazioni prevalenti secondo l’asse est-ovest, perciò
con la percentuale maggiore di superfici captanti verticali ed inclinate esposte
perfettamente a sud; questa orientazione privilegiata consente un controllo più efficace
del funzionamento dei sistemi passivi e un maggior rendimento dei sistemi attivi. A
completamento di queste disposizioni sono frequenti blocchi lineari con orientazione
nord-sud che presentano dei particolari accorgimenti morfologici per la captazione solare.
Nel complesso Gneis Moos a Salisburgo (G.W. Reinberg, 2000) il progettista
propone uno schema a blocchi est-ovest in successione, con il ricorrente elemento nordsud di chiusura e saturazione del lotto di progetto. In questo complesso appare una netta
gerarchia
tra
sistemi
attivi
e
passivi
di
sfruttamento
solare,
evidenziata
nella
configurazione morfologica dei blocchi edilizi. I primi tre sono strutturati per un utilizzo
prevalente dei dispositivi a guadagno termico passivo (grandi serre solari a tutt’altezza
sulla facciata rivolta a sud); il blocco di chiusura a nord presenta la configurazione
ricorrente dello sfruttamento di tipo attivo con grande falda inclinata verso sud. Completa
il disegno urbano un blocco orientato nord-sud, che presenta delle emergenze sempre
finalizzate alla captazione attiva.
I complessi già citati delle Solarsiedlung a Friburgo, il BedZED a Londra e la
SolarCity, evidenziano lo schema ricorrente a blocchi contrapposti come il tipo urbano più
utilizzato ed evidentemente più performante. 26
In ordine da sinistra a destra: R. Disch, quartiere Solar Siedlung a Friburgo (fig. 4.39); G.W.
Reinberg quartiere Gneis Moos a Salisburgo (fig. 4.40); B. Dunster quartiere BedZed a Londra (fig.
4.41); R. Reiner “Solarcity” a Linz (fig. 4.42).
26
Cfr. sotto-sottocap. 4.2.8 “Comparazione dei risultati”
190
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
4.2. Forma urbana e rendimento solare
Il singolo manufatto architettonico è portatore di un determinato potenziale solare; 27
questo può essere inteso come sommatoria di tutte le superfici idonee, inclinate o
verticali e giustamente orientate, che possono essere utilizzate a fini di captazione attiva
o passiva. A queste superfici possono essere associate differenti tipologie energetiche di
guadagno e/o produzione da fonte solare: energia termica nel caso di vetrazioni, serre
solari o del solare termico, energia elettrica quando si tratta di produzione per effetto
fotovoltaico. Queste tipologie energetiche sono gli indicatori da considerare nel calcolo
del rendimento di forma urbana, che dipenderà necessariamente anche da fattori di
orientamento, di percentuale di irraggiamento disponibile e di configurazione ed
estensione delle superfici captanti verticali (fronti) ed inclinate (copertura). Tutti questi
fattori, sinergicamente organizzati attraverso il progetto e in rapporto con l’intorno
urbano e microclimatico, producono una certa efficienza del sistema morfologicocompositivo determinandone il suo rendimento.
Alcuni studiosi hanno tentato di stabilire, attraverso una metodologia di analisi
energetica dei tessuti della cosiddetta “città compatta” 28 , una relazione tra i parametri di
densità 29 , la morfologia urbana e i fattori energetici, intesi come accesso e utilizzo della
radiazione solare e consumi energetici dell’ambito urbano. L’analisi si è svolta
comparando 11 modelli di tessuti urbani consolidati, all’interno di due esempi di città
compatte mediterranee, scelte per caratteristiche climatiche e tipo-morfologiche similari:
Roma e Barcellona. Il risultato dello studio, oltre ad evidenziare la centralità del problema
del “diritto alla captazione” 30 , è stato quello di individuare una possibile metodologia di
valutazione speditiva in merito alle performance energetiche degli ambiti urbani
consolidati; essa è stata prefigurata come possibile supporto preliminare alle strategie di
progetto per l’efficientamento urbano, in contrapposizione agli attuali sistemi di
27
A titolo esemplificativo sono da riportare le esperienze delle città di New York e Parigi. Grazie ad una mappa
interattiva online (NYC Solar Map), a New York chiunque può conoscere il potenziale fotovoltaico di qualsiasi
edificio della città. È la mappa di questo tipo più grande al mondo e si basa sul sistema LiDar (Light Detection
and Ranging), una tecnica che permette di rilevare topograficamente porzioni di territorio ed edifici, ad alta
risoluzione e in pochissimo tempo. Questa mappa ha permesso di fare una stima del potenziale solare della
città, indicando come disponibile una superficie captante favorevole di coperture per circa 57.135.370 metri
quadrati. Su questa potrebbero essere installati impianti per una potenza totale di 5.800 MW, in grado di
sopperire al 40% del fabbisogno energetico della città, nelle ore di maggiore richiesta. Dal luglio 2013 è
a disposizione online il cadastre solaire (catasto solare) di Parigi. Attraverso la visualizzazione di una mappa
aerea della città e secondo una scala cromatica che identifica i diversi potenziali di soleggiamento, è possibile
cliccare su ogni edificio per avere il dato medio annuale (espresso in kWh/m²/anno) dell’irraggiamento sulle
superfici di copertura e, nello specifico, le quantità di superfici con il potenziale di soleggiamento maggiore; ciò
consente di prevedere dove installare più efficacemente i sistemi attivi di captazione solare. lo stesso sistema
online visualizza anche la divisione delle proprietà (particelle catastali), l’anno di costruzione, l’altezza
dell’edificio e l’estensione superficiale dell’’impronta a terra dell’edificio (building footprint); cfr.
http://www.cadastresolaire.paris.fr/
28
Cecere C. et al., op. cit., p. 15 ; Chauliaguet C., L’energia solare nella costruzione, Bologna, C.E.L.I., 1978,
pp. 202-205
29
Intesa come “modalità e intensità di utilizzo dello spazio urbano”; Cecere C. et al., op. cit., p. 5
30
sky view factor (SVF) inteso come valutazione delle reciproche ostruzioni tra gli edifici nei tessuti urbani; Ivi,
p. 22
191
Teoria e pratica dell’architettura solare
valutazione riferiti alla certificazione energetica, che scontano il difetto di porre il singolo
edificio come confine dell’ambito di valutazione.
Nel complesso sistema di rapporti tra forma urbana e rendimento solare, una prima
questione da considerare è che edifici molto compatti (rapporto S/V basso) avranno
indicatori di rendimento solare inferiori, rispetto ad edifici molto articolati (rapporto S/V
alto); questo è naturale poiché aggregati più compatti presentano meno superficie
captante rispetto ad aggregati diffusi e più articolati. Ciò contraddice implicitamente una
delle regole auree dei modelli nord-europei, che prevedono una elevata compattezza di
forma del costruito; la stessa è sempre finalizzata al raggiungimento di elevate
performance energetiche attraverso la forte limitazione delle dispersioni termiche.
All’opposto una maggiore superficie disperdente giustamente orientata corrisponde, nella
logica di rendimento solare, ad una maggiore produzione energetica e/o guadagno
termico.
La concezione di forma estesa o articolata, risulta più equilibrata nel rapporto tra i
due regimi invernale ed estivo e maggiormente applicabile in climi temperati come il
nostro, o mediterraneo più in generale; a tal proposito bisogna considerare anche le
strategie per raffrescamento passivo, visto il grande rilievo che sta assumendo il
consumo energetico nel periodo surriscaldato. Infatti una maggiore articolazione
architettonica permette anche di scambiare termicamente in maniera più efficace il
sovraccarico termico verso la volta celeste, oltre che presentare maggiori superfici
captanti; secondo questa logica il calore inglobato durante il giorno viene ceduto più
velocemente nelle ore notturne più fresche attraverso una maggiore superficie di
scambio, in considerazione anche dello sfasamento termico generato da un elevato
valore di massa dei componenti edilizi opachi 31 .
Partendo da un approccio tipologico di base, è stato definita una unità minima
tipologica edilizia (UMTE) che ha generato dei modelli di aggregati edilizi (morfotipi) che
si riferiscono a forme urbane presenti nei tessuti consolidati delle città europee.
Successivamente sono state elaborate delle ipotesi insediative per unità minime
territoriali urbane (UMTU), che prevedono la strutturazione funzionale di un modello
territoriale
contenente
un
determinato
morfotipo
di
base.
Questa
metodologia
progettuale è stata finalizzata alla ricerca di una possibile massima efficienza sinergica
(rendimento di forma urbana) in una logica comparativa tra i diversi modelli; la stessa
deriva dall’implementazione dei sistemi attivi e passivi solari maggiormente in uso nei
morfotipi
individuati
come
più
rappresentativi.
Attraverso
determinati
indicatori
tecnologici è stato possibile “misurare” la potenzialità del sistema di sfruttamento solare
nel suo rapporto sinergico con la morfologia dell’aggregato, definita attraverso la
31
Cfr. Albrecht B. et al., Strategie a grande scala per progetti a basso costo energetico, in Barucco MA.,
Trabucco D. (a cura di), Architettura_Energia, 2007, Edicom, Gorizia, p. 143
192
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
composizione di diverse tipologie edilizie. Questa metodologia di valutazione del
rendimento di forma è stata applicata attraverso dei modelli in riferimento a casi reali di
tessuto urbano consolidato. Le peculiarità di questi modelli sono che il morfotipo
individuato ha tenuto in conto sia della riproposizione dello stesso building footprint (di
base e di sagoma volumetrica) dell’esistente, che della verifica del pieno accesso al sole
nei tre periodi caratteristici dell’anno (solstizio invernale, estivo e i due equinozi che
coincidono come altezza solare). Ogni modello è stato configurato come schema
d’impianto urbano ripetibile, tenendo conto della massima captazione solare possibile e
delle condizioni al contorno che consentano la ripetibilità dello stesso.
Una caratteristica importante di questi modelli è la scelta di considerare il piano
terra degli edifici come unico spazio pubblico variamente composto e in continuità con gli
spazi urbani circostanti 32 ; ciò a proponimento di una possibile soluzione alle diverse
criticità manifestate attualmente nell’uso di questi spazi. Il livello terreno viene
considerato perciò come “luogo urbano”, strumento di ricucitura tra lo spazio pubblico e
la componente sociale 33 . A questo scopo non sono previste abitazioni o luoghi
indifferenziati al livello terreno, ma è una ipotesi progettuale ricorrente nei diversi modelli
quella di ricavare spazi di collegamento tra corti ed esterno (permeabilità dell’isolato),
piccoli spazi commerciali di vendita al dettaglio, spazi di aggregazione e relazione per la
comunità residente (sale condominiali, piccoli centri di quartiere, ecc.).
Ai fini dello sfruttamento solare, si sono considerate le strategie individuate come
più efficaci e ricorrenti nell’analisi dei diversi casi studio e che tenessero conto del livello
di applicabilità/efficienza più favorevole nei confronti dei diversi morfotipi. Le scelte
operate hanno previsto, come scelta operativa di progetto, di utilizzare un unico sistema
attivo (fotovoltaico) implementato nelle superfici di captazione inclinate di copertura 34 e
un unico sistema passivo (serra solare) nelle superfici di captazione verticale dei fronti
edilizi giustamente orientati. Queste scelte hanno tenuto conto delle caratteristiche
intrinseche di efficacia dei singoli sistemi, oltre alla qualità spaziale importante che
comporta l’addizione volumetrica del sistema a serra solare.
Delle specifiche schede di rendimento dei diversi morfotipi sintetizzano infine i dati
di performance solare raggiungibili, in rapporto alle scelte morfologiche e compositive
assunte per gli aggregati edilizi. Gli stessi dati vengono poi comparati in specifici
diagrammi sintetici che, rapportati al parametro di confronto della potenzialità urbanistica
(alloggi/ettaro), evidenziano il rendimento solare dei diversi morfotipi associati alle
proprie UMTU.
32
Cfr. sotto-sottocapitolo 4.3.3
Ferrante A. et al., La riqualificazione energetica e architettonica del patrimonio edilizio recente. Il caso dei
quartieri di edilizia residenziale pubblica, articolo su rivista digitale, “IN_BO”, 5 (2012), Alma Mater Studiorum Università di Bologna, p. 17
34
E’ stata considerata unicamente la tipologia di copertura a falde sia per fattori di maggiore efficienza che per
il problema dell’integrazione architettonica; inoltre è preferibile non considerare le superfici captanti verticali
(tilt di 90°) ai fini della produzione energetica fotovoltaica, poiché poco performanti e da utilizzo marginale.
33
193
Teoria e pratica dell’architettura solare
4.2.1 Scelta dei parametri
Gli indicatori individuati per il calcolo del rendimento di forma sono di diversa natura
ed evidenziano una determinata efficienza o resa del morfotipo urbano considerato. Per
quel che riguarda il sistema attivo i parametri considerati, fortemente dipendenti dalla
morfologia della copertura, consistono nella potenza fotovoltaica teoricamente installabile
e nell’energia teoricamente producibile, considerando la sommatoria delle superfici
captanti inclinate diversamente orientate. Il calcolo del numero dei chiloWatt di picco 35
(kWp) risulta dalla superficie captante totale suddivisa per la superficie unitaria che
occupa un sistema
a pannelli
fotovoltaici di 1 kWp in
condizioni standard o
ultraperformanti 36 , decrementato dalla potenza massima in condizioni ideali 37 secondo la
diversa orientazione e la pendenza di posa dei pannelli 38 . La potenza e la produzione
totale fotovoltaica sono state poi riferite, in un’ottica di comparabilità tra i vari morfotipi,
alla superficie territoriale (kWp/ettaro e kWh/ettaro) di ogni singola UMTU. Per quanto
riguarda il sistema passivo a serra solare il dato di cui si è tenuto conto è la sommatoria
delle superfici di captazione verticali nelle varie orientazioni (escludendo sempre la nord);
per le orientazioni sud è stato assegnato un coefficiente moltiplicatore delle superfici di
captazione uguale a 1, per quelle ruotate di 90° a est e ovest un coefficiente
moltiplicatore uguale a 0,676, desunto dalla tabella in figura 4.43 39 . A fini di
comparazione con gli altri morfotipi, è stata definita una potenzialità di captazione
passiva territoriale desunta dal rapporto tra la superficie totale delle serre e la superficie
territoriale della UMTU di riferimento (mq/ettaro).
Bisogna specificare che una verifica di calcolo approfondita dei reali valori numerici,
nei termini di apporto energetico specifico dei sistemi passivi, sarebbe possibile
utilizzando specifici e complessi software applicativi; in questa trattazione non viene
sviluppata poiché porterebbe le argomentazioni su di un campo troppo vasto e specifico
quale è la fisica tecnica applicata all’involucro edilizio. Gli obbiettivi della tesi rimangono
lo studio e l’analisi delle risultanze formali in relazione all’utilizzo dei dispositivi di
35
Il kWp (1 kWp=1.000 Wp) si riferisce alla massima produzione istantanea di un sistema fotovoltaico ottenuta
secondo certe condizioni standard di misurazione: temperatura (25°), irraggiamento (1000 W/mq) e di
composizione spettrale della luce incidente (AM1.5); cfr. Magrini A., op. cit., p. 206; Spagnolo M., Il sole nella
città, Muzzio, Padova, 2002, p. 192
36
I sistemi attualmente in commercio possono proporre a condizioni e prezzi “standard” (0,6-0,7 €/Wp)
pannelli FV policristallini, di dimensioni circa 1,60 x 1,00, per una potenza di picco 230 Wp (Brandoni, Enipower,
ecc.); e pannelli ultraperformanti monocristallini di ultima generazione a prezzi superiori (1.40-1.50 €/Wp),
della stessa dimensione che arrivano anche a 330 Wp (Sunpower). Si può quindi calcolare l’”impronta” in falda
relativa a 1 kWp, considerando che tra la superficie totale dei pannelli e gli “sfridi” (derivanti dalla composizione
modulare del sistema), occorrono circa 7 mq di superficie captante per ottenere un kWp con pannelli “standard”
(efficienza 14%) e 5 mq con pannelli ultraperformanti (efficienza 20%). Cfr. anche Spagnolo M., op.cit., p. 208209
37
Per “condizioni ideali” (massima resa del sistema fotovoltaico alle nostre latitudini) si intendono orientamento
a sud pieno, libero da ostruzioni e inclinazione dei pannelli (tilt) di 30°
38
Cfr. tabelle p. 28
39
Cfr. Mazria E., op. cit., p. 296
194
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
sfruttamento solare in architettura, verificati attraverso parametri di rendimento
semplificati che hanno la finalità di indirizzo per la progettazione architettonica solare.
Tra i parametri legati alla macrocategoria di forma architettonica e urbana, il più
“sensibile” a fini comparativi, è dato dal capacità insediativa che un determinato
morfotipo sviluppa in relazione alle scelte tipologiche, morfologiche e alle dotazioni
infrastrutturali dell’immediato contorno contestuale.
Fig. 4.43 Valori di guadagno termico solare in una giornata limpida (kWh/mq), attraverso
vetrature doppie verticali a varie orientazioni ad una latitudine di 44°N (es.: Modena)
La qualità degli spazi privati e pubblici 40 di un morfotipo in relazione alla sua UMTU,
dipendono anche da scelte “tecno-tipologiche” come osserva Gianni scudo:
Nelle aree di nuovo insediamento la compatibilità tra i vincoli energetici e le tipologie edilizie
deve fare i conti con l’economia d’uso dello spazio urbano, il che significa comporre le diverse
esigenze della residenza, dei servizi, degli spazi per la circolazione, ecc.. in “unità urbane”
entro le quali e fra le quali si progetta il continuum spazio pubblico-spazio privato. 41
In questo passaggio viene evidenziata la variabile “urbana” come elemento d’influenza
nella strutturazione dell’unità territoriale di riferimento, che andrà ad incidere sul
rendimento solare di quella determinata forma urbana.
Tra gli altri parametri considerati ve ne sono poi diversi descrittivi (UMTU, urban
footprint 42 , numero di piani, alloggi, ecc.) e altri più specifici dovuti alla configurazione
del morfotipo in rapporto alla sua unità minima territoriale urbana di riferimento
(rapporto di forma S/V, superficie media degli alloggi, superficie e percentuale a verde,
ecc.).
40
L’analisi è riferita agli aggregati residenziali di edilizia sociale, considerando sempre il piano terra molto
permeabile e a destinazione “pubblica”.
41
Bottero M. et al., Architettura solare, Clup, Milano, 1984, p. 153
42
Per urban footprint si intende l’impronta a terra (o consumo di territorio) dell’unità minima tipologica urbana
(UMTU) definita per quel determinato morfotipo.
195
Teoria e pratica dell’architettura solare
Indicatori parametrici di rendimento: produzione media annua italiana espressa in kWh per ogni
kWp (figura a sinistra, 4.44); produzione annua in kWh di 1 kWp alle latitudini di Milano, Roma e
Siracusa, secondo orientamento e inclinazione del pannello FV (figura a destra, 4.45)
Una annotazione importante da farsi è che i modelli elaborati fanno riferimento alle
caratteristiche microclimatiche, culturali e architettoniche specifiche di una precisa zona
territoriale (Modena 44°N), città da cui sono stati estratti i casi reali di riferimento. Questi
modelli possono comunque essere utilizzabili, con specifici adattamenti, nelle località di
una fascia compresa tra i 32° e i 56° di latitudine nord. Allo stesso modo e secondo le
premesse fatte, la metodologia vale per la stessa fascia dell’emisfero australe invertendo
il sud con il nord come fronte privilegiato.
4.2.2 Ambiti di applicazione
I
concetti
e
le
tecniche
solari
in
architettura
possono
essere
applicate
indifferentemente sia alle nuove costruzioni che all’efficientamento del patrimonio edilizio
esistente; efficientamento inteso al livello più alto di sostituzione edilizia di manufatti
completamente
inadeguati
a
svolgere
le
proprie
funzioni
(funzionali,
statiche,
energetiche) secondo i livelli attuali della normativa vigente. I modelli teorici di
sostituzione edilizia o di nuovo insediamento sono stati elaborati con lo scopo di
evidenziare le risultanze formali che l’applicazione delle strategie solari comportano nei
morfotipi urbani più diffusi nell’ambito dell’edilizia residenziale, potendone poi misurare il
196
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
rendimento della forma secondo certi indicatori di efficienza. I concetti desumibili dai
morfotipi analizzati possono essere reinterpretati, adattati e applicati secondo livelli di
attuazione diversi, anche alla riqualificazione solare degli edifici esistenti.
È scontato che volendo raggiungere il massimo risultato in termine di performance
energetica è più semplice operare nel campo della costruzione ex novo; in questa
tipologia d’intervento infatti risulta più semplice la soluzione sempre complessa della
continuità dell’isolamento dell’involucro termico, premessa necessaria al raggiungimento
di elevate performance energetiche. In questo caso è possibile controllare fin dal principio
e in maniera organica le soluzioni puntuali dei ponti termici, criticità maggiore degli edifici
a bassissimo consumo energetico. Un’edificazione ex novo consente ovviamente anche
un migliore controllo dell’integrazione dei dispositivi solari nella forma architettonica,
poiché maggiormente integrati fin dall’inizio nel processo d’ideazione e organizzati
attraverso il concept energetico 43 ; il valore aggiunto finale sarà perciò una maggior
qualità architettonica complessiva in relazione al livello più alto di efficienza sinergica che
in questo caso può essere garantito.
Progetto di concorso (studio Derossi Associati) “Social Housing” a Figino (MI): planimetria generale
(fig. 4.46); analisi delle ombre al 21 dicembre ore 12.00 nel modello tridimensionale (fig. 4.47) da
cui risulta che circa il 70% delle superfici captanti verticali a sud (±30°) hanno il pieno accesso al
sole
4.2.3 Morfotipo 1: isolato a C o a “corte aperta”
Come primo modello teorico applicativo è stata considerata la forma urbana
archetipica degli ambiti di espansione dell’edilizia sociale a Modena degli ultimi 30 anni,
caratterizzati appunto da forme a C o a “corte aperta”; il modulo di base in certi casi
risulta raddoppiato a formare un grande isolato rettangolare a C contrapposte con una
unica grande corte in comune 44 . In una prima fase è stata definita una unità minima
tipologica edilizia (UMTE) di dimensioni 21 x 9 metri aggregabile in linea, composta da un
vano scala comune e due alloggi per piano. Successivamente è stato elaborato il modello
teorico ricalcando esattamente l’impronta a terra e la consistenza del numero di piani
43
44
Cfr. Siragusa L., op. cit, pp. 237-250
Cfr. Plan Cerdà, ibidem
197
Teoria e pratica dell’architettura solare
dell’isolato reale; l’altezza solare al solstizio invernale definisce la larghezza della strada,
che ripropone le stesse dotazioni della situazione esistente. L’’unità minima tipologica
urbana (UMTU) è perciò definita dal morfotipo di base (aggregazione delle UMTE di base)
e dalle dotazioni al contorno, in modo da garantire, nella ripetibilità della UMTU, l’accesso
al sole dei fronti a sud.
Il modello adotta due principali strategie solari consistenti nell’implementazione di
una serie di falde attive in copertura, modificata rispetto alla conformazione piana
dell’esistente e nella strutturazione di un sistema continuo di serre solari sui fronti meglio
orientati (sud-sud/ovest e est-sud/est). La configurazione della UMTU prevede una
sezione stradale di 30 m di estensione, dimensionata sul diritto al sole dei fronti
contrapposti; essa comprende due corsie carrabili, due fasce a parcheggio contrapposte
una ciclopedonale su di un lato e un percorso pedonale sul lato opposto. La verifica delle
ostruzioni, evidenziate nel modello con le ombre riportate nei tre periodi d’insolazione
caratteristici, conferma la completa captazione delle superfici attive e la quasi totale
captazione delle superfici passive (serre solari); queste presentano basse percentuali di
zone in ombra nelle ore centrali per un brevissimo periodo dell’anno a cavallo del solstizio
d’inverno, quando il sole è più basso allo zenit. Il modello proposto evidenzia dati di
produzione energetica da fotovoltaico variabile tra 2,4 e 3,4 kWp/alloggio (il modello è
stato ipotizzato per 48 alloggi complessivi). Questi valori di potenza di picco assicurano
una produzione annuale di energia elettrica corrispondente all’incirca al fabbisogno di
energia elettrica per un appartamento di media superficie. A fronte di una capacità
insediativa di 59 alloggi/ettaro ed un urban footprint di 0,81 ettari, il dato utile alla
comparazione con gli altri morfotipi indica una produttività potenziale variabile tra i 145 e
i 203 kWp/ettaro. Come sistema passivo risulta disponibile una superficie captante totale
a serra solare di 1.281 mq, che determina un valore potenziale di 1.582 mq/ettaro.
Terzo comparto PEEP Morane (Modena): localizzazione (fig. 4.48) e vista da sud degli isolati a C
contrapposti (fig. 4.49)
198
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
Fig. 4.50 Sezione ambientale e schema planimetrico della UMTU del morfotipo 1 (indicata con la
linea tratteggiata)
Modello di studio (isolato a C) delle ombre portate (ore 12.00); da sinistra a destra: solstizio estivo
(fig. 4.51), equinozi (fig. 4.52), solstizio invernale (fig. 4.53)
199
Teoria e pratica dell’architettura solare
Fig. 4.54 Scheda riepilogativa degli indicatori tecnologici e di forma e dei dati di rendimento solare
4.2.4 Morfotipo 2: isolato a blocchi contrapposti
Come riferimento per il secondo modello teorico applicativo è stata presa in esame
la forma urbana più ricorrente negli insediamenti solari di recente costruzione 45 . Essi si
configurano prevalentemente con schemi a blocchi in successione e orientamento
prevalente est-ovest, organizzati con tipologie in linea o a schiera; spesso sono
caratterizzati da un ridotto sviluppo in altezza (2 o 3 piani al massimo) per minimizzare la
mutua ostruzione e garantire l’accesso pieno alla radiazione solare dei sistemi passivi e
attivi. Il modello elaborato aggrega la stessa unità minime tipologica edilizia (UMTE)
precedentemente determinata secondo uno schema a blocchi contrapposti; l’unità
minima tipologica urbana (UMTU) risultante è stata configurata come parte di un sistema
a due isolati con la corte interna passante in comune.
Gli indicatori tecnologici evidenziano una produzione fotovoltaica che si attesta tra i 3 e i
4,2 kWp/alloggio; questo valore corrisponde ad una produzione annua di energia elettrica
anche superiore alle esigenze standard di un alloggio di media estensione. Nella logica
comparativa il modello esprime una capacità insediativa di 58 alloggi/ettaro, un urban
footprint di 0,52 ettari e una potenzialità fotovoltaica variabile tra i 174 e i 243
45
Cfr. sotto-sottocapitolo 4.1.5
200
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
kWp/ettaro. La superficie di captazione a serra solare determina un valore totale di 939
mq, che potenzialmente equivalgono a 1.805 mq/ettaro; bisogna annotare che rispetto al
modello precedente il sistema di serre risulta complessivamente più performante poiché
interamente orientato a sud.
Il morfotipo prevede due blocchi contrapposti di altezza diversa, distanziati e
disegnati in copertura dall’altezza solare al solstizio d’inverno, per garantire la piena
captazione delle serre solari sul fronte sud del blocco più alto. La configurazione della
UMTU prevede l’accoppiamento di due isolati (4 blocchi edilizi), con la corte passante che
diventa elemento unificatore.
Fig. 4.55 Sezione ambientale e schema planimetrico della UMTU del morfotipo 2 (indicata con la
linea tratteggiata)
201
Teoria e pratica dell’architettura solare
Modello di studio (blocchi contrapposti) delle ombre portate (ore 12.00); da sinistra a destra:
solstizio estivo (fig. 4.56), equinozi (fig. 4.57), solstizio invernale (fig. 4.58)
Fig. 4.59 Scheda riepilogativa degli indicatori tecnologici e di forma e dei dati di rendimento solare
4.2.5 Morfotipo 3: isolato con elementi a schiera
Come terzo modello teorico applicativo è stato considerato un aggregato di edifici di
tipologia a schiera, disposti in quattro blocchi a formare un isolato aperto negli angoli per
limitare le ostruzioni alla captazione solare. Questa particolare forma urbana è frutto di
una sperimentazione didattica compiuta nel laboratorio progettuale di Architettura
Tecnica 1, all’interno del corso di laurea magistrale in Ingegneria Edile-Architettura,
presso l’Università di Bologna. Il tema anche in questo caso è quello della sostituzione
edilizia di parti di tessuto urbano degradate o defunzionalizzate; nello specifico la
202
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
localizzazione scelta si trova all’interno del Villaggio Artigiano storico di Modena, oggetto
di un piano attuativo di rigenerazione urbana da parte dell’amministrazione comunale 46 .
Le linee d’indirizzo del piano prevedono vari livelli d’intervento possibile: dalla semplice
manutenzione
dei
fabbricati,
alla
loro
riqualificazione
mantenendo
l’esistente,
all’addizione coerente di nuove parti, fino al livello più elevato della sostituzione edilizia 47 .
L’obiettivo dell’esercizio progettuale è stato quello di concepire una cellula edilizia a
schiera (dimensioni 9 x 18 metri), aggregabile secondo certi vincoli di orientamento e a
destinazione mista residenza e commercio. Il modello tipologico di riferimento, la “casabottega artigianale” di origine medioevale, è attualmente in corso di riproposizione in
alcuni strumenti urbanistici nell’ambito della pianificazione di comparti artigianali. Anche
in questo caso si conferma la volontà di caratterizzare il livello terreno come “luogo
urbano” accessibile e pedonalizzato, che offra occasioni di relazione sociale, attrattività e
mixitè funzionale, come occasione di rigenerazione di ambiti urbani degradati 48 .
La peculiarità di questo modello di cellula edilizia, all’interno della tematica
dell’edificazione a schiera, è quello di garantire eguale potenzialità di captazione solare
agli edifici adiacenti. Questo concetto, definito come “diritto alla captazione” 49 , prevede
che la configurazione della copertura di una cellula non provochi zone d’ombra su una
prefissata superficie delle coperture degli edifici contigui; in pratica ad ogni cellula deve
essere garantita la captazione solare in ogni periodo dell’anno nella stessa fascia
dimensionale del coperto. Il modello aggregato in 24 cellule, a fronte di una bassa
capacità insediativa (18 alloggi/ettaro) peculiare della tipologia a schiera, garantisce una
grande potenzialità fotovoltaica variabile tra i 231 e i 324 kWp/ettaro; questi valori
danno la possibilità di concepire gli involucri edilizi come energeticamente attivi,
sommando anche l’apporto dei dispositivi passivi delle serre solari di 49 mq ad alloggio di
superficie captante. Sempre a livello comparativo risultano un notevole valore di urban
footprint (1,3 ettari) e di potenzialità di superficie captante a serra solare (907
mq/ettaro).
Le risultanze morfologico-compositive del modello evidenziano sicuramente uno
sbilanciamento dell’efficienza sinergica verso le istanze tecnologiche: l’andamento
orientato e fortemente caratterizzato delle coperture verso il massimo sfruttamento della
risorsa attiva fotovoltaica (e/o solare termica), diventa l’elemento di forma più
caratteristico. I blocchi edilizi con orientamento nord-sud, individuano dei precisi caratteri
formali che si concretizzano nella forma tipo della doppia falda a colmo traslato orientata
a sud e nelle serre solari con superficie captante passiva orientata a est; i blocchi con
46
Piano operativo di riqualificazione urbana per il quadrante Modena ovest (POC-MOW), Comune di Modena,
2010-2013
47
Cfr. Guardigli L., Ferrante A., Barbolini F., “Partecipative urban processes for Energy retrofitting in the urban
contexts: a case study in Modena (Italy)”, Atti di convegno ISUF conference 2011, Montréal, pp. 10-11
48
Ivi, pp. 5-6
49
Cfr. Cecere C., op. cit., p. 22; Chauliaguet C., op. cit., pp. 202-205
203
Teoria e pratica dell’architettura solare
orientamento est-ovest sono caratterizzati dalla forma tipo dello shed, con minore
superficie di captazione rispetto ai precedenti, ma presentano il sistema delle serre solari
con un orientamento più favorevole (sud) e perciò più performante.
Masterplan del Piano Operativo Comunale (POC): individuazione del comparto di progetto (fig.
4.60); vista da sud del lotto da sostituire (fig. 4.61)
Fig. 4.62 Sezione ambientale e schema planimetrico della UMTU, indicata col tratteggio
204
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
Modello di studio (blocchi a schiera) delle ombre portate (ore 12.00); da sinistra a destra: solstizio
estivo (fig. 4.63), equinozi (fig. 4.64), solstizio invernale (fig. 4.65)
Fig. 4.66 Scheda riepilogativa degli indicatori tecnologici e di forma e dei dati di rendimento solare
4.2.6 Morfotipo 4: isolato chiuso
Il modello di base, che verrà meglio definito nel successivo sottocapitolo 50 , riguarda
la sostituzione edilizia di un aggregato di edilizia sociale situato nello stesso comparto
PEEP del morfotipo 1. Come nel caso precedente vengono rispettati i vincoli dell’impronta
a terra/consumo di territorio, ma è necessaria una diversa configurazione volumetrica per
adattare le richieste di alloggi (93) alle strategie solari implementate. Queste infatti
prevedono, oltre all’accesso al sole delle coperture a fini attivi, la piena captazione del
50
Cfr. sotto-sottocapitolo 4.3.3 Efficientamento energetico dell’esistente vs sostituzione edilizia: strategie
d’intervento su di un isolato di edilizia sociale complesso
205
Teoria e pratica dell’architettura solare
sistema di serre solari poste sui fronti verticali del nuovo aggregato. La particolarità del
modello sta nella soluzione dei “lati corti” dell’isolato a forma chiusa, che rappresentano
le parti “deboli” della configurazione morfologica poiché orientate meno favorevolmente.
Queste assumono necessariamente un andamento a scalare verso nord, per garantire la
captazione delle serre anche nella fase più sfavorevole del periodo sottoriscaldato (fase
invernale); il modello perciò “tende” a riconfigurarsi verso il morfotipo 2 a blocchi
contrapposti, che, come vedremo, presenta il miglior rendimento in rapporto alla capacità
insediativa, soprattutto per quel che riguarda l’efficienza dei sistemi passivi. L’unità
minima tipologica edilizia è uno sviluppo di quella utilizzata per il morfotipo 1, adattata
alla particolarità dimensionale del lotto di base e alle richieste quantitative e qualitative
degli alloggi da riproporre. La successiva definizione dell’unità minima territoriale urbana
prevede perciò il montaggio del morfotipo individuato all’interno di una struttura urbana
di base (mobilità, parcheggi, aree a verde), che consenta la ripetibilità e il pieno accesso
al sole dei successivi isolati.
Comparativamente si evidenziano valori di potenzialità fotovoltaica variabili tra 114
e 159 kWp/ettaro e un notevolissimo valore potenziale di superficie a serra solare (2345
mq/ettaro); a fronte di una capacità insediativa di ben 89 alloggi/ettaro e un urban
footprint di 1,06 ettari.
Terzo comparto PEEP Morane (Modena): localizzazione (fig. 4.67) e vista da sud dell’edifico a C
esistente (fig. 4.68)
206
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
Fig. 4.69 Sezione ambientale e schema planimetrico della UMTU, indicata col tratteggio
Modello di studio (isolato chiuso) delle ombre portate (ore 12.00); da sinistra a destra: solstizio
estivo (fig. 4.70), equinozi (fig. 4.71), solstizio invernale (fig. 4.72)
207
Teoria e pratica dell’architettura solare
Fig. 4.73 Scheda riepilogativa degli indicatori tecnologici e di forma e dei dati di rendimento solare
4.2.7 Morfotipo 5: torre
Il quinto modello riguarda la sostituzione edilizia di un edificio di 11 piani oltre ad un
piano terra a servizi e una distribuzione di quattro alloggi per piano, per un totale di 44
alloggi di residenza sociale. L’orientamento dell’impronta a terra dell’edificio esistente di
riferimento, ordinato secondo l’asse est-ovest e ruotato leggermente verso nord, a prima
vista sembra favorevole, ma viene poi negato dall’impianto tipologico che prevede gli
affacci delle zone giorno indifferentemente a sud e a nord.
A livello pianificatorio l’edificio alto prevede da un lato una grande disponibilità di
superficie libera al piano terra densificando in verticale, ma dall’altro disegna una “area
d’influenza” 51 di dimensioni notevoli che provoca non pochi problemi di ombreggiamento
all’edificato contestuale.
Nel modello proposto è stata rispettata la distribuzione di quattro alloggi per piano,
dotandoli al contempo tutti di una porzione o del completo affaccio della serra solare a
sud. Nei due alloggi meno favorevoli come orientamento, la porzione più consistente di
serra si affaccia comunque verso est o verso ovest; in questo caso sarà necessaria
51
Cfr. Knowles R., op.cit., p.
208
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
un’attenzione maggiore nei sistemi di schermatura da prevedersi frontalmente. In
conseguenza della caratteristica bassa estensione superficiale della copertura, il
morfotipo a torre risulta penalizzato a livello di produzione energetica attiva con valori di
1,2-1,7 kWp/alloggio, corrispondenti pur sempre alla metà del fabbisogno di un alloggio
medio. La configurazione del coperto adotta la forma tipo a monofalda 52 con inclinazione
di 20°, generando volumetrie addizionali per gli attici e per le installazioni impiantistiche.
Come sistema passivo è stato implementato sugli undici piani residenziali, un sistema di
serre solari orientato a sud (superficie percentualmente maggiore), est e ovest.
I dati comparativi indicano un basso valore dell’urban footprint (0,63 ettari), una
buona capacità insediativa (70 alloggi/ettaro), a fronte di una ridotta potenzialità
fotovoltaica variabile tra 87 e 122 kWp/ettaro ma di un buonissimo valore di superficie
captante a serra solare (2.335 mq/ettaro).
Terzo comparto PEEP Morane (Modena): localizzazione (fig. 4.74) e vista da sud della torre (fig.
4.75)
52
Cfr. sotto-sottocapitolo 4.1.1
209
Teoria e pratica dell’architettura solare
Fig. 4.79 Sezione ambientale e schema planimetrico della UMTU, indicata col tratteggio
Modello di studio (torre) delle ombre portate (ore 12.00); da sinistra a destra: solstizio estivo (fig.
4.76), equinozi (fig. 4.77), solstizio invernale (fig. 4.78)
210
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
Fig. 4.80 Scheda riepilogativa degli indicatori tecnologici e di forma e dei dati di rendimento solare
4.2.8 Comparazione dei risultati
È possibile confrontare i cinque modelli teorici d’intervento più ricorrenti, ponendo in
relazione gli indicatori di rendimento solare e gli elementi di forma architettonica e
urbana. Attraverso i parametri comparabili, riferiti cioè alla superficie territoriale (ettaro),
è possibile stabilire i morfotipi più performanti come potenzialità fotovoltaica, superficie
captante a serre solari, capacità insediativa e impronta a terra dell’unità territoriale di
riferimento (UMTU). I dati di sintesi dono stati espressi attraverso una scheda
riepilogativa di tutti e cinque i morfotipi e attraverso dei diagrammi che visualizzano
sinteticamente l’andamento di alcune performance solari nel confronto tra i vari
morfotipi. In questo modo è possibile adottare la migliore tipologia edilizia riferita ad un
certo contesto urbano, stabilendo quale sia la priorità più importante in fase progettuale
(performance solare attiva o passiva/densità edilizia/uso del territorio); è interessante
allo stesso tempo confrontare gli esiti figurativi e le articolazioni morfologiche di alcuni
parametri di forma urbana e architettonica.
Dall’esito dei diagrammi comparativi si evidenziano certe tendenze di una certa
rilevanza.
211
Teoria e pratica dell’architettura solare
Nel diagramma 1 sono stati messi in relazione gli indicatori di potenza fotovoltaica
complessiva (kWp/ettaro) e capacità insediativa (alloggi/ettaro). Si può leggere una
relazione tendenziale inversamente proporzionale tra la potenzialità fotovoltaica e la
capacità insediativa, a parte l’eccezione negativa del morfotipo a torre che risente della
limitata estensione superficiale della copertura; questo sta a significare che una
densificazione edilizia porta anche ad un certo decremento nello sfruttamento della
risorsa solare attiva. Valutando i valori intermedi, in equilibrio tra una buona capacità
insediativa e potenza FV, l’UMTU a blocchi contrapposti appare come la scelta migliore.
Nel diagramma 2 sono stati messi in relazione le superfici di captazione verticali
destinate alle serre solari sempre con la capacità insediativa. In questo caso si evidenzia
una tendenza diametralmente opposta, cioè che in presenza di un’alta densità edilizia si
ottengono valori elevati di superficie di captazione; è possibile inoltre individuare una
relazione tendenziale di diretta proporzionalità tra i due fattori considerati. L’isolato a C si
attesta sotto la retta di tendenza, poiché sconta diverse superfici captanti orientate in
maniera non ottimale (est e ovest); il morfotipo a torre si posiziona sopra la retta di
tendenza, perché riesce a garantire molta superficie captante in relazione al volume
contenuto. L’UMTU con il morfotipo “isolato chiuso”, soprattutto, e a “torre” risaltano
perciò come le forme urbane più performanti sia per quanto riguarda i sistemi passivi che
per la capacità insediativa.
Nel diagramma 3 è stata analizzata la relazione tra la potenza fotovoltaica
implementabile (kWp/ettaro) e l’urban footprint 53
(ettari). Il valore massimo di
potenzialità FV risulta il morfotipo a blocchi a schiera, potendo contare su una elevata
superficie captante giustamente orientata a disposizione in copertura, a costo però di un
elevato consumo di territorio (1,3 ettari). Il morfotipo che appare più “efficace” in questo
caso è quello a blocchi contrapposti, cha abbina una buona potenza FV al minimo
consumo territoriale (0,52 ettari)
Nell’ultimo diagramma (4) si sono considerate le superfici captanti a serra
(mq/ettaro) sempre in relazione con l’urban footprint (ettari). Anche in questo caso il
morfotipo a torre si conferma il modello d’insediamento più efficace, con la massima
superficie captante in relazione al basso consumo di territorio (0,63 ettari). Il morfotipo a
blocchi contrapposti richiede il minimo urban footprint in assoluto però con un valore più
basso di performance passiva rispetto alla torre.
53
Cfr. nota 47
212
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
Fig. 4.81 Tabella riepilogativa di confronto tra i cinque modelli proposti con evidenziati in grigio i
valori comparabili più performanti
213
Teoria e pratica dell’architettura solare
Fig. 4.82 Comparazione dei morfotipi per potenzialità fotovoltaica e capacità insediativa; la linea
tratto-punto mostra l’andamento tendenziale
Fig. 4.83 Comparazione dei morfotipi per potenzialità captante con sistemi passivi e consumo del
territorio (urban footprint)
214
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
Fig. 4.84 Comparazione dei morfotipi per potenzialità captante con sistemi passivi e capacità
insediativa; la linea tratto-punto mostra l’andamento tendenziale
Fig. 4.85 Comparazione dei morfotipi per potenzialità captante con sistemi passivi e consumo del
territorio (urban footprint)
215
Teoria e pratica dell’architettura solare
216
4.3 Applicazione delle strategie solari nel progetto di architettura
Nei capitoli precedenti sono stati analizzati ed evidenziati gli assetti teorici, le tecnologie
a disposizione e le risultanze formali conseguenti di un approccio consapevolmente solare
alla progettazione architettonica. Nel rapporto tra l’articolato concettuale e la pratica
costruttiva appare evidente che la conoscenza profonda delle tecniche a disposizione e
del funzionamento bioclimatico in senso lato di un edificio anche nei suoi principi fisici,
sono fondamentali per un approccio al progetto di una architettura di alto livello
qualitativo ed energeticamente efficiente. Qualità formale, condivisa e accettata dalla
collettività attraverso la migliore integrazione morfologico-compositiva dei dispositivi
tecnologico-impiantistici; qualità d’uso, poiché un’architettura scomoda e complessa
nell’utilizzo risulta poco confortevole e conseguentemente viene rigettata; qualità
prestazionale, poiché se da una parte vengono fatte le più attente analisi computazionali,
dall’altra bisogna considerare le reali prestazioni energetiche nelle condizioni d’uso
quotidiano, che scontano come detto abitudini e consumi differenziati.
Il compito perciò del progettista è quello di governare il processo teorico-pratico del
progetto
attraverso
la
conoscenza
degli
strumenti
a
disposizione
e
del
loro
funzionamento; con la consapevolezza che un target qualitativamente alto è raggiungibile
esclusivamente grazie ad un processo progettuale integrato, all’interno del quale
interagiscono più competenze, ognuna con la sua specificità, in tempi e modalità precise.
Tutte queste diverse competenze influenzano in maniera sempre più decisiva l’esito finale
tecnico-prestazionale
ma
anche
figurativo,
demandando
spesso
al
progettista
architettonico la responsabilità del coordinamento generale.
Ciò premesso è sembrato opportuno procedere con delle verifiche progettuali che
non tenessero conto del contributo computazionale, seppur importante, di verifica
prestazionale, poiché questo aspetto non appare decisivo per le finalità che stanno alla
base di questa ricerca. Essa si prefiggono, attraverso diversi apporti metodologici, di
indagare gli esiti figurativi che un certo tipo di approccio mirato alla progettazione solare
stabilisce nel progetto di architettura, analizzando il peso delle intersezioni tecnologiche
nella strutturazione formale dell’involucro architettonico.
A questo scopo sono state sviluppate quattro tematiche di esercizio progettuale in
ambito residenziale, a varie scale dimensionali. La prima è riferita alla costruzione ex
novo, analizzata attraverso il progetto di un edificio plurifamiliare per 6 alloggi che ha
preso spunto da un bando di concorso dell’Università di Parma del 2011 (Architetture
residenziali per la sostenibilità). La seconda tematica riguarda l’ipotesi di riprogettazione
di un isolato di recente costruzione, ai fini di verificarne una possibile riconfigurazione
morfologico-funzionale in seguito all’applicazione di strategie solari attive e passive. La
terza e la quarta ipotesi riguardano la riprogettazione di un isolato di edilizia sociale,
Teoria e pratica dell’architettura solare
riconfigurato in comparazione nella doppia accezione di efficientamento energetico
dell’esistente o di sostituzione edilizia.
4.3.1 Costruzione ex novo: progetto di un edificio plurifamiliare
Il progetto è stato redatto in collaborazione con l’Arch. Massimiliano Cantalupo, collega
del corso di Dottorato e studioso di tematiche nel settore ICAR14, anche ai fini di
verificare i caratteri trasversali, i punti di contatto e l’integrabilità che possono sussistere
tra
le
discipline
della
tecnologia-tecnica
dell’architettura
e
della
composizione
architettonica. Un fattivo supporto pratico è stato inoltre fornito da due laureandi del
corso in Ingegneria Edile dell’Università di Bologna.
Il bando di concorso, riservato a studenti e dottorandi di ricerca in architettura o
ingegneria, richiedeva la progettazione di un edificio plurifamiliare, decontestualizzato,
che facesse propri principi genericamente espressi di sostenibilità ambientale. Citando il
testo di bando si evince la volontà di:
[…] premiare le architetture residenziali progettate in modo che sappiano rapportarsi in
maniera equilibrata con l'ambiente, che siano pensate per le necessità dell'uomo e che siano
in grado di soddisfare i bisogni delle nostre generazioni senza limitare, con il consumo
indiscriminato di risorse e l'inquinamento prodotto, quelli delle generazioni future. Il Concorso
è aperto alle idee di opere di edilizia residenziale (da 2 a 6 alloggi) di nuova realizzazione e/o
agli interventi di riqualificazione di edifici esistenti, che rivestano un significato concreto in
termini di sostenibilità, con particolare riferimento alla cosiddetta “casa a bolletta zero” in
termini sia di utilizzo di fonti energetiche rinnovabili ed innovative, sia di applicazione di
tecnologie costruttive dell’involucro che prevedano l’utilizzo di risorse, materiali e tecnologie
reperibili nel nostro territorio […] 1
I riferimenti citati parlano perciò di “rapporto equilibrato con l’ambiente”, senza
specificare però a quale ambiente ci di riferisce; è possibile cogliere invece un preciso
riferimento alla definizione originaria di sviluppo sostenibile presente nel rapporto
Brundtland 2 . Un secondo spunto parla di “casa a bolletta zero”, ipotizzando con questo
un edificio a bilancio energetico quasi zero o zero e autoproduzione energetica da “fonti
rinnovabili”. Vengono infine richiesti caratteri costruttivi, materici e tecnologici “reperibili
sul nostro territorio”, rilanciando l’idea di poter contestualizzare la proposta sul territorio
1
Bando di concorso denominato “Architetture residenziali per la sostenibilità”, Università di Parma, 2011
Il rapporto Brundtland, più noto come Our Common Future, è un documento pubblicato
nel 1987 dalla Commissione mondiale sull'ambiente e lo sviluppo (WCED), in cui viene citato per la prima volta
il concetto di “sviluppo sostenibile”. Il nome proviene dalla coordinatrice Gro Harlem Brundtland che in
quell'anno era presidente del WCED ed aveva commissionato il rapporto.
2
218
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
emiliano o padano in generale, anche per avere un qualche riferimento climatico da
considerare nella progettazione dell’involucro.
A fronte della non-richiesta del bando di concorso, la proposta progettuale è stata
invece volutamente contestualizzata su di un caso reale, credendo fermamente in una
architettura che debba sempre rapportarsi con l’ambiente circostante e con le specificità
del luogo in cui viene inserita. Essa deve poter cogliere le opportunità di sfruttamento
delle risorse energetiche presenti nel contesto microclimatico locale, cercando al
contempo il minimo impatto ambientale nei termini di consumo del territorio (building
footprint) e di inquinamento prodotto. L’ipotesi di progetto riguarda perciò un esempio di
sostituzione edilizia, tema che può essere letto sul doppio binario dell’efficientamento
dell’esistente 3 e di costruzione ex novo. Questa metodologia d’intervento consente una
più efficace applicazione delle più idonee strategie solari, rispetto a un tentativo anche
radicale di retrofit dell’edificio esistente.
I principi cardine del programma di progetto sono legati alla tematica dell’edificio
energeticamente attivo 4 , definendo con questo un involucro che produce più energia di
quella che consuma in un bilancio energetico annuale a credito. In primo luogo ciò è
possibile attraverso la concezione di un involucro sostanzialmente passivo e perciò
iperisolato e poco disperdente. Esso sfrutta poi in modo sinergico gli apporti energetici
disponibili passivi ed attivi, prevalentemente di tipo solare, attraverso la corretta
orientazione ed una conformazione morfologica che integra i dispositivi tecnologici di
sfruttamento.
A livello tipologico l’edificio è orientato secondo l’asse est-ovest e si configura in sei
unità residenziali di varia metratura, divise in due blocchi separati dal vano scala
comune. Due alloggi sono collocati al piano terra e dispongono di giardino privato, due
appartamenti di metratura inferiore e con giardino pensile si trovano al primo piano,
mentre due alloggi sono ricavati in duplex al secondo e terzo piano; il vano scala comune
disimpegna gli alloggi del primo e secondo piano. Il taglio degli appartamenti prevede
superfici utili comprese tra 80 e 120 mq variabili nella disponibilità di due o tre camere
da letto.
La tipologia dell’edificio plurifamiliare di piccole dimensioni fino a sei alloggi è un
tema ricorrente dell’edilizia privata di nuova costruzione/sostituzione edilizia modenese,
soprattutto nelle zone semi-perifieriche. Questa tipologia consente un accettabile livello
di densità urbanistica, soprattutto per i centri urbani di medie dimensioni, senza un
utilizzo troppo estensivo del territorio urbanizzato tipico di molte zone caratterizzate da
tipologie mono o bifamiliari. Il tema dell’edificio solare plurifamiliare, a bassa o alta
3
L’edificio produttivo attuale è da lungo tempo in disuso e si trova all’interno del tessuto urbano consolidato di
Modena. Il piano regolatore ne prevede la trasformazione con la destinazione d’uso a residenziale, in accordo
col tessuto consolidato circostante
4
Plus Energy Building, cfr. sottocapitolo 2.1.4
219
Teoria e pratica dell’architettura solare
densità, già sperimentato in Italia nella prima metà degli anni ‘80 5 , ha una serie di
potenzialità che possono sicuramente tornare di grande attualità anche nella realtà
odierna; queste consistono nella possibilità di ottimizzare i guadagni e la produzione
solari in dotazioni impiantistiche centralizzate, massimizzando l’autoconsumo locale e
spalmando i costi d’impianto.
Fig. 4.86 Piante di progetto: piano terra (in alto a sinistra), primo (in basso a destra), secondo (in
alto a destra), sottotetto (in basso a destra)
Per quel che riguarda la climatizzazione invernale le sei unità residenziali non
necessitano di un impianto di riscaldamento tradizionale: le strategie solari, costruttive e
di isolamento previste nel progetto garantiscono un bassissimo fabbisogno energetico in
entrambi le fasi critiche dell’anno (periodo sottoriscaldato e surriscaldato). È previsto un
impianto centralizzato di ventilazione meccanica controllata (VMC) con recuperatore di
calore ad alta efficienza e un sistema di pretrattamento dell’aria in entrata che garantisce
al bisogno quel minimo apporto di climatizzazione degli ambienti nei giorni di picco
climatico, invernale o estivo. L’apporto energetico per il trattamento dell’aria di ricircolo e
per il fabbisogno di acqua calda sanitaria (ACS), verrà generato da una unica pompa di
calore supportata da due pozzi geotermici; questa può essere direttamente alimentata
dai pannelli fotovoltaici integrati sulla copertura dell’edificio. Il sistema attivo, oltre a
prevedere una completa integrazione compositiva e morfologica, sarà di tipologia “ibrida”
(cfr. 2.2.3) con produzione combinata di energia elettrica e acqua calda. L’edificio in
definitiva non necessita della normale adduzione di gas dalla rete pubblica, prevedendo
per la cottura dei cibi, normalmente a gas, l’utilizzo di piastre ad induzione alimentate
dall’impianto
fotovoltaico
condominiale.
Tutti
gli
impianti
centralizzati
sia
di
climatizzazione che di ricambio aria sono disposti in un vano tecnico condominiale al
5
Cfr. esempi citati nel sottocapitolo 1.6
220
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
piano terra e collegati ad un cavedio tecnico di distribuzione ai vari alloggi e di
presa/espulsione dell’aria di ricircolo che sfocia in copertura; gli stessi impianti comuni
sono dotati di contabilizzatori di calore e flussometri per stabilire i consumi di ogni
appartamento. Il controllo microclimatico all’interno di ogni alloggio si ottiene con un
sistema domotico (user friendly) che rileva le condizioni termo-igrometriche di ogni
ambiente e regola autonomamente gli apporti dei sistemi attivi e passivi.
Il concept energetico evidenzia sinteticamente le strategie adottate di tipo
bioclimatico, impiantistico e di sfruttamento dell’energia solare. il principio fondamentale
è che le tre componenti agiscano sinergicamente apportando il loro contributo in fasi
specifiche di funzionamento dell’involucro, secondo la variabilità del microclima esterno
ed interno. Il ruolo del progetto è di far si che questa sinergia possa attuarsi, soprattutto
per quel che riguarda il rapporto tra gli apporti solari passivi e quelli attivi, attraverso la
giusta configurazione dell’involucro nelle componenti di ricezione o di protezione
dell’irraggiamento. Tutto è generato dalla giusta orientazione dell’edificio e dalla corretta
concatenazione degli ambienti interni, in modo che i dispositivi recettori possano
funzionare nella fase più favorevole (invernale) ed essere invece protetti nella fase più
sfavorevole (estiva). A questo scopo la percentuale maggiore delle superfici trasparenti
(recettori a guadagno diretto) prospettano sul fronte sud e sono sempre protette
superiormente o da volumi architettonici o da sistemi di schermatura; le bucature a est
ed ovest, limitate al necessario, prevedono delle schermature mobili frontali; il fronte
nord, dal carattere specificatamente massivo, presenta la percentuale minore di
superficie trasparente rispetto a tutti e quattro i fronti orientati, enfatizzando il concetto
di protezione e contenimento delle dispersioni termiche.
I sistemi attivi, di tipo ibrido, occupano buona parte della superficie di copertura,
opportunamente configurata 6 per avere la massima superficie di captazione nella falda
rivolta a sud. Al contempo è garantita la ventilazione naturale in funzione di
raffrescamento estivo secondo due strategie: la disposizione su tre fronti contrapposti
delle bucature finestrate apribili; l’espulsione dell’aria calda dall’involucro, attraverso il
camino-cavedio verticale, con un sistema estrattore meccanizzato. Infine una vetrata a
tutta altezza esposta a sud schermata superiormente, garantisce un sufficiente
riscaldamento invernale del vano scala comune a completamento delle strategie solari
messe in campo.
6
Cfr. Forma tipo: Capanna a colmo traslato verso nord, diversa pendenza; sotto-sottocapitolo 4.1.1
221
Teoria e pratica dell’architettura solare
Concept energetico (fig. 4.87) e modello tridimensionale di progetto (fig. 4.88)
Fig. 4.89 Prospetti di progetto, da sinistra a destra: il fronte sud trasparente, il fronte nord chiuso
e massivo, i fronti est e ovest con le bucature di completamento
A livello di scelte di sistema costruttivo, la tecnologia che allo stato attuale
sintetizza più efficacemente gli aspetti di riduzione dei consumi, precisione e velocità di
montaggio, limitazione dei ponti termici, risposta sismica, caratteristiche ambientali (nei
termini di Life Cycle Assessment), è quella del legno. Nella fattispecie il sistema Xlam,
oltre a coniugare gli aspetti sopracitati, possiede la caratteristica di essere un sistema di
tipo “massivo”, più inerziale, e perciò maggiormente performante in regime estivo. Viene
garantito conseguentemente un maggiore sfasamento dell’onda termica, quando le
condizioni di surriscaldamento dell’involucro nel periodo estivo, possono portare a
situazioni di discomfort degli spazi abitati. Il pacchetto costruttivo di parete esterna e di
copertura è completato da una coibentazione con isolante ad alta densità (140 kg/mc) in
fibra di legno; questa è prevista di elevato spessore sulle pareti esterne come isolamento
dell’involucro, ma, con spessori più contenuti, anche nelle contropareti interne per
contenere le canalizzazioni impiantistiche. Come materiali di finitura si prevede l’utilizzo
in facciata di una rasatura con intonaco di tipo civile, rigato a formare il motivo
architettonico del basamento e tinteggiato di colori chiari per limitare il sovraccarico
termico in periodo estivo 7 ; del legno di larice utilizzato a listelli per i brise soleil ed i
parapetti dei terrazzi e dei pannelli isolanti di tipo sandwich in lamiera di zinco – titanio
come rivestimento per la copertura nelle parti “non attive”.
7
Cfr. Barbolini F., Guardigli L., “Colore ed efficienza energetica”, in Azero, n. 08 (2013), pp. 58-67; cfr. anche
sotto-sottocapitolo 2.4.1
222
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
Tra le richieste del bando figurava anche la definizione del costo dell’intervento e
dei possibili benefici ambientali, economici e gestionali. La valutazione sintetica della
fattibilità economica è stata suddivisa in quattro macrocategorie, ognuna elaborata
secondo stime presuntive riferite ai prezzi locali attualizzati di mercato, così definite:
1. costo di acquisto del terreno, compreso fabbricato esistente: 750.000€
2. costi derivanti da demolizioni e bonifica del sito: ca. 25.000€
3. costo di costruzione, compreso sistemazioni esterne: mq. lordi 900 x 1.500€/mq
= 1.350.000
4. oneri comunali e spese di progettazione: 120.000€
Per un totale complessivo di spesa di ca. 2.250.000€.
Per quanto riguarda i benefici sono state individuate dieci motivazioni di qualità del
progetto proposto, così suddivise:
1. azzeramento delle emissioni di CO2 in atmosfera: non vi è produzione di energia
termica per combustione
2. forte decremento della maggiore voce di spesa impiantistica, non essendo
necessario un impianto di riscaldamento tradizionale
3. le strategie di raffrescamento passivo limitano il consumo elettrico degli impianti
di condizionamento dei giorni di picco termico estivo
4. la costruzione avviene in 4-6 mesi (struttura prefabbricata) rispetto ai 12-15
necessari con l’impiego di tecnologie tradizionali
5. le spese di manutenzione sono minori poiché riferite ad una unica impiantistica
condominiale rispetto ai diversi singoli impianti
6. il condominio autoconsuma in sito l’energia elettrica prodotta e ottiene benefici
economici grazie al sistema incentivante italiano
7. l’investimento iniziale per l’acquisto dell’alloggio si ripaga economicamente in un
periodo presuntivo di 30-40 anni (ai valori attuali di mercato)
8. i vari alloggi hanno un maggior valore commerciale rispetto ai prezzi medi, grazie
alla classe energetica più performante esistente (classe A+)
9. la percezione di comfort termo-igrometrico è elevata, grazie alla perfetta tenuta
termica dell’involucro e al continuo ricambio dell’aria interna
10. la sinergia di funzionamento dei vari sistemi di guadagno/produzione energetica
viene gestita da un impianto domotico “user friendly”, di facile utilizzo
Come considerazioni conclusive si può dire che questo concorso ha consentito di
verificare, direttamente nella pratica del progetto di architettura, l’applicazione di alcune
223
Teoria e pratica dell’architettura solare
strategie solari; queste in azione sinergica con gli altri fattori considerati (bioclimatici,
d’isolamento, impiantistici), hanno permesso un teorico raggiungimento del livello
energetico di un edificio a energia zero o, probabilmente, energeticamente attivo. La
verifica computazionale potrebbe confermare o disattendere i risultati attesi, molto
influenzati, come detto, anche dalle reali condizioni d’uso; in questi termini è possibile
evidenziare sotto l’aspetto quantitativo, l’aspetto qualitativo delle azioni di progetto,
individuate secondo l’approccio applicativo della presente ricerca.
4.3.2 Strategie d’intervento su di un isolato residenziale esistente
La seconda verifica operativa vuole indagare le possibilità di “riqualificazione solare”
configurabili su edifici, anche di recente costruzione, che non hanno tenuto conto in fase
ideativa delle possibilità offerte dai sistemi passivi e attivi come occasione di guadagno
e/o produzione energetica. La volontà implicita dell’esercizio progettuale ricerca le
strategie solari, anche le più semplici, applicabili considerando la fattibilità dell’intervento
come minimizzazione dell’impatto funzionale, costruttivo ed economico.
Il caso studio prende in esame un aggregato edilizio a destinazione mista
residenziale-commerciale, che prevede un totale di 33 alloggi distribuiti su vari livelli e
una parte destinata a negozi-uffici al piano terra; di realizzazione recente, è strutturato
secondo l’aggregazione di tre blocchi edilizi a formare un isolato a “C” a corte aperta 8 ,
morfotipo consolidato del tessuto urbano modenese. L’intervento è localizzato nell’ambito
del programma di riqualificazione dell’area dell’ex mercato bestiame della città di
Modena, all’interno del piano generale di rigenerazione della
cosiddetta “fascia
ferroviaria”. Le indicazioni funzionali specifiche dell’amministrazione comunale prevedono
la compresenza di alloggi a destinazione agevolata, convenzionata e libera. L’aggregato
in questione si sviluppa per quattro piani oltre al piano terra sul fronte principale e per
tre piani oltre al piano terra (rialzato) nei due corpi laterali.
Le strategie di riprogettazione adottate hanno previsto una prima fase di analisi
tipologico-distributiva per individuare le disposizioni degli ambiti a giorno (soggiornopranzo) non ottimali rispetto agli orientamenti favorevoli; nella successiva fase sono stati
ridistribuiti gli stessi ambiti e contestualmente si è ipotizzata l’implementazione di sistemi
attivi sulle coperture, attualmente piane, attraverso la creazione di sovrastrutture
specifiche. L’isolato di forma quadrangolare risulta orientato secondo l’asse sudovest/nord-est e presenta tutti gli alloggi “passanti” il corpo edilizio e perciò con almeno
due affacci contrapposti. Su un totale di 33 alloggi ne sono stati individuati 8 “critici”,
cioè con orientamento a nord-est delle zone giorno. Operando una inversione distributiva
8
Cfr. sotto-sottocapitolo 4.2.3
224
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
tra la cucina e il soggiorno-pranzo in alcuni casi, o ricollocando a volte anche altri spazi, è
possibile applicare delle semplici strategie di guadagno termico diretto e ottenere
significativi benefici termici passivi; tutto ciò è fattibile riorientando l’ampia vetrata del
soggiorno-pranzo, che tra l’altro può già beneficiare della schermatura solare già in
essere risultante dalle logge dei piani superiori.
Fattore non trascurabile è anche l’incremento del comfort luminoso degli spazi
abitualmente più utilizzati, che potranno usufruire di una quantità maggiore di luce
naturale per un periodo maggiore dell’anno. A livello di fattibilità tecnico-operativa è
necessario prevedere l’adeguamento impiantistico delle dotazioni della cucina (adduzioni
acqua calda e fredda, gas e scarico) e la riconfigurazione delle due bucature
architettoniche esistenti, potendo però riutilizzare gli stessi infissi esistenti che verranno
solamente riposizionati.
Per quanto riguarda le strategie solari attive, la copertura di tipo piano esistente
permette di ipotizzare, sui due corpi laterali e sulle due torri del fronte principale, delle
falde attive fotovoltaiche 9 orientate a sud-ovest e sud-est; questo anche in relazione al
minimo sovraccarico dovuto alle sovrastrutture di supporto e ai pannelli fotovoltaici stessi
e alla tipologia strutturale dell’edificio già conforme alla normativa antisismica. 10
Fig. 4.90 Schema orientato dell’aggregato edilizio, con evidenziati i quattro corpi scala
9
In questa ipotesi si esclude il sistema a solare termico poiché prevederebbe soluzioni di retrofit impiantistico
sicuramente più onerose e più impattanti
10
È necessaria in ogni caso una verifica della fattibilità strutturale secondo le NTC 2008
225
Teoria e pratica dell’architettura solare
Fig. 4.91 Piano terra: schema tipologico-distributivo dello stato di fatto (a sinistra) e di progetto (a
destra); invertendo l’attuale zona giorno-cucina è possibile ottenere un incremento del guadagno
solare passivo (sistema diretto)
Fig. 4.92 Piano tipo: schema tipologico-distributivo dello stato di fatto (a sinistra) e di progetto (a
destra); anche in questo caso, agendo sull’inversione del sistema zone giorno-cucine di 3 unità
abitative è possibile ottenere un incremento del guadagno solare passivo
226
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
Vista alta da ovest: stato di fatto (fig. 4.93) e ipotesi di progetto (fig. 4.94)
Prospetto principale sud-est: stato di fatto (fig. 4.95) e ipotesi di progetto (fig. 4.96)
Prospetto laterale sud-ovest: stato di fatto (fig. 4.97) e ipotesi di progetto (fig. 4.98)
4.3.3 Efficientamento energetico dell’esistente vs sostituzione edilizia
In ordine generale la riqualificazione energetica degli involucri edilizi presenta delle
criticità maggiori rispetto alla costruzione ex novo. Le problematicità sono dovute al fatto
che nella maggior parte dei casi l’intervento sull’esistente produce risultati sempre molto
limitati, che scontano la mancata applicazione di una strategia più organica dovute
prevalentemente
a
questioni
economiche. Il
raggiungimento di
livelli
elevati
di
performance energetica presuppone di intervenire congiuntamente sui vari fattori della
riqualificazione, molto diversi fra loro: l’isolamento termico dell’involucro, la sostituzione
degli infissi e degli impianti, l’implementazione di sistemi attivi di produzione energetica e
passivi di guadagno termico. Senza contare che ad un livello così radicale di intervento
sarebbe auspicabile agire anche sulla riqualificazione funzionale, spesso carente, di questi
organismi edilizi, operando un riorientamento della distribuzione interna. Oltre alla
prioritaria finalità della riqualificazione energetico-funzionale va poi considerato anche
227
Teoria e pratica dell’architettura solare
l’adeguamento strutturale in virtù delle nuove stringenti normative antisismiche. Il
rischio, come spesso accade, è di implementare solamente il sistema meno costoso, in
molti casi il cappotto termico, non considerando strategie come quelle solari più
sostenibili ma di ritorno economico (payback) maggiore come periodo temporale.
Nel nostro caso la riprogettazione di un edificio complesso di edilizia sociale a
Modena diventa occasione per analizzare le potenzialità della tecnica urbanistica
cosiddetta di “sostituzione edilizia”, elemento sempre più considerato nelle politiche
pianificatorie di molti comuni italiani, tra i quali si è allineato anche il comune di
Modena 11 , approfondendone al contempo i vantaggi/limiti nei confronti dell’intervento
sull’esistente.
Questa
tecnica
prevede
la
ricostruzione
ex
novo
in
sito
dell’edificio
esistente,
consentendo di riutilizzarne la stessa impronta a terra (building footprint) e le reti di
urbanizzazione già esistenti. Il punto di forza fondamentale è che l’edificio ricostruito,
configurandosi come nuova costruzione, deve necessariamente rispettare tutti i requisiti
delle attuali normative vigenti, operando un salto di scala qualitativo inavvicinabile da
qualsivoglia intervento di riqualificazione. Inoltre, ed è quello che più interessa in questa
sede, è possibile applicare in modo più organico ed efficiente tutte le strategie solari di
guadagno/produzione energetica. Allo stesso modo è necessario considerare comunque i
vincoli, non trascurabili, di adattamento ad un contesto urbano precostituito, inteso come
orientazioni vincolanti, giustapposizione con gli edifici contigui, adattamento alle
situazioni ambientali e geomorfologiche locali e di dover garantire le stesse dotazioni
dell’edificio preesistente 12 .
Le metodologie d’intervento con tecniche di efficientamento energetico con strategie
solari possono essere raggruppabili, per semplificazione, in due categorie:

interventi di tipo strutturale

interventi di tipo sovrastrutturale
Nella prima categoria sono ricompresi tutti quegli interventi con componenti edilizie
che oltre alla funzione di sfruttamento solare vanno a sostituire elementi edilizi di
chiusura dell’involucro, oppure propongono nuove addizioni o riconfigurazioni spaziali. È il
caso ad esempio:

dei sistemi a serre solari addossate all’edificio che generano un ampliamento dei
volumi esistenti;
11
Cfr. Documento d’indirizzo del nuovo PSC del Comune di Modena, G. Giacobazzi, 2012
Questo fattore può comunque diventare da vincolo a opportunità per incrementare la densità urbanistica e i
servizi di quartiere, aumentando le unità abitative e le dotazioni comuni a piano terra
12
228
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare

della ridistribuzione interna dei vari ambienti in funzione di un maggior
guadagno termico passivo;

della sostituzione di parti d’involucro con elementi costruttivi attivi, come nel
caso d’interventi sulla copertura o sui tamponamenti opachi e/o trasparenti con
componenti a produzione energetica integrata.
Della seconda categoria fanno parte i sistemi applicati per sovrapposizione
all’edificio esistente, in funzione di “seconda pelle reagente”, come ad esempio:

le pannellature fotovoltaiche o a termia solare sovrapposte alla copertura o alle
pareti verticali;

le facciate ventilate integrate con elementi attivi;

la chiusura di logge, terrazze o balconi già esistenti con infissi e vetri in funzione
di guadagno termico passivo;

tutti i tipi di schermatura solare in funzione di controllo dell’irraggiamento o
ancor meglio a funzione bivalente di protezione passiva e di produzione attiva.
Entrambe le metodologie di intervento producono modificazioni importanti del
manufatto edilizio, rendendo necessaria un’analisi approfondita dell’assetto compositivo,
funzionale e strutturale, per valutarne attentamente il potenziale di adattabilità 13 e le
ripercussioni che l’applicazione di questi dispositivi possono comportare. Altro fattore
importante e di alta problematicità è la presenza degli utenti durante la fase dei lavori,
che necessariamente devono continuare a fruire degli alloggi, essendo molto complessa
la loro ricollocazione anche solo temporanea.
Per quel che riguarda l’aspetto compositivo occorre individuare attentamente gli
elementi
generatori
dell’assetto
formale
originario,
per
consentirne
una
nuova
strutturazione in equilibrio con l’esistente. Appare corretto perciò stabilire un rapporto
logico tra il prima e il dopo, ove si evinca chiaramente la natura delle parti in addizione
senza per questo snaturare la configurazione originaria. Approccio lecito poiché la stessa
storia dell’architettura ci mostra diversi esempi di come un edificio possa riconfigurarsi
nel tempo anche radicalmente, secondo processi di stratificazione formale adattati alle
nuove esigenze tecniche o culturali espresse dalla società in un determinato periodo
storico. Alcuni autori parlano anche del “diritto ad intervenire” sugli edifici esistenti
considerando comunque dei “valori identitari” e il riconoscimento negli stessi di un
“significato originale” 14 .
13
14
Ferrante A., op. cit., 2012
Cecere C. et al., op. cit., p. 7
229
Teoria e pratica dell’architettura solare
L’obiettivo prioritario di un intervento di efficientamento solare rimane quello di
aumentare la performance energetica dell’edificio, attraverso l’individuazione della
massima quantità di superficie captante in rapporto all’assetto morfologico e funzionale
dell’esistente. Il reperimento della superficie di captazione a fini passivi prevede in molti
casi l’adozione di un sistema di serre sui prospetti a maggiore resa solare, privilegiando
orientazioni a sud, sud-est, est e sud-ovest. Questi dispositivi contribuiscono alla
riduzione del consumo energetico in relazione a certi parametri climatici ed alla
morfologia dell’involucro. L’aspetto fondamentale è che per un corretto funzionamento la
serra solare presuppone la partecipazione attiva dell’utente, poiché in base alla sua
percezione di comfort ambientale la stessa deve essere “regolata”. Lo scambio termico
con l’ambiente riscaldato può avvenire anche per cicli convettivi, aprendo o chiudendo i
collegamenti con lo spazio abitato; inoltre è necessaria l’apertura degli infissi vetrati della
serra in regime estivo, tardo-primaverile e preautunnale, per evitare il surriscaldamento
della stessa. Il funzionamento bioclimatico del “sistema serra”, parzializzato per ogni
alloggio, prevedendo l’azione consapevole dell’utente comporterà una variabilità (selfexpression) della composizione del fronte architettonico, essendo variabile la percezione
di comfort termico da utente ad utente. Va inoltre sottolineata la potenzialità funzionale
del sistema, oltre a quella puramente energetica, risultando l’alloggio ampliato di una
nuova spazialità; esso si potrà caratterizzare variabilmente in diversi modi: luogo di
relazione, giardino d’inverno, affaccio, loggia al bisogno aperta o chiusa, spazio protetto o
completamente introspettivo a seconda delle esigenze del fruitore.
Un esempio interessante di addizione volumetrica e di efficientamento energetico
mediante serre solari è stato realizzato recentemente a Parigi nel 17° arrondissement su
progetto di F. Druot. L’edificio originario, una torre di 50 metri di altezza per 16 piani e
100 unità residenziali, risale al 1962 ed è un classico esempio di social housing della
banlieu parigina. L’intervento di recupero del 2011, denominato “Metamorphosis of Bois
Le Prêtre”, ha previsto il mantenimento della struttura esistente, alcune addizioni
volumetriche, ma soprattutto un sistema di serre solari, o giardini d’inverno, addossate e
giustapposte ai fronti principali, orientati ad est ed ovest. Tutte i corpi in addizione sono a
struttura portante autonoma, realizzata con pilastri in acciaio ed impalcati prefabbricati,
montati in successione ed in aderenza al fabbricato esistente; i tamponamenti esterni
dell’edificio esistente con finestrature a nastro, sono stati sostituiti da vetrate continue a
tutta altezza, sia per l’accessibilità alle nuove serre, ma soprattutto in funzione di
guadagno termico passivo. Sotto l’aspetto dimensionale le addizioni si sviluppano per una
profondità di due metri come serra e per un ulteriore metro come balconata continua. Il
progettista afferma che il consumo per riscaldamento è stato ridotto del 50%, grazie
soprattutto al sistema passivo delle serre. La chiusura delle stese è realizzata con
pannelli leggeri traslucidi, scorrevoli uno sull’altro grazie ad un sistema di guide a
230
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
pavimento e soffitto; il controllo dell’eccessivo irraggiamento è demandato a dei tendaggi
sia dietro ai pannelli scorrevoli che dietro alle vetrate dell’ambiente retrostante.
A sinistra: vista generale (fig. 4.99); a destra: piante dello stato di fatto e di progetto con in
evidenza le serre solari in addizione e la ridistribuzione interna degli alloggi (fig. 4.100)
Sezione di dettaglio con in evidenza lo scheletro strutturale (fig. 4.101); fase di montaggio in opera
degli elementi prefabbricati (fig. 4.102)
Sullo stesso tema dell’addizione volumetrica e dell’implementazione di sistemi a
serra è un interessante riferimento il lavoro svolto dal gruppo di ricerca dell’Università di
Bologna guidato da A. Ferrante 15 , impostato su di un approccio multilivello di possibili
strategie di efficientamento; contestualmente vengono elaborate delle valutazione dei
costi e benefici in termini di ricadute prestazionali secondo obiettivi di classificazione e di
risparmio energetico prefissati. La ricerca ha preso in esame diversi casi di fabbricati di
edilizia economica popolare nel comune di Bologna, ipotizzando diverse scale e scenari di
15
Cfr. Ferrante A., AAA_Adeguamento, Adattabilità, Architettura, Milano, Bruno Mondadori, 2012, pp. 155-197;
Ferrante A. et al., La riqualificazione energetica e architettonica del patrimonio edilizio recente. Il caso dei
quartieri di edilizia residenziale pubblica, IN_BO rivista digitale, n° 5 - dicembre 2012, pp. 251-276
231
Teoria e pratica dell’architettura solare
intervento: dalla semplice cappottatura delle superfici esterne, alla sostituzione degli
infissi, al rifacimento dell’impiantistica, all’applicazione di sistemi attivi fotovoltaici,
all’addizione di serre solari, fino all’ipotesi, trattata anche nel presente capitolo, della
completa demolizione e ricostruzione. Dei vari scenari, che prevedono anche analisi
incrociate tra le diverse categorie d’intervento e la loro valutazione di compatibilità, sono
state fornite anche delle quantificazioni parametriche dei costi economici.
Più in generale volendo delineare delle fasi operative di efficientamento, o linee
guida, con tecniche solari, queste possiamo riassumerle in cinque punti fondamentali:

individuazione della potenzialità solare dell’edificio, in relazione agli orientamenti
delle superfici potenzialmente captanti;

individuazione della potenzialità di adattabilità dell’assetto funzionale, strutturale e
compositivo;

definizione delle strategie solari applicabili passive e/o attive;

analisi delle ripercussioni compositive, funzionali e strutturali sull’edificio esistente;

misura del rendimento solare dell’intervento e quantificazione del payback.
Nel caso delle addizioni a serre solari la condizione più vincolante è che sia
disponibile alla base del manufatto una fascia libera da vincoli funzionali, strutturali,
ambientali o di proprietà; questo per poter fondare ed elevare i nuovi elementi
strutturali, ponendo come vincolo inderogabile il non potersi collegare mutuamente alla
struttura esistente per ragioni di fattibilità normativa oltre che economiche. Sul
potenziale di adattabilità dell’esistente, vanno considerati diversi aspetti: adattabilità
funzionale, cioè la possibilità che l’assetto distributivo possa assorbire le nuove spazialità
in addizione, adattabilità d’uso, cioè la necessaria sensibilizzazione degli utenti ad un
corretto utilizzo delle nuove strutture solari, che ne influenza fortemente il corretto
funzionamento. Le strategie prevalenti di efficientamento solare con sistemi attivi
prevedono l’inserimento dei dispositivi di produzione energetica, sia fotovoltaica che
termica, in copertura. È possibile utilizzare quella esistente (nel caso siano già presenti
falde inclinate ben orientate) per sovrapposizione dei sistemi o prevederne l’integrazione
in una struttura ex novo (nel caso sia presente una copertura piana); la stessa, previa
verifica della fattibilità strutturale e compositiva, dovrà essere configurata secondo
logiche di massimizzazione della superficie captante. Considerando l’aspetto strutturale è
possibile utilizzare sovrastrutture leggere che non comportino un eccessivo aggravio del
carico statico della copertura esistente, fermo restando la dovuta verifica strutturale
secondo normativa.
Questo terzo esercizio progettuale struttura parallelamente due diverse ipotesi
d’intervento sullo stesso caso di studio, permettendo una comparazione che evidenzi le
232
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
diverse potenzialità di sfruttamento solare, di esito formale e di impatto economico
dell’una o dell’altra tipologia d’intervento. La prima ipotesi (fase A) prevede di intervenire
sull’esistente attraverso una serie di strategie di efficientamento solare; la seconda (fase
B) riguarda l’approccio più radicale della sostituzione edilizia, tendenza che si sta sempre
più affermando come soluzione al problema del consumo di territorio.
FASE A: EFFICIENTAMENTO ENERGETICO DELL’ESISTENTE.
Il caso studio riguarda un edificio a destinazione residenziale, già trattato nel
precedentemente, 16 ai fini della definizione del rendimento di forma urbana. Esso si
configura come un aggregato edilizio a forma di “C” con la corte interna aperta sul lato
nord; volumetricamente si configura a tre piani oltre il piano terra nei fronti laterali (via
Arezzo e continuazione di via Terranova), e a cinque piani oltre il piano terra sul fronte
principale (via Terranova). L’orientamento di tutto il comparto PEEP 17 risulta di 24°
rispetto all’asse est-ovest verso il sud, condizione abbastanza favorevole per quel che
riguarda l’esposizione all’irraggiamento solare.
Schema d’impianto del comparto; in evidenza l’assetto viario principale e la struttura degli isolati
(fig. 4.103); ortofoto con l’individuazione del caso studio (fig. 4.104)
A livello formale l’aggregato si presenta compatto, senza aggetti, scandito sul fronte
principale dalle lesene a sostegno del corpo emergente sul fronte principale; è
abbastanza evidente, nelle partizione dei prospetti, un’analogia compositiva con il
progetto Aymonino-Rossi per il Gallaratese 18 antecedente di una decina d’anni.
16
Cfr. Morfotipo 4: isolato chiuso, sotto-sottocapitolo 4.2.6
3° comparto PEEP “Morane”
18
Complesso residenziale “Monte Amiata” nel quartiere Gallaratese 2, Milano (1967-1974). Progettisti Carlo
Aymonino e Aldo Rossi.
17
233
Teoria e pratica dell’architettura solare
Vista dell’edificio esistente da via Terranova (fig. 4.105) e il complesso Gallaratese di A. Rossi (fig.
4.106)
L’analisi tipologica dell’edificio evidenzia tagli di alloggi, variamente disposti nei
piani, da 1 a 4 camere da letto con netta prevalenza per i tagli da 1 e da 2 camere
(rispettivamente 36,6 e 35,5%) e la configurazione prevalente in linea (73,1%). Diversi
alloggi, su un totale di 93, mostrano carenze funzionali come il monoaffaccio (21,5%) e
l’orientamento delle zone giorno a nord (17,2%), che creano varie problematiche sia di
aeroilluminazione che di ventilazione naturale degli ambienti, soprattutto per quel che
riguarda il raffrescamento estivo. La consistenza della superficie lorda risulta di 7.522 mq
per 93 alloggi totali serviti da 7 vani scala e un valore di densità urbanistica di 101 alloggi
per ettaro; l’impronta a terra dell’edificio (building footprint), considerata come superficie
di occupazione sul territorio, disegna un quadrangolo di lati 69,2 e 59,2 m per 3.612 mq.
Edificio PEEP Terranova-Arezzo: analisi tipologica del piano terra (fig. 4.107) e primo (fig. 4.108)
234
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
Edificio PEEP Terranova-Arezzo: analisi tipologica del piano secondo (fig. 4.109), terzo (fig. 4.110),
quarto (fig. 4.111) e quinto (fig. 4.112)
Fig. 4.113 Scheda di sintesi dei dati tipologici, dimensionali e di orientamento dello stato di fatto
235
Teoria e pratica dell’architettura solare
La proposta di riqualificazione energetica con tecniche solari prevede di utilizzare sia
sistemi passivi che attivi, nell’intento programmatico di riqualificare energeticamente la
struttura esistente, operando anche una modificazione delle risultanze morfologicocompositive dell’edificio esistente. Le strategie di efficientamento individuate prefigurano
una serie di azioni progettuali da strutturarsi in maniera sinergica; esse prevedono tre
tipi di strategie:
1.
STARTEGIA 1: ISOLAMENTO DELL’INVOLUCRO EDILIZIO. Si ipotizza un sistema a
cappotto applicato alle chiusure verticali delle facciate esterne ed orizzontali del
solaio del primo piano, degli aggetti su vani riscaldati e della sovrastruttura esterna
di copertura (rifacimento funzionale all’implementazione del sistema fotovoltaico);
le pareti divisorie tra le serre e gli ambienti riscaldati sono anch’esse isolate ma con
la possibilità di attuare una riduzione di spessore in funzione del contributo
d’isolamento fornito dal sistema serra nel suo complesso, attuando perciò un buon
livello di efficienza sinergica tra il sistema parete e il nuovo sistema a serra solare;
2.
STRATEGIA
2:
GUADAGNO
TERMICO
PASSIVO
(SERRA
SOLARE).
Prevede
l’implementazione di un sistema di serre solari 19 sul fronte principale sud-sud-ovest
(completo), sul fronte est-sud-est prospettante via Arezzo (completo), e sul fronte
est-sud/est prospettante la corte interna (parziale, poiché presenta zone in ombra
nella fase invernale). Esse si configurano secondo una struttura autonoma a telaio a
profondità costante di 1,5 metri in setti portanti di conglomerato cementizio armato
e passo variabile 5,2÷5,6 metri, assecondando l’articolato compositivo derivante
dalla successione delle lesene o dal passo strutturale più in generale; i solai di
collegamento orizzontale (sempre in c.c.a.) ad ogni piano assumeranno la funzione
di controventamento. I setti e i solai previsti in conglomerato cementizio armato,
possiedono una massa idonea (2400 kg/mc) per poterne prevedere il loro utilizzo
come massa di accumulo dell’energia termica proveniente dalla radiazione solare; i
setti verticali saranno isolati esternamente per favorire la cessione monodirezionale
del calore accumulato verso l’interno della serra nella fase notturna. La nuova
struttura risulterà distanziata di 20 centimetri dalla parete dell’edificio esistente per
ragioni prettamente sismiche 20 , prevedendo un opportuno giunto elastico (e
isolante) di collegamento. Esternamente la chiusura trasparente della serra sarà
formata da un sistema di infissi a vetrocamera a moduli verticali e passo costante
(circa 1 metro) apribili a libro (fig…); questi in modalità aperta o semiaperta
19
Cfr. Forma tipo: Serra solare verticale / schermatura superiore; sotto-sottocapitolo 4.1.1
Le NTC 2008 prevedono che in caso di collegamento di una struttura esistente (naturalmente non conforme
alla stessa normativa) a una nuova struttura, la risultante reagisca in maniera organica agli effetti sismici
secondo i nuovi criteri normativi, provocando di conseguenza l’adeguamento sismico di tutte le strutture
preesistenti; ciò risulta molto complesso a livello di fattibilità pratico-costruttiva ed estremamente oneroso a
livello economico.
20
236
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
consentiranno la “regolazione” bioclimatica della serra, garantendo la ventilazione
anche degli ambienti retrostanti nei periodi di sovraccarico termico. La struttura
stessa del sistema di serre (profondità minima di 1,5 metri) funge da schermatura
passiva per le bucature trasparenti delle pareti retrostanti. A livello funzionale il
sistema a serra si configura come un’addizione spaziale, che genera una serie di
ambienti di relazione esterni anche come ampliamento delle logge già esistenti
(attualmente
poco
profonde);
questa
nuova
spazialità
“esterna”
diviene
fondamentale dal momento che diversi alloggi ne risultano completamente
sprovvisti;
3.
STRATEGIA 3: PRODUZIONE ENERGETICA IN SITO (FOTOVOLTAICO). E’ attuabile
attraverso la ridefinizione morfologica del profilo di copertura, prevedendo la
parziale demolizione delle sovrastrutture di copertura attualmente presenti; queste
sono posizionate sopra l’originaria copertura piana e sono state realizzate
successivamente alla costruzione dell’edificio, per risolvere le criticità verificatesi
nello
smaltimento
delle
acque
meteoriche.
Successivamente
è
prevista
la
21
ricostruzione delle nuove sovrastrutture a doppia falda con colmo traslato , in
corrispondenza delle parti dei fronti verticali in cui si trovano le serre solari. Queste
nuove strutture di copertura avranno pendenza di falda a sud di 20° e a nord di
36°, per mantenere l’altezza della linea di gronda costante. Per limitare il
sovraccarico alla struttura esistente in conformità alle NTC 2008 22 , le nuove falde
attive sono concepite come “soluzione strutturale leggera” in profili di acciaio e
chiusura superiore a pannelli sandwich di lamiera con l’isolamento a forte spessore
interposto; esse assumono una funzione trivalente di elemento attivo di produzione
energetica, di tenuta all’acqua e di nuovo isolamento della copertura. Il pannello
sandwich viene predisposto per il fissaggio dei traversi in alluminio atti a supportare
i pannelli fotovoltaici, che, a seconda della loro composizione poli o monocristallina,
produrranno diverse potenze di picco globali del sistema attivo 23 .
21
Cfr. Forma tipo: Capanna a colmo traslato verso nord, diversa pendenza; sotto-sottocapitolo 4.1.1.
Sono ammessi dalla normativa dei sovraccarichi strutturali (configurati come “soluzioni strutturali leggere”)
qualora il peso non ecceda il 30% del carico permanente totale (valore nominale, strutturale e non strutturale)
del solaio su cui sono collocate; cfr. Atto di indirizzo in merito alla definizione degli interventi di
sopraelevazione, ampliamento e delle strutture compenetranti, ai fini dell’applicazione del paragrafo 8.4.1 e
delle NTC-2008 e della L.R. n. 19 del 2008, deliberazione-n.-1879-2011 Regione Emilia Romagna
23
Cfr. calcolo del rendimento potenziale di una superficie captante inclinata di copertura, in Scelta dei
parametri, sotto-sottocapitolo 4.2.1
22
237
Teoria e pratica dell’architettura solare
Esempio di sistema a serre solari in facciata sud (fig. 4.114); dettaglio del sistema di apertura a
libro degli infissi di una delle serre (fig. 4.115)
Matrice compositiva (edificio residenziale a Pioltello, A. Monestiroli, 2009): il sistema delle logge in
prospetto (fig. 4.116) e nella pianta del piano tipo (fig. 4.117)
Progetto di efficientamento energetico, il sistema delle serre solari: pianta di progetto del piano
primo (fig. 4.118) e secondo (fig. 4.119)
Progetto di efficientamento energetico, il sistema delle serre solari: prospetto est-sud/est su via
Arezzo nello stato di fatto (fig. 4.120) e nel progetto (fig. 4.121)
238
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
L’applicazione contestuale di queste tre diverse strategie consente di realizzare
notevoli incrementi qualitativi sia prestazionali che architettonici, migliorando allo stesso
tempo la classe energetica e il valore commerciale del manufatto; l’aspetto più
interessante è indubbiamente l’addizione di nuovi spazi di relazione esterni a servizio di
diversi alloggi, configurati come estensione delle zone giorno interne.
Analisi delle ombre nel modello di progetto, vista alta sud-est (da sinistra a destra): solstizio estivo
(fig. 4.122), equinozi (fig. 4.123), solstizio invernale (fig. 4.124) alle ore 12.00
Vista alta da nord-est (figg. 4.125, 4.126, 4.127)
Vista bassa da sud-ovest (figg. 4.128, 4.129, 4.130)
Vista bassa da nord-est (figg. 4.131, 4.132, 4.133)
239
Teoria e pratica dell’architettura solare
Analisi delle ombre nel modello di progetto, vista alta sud-est (da sinistra a destra): solstizio estivo
(fig. 4.134), equinozi (fig. 4.135), solstizio invernale (fig. 4.136) alle ore 12.00
Vista da sud (figg. 4.137, 4.138, 4.139)
Vista da est (figg. 4.140, 4.141, 4.142)
Applicando gli stessi indirizzi metodologici riportati precedentemente è possibile
misurare il rendimento dell’aggregato edilizio dopo gli interventi di efficientamento
energetico solare, secondo certi indicatori tecnologici e formali che rendono possibile una
comparazione con la successiva ipotesi di sostituzione edilizia (fase B). I risultati nella
scheda riepilogativa (fig. 4.143), mostrano la possibilità di una produzione fotovoltaica
annuale (variabile a seconda della resa dei pannelli tra i 1.450 e i 2.000 kWh) a
copertura di circa la metà del fabbisogno di energia elettrica per un alloggio di medie
dimensioni; in questo caso il valore corrisponde ad una potenza media di 1,4÷2
kWp/alloggio 24 ,
rapportati
alla
complessiva
potenza
fornita
dal
sistema
attivo
implementato in copertura. Il valore non elevatissimo di 1.465 mq. di superficie captante
a serra solare in rapporto al complessivo della superficie verticale dell’edificio, va
considerato anche in questo caso in una logica di efficienza sinergica; infatti sarebbe
stato un controsenso prevedere le serre solari a servizio di tutti gli alloggi, poiché, come
si evince dall’analisi delle ombre portate al solstizio invernale, diverse zone dei fronti
24
Cfr. Scelta dei parametri, sotto-sottocap. 4.2.1
240
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
verticali risultano in ombra nel periodo di massimo bisogno o sono sfavorevolmente
orientate 25 ; in questo caso le istanze del sistema tecnologico a serra sarebbero rimaste
disattese poiché di scarsissima efficienza se non controproducente a livello di
funzionamento. Ne è un esempio l’intervento “Bois le Pêtre” (P. Druot, 2011)
precedentemente riportato, che propone, grazie alla specularità degli alloggi, un sistema
indifferenziato di serre solari sia sul fronte est che sul fronte ovest. Se da un lato
l’incremento del valore commerciale interessa tutte le unità abitative, dall’altro bisogna
considerare gli effetti dell’orientamento non ottimali delle serre, che potrebbero innescare
fenomeni di surriscaldamento nella fase estiva (serra aperta) all’involucro edilizio
retrostante.
La priorità progettuale di un sistema di sfruttamento solare, passivo o attivo, è
prima di tutto finalizzata al guadagno/produzione energetica in rapporto alla corretta
integrazione architettonica; successivamente nelle scelte progettuali è possibile valutare
gli eventuali valori aggiunti che possono portare certi sistemi solari come, ad esempio, le
serre. L’ipotesi di progetto, in questa fase, non ha preso in considerazione la
riorganizzazione funzionale degli alloggi; questo fattore è comunque auspicabile viste le
criticità riscontrate dall’analisi tipologica dello stato di fatto (fig. 4.143), ma va tenuta in
conto la problematica assai complessa del dover ricollocare i residenti interessati per il
periodo dei lavori. Le strategie adottate al contrario vogliono tracciare una metodologia di
efficientamento solare praticabile e il più possibile poco invasiva proprio per quei casi,
come questo, in cui gli organismi edilizi sono occupati e risulterebbe assai problematica
l’esecuzione di lavorazioni interne all’edificio. Tra le difficoltà d’implementazione di questo
tipo di sistema va sicuramente inserito il problema dell’attacco a terra del nuovo
involucro delle serre. Esso presume una radicale riorganizzazione delle dotazioni
urbanistiche più a contatto con il fabbricato, sia in superficie che eventualmente nel
sottosuolo, dovendo reperire lo spazio per le fondazioni ; marciapiedi, percorsi ciclabili,
parcheggi e reti di adduzione devono necessariamente essere riorganizzate e al bisogno
ricollocate, in maniera da permettere il reperimento di una fascia utile alla posa delle
nuove strutture.
25
Fronti nord-nord/est e ovest-nord/ovest
241
Teoria e pratica dell’architettura solare
Fig. 4.143
Scheda riepilogativa dei dati di rendimento – fase A
VALUTAZIONE ECONOMICA
È
stata
effettuata
una
valutazione
di
fattibilità
economica
dell’intervento
di
efficientamento solare, desunta dall’analisi delle diverse categorie d’intervento e basata
sulle quantità di lavorazioni in rapporto al loro costo di realizzazione, secondo prezzi di
mercato correnti 26 ; risultando:

fondazioni C.A.: 220 mc. x 500 €/mc. = 110.000€

struttura serre C.A.: 300 mc. x 400 €/mc. = 120.000€

opere provvisionali e sicurezza: 5.300 mq. x 18 €/mq. x 1.3 : 124.000€

sottofondo e pavimentazione serre: 610 mq. x 80 €/mq. = 48.800€

giunti di collegamento con la struttura esistente: 320 ml. x 150 €/ml. = 48.000€

opere complementari serre (adattamento delle bucature finestrate verso le serre
compreso la sostituzione infissi, impermeabilizzazione copertura serre, raccordo con
l’esistente,
nuove
gronde,
discendenti,
pozzetti
e
collegamento
esistente): a corpo = 75.000€
26
Cfr. Prezzi informativi delle opere edili in Modena, Camera di commercio, Modena, maggio 2013
242
alla
fogna
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare

riorganizzazione delle dotazioni urbanistiche esistenti a contatto con l’edificio
(percorsi pedonali/ciclopedonali, parcheggi ed eventuale spostamento delle reti
sotterranee di adduzione): a corpo = 50.000

infissi serre: 1.620 mq. x 300 €/mq = 486.000€

parapetto serre: 450 mq. x 160€/mq. = 72.000€

isolamento a cappotto (spessore medio cm. 16, EPS con grafite): 5.000 mq. x
65€/mq. = 325.000€

oneri e spese tecniche: 150.000€

demolizione e ricostruzione delle falde attive, compreso isolamento: 1.320 mq. x
250 €/mq. = 330.000€

sistema FV a pannelli policristallini: 130 kWp x 2.500 €/kWp = 325.000€
Costo (presuntivo) globale d’intervento, fase A = ca. 2.300.000€.
FASE B: SOSTITUZIONE EDILIZIA
Il tema della sostituzione edilizia, come detto, è attualmente molto dibattuto nelle
amministrazioni comunali preposte alla pianificazione e gestione del territorio urbano,
poiché si configura come possibile soluzione per il rinnovamento del patrimonio edilizio
esistente, soprattutto nei casi di edifici particolarmente degradati. Questa tecnica
urbanistica appare al momento come una delle opzioni più interessanti e sostenibili
all’interno dei processi di trasformazione delle città, con la potenzialità di strutturare
nuove edificazioni meglio indirizzate verso lo sfruttamento delle risorse ambientali, solare
in particolar modo; un ulteriore valore aggiunto è il vantaggio di ricostruire all’interno di
aree già urbanizzate e dotate di tutte le infrastrutture a supporto del nuovo edificato. Il
processo di sostituzione diventa però molto complesso quando si tratta, come in questo
caso, di dover trasferire un numero elevatissimo di famiglie. Nella dimensione del caso di
studio in esame (93 alloggi) l’ipotesi di sostituzione edilizia per questo edificio è già stata
dichiarata di “fattibilità molto remota” dagli stessi gestori dell’edificio (agenzia ACER di
Modena), concessionari per la proprietà rappresentata dal Comune di Modena, e
interpellati al proposito 27 . Una possibilità operativa da indagare a questo proposito,
potrebbe essere quella di individuare nelle immediate vicinanze dei lotti inedificati di
proprietà comunale e attrezzarli con strutture residenziali temporanee a moduli
prefabbricati; a rotazione gli stessi moduli potrebbero essere riutilizzati nel caso di altri
27
È stata recentemente attivata una convenzione di ricerca tra ACER (Agenzia Casa Emilia-Romagna) della
provincia di Modena e il Dipartimento di Architettura dell’Università di Bologna, proprio in funzione di
approfondire le possibili soluzioni per l’efficientamento energetico del patrimonio di edilizia sociale gestito dalla
stessa Agenzia (gruppo di ricerca: L. Guardigli responsabile scientifico, F. Barbolini)
243
Teoria e pratica dell’architettura solare
interventi radicali di riqualificazione o di sostituzione edilizia, programmati in successione
temporale anche all’interno di altri PEEP del comune.
Per queste ragioni è evidente che le casistiche d’intervento con tecniche di
sostituzione edilizia vanno circoscritte a pochissimi casi esemplari di elevato degrado;
degrado contestualmente funzionale, energetico, strutturale e in alcuni casi anche di tipo
sociale. È ben noto che la forbice tra le strategie “pesanti“ di adeguamento multilivello 28
e la ricostruzione ex-novo si sta sempre più assottigliando, soprattutto spostando la
dimensione temporale di ritorno dei benefici nel medio-lungo periodo. È necessaria perciò
una profonda riflessione sulle questioni della “dimensione del recupero” secondo una
visione più olistica e non limitata alla necessità immediata. Analizzare e capire in un
contesto decisionale più allargato le gerarchie d’intervento, tecniche ed economiche,
dell’efficientamento sull’esistente. Riconsiderare attentamente il livello di aspettativa
sociale ed ambientale attuale e conseguentemente ricalibrare il rapporto costi/benefici
attualmente molto sbilanciato su una logica dell’emergenza. Un aspetto poco considerato
ma decisamente importante è rappresentato dal fatto che un edificio ricostruito ex novo,
energeticamente efficiente e soprattutto se di edilizia sociale, può diventare un elemento
virtuoso nell’innesco di processi di rigenerazione di aree urbane degradate e fornire un
modello operativo di stimolo anche per interventi di iniziativa privata.
Il programma preliminare della fase B evidenzia diverse caratteristiche/potenzialità
dell’ipotesi di sostituzione edilizia:

mantenimento della stessa capacità insediativa con potenziale aumento delle unità
abitative attuabile mediante processi di densificazione del lotto (chiusura dell’isolato
a corte aperta e aumento del numero dei piani);

stesso consumo di territorio dell’edificio esistente (building footprint) e riutilizzo
delle reti infrastrutturali e di adduzione esistenti;

definizione ed aggregazione dell’Unità Minima Tipologica Urbana (UMTU, di
dimensioni
corrispondenti
all’edificio
precedente)
in
funzione
del
massimo
reperimento di superficie captante solare;

definizione
e
adattamento
delle
Unità
Minime
Tipologiche
Edilizie
(UMTE)
precedentemente individuate;

la configurazione del livello terreno come spazio urbano continuo, permeabile e
completamente fruibile, con la presenza di ambienti destinati a piccole attività
28
In Italia i livelli richiesti dalla normativa sulla sicurezza (D. Lgs. 494/1996 e 81/2008), sul contenimento dei
consumi energetici (attuale, secondo il D.L. 192/2005 e il D.Lgs. 311/2006 e di prospettiva, grazie al
recepimento col D.L. 4 giugno 2013 n. 63 della Direttiva 2010/31/UE) e sui requisiti strutturali e antisismici
degli edifici (N.T.C. del 2008) hanno prodotto una “violenta” trasformazione di processo e di prodotto nel
mondo delle costruzioni; ciò ha provocato un aumento molto rapido e non proporzionale, rispetto ad alcune
decine di anni fa, degli adempimenti autorizzativi, delle competenze in gioco, ma soprattutto dei costi generali
degli interventi edilizi, sia di nuova costruzione che di recupero “sostanziale” degli edifici esistenti.
244
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
commerciali, spazi per l’aggregazione di giovani ed
anziani, spazi comuni
condominiali, asilo di quartiere, piccola biblioteca;

potenziale ridefinizione di tutti gli alloggi (tagli dimensionali variabili, come i
precedenti, da 1 a 4 camere da letto) in conformità con le attuali normative
comunali;

ottimizzazione delle superfici captanti (sistema passivo a serra solare) attraverso il
miglioramento
dei
fattori
di
dell’aggregato;
riconfigurazione
orientamento
delle
e
superfici
morfologia
di
copertura
degli
elementi
(sistema
attivo
fotovoltaico) a fini di produzione energetica;

strategie
finalizzate
al
raffrescamento
passivo
attraverso
il
doppio
affaccio
contrapposto e il doppio camino estrattore garantiti per ogni singolo alloggio
(l’effetto incrociato delle due strategie consente la ventilazione incrociata in senso
orizzontale e l’estrazione dell’aria in senso verticale);

ottimizzazione delle superfici a verde (corte interna e nuovi giardini pensili in
copertura) che generano effetti di mitigazione del surriscaldamento estivo e di
trattenimento delle acque di prima pioggia.
Il programma è poi confluito nella concezione progettuale, finalizzata in primo luogo
al
reperimento
della
massima
superficie
captante
solare,
fermo
restando
il
soddisfacimento di tutte le quantità funzionali della preesistenza. Si è reso necessario un
generale incremento delle superfici utili, per rispondere a una serie di prescrizioni
regolamentari e a precise volontà progettuali, nello specifico del caso in esame elencabili
come:

la scelta del corpo unico edilizio finalizzata alla captazione con serra olare,
giustamente orientata e garantita per ogni alloggio, che ha provocato un leggero
incremento delle superfici distributive;

un generale incremento delle superfici degli alloggi attraverso il ridimensionamento
delle superfici minime dei vari ambienti, in svariati casi carenti nell’edificio
preesistente;

l’aumento significativo della percentuale di alloggi a 3 camere (passati dal 17,2% al
38.3% del totale complessivo) su indicazioni della stessa agenzia per la casa ACER,
in considerazione dell’incremento numerico dei componenti del nucleo familiare
medio occupante gli alloggi sociali

l’aggiunta dello spazio a ripostiglio interno (obbligo regolamentare attuale) e della
serra solare per ogni alloggio;

traslazione ai piani superiori della dotazione di alloggi precedentemente a piano
terra (ora “luogo urbano”)
245
Teoria e pratica dell’architettura solare
Fig. 4.144 Concept energetico con evidenziate le strategie solari attive e passive praticabili
nell’ipotesi di sostituzione edilizia
La concezione progettuale ha fatto proprie le considerazioni dei capitoli precedenti 29
ed è ripartita dalla base dell’unità minima tipologica urbana (UMTU) definita nel
precedente “morfotipo 4: isolato chiuso” 30 . Questa unità minima territoriale, intesa come
modello ripetibile e strumentale alla determinazione di un corretto “funzionamento
urbano” in rapporto alla sua capacità insediativa (abitazioni/ettaro), è finalizzata in primo
luogo al reperimento della massima superficie di captazione solare giustamente orientata
del morfotipo contenuto al suo interno. Per fare questo è stato definito un modello
d’impianto urbano, configurato anche nelle dimensioni delle sedi stradali, dei parcheggi,
dei percorsi ciclo-pedonali e delle aree a verde pubblico. Il building footprint disegna a
terra un rettangolo con dimensioni di 69 metri sul lato lungo (esposizione favorevole a
sud-sud/ovest) e 50.5 metri sul lato corto (esposizione favorevole a est-sud/est).
Partendo dal corretto dimensionamento dalla matrice strutturale sono stati ricavati gli
stessi alloggi della quantità preesistente, tenendo però in conto una maggiore estensione
superficiale a causa degli attuali vincoli regolamentari e della riconfigurazione numerica
del nucleo familiare medio. Lo schema generale di aggregazione (isolato chiuso) prevede
quattro tipi di base (tipo A, B, C1 e C2) a 2, 3, 4 alloggi: i tipi A e B sono gli aggregati in
linea; i tipi C1 e C2 sono le varianti d’angolo. L’articolazione dei quattro tipi di base
genera lo schema generale di aggregazione tipologica ripetuto su tre piani nel corpo più a
sud e su sette piani nel corpo a nord. Alcune tipi di alloggi (B1, B2, C3, C4, C5) vengono
distribuite a ballatoio conseguentemente alla scelta della tipologia a corpo unico, di
larghezza 11 metri.
29
30
Cfr. sottocapitolo 4.1 e 4.2
Cfr. Morfotipo 4: isolato chiuso, sotto-sottocapitolo 4.2.6
246
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
La definizione delle altezze utili dei corpi di fabbrica, come la loro configurazione in
copertura, sono una risultante dell’accesso al sole dei sistemi attivi e passivi nella
condizione
più
sfavorevole
(solstizio
invernale),
verificata
attraverso
il
modello
tridimensionale. Le superfici di captazione attiva sono concentrate nelle coperture a falde
a colmo traslato 31 sui blocchi edilizi dei due lati maggiori, prevedendone il volume
sottofalda come vano tecnico o come espansione degli alloggi sottostanti; i vani scala
condominiali collegano anche il livello delle coperture per consentire l’accesso alle
terrazze comuni e la manutenzione sia dei vani tecnici che delle falde fotovoltaiche. In
copertura emergono anche i camini di ventilazione, configurati come dispositivo attivo di
raffrescamento degli alloggi sottostanti in regime estivo. Le superfici di captazione
passiva si configurano come un sistema continuo di serre solari posizionate in aggetto di
1,5 metri sui fronti a esposizione migliore; le rientranze previste in corrispondenza delle
zone giorno determinano una profondità della serra solare in quel punto di 2,5 metri,
generando uno spazio fruibile inteso come espansione esterna del soggiorno retrostante.
Nelle giornate di sole del periodo invernale questo spazio (non riscaldato artificialmente),
accumulando calore, consente la fruizione della serra riscaldata naturalmente; nel tardo
pomeriggio e durante la notte la massa del muro e del pavimento riscaldata durante il
giorno, cede lentamente il calore all’involucro retrostante contribuendo alla riduzione del
suo fabbisogno termico per il riscaldamento. Nel periodo estivo la serra viene
completamente aperta per essere utilizzata come una tradizionale terrazza esterna; il
solaio della serra superiore funge da schermatura dei raggi incidenti sulle chiusure
opache e trasparenti 32 , impedendo il sovraccarico termico dell’involucro.
Fermo restando la garanzia della piena captazione delle superfici di copertura rivolte
a sud, le scelte progettuali e la conseguente articolazione morfologica, sono finalizzate a
garantire il pieno accesso al sole di tutte le superfici verticali rivolte a sud destinate alle
serre solari. L’isolato tende a “rompersi” perciò nei lati corti a ridosso del fronte sud del
blocco a nord con un andamento gradonato in funzione della captazione solare. La serra
solare, riproposta su tutti i fronti giustamente orientati, diventa in questo caso il vero
elemento caratteristico e ordinatore di tutta la composizione; in ordine generale questo
tema può essere giustamente considerato, assieme al tema della riconfigurazione della
copertura, tra i nuovi paradigmi dell’architettura solare contemporanea.
31
Cfr. forma tipo: Capanna a colmo traslato verso nord, diversa pendenza, sotto-sottocapitolo 4.1.1
Cfr. Forma tipo: serra solare verticale / schermatura con prolungamento di falda (attiva), sotto-sottocapitolo
4.1.2
32
247
Teoria e pratica dell’architettura solare
Fig. 4.145 Variazioni del tipo edilizio di base (UMTE): Tipo A
Fig. 4.145 Tipo B
248
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
Fig. 4.146 Tipo C1
Fig. 4.147 Tipo C2
249
Teoria e pratica dell’architettura solare
Fig. 4.148 Schema di aggregazione delle unità minime tipologiche edilizie (UMTE)
Le potenzialità di rendimento solare della fase B sono già state definite nella parte
precedente sul rendimento di forma urbana 33 , avendo preso come modello del morfotipo
a “isolato chiuso” proprio l’edifico PEEP Terranova-Arezzo. In questa parte più specifica di
strutturazione architettonica e di verifica di funzionamento del modello proposto in
relazione alle strategie solari messe in atto, appare utile evidenziare alcuni dati
interessanti del progetto:

la percentuale di alloggi a doppio affaccio del 100%;

le percentuali di orientamento del sistema zona giorno-serra solare, risultanti per
l’89,4% a sud, per il 7,4% a est e per il 3,2% a ovest;

la elevata capacità insediativa (o densità urbanistica) del modello proposto,
corrispondente a 89 alloggi per ettaro;

il rapporto di forma S/V (superficie totale disperdente/volume contenuto riscaldato)
di 0,3 molto basso, indice di una compattezza elevata che limita la dispersione
termica dell’involucro:

la percentuale di superficie a verde (corte più giardini pensili) del 25.3% calcolata
sul building footprint dell’isolato;
33
Cfr. Scheda riepilogativa del rendimento solare, Morfotipo 4: isolato chiuso, sotto-sottocapitolo 4.2.6
250
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare

la superficie media lorda degli alloggi di 87 mq, escluse le serre solari, estensione
più consona alle composizioni medie dei nuclei familiari attuali residenti negli alloggi
di edilizia sociale.
Fig. 4.149 Scheda riepilogativa delle caratteristiche tipologiche e dimensionali dell’intervento di
sostituzione edilizia
È possibile elaborare una stima presuntiva del costo globale dell’intervento di sostituzione
edilizia,
utile
alla
comparazione
con
l’ipotesi
di
efficientamento
dell’esistente,
considerando dei valori a corpo o dei valori parametrici per metro quadrato di superficie
realizzata, desunti da prezzi correnti di mercato 34 ,
1.
demolizione
dell’intero
fabbricato
con
dinamite
a
implosione
controllata
e
smaltimento delle macerie: a corpo 350.000€
2.
ricostruzione piano interrato a garage compreso opere si scavo e reinterro: 2253 x
550€/mq. = 1.240.000€
3.
ricostruzione edificio (piani T-7): 11.480 x 1.200€/mq. = 13.776.000
4.
oneri e spese tecniche: punti (1, 2, 3 x 10%) x 50% = 680.000
Costo presuntivo globale d’intervento, Fase B = 16.000.000€
34
Cfr. Prezzi informativi delle opere edili in Modena, Camera di commercio, Modena, maggio 2013
251
Teoria e pratica dell’architettura solare
COMPARAZIONE FASE A / FASE B
La comparazione delle due ipotesi di progetto mette subito in risalto il dato più
sensibile per chi deve intervenire, pubblico o privato, nei processi di riqualificazione
energetica del patrimonio esistente: l’entità economica dell’ipotesi di sostituzione edilizia
è circa sette volte superiore all’ipotesi di efficientamento dell’esistente. Il livello
d’incomparabilità economica tra i due approcci sembra assoluto, ma bisogna considerare
vari aspetti a favore della sostituzione edilizia decisivi soprattutto in una visione di
medio-lungo periodo.
L’edificio in questione ha più di trent’anni e, a fronte di un pur sempre notevole
impegno economico immediato per l’efficientamento solare e l’isolamento termico
dell’involucro,
dovranno
essere
successivamente
considerati
i
costi
sempre
esponenzialmente incrementali della manutenzione straordinaria sulle parti non oggetto
dell’intervento immediato (sostituzione infissi, impianti, parti strutturali degradate,
eventuale adeguamento sismico, ecc.); oltre a questo l’edificio esistente presenta diverse
criticità di ordine funzionale-distributivo che necessariamente prima o poi andranno
affrontate e risolte, con un buon impegno economico. Tra le potenzialità più importanti
riconoscibili all’ipotesi ricostruttiva, è sicuramente da tenere in considerazione modello
della ricostruzione come occasione di rigenerazione urbana, con effetti di stimolo
importanti per il contesto edificato anche di proprietà privata; un modello che può
proporre nuove spazialità per le occasioni di aggregazione sociale e dotazioni ludicocommerciali per i tessuti urbani carenti. La qualità ambientale dei nuovi spazi ricostruiti e
la minima richiesta di fabbisogno energetico completano un quadro esigenziale di grande
attualità, attuabile nella riproposizione di modelli abitativi e urbani che possano dare delle
risposte anche puntuali ma importanti ai processi di riqualificazione sostenibile della città.
252
Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare
Fig. 4.150 Scheda riepilogativa dei dati di confronto fase A / fase B
Vista alta del modello di progetto da sud-ovest e analisi delle ombre, da sinistra a destra: solstizio
estivo (fig. 4.151), equinozi (fig. 4.152), solstizio invernale (fig. 4.153) alle ore 12.00
Vista alta da nord-ovest (figg. 4.154, 4.155, 4.156)
253
Teoria e pratica dell’architettura solare
Vista alta del modello di progetto da est e analisi delle ombre, da sinistra a destra: solstizio estivo
(fig. 4.157), equinozi (fig. 4.158), solstizio invernale (fig. 4.159) alle ore 12.00
Vista bassa da sud-est (figg. 4.160, 4.161, 4.162)
Vista bassa da est (figg. 4.163, 4.164, 4.165)
Vista bassa da sud (figg. 4.166, 4.167, 4.168)
Vista sull’interno della corte (figg. 4.169, 4.170, 4.171)
254
Conclusioni
La ricerca presentata ha raggiunto, o cercato di raggiungere, gli obiettivi posti sia di
ordine analitico che di ordine concettuale. Essa si è svolta secondo fasi successive di
elaborazione secondo un processo di analisi e sintesi periodica, che ha prodotto, tra le
altre cose, anche alcuni contributi a convegni internazionali 1 e manifestazioni di
divulgazione scientifica 2 . È possibile perciò descrivere sinteticamente gli esiti della ricerca
seguendo un ragionamento logico, che ripercorre i quattro capitoli della dissertazione
scritta finale:
1. In primo luogo è stata operata una ricognizione generale dello stato dell’arte di
ciò che viene definito “architettura solare”, sia come aspetti teorici che pratici; ponendo
altresì in evidenza la profonda trasformazione che sta interessando la configurazione
formale dell’architettura, in relazione all’implementazione sempre più diffusa dei sistemi
attivi di sfruttamento solare. All’interno di questa fase ha riconfermato che non esiste, o
non può esistere, una netta distinzione tra architettura solare attiva o passiva, poiché
l’operare correttamente con le tecniche solari significa strutturare fin dall’inizio una
precisa identità del progetto che tiene conto delle une e delle altre in maniera sinergica. È
pur
vero
che
precedentemente
al
periodo
attuale 3
esisteva
prevalentemente
un’architettura solare che attualmente viene definita “passiva”, ma solamente perché i
sistemi attivi non erano ancora diffusi e maturi tecnologicamente come allo stato attuale.
La volontà di risalire all’origine del termine di architettura solare ha prodotto una
indagine cronologica della sua evoluzione in letteratura, dalla comparsa nel 1977 fino alle
recenti reinterpretazioni, arrivando a strutturarne infine una declinazione personale;
parallelamente è stato tracciato un percorso evolutivo dei progetti realizzati, stabilendo
1
Cfr. Guardigli L., Ferrante A., Barbolini F., “Participative processes for urban rehabilitation between
morphological and energetic aspects. A case study in Modena, Italy”, in Urban Morphology and the Post-Carbon
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Barbolini F., Guardigli L., “Strategie di progettazione olistica per gli edifici solari”, in Involucri Avanzati, atti
dell’8° Energy Forum, 05-06 novembre 2013, Bressanone (BZ)
2
Barbolini F., “Teoria e pratica dell’architettura solare”, poster esplicativo della ricerca dottorale, Università di
Bologna e Fondazione Alma Mater (a cura di), in Progetti in mostra, Bologna, 17-25 maggio 2012, poster
selezionato per l’efficacia comunicativa; Barbolini F., “Verso un'autosufficienza energetica dell'Architettura”, in
Arte e Scienza in piazza, Scenari d'energia, Bologna, Palazzo Re Enzo, 9 Febbraio 2013, Fondazione Marino
Golinelli e Alma Mater Studiorum - Università di Bologna
3
Dalla metà degli anni ’90 ad oggi
Teoria e pratica dell’architettura solare
un ”prima” e un “dopo” temporale nel passaggio cruciale della crisi energetica del 1973
(capitolo 1).
2. Oltre a riportare le definizioni e le tecniche dei dispositivi di guadagno/produzione
attualmente in uso, la seconda fase di ricerca ha configurato un ambito terminologico
contemporaneo entro il quale l’architettura solare può riposizionarsi, individuando le
tipologie energetiche alle quali può riferirsi. Nell’ottica della direttiva europea di
riferimento per i prossimi anni (2010/31/CE), un edificio solare contemporaneo può
essere un valido supporto nella concezione degli edifici passivi e degli edifici a “energia+”
(Plus Energy Building), garantendo notevoli apporti in termini di guadagno e produzione
energetica da fonte rinnovabile. Un ulteriore passaggio importante di questa fase ha
riguardato lo studio dell’influenza del colore nella progettazione dei sistemi di
sfruttamento solare attivi e passivi, come approfondimento delle possibilità d’integrazione
di questi sistemi e delle risposte prestazionali che l’involucro edilizio determina alle
sollecitazioni della radiazione solare (capitolo 2).
3. Successivamente è stata elaborata una particolare metodologia di analisi dei casi
studio attraverso la strutturazione di una scheda matrice per ognuno dei casi considerati.
Le finalità di questa scheda sono di indagare e mettere in evidenza gli stretti rapporti e le
profonde intersezioni che intercorrono tra il sistema tecnologico (sistemi solari applicati)
e il sistema formale (risultanze morfologico-compositive), valutando gli esiti del secondo
in conseguenza dell’implementazione del primo. Questa metodologia di analisi si riferisce
al concetto, codificato in questa ricerca e ripreso in vari passaggi, di efficienza sinergica;
cioè la possibilità di determinare se nel progetto vengono fatte prevalere le istanze del
sistema tecnologico rispetto a quelle del sistema formale o viceversa. Un parametro di
valutazione possibile è dato dal riferimento alla massima efficienza ottenibile di un
determinato sistema o dispositivo solare nelle migliori condizioni operative; esse
dipendono
sostanzialmente
da
fattori
di
orientazione,
inclinazione,
estensione
e
protezione, a seconda che ci si riferisca ad un sistema attivo o passivo. Un possibile
limite di questo tipo valutazione è l’incomparabilità numerica di elementi “misurabili”
(efficienza del sistema tecnologico) con elementi “non misurabili” (efficienza del sistema
formale); anche se è possibile considerare l’efficienza del sistema formale in relazione
all’efficienza del sistema tecnologico che supporta.
Ogni caso studio è stato scomposto nei cinque fronti orientati, considerati come
strutture di captazione autonoma, al fine di poter poi individuare i rapporti e le
intersezioni specifiche tra elementi delle categoria tecnologica e quella formale o, più
semplicemente, i rapporti interni ad una delle due categorie. Dall’analisi comparata delle
schede matrice emerge che vi è una forte “densità” di intersezioni e rapporti nel fronte
256
Conclusioni
orientato zenit (livello più alto) e sud; esse tendono a diradandosi sui fronti est e ovest,
che assumono funzioni di supporto e completamento dei primi due, per poi quasi
scomparire sul fronte orientato nord. Questa tendenza evidentemente è giustificata dalla
concentrazione più efficace della maggior parte dei sistemi o dispositivi sulle superfici di
captazione più favorevolmente esposte. Un interessante dato rilevabile è che i fronti zenit
e sud attuano le strategie solari sempre più in maniera sinergica ed integrata, fino a far
scomparire a volte una netta distinzione morfologica e figurativa tra le parti; si può dire
che il fronte “a sud”, quale luogo privilegiato del progetto solare, diventa sempre più un
unicum integrato di superfici verticali ed inclinate, che rispondono in maniera efficace alle
esigenze di funzionamento dei sistemi di sfruttamento solare.
Un ulteriore dato di un certo interesse riguarda la corrispondenza tra complessità
della forma e complessità delle intersezioni: configurazioni morfologiche meno articolate
(es. Sunlighthouse) prevedono una minor quantità di rapporti e intersezioni rispetto ad
articolazioni volumetriche più complesse (es. Home for Life); come ipotesi questo
consente una maggiore efficienza dei sistema integrato solare nel suo complesso, in
funzione di una maggiore semplificazione delle logiche tecniche di implementazione e
funzionamento 4 . Si evidenzia infine che l’unico caso di studio a forma “non ottimizzata”
per lo sfruttamento solare con sistemi attivi (MED in Italy), presenta un andamento della
matrice che si discosta molto dai precedenti casi; una bassa densità d’intersezione nella
categoria tecnologica è segno di una bassa efficienza dello stesso, conseguente di una
forte prevalenza delle istanze formali attuata complessivamente dal progetto (capitolo 3).
4. Il processo di analisi e sintesi attuato sugli elementi teorici e pratici dei capitoli 2
e 3, ha permesso la strutturazione degli esiti fondamentali dalla ricerca, cioè
l’elaborazione di strumenti e strategie di riferimento per la progettazione dell’architettura
solare. In primo luogo la codificazione delle forme tipo (o invarianti tipo-morfologiche)
riconosciute come ricorrenti negli edifici solari; le stesse vengono poi ordinate in un
abaco di riferimento decostruito nei cinque fronti orientati, secondo la logica già
considerata nelle schede matrice. Queste forme tipo evidenziano delle configurazioni di
captazione ottimali, già verificate ed utilizzabili, per lo sfruttamento efficace della
radiazione solare; sia nel senso di guadagno termico da sistemi passivi che di produzione
energetica da sistemi attivi. Diventa poi auspicabile l’uso contestuale e sinergico di
entrambi i sistemi per ottenere una migliore efficienza complessiva.
Come secondo esito è stato elaborato il concetto di rendimento solare della forma
urbana. Per fare questo sono stati individuati dei morfotipi di riferimento 5 (forme
4
Migliore coordinazione modulare degli elementi di captazione, minori rischi di ombreggiamenti indotti nelle fasi
variabili dell’irrraggiamento solare, miglior controllo della fase computazionale preliminare
5
Isolato a C, isolato chiuso, isolato a blocchi contrapposti (o “passante”), isolato a blocchi a schiera, elemento a
torre
257
Teoria e pratica dell’architettura solare
urbane), ricorrenti nei tessuti consolidati della città. Attraverso un processo di verifica
progettuale basato su modelli ipotizzati come interventi di sostituzione edilizia e riferiti
nello specifico ad ambiti di edilizia residenziale sociale, sono state formulate delle
valutazioni del rendimento dei morfotipi, secondo certi indicatori tecnologici ed elementi
di forma evidenziati all’interno di tabelle di sintesi. Gli indicatori fanno riferimento
primariamente alla quantità di superficie captante giustamente orientata che è possibile
reperire nelle specifiche configurazioni dell’aggregato edilizio, risultanti dai diversi
morfotipi considerati. Ogni configurazione perciò consente una determinata potenzialità
energetica da fotovoltaico, nelle superfici captanti inclinate di copertura, e una certa
quantità di superficie captante verticale utilizzabile a serra solare. La scelta si considerare
“captanti attive” le superfici di copertura inclinate e come captanti passive le superfici dei
fronti verticali, deriva dalla scelta di ottenere la massima efficienza possibile dei sistemi
in rapporto all’uso più efficace che è possibile fare degli stessi; tutto ciò desunto anche
dell’analisi dei vari esempi e casi studio individuati e dei principi enunciati nell’abaco delle
forme tipo.
La comparabilità dei diversi rendimenti, evidenziata nella scheda riepilogativa e in
alcuni diagrammi sintetici successivi, è resa possibile da alcuni indicatori particolari riferiti
all’unità di territorio (ettaro). Questi variamente combinati sono, da una parte, la potenza
fotovoltaica totale per ettaro (kWp/Ha) e la superficie a serre solari per ettaro (mq/Ha);
dall’altra l’impronta urbana al suolo (o consumo di territorio - urban footprint - espresso
in ettari) e la capacità insediativa (alloggi/ettaro).
Dalla scheda riepilogativa si evincono i dati quantitativi, mentre nei diagrammi di
sintesi emergono i dati qualitativi del rendimento solare dei cinque morfotipi considerati.
Nella scheda il modello con blocchi a schiera emerge per quanto riguarda la potenza
fotovoltaica (FV) su ettaro implementabile e la conseguente produzione annua in
chilowattora; il modello dell’isolato chiuso evidenzia i valori maggiori per superficie
captante a serre solari e capacità insediativa; il modello con blocchi contrapposti risulta
quello con l’urban footprint minore (minor consumo di territorio).
Dall’analisi comparata dei diagrammi di sintesi il modello a blocchi contrapposti
sembra essere quello che presenta una miglior qualità complessiva, poiché garantisce,
nelle varie situazioni, i valori di rendimento più “equilibrati”. Qualità che deriva
dall’associare buone prestazioni di guadagno/produzione solare con il minor consumo di
territorio e una buona capacità insediativa. I blocchi a schiera garantiscono il valore in
assoluto migliore come potenza FV, ma a fronte di una minore superficie captante a serra
e di un maggior consumo (in assoluto) di territorio. La torre presenta un modesto
consumo di territorio e valori massimi di captazione passiva, ma anche minimi valori di
potenzialità FV 6 . L’isolato chiuso garantisce la massima capacità insediativa e ottimi
6
Fattore dovuto alla limitata estensione di copertura, caratteristico della tipologia a torre
258
Conclusioni
valori di superficie a serra solare, a fronte però di una ridotta potenzialità FV. In ordine
generale nel confronto tra i vari morfotipi considerati, tenendo conto dei parametri
utilizzati, l’isolato a C sembra essere quello con il rendimento solare più svantaggioso.
Ulteriori dati di un certo interesse si desumono dall’andamento delle funzioni
contenute
nei
diagrammi:
è
possibile
individuare
una
costante
inversamente
7
proporzionale (o tendenza), secondo una retta decrescente poco inclinata, tra la potenza
FV installabile nei cinque morfotipi e la loro capacità insediativa, con un valore massimo
dei blocchi a schiera e uno minimo dell’isolato chiuso; cioè all’aumentare del numero di
alloggi per ettaro cala, ma non vistosamente, la potenza FV installabile. Sembra invece
esistere
una
costante
di
proporzionalità
diretta,
secondo
retta 8
una
crescente
leggermente più inclinata della precedente, tra la superficie captante a serre solari dei
cinque modelli e la loro capacità insediativa: in pratica all’aumentare del numero degli
alloggi per ettaro aumenta anche la superficie di captazione utilizzabile a serra solare.
L’esito conclusivo della ricerca riutilizza gli esiti già strutturati e delinea una serie di
strategie per la progettazione dell’architettura solare. Per fare questo sono state
individuate tre occasioni progettuali di diversa natura, secondo due tipi di approccio
differenti: l’intervento ex novo di ricostruzione, sempre nell’ipotesi di sostituzione
edilizia 9 e l’efficientamento solare del patrimonio edilizio esistente.
Il primo progetto riguarda un edificio multipiano per 6 alloggi di tipologia energetica
energy plus; l’opportunità è derivata dalla partecipazione ad un concorso universitario
riservato a dottorandi e studenti 10 . Il secondo esercizio progettuale riguarda la
riqualificazione energetico-funzionale di un edificio misto per 33 alloggi di recentissima
costruzione,
che
non
ha
evidentemente
tenuto
conto
delle
potenzialità
di
guadagno/produzione da fonte solare disponibili. Il terzo riguarda un doppio progetto
sullo stesso edificio 11 , considerando interessante una verifica comparata delle diverse
potenzialità/limiti
dell’efficientamento
dell’esistente
rispetto
ad
un
intervento
di
sostituzione edilizia; in questo caso è stata fatta anche una valutazione economica di
massima che evidenzia l’entità degli investimenti nei due diversi approcci.
Le strategie di progettazione solare emergono perciò dai progetti stessi e dalle
contestuali enunciazioni dei principi fondativi; essi rappresentano una esemplificazione
pratica sia del sistema di scelte sotteso all’utilizzo delle tecniche solari, che del controllo
delle consequenziali risultanze morfologiche. Nei tre progetti elaborati si evidenziano
chiaramente l’utilizzo di alcune forme tipo solari precedentemente codificate, la ricerca
7
Con due valori sotto la retta: uno di poco (isolato a C) e uno in maniera un po’ più consistente (torre)
Con due valori che si discostano leggermente dalla retta: uno sotto (isolato a C) e uno sopra (torre)
9
La tecnica della sostituzione edilizia è una tendenza ormai consolidata negli strumenti di pianificazione urbana
contemporanei, è si configura come possibile soluzione ambivalente: da una parte interrompe il consumo non
più sostenibile di territorio non urbanizzato e dall’altra si pone come “caso limite” dell’efficientamento del
patrimonio edilizio esistente, attuabile in particolari casi di degrado multilivello molto significativo
10
Concorso di progettazione “Architetture residenziali per la sostenibilità”, Università di Parma, 2011
11
Edificio già preso a riferimento come morfotipo “isolato chiuso” nel calcolo del rendimento di forma
8
259
Teoria e pratica dell’architettura solare
della massima superficie captante giustamente orientata, l’ottimizzazione delle altezze
dei corpi di fabbrica e delle distanze a terra in funzione del pieno accesso al sole degli
elementi di captazione, la scelta della tipologia più efficace per la strutturazione di alloggi
con pari “qualità solari” e potenzialità di accumulo termico 12 ; tutti elementi già
sperimentati nell’elaborazione dei precedenti modelli di calcolo del rendimento di forma.
La definizione delle strategie di progettazione solare è perciò il risultato di un
continuo
percorso
fatto
d’inclusioni
successive
dei
principi
individuati
nelle
fasi
immediatamente precedenti della ricerca (capitolo 4).
In ultima analisi una progettazione solare non identifica sicuramente un linguaggio
dell’architettura, ma ne struttura fortemente la configurazione morfologica e tipologica;
le scelte operate sul campo del progetto devono essere fortemente indirizzate già nella
fase iniziale di concezione preliminare, e attuate sinergicamente tra sistemi passivi, attivi
e di articolazione formale. Il miglior livello di efficienza sinergica raggiunto equivale, in
definitiva, alla migliore qualità possibile nel progetto contemporaneo dell’architettura.
12
Un buon livello di “qualità solare” implica anche una buona “qualità d’uso” e la possibilità di applicare altri
principi bioclimatici, come il raffrescamento ventilativo microclimatico (RVM) o passivo; cfr. Grosso M., “Il
raffrescamento passivo degli edifici”, in Azero, n. 09 (2013), p. 46
260
Bibliografia orientata:
I.1 L’architettura solare e l’uso di sistemi passivi e attivi applicati agli edifici. La
presente sezione è principalmente orientata su di una selezione di testi, articoli di
riviste e atti di convegni che affrontano direttamente o indirettamente la questione
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Regione Emilia Romagna, Atto di indirizzo in merito alla definizione degli interventi di
sopraelevazione, ampliamento e delle strutture compenetranti, ai fini
dell’applicazione del paragrafo 8.4.1 e delle NTC-2008 e della LR n. 19-2008,
delibera di Giunta Regionale n. 1879-2011
UNI/TS 11300 – Parte 1: determinazione del fabbisogno di energia termica dell’edficio
per la climatizzazione estiva ed invernale
UNI/TS 11300 – Parte 2: determinazione del fabbisogno di energia primaria e dei
rendimenti per la climatizzazione invernale e per la produzione di acqua calda
sanitaria
UNI/TS 11300 – Parte 3 (attualmente in revisione): Determinazione del fabbisogno di
energia primaria e dei rendimenti per la climatizzazione estiva
UNI/TS 11300 – Parte 4: Utilizzo di energie rinnovabili e di altri metodi di generazione
per la climatizzazione invernale e per la produzione di acqua calda sanitaria
UNI 8477/1 - Calcolo degli apporti per applicazioni in edilizia. Valutazione dell'energia
raggiante ricevuta
I.5 Sitografia: in questa sezione vengono elencati i siti internet dei più rappresentativi
progettisti solari, degli enti nazionali e internazionali legati all’energia solare e delle
aziende produttrici di componenti edilizi citati nella ricerca
http://www.herzog-und-partner.de/
http://www.reinberg.net/
http://www.rolfdisch.de/
http://www.schwarz-architekten.com/#
http://aart.dk/
http://www.fosterandpartners.com/
http://www.druot.net/
http://www.sheppardrobson.com/
http://www.ibus-berlin.de/
http://www.0-co2.it/
http://smithgill.com/
http://www.iea.org/
http://task40.iea-shc.org/
http://en.wikipedia.org/wiki/Zero-energy_building
http://www.eurosolar.de/
http://www.eurosolaritalia.org/
http://www.ises.org/index.html
274
http://www.isesitalia.org/
http://www.gses.it/
http://www.fraunhofer.de/
http://www.fraunhofer.it/
http://www.eurac.edu/it/eurac/
http://www.enea.it/
http://www.nrel.gov/
http://www.activehouse.info/
http://www.miniwatt.it/
http://www.passive-on.org/
http://www.bipv.ch/
http://www.re.jrc.ec.europa.eu/pvgis/
http://www.wbdg.org/
http://www.sdeurope.org/
http://www.solardecathlon2014.fr/
http://www.coolroofs-eu.eu/
http://www.vauban.de/
http://www.serisolar.com/
http://www.sunpowercorp.it/
http://www.brandonisolare.com/
http://www.energyglass.eu/
http://www.energysystemitalia.com/
http://www.ertex-solar.at/
http://www.sonnenkraft.it/
275
Teoria e pratica dell’architettura solare
Fonti delle immagini
INTRODUZIONE
I.1 Eurostat, Ufficio statistico della Comunità Europea
CAPITOLO 1
1.1 Vinaccia G., Il corso del sole in urbanistica ed edilizia, Hoepli, Milano, 1938, p. 268
1.2 Knowles R., Energia e Forma. Un approccio ecologico allo sviluppo urbano, Muzzio,
Padova, 1981, p. 186
1.3 Olgyay V., Progettare con il clima. Un approccio bioclimatico al regionalismo
architettonico, Muzzio, Padova, 1981, p. 281
1.4 Van Dresser P., Case solari locali, Muzzio, Padova, 1979, p. 98
1.5 Chauliaguet C., L’energia solare nella costruzione, C.E.L.I., Bologna, 1978, p. 101
1.6 Del Signore G., Ponsi A., La casa solare, Uniedit, Firenze, 1977, p. 128
1.7 Institut technique du bâtiment et des travaux publics, Progetti per mille case solari,
Longanesi, Milano, 1982, p. 46
1.8 Mazria E., Sistemi solari passivi: soluzioni per una migliore qualità ambientale degli
edifici, Muzzio, Padova, 1990, p. 51
1.9 Bottero M., Rossi G., Scudo G., Silvestrini G., Architettura solare. Tecnologie passive
e analisi costi-benefici, Clup, Milano, 1984, p. 190
1.10 Schittich C. (a cura di), Architettura solare: strategie, visioni, concetti, 2003, p. 79
1.11 ivi, p. 113
1.12 ivi, p. 119
1.13 ivi, p. 131
1.14 ivi, p. 143
1.15 ivi, p. 149
1.16 Piemontese A., Scarano R., Energia solare e architettura. Il fotovoltaico tra
sostenibilità e nuovi linguaggi, Gangemi, Roma, 2003, p. 94
1.17 ivi, p. 100
1.18 ivi, p. 184
1.19 Portoghesi P., Scarano R., L’architettura del sole, Gangemi, Roma, 2004, p. 48
1.20 ivi, p. 133
1.21 ivi, p. 232
1.22 University of Melbourne,
<http://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/d/dd/Classificazione_climatica_mondiale
_secondo_il_sistema_K%C3%B6ppen%E2%80%93Geiger.png>
276
1.23 Desertec Foundation, Clean power from deserts. The Desertec Concept for Energy,
Water and Climate Security, WhiteBook 4th ed., Verlag, Bonn, 2009, p. 2
1.24 ivi, p. 18
1.25 ivi, p. 15
1.26 Siragusa L., L’energia del sole e dell’aria come generatrice di forme architettoniche,
CLEUP, Padova, 2009, p. 50
1.27 Del Signore G., Ponsi A., op.cit., p. 119
1.28 ivi, p. 120
1.29, 1.30 Piemontese A., Scarano R., op.cit., p. 309
1.31 Flagge I., Herzog-Loibl V., Meseure A., Thomas Herzog: architecture + Technology,
Prestel, Monaco-Londra-New York, 2001, p. 47
1.32 ivi, p. 49
1.33 ivi, p. 46
1.34 ivi, p. 50
1.35 Flagge I., op. cit., p. 48
1.36 Ungers O. M., “Il progetto per la Solarhaus a Landstühl”, in Architettura come
tema, Quaderni di Lotus, Electa, Milano, 1982, p. 61
1.37 ivi, p. 60
1.38 Dell’Acqua A.C., Degli Esposti V., Ferrante A., Mochi G. (a cura di), Paesaggio
costruito: qualità ambientale e criteri d’intervento, Alinea, Firenze, 2008, p. 72
1.39 Guardigli L., La valutazione della qualità ambientale degli edifici: requisiti e
soluzioni tecniche, Alinea, Firenze, (in corso di stampa), p. 13
1.40 <http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/f/ff/Miletos_stadsplan_400.jpg>
1.41 Wienke U., MiniWatt.it – Dossier 07, L’antica Grecia, p. 5
1.42 ivi, p. 4
1.43 Knowles R., op.cit., p. 148
1.44 ivi, p. 149
1.45 GSES (gruppo per la storia dell’energia solare),
<http://www.gses.it/images/orientamento-solare.jpg>
1.46 <http://www.francescvila.cat/wp-content/uploads/2013/06/slider-eixamplebarcelona-1363x909.jpg>
1.47 <http://poligrafa.gonzalosomolinos.com/wp-
content/uploads/sites/5/2013/10/CerdaPlan_fig36-468x580.jpg>
1.48 <http://talkarchitecture.files.wordpress.com/2011/02/scancopy.png?w=640&h=836>
1.49 Vinaccia G., op.cit., p. 229
1.50 ivi, p. 212
1.51 ivi, p. 227
277
Teoria e pratica dell’architettura solare
1.52 Olgyay V., op.cit., p. 105
1.53, 1.54 ivi, p. 107
1.55 ivi, p. 110
1.56 Mazria E., op.cit., p. 88
1.57 ivi, p. 82
1.58, 1.59 Bertagnin M., Pietrogrande E., La salubrità dell’abitare: all’origine
dell’approccio ecosostenibile nell’architettura del moderno in Germania e in Italia,
Edicom, Monfalcone, 2002, p. 106
1.60<http://sally.iuav.it/w5050/mostra_immagini_darc.php?Menu=Yes&Immagine=F073
41>
1.61 Butti K., Perlin J., The Golden Thread: 2500 Years of Solar Architecture and
Technology, Van Nostrand Reinhold, New York, 1980, p. 201
1.62 Del Signore G., op. cit., p. 75
1.63 Butti K., op. cit.,p. 213
1.64 ivi, p. 196
1.65 <http://webmuseum.mit.edu/browser.php?m=subjects&kv=270&i=12347>
1.66 Del Signore G., op. cit., p. 89
1.67 Johnson T.E., Solar architecture : the direct gain approach, McGraw-Hill, New York,
1981, p. 8
1.68 Del Signore G., op. cit., p. 93
1.69 <http://1.bp.blogspot.com/_zCc6wW_RRF4/TIID6WTfcTI/AAAAAAAASxY/YN8Ze30PA4/s1600/DSCN5406.JPG>
1.70 Mazria E., op.cit., p. 53
1.71 Del Signore G., op. cit., p. 113
1.72 <http://1.bp.blogspot.com/-Qn-59wti3zQ/UG5J6d6rNwI/AAAAAAAAAZQ/E-1i6yKewU/s1600/AtascaderoHouse.jpg>
1.73 Del Signore G., op. cit., p. 109
1.74 Mazria E., op.cit., p. 49
1.75 ivi, p. 51
1.76 Van Dresser P., Case solari locali, Muzzio, Padova, 1979, p. 96
1.77 Commission des Communautés Européennes, Architectures solaire en Europe,
ECSC-EEC-EAEC, Brussels-Luxembourg, 1991, p. rèalisation n. 20
1.78 ivi, rèalisation n. 11
1.79 Portoghesi P., Scarano R., L’architettura del sole, Gangemi, Roma, 2004, p. 27
1.80 Flagge I., op. cit., p. 47
1.81 Commission des Communautés Européennes, op. cit., p. rèalisation n. 24
1.82 Flagge I., op. cit., p. 53
278
1.83 Herzog T. (a cura di), Solar Energy in Architecture and Urban Planning, Prestel,
Monaco-Londra-New York, 1996, p. 184
1.84, 1.85 ivi, p. 185
1.86 ivi, p. 186
1.87 ivi, p. 187
1.88 ivi, p. 188
1.89 ivi, p. 190
1.90, 1.91 Flagge I., op. cit., p. 109
1.92, 1.93 DETAIL, Solares Bauen, n. 3 (1999), p. 419
1.94 ivi, p. 408
1.95 ivi, p. 446
1.96 ivi, p. 394
1.97, 1.98 sito arch. D. Schwarz, < http://www.schwarz-architekten.com/#>
1.99 DETAIL, Solares Bauen, n. 6 (2002), p. 736
1.100 ivi, p. 737
1.101 DETAIL, op.cit., n. 6 (2002), p. 759
1.102 ivi, p. 761
1.103 ivi, p. 755
1.104 Berrini M., Colonnetti A. (a cura di), Green life – costruire città sostenibili,
Compositori, Bologna, 2010, p. 160
1.105 ivi, p. 165
1.106 ivi, p. 167
1.107, 1.108 DETAIL, Solares Bauen, n. 6 (2005), p. 625
1.109 ivi, p. 627
1.110, 1.111, 1.112 sito studio Foster + Partners,
<http://www.fosterandpartners.com/projects/masdar-development/>
1.113 U.S. Department of Energy, 2012 Renewable Energy Data Book, NREL, USA,
2013, <http://www.nrel.gov/docs/fy14osti/60197.pdf> (01/03/2014), p. 65
CAPITOLO 2
2.1 Wienke U., L'edificio passivo, Alinea, Firenze, 2002, p. 18
2.2 ivi, p. 105
2.3 Novo M.G., La casa passiva di San Bartolomeo di Cherasco, presentazione, p. 32
<http://www.passive-on.org/it/downloads/CasePassive-Novo.pdf>
2.4 ivi, p. 10
2.5, 2.6 arch. G. Testa, Modena
2.7 Margani G., “L’edificio passivo nel clima mediterraneo”, in Costruire in laterizio, n.
141 (2011), p. 49
279
Teoria e pratica dell’architettura solare
2.8 sito studio 0-co2, arch. Bart Conterio, Lecce, (www.0-co2.it)
2.9 Lavagna M. et al., Edifici a consumo energetico zero, Maggioli, Rimini, 2012, p. 114
2.10 sito studio Sheppard Robson, Londra, (www.sheppardrobson.com)
2.11 <http://www.solardecathlon.gov/past/images>
2.12 Lütkemeyer I. et al., Energy-Plus Primary School, Hohen Neuendorf, Germany, in
proceedings of Seventh World Sustainable Building Conference (SB11), Helsinki,
Finland, October 18-21, 2011, p. 8
2.13 sito studio Juri Troy Architects, Bregenz (Vienna), (www.juritroy.com)
2.14 Costa Duran S., Fajardo J., Atlante di architettura ecosostenibile, Logos, Modena,
2011, p. 468
2.15 Lavagna M., op. cit., p. 75
2.16 ivi, p. 83
2.17 Flagge I., Herzog-Loibl V., Meseure A., Thomas Herzog: architecture + Technology,
Prestel, Monaco-Londra-New York, 2001, p. 108
2.18 Herzog T. (a cura di), Solar Energy in Architecture and Urban Planning, Prestel,
Monaco-Londra-New York, 1996, p. 183
2.19 Lavagna M., op. cit., p. 172
2.20 ivi, p. 171
2.21 National Renewable Energy Laboratory (NREL), (www.nrel.gov)
2.22 Duca A., Il design incontra il sole, presentazione, p. 48,
<http://www.solarwaysrl.it/Files/Presentazione_Fotovoltaico_SYSTEM_Photonics_N
ovembre_2010.pdf>
2.23 ivi, p. 20
2.24 Dale B., Benson S., “Energy Balance of the Global Photovoltaic (PV) Industry: is the
PV Industry a Net Electricity Producer?”, in Environmental science & technology,
American Chemical Society”, vol. 47, is. 7 (2013), p. 3484
2.25 <http://www.petrolgas.it/index.php?pid=20>
2.26 <http://www.virgonet.it/solare-termico/>
2.27 Costa Duran S., Fajardo J., op. cit., p. 359
2.28 ivi, p. 358
2.29 Rossi M., Siniscalco A. (a cura di), Colore e colorimetria, Maggioli, Santarcangelo di
Romagna, 2012, p. 381
2.30, 2.31 <http://www.brandonisolare.com/pdf/catalogo-prodotti.pdf>
2.32 International Energy Agency (IEA), Task 38
2.33 Calabrese N., D’Annibale F., Menale C., Rovella P., Case study: innovative solar
heating and cooling system with PCM tank at service of F-92 building of ENEA
Casaccia Research center (Roma), ENEA, Roma, 2013, p. 26
280
2.34 <http://solarthermalworld.org/content/solar-cooling-system-metro-cash-carryitaly>
2.35, 2.36 Rossi M., Siniscalco A., op.cit., p. 381
2.37 documentazione tecnica Serisolar <http://www.serisolar.com/>
2.38 Rossi M., Siniscalco A., op.cit., p. 381
2.39, 2.40, 2.41, 2.42, 2.43, 2.45 ivi, p. 382
2.44 Capolongo S., “Ospedale pediatrico Meyer a Firenze – CSPE”, in Arketipo, n. 33
(2009), p. 95
2.46 autore
2.47, 2.48 Rossi M., Siniscalco A., op.cit., p. 382
2.49 <http://www.soluzionesolare.eu/images/Colorati_5Wp_integrato_2_large.jpg>
2.50 <http://www.energysystemitalia.com/impianti-fotovoltaici/pannello-fotovoltaicomicrocristallino.html>
2.51 <http://www.fotovoltaicosulweb.it/immagini/upload/guida/tsc1.jpg>
2.52 documentazione tecnica Energyglass
2.53 autore
2.54, 2.55 Barbolini F., Guardigli L., Zanna F., “Il controllo della colorazione nella
progettazione dei sistemi attivi d’involucro”, in Rossi M., Siniscalco A. (a cura di),
Colore e colorimetria, vol. IX A, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2013, p. 550
CAPITOLO 3
3.1 Photovoltaic Geographical Information System, <www.re.jrc.ec.europa.eu/pvgis>
SONNENSCHIFF:
3.2 Frontini F., “Plusenergiehäuser a Friburgo – Rolf Disch solar architektur”, in
Archetipo, n. 36 (2009), p. 92
3.3, 3.4, 3.8, 3.10, 3.11 studio arch. R. Disch, <www.plusenergiehaus.de>
3.5 Moro M., “L’orizzonte dell’autonomia energetica”, in L’architettura naturale, n. 32-33
(2006), p. 7
3.6<http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/6/65/Vauban_%28Freiburg%29_j
m5065.jpg?uselang=it>
3.7 <http://www.freiburg-schwarzwald.de/fotos07sep/sonnenschiff1-70922.jpg>
3.9 Frontini F., op.cit., p. 94
3.12 ivi, p. 93
3.13 ivi, p. 91
3.14 autore
HOME FOR LIFE
281
Teoria e pratica dell’architettura solare
3.15, 3.16, 3.17, 3.20, 3.25 Velfac A/S, <http://velfac.dk/vinduererhverv/cases/nybyg/bolig-for-livet/>
3.18, 3.19, 3.21, 3.22, 3.23, 3.24 studio AART Architects <http://aart.dk/>
3.26 autore
SOLAR AKTIVHAUS
3.27, 3.30, 3.31, 3.33 studio G.W. Reinberg, <http://www.reinberg.net>
3.28 <http://www.activehouse.info/cases/solar-activehouse>
3.29<http://www.archello.com/sites/default/files/imagecache/header_detail_large/story/
media/B0024P%200111s.jpg>
3.32 <http://www.variotherm.at/typo3temp/fl_realurl_image/solar3-1d.jpg>
3.34 <http://www.aee.at/aee/images/Bilder-fuer-Zeitungen/2008-04/images/07_3.gif>
3.35 <http://www.aee.at/publikationen/zeitung/2008-04/images/07_2.gif>
3.36 General Solar System + AEE Intec
3.37 autore
SUNLIGHTHOUSE
3.38 Adam Mørk
3.39 <http://www.velux.com/sustainable_living/demonstration_buildings/sunlighthouse>
3.40 Holzer P., “Wohnhaus in Pressbaum”, in Detail Green, n. 2 (2011), p. 28
3.41 Velux, Sunlighthouse booklet, p. 26
<http://www.velux.com/SiteCollectionDocuments/_PDFDocuments/ModelHome%202020/Model_Home_2020_Sunlighthouse.pdf>
3.42 Holzer P., op. cit., p. 28
3.43, 3.44 ivi, p. 30
3.45 ivi, p. 31
3.46, 3.47 Velux, op. cit., p. 24
3.48 Adam Mørk
3.49 Velux, op. cit., p. 10
3.50 ivi, p. 11
3.51 ivi, p. 23
3.52 autore
MED IN ITALY
3.53 <http://www.bustler.net/images/news2/2012_solar_decathlon_europe-11.jpg>
3.54 Bellingeri G., Grimaudo M., “Un prototipo innovativo per la casa mediterranea”, in
Azero, n. 06 (2013), p. 87
3.55 Bellingeri G., op.cit., p. 88
282
3.56 ivi, p. 90
3.57 Università Roma Tre, Jury brief reports, SD Europe, Madrid, 2012, rielaborazione
documento AR-204
3.58 ivi, rielaborazione documento AR-012
3.59 ivi, rielaborazione documento AR-021
3.60 Tonelli C., “MED in Italy – Università degli studi Roma 3, Sapenza”, in Solar
Decathlon 2012, supplemento n. 14 (2012), Arketipo n. 67 (2012), p. 27
3.61 Bellingeri G., op. cit., p. 91
3.62 autore
CAPITOLO 4
4.1 Herzog T. (a cura di), Solar Energy in Architecture and Urban Planning, Prestel,
Monaco-Londra-New York, 1996, p. 71
4.2 ivi, p. 73
4.3 ivi, p. 72
4.4, 4.5 Boeri A., Longo D., Piraccini S., Il progetto dell’involucro in legno: qualità
costruttiva ed efficienza energetica, Flaccovio, Palermo, 2012, p. 258
4.6 ivi, p. 182
4.7 Reinberg G.W., “Insediamento residenziale Gneis Moos a Salisburgo”, in
L’architettura naturale, 19 (2003), p. 23
4.8 ivi, p. 28
4.9, 4.10, 4.11, 4.12, 4.13, 4.14, 4.15, 4.16, 4.17 autore
4.18 <http://archpaper.com/news/articles.asp?id=3943>
4.19 Masera G., “Torri Garibaldi a Milano – progetto CMR”, in Arketipo n. 43 (2010), p.
72
4.20 <http://i87.photobucket.com/albums/k144/_tHOmMY_/Various/P7100024.jpg>
4.21, 4.22, 4.23, 4.24, 4.25, 4.26, 4.27, 4.28, 4.29, 4.30, 4.31, 4.32, 4.33, 4.34 autore
4.35 Battazza A., La Galería come elemento tecnico per il comfort ed il risparmio
energetico, tesi di laurea in Architettura Tecnica, relatore Guardigli L., correlatore
Coch H., Università di Bologna, 2012, p. 61
4.36 ivi, p. 98
4.37 ivi, p. 79
4.38 autore
4.39 studio arch. R. Disch, <www.plusenergiehaus.de>
4.40 Reinberg G.W, Architetture di Georg W. Reinberg, Alinea, Firenze, 1999, p. 148
4.41 Fabris L.M.F., “Bill Dunster Architects: BedZED”, in L’architettura naturale, n. 21
(2003), p. 13
283
Teoria e pratica dell’architettura solare
4.42 Herzog T. (a cura di), Solar Energy in Architecture and Urban Planning, Prestel,
Monaco-Londra-New York, 1996, p. 183
4.43 Mazria E., Sistemi solari passivi: soluzioni per una migliore qualità ambientale degli
edifici, Muzzio, Padova, 1990, p. 296
4.44, 4.45 Photovoltaic Geographical Information System
4.46 Scudo G., Rogora A., “Requisiti di sostenibilità ambientale in edilizia: dall’efficienza
alla sufficienza”, in ilProgettoSostenibile, n. 25 (2010), p. 36
4.47 ivi, p. 37
4.48 rielaborazione immagine da Google Maps
4.49 Google Maps
4.50, 4.51, 4.52, 4.53, 4.54, 4.55, 4.56, 4.57, 4.58, 4.59 autore
4.60 rielaborazione immagine da <http://www.villaggioartigianomodena.it/index.php/ilprogetto>
4.61 Google Maps
4.62, 4.63, 4.64, 4.65, 4.66 autore
4.67 rielaborazione immagine da Google Maps
4.68 Google Maps
4.69, 4.70, 4.71, 4.72, 4.73 autore
4.74 rielaborazione immagine da Google Maps
4.75 Google Maps
4.76, 4.77, 4.78, 4.79, 4.80, 4.81, 4.82, 4.83, 4.84, 4.85 autore
4.86, 4.87, 4.88, 4.89 Barbolini F., Cantalupo M., Architetture residenziali per la sostenibilità,
progetto di concorso, 2012
4.90, 4.91, 4.92, 4.93, 4.94, 4.95, 4.96, 4.97, 4.98 autore
4.99 Malighetti L., “Refurbishment Bois le Prêtre tower in Paris – France”, in Arketipo, n.
67 (2012), p. 93
4.100, 4.102 ivi, p. 95
4.101 ivi, p. 100
4.103 rielaborazione immagine da Google Maps
4.104 ortofoto aer_139a, proprietà Comune di Modena
4.105 autore
4.106 Braghieri G. (a cura di), Aldo Rossi, Zanichelli, Bologna, 1989², pp. 40-41
4.107, 4.108, 4.109, 4.110, 4.111, 4.112, 4.113 autore
4.114, 4.115 DETAIL, Solares Bauen, numero monografico, n° 3 (1997), Inst. für
Internat. Architektur-Dokumentation, Monaco, p. 400
4.116, 4.117 Maglica I., “Due nuove piazze e tre edifici a Pioltello - Milano”, in Costruire
in laterizio, n. 140 (2011), p. 13
284
4.118, 4.119, 4.120, 4.121, 4.122, 4.123, 4.124, 4.125, 4.126, 4.127, 4.128, 4.129,
4.130, 4.131, 4.132, 4.133, 4.134, 4.135, 4.136, 4.137, 4.138, 4.139, 4.140,
4.141, 4.142, 4.143, 4.144, 4.145, 4.146, 4.147, 4.148, 4.149, 4.150, 4.151,
4.152, 4.153, 4.154, 4.155, 4.156, 4.157, 4.158, 4.159, 4.160, 4.161, 4.162,
4.163, 4.164, 4.165, 4.166, 4.167, 4.168, 4.169, 4.170, 4.171 autore
285
Teoria e pratica dell’architettura solare
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