Ai miei genitori Alla mia paziente moglie e ai miei due splendidi figli 2 Indice generale della ricerca Pag. 7 Introduzione 13 Capitolo 1. Il concetto di architettura solare » 1.1 Sulla origine del termine 25 1.2 Architettura solare passiva e attiva 27 1.3 Il rapporto tra l’abitare e il sole 38 1.4 La questione dell’orientamento della città e degli edifici 47 1.5 Prototipo e progetto: dalle prime sperimentazioni attive alla grande crisi energetica degli anni ’70 (1930-1973) 54 1.6 Dalla riscoperta delle tecniche solari alle tendenze contemporanee (1973-2013) 67 1.7 Verso un’autosufficienza energetica dell’architettura 73 Capitolo 2. Teoria dell’architettura solare » 2.1 Definizione dell’ambito di ricerca e terminologie » 2.1.1 La casa passiva. Passivhaus 77 2.1.2 La casa passiva per il clima mediterraneo. Progetto Passive-On 81 2.1.3 L’edifici a energia zero. Net Zero Energy Building 84 2.1.4 L’edificio energeticamente attivo. Plus Energy Building 88 2.1.5 L’edificio solare energeticamente attivo. Plus Energy Solar Building 90 2.1.6 Il quartiere a energia (quasi) zero. Nearly Zero Energy District 94 2.1.7 Il quartiere energeticamente attivo. Plus Energy District 97 2.2 Le componenti solari passive dell’involucro 98 2.2.1 Sistemi a guadagno diretto 99 2.2.2 Sistemi a guadagno indiretto 101 2.2.3 Sistemi a guadagno misto 102 2.2.4 Sistemi a guadagno separato 103 2.2.5 Sistemi di schermatura e regolazione della radiazione solare 104 2.3 Le componenti solari attive dell’involucro 105 2.3.1 Il solare fotovoltaico 113 2.3.2 Il solare termico 118 2.3.3 Il solare ibrido 120 2.3.4 Il raffrescamento solare. Solar cooling 122 2.4 L’influenza e il controllo del colore nel progetto dei componenti solari passivi e attivi dell’involucro edilizio 3 Pag. 141 Capitolo 3. Pratica dell’architettura solare 142 3.1 Analisi dei casi studio 144 3.1.1 Sonnenschiff, Friburgo (Germania), R. Disch, 2004 149 3.1.2 Home for Life, Aarhus (Danimarca), Aart AS, 2008 153 3.1.3 Solar Aktivhaus, Kraig (Austria), G.W. Reinberg, 2009 157 3.1.4 Sunlighthouse, Vienna (Austria), Hein-Troy, 2010 161 3.1.5 MED in Italy, Madrid, Università degli studi Roma Tre, 2012 167 171 Capitolo 4. Strategie per una progettazione dell’architettura solare 4.1 Le invarianti tipo-morfologiche (o forme tipo) solari 174 4.1.1 Forme tipo del fronte orientato zenit. Copertura 179 4.1.2 Forme tipo del fronte orientato sud 185 4.1.3 Forme tipo dei fronti orientati est e ovest 187 4.1.4 Forme tipo del fronte orientato nord 188 4.1.5 Forme tipo urbane 191 4.2 Forma urbana e rendimento solare 194 4.2.1 Scelta dei parametri 196 4.2.2 Ambiti di applicazione 197 4.2.3 Morfotipo 1: isolato a C o a “corte aperta” 200 4.2.4 Morfotipo 2: isolato a blocchi contrapposti 202 4.2.5 Morfotipo 3: isolato con elementi a schiera 205 4.2.6 Morfotipo 4: isolato chiuso 208 4.2.7 Morfotipo 5: torre 211 4.2.8 Comparazione dei risultati 217 4.3 Applicazione delle strategie solari nel progetto di architettura 218 4.3.1 Costruzione ex novo: progetto di un edificio plurifamiliare 224 4.3.2 Strategie d’intervento su di un isolato residenziale esistente 227 4.3.3 Efficientamento energetico dell’esistente vs sostituzione edilizia 255 Conclusioni 261 Bibliografia orientata, apparato normativo, sitografia 276 Fonti delle immagini 4 Abstract La recente Direttiva 31/2010 dell’Unione Europea impone agli stati membri di riorganizzare il quadro legislativo nazionale in materia di prestazione energetica degli edifici, affinchè tutte le nuove costruzioni presentino dal 1° gennaio 2021 un bilancio energetico tendente allo zero; termine peraltro anticipato al 1° gennaio 2019 per gli edifici pubblici. La concezione di edifici a energia “quasi” zero (nZEB) parte dal presupposto di un involucro energeticamente di standard passivo per arrivare a compensare, attraverso la produzione preferibilmente in sito di energia da fonti rinnovabili, gli esigui consumi richiesti su base annuale. In quest’ottica la riconsiderazione delle potenzialità dell’architettura solare individua degli strumenti concreti e delle valide metodologie per supportare la progettazione di involucri sempre più performanti che sfruttino pienamente una risorsa inesauribile, diffusa e alla portata di tutti come quella solare. Tutto ciò in considerazione anche della non più procrastinabile necessità di ridurre il carico energetico imputabile agli edifici, responsabili come noto di oltre il 40% dei consumi mondiali e del 24% delle emissioni di gas climalteranti. Secondo queste premesse la ricerca pone come centrale il tema dell’integrazione dei sistemi di guadagno termico, cosiddetti passivi, e di produzione energetica, cosiddetti attivi, da fonte solare nell’involucro architettonico. Il percorso sia analitico che operativo effettuato si è posto la finalità di fornire degli strumenti metodologici e pratici al progetto dell’architettura, bisognoso di un nuovo approccio integrato mirato al raggiungimento degli obiettivi di risparmio energetico. Attraverso una ricognizione generale del concetto di architettura solare e dei presupposti teorici e terminologici che stanno alla base della stessa, la ricerca ha prefigurato tre tipologie di esito finale: una codificazione delle morfologie ricorrenti nelle realizzazioni solari, un’analisi comparata del rendimento solare nelle principali aggregazioni tipologiche edilizie e una parte importante di verifica progettuale dove sono stati applicati gli assunti delle categorie precedenti. PAROLE CHIAVE: architettura solare, edifici a energia quasi zero, BIPV 5 Abstract (english) The recent Directive 31/2010 of the European Union requires that the member states reorganize their national legislative framework in the field of energy performance of buildings, so that from 1 January 2021 the energy balance of all new buildings will tend to zero; the term, however, is anticipated to 1 January 2019 for public buildings. The concept of nearly Zero Energy Buildings (nZEB) is based on the assumption that the envelope follows the standard of the passive houses and the small energy consumption required on annual basis is compensated by the production of renewable energy, preferably on-site. In this context, the rethinking of the potential of solar architecture allows to identify concrete tools and valid methodologies to support the design of increasingly efficient envelopes that take full advantage of an inexhaustible, common and affordable energy source, such as the solar energy. This should be achieved considering the necessity of no longer delaying the reduction of the energy load due to buildings, known as responsible for over 40% of world consumption and 24% of greenhouse gas emissions. According to these premises, the central theme of the research is the integration of the heat gain systems, so-called passive, and the solar energy production, so-called active, in the envelope. The carried out analytical and operational path has set the objective of providing practical and methodological tools for the design of the architecture, in need of a new integrated approach to achieve the goals of energy savings. Through a general survey of the concept of solar architecture and its theoretical assumptions and terminology, the research has envisioned three types of outcome: a codification of the recurring morphologies in solar constructions, a comparative analysis of the solar performance in the principal types of building aggregations and a significant design verification, where the assumptions of the previous categories have been applied. KEYWORDS : solar architecture, nearly zero-energy buildings, BIPV 6 Introduzione Questa tesi si propone in primo luogo di ordinare un sistema di conoscenze di ciò che viene definito architettura solare, nella doppia accezione teorica e pratica; ma soprattutto di indagare come l’approccio progettuale indirizzato all’utilizzo di dispositivi architettonici di sfruttamento solare, sia di tipo passivo che attivo, influenza il progetto architettonico e di conseguenza le risultanze morfologiche e compositive dell’involucro edilizio. Gli esiti della ricerca si sono strutturati attraverso l’analisi e la catalogazione di una serie di casi studio caratteristici e nel ricorrente utilizzo dello strumento di progetto come verifica operativa dell’articolato teorico. Tutto ciò è stato finalizzato all’obiettivo di evidenziare una possibile strutturazione logica delle intersezioni tra tecnologia applicata e forma architettonica, configurandola nei diversi esiti finali della ricerca. L’ambito di interesse più generale si inserisce nel portato della recente Direttiva 31/2010 dell’Unione Europea che impone agli stati membri di legiferare in materia di prestazione energetica degli edifici, affinchè tutte le nuove costruzioni e le ristrutturazioni “importanti” 1 presentino dal 1° gennaio 2021 un bilancio energetico tendente allo zero; termine peraltro anticipato al 1° gennaio 2019 per gli edifici pubblici. Secondo queste premesse la concezione di edifici a energia “quasi” zero non può che partire dal presupposto di un involucro energeticamente ultraperformante e di standard passivo per arrivare a compensare, attraverso la produzione preferibilmente in sito di energia da fonti rinnovabili, gli esigui consumi richiesti su base annuale. L’energia solare appare, tra le fonti rinnovabili attualmente a disposizione, la più convincente, diffusa e con le potenzialità maggiori di sviluppo tecnologico; associata agli involucri architettonici può fornire quel supporto di produzione e guadagno energetico funzionali al raggiungimento degli obiettivi comunitari. Al contempo è però necessario analizzare gli effetti dell’integrazione di questi nuovi sistemi, soprattutto di tipo attivo, con la struttura morfologica dell’involucro architettonico, valutandone anche l’influenza che determinano nel ripensamento dell’approccio progettuale. È ben noto che il tema dell’architettura solare rientra nell’ambito più ampio riferito alla sostenibilità ambientale, concetto nel quale la produzione e l’uso degli involucri edilizi rientrano in maniera decisiva; basti pensare alle problematiche del consumo energetico, delle emissioni in atmosfera e dei cicli di vita 2 dei manufatti architettonici e dei materiali che li compongono. 1 Viene definita “ristrutturazione importante” quando il costo dell’intervento supera il 25% del valore dell’intero immobile (escluso il valore del terreno) o viene interessata più del 25% della superficie dell’involucro dell’edificio; cfr. art. 2 “definizioni”, Direttiva 2010/31/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio 2 LCA life cycle assessment: l’analisi del ciclo di vita degli edifici, definito dalla ISO 14040, è una metodologia di analisi che permette di valutare compiutamente le interazioni che un prodotto o un servizio ha con l’ambiente, dalla fase di produzione, uso, manutenzione e dismissione finale. 7 L’attuale processo di riappropriazione delle tematiche legate al risparmio energetico, e quindi anche al consumo degli edifici, ha come spartiacque temporale la prima grande crisi energetica mondiale del 1973. L’elemento decisivo di allora fu la generale presa di coscienza che l’approvvigionamento delle risorse fossili, oltre ad assumere un peso economico insostenibile 3 , sarebbe diventato inevitabilmente un problema di equilibrio geopolitico mondiale con conseguenze dirette soprattutto sui paesi come l’Italia a forte dipendenza energetica dall’estero 4 . Fig. I.1 Dati sul consumo e sulla dipendenza energetica degli stati membri dell’Unione Europea, periodo 2008-2011 Svanita l’illusione dell’energia facile e a basso costo in molti paesi, soprattutto europei, ci si rese conto che questa condizione di subordinazione non negoziabile avrebbe 3 Il prezzo della benzina quadruplicò in due anni (dai 3 dollari al barile del 1972 ai 12 del 1974) e in Italia vennero per la prima volta lanciate le famose “domeniche a piedi”, con lo scopo di risparmiare sui carburanti per autotrazione divenuti improvvisamente costosissimi. Cfr. Butera F., Dalla caverna alla casa ecologica, Ed. Ambiente, Milano, 2007, p. 187 4 L’Italia ancora oggi dipende ancora oggi per oltre l’81.3% dall’estero per il suo approvvigionamento energetico derivante in larga parte dal petrolio e dal gas naturale; è al sesto posto tra i paesi dell’Unione per dipendenza energetica dall’estero dopo Malta, Lussemburgo, Cipro, Irlanda e Lituania e al quarto posto come paese consumatore, dopo Germania, Francia e Gran Bretagna (fonte: EuNews.it) 8 provocato grandi problemi nell’approvvigionamento a medio-lungo termine; questo fattore era in gran parte dovuto alla forte instabilità politico-economica dei paesi esportatori di petrolio e gas naturale. In Italia, come in altri paesi, furono perciò promulgati i primi provvedimenti normativi atti a contenere i consumi energetici negli edifici 5 e si assistette, in alcuni casi più virtuosi, ad una generale riscoperta dei dispositivi di guadagno termico riconsiderazione delle solare teorie sia passivo scientifiche che basate attivo 6 , sulla oltre ad bioclimatica una generale applicata alla 7 progettazione degli edifici . In Europa il vero punto di svolta è stato generato dalla Energy Performance Building Directive del 2002 (EPBD 2002/91/CE), in cui si sono tracciate le linee guida alle quali i singoli paesi della comunità europea hanno allineato gli apparati normativi nazionali in tema di risparmio energetico e prestazione degli edifici. Con le recenti direttive sull’efficienza energetica (2012/27/UE) e con la già citata EPBD Recast (2010/31/UE) è stato compiuto il definitivo salto di qualità. In questo quadro di un futuro molto prossimo e fortemente vincolante sotto l’aspetto prestazionale, appare decisivo intervenire sul comparto edilizio, sia di nuova costruzione ma soprattutto esistente, sostanzialmente su due livelli: in primis con soluzioni sempre più innovative legate al contenimento delle dispersioni termiche sottoforma d’isolamento e tenuta all’aria dell’involucro, anche in relazione al contenimento degli spessori di materiale isolante divenuti oramai notevolissimi; in secondo luogo attraverso l’incremento e l’ottimizzazione dello sfruttamento delle fonti di energia rinnovabile (FER), auspicabilmente on site, che bilanci il consumo di energia da fonte non rinnovabile e limiti conseguentemente l’inquinamento immesso in atmosfera. Tra le possibilità di generazione energetica da fonte rinnovabile, quella legata al solare (termico e fotovoltaico) è decisamente la più praticabile, sostenibile 8 e portatrice di caratteri “democratici”, essendo disponibile in ogni luogo del pianeta. In un quadro più ampio rispetto alla scala del singolo edificio, il fotovoltaico in particolare consente una 5 Cfr. Legge 373/76, Norme per il contenimento del consumo energetico per usi termici negli edifici, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale il 7 giugno 1976 6 Vedi Carletti C., Sciurpi F. (a cura di), “Passivhaus – Evoluzione energetica e comfort ambientale negli edifici italiani”, Bologna, Pitagora, 2005 7 Queste teorie hanno come capostipiti i fratelli Olgyay, che negli anni ’60 elaborano negli Stati Uniti una metodologia scientifica di approccio bioclimatico alla progettazione architettonica e urbana; cfr. Olgyay V., Design with climate, Princeton, Princeton University Press, 1963 8 È attualmente in corso in Italia una forte polemica sulla questione della sostenibilità del solare fotovoltaico. Da una parte i sostenitori del sistema incentivante, come l’autore, affermano che senza l’intervento pubblico non sarebbe stato possibile innescare lo sviluppo del mercato (e conseguentemente la riduzione dei costi d’impianto), che porteranno poi il sistema ad autosostenersi (la Germania, e probabilmente l’Italia, bloccheranno gli incentivi entro il 2016); dall’altra i detrattori affermano che il costo di produzione attuale di 1 Kwh di energia elettrica da fotovoltaico è insostenibile da un punto di vista economico. Se da un lato è pur vero che il rendimento dei sistemi attuali è ancora troppo basso rispetto alla complessiva radiazione solare incidente (valori tra il 6-8% per sistemi amorfi e il 20-22% del monocristallino), lo sviluppo tecnologico legato a doppio filo allo sviluppo del mercato, porteranno inevitabilmente ad una ulteriore forte riduzione dei costi d’impianto, generando la sostenibilità del sistema grazie all’energia risparmiata nell’intero ciclo di vita dell’impianto fotovoltaico. 9 “condivisione energetica” attraverso la connessione alla rete, in cui tante piccole microgenerazioni sparse sul territorio soddisfano parte, tutto, o più, del fabbisogno energetico di una intera comunità: energia pulita, silenziosa, a chilometri zero e inesauribile. La quantità di radiazione solare che quotidianamente arriva sul nostro pianeta rappresenta un potenziale energetico pari a 10.000 volte l’intero fabbisogno mondiale. In termini teorici, potendo idealmente sfruttare una minima parte di questa radiazione con sistemi a conversione fotovoltaica, si potrebbe rinunciare da subito a qualsiasi fonte fossile e ridurre drasticamente la problematica ambientale; oltre al non trascurabile vantaggio da parte dei paesi poveri di risorse fossili, di non dipendere più dai ricatti dei paesi produttori o di quelli che detengono il controllo dei sistemi di approvvigionamento. La realtà la strada da percorrere è ancora lunga, soprattutto nei termini di innovazione tecnologica e gli effetti di una possibile fotovoltaicizzazione su larga scala, si intravedono lontani. È però fattibile in termini concreti pensare a sistemi bilanciati e localizzati di produzione energetica, attraverso opportuni mix di risorse rinnovabili disponibili in una determinata zona geografica, rinunciando al contempo a soluzioni troppo impattanti che generano problematiche di compatibilità ambientale 9 . Obiettivi, ambiti culturali e temporali, metodologia di lavoro, strumenti ed esiti della ricerca. La codificazione delle possibilità d’integrazione dei sistemi di produzione o di guadagno termico da fonte solare nell’involucro architettonico, tematica ancora poco esplorata e risolta soprattutto nelle architetture “costruite”, è sicuramente un elemento decisivo nella definizione del processo decisionale che consente al progetto il controllo degli esiti figurativi e morfologici del manufatto. Questa ricerca propone l’assunto che una corretta sinergia tra le esigenze del sistema tecnologico e le esigenze del sistema morfologicocompositivo, produce il più alto livello possibile di efficienza del sistema integrato tecnologico-formale e conseguentemente genera la migliore qualità architettonica. Il campo temporale d’indagine della ricerca focalizza principalmente un periodo compreso tra le prime sperimentazioni di sistemi solari attivi applicati agli edifici e le realizzazioni contemporanee (1934-2013). La trattazione dei successivi casi studio restringe il campo d’indagine ad un periodo più specifico, compreso tra gli anni 20002012, poiché in questa fase di forte innovazione tecnologica si assiste alla realizzazione 9 In Emilia Romagna la Direttiva Regionale 06/12/2010, Prima individuazione delle aree e dei siti per l'installazione di impianti di produzione di energia elettrica mediante l'utilizzo della fonte energetica rinnovabile solare fotovoltaica, limita fortemente la possibilità di occupare aree agricole o terreni vincolati da piani paesaggistici, con campi estesi di fotovoltaico (cd. parchi fotovoltaici). 10 dei primi esempi di edifici “energeticamente attivi” o plus energy buildings; la caratteristica di estremizzazione del fattore di autoproduzione energetica principalmente da fonte solare, evidenzia questi edifici come modelli ideali per lo studio dei principi d’integrazione morfologica in rapporto all’efficienza dei sistemi tecnologici, principi che stanno alla base di questa ricerca. La scelta dei casi studio ha considerato singoli edifici o comparti urbani di nuova costruzione e si è concentrata appositamente in quei paesi, come Danimarca, Germania e Austria, che allo stato attuale hanno saputo esprimere maggiormente il carattere dell’attuale innovazione tecnologica nell’architettura, attraverso realizzazioni connotate dalla ricerca di una corretta intersezione tra il sistema tecnologico e quello formale. Questi casi studio e le successive elaborazioni progettuali, rappresentano modelli applicabili in un ambito geografico compreso tra i 28° e i 56° di latitudine nord o sud 10 , con le opportune correzioni in base allo specifico microclima locale. Questo fattore è da tenere in considerazione sia per l’applicazione di sistemi passivi che attivi, poiché entrambi necessitano di particolari orientamenti rispetto all’irraggiamento solare e di morfologie architettoniche caratteristiche che li supportino. La ricerca si struttura in quattro capitoli, secondo uno schema metodologico di lettura-analisi-sintesi. Il primo capitolo prevede un inquadramento del concetto di architettura solare nella doppia accezione attiva e passiva, legato ai suoi molteplici rapporti con l’abitare, la configurazione degli edifici e delle città, proponendo inoltre una ricostruzione dell’origine del termine. Il secondo capitolo si occupa dell’apparato teorico attraverso una sistematizzazione degli aspetti terminologici correntemente in uso all’interno del rapporto edificio-energia, ambito a cui sono riconducibili gli edifici solari; analizza i dispositivi architettonici e i sistemi tecnologici di sfruttamento solare e propone una riflessione sull’influenza e sul controllo della colorazione nel progetto dei componenti attivi e passivi dell’involucro architettonico. Il terzo capitolo analizza la pratica dell’architettura solare attraverso una serie di casi studio opportunamente selezionati e rappresentativi di una elevata sinergia tra sistema tecnologico e sistema formale; viene proposto un metodo di analisi in cui si evidenziano le logiche d’intersezione tra il sistema tecnologico e quello formale, evidenziandone i rapporti che le sottendono, secondo una scomposizione dell’edificio in cinque parti (fronti orientati): copertura, sud, est, ovest e nord. L’obiettivo di questo tipo di analisi è di evidenziare i luoghi del progetto a maggiore concentrazione d’intersezioni, 10 A seconda che ci si trovi nell’emisfero boreale o australe e invertendo il sud con il nord come fronte privilegiato di captazione; cfr. Mazria E., Sistemi solari passivi, Padova, Muzzio, 1990, p. 17 11 gli elementi tecnologici e morfologici che le determinano, identificandone i caratteri e la funzione. Nel quarto capitolo vengono ordinati gli esiti della ricerca. Una prima parte comprende la codificazione delle invarianti tipo-morfologiche, raccolte in uno specifico abaco rappresentativo. Una seconda parte tratta della formulazione del concetto di rendimento solare della forma urbana, secondo la comparazione di cinque modelli insediativi caratteristici (morfotipi). Una terza parte si concentra sulla definizione di possibili strategie di progettazione dell’architettura solare, attraverso specifiche e diverse rielaborazioni progettuali. Le tre parti di questo capitolo sono consequenziali nel senso che gli esiti di una parte vengono riutilizzati nelle parti successive. In ordine generale il problema dell’integrazione dei sistemi solari attivi nell’architettura presenta allo stato attuale diversi contributi 11 , alcuni anche di elevato spessore, ma pochissime pubblicazioni trattano in maniera specifica la codificazione delle modificazioni formali dell’architettura, derivate dall’uso di questi sistemi. La maggior parte dei testi presentano prevalentemente una successione di esempi di edifici, più o meno complessi e a diversa funzione, che supportano sistemi attivi solari, più o meno integrati; oppure si concentrano sull’evidenziazione dei caratteri prestazionali e perciò sulla questione puramente energetica. Anche la maggior parte dei contributi scientifici sull’argomento propongono spesso esiti computazionali, anche importanti ma specifici, trattando in maniera secondaria le questioni dell’ottimizzazione morfologica e degli aspetti di sinergia tra i due sistemi tecnologico e formale. Parallelamente a questo la ricerca mira a concretizzarsi in un volume specifico (se avrà la dignità di pubblicazione) a disposizione dei progettisti dell’architettura, che vogliano avvicinarsi ai temi legati al solare o in un qualche modo modificare il loro approccio al progetto, considerando importanti tutte le questioni legate allo sfruttamento della risorsa solare con sistemi realmente integrati nell’architettura. 11 Cfr. indice bibliografico, sezione I.1: L’architettura solare e l’uso di sistemi passivi e attivi applicati agli edifici 12 Capitolo 1. Il concetto di architettura solare Definire una origine storica precisa dell’architettura solare, intesa nel suo significato più ampio, non è possibile poiché essa coincide con l’origine stessa dell’architettura. Da sempre l’uomo ha cercato di interagire, adattandosi, con l’ambiente che lo circonda, secondo un continuo rapporto dicotomico tra l’esigenza di protezione dagli agenti avversi e la possibilità invece di sfruttare le risorse ambientali favorevoli. Inizialmente alla ricerca di un riparo (l’albero, la caverna) poi costruendosi direttamente un luogo artificiale (la propria casa) in cui ricreare determinate condizioni di comfort interne in relazione alle condizioni esterne. Il sole come elemento primario, dio pagano venerato e generatore di ogni forma di vita, è sempre stato al centro del rapporto tra l’uomo e il suo contesto ambientale, influenzandone fortemente la concezione costruttiva e figurativa dell’architettura fin dagli inizi. 1.1 Sulla origine del termine Nella letteratura tecnica e scientifica il termine “architettura solare” ha un’origine relativamente recente. Nel Novecento uno dei primi autori che più in generale si è posto il problema del rapporto edificio-sole è stato Gaetano Vinaccia 1 ; nel 1938 introduce il concetto di “eliourbanistica” riferendosi principalmente a questioni di orientamento dei tessuti urbani delle città, ma senza mai accennare espressamente al termine compiuto. Egli infatti arriva a definire il cosiddetto “asse equisolare”, in contrapposizione all’asse eliotermico di Rey, Bard e Pidoux, allora molto considerato nelle realizzazioni del Movimento Moderno; egli contribuisce altresì a porre le prime basi delle conoscenze attuali sulle interrelazioni tra radiazione solare e costruzioni edilizie. Negli anni ’60 del secolo scorso risulta importante il contributo portato dagli studi di Ralph Knowles 2 sul rapporto energia e forma dell’architettura, nella dimostrazione razionale di un metodo di progettazione che considera fondamentali le forze naturali (tra cui anche quella solare) nella generazione dello spazio costruito. Egli arriva a definire l’importante indicatore di forma H/A, detto anche “area di influenza” 3 , cioè il rapporto tra una determinata altezza H dell’edificio e una superficie A, definita dall’ombra portata dello stesso edificio durante tutto l’anno, variabilmente in base all’orografia del terreno; 1 2 3 Cfr. Vinaccia G., Il corso del sole in urbanistica ed edilizia, Milano, Hoepli, 1938, p. 11 Cfr. Knowles R., Energy and Form, Chicago, Massachusets Institute of Technology, 1974 Bottero M. et al. , Architettura solare, Milano, Clup, 1984, p. 32 Teoria e pratica dell’architettura solare in pratica questo indicatore determina la distanza, in tutte le direzioni, a cui porre altri edifici per beneficiare della medesima insolazione. Altri protagonisti importanti di quel periodo sono i fratelli Olgyay 4 , che elaborano una metodologia scientifica applicata alla progettazione architettonica, finalizzata al controllo delle influenze del clima sui manufatti edilizi e sugli insediamenti urbani; è grazie infatti al loro lavoro che viene definita la moderna bioclimatologia applicata alla progettazione architettonica. Sergio Los 5 nella prefazione all’edizione italiana del libro dei fratelli ungheresi 6 , parla del loro lavoro come «[…] fonte e ispirazione dei libri più recenti sull’architettura solare […]», intendendo oramai (1981) il termine in questione consolidato e di uso comune. G. Vinaccia: il porticato giustamente orientato come riparo dall’irraggiamento estivo (fig. 1.1); R. Knowles: morfologia architettonica modellata dal controllo della radiazione solare (fig. 1.2); V. Olgyay: modello di insediamento bioclimatico in zona temperata (fig. 1.3) Il concetto di architettura solare si struttura compiutamente nei successivi anni ’70, dopo lo spartiacque temporale della prima grande crisi energetica del 1973; in reazione allo sconvolgimento delle logiche di approvvigionamento delle risorse, furono attivati diversi importanti programmi di ricerca negli Stati Uniti ed in Europa. Le finalità di queste ricerche erano quelle di articolare una serie di strategie attuabili, progettuali e costruttive, finalizzate al risparmio energetico ed allo sfruttamento della risorsa energetica solare 7 ; a tal proposito furono pubblicati diversi testi, come sintesi divulgative delle ricerche sopracitate. Tra queste sono coeve (1977) le due pubblicazioni di Peter Van 4 Cfr. Olgyay V., Design with climate, Princeton, Princeton University Press, 1963 Professore ordinario di composizione architettonica all’Istituto Universitario di Venezia (IUAV), studioso di Carlo Scarpa. Nel 1977/78 é consulente del Ministero dell’Industria per l’organizzazione di una cooperazione Italia-USA sui “Sistemi solari passivi nelle case unifamiliari” e rende possibile, attraverso la collana Le scienze dell’artificiale (Muzzio Editore) di cui è curatore e grazie anche alle preziose traduzioni di G. Mancuso, la conoscenza in Italia delle avanguardistiche esperienze americane sui temi dell’architettura solare passiva 6 Cfr. Olgyay V., Progettare con il clima – un approccio bioclimatico al regionalismo architettonico, Padova, Muzzio, 1981 7 Tra questi: il programma Sundwellings, del 1974 (Four Corners Regional Commission, New Mexico, USA), prevedeva la sistematizzazione di una serie di pratiche virtuose, in regime di autocostruzione, di sistemi solari passivi applicabili dagli gli abitanti dello stato del New Mexico, per la realizzazione della loro abitazione; in Francia sul finire degli anni ’70 tramite il concorso HOT del Ministero dell’Attrezzatura, l’attività dell’AFEDES (Associazione per lo sviluppo dell’energia solare), della sezione francese della COMPLES (Cooperazione mediterranea per l’energia solare) e dell’Institut technique du bâtiment et des travaux publics, attraverso il Projets pour 1000 maisons solare; in Italia a partire dal 1976, all’interno del Progetto Finalizzato Energetica (PFE) del CNR, tramite il sottoprogetto “Energia solare”. 5 14 Cap. 1 Il concetto di architettura solare Dresser 8 e Charles Chauliaguet 9 che per la prima volta riportano espressamente il termine di architettura solare nella trattazione, senza comunque darne una definizione specifica. Chauliaguet titola il capitolo 1 “Architettura solare”, parlando più in generale di principi “eliotecnici” che consentono all’architettura, soprattutto nelle regioni ad alta insolazione, di adattare l’habitat alle esigenze di comfort dell’uomo. Invero accenna al termine in questione considerandolo “pleonastico”, dal momento in cui tutte le forme, soprattutto nell’architettura tradizionale, hanno sempre tenuto conto delle influenze ambientali tra cui anche quella solare. Van Dresser all’opposto cita il termine nell’introduzione in un’accezione che ritiene consolidata, di uso comune, parlando anche di «architettura solare indigena e concezione regionalista» 10 della casa solare. In questo senso egli ritiene che la priorità assoluta sia la riduzione dell’impatto economico delle strategie solari di tipo passivo, contro la standardizzazione ed industrializzazione delle soluzioni applicabili e dei componenti d’involucro. Parla evidentemente di un’architettura che riceve dal sole la maggior parte del contributo per il fabbisogno termico invernale; che possa essere costruita con materiali locali a filiera corta e con una notevole incidenza di lavoro artigianale locale; in definitiva auspica che il proprietario stesso possa esser messo nelle condizioni di autocostruirsi la propria dimora, come facevano anticamente le popolazioni indigene del New Mexico (USA), territorio al quale l’autore si riferisce. P. Van Dresser: casa solare dimostrativa al Ghost Ranch, New Mexico (fig. 1.4); casa solare d’Aramon, Francia (fig. 1.5) Nel 1977 in Italia viene pubblicato un interessante volumetto edito da Uniedit a firma di un fisico-tecnico (Giovanni Del Signore) e di un architetto (Andrea Ponsi) entrambi fiorentini, dal titolo La casa solare 11 . Il testo, come si legge nella presentazione della quarta di copertina, «[…] non vuole essere né un manuale, né un testo divulgativo [ma] una raccolta di informazioni sull’energia solare applicate specificatamente all’edilizia […]»; esso si struttura in diversi capitoli divulgativi degli utilizzi pratici e su di un buon 8 Cfr. Van Dresser P., Homegrown sundwellings, Santa Fé, Lightning Tree, 1977 (trad. it. G. Mancuso M. Laini, Case solari locali, Padova, F. Muzzio, 1979) 9 Cfr. Chauliaguet C., L'energie solaire dans le batiment, Paris, Eyrolles, 1977 10 Probabilmente anche in riferimento al testo Design with Climate di V. Olgyay (1962) 11 Cfr. Del Signore G., Ponsi A., La casa solare, Firenze, Uniedit, 1977 15 Teoria e pratica dell’architettura solare regesto di progetti di case solari soprattutto americane, avendo, il Ponsi, passato un periodo di studio negli USA grazie ad una borsa di ricerca. Pur senza definire specificatamente il termine di architettura solare, gli autori pongono in risalto già nell’introduzione la necessità di ben integrare i collettori solari nelle ampie superfici captanti a disposizione, come pareti e coperture, aspetto questo che «[…] influisce necessariamente sia sull’organizzazione degli spazi interni quanto sul 12 complessivo aspetto formale dell’edificio» ; in conclusione affermano che: […] La forma dell’architettura è l’espressione delle necessità che ad essa viene richiesto di assolvere, ed il contenimento del consumo di energia diventerà sempre più una di queste fondamentali necessità. I nuovi requisiti che un’architettura energeticamente responsabile dovrà considerare possono anzi offrire al progettista nuove possibilità di interpretazioni originali e creative. 13 Un altro importante contributo italiano di quegli anni (1978) deriva dal testo di Cristina Benedetti 14 , assistente al corso di Tecnologia dell’architettura del prof. Vincenzo Bacigalupi, alla Facoltà di Architettura di Roma. Anche questo testo si inserisce nel contesto culturale italiano di quegli anni, in cui le soluzioni legate allo sfruttamento solare stanno lentamente riemergendo grazie al lavoro di ricerca del Progetto Finalizzato Energetica 15 del CNR; le finalità della stessa prefigurano delle possibili soluzioni all’annoso problema del risparmio energetico nell’edilizia, dopo lo shock della crisi del ‘73. Nella presentazione del libro Bacigalupi accenna ad una “architettura solarizzata” definita anche “orribile neologismo” 16 ; questo per rilanciare i contenuti successivi che in un’accezione invece propositiva, pongono il problema della forma e dei nuovi linguaggi dell’architettura in rapporto alla diffusione dei sistemi solari attivi. Allo stesso tempo rivendica una riassunzione di responsabilità da parte dell’architetto nella gestione del progetto integrato, troppo spesso demandato e scollegato nelle componenti tecnologicoformali e poco risolto dal punto di vista degli esiti figurativi finali. È interessante un passaggio dell’autore sulla questione dell’utilizzazione delle tecnologie solari in rapporto alla forma architettonica: […] quando […] l’edificio è progettato in funzione della propria autosufficienza energetica, totale o parziale, mediante la captazione dell’energia solare (ed è questa, evidentemente, la strada più corretta sotto il profilo sia tecnico che linguistico) gli elementi di captazione devono assumere lo stesso ruolo che gli altri elementi tecnologici presenti nella costruzione assumono per la configurazione del linguaggio. […] in questo caso, l’input dei fattori 12 13 14 15 16 Ivi, p. IX ibidem Cfr. Benedetti C., L’energia del sole, Roma, Kappa, 1978 Cfr. nota 7 Benedetti C., op. cit,, p. 5 16 Cap. 1 Il concetto di architettura solare tecnologici si presenta in termini nuovi, ed anche quantitativamente ingenti, ma la risoluzione non può che essere quella di sempre, e cioè quella della sintesi formale dell’opera architettonica. […] 17 Questa riflessione, quasi profetica (1978) rispetto alle tendenze attuali sugli edifici a energia zero, anticipa il tema attualissimo del problema formale derivato dall’applicazione dei sistemi tecnologici solari all’involucro edilizio. Viene perciò riaffermato il ruolo fondamentale del progetto di architettura come strumento di sintesi e controllo della modificazione della forma, in conseguenza dell’introduzione di elementi tecnologici innovativi, tesi peraltro fortemente sostenuta dal presente lavoro di ricerca. Nel 1979 viene pubblicato quello che è, tutt’ora, il manuale di riferimento dell’architettura solare passiva. The Passive Solar Energy Book 18 di Edward Mazria raccoglie e sintetizza l’esperienza di quella che potrebbe essere definita la “Scuola di Santa Fè”, un gruppo di ricercatori, progettisti e costruttori riunito nel New Mexico dal programma di ricerca “Sundwellings” 19 del 1974. Essi diedero vita ad alcune tra le più riuscite realizzazioni di case solari, divenute modelli teorici e pratici per innumerevoli ricercatori e progettisti di allora ma anche contemporanei. Il testo in realtà non propone una definizione di architettura solare, ma si concentra su di una precisa ed esaustiva esemplificazione dei sistemi solari passivi, strutturando una metodologia applicativa basata su patterns 20 specifici a disposizione di progettisti e utenti di case solari. Sempre negli Stati Uniti all’inizio degli anni ’80 escono due volumi direttamente ispirati all’architettura solare, segno di un interesse molto forte e non circostanziato 21 nel paese d’oltreoceano. Il primo, A Golden Thread, 2500 Years of Solar Architecture and Technology 22 , traccia una interessante ricostruzione partendo, forse un pò forzatamente, dall’architettura solare dei greci e dei romani, per arrivare alle case solari del MIT e alle importanti esperienze americane coeve. Il secondo è il volume Solar architecture: the direct gain approach 23 . L’autore, T.E. Johnson docente al MIT, elabora una prima parte storica in cui fa coincidere l’inizio della moderna architettura solare passiva con le sperimentazioni dell’architetto di Chicago G.F. Keck. Questi infatti nel 1933, presenta alla Chicago Century of Progress Exposition, una casa completamente vetrata che può essere riscaldata unicamente con il sole: la “Crystal House”. Naturalmente l’involucro presenta diversi problemi di surriscaldamento che inducono Keck a sperimentare altre 17 Ibidem, p. 13 Cfr. Mazria E., The passive solar energy book, Rodale Press, 1979 (trad. it Mancuso G., Sistemi solari passivi: soluzioni per una migliore qualità ambientale degli edifici, II ed., Padova, Muzzio, 1990) 19 Cfr. nota 4 p. 27 20 Metodologia progettuale ideata da Christopher Alexander e divulgata dal testo A Pattern Language: towns, buildings, constuctrion, Oxford (USA), University press, 1977. Il pattern è fondamentalmente uno strumento operativo trasmissibile di verifica progettuale e nel loro insieme “[…] rappresentano soluzioni di ricorrenti problemi ambientali […]” (Mazria E., op. cit., p. 7) 21 Cfr. Le ricerche del gruppo Sundwellings e di Mazria 22 Butti K., Perlin J., The Golden Thread, Van Nostrand Reinhold, New York, 1980 23 Johnson T., Solar architecture, McGraw-Hill, New York, 1981 18 17 Teoria e pratica dell’architettura solare configurazioni morfologiche e materiche più efficaci. Nel 1941 progetta la Duncan’s House 24 che viene soprannominata solar home (casa solare) da un reporter del Chicago Tribune utilizzando il termine per la prima volta. È del 1982 la traduzione a cura di Paolo Cella del volume Projets pour 1000 maisons solaire, edito da Longanesi. 25 Il volume raccoglie una selezione di 29 progetti (tra i quali i 7 vincitori ex aequo) di un concorso bandito dal “Ministero per l’ambiente e la qualità della vita” francese nel gennaio 1980, per la progettazione e la successiva costruzione di case solari innovative sul territorio nazionale. Nella prefazione Cella afferma che «[…] estetiche idiote o di facile presa hanno nascosto, e purtroppo nascondono tuttora, progetti irrazionali ed energeticamente costosi, come realizzazione e come gestione […]» 26 , introduce il termine attualissimo della “casa a energia zero” 27 e definisce che: Oggi […] si parla di architettura solare attiva o passiva, a seconda che i componenti preposti alle trasformazioni energetiche nell’habitat siano rappresentati da sistemi meccanici (pannelli solari o pompe di calore) oppure dalla casa stessa mediante un accurato studio del soleggiamento e dei moti convettivi. 28 L’obiettivo del volume è in definitiva quello di mostrare ad un pubblico il più ampio possibile, l’esistenza di politiche illuminate nel governo centrale di un paese vicino come la Francia; ma soprattutto la reale possibilità di “progettare con il sole” mostrata dettagliatamente nelle 29 proposte selezionate, a fronte di extracosti largamente inferiori in proporzione ai risparmi energetici ottenuti (dal 30 al 50% in meno del fabbisogno energetico standard per una costruzione di allora). In Italia nel 1984 viene edito Architettura solare, tecnologie passive e analisi costibenefici, a firma di Maria Bottero, Giancarlo Rossi, Gianni Scudo e Gianni Silvestrini. Anche in questo caso però, titolazione a parte, non viene data una definizione univoca del termine, ma si definiscono concetti maggiormente legati alla morfologia dell’energia o all’architettura dell’energia, questioni sollevate per la prima volta da V. Olgyay e R. Knowles alcuni decenni prima; viene fornita al contempo una prima importante riflessione sulla modificazione della tipomorfologia in edilizia ed urbanistica 29 , in rapporto ai sistemi di captazione passivi. Vengono inoltre forniti strumenti applicativi di contenuto interdisciplinare, strutturando il testo come sorta di manuale operativo, per la progettazione di edifici solari con sistemi passivi. Gli autori, provenienti da diverse realtà 24 Keck sperimenta il guadagno termico per accumulo diretto sui pavimenti neri e una muratura “pesante” disposta in fondo alla sala giorno, registrando un risparmio del 15% sulle spese di riscaldamento, valore notevole considerando che la casa non era pressoché isolata termicamente; ibidem, pp. 1-7 25 Institut technique du bâtiment et des travaux publics, Projets pour 1000 maisons solaires, Éditions du Moniteur, 1981 (tr. it Cella P., Progetti per mille case solari, Milano, Longanesi, 1982) 26 Ivi, p. 7 27 Ivi, p. 8 28 ibidem 29 Bottero et al., op. cit, p. 41 18 Cap. 1 Il concetto di architettura solare accademiche italiane (Milano, Venezia e Palermo), raccolgono tutta quella che è stata l’esperienza americana sul solare passivo e inquadrano lo stato dell’arte di quel periodo in Italia, dove, attraverso programmi di ricerca e leggi specifiche 30 , si sta tentando di promuovere una solarizzazione diffusa degli edifici. Fig. 1.6: sezione trasversale del Desert Research Institute (J. Miller, Nevada, 1975); fig. 1.7: concorso per “1.000 case solari”, progetto vincitore (ex aequo) “Becare” Fig. 1.8: sezione trasversale della casa Terry a Santa Fè (New Mexico, USA); fig. 1.9: edificio plurifamiliare con sistema solare termico centralizzato integrato in copertura (S. Vincenzo, Livorno) Nel 1991 la Commissione delle Comunità Europee all’interno di un programma di ricerca 31 sull’utilizzo passivo dell’energia solare nelle costruzioni, pubblica il volume divulgativo Architecture Solaires en Europe (Architetture solari in Europa). Nella selezione di realizzazioni mostrata è evidente l’associazione tra il termine in questione e ciò che viene inteso in quel periodo per architettura solare; infatti nell’introduzione ai casi analizzati viene restrinto il campo alla architecture solaire passive (passiva), evidenziando con questo l’utilizzo quasi esclusivo dei sistemi a guadagno termico. Nel 1999 Alinea pubblica, nella collana “Ecologia e architettura” diretta da F. Sartogo, un volume che fa conoscere in Italia l’opera di un architetto viennese protagonista della nuova architettura solare: G.W. Reinberg 32 . Nel saggio introduttivo alla 30 Progetto finalizzato energetica del CNR del 1976 e la legge 308/1982 per l’incentivazione degli interventi di risparmio energetico e di utilizzo di fonti energetiche rinnovabili 31 Passive solar as a Fuel, 1990-2010, Commissione delle Comunità Europee , rapporto n° EUR-13094, XIII Direzione Generale, Lussemburgo 32 G.W. Reinberg può essere sicuramente considerato, con Thomas Herzog, tra i migliori protagonisti dell’architettura solare contemporanea. Lo testimoniano le numerose realizzazioni tutte finalizzate alla ricerca 19 Teoria e pratica dell’architettura solare presentazione molto dettagliata dei progetti, lo stesso Reinberg definisce la sua visione di “architettura solare”, anche se spesso la interpreta in un senso più allargato di “architettura ecologia”; egli comunque afferma: […] così come il sole utilizzato nell’architettura solare non è solamente energia fisica, ma altresì energia che ispira i nostri sensi, cosi una corretta architettura solare non applica semplicemente l’energia solare come semplice elemento fisico in edilizia, ma anche per fare fisicamente sperimentare la qualità della vita all’interno di un determinato edificio. Effettivamente tutta l’architettura che noi consideriamo buona dovrebbe esprimere in modo adeguato la nostra cultura, la nostra società ed i nostri problemi, le nuove tecnologie, la nostra idea di armonia, le nostre aspirazioni e il nostro futuro […] creare una comprensione sensibile e vitale della nuova relazione tra l’Uomo e l’Ambiente […] L’architettura solare si differenzia in genere fra utilizzo termico e fotovoltaico del sole. […] Questo non può essere ancora definito architettura solare, poiché questa […] ha molto più da offrire ed è infinitamente lontana dal funzionare come una “installazione in stadio avanzato” la cui presenza garantisca architettura di alta qualità. Per questo stesso motivo fallisce anche il metodo (molto amato) di prendere un qualsiasi architetto non a conoscenza degli sviluppi ecologici e lasciarlo progettare, poi chiamare un tecnico solare ed un fisico edilizio ad “ottimizzare” il tutto. Le nuove strategie dell’edilizia ecologica sono troppo autonome e presentano architettura troppo differenziata per poter essere semplicemente “appiccicate” ad un edificio a posteriori. Molto spesso la strategie è rappresentata dall’edificio, dall’architettura stessa. […] Questa riflessione propone per la prima volta l’assunto fondamentale che non si può definire “solare” un’architettura solo perché fa uso di un qualche sistema o dispositivo di sfruttamento solare; essa è di più, è un qualcosa che va direttamente all’origine, all’inizio del processo ideativo di cui è sintesi e matrice allo stesso tempo, nella piena consapevolezza dei caratteri culturali, sociali e tecnologici della situazione contestuale. Sempre sul lavoro di Reinberg nel 2005 A. Labella pubblica per Libria una selezione di alcuni progetti dal titolo Solar Architecture; anche in questo caso la curatrice associa e definisce il termine nella rassegna di realizzazioni dell’architetto viennese. Nel 2003 viene pubblicata la versione italiana di Solares Bauen 33 a cura di Christian Schittich, dove è possibile individuare, nel saggio iniziale “verso un’architettura solare”, una interpretazione della stessa nella sua accezione più contemporanea. Infatti l’autore parlando di edificio come “sistema energetico”, precisa: della migliore sintesi possibile tra un’architettura di buona qualità e i dispositivi/impianti di sfruttamento solare. I paradigmi progettuali che utilizza, elementi ripetuti e ricorrenti, segni figurativi espliciti di un preciso indirizzo progettuale, diventano vere e proprie forme tipo solari, strumentali alla definizione del miglior livello di efficienza sinergica, nell’accezione più coerente del termine definito in questa ricerca. 33 Cfr. Schittich C. (a cura di), Solares Bauen - Strategien, Visionen, Konzepte, Munich, Birkhauser, 2003 (ed. it., Architettura solare – strategie, visioni, concetti, 2003). 20 Cap. 1 Il concetto di architettura solare […] un sistema in cui si integrano accorgimenti passivi e attivi, partendo dall’orientamento e dalla composizione del corpo di fabbrica fino ad arrivare all’integrazione dei dispositivi per la produzione di acqua calda e corrente elettrica. L’involucro esterno, regolabile e modificabile, apporta il suo contributo in misura sempre maggiore: regolato da un sistema di controllo intelligente, esso reagisce al variare delle condizioni e degli influssi climatici. È ovvio che per creare un prodotto così complesso è necessaria la formulazione di progetti elaborati ed estensivi, con il coinvolgimento tempestivo di tutti gli esperti implicati. […] 34 In questo passaggio sono riconoscibili alcuni caratteri fondamentali: il concetto di sinergia tra sistemi passivi ed attivi, l’integrazione tra sistemi attivi e l’involucro architettonico, l’adattabilità dell’involucro attraverso sistemi domotici e l’esigenza di un progettazione integrata fin dalle prime fasi. Il volume raccoglie saggi e progetti già pubblicati in alcuni numeri monografici (Solares Bauen: costruzioni solari) della rivista tedesca Detail 35 dal 1993 al 2002, strutturati come una sorta di osservatorio a cadenza pluriennale, della migliore e più rappresentativa produzione architettonica solare. La rivista, attraverso questi focus specialistici, rappresenta sicuramente uno tra i migliori riferimenti di recensione e approfondimento delle tematiche solari, almeno fino ai primi anni del nuovo secolo. Tra i progetti pubblicati, portati come esempio di “buona architettura solare”, emergono sicuramente il complesso residenziale a Kolding (3Xnielsen) per l’uso sapiente dei muri solari sul fronte sud; l’edificio per uffici a Solihull (Arup) per i sistemi di controllo della luce naturale zenitale; la palazzina per uffici Iguzzini a Recanati (M. Cucinella) per la sinergia tra sistemi attivi e passivi di produzione energetica e di raffrescamento estivo; l’edificio per uffici a Würzburg (Webler+Geissler) per la soluzione della doppia parete in vetro come strumento di regolazione della radiazione incidente; la famosa scuola di perfezionamento a Herne (F. Jourda), meglio conosciuta come Accademia di Mont-Cenis, per il tema dei sistemi fotovoltaici inseriti nelle chiusure trasparenti; la famosissima copertura del Deutschen Bundestag di Berlino (N. Foster) per la risolta coesistenza di numerose strategie attive e passive di climatizzazione interna e illuminazione naturale. Fig. 1.10: case a schiera a Kolding; fig. 1.11: sede Arup Associates a Solihull; fig. 1.12: sede IGuzzini a Recanati 34 ivi p. 9 DETAIL, Solares Bauen, numeri monografici, n° 6/1993, 3/1997, 2/1999, 6/2002, 6/2005, Inst. für Internat. Architektur-Dokumentation, München 35 21 Teoria e pratica dell’architettura solare Fig. 1.13: edificio per uffici a Würzburg; fig. 1.14: Accademia di Mont-Cenis a Herne; fig. 1.15: cupola vetrata del Bundestag di Berlino Sempre nel 2003 Rolando Scarano 36 e Antonietta Piemontese si pongono, tra i pochi, il problema del linguaggio architettonico nei confronti delle nuove tecnologie fotovoltaiche. Nel volume, oltre ad una esaustiva rassegna di progetti “solari” paradigmatici, propongono una interpretazione originale del concetto di architettura solare, affermando: […] Il linguaggio (architettonico, NdA) non è più rivolto esclusivamente ad un fine estetizzante quanto alla più asciutta e razionale soluzione di problemi attuando una trasformazione del lessico tecnologico dei materiali e del linguaggio tecnico. In quest’ottica la nuova architettura solare diviene sinonimo di misura, risparmio, eleganza. La città, non più concepita secondo logiche tradizionali si offre come “ecosistema urbano”, territorio antropizzato fatto di un insieme di architetture tra loro necessariamente integrate. La stessa forma degli edifici si traduce in uno strumento che produce e dissipa energia attraverso particolari organizzazioni morfologiche. L’energia solare è a tutti gli effetti una componente che non solo imprime forma ma che si rivela efficace anche da un punto di vista estetico […] 37 I due autori, insieme al curatore della collana 38 Paolo Portoghesi, rivendicano un preciso ruolo figurativo alle applicazioni delle tecnologie solari in architettura. In questa visione allargata l’architettura stessa riacquista un preciso valore etico, riponendosi a completo servizio dell’uomo e dell’ambiente (la nuova alleanza); i nuovi sistemi fotovoltaici modificano fortemente il lessico formale degli involucri architettonici contemporanei, in un rapporto tra energia e forma architettonica riconsiderato possibilmente in un’accezione più naturalistica rispetto alla scientificità dell’approccio di Knowles 39 , citato precedentemente. 36 Piemontese A., Scarano R., Energia solare e architettura. Il fotovoltaico tra sostenibilità e nuovi linguaggi, Roma, Gangemi, 2003 37 Ibidem, p. 9 38 La nuova alleanza: Architettura & Ambiente, collana editoriale diretta da paolo Portoghesi e Rolando Scarano per Gangemi Editore 39 Knowles R., op. cit. 22 Cap. 1 Il concetto di architettura solare Fig. 1.16: edificio per uffici a Dresda (D. Schempp, 1996); fig. 1.17: centro per l’innovazione tecnologica a Berlino (Eisele & P., 1998) ; fig. 1.18: stazione dei vigili del fuoco a Houten (Samyn & P., 1997) Un anno dopo (2004), sempre per la stessa collana, Paolo Portoghesi e lo stesso Scarano pubblicano L’architettura del sole. 40 Il volume si configura come una raccolta di saggi presentati all’omonimo convegno internazionale tenutosi sull’isola di Capri (24-28 giugno 2002), a conclusione del programma di ricerca “L’integrazione del fotovoltaico in architettura”. 41 Nel saggio introduttivo Rolando Scarano parla di un nuovo “umanesimo ecologico” 42 e di una “naturalizzazione dell’architettura” 43 , interpretabile anche come una condivisione della poetica portoghesiana fortemente strutturata sul naturalismo barocco, affermando: […] i sistemi fotovoltaici integrati negli edifici hanno il potenziale di divenire veri e propri elementi architettonici, costituendo alternative concrete ai componenti edili. L’utilizzo architettonico del fotovoltaico apre ulteriori possibilità di ricerca, che vanno dal disegno architettonico degli elementi della struttura di superficie, alla implementazione dei risparmi energetici. Si potrebbe ipotizzare di fatto, l’inizio di un nuovo campo semantico: basti pensare a quanto le attuali tecnologie hanno reso più complesso e certamente più ambiguo il discorso sull’uso dei materiali, mettendo spesso in discussione categorie architettoniche accettate quali, ad esempio, leggerezza e trasparenza. […] 44 Nello stesso saggio, ponendo sempre come centrale il problema del linguaggio formale delle nuove “tecnologie energetiche”, 45 l’autore riporta anche una interessante definizione dei sistemi fotovoltaici che diventano “epidermide artificiale dell’edificio”; 46 cita anche Norman Foster quando afferma che “l’architettura solare non è una questione di moda ma una questione di sopravvivenza” 47 . David Lloyd Jones, in un contributo successivo, parla invece di “architettura del sole” come di «[…] concetto olistico che 40 Portoghesi P., Scarano R., L’architettura del sole, Roma, Gangemi, 2004 La ricerca si è svolta nella’ambito di un accordo di programma fra Ministero dell’Ambiente e CNR, con responsabile scientifico nazionale Rolando Scarano. I diversi gruppi di ricerca sono stati coordinati da: Cesare Blasi, Enrico Bordogna, Guido Canella, Aimaro d’Isola, Antonio Monestiroli, Piero Paoli, Gabriella Padovano, Antonietta Piemontese, Luciano Semerani, Maurizio Vogliazzo 42 Portoghesi P., Scarano R., op. cit, p. 20 43 ivi 44 Portoghesi P., Scarano R., op. cit., p. 16,17 45 ivi 46 ivi 47 Ibidem, p. 9 41 23 Teoria e pratica dell’architettura solare concerne le conseguenze dello sviluppo edilizio sulla società e sul benessere economico, le quali vanno ad aggiungersi a quelle sull’ambiente naturale […]» 48 . Architecture Studio afferma che «[…] il sole è parte del contesto e tutta l’architettura è solare. Si hanno così due differenti posizioni in relazione al sole ‘essere con’ o ‘essere contro’ […]» 49 . Tjerk H. Reijenga ritiene che «gli architetti devono […] pensare a una nuova “Architettura Solare Intelligente” (Smart Solar Architecture)» 50 , all’interno di una proposta di categorie crescenti di integrazione architettonica e perciò di linguaggio. Antonio Monestiroli reinterpreta in una visione contemporanea il progetto di Le Corbusier per la Maison Citrohan, ipotizzando le possibilità espressive della tecnologia fotovoltaica come sostituzione puntuale di alcuni elementi architettonici che «per loro natura sono nati e vivono di un particolare rapporto con il sole» 51 , come, in questo caso, la grande vetrata del soggiorno a doppia altezza. Fig.1.19 Prototipo abitativo energeticamente autosufficiente : the Autarkic house (A. Pike, 1971); fig. 1.20 La pelle attiva regolatrice della radiazione solare: Institut du Monde Arabe (J. Nouvel. 1987); fig. 1.21 Integrazione di brise soleil attivi nella Maison Citrohan di Le Corbusier (A. Monestiroli, 2002) Il periodo che va dal 2005 ad oggi non vede contributi importanti alla ridefinizione o alla maggiore diffusione del termine in questione. Le pubblicazioni che si susseguono mirano quasi esclusivamente alla riproposizione di temi specifici e più tecnici, come l’integrazione dei sistemi attivi nell’involucro architettonico; oppure, come accade in Italia, diversi testi rincorrono l’apparato normativo d’incentivazione in continua evoluzione, nei suoi aspetti esplicativi commerciali e di convenienza economica, legato al Conto Energia. Altri testi 52 propongono svariate casistiche di esempi realizzati, senza approfondire in maniera specifica l’essenza costitutiva dell’architettura solare o proporre riflessioni terminologiche. A tutt’oggi si può dire che manca ancora una univoca 48 Portoghesi P., Scarano R., op. cit., p. 47 Ibidem, p. 131 50 Ibidem, p. 137 51 Ibidem, p. 229 52 Tra questi è importante ricordare L’integrazione architettonica del fotovoltaico: esperienze compiute a cura di Cinzia Abbate (Roma, Gangemi, 2002), sintesi del lavoro di ricerca del Task 7 dell’International Energy Agency (IEA), che raccoglie le migliori realizzazioni europee legate agli edifici/ambiti urbani in cui i sistemi FV trovano la migliore qualità d’integrazione architettonica 49 24 Cap. 1 Il concetto di architettura solare connotazione del termine che tenga conto, in maniera particolare, della profonda trasformazione in atto nell’architettura contemporanea dovuta in maniera particolare alla diffusione dei sistemi solari attivi applicati agli involucri edilizi. 1.2 Architettura solare passiva e attiva In virtù delle diverse interpretazioni sopraesposte e degli obiettivi della ricerca, si può definire col termine di architettura solare quel tipo di approccio alla progettazione architettonica indirizzato, fin dalla fase iniziale del metaprogetto, allo sfruttamento dell’energia derivante dall’irraggiamento solare e l’esito costruito caratterizzato da questo tipo di approccio; questo processo si struttura attraverso l’utilizzo di sistemi di sfruttamento solare definiti passivi o attivi, integrati variabilmente nell’involucro architettonico quale supporto privilegiato. Questo approccio definisce conseguentemente un manufatto architettonico o un aggregato edilizio in cui è riconoscibile, essendone fortemente connotati gli esiti morfologico-figurativi complessivi, l’impronta dei diversi sistemi o dispositivi di sfruttamento solare, sinergicamente organizzati tra loro attraverso il progetto di architettura. Ponendo allo stato attuale come necessaria ed auspicabile la compresenza dei due diversi sistemi, si può affermare che è in atto un momento di transizione tra una fase legata storicamente allo sfruttamento della risorsa solare con sistemi quasi esclusivamente di tipo passivo, meno efficienti, e una fase più recente caratterizzata dalla prevalenza dei sistemi di tipo attivo, che stanno più incisivamente riconfigurando l’oggetto architettonico anche da un punto di vista etico-sociale. Con il termine “passiva” si intende (attualmente) quel tipo di architettura solare che utilizza prevalentemente strategie e dispositivi di sfruttamento o protezione, intesi anche come insieme di metodologie progettuali e tecniche costruttive 53 , che comportano guadagni energetici dal sole senza l’ausilio di impianti o di energia richiesta per il loro funzionamento. Nel caso dei sistemi definiti passivi il guadagno solare avviene attraverso l’utilizzo di particolari dispositivi architettonici strutturati nella morfologia dell’involucro, alla loro orientazione e alle caratteristiche ambientali del contesto. In termini di efficenza energetica gli effetti più considerevoli di guadagno passivo da radiazione solare sono associabili nelle costruzioni edili al fenomeno dell’effetto serra, 53 Ena D., Magrini A., Tecnologie solari attive e passive. collettori solari e pannelli fotovoltaici, integrazioni architettoniche, incentivi (Conto Energia) e agevolazioni, III ed., Roma, EPC, 2007, pag 16 25 Teoria e pratica dell’architettura solare legato a doppio filo all’applicazione del vetro 54 negli infissi delle bucature architettoniche giustamente orientate degli edifici. Col termine “attiva” si intende attualmente quel tipo di architettura solare che utilizza prevalentemente strategie e dispositivi di sfruttamento o protezione che necessitano per il loro funzionamento di impianti meccanici, collegamenti elettrici, strumenti di supporto, sistemi perciò configurabili come “impianti”. Questi sistemi per poter essere convenientemente efficienti necessitano, come i dispositivi passivi, di orientazioni privilegiate (sud, sud-est, est, sud-ovest) e di morfologie architettoniche particolari dipendenti dal livello di integrazione che viene stabilito in fase progettuale. Nel caso di sistemi attivi perciò lo sfruttamento solare è veicolato alla produzione di energia elettrica o termica e, in alcuni casi 55 , alla protezione dall’eccessivo irraggiamento dell’involucro; l’implementazione di questi sistemi può avvenire per sovrapposizione o integrazione nei confronti dell’edificio-supporto. È necessario precisare che volutamente questa ricerca considera solamente i casi in cui i sistemi attivi sono fortemente integrati nell’involucro; essa parte infatti dal presupposto che la modificazione/adattamento della forma architettonica può avvenire solamente in presenza di una corretta sinergia tra il sistema tecnologico e quello formale. Non tratterà e non mostrerà perciò esempi di sistemi attivi semplicemente “agganciati” o semplicemente sovrapposti all’involucro, modalità peraltro caratterizzante la maggior parte della cosiddetta “edilizia solarizzata diffusa”. Un aspetto molto importante da considerare e fino ad ora poco analizzato, è il tema della percezione 56 e dell’accettazione di questi sistemi da parte della componente sociale. Essa tende ancora, in molti casi, a mostrare segni di rifiuto o non condivisione verso queste tecnologie, considerandone criticamente solo l’impatto visivo e non i caratteri sostenibili del nuovo involucro più performante e produttore di energia. 54 L’uso diffuso del vetro piano nelle costruzioni è un fenomeno relativamente recente, dovuto alle innovazioni nei procedimenti produttivi di fine ‘800 e alla messa a punto del procedimento della “stiratura” nel 1905; la svolta decisiva si ebbe nel 1959, del processo float da parte di Pilkington per la produzione del vetro piano di qualità elevata in lastre. Del periodo precedente si hanno notizie di applicazioni (rarissime) in alcune terme romane a Pompei, risalenti al I secolo d.C., di applicazioni nelle grandi basiliche gotiche come vetrazioni multicolore e una certa diffusione nel periodo rinascimentale negli edifici delle classi più agiate, grazie anche al lavoro degli artigiani del vetro di Venezia. Nel XVIII secolo con la rivoluzione industriale e l’introduzione del ferro associato al vetro nelle costruzioni, si diffondono le grandi serre per la coltivazione e le grandi costruzioni a galleria, che hanno, come esempio paradigmatico, il Crystal Palace di J. Paxton; cfr. manuale del vetro st. Gobain 55 Sistemi bivalenti: viene associata la produzione energetica alla schermatura dall’irraggiamento solare (es. vetrazioni fotovoltaiche, lamelle frangisole anche orientabili fotovoltaiche); cfr. sotto-sottocap. 2.2.5 56 Dessì V., “Strumenti e metodi di valutazione dell’impatto visivo di tecnologie da fonti energetiche rinnovabili nell’ambiente urbano”, in Scudo G. (a cura di), Tecnologie solari integrate nell’architettura, Milano, Wolters Kluwer, 2013, pp. 87-96 26 Cap. 1 Il concetto di architettura solare 1.3 Il rapporto tra l’abitare e il sole La storia dell’architettura è densa di esempi paradigmatici dell’importanza della risorsa solare applicata all’architettura; essa ha spesso influenzato sia la concezione del singolo edificio che la pianificazione della forma della città. Come detto la risorsa solare rientra nel complesso rapporto tra edificio e ambiente, rapporto che sotto l’aspetto energetico si configura come equilibrio variabile tra due sistemi in continuo interscambio. In ordine generale uno dei primi aspetti da considerare nel progetto dell’involucro è l’analisi del tipo di clima e microclima in cui l’oggetto architettonico viene inserito, individuando come questo possa influenzarne il comportamento energetico. Successivamente dovrà essere attuata una sintesi tra le condizioni ambientali, le tecnologie a disposizione e la forma dell’involucro, valutati nella loro interdipendenza sinergica, in modo tale da generare la massima possibile qualità architettonica e prestazionale. Nella valutazione del rapporto edifico-ambiente un importante riferimento alla macroscala territoriale, rimane ancora oggi la classificazione proposta dal botanico e climatologo tedesco W. Köppen agli inizi del Novecento. Essa si basa sull’esame dei valori delle temperature e delle precipitazioni medie mensili ed annuali; nonché sull’esame della vegetazione spontanea, intesa come espressione sintetica dei parametri climatici. In base a questa classificazione, formata da gruppi principali e sottogruppi secondari che intersecano i primari, si possono distinguere sinteticamente cinque macrozone climatiche: zone A. climi tropicali: equatoriale, monsonico, savana zone B. climi aridi: desertico, steppico zone C. climi temperati (freddo, fresco, caldo): sinico, subtropicale umido, mediterraneo, temperato umido zone D. climi boreali (o temperato freddo): foreste, transiberiano zone E. climi nivali: tundra, glaciale L’Italia nella fattispecie comprende diverse zone climatiche, che rappresentano la complessa orografia e geomorfologia del territorio; l’intervallo relativamente ampio di latitudine, alla cui variazione sono generalmente associate le diverse condizioni climatiche, varia tra i 36° e i 47º di latitudine Nord. 27 Teoria e pratica dell’architettura solare Fig. 1.22: mappa del globo con la suddivisione delle zone climatiche secondo Köppen-Geiger Sotto l’aspetto delle metodologie costruttive, questa classificazione rispecchia il variare del “fattore di reazione” dell’attività umana al variare delle condizioni climatiche, con conseguenze anche importanti sulla strutturazione tecnica e formale dei manufatti. Sotto questo punto di vista le qualità e le quantità caratteristiche di irraggiamento solare sono fondamentali; esse influenzano le tipologie costruttive e i dispositivi di sfruttamento e protezione in base ai fattori di orientamento e al percorso del sole. Diversa infatti è una forte o bassa insolazione in un clima secco o umido, in condizioni di temperatura esterna variabile o costante; queste condizioni particolari influenzano di volta in volta la risposta dell’uomo al particolare contesto ambientale e definiscono forme energeticamente efficienti nella misura in cui riescono a ricreare le migliori condizioni di comfort interno possibili per quel clima. Nei climi freddi la risposta dell’uomo alla prioritaria esigenza di contenere al massimo la dispersione del calore, tenendo conto dei materiali e delle tecniche costruttive a disposizione, ha prodotto forme architettoniche tradizionali molto compatte (rapporto S/V minore), ben isolate e con aperture ridotte al minimo. Ne sono un esempio paradigmatico gli igloo eschimesi o i tabià delle regioni alpine, con le bucature principali orientate a sud, finalizzando la configurazione architettonica alla protezione dai venti dominanti e allo sfruttamento dell’irraggiamento solare. In queste regioni, contestualmente all’avvento delle moderne tecniche di isolamento e dei sistemi di chiusure trasparenti sempre più performanti, l’atteggiamento progettuale nei confronti 28 Cap. 1 Il concetto di architettura solare della risorsa solare ha portato ad aumentare la superficie delle bucature rivolte a sud per incrementare il guadagno termico passivo; parallelamente l’introduzione dei sistemi attivi ha coadiuvato la tipica forte pendenza delle coperture con la minore altezza solare allo zenit, permettendo una certa efficacia nello sfruttamento dell’irraggiamento incidente. L’assetto morfologico-compositivo attuale compartecipa perciò a massimizzare i guadagni solari in maniera sinergica tra sistemi attivi e passivi. All’opposto nei climi caldi e secchi la risposta alla prioritaria esigenza di protezione dal surriscaldamento configura forme più articolate (rapporto S/V maggiore), a grande massa per favorire l’inerzia termica 57 e con bucature ridotte finalizzate in questo caso alla protezione dall’irraggiamento esterno. Allo stesso modo una serie di dispositivi architettonici caratterizzati da formalismi regionali 58 , sfruttano principi fisici e termodinamici universali: ne sono un esempio le torri del vento iraniane (bagdir) o egiziane (malkaf), configurate come elementi di captazione delle masse d’aria in movimento sopra l’edificio in funzione di raffrescamento; oppure le fini geometrie a gelosia caratterizzanti le ridotte bucature architettoniche delle costruzioni tradizionali di alcune regioni nordafricane, finalizzate ad aumentare la ventilazione interna per “effetto Venturi” 59 ; o ancora le semicupole massive dei dammusi di Pantelleria o dei trulli di Alberobello, che accumulano il calore per stratificazione delle masse d’aria nella parte superiore dell’involucro, dissipandolo nelle ore notturne grazie allo sfasamento termico. Tutte queste forme architettoniche, calibrate secondo precise varianti regionali, forniscono efficienti risposte bioclimatiche alle esigenze di comfort espresse in un determinato contesto ambientale e culturale. La risorsa solare in questi climi è vista soprattutto come un fattore da cui difendersi, a parte i rari periodi invernali insolitamente rigidi. Sotto l’aspetto morfologico è interessante l’analisi dei sistemi di protezione che vengono utilizzati, poiché configurano fortemente il linguaggio architettonico e prospettive di suggeriscono soluzioni adattabili anche nei climi temperati. Attualmente sfruttamento in queste intensivo dei regioni si stanno sistemi solari delineando attivi, favorite nuove dall’enorme quantità d’irraggiamento a disposizione; ciò potrebbe rappresentare in un prossimo futuro la 57 L’inerzia termica, legata al concetto di sfasamento, è quella proprietà dei materiali ad elevata massa (densità volumica) di assorbire grandi quantità di calore, per essere poi rilasciate dopo un certo numero di ore (sfasamento orario). Nel caso dei materiali da costruzione, questi si sovraccaricano termicamente durante il giorno e si “scaricano” durante la notte, quando vi è la possibilità di disperdere il calore accumulato verso la volta celeste. La massa degli elementi d’involucro (muri, pavimenti, copertura) rimane dunque relativamente “fredda” nelle ore di massima insolazione diurne e diventa relativamente “calda” nelle ore più fresche notturne. 58 Cfr. Olgyay V., Design with climate, Princeton, Princeton University Press, 1963, 330 pp. (tr.it. Mancuso G., Progettare con il clima - un approccio bioclimatico al regionalismo architettonico, 1981, F. Muzzio, Padova, p. 47-60 59 L'effetto Venturi (o paradosso idrodinamico) è il fenomeno fisico, scoperto e studiato dal fisico italiano Giovanni Battista Venturi (1746–1822), per cui la pressione di una corrente fluida aumenta con il diminuire della velocità. È possibile affermare che ad un aumento della velocità corrisponde una diminuzione della pressione e viceversa, cioè all'aumento della pressione corrisponde una diminuzione della velocità; perciò in prossimità di bucature su parete la velocità delle masse d’aria incidenti aumentano al rimpicciolirsi delle stesse, favorendo la ventilazione degli ambienti retrostanti. 29 Teoria e pratica dell’architettura solare primaria risorsa energetica e conseguentemente economica dei paesi della fascia tropicale ed equatoriale, caratterizzati da una forte dipendenza energetica dall’estero. Questa visione è già stata pianificata e verrà realizzata in fasi successive dal progetto denominato Desertec 60 : esso prevede la costruzione di una rete di distribuzione ad alta efficienza dell’energia prodotta da fonte solare nelle regioni desertiche del mondo. La tecnologia si basa sul particolare sistema attivo a concentrazione solare che surriscalda un fluido fino allo stato di vapore, tale da poter essere utilizzato energeticamente per la conversione in forza meccanica attraverso apposite turbine. Progetto Desertec: concept del progetto (fig. 1.23); localizzazione degli impianti a FER e delle reti di collegamento (fig. 1.24); mappe delle potenzialità delle varie FER (fig. 1.25) Considerando il clima temperato, ricompreso tra i 30° e i 60° di latitudine sia nord che sud, la risposta dell’uomo alle richieste di comfort ha prodotto architetture e sistemi formali di mediazione tra le due precedenti situazioni ambientali. Queste sono variabilmente importanti nel corso dell’anno: condizioni di freddo anche intenso nella stagione invernale e di caldo anche intenso nella situazione estiva. Questa approccio mediato, più complesso dei precedenti, ha influenzato sia gli aspetti morfologicocompositivi che tecnologici dell’architettura, riconfigurando e adattando soluzioni sia dai climi freddi che da quelli caldi. Esempio paradigmatico del rapporto tra l’abitare e il sole in clima temperatomediterraneo è la famosa “casa di Socrate”, descritta dal filosofo ateniese in uno dei suoi 60 Questo progetto è stato sviluppato dalla Trans-Mediterranean Renewable Energy Cooperation (TREC), un’organizzazione volontaria fondata nel 2003 dal Club di Roma e dal National Energy Research Center Jordan, ed è nato da un’idea di Gerhard Knies, un fisico delle particelle tedesco e fondatore stesso della rete di ricercatori TREC. Nel 1986, sull’onda dell’incidente nucleare di Chernobyl, Knies stava cercando una possibile fonte alternativa di energia pulita e arrivò alla seguente importante conclusione: in sole sei ore i deserti mondiali ricevono dal sole una quantità di energia superiore a quanta l’intero genere umano ne consuma in un anno intero. Il progetto, praticamente, prevede una sorta di “globalizzazione” mondiale della produzione energetica da FER e la sua “messa in rete”, basandosi sulla raccolta di energia sostenibile dai siti in cui le fonti rinnovabili sono maggiormente disponibili, ciascuna per propria natura. È previsto l’utilizzo di tutti i tipi di fonti rinnovabili, ma in particolare quella prodotta in tutti i deserti mondiali, grazie alla straordinaria disponibilità di radiazione solare, giocherà un ruolo fondamentale. Il sole giocherà perciò il ruolo da protagonista attraverso la tecnologia a concentrazione solare. Particolare interessante è che l’energia prodotta sarà in grado anche di coprire il fabbisogno di desalinizzazione dell’acqua marina, attraverso un progetto parallelo dedicato, dei paesi coinvolti (generalmente “in via di sviluppo”). L’energia elettrica potrà essere trasportata in Europa mediante cavi a corrente continua ad alta tensione (HVDC High Voltage Direct Current) ultraperformanti, con perdite complessive limitate al 10-15%. (fonte: Desertec Italy) 30 Cap. 1 Il concetto di architettura solare abituali racconti. Egli si trovò a parlare della “dimora più bella e confortevole” in questo dialogo riportato da Senofonte (430-355 a.C.): […] egli (Socrate) era del parere che queste case fossero belle e utili, e a me sembrò che egli ci volesse insegnare come si deve costruirle. Il suo ragionamento era il seguente: se qualcuno volesse costruirsi una casa così come questa dovrebbe essere (secondo le regole), non dovrebbe egli attrezzarla in modo che vi si possa vivere comodamente e con funzionalità? Dopo aver noi approvato quanto egli andava dicendo, continuava: non è una comodità se la casa è fresca in estate e calda in inverno? Dopo aver approvato anche questo, egli continuò: non è forse vero che nelle case esposte a sud il sole penetra in inverno sotto il portico, mentre in estate passa sopra di noi e sopra i tetti in modo da procurarci ombra? Se ci fa comodo che questo avvenga, non dovrebbero le stanze esposte a sud essere più alte affinché il sole invernale non ne sia escluso, mentre quelle sul lato nord più basse affinché i venti freddi non possono nuocere? Detto in breve: questa dovrebbe essere veramente la dimora più bella e più confortevole, in cui sentirsi a proprio agio in tutte le stagioni e in cui vivere più al sicuro. 61 In questo passo sono condensati alcuni dei principi basilari dell’architettura solare passiva nei climi temperati, nella fattispecie mediterranei: massima apertura verso sud per il maggiore guadagno solare invernale (casa calda), enfatizzata anche nella spazialità interna e massima protezione dall’irraggiamento solare nella stagione estiva (casa fresca) attraverso la schermatura del portico. Le strategie adottate per questo “concetto-forma” archetipico, possono essere sintetizzate come: strategie in regime invernale L’andamento della copertura ascendente e lo svasamento della pianta entrambi verso sud, amplia la superficie captante disponibile verso il fronte più performante Il sole, con l’angolo zenitale minore invernale, irraggerà lo spazio interno riscaldando ed illuminando in modo ottimale l’ambiente interno principale le pesanti pareti massicce e il pavimento di pietra colpite dalla radiazione solare durante il giorno continueranno, per l’effetto dell’inerzia termica, ad emettere calore anche nelle ore notturne. Il fronte nord, più esposto ai venti freddi e non irraggiato, presenta la minore superficie disperdente possibile e configura una piccola bucatura d’illuminazione per uno spazio filtro, destinato a deposito; strategie in regime estivo Il portico a sud scherma l’irraggiamento solare, che d’estate presenta l’angolo zenitale maggiore, impedendo ai raggi di penetrare nell’ambiente interno 61 Senofonte, Memorabili, a cura di Santoni A., BUR, Milano, 1997 31 Teoria e pratica dell’architettura solare Le spesse masse dei muri e del pavimento, non colpite dall’irraggiamento, funzionano come compensatori termici, assorbendo il calore di giorno per rilasciarlo di notte, quando la temperatura si abbassa L’assenza di bucature sui fronti est ed ovest e la ridotta apertura sul fronte nord impediscono ai raggi solari più bassi di penetrare all’interno, evitando così di surriscaldare l’ambiente Fig. 1.26 La “casa di Socrate”: strategie solari evidenziate in pianta e in sezione Questa forma archetipica trapezoidale di apertura in pianta e in sezione verso il sole è riscontrabile anche in progetti recenti di architettura solare; come nel caso dell’edificio sperimentale Ourobouros degli anni ’70 sviluppato dalla School of Architecture and Landscape dell’Università del Minnesota 62 o del complesso residenziale in Sagedergasse a Vienna di G.W. Reinberg 63 del 1999. Il prototipo americano enfatizza il concetto di apertura spaziale verso sud sia nella pianta che nell’alzato, con il fronte a mezzogiorno inclinato al fine della massima captazione solare sia attiva che passiva; nei fronti minori nord, est e ovest viene applicata la strategia della minima dispersione termica evidenziata dal riporto del terreno utilizzato come isolamento termico sulle pareti esterne. Nel realizzazione viennese l’elemento emergente della serra solare, ripetuto per ogni unità abitativa, rende possibile lo sfruttamento passivo anche in presenza di un assetto non ottimale dell’edificio, orientato secondo l’asse nord-sud; anche in questo caso è evidente il fine della massima captazione della serra solare, organizzata morfologicamente in forma trapezoidale come elemento di connotazione di tutta la composizione volumetrica dell’edificio. Una grande monofalda attiva chiude a nord il blocco edilizio, integrando gli elementi di produzione fotovoltaica. 62 63 Del Signore G., Ponsi A., op. cit., pp. 119-120 Scarano R., Piemontese A., op. cit., pp. 309-314; Siragusa L., op. cit., p. 271-280 32 Cap. 1 Il concetto di architettura solare Prototipo della casa solare Ourobouros: pianta (fig. 1.27) e sezione (fig. 1.28). Questo prototipo integra la produzione del solare termico, della fonte eolica, della fermentazione dei rifiuti organici e la coibentazione termica sul lato nord data dalla particolare conformazione terreno-edificio Edificio residenziale in Sagedergasse a Vienna (G.W. Reinberg, 1998): fronte est (fig. 1.29) e assonometria (fig. 1.30) Tra i dispositivi di sfruttamento di tipo passivo applicabili all’involucro edilizio la serra solare è sicuramente quello che ha avuto la maggiore diffusione, oltre a rappresentare un elemento di figurazione compositiva molto importante. Ideata nei paesi del centro e nord Europa (XVII secolo) per usi legati alla coltivazione di agrumi, viene poi successivamente utilizzata anche in ambito residenziale come giardino d’inverno o come riferimento per alcuni grandi edifici collettivi, tra i quali il Crystal Palace di Joseph Paxton rimane il riferimento più conosciuto. Il principio di guadagno termico su cui si basa è il medesimo che regola la vita sul nostro pianeta e prende il nome di “effetto serra”. La radiazione solare colpendo una superficie vetrata penetra in una certa misura all’interno dell’ambiente confinato. Il vetro è un materiale trasparente alle onde corte della radiazione (range del visibile), ma risulta opaco, allo stesso modo dei gas serra contenuti nella nostra atmosfera, alle onde lunghe tipiche del range dell’infrarosso; queste sono responsabili dell’energia termica che il sole 33 Teoria e pratica dell’architettura solare ci trasmette 64 e vengono assorbite dagli oggetti e dai materiali contenuti all’interno della serra che funzionano da masse di accumulo termico. Queste onde vengono riemesse lentamente nell’ambiente sottoforma di radiazioni infrarosse (calore); il vetro risultando ad esse opaco le “intrappola” nello serra che conseguentemente aumenta di temperatura. Lo spazio interno così surriscaldato scambia energia termica con gli ambienti confinanti, contribuendo ad una percentuale del fabbisogno energetico dell’involucro. Sotto l’aspetto della configurazione formale la serra solare può essere considerata come elemento aggiunto o essere più o meno integrata spazialmente nell’involucro. Alcuni progetti mostrano il tema della serra che diventa l’involucro-edificio stesso, come nel caso della Wohnhaus a Regensburg (Ratisbona, Germania) del 1979. Thomas Herzog, autore del progetto e uno dei maggiori artefici dell’architettura solare contemporanea, ha ideato un involucro dove il concept formale ed energetico coincidono. La serra diventa allo stesso tempo elemento figurativo e di controllo ambientale, concepita per il massimo sfruttamento passivo della radiazione solare. Lo stesso Herzog, descrivendo il progetto in una intervista, afferma […] era nato qualcosa che non si sapeva bene come fosse fatta e che era strettamente e causalmente legata, in modo del tutto innovativo, al tema dell’energia solare. Il tentativo di raggiungere in questo contesto un alto livello architettonico ebbe un grande consenso: era quella la vera sfida innovativa. Fino ad allora questo tema era necessariamente collegato all’idea di abbruttimento dell’architettura, di produzione di oggetti edilizi caratterizzati da sistemi tecnologici brutalmente appiccicati in copertura o in facciata, senza alcun cambiamento per l’organismo edilizio. […] Venne fuori così un parallelepipedo distorto lungo la diagonale verso nord-sud; anche questa è una semplice costruzione in legno, con la quale si trattava di organizzare la struttura interna della casa diversamente dal solito, affinché le diverse stanze potessero orientarsi tutte verso un lato vetrato esposto a sud senza che vi fossero inconvenienti per l’utilizzo […] 65 Da questo passaggio si evidenziano due concetti fondamentali: il tema energetico solare si reinventa come nuova opportunità architettonica non più solo come applique tecnologica; la tipologia stessa della casa unifamiliare adatta le sue regole distributive a nuove logiche di orientamento e di sfruttamento solare passivo. Questo progetto, come del resto quasi tutta la produzione di Herzog, è un passaggio importante nel definire come lo sfruttamento della risorsa solare possa aspirare a diventare un tema importante del linguaggio architettonico contemporaneo. 64 65 Cfr., Guzzi R., Manuale di climatologia, Muzzio, Padova, 1981, p. 70-74, 104-106 Intervista a Thomas Herzog in “Modulo”, n. 259 (2000), BE-MA, Milano 34 Cap. 1 Il concetto di architettura solare Wohnhaus in Regensburg (T. Herzog, 1977-79): dettaglio della vista sud (fig. 1.31), vista est (fig. 1.32) e dettaglio della vista nord (fig. 1.33) Wohnhaus in Regensburg: assonometria strutturale (fig. 1.34) e concept energetico (fig. 1.35) Un altro esempio paradigmatico del concetto edifico-serra, lo si può ritrovare nel progetto di concorso per la Solarhaus a Landstuhl di Oswald Mathias Ungers; anche in questo caso la struttura della serra incorpora completamente l’involucro architettonico e ne diventa lo spazio di regolazione bioclimatica. Il tema dell’incorporazione, della casa dentro la casa, 66 si configura come la successione di tre nuclei materico-concettuali: l’involucro interno (la casa di pietra) più solido e massiccio definisce la sfera privata e configura lo spazio abitabile; il successivo (la casa di vetro/serra solare) accumula il calore; il terzo (naturhaus, la casa della natura) è lo spazio della loggia definita da una sovrastruttura lignea ricoperta di vegetazione e il giardino circostante. Nella concezione energetica la “casa di pietra” funge da accumulatore di calore, generato dalla “casa di 66 Si veda anche il progetto per il Deutsche Architekturmuseum a Francoforte, cfr. Ungers O.M., Architettura come tema, Electa, Milano, 1982, pp. 58-67 35 Teoria e pratica dell’architettura solare vetro” per effetto serra nella stagione invernale; la “casa della natura” funge da elemento di mitigazione del surriscaldamento nella stagione estiva. Le massicce pareti dell’involucro interno, riscaldate durante il giorno, rilasciano il calore per effetto dell’inerzia termica durante la notte, contribuendo al mantenimento delle condizioni di comfort della casa. La serra solare diventa il principale elemento di caratterizzazione del progetto che utilizza un principio bioclimatico come tema progettuale. Assonometria (fig. 1.36) e sezione di progetto (fig. 1.37) per la solarhaus a Landstühl (progetto di concorso, O.M. Ungers) Il rapporto mediato sfruttamento-protezione della risorsa solare è un elemento ricorrente nell’architettura delle zone a clima temperato. Ne sono un esempio anche le case a corte delle classi agiate della Roma imperiale; in esse il manufatto abitativo reagiva in maniera paritetica alle sollecitazioni sia dei freddi ed umidi inverni, che delle calde ed assolate estati dell’Italia centrale. La soluzione tipologica ricorrente prevedeva un manufatto sempre introverso chiuso dentro alle mura perimetrali, che definivano il confine con la strada e affacciavano le poche e ridotte bucature degli ambienti di servizio; tipologicamente la casa di apriva su di una corte centrale sulla quale affacciavano tutti gli ambienti principali. La corte risulta sempre porticata per impedire alla radiazione estiva, alta allo zenit, di penetrare negli ambienti e consentire invece l’ingresso dei bassi raggi solari d’inverno. La presenza di vegetazione e di specchi d’acqua nella corte concorrono a mitigare la calura estiva per effetto dell’evapotraspirazione. È ben noto che ai tempi non esistevano i vetri 67 , per cui gli unici accorgimenti di controllo bioclimatico passivo a disposizione, erano il corretto orientamento, l’uso dei materiali e la calibrazione delle bucature, disposte perlopiù in ragione di protezione dai venti dominanti. 67 Se non per alcune sporadiche applicazioni nelle terme pubbliche più importanti, in funzione di contenimento delle dispersioni termiche e di protezione dal vento 36 Cap. 1 Il concetto di architettura solare Anche e soprattutto nel caso dell’edilizia popolare il regionalismo architettonico 68 ha prodotto dispositivi bioclimatici che adattassero le forma costruita alle esigenze climatiche locali, sempre in equilibrio mediato tra esigenze di guadagno energetico e di protezione. Ne sono un esempio gli edifici rurali della pianura padana, sintesi dell’utilizzo di tecniche costruttive povere ed ingegno umano, dove alcuni semplici concetti bioclimatici ben applicati e tramandati di generazione in generazione, hanno creato per secoli quel minimo di comfort possibile nei confronti del clima locale, in rapporto alle scarse possibilità tecnico-economiche dei contadini del tempo. Generalmente l’edificio rurale a destinazione mista, cioè che comprendeva sia l’abitazione che la stalla e il fienile, si sviluppava lungo l’asse est-ovest con una struttura tripartita; uno spazio porticato aperto verso sud e chiuso verso nord di notevole volume 69 , divideva la parte destinata all’abitazione vera e propria dalla stalla con il soprastante fienile. Contestualmente una muratura “tagliafuoco” strutturale a due teste saliva fino in copertura, limitando il propagarsi del fuoco dal fienile (più a rischio) verso la parte abitativa o anche viceversa. La spazialità della “porta morta” fungeva anche da luogo di relazione esterno riparato, consentendo d’inverno ai raggi solari, bassi allo zenit, di penetrare all’interno e riscaldare le masse murarie in laterizio (buon accumulatore di calore) sia dell’abitazione che della stalla-fienile. All’opposto in estate, col sole alto, fungeva da luogo riparato dall’irraggiamento diretto, con una ventilazione incrociata innescata, per effetto Venturi, dalle ridotte aperture sul lato nord. Lo stesso effetto è riscontrabile nelle bucature dei fienili, caratterizzate dalle tipiche “gelosie” di ventilazione sulla muratura ad una testa, previste in funzione di essiccamento del fieno contenuto. Le strutture della stalla e dell’abitazione, più massiva in muratura a due teste, possedevano invece una maggiore inerzia termica sfasando l’onda termica verso le ore serali in cui era più semplice dissipare il calore verso l’esterno. Spesso nelle ristrutturazioni attuali di questo tipo edilizio rurale, più o meno conservative dei caratteri tipologico-costruttivi originari, il funzionamento bioclimatico della “porta morta” viene spesso arbitrariamente modificato attraverso una chiusura vetrata, che, se da un lato apporta notevoli incrementi di guadagno termico invernale, dall’altro crea diversi problemi di surriscaldamento in fase estiva, mancando la necessaria schermatura di protezione solare superiore. Attualmente il dualismo sfruttamento-protezione solare, tipico delle architetture in clima temperato, si è ulteriormente sviluppato grazie all’introduzione dei sistemi attivi; l’integrazione consapevole di questi strumenti nella strutturazione di involucri sempre 68 Olgyay V., op. cit., pp. 47-60 Definita comunemente “porta morta”; questo spazio alto spesso un piano e mezzo, fungeva da ricovero per i carri e gli attrezzi da lavoro dei campi, oltre che da spazio di relazione esterno riparato. Cfr. Zappavigna P., Forme insediative e territorio nell’area parmense, in Mambriani A., Zappavigna P. (a cura di), Edilizia rurale e territorio. Analisi, metodi, progetti, Mattioli 1885, Parma, 2004, pp. 197-199 69 37 Teoria e pratica dell’architettura solare meno energivori sancisce di fatto una nuova alleanza tra uomo e natura 70 , configurando la risorsa solare come nuovo paradigma del costruire sostenibile. Fig. 1.38: caratteristiche del modello insediativo del tipo a “corte aperta” nel delta del Po; fig. 1.39: casa colonica nel parmense con porta morta e portico affiancato 1.4 La questione dell’orientamento della città e degli edifici L’orientamento della matrice viaria e conseguentemente la disposizione degli aggregati urbani nei confronti del sole hanno caratterizzato la forma urbana di alcuni insediamenti dell’antichità, come ad esempio le città greche di Mileto, Olinto e Priene. In esse il reticolo ortogonale era organizzato per isolati rettangolari disposti secondo l’asse estovest, funzionale all’ottenimento della maggiore superficie edilizia esposta a sud 71 . Tuttavia questa non è stata l’unica regola utilizzata poiché venivano considerate anche altre questioni, parimenti importanti, nel dare forma e orientamento alla città: l’esigenza prioritaria di salubritas della popolazione da insediarsi; l’adattamento alle condizioni geomorfologiche del luogo; le esigenze difensive e l’accesso alla risorsa idrica dovuto alla vicinanza di fiumi o torrenti. Le città di fondazione romane infatti, contraddicendo a quanto teorizzato successivamente da Vitruvio, venivano costruite spesso in posizioni pianeggianti e poco salubri; esse però risultavano strategiche dal punto di vista militare e commerciale, localizzate com’erano sui nuovi assi viari in costruzione, diversamente dalle città etrusche strutturate sempre in posizioni dominanti sulle vallate. Si pensi all’esempio di Florentia (Firenze) costruita in riva all’Arno, a rischio continuo di inondazione, con un clima caldo e umido, spesso asfissiante d’estate per la sua posizione stretta in una conca, ma con il vantaggio di essere un crocevia di tre 70 Cfr. Piemontese A., Scarano R., Energia solare e architettura, il fotovoltaico tra sostenibilità e nuovi linguaggi, Gangemi, Roma, 2003, p. 7-9 71 Butera F.M., Dalla caverna alla casa ecologica – storia del comfort e dell’energia, Milano, Edizioni Ambiente, 2007, p. 21 38 Cap. 1 Il concetto di architettura solare importanti arterie; la vicina Faesulae (Fiesole) etrusca venne invece edificata sopra una collina alta trecento metri a nord di Firenze in posizione dominante sulla vallata dell’Arno. Altri esempi significativi sono le città di fondazione lungo la via Emilia che presentano un orientamento della griglia urbana molto simile, adattandosi alla direzione della via stessa, cioè sud/est-nord/ovest con una rotazione di circa 28° rispetto all’asse est-ovest (Imola, Faenza, Forlì, Forlimpopoli). Piante delle antiche città greche di Mileto (fig. 1.40), Priene (fig. 1.41) e Olinto (fig. 1.42) con i reticoli urbani orientati secondo l’asse est-ovest Isolato tipico di Olinto rappresentato in planimetria (fig. 1.43) e assonometria (fig. 1.44): è evidente la configurazione dei volumi edilizi in funzione del guadagno solare; le 10 case che costituivano l’isolato erano sempre organizzate attorno ad una corte aperta sul lato sud Vitruvio nel I libro del De architectura enuncia alcuni principi fondamentali da considerare per le città di fondazione, affermando: Prima di segnare le mura di una città si dovrà scegliere luogo di ottima aria. E questa si avrà, se sarà alto, non nebbioso, né brinoso, e riguardante gli aspetti del cielo né caldi, ne freddi, ma temperati: e oltre ciò se sarà lontano dai luoghi paludosi […] Fatto che sarà il giro delle mura, resta da farsi la distribuzione del suolo di dentro, e la propria direzione delle strade e dei vicoli, secondo i giusti aspetti del cielo. Sarà propria la direzione, se si penserà ad escludere dai vicoli i venti; i quali se sono freddi, offendono; se caldi, viziano; se umidi, nuocciono. Onde si deve sfuggire questo difetto, e porre mente che non succeda quel che suole accadere in molti paesi: fra questi è la città di Mitilene nell’isola di Lesbo, la quale è fabbricata con magnificenza e 39 Teoria e pratica dell’architettura solare bellezza, ma non è situata con giudizio. Quando soffia l’Austro, la gente si ammala: quando Maestro, tossono: colla Tramontana si ristabiliscono: ma nei vicoli e nelle strade non si può resistere per la veemenza del freddo. 72 Fig. 1.45 L’orientamento ideale del reticolo ortogonale urbano secondo Vitruvio: una rotazione di 22.5° rispetto ai punti cardinali finalizzata al contrasto dei principali venti Altri studiosi come Bardet 73 giunsero alla conclusione che «il cardo degli accampamenti romani non si scostava mai di più di 30° dall’asse nord-sud» 74 , teoria supportata anche dal Vinaccia 75 . Un passaggio fondamentale sulla questione del giusto orientamento della città nei confronti della risorsa solare si deve a Ildefonso Cerdà. Nel 1860 egli presenta il piano di ampliamento (Eixample) di Barcellona, deciso dopo la demolizione dell’antica cinta muraria nel 1854, strutturando un reticolo ortogonale formato da isolati di 113,3 metri di lato smussati negli angoli per favorire la circolazione stradale. L’idea portante è che la radiazione solare deve poter raggiungere la percentuale maggiore di superfici verticali degli edifici, in modo tale da garantire al maggior numero di alloggi possibile i benefici dati dall’irraggiamento solare. Per questo ruota di 45° la griglia di base rispetto all’asse nord-sud, imponendo una sorta di perequazione solare del disegno urbano. Inizialmente prevede edifici di altezza massima di 16 metri e strade larghe 20, in modo tale che non vi siano ombre portate per la maggior parte dell’anno; prevede inoltre l’aggregabilità, non compiuta, di più isolati a formare sistemi a corte a quattro moduli o a due moduli passanti; questo per consentire occasioni di aggregazione sociale, maggior irraggiamento solare e favorire la ventilazione naturale. Successivamente però la pressione speculativa gli impone una densificazione del progetto iniziale, facendogli escogitare una soluzione con 3 piani aggiuntivi degradanti verso la strada per limitare al massimo le ombre portate ai fronti prospicienti. 72 73 74 75 Vitruvio Pollione M., Dell’architettura, 1854, cit. in Butera F., op. cit. , p. 31, nota 4 Bardet G., Le facteur soleil en urbanisme , Technique et architecture, 7-8, 1945, pp. 202-206 ; Olgyay V., op.cit., p. 98 Vinaccia G., op. cit., pp. 228-236 40 Cap. 1 Il concetto di architettura solare Fig. 1.46: vista aerea dell’Eixample; fig. 1.47: progetto di quattro isolati con l’indicazione dell’orientamento nord-sud esattamente in asse con la diagonale degli isolati; fig. 1.48: l’attacco dell’ampliamento alla città vecchia e alcune tipologie di isolati “passanti” poi non realizzati Nel 1913 Rey, Pidoux, Bardet presentano al Congrès International et exposition comparèe des villes di Ghent la loro teoria sull’asse eliotermico 76 : questa prevede di orientare una superficie verticale a 19° a est dell’asse nord-sud per avere i maggiori benefici in termini di insolazione e temperatura ambientale sui due fronti principali dell’edificio. Già nel 1931 Felix Marboutin 77 stabilisce il concetto, fondamentale per le caratteristiche dell’architettura solare e tuttora attualissimo nelle più recenti realizzazioni, che la migliore orientazione sia quella perfettamente a sud poiché la superficie verticale dell’edificio riceve la maggiore insolazione nel momento del massimo bisogno (inverno) e minore quando invece se ne deve proteggere (estate). Nel secolo scorso Gaetano Vinaccia è stato tra i maggiori studiosi e sostenitori dell’importanza dell’orientamento nei tracciati delle città rispetto dell’irraggiamento solare. Nel libro Il corso del sole in urbanistica e edilizia ai 78 benefici definendo l’urbanistica moderna afferma: “Questa scienza è quella che presiede alla traccia del solco primigenio. Essa al di sopra di ogni interesse personale, di ogni mercantilismo, con occhio lungimirante mette le basi dello sviluppo futuro della città, fissando le norme comuni del sano e saggio edificare […] Scienza vasta, dove la fantasia può confinare con l’arbitrio se non le si fissa un programma razionale scientifico quale è quello dell’insolazione […] 79 Per la “scienza dell’urbanismo” 80 rivendica un ruolo primario nell’economia generale dello sfruttamento solare, sia per gli effetti termici sugli edifici che per la salubrità dell’ambiente di vita dell’uomo. Ricollegandosi alle teorie di Vitruvio, come Bardet, cerca 76 Rey A., Pidoux J., Bardet G., “La ville salubre de l’avenir: principes scientifiques d’orientation des voies publiques et des habitations”, in Congrès International et exposition comparèe des villes , Ghent : Rapport, 1913, pp. 217-224 77 Marboutin F., “L’actinometre et l’orientation des rue et des façades”, in la Technique sanitaire et municipale, n. 3 (1931), pp. 60-67; n. 4 (1931), pp. 83-90; n. 5 (1931), pp. 98-105; n. 6 (1931), pp. 126-131, in bibliografia Olgyay V., op. cit., p. 321 78 Vinaccia G., op. cit., parte IV, cap. I e II 79 ibidem, p. 191 80 ivi 41 Teoria e pratica dell’architettura solare di individuare nell’orientamento delle 81 regole precise, supportate da ragioni di eliotermia, delle strutture urbane storiche di alcune città italiane, derivanti dall’analisi dei reticoli romani originari. Nella sue ricerche inoltre anticipa un problema fondamentale del diritto (o accesso) al sole, dibattuto tuttora, definito come qualità dell’edificato di non portarsi ombre a vicenda, soprattutto negli affacci meno favorevolmente orientati; per fare questo evidenzia la questione del rapporto tra altezza degli edifici, larghezza della sezione stradale e suo orientamento, come strumento di controllo del corretto accesso al sole. Come già accennato in precedenza 82 , giunge a teorizzare scientificamente la “perequazione dell’insolazione delle facciate” 83 non più solamente su due ma su tutti e quattro i fronti verticali di un edificio, attraverso la definizione dell’”asse equisolare”. La volontà era di garantire anche alle esposizioni meno favorevoli a settentrione, caso frequente delle tipologie in linea a doppio corpo, quella “minima insolazione” nella stagione invernale. Fig. 1.49: pianta di Torino con evidenziato il reticolo dell’antica Augusta Taurinorum ruotato di 27°30’ rispetto all’asse nord-sud; fig. 1.50: schema dell’asse equisolare, ruotato di 32° dall’asse est-ovest; fig. 1.51: esempio di “corretta” disposizione di edifici alti (stellari) su di un tracciato stradale ortogonale Tra il 1944 e il 1945 altri studiosi come Hilberseimer 84 , Bardet 85 e Lebreton 86 confermano l’orientazione sud come esposizione migliore per le pareti verticali di un edificio. Hilberseimer giudica gli orientamenti a est e a ovest come i meno vantaggiosi e considera accettabile lo scostamento a sud-est e sud-ovest dei fronti di un unico organismo edilizio, senza però definirlo numericamente; Bardet consente una tolleranza rispetto al sud pieno di 30° sia verso est che verso ovest, ricollegandosi anche alle sue conclusioni sull’orientazione delle città di fondazione romane; Lebreton specifica come sia ideale una rotazione di 25° verso est dall’asse nord-sud per ottenere i massimi benefici dall’insolazione. 81 82 83 84 85 86 deviazione di circa 30° verso est rispetto all’asse nord-sud Cfr sottocapitolo 1.3 Vinaccia G., op cit., p. 201 Cfr. Hilberseimer L., The new city: principles of planning, Theobald, Chicago, 1944 Cfr. Bardet G., “Le facteur soleil en urbanisme”, in Technique et architecture, n. 7-8 (1945), pp. 202-206 Cfr. Lebreton J., La citè naturelle, Dupont, Paris, 1945 42 Cap. 1 Il concetto di architettura solare La questione dell’orientamento delle città e degli edifici, dopo il grande interesse di inizio del secolo scorso, trova un nuovo impulso negli anni ’60 grazie alle ricerche dei fratelli Olgyay. Essi arrivano a definire dei modelli d’insediamento sostenibili, proponendo esempi di aggregati urbani nelle diverse situazioni climatiche basati sulla corretta orientazione e l’interdipendenza rispetto al sole degli edifici. Fig. 1.52: V. Olgyay: diagramma della radiazione annuale sulle superfici verticali al variare dell’orientamento; fig. 1.53: orientazione solare ottimale per New York (latitudine 40°N), rotazione di 17.5° verso est dall’asse nord-sud; fig. 1.54: orientazione solare ottimale per Phoenix (latitudine 33°N), rotazione di 25° verso est dall’asse nord-sud Le prassi di progettazione ambientale che gli Olgyay individuano si basano sulle sperimentazioni scientifiche condotte, tramite anche strumentazioni all’avanguardia, all’università di Princeton. Arrivano perciò a individuare scientificamente il migliore orientamento e la migliore configurazione tipologica di base su cui impostare l’edificato alle diverse latitudini, in base ai dati di radiazione media solare incidente sui vari fronti verticali e la temperatura percepita. A tal proposito affermano: L’importanza del calore solare varierà […] in funzione delle regioni e delle stagioni. In condizioni fredde, il suo apporto addizionale è benvenuto e un edificio dovrebbe essere disposto in modo da ricevere la massima insolazione possibile, mentre in condizioni di caldo eccessivo l’orientazione del medesimo edificio dovrebbe ridurre notevolmente l’effetto della radiazione solare. […] queste due condizioni possono essere definite come i periodi sottoriscaldato e surriscaldato dell’anno. L’orientazione ottimale per un determinato sito dovrebbe dare la massima insolazione durante il periodo sottoriscaldato e allo stesso temo ridurre al minimo l’insolazione nel periodo surriscaldato. 87 Nel passaggio si evidenziano alcuni aspetti fondamentali per l’architettura solare: l’assoluta importanza di analizzare il sito in cui si interviene; l’analisi del problema del comfort nei due periodi critici fondamentali 88 (sottoriscaldato e surriscaldato); la ricerca 87 Olgyay V., op. cit., p. 100 Il periodo surriscaldato viene considerato dal 7 giugno al 7 settembre circa; il periodo sottoriscaldato dal 7 dicembre al 7 marzo circa; cfr. Olgyay V., op. cit., p. 101 88 43 Teoria e pratica dell’architettura solare dell’orientazione che massimizzi l’efficacia della radiazione solare in equilibrio tra massimo guadagno e massima protezione nei due periodi critici. Fig. 1.55: orientazione ottimale nelle diverse zone climatiche in rapporto alla tipologia edilizia Sul finire degli anni ’70 del secolo scorso Edward Mazria riprende e sviluppa le teorie dei fratelli Olgyay. Probabilmente per maggior chiarezza e comunicabilità dei patterns che andava enunciando 89 tralascia gli adattamenti specifici alle varie latitudini e ripropone più semplicemente la tesi dell’orientamento migliore al sud perfetto 90 , con la condizione però di “allungare” sempre l’edificio secondo l’asse est-ovest. Specifica chiaramente che le suddette indicazioni sono valide «per tutti i climi». 91 Riflette inoltre «sull’entità dell’allungamento ottimale» 92 dell’edificio in base al tipo di clima: in situazione estrema (clima torrido o freddo) è conveniente un edificio più compatto (rapporto S/V minore); in clima temperato è consigliabile una forma più allungata (rapporto S/V maggiore) con la disposizione di tutti gli ambienti principali sul lato sud e la disposizione degli spazi secondari sul lato nord a fare da cuscinetto. 89 90 91 92 Mazria E., op. cit., pp. 76-226 Ricollegandosi perciò alle deduzioni di Marboutin del 1931 (cfr. nota 69) Mazria E., op. cit., p. 81 Ivi, p. 83 44 Cap. 1 Il concetto di architettura solare Egli ammette che una rotazione di ±30° dell’asse dell’edificio rispetto al sud perfetto non comporta grosse perdite nel guadagno solare passivo. Riporta anche delle interessanti indicazioni operative sulla profondità massima degli ambienti rivolti a sud, per poter efficacemente beneficiare del guadagno termico e dell’illuminazione naturale; questi dovranno essere da due a due volte e mezzo l’altezza delle finestre da pavimento: «[…] per un’altezza media delle finestre di 2 metri, ciò significa una profondità massima dello spazio da 4 a 5 metri. Per i sistemi a muro solare e a serra addossata, la profondità delle stanze va considerata da 4.5 a 6 metri». 93 Come strategia per il fronte nord indica delle soluzioni interessanti per limitare la dispersione termica e le ombre portate dall’edificio in inverno sul terreno retrostante, consigliando di limitare l’altezza del fronte o di configurare la falda di copertura esattamente con l’angolo di pendenza del sole al solstizio invernale. Per aumentare la luce diffusa tipica degli ambienti esposti a nord propone delle barriere in luce distanti dall’edificio di colore chiaro, con la doppia funzione di riflettere la luce all’interno degli ambienti e di proteggere l’edificio dai freddi venti dominanti invernali. 94 Fig. 1.56: ombre portate sul lato nord da un edificio in base alla conformazione del terreno 93 94 Mazria E., op. cit., p. 84 Ivi, p. 85-88 45 Teoria e pratica dell’architettura solare Fig. 1.57: rappresentazione dell’intensità della radiazione solare in rapporto alla latitudine e ai fronti orientati In conclusione anche le tendenze attuali mostrano come le recenti realizzazioni assecondino gli assunti precedentemente espressi. L’orientazione privilegiata 95 del fronte principale rimane quella a sud, con tolleranze di rotazione entro l’ordine dei ±30° rispetto all’asse nord-sud. Le configurazioni edilizie sono allungate secondo l’asse est-ovest e presentano spesso una tipologia a corpo unico 96 , con l’alloggio disposto in doppio affaccio a sud e nord. Progetti recenti, come ad esempio il quartiere Solar Siedlung a Friburgo (R. Disch, 2003), il quartiere Gneis Moos a Salisburgo (G.W. Reinberg, 2000), il quartiere BedZed a Londra (B. Dunster, 2002), Solarcity a Linz (Herzog, Foster, Rogers, 2005), mostrano chiaramente come lo sforzo progettuale converga verso orientazioni e forme che privilegiano l’affaccio a sud per il reperimento della maggior superficie possibile dei fronti 95 Per latitudini comprese tra 32-56° emisfero boreale o australe invertendo il sud con il nord come orientazione privilegiata; cfr. Mazria E., op. cit., p. 82 96 Bottero et al., op. cit., p. 159 46 Cap. 1 Il concetto di architettura solare verticali, alternando spesso blocchi nord-sud con soluzioni architettoniche particolari per la captazione solare. È logico che la città nella sua complessità non possa essere uniformemente orientata secondo le direzioni più favorevoli alla captazione solare; porre comunque come prioritaria la logica dell’accesso al sole negli strumenti della pianificazione urbana, anche dei tessuti consolidati, potrebbe rivelarsi una risorsa importante negli attuali processi di rigenerazione urbana e riduzione globale del fabbisogno energetico delle città. 1.5 Prototipo e progetto: dalle prime sperimentazioni attive alla grande crisi energetica degli anni ’70 (1930-1973) Se l’utilizzo in architettura della radiazione solare nell’accezione passiva è antica come la storia dell’abitare, quella attiva ha una storia relativamente recente che si può fare risalire agli inizi degli anni ’30 del secolo scorso. Considerando un aspetto particolare della definizione di architettura solare attiva, cioè l’utilizzo di impianti per lo sfruttamento della radiazione solare ma a fini passivi, sono sicuramente da citare le esperienze italiane sugli edifici rotanti, condotte da Angelo Invernizzi nel progetto e nella costruzione della casa detta “il Girasole” del 1930-‘35 e da Pier Luigi Nervi nel progetto per una casa girevole del 1934. Questi edifici, come moderni inseguitori solari 97 , sfruttano la lenta rotazione 98 di origine meccanica per massimizzare gli effetti dell’insolazione sulle superfici vetrate o, al contrario, mitigarli in fase estiva. Per la casa “il Girasole”, situata a Marcellise nel veronese e alla quale da un contributo importante per la progettazione l’architetto Ettore Fagiuoli, Mauro Bertagnin 99 evidenzia un approccio diverso al sistema attivo impiantistico affermando: L’edificio […] trascurando la strada tradizionale della macchina che riscalda, o raffredda i vani, affronta un nuovo indirizzo, studia la macchina che, muovendo l’edificio, introduce una seconda dimensione temporale nella sua esposizione agli agenti della natura. Come affacciare 97 Cfr. un esempio contemporaneo di casa rotante, che sicuramente ha preso spunto dalla casa “il Girasole” di Invernizzi, è il progetto Heliotrop® (R. Disch, Friburgo, 1994), nome derivato dall’eliotropismo cioè la capacità di alcune piante, stimolate dall’irraggiamento del sole, di seguirne la direzione come appunto il girasole. In questo caso l’edificio tedesco, al vantaggio di massimizzare i guadagni solari di tipo passivo grazie alle ampie vetrate, somma anche la produzione fotovoltaica della grande pannellatura di copertura; questa, inseguendo il sole, assicura la massima produzione energetica possibile durante tutto l’arco della giornata. L’edificio inoltre viene definito da Disch come il primo esempio di Plusenergiehaus®, cioè “edificio attivo” (in termini di bilancio energetico), capace cioè di produrre più energia di quella che consuma. 98 Per la casa “il Girasole” sono necessarie 9 ore e 20 minuti per compiere la rotazione completa di 360°, cioè la durata all’incirca dell’insolazione al solstizio d’inverno (condizione più sfavorevole); Bertagnin al proposito (op. cit., p. 108) ipotizza una precisa volontà di Invernizzi di far coincidere le due fasi temporali, sfruttando al massimo l’irraggiamento solare ed evitando al contempo situazioni di disagio all’interno dell’edificio dovute al suo movimento (ridotto a soli 4 mm/sec nel cerchio di rotazione periferico). 99 Bertagnin M., “Case girevoli e architettura solare”, in Bertagnin M., Pietrogrande E., La salubrità dell’abitare, Gorizia, Edicom, 2002 47 Teoria e pratica dell’architettura solare al sole gli ambienti interni significa dare un contributo al loro riscaldamento, così rivolgerli all’ombra vuol dire raffrescarli. 100 In questo modo è l’edificio che perde la sua caratteristica intrinseca dell’immobilità per diventare esso stesso regolatore bioclimatico in funzione del variare delle condizioni esterne ambientali. In questo particolare caso vengono sperimentate anche soluzioni innovative impiantistiche legate alle connessioni degli stessi tra la parte mobile e il basamento fisso, desunte da soluzioni dell’industria navale. 101 Sulla casa rotante di Nervi, lo stesso Bertagnin fa una interessante riflessione sul particolare clima culturale italiano di quel periodo, affermando: Con questo progetto Nervi coniuga l’interesse per il miglior impiego dell’energia solare con gli assunti del dinamismo futurista, che vede nella meccanizzazione e nel movimento il traguardo verso cui tendere per il progresso della società. Egli pone l’accento sul particolare benefico effetto del sole sulla salubrità dell’abitazione, mentre si va progressivamente evidenziando, ai fini dell’autarchia nazionale, l’utilità della captazione e dell’ottimizzazione dell’energia solare negli edifici. La costruzione girevole, in questo clima culturale, non risulta come una bizzarria, ma piuttosto come una proposta razionale per sfruttare al massimo il calore naturale del sole. L’atmosfera politico-culturale nella quale si colloca il progetto di Nervi è influenzata dal pensiero di Gaetano Vinaccia, studioso che in quel periodo propone un approccio scientifico al corretto orientamento degli edifici e alla razionale utilizzazione del calore solare anche mediante l’impiego di serre girevoli per la captazione solare passiva. 102 Casa “il Girasole” (A. Invernizzi, 1930-’35): pianta del piano terra con in evidenza i cerchi concentrici di rotazione e del piano primo (fig. 1.58) e vista dell’edificio (fig. 1.59); fig. 1.60: progetto di un edificio ruotante (P.L. Nervi, 1934); E’ possibile datare al 1939 la prima applicazione di un sistema solare attivo di produzione 100 energetica integrato nella morfologia dell’involucro edilizio; questa ivi, p. 107 Bisi L., op cit., p. 112 102 Bertagnin M., op. cit., pp. 105-106 ; cfr. anche Bisi L., “Villa il Girasole a Marcellise, Verona 1935”, in “Lotus international”, n. 40 (1983), p. 112; cfr. anche P.L. Nervi, Una casa girevole, in “Quadrante”, n. 13 (1934), p. 27 101 48 Cap. 1 Il concetto di architettura solare sperimentazione si configura nella casa-laboratorio del MIT di Chicago, realizzata grazie al finanziamento del filantropo statunitense Godfrey Lowell Cabot. In questo prototipo di residenza solare, denominato Solar I, viene applicato per la prima volta un sistema di collettori solari ad acqua con tubi integrati in una falda appositamente dedicata esposta a sud. È il primo caso in cui la forma architettonica si adatta alle esigenze del sistema tecnologico di sfruttamento solare: la copertura a due falde a doppia pendenza presenta quella rivolta a sud massimizzata nella superficie, in conseguenza della traslazione a nord del colmo tradizionalmente in posizione simmetrica. La sperimentazione prevede di riscaldare l’abitazione con l’aria calda insufflata nell’ambiente tramite un ventilatore, che “scambia” il calore raccolto dai tubi solari in copertura per accumularlo dentro un grande serbatoio interrato. Il prototipo non produsse però risultati soddisfacenti causa l’elevata dispersione termica del serbatoio interrato e la non sufficiente inclinazione (28°) della falda captante. 103 A tal senso si può dire che l’andamento della copertura della Solar I è più efficiente per una captazione di tipo fotovoltaico, configurazione morfologica espressa in diversi casi contemporanei, 104 mentre l’utilizzo in termia solare necessiterebbe di inclinazioni maggiori (60°) per le latitudini di Cambridge in Massachusetts (42°N). La Solar I del MIT (1939): fase di montaggio dei collettori solari (fig. 1.61) e schema di funzionamento attivo del sistema di climatizzazione (fig. 1.62) Completano l’esperienza pioneristica del MIT di Chicago altri quattro prototipi di case solari (Solar II, III, IV, V) compresi nel periodo che va dal 1946 al 1978; in questi edifici vengono sperimentate diverse strategie di climatizzazione sia attive che passive, 103 104 Cfr. Del Signore G., Ponsi A., La casa solare, Firenze, Uniedit, 1977, p. 74 Cfr. casi studio, “Pratica dell’architettura solare”, cap. 3 49 Teoria e pratica dell’architettura solare tra cui uno dei primi utilizzi di materiali a cambiamento di fase 105 (PCM - phase change materials). Infatti nella Dover Sun House (E. Raymond, 1948), grazie agli studi applicati della ricercatrice del MIT M. Telkes e al finanziamento di A. Peabody 106 , viene inserita una certa quantità di sali di Glauber nell’ampia vetrazione verticale esposta a sud, in funzione di accumulo dell’energia termica durante l’irraggiamento solare diurno; successivamente viene sfruttata la caratteristica di questi sali di rilasciare lentamente calore nella fase di cambiamento di stato in assenza di irraggiamento (fase notturna). Nel successivo prototipo Solar IV (C.D. Engebretson, 1959) costruito a Lexington (Massachussets), viene corretta l’inclinazione della falda captante portandola a 60° rispetto all’orizzontale; questo fattore aumenta l’efficienza del sistema a termia solare 107 e determina conseguentemente una nuova configurazione morfologica del manufatto. Il colmo della copertura a due falde si presenta ora traslato verso sud, ottimizzando in questo modo la superficie a disposizione (60 mq.) per la captazione termica; allo stesso modo, in virtù della forte inclinazione, configura la falda a sud come principale elemento figurativo del prospetto nella connotazione stereometrica delle pannellature solari. Gli Stati Uniti assumono, dopo la seconda guerra mondiale, un ruolo guida grazie al lavoro dei centri di ricerca universitari; vengono messe a punto alcune interessanti sperimentazioni sul solare attivo, legate anche all’utilizzo della pompa di calore come impianto di supporto e completamento. Nella costruzione del Laboratorio dell’Università dell’Arizona (R.W. Bliss, 1959) è implementata una soluzione a collettori solari per il riscaldamento e il raffrescamento degli ambienti tramite uno dei primi sistemi radianti. In questo caso la copertura si configura come una monofalda che massimizza la superficie captante disponibile, dove la minor efficienza dovuta alla bassa pendenza viene compensata dalla generosa estensione superficiale; un grande serbatoio suddiviso in due parti distinte e staccato dall’edificio serve come accumulatore dell’energia termica, sia fredda che calda. 108 In Inghilterra nello stesso periodo viene costruita una scuola con un sistema di riscaldamento principalmente solare grazie alla captazione diretta. Nella St. George’s County Secondary School a Wallasey (E.A. Morgan, 1962) viene prevista una grande vetrata a tutt’altezza sul fronte sud; considerando il contesto climatico spesso nebbioso o nuvoloso, il sistema è in grado di coprire fino al 50% del fabbisogno invernale per il riscaldamento, mentre la rimanente percentuale viene coperta i gran parte dai cosiddetti “apporti interni”, come le lampade ad incandescenza e il calore prodotto dagli 105 Nella fattispecie venne utilizzato il solfato di sodio decaidrato o più comunemente definito come “sale di Glauber” 106 Il progetto viene realizzato interamente al femminile (ricerca, progettazione e finanziamento), tanto che il Saturday Evening Post lo annota nel 1949 come “exclusively feminine project”; cfr. Butti K., op. cit., p. 213 107 Nell’inverno del 1960/61 viene calcolato un apporto solare pari al 56% dell’intero fabbisogno energetico per il riscaldamento. Cfr. Del Signore, op. cit., p. 77 108 Nell’inverno 1959-60 il contributo solare viene calcolato all’86% del fabbisogno totale per il riscaldamento; cfr. Del Signore G., op. cit., p. 89 50 Cap. 1 Il concetto di architettura solare occupanti 109 . La configurazione morfologica dell’edificio presenta una monofalda orientata a nord per massimizzare la superficie captante solare, in questo caso la parete verticale sud, composta da un sistema di due vetrate poste a 60 centimetri una dall’altra; la prima trasparente la seconda traslucida per proteggere gli occupanti dai fenomeni di abbagliamento all’interno delle aule scolastiche e diffondere meglio la radiazione solare sulle masse di accumulo interne (pavimenti e pareti). Come nel caso della Dover Sun House (Solar VI) la composizione generale privilegia le superfici verticali rivolte a sud, essendo stata scelta una strategia di tipo passivo; in presenza invece di sistemi attivi vengono in altri casi privilegiate le superfici inclinate della copertura, luogo ove questi sistemi preferibilmente si concentrano. Fig. 1.63: Dover sun house: vista da sud-est (1948); fig. 1.64: Solar IV (1959): vista da sud-ovest e schema di funzionamento impiantistico (fig. 1.65) Fig. 1.66: prospettiva del laboratorio dell’Università dell’Arizona (1959); fig. 1.67: la St. Geroges school a Wallasey, Inghilterra (1962) Ai primi anni ‘60 del secolo scorso risale la casa costruita da H. Thomason a Washington, primo esempio di una serie di edifici solari sperimentali. Anche in questo caso vengono studiati gli effetti combinati delle strategie morfologico-costruttive per il riscaldamento e il raffrescamento nelle due fasi invernali ed estive. La copertura a capanna presenta il colmo traslato verso sud per inclinare maggiormente la falda captante che portata a terra configura tutto il prospetto; nella falda rivolta a nord risulta maggiormente estesa e di minor pendenza. La soluzione escogitata prevedeva in buona sostanza un sistema “a collettore solare aperto”. L’acqua del circuito veniva pompata sul colmo della copertura e lasciata scorrere su una o sull’altra falda (a seconda del periodo 109 Mazria E., op. cit., p. 41-43 51 Teoria e pratica dell’architettura solare stagionale) per poi essere raccolta da una gronda: in regime invernale l’acqua scorreva di giorno sulla falda sud (verniciata di nero) riscaldandosi; in regime estivo scorreva sulla falda nord di notte incamerando il fresco notturno. Il caldo o il freddo “raccolto” in copertura alimentava un serbatoio che, a seconda delle stagioni, garantiva una riserva di energia per la climatizzazione della casa. 110 Nel 1967 a Odeillo in Francia Felix Trombe e Jaques Michel sperimentano in una casa residenziale uno dei sistemi più conosciuti nell’architettura solare passiva, anche contemporanea: il “muro di Trombe” 111 . Questo particolare dispositivo architettonico di guadagno termico 112 passivo a captazione indiretta, caratterizzava l’edificio solare con un fronte sud completamente vetrato e leggermente inclinato, in funzione della massima captazione solare a fini di riscaldamento interno. Anche in questo caso la struttura compositiva si focalizzava sulla massima estensione della parete verticale meglio esposta, demandandole le principali funzioni di illuminazione e guadagno termico degli ambienti interni. Nel 1973 il ricercatore americano H. Hay costruisce ad Atascadero una casa sperimentale, configurandola come una delle prime applicazioni di roof pond (tettopiscina o tetto-stagno) a fini di climatizzazione interna. L’edificio si struttura su di un unico livello con la copertura di tipo piano; questa contiene delle sacche di plastica trasparenti riempite d’acqua che agiscono come accumulatori di caldo e di freddo (a seconda delle stagioni) climatizzando per irraggiamento gli ambienti sottostanti 113 . Il sistema risulta efficiente solo se il roof pond può essere isolato termicamente con sistemi mobili, configurandosi perciò anche come sistema attivo; infatti in questo caso una serie di pannelli coibentanti, movimentati meccanicamente, agiscono come copertura superiore. In inverno lo strato d’acqua è coperto nella notte per non disperdere il calore accumulato durante il giorno; in estate rimane coperto durante il giorno per mantenere, il più a lungo possibile, il fresco “raccolto” di notte per irraggiamento. La configurazione sinergica tecnico-formale risultante risulta possibile solo per latitudini non elevate e climi non particolarmente rigidi, vista la presenza dell’acqua in copertura. Sempre nel 1973 viene sperimentato per la prima volta un sistema ibrido termicoelettrico, che combina il riscaldamento dell’aria e la produzione di energia per effetto fotovoltaico, oltre che prevedere un sistema di immagazzinamento energetico con materiale a cambiamento di fase (sali di Glauber) 114 . Il prototipo, costruito a Newark 110 Nell’inverno 1960-61 il contributo solare viene calcolato al 95% del fabbisogno totale per il riscaldamento. Ivi, p. 92 111 Il muro Trombe è un affinamento di funzionamento del “muro solare” già brevettato da E. Morse nel 1881 112 Mazria E., op. cit., pp. 53-54 113 Del Signore G., op. cit., p. 112 114 Vedi nota 67 52 Cap. 1 Il concetto di architettura solare all’interno dell’Università del Delaware da K.W. Boer 115 con la collaborazione di M. Telkes, ideatrice della precedente Dover sun house, presenta una monofalda esposta a sud con inclinazione di 45°; l’edificio perciò configura una risposta morfologica che massimizza la superficie captante e media tra la massima efficienza dei sistemi a termia solare e fotovoltaico. La struttura e il principio di funzionamento dei collettori solari ibridi utilizzati, anticipa di quattro decadi quella degli attuali pannelli in produzione, che più efficacemente abbinano l’acqua al fotovoltaico (anziché l’aria) come fluido termovettore. Fig. 1.68: Casa Thomason (1960) con il sistema a “collettore aperto”; casa Trombe a Odeillo: vista sud (fig. 1.69) e schema di funzionamento del dispositivo solare (fig. 1.70) Casa solare ad Atascadero (1973): prospettiva dall’alto con in evidenza il sistema roof pond (fig. 1.71) e vista sud-est (fig. 1.72); casa a Newark (1973) con la falda a sistema attivo di tipo ibrido (fig. 1.73) Nel periodo appena tracciato (1939-1973) è evidente il carattere prototipale delle esempi riportati, nella quasi totalità riferiti ad esperienze di ricerca universitaria e globalmente concentrati negli Stati Uniti. La ridottissima attenzione alle questioni ambientali ed energetiche, il basso prezzo delle materie prime e del petrolio, facevano focalizzare la critica architettonica del tempo su altre tematiche, riducendo la visibilità di queste realizzazioni e delle conferenze ove venivano presentate all’attenzione di pochi esperti specializzati. In generale l’applicazione di sistemi attivi solari presentava una netta predominanza dei sistemi termici rispetto a quelli fotovoltaici, dato l’alto costo di produzione che ancora li contraddistingueva. Alcune fondamentali ricerche sulle celle fotovoltaiche vengono portate avanti negli anni ’60 dalla NASA (l’agenzia spaziale americana), finalizzate all’approvvigionamento energetico dei satelliti spaziali; queste sperimentazioni avranno poi importanti ricadute 115 Cfr. Del Signore, op. cit., p. 105; Raffellini G., “Sull’utilizzazione dell’energia solare in Italia per la climatizzazione ambientale”, in Condizionamento dell’aria, riscaldamento, refrigerazione, n. 5/1976, pp. 370371 53 Teoria e pratica dell’architettura solare sull’attuale tecnologia fotovoltaica applicata agli involucri edilizi. Nello stesso periodo inoltre si sviluppano e vengono sistematizzati, sempre nei confini virtuosi dei centri di ricerca universitari, i più importanti contributi teorici per la formazione della cultura sostenibile anche contemporanea. Viene definito il fondamentale concetto di bioclimatologia applicata alle costruzioni e nascono le prime teorizzazioni del rapporto energia-forma nell’architettura; 116 vengono sperimentate alcune innovative soluzioni di sfruttamento dell’energia solare di tipo passivo, come il muro Trombe, grazie anche al contemporaneo affinamento delle tecniche di lavorazione del vetro piano con il processo float. 117 1.6 Dalla riscoperta delle tecniche solari alle tendenze contemporanee (1973-2013) Come più volte accennato la grande crisi energetica del 1973 solca una sorta di spartiacque tra un prima e un dopo, tra una fiducia incondizionata nella tecnica come fattore dominante del controllo ambientale e la presa di coscienza che l’energia, da cui la tecnica dipende fortemente, non è più così facilmente reperibile. 118 In questo quadro si muove la riscoperta dei principi fondativi dell’architettura solare e la nascita della moderna cultura sostenibile. Il grande fervore nella ricerca, nei programmi statali e nei contributi realizzativi a cui si assiste nella seconda metà degli anni ’70 e fino alla prima metà degli anni ’80, produce la percentuale maggiore dei contributi teorici e pratici in ambito solare, frutto della sistematizzazione di antiche e nuove tecniche. Gli studi e le realizzazioni della scuola di Santa Fè 119 negli Stati Uniti, il Programma Finalizzato Energetica in Italia, il concorso per “5.000 edifici solari” in Francia, contribuiscono a fornire strumenti operativi ai progettisti di allora che desiderano reindirizzare la propria attività, tecnica ma anche culturale, verso nuove modalità di intendere l’architettura. La risorsa solare appare come una imprescindibile opportunità sia per il risparmio energetico che per la definizione di nuovi paradigmi compositivi. 116 Cfr. sottocapitolo 1.1. Gli studi e le ricerche compiute negli anni ’60 da V. Olgyay e R. Knowles sono tuttora considerate basilari (soprattutto Olgyay) per le applicazioni nell’architettura solare o bioclimatica più in generale 117 Cfr. Saint Gobain, Manuale del vetro, ed. St. Gobain, 2007 118 Nel 1972 viene pubblicato il rapporto Limits to Growth (I limiti dello sviluppo) del Club di Roma, che per la prima volta pone l’attenzione sul rapporto, che inizia a essere problematico, tra crescita demografica mondiale e risorse disponibili: viene in pratica sconfessata la teoria dello “sviluppo senza limiti” di matrice modernista allora imperante. Cfr. Schittich C., op. cit., p. 25; Scudo G., “Il processo di progettazione energeticamente sostenibile”, in Bottero et. al., op. cit., p. 69 119 È possibile riunire all’interno della “Scuola di Santa Fè” tutte le personalità (progettisti, ricercatori, costruttori) che, principalmente all’interno del programma Sundwellings, diedero vita a numerosissime realizzazioni e pubblicazioni scientifiche sulla teoria e la pratica dell’architettura solare passiva nella seconda metà degli anni ’70, concentrando particolarmente la loro attività nello stato del New Mexico (USA). I principali protagonisti furono: P. Van Dresser, E. Mazria, D. Balcomb, J. Cook, K. Haggard, W. Lumpkins, A. Owen, B.T. Rogers, F. Wessling, D. Wright, M. Chalom, M. Baker. 54 Cap. 1 Il concetto di architettura solare La consapevolezza che l’utilizzo della radiazione solare può realmente evitare il ricorso alle risorse fossili per la climatizzazione degli edifici, fattore divenuto improvvisamente molto problematico, da vita ad una nuova cultura progettuale che coinvolge un numero sempre crescente di architetti e studiosi in tutto il mondo. Le realizzazioni che ne conseguono dimostrano la possibilità di soluzioni concrete ma allo stesso tempo mettono in evidenza delle nuove implicazioni formali, frutto della necessaria applicazione delle regole basilari di composizione e articolazione morfologica dell’edificio solare. Nella prima fase di quella che si può definire una “riscoperta solare” (periodo 19731985) si assiste ad un’ampia riproposizione di soluzioni progettuali che affinano strategie solari già note e sperimentate precedentemente, soprattutto di tipo passivo. L’elevato costo di soluzioni “attive” di produzione energetica da fonte solare, fotovoltaiche in particolar modo, e la bassa diffusione/affidabilità delle stesse, concentrano gli sforzi progettuali quasi esclusivamente sui principi di guadagno termico passivo. Il corretto orientamento, la distribuzione interna degli ambienti, l’integrazione dei dispositivi architettonici di guadagno termico, una maggiore attenzione verso il problema delle dispersioni termiche, diventano gli strumenti progettuali di una nuova architettura energeticamente consapevole. Negli Stati Uniti si susseguono modelli esemplari di abitazioni unifamiliari isolate, in coerenza con il modello d’insediamento estensivo americano, che propongo interessanti configurazioni morfologiche in base alle strategie solari applicate. Casa Schiff 120 (M. Schiff e R. Janik) nel Wyoming, orientata secondo l’asse nord-sud, affida il guadagno termico alle grandi vetrate della copertura a dente di sega orientate a sud. Casa Terry 121 (D. Wright) a Santa Fè nel New Mexico, segue il naturale declivio del terreno verso sud con una soluzione gradonata; le superfici captanti vetrate, inclinate di 45° verso il sole, sono studiate in modo tale da ottenere il massimo irraggiamento sulle masse di accumulo interne (volumi riempiti con recipienti d’acqua) nel periodo d’insolazione più efficace per il guadagno passivo. Le quattro case solari dimostrative e didattiche del Ghost Ranch 122 (P. Van Dresser) ad Abiquiu nel New Mexico, sono sviluppate come esemplificazioni pratiche dei principi del coevo programma di ricerca Sundwellings. Tutti gli edifici, organizzati su di un unico livello con misure in pianta di 6 x 12 metri e morfologicamente identici, si presentano con un andamento di copertura a monofalda esposta a nord come configurazione ideale per la massimizzazione dei sistemi di tipo passivo; il quarto edificio viene realizzato senza particolari accorgimenti di guadagno solare come modello di confronto con gli altri tre. Le 120 Cfr. Mazria E., op. cit., p. 49 Ibidem; cfr. anche Los S., “Energia solare, architettura, sistemi passivi”, in Condizionamento dell’aria, riscaldamento, refrigerazione, n. 7/1978, p. 481 122 Cfr. Van Dresser P., op. cit., p. 95-102 121 55 Teoria e pratica dell’architettura solare strategie applicate riguardano le tre principali tipologie di guadagno termico per il riscaldamento: sistema a captazione diretta (superfici finestrate esposte a sud), indiretta (muro Trombe) e separata (serra solare); inoltre l’effetto combinato della ventilazione naturale e della massa inerziale dei muri in adobe permette la mitigazione del surriscaldamento in regime estivo. Sono previsti anche dei collettori solari in facciata per il riscaldamento dell’acqua calda sanitaria, configurabili anch’essi come sistemi passivi poiché sfruttano il ricircolo naturale convettivo dell’acqua per il loro funzionamento; questi diventano allo stesso tempo i principali elementi di caratterizzazione formale nella composizione del fronte sud. Uno degli aspetti fondamentali di queste costruzioni è che sono realizzabili utilizzando esclusivamente materiali reperibili nelle vicinanze e direttamente edificabili dagli abitanti della zona, sfruttando modelli tipologici e figurativi della tradizione locale. Fig. 1.74: casa Schiff, con l’asse principale orientato nord-sud, sfrutta i tre grandi shed di copertura per il guadagno termico passivo; fig. 1.75: casa Terry si adagia sul declivio del terreno per aumentare a superficie captante trasparente esposta a sud; fig. 1.76: vista dei quattro edifici dimostrativi del Ghost ranch In Italia nello stesso periodo vengono realizzati diversi interventi di edilizia residenziale solare, social housing in particolare, in cui viene affrontato il tema dell’edificio plurifamiliare in linea; in questi edifici vengono applicate diverse strategie di guadagno termico solare passivo in compresenza di sistemi attivi a termia solare. La qualità formale degli interventi non presenta eccellenze assolute, trattandosi di edilizia popolare, ma presentano un’importante innovazione tecnologica nel sistema BarraCostantini 123 come evoluzione del muro Trombe. Tra i progetti ricompresi nell’osservatorio dell’ENEA 124 del 1985 emergono l’edificio a pianta trapezoidale per 40 alloggi a Orbassano (Gabetti&Isola, 1984) con il sistema continuo dei collettori ad aria organizzati sui prospetti sud-est e sud-ovest; gli edifici per 16 alloggi a Marostica (Cooprogetto, 1984) 125 con l’alternanza in facciata di serre e muri 123 Il sistema Barra-Costantini (detto anche camino solare) è una variante del muro Trombe del quale utilizza il principio di funzionamento passivo (accumulo per effetto serra); esso consente di portare i benefici termici a distanze maggiori, oltre il vano abitato immediatamente adiacente al muro solare. Il sistema funziona grazie a delle canalizzazioni a soffitto e pavimento, ricavate nello spessore dei solai o in eventuali controsoffitti, che trasportano l’energia termica orizzontalmente e a delle aperture schermabili che regolano il sistema. 124 Cfr. Funaro G. et al., 116 edifici solari passivi, ENEA, Roma, 1985 125 Cfr. Bottero et al., op. cit. pp. 184-190; Carletti C., Sciurpi F., Passivhaus: evoluzione energetica e comfort ambientale negli edifici italiani, Pitagora, Bologna, 2005, pp. 9-17; 56 Cap. 1 Il concetto di architettura solare solari con il sistema Barra-Costantini; l’intervento per le case dei dipendenti ENEL a Tarquinia di P. Portoghesi (1981), con l’interessante soluzione delle torri “mozze” 126 fotovoltaiche ruotate rispetto alla maglia ortogonale dell’impianto geometrico di base. In Germania, sul finire degli anni ’70, sono fondamentali l’esperienze progettuali di Thomas Herzog sul tema dell’edificio residenziale: le case unifamiliari di Ratisbona 127 (1977-‘79) e Waldmohr (1982-’84), le case a schiera a Monaco (1979-’82), sono esempi eccellenti di una nuova cultura progettuale solare che stava assumendo importanza anche figurativa. Nelle prime il sistema passivo della serra solare diventa il fulcro compositivo, attorno al quale si organizza tutta la distribuzione sia planimetrica che volumetrica; nell’intervento a schiera viene attuata una stretta sinergia tra sistemi attivi e passivi, con le pannellature fotovoltaiche inserite nella chiusura trasparente della serra. Fig. 1.77: Gabetti&Isola: edificio solare a Orbassano; fig. 1.78: Cooprogetto: edifici a schiera a Marostica; fig. 1.79: P. Portoghesi: case ENEL a Tarquinia T. Herzog: case unifamiliari a Regensburg (fig. 1.80), casa Waldmohr a Landstühl (fig. 1.81); case a schiera a Monaco (fig. 1.82) Nel successivo periodo compreso tra il 1985 e il 1992, è possibile riscontrare una sorta di zona d’ombra dell’interesse per l’architettura solare e dei temi del risparmio energetico più in generale; esso coincide non casualmente con la generale ripresa economica mondiale e il calo repentino del prezzo del petrolio. Il rapporto energiaarchitettura torna ad essere relegato in secondo piano, parallelamente al problema rimosso dell’approvvigionamento energetico. Questo convergenza riflette ancora una volta l’essenza dell’architettura come emanazione diretta dell’attività umana, sempre e 126 127 cfr. Portoghesi P., op. cit., pp. 60-61 Cfr. sottocapitolo 1.3, p. 20-21 57 Teoria e pratica dell’architettura solare comunque assoggettata alle condizioni socio-economiche caratteristiche di un particolare periodo storico. Nel 1993 la rivista Detail pubblica il primo numero monografico Solares Bauen (costruzioni solari) nel quale C. Schittich 128 ammette che: […] fu piuttosto difficile trovare esempi convincenti (recenti NdA). Raramente all’interno di concezioni architettoniche mature, gli accorgimenti tecnici trovavano un’integrazione soddisfacente anche dal punto di vista formale. Nelle poche costruzioni riuscite […] i dispositivi solari venivano messi in risalto in modo quasi mostruoso, come i frangisole della scuola professionale di Norman Foster a Frejus, nella Francia meridionale. In quel periodo qualunque edificio in grado di risparmiare energia veniva spacciato per costruzione solare. 129 L’osservazione fa in un qualche modo riflettere dal momento che modelli esemplari di architettura solare ne erano già stati realizzati a sufficienza fino a quel tempo 130 ; bisogna anche porsi comunque nelle condizioni di chi, come curatore di una rivista di architettura contemporanea, deve necessariamente selezionare e pubblicare una rassegna di progetti o realizzazioni circoscritte ad un breve periodo precedente. Questo fatto conferma sostanzialmente il disinteresse della cultura architettonica di quegli anni verso le costruzioni solari. Il motivo per cui viene deciso comunque di pubblicare un numero monografico di questo tipo sicuramente esiste; esso va ricercato nell’ennesima riscoperta del problema ambientale e del modello di sviluppo, 131 che ciclicamente si ripresenta all’attenzione generale. Negli anni successivi vengono pubblicati altri quattro numeri monografici 132 che rappresentano un vero e proprio “osservatorio” della produzione architettonica solare; i progetti presentati testimoniano l’evoluzione del lento ma costante passaggio tra un approccio puramente passivo delle tecniche di sfruttamento solare e la trasformazione in atto nell’architettura dovuta alla diffusione dei sistemi attivi. Una occasione importante di dibattito e di incontro intorno ai temi dell’architettura solare è fornita dalla quarta “Conferenza europea sull’energia solare in architettura e nella pianificazione urbana” del 1996 a Berlino. In questa sede il gruppo READ 133 presenta un documento di intenti 134 , redatto da Thomas Herzog e firmato da diversi 128 Schittich come curatore, raccoglie nel volume “Architettura solare” una selezione di progetti dei 4 precedenti numeri monografici della rivista Detail intitolati “Solares Bauen”. 129 Schittich C., op. cit., p. 10 130 Cfr. sottocapitolo 1.5 131 È del 1992 la prima conferenza sul clima di Rio de Janeiro; cfr. introduzione, nota 8 132 Detail, op. cit., n. 6 (1993), 3 (1997), 3 (1999), 6 (2002, 6 (2005) 133 READ Renewable Energy in Architecture and Design è un progetto coordinato da Thomas Herzog e supportato dalla XII Direzione Generale (Energia) della Commissione Europea, per la promozione, lo sviluppo e la ricerca di soluzioni nell’applicazione dell’energia rinnovabile in architettura 134 Il testo della European Charter for Solar Energy in Architecture and Urban Planning (Carta europea per l’Energia solare in architettura e pianificazione urbana), redatto da Herzog tra il 1994 e il 1995, viene poi discusso e sottoscritto da: A. Campo Baeza, V.L. Cotelo, R. Erskine, N. Fintikakis, N. Foster, N. Grimshaw, H. Hertzberger, T. Herzog, K. Holscher, M. Hopkins, F. Jourda, U. Kiessler, H. Larsen, B. Lundsten, D. Mackay, 58 Cap. 1 Il concetto di architettura solare autorevoli architetti europei (tra cui N. Foster, R. Rogers e R. Piano), sulle caratteristiche di sostenibilità dei futuri sviluppi in architettura e urbanistica. Nello stesso contesto viene organizzata una mostra itinerante che documenta una casistica di edifici o ambiti urbani, realizzati o in corso di realizzazione, in cui si dimostrano gli esiti qualitativi ottenuti utilizzando la risorsa solare integrata 135 . Su tutti emerge la nuova “Solarcity” a Pichling, sobborgo a sud-est di Linz nell’Austria settentrionale. Il piano urbano, basato su di un programma antesignano e innovativo della locale municipalità 136 , propone una “città solare” progettata dallo stesso Herzog con Norman Foster e Richard Rogers e la consulenza per alcuni aspetti di Renzo Piano. La visione generale prevedeva: […] un modello di città policentrica e ispirato ai principi di “città mista” della Wohnbund 137 , per garantire accoglienza, tolleranza ed equilibrio sociale. L’idea di città di riferimento trae forza dalla complessità funzionale, entro una dimensione urbana ridotta, articolata in piccole parti autonome, miste e con connessioni multiple, per un uso flessibile di lungo periodo e l’integrazione di diversi gruppi sociali. Le caratteristiche di questi nuovi quartieri sono piccoli agglomerati, compatti e innovativi, con piccole superfici edificabili tipologicamente diversificate, in modo da coinvolgere un ampio numero di imprese edili e di investitori specializzati, per coprire i diversi segmenti di mercato. L’idea centrale è creare quartieri dove poter “abitare e lavorare nella natura”, attraenti ed invitanti per tutta la città, in cui la varietà di offerte, nei pressi dell’abitazione, permetta una dimensione sostenibile degli spostamenti per i servizi di quartiere e le attrezzature comunali per il tempo libero, l’istruzione e la cultura. Alla base c’è la ricerca di un mix sociale e funzionale e una densità abitativa in sintonia con le esigenze economiche e sociali di un “quartiere solare” che tiene conto dell’efficienza energetica e del consumo di territorio: “solare” vuol dire cercare un equilibrio tra efficienza delle risorse impiegate, l’uso dell’energia e qualità della vita. 138 Il piano urbano e architettonico è un compendio delle migliori strategie sostenibili e solari applicate al tema del social housing a basso costo: orientamenti, larghezze stradali, diritto al sole, sistemi passivi ed attivi, si integrano in maniera esemplare; viene dimostrato che la città solare a basso impatto energetico, ambientale ed economico, è realmente possibile e può avere anche una buona qualità architettonica. 135 A tal proposito G.W. Reinberg fa notare come sulla totalità dei progetti presentati ci sia una quasi esclusività delle nuove costruzioni rispetto all’intervento sugli edifici esistenti; il tema dell’efficientamento “solare” del patrimonio esistente è invece già attualissimo, nella visione più “ecologica” di minor sfruttamento del territorio di Reinberg; cfr. G.W. Reinberg, Architetture, Alinea, Firenze, 1998, pp. 10-19 136 Solarcity fa parte di un programma di espansione per 25.000 abitanti (12.000 nuovi alloggi), suddivisi in 5 poli residenziali gravitanti intorno a Pichling (Linz, Austria) e ai suoi centri di servizi, raggiungibili a piedi. Il masterplan complessivo della “Zona dei laghi” fu affidato dalla municipalità di Linz a Ronald Reiner nel 1992 e presentato nel 1993; cfr. Castelli G., “SOLAR CITY a Linz: qualità, bassi consumi, regia pubblica”, in Urbanistica, n. 141 (2010) 137 Progetto di ricerca (Austria, 1986) fondato sulla pianificazione interdisciplinare per la gestione sostenibile dell’habitat urbano 138 Castelli G., op. cit., pp. 59-60 59 Teoria e pratica dell’architettura solare Il disegno urbano prevede quattro settori residenziali che gravitano attorno ad una polarità centrale destinata ai servizi collettivi. Nello specifico due settori vengono progettati da Herzog (comparti est ed ovest) e due rispettivamente da Rogers (quello a nord) e Foster (sud). Herzog si occupa dei blocchi edilizi con le orientazioni più sfavorevoli (nord-sud e nord/ovest-sud/est), a dimostrazione che può esistere anche una città solare non necessariamente orientata tutta a sud; è con il progetto di architettura che vengono risolte le situazioni meno favorevoli, attraverso la configurazione morfologica di nuovi elementi di captazione solare. La strutturazione degli edifici progettati propone la regola aurea della massima captazione solare da parte dei fronti giustamente orientati, utilizzando le regole basilare del corretto “accesso al sole”. Le diverse strategie di guadagno passivo e produzione attiva agiscono sinergicamente fra di loro, attraverso il corretto dimensionamento degli spazi pubblici interposti nell’edificato e in rapporto alle altezze solari caratteristiche. Solar city può realmente essere considerato un modello antesignano di urbanistica solare, funzionale al necessario salto di scala tra il singolo edificio e l’aggregato urbano. Fino a quel periodo erano stati realizzati in percentuale maggiore interventi puntuali e isolati, sottoforma di edificato unifamiliare; il concetto della mutua interazione solare tra gli edifici in rapporto alle logiche insediative risultava ancora poco esplorato, in funzione del livello di densità edilizia che il modello europeo richiedeva. A livello architettonico Rogers organizza gli elementi del comparto più a nord con una disposizione a regent e propone degli alloggi passanti di tre differenti tipologie; il fronte sud diventa una serra solare a tutt’altezza organizzata sui due livelli di piano e viene opportunamente schermata superiormente. Nel comparto sud Foster propone dei blocchi lineari a tre piani in cui organizza sistemi passivi (vetrate a tutt’altezza e muri Trombe) e attivi (solare termico in copertura). In sezione l’andamento della facciata segue le logiche del guadagno diretto secondo un profilo a dente di sega: se la radiazione estiva risulta più radente, quella invernale è invece perpendicolare alle superfici trasparenti aumentando l’accumulo termico. Herzog nei blocchi est e ovest risolve brillantemente le orientazioni più svantaggiose con soluzioni variabili di captazione solare. Nel comparto ovest organizza i blocchi su tre piani, con alloggi passanti profondi 16 metri; inserisce tra i blocchi di alloggi dei volumi a “cuscinetto termico” 139 completamente vetrati, contenenti le scale, i pianerottoli di accesso, delle zone ludiche per i bambini e delle logge sospese. La copertura a shed è vetrata nel fronte che guarda a nord e illumina lo spazio sottostante; la parte inclinata verso sud è parzialmente opaca e supporta il sistema attivo di termia solare. Tutti i 139 Cfr. Herzog T. (a cura di), Solar Energy in Architecture and Urban Planning, Munich-London-New York, Prestel, 1996, p. 189 60 Cap. 1 Il concetto di architettura solare prospetti a est e a ovest sono prevalentemente trasparenti per favorire l’accumulo termico invernale; delle schermature frontali (tende a rullo) garantiscono la protezione in regime estivo. Nel comparto ovest lo stesso Herzog disegna dei blocchi in linea a tre piani alternati a blocchi a pianta quadrata di quattro piani. Le strategie adottate prevedono i fronti a nord-nord/ovest molto massivi e rivestiti di legno; i dispositivi di guadagno termico si concentrano nelle logge aggettanti organizzate sui fronti sud-sud/ovest. La varietà tipo-morfologica delle soluzioni di guadagno/produzione solare presentata nella Solarcity configura una sorta di catalogo delle più semplici e corrette soluzioni progettuali applicabili. Il vero punto di forza rimane comunque la pianificazione organica del disegno urbano finalizzata al massimo sfruttamento solare. La qualità generale è completata dalle strategie adottate per gli spazi interclusi tra gli edifici residenziali; essi si differenziano in tre livelli distinti (privato, semipubblico e pubblico) e risultano fortemente interconnessi fra loro. Un ulteriore punto di forza del programma generale è dato dalle logiche legate alla mobilità; quella carrabile lambisce gli edifici solo in pochi punti di contatto come accesso ai parcheggi interrati e delega la percentuale maggiore degli spostamenti a quella pedonale e ciclabile. Linz, blocchi nord (R. Rogers): planimetria generale (fig. 1.83), concept energetico (fig. 1.84) e assonometria di progetto (fig. 1.85) Linz, blocchi sud (N. Foster): planimetria generale (fig. 1.86) e concept energetico (fig. 1.87) 61 Teoria e pratica dell’architettura solare Linz, blocchi est e ovest (T. Herzog): planimetrie di progetto (fig. 1.88, 1.89), rendering del “cuscino termico” del vano scale (fig. 1.90) e della spazialità interna (fig. 1.91) La mostra del 1996 a Berlino lascia intravedere una profonda trasformazione in atto nelle realizzazioni solari che si svilupperà compiutamente nel giro di un decennio, grazie all’introduzione diffusa dei sistemi attivi nell’architettura. Un altro esempio paradigmatico di questo periodo è la Scuola di perfezionamento a Herne (Jourda-Perraudin-Hegger, 1992-’99), che sviluppa il tema del grande contenitore vetrato polifunzionale configurandolo come una serra bioclimatica; la schermatura dall’irraggiamento solare avviene attraverso l’uso esteso di sistemi fotovoltaici integrati nelle superfici vetrate. La copertura infatti è interamente ricoperta di shed “attivi”, con andamento inclinato verso sud di 5° e 90° verso nord; questi lasciano filtrare la luce naturale in maniera calibrata in funzione della densità delle celle nel modulo base vetrato (1,16 x 2,78 metri). Lo stesso sistema bivalente viene riproposto anche in diversi settori di facciata verticale con esposizione favorevole. La strategia solare “bivalente” associa la produzione energetica 140 attiva a quella passiva di schermatura della radiazione solare incidente, limitando il surriscaldamento nei periodi di picco termico estivo. In questo caso si può dire che il livello di efficienza sinergica 141 appare molto sbilanciato verso le istanze morfologico-compositive del progetto, assumendo come poco efficiente il tilt delle celle FV in copertura (5°) o in parete verticale (90°). Sul finire degli anni ’90 i sistemi attivi si diffondono largamente sia negli edifici specialistici (Biblioteca a Matarò, M. Brullet i Tenas; Solar-Fabrik a Friburgo, Rolf+Hotz), che nelle costruzioni residenziali; l’interesse e l’affinamento tecnologico di questi sistemi è sempre crescente ma rimane comunque subordinato all’utilizzo prevalente di dispositivi solari passivi. La Svizzera in questo periodo risulta centrale nel panorama delle realizzazioni solari, con alcune interessanti realizzazioni a Zollikofen (Aarplan) vicino a Berna o a Herisau (P. Dransfeld) vicino a San Gallo. 140 Complessivamente il sistema FV garantisce una potenza di picco di 1 MW, per 9.300 mq in copertura e 780 mq. in facciata;cfr. Detail, n. 3 (1999), p.387 141 Cfr. nota 5 cap. 4 62 Cap. 1 Il concetto di architettura solare Biblioteca a Matarò, Spagna, vista da sud-ovest: il fronte sud è completamente attivo a parte la fascia a terra per consentire l’ingresso (fig. 1.92); sezione trasversale con in evidenza i quattro shed di copertura, attivi verso sud e trasparenti verso nord per consentire l’illuminazione degli ambienti sottostanti (fig. 1.93) Sistema a serra inclinata: Solar Fabrik di Friburgo (fig. 1.94) e casa unifamiliare a Zollikofen (fig. 1.95); vista sud-est della casa a Herisau (fig. 1.96) Tra i protagonisti di quegli anni D. Schwarz, con la serie delle Solar House I, II, III, produce la ricerca progettuale più interessante sul tema della casa solare. Nella Solar I (Domat-Ems,1995-’96) alterna il grande guadagno passivo dei fronti est, sud e ovest (strutturati da pannelli contenenti PCM 142 traslucidi 143 ) alla produzione energetica della copertura (solare termico e fotovoltaico), raggiungendo una notevole qualità architettonica; la stessa copertura a due falde trasla il colmo verso nord aumentando la superficie a disposizione per la captazione solare e introduce la forma tipo 144 più ricorrenti per l’architettura solare contemporanea. Nella Solar III (Ebnat-Kappel, 2000) il fronte sud assume la massima estensione, aprendosi alla radiazione invernale con una alternanza di moduli vetrati trasparenti o traslucidi contenenti PCM 145 ; anche in questo 142 Phase change materials (materiali a cambiamento di fase), cfr. sotto-sottocap. 2.2.2 Schwarz ha sperimentato per la prima volta nella Solar I questo sistema modulare per facciate a tripla camera composto da: vetro di sicurezza 6 mm + camera d’aria con pannello riflettente e gas nobile 20 mm + vetro di sicurezza basso emissivo 6 mm + camera d’aria con gas nobile 10 mm + vetro di sicurezza basso emissivo 6 mm + camera con PCM (sali idrati) 24 mm + vetro di sicurezza 6 mm, totale = 78 mm; conducibilità termica: 0.48 W/m2K. Il sistema denominato Glassxcrystal contiene nella prima camera dei pannelli prismatici traslucidi che riflettono i raggi solari incidenti fino ad un angolo zenitale di 40° (estivo) lasciando comunque passare una certa quantità di luce; sotto i 36° di angolo d’incidenza la radiazione colpisce direttamente il PCM facendolo fondere (il processo di cambiamento di fase inizia oltre una temperatura di 26-28°C) e perciò accumulare calore. Cessata la radiazione il PCM risolidifica e cede il calore accumulato all’ambiente. Questo sistema è stato poi commercializzato successivamente dallo stesso Schwarz attraverso la fondazione della GLASSX nel 2002; il sito dichiara che a temperatura ambiente 1,6 cm di questo materiale PCM assorbono tanto calore come 25 cm di calcestruzzo. Cfr. “Focus materiali”, in Costruire, n. 282 (2006), pp. 76-77; http://www.glassx.ch 144 Cfr. sottocap. 4.1, Le invarianti tipo-morfologiche (o forme tipo) solari 145 In questo casi il PCM intercluso nella chiusura traslucida è la paraffina; cfr. Detail, Solares bauen, n. 6 (2005), pp. 660-661 143 63 Teoria e pratica dell’architettura solare caso gli stessi assumono la funzione di accumulo termico per le ore in cui il sole non riscalda direttamente l’involucro attraverso le vetrate trasparenti. D. Schwarz: vista sud-ovest (fig. 1.97 e fig. 1.99) e sezione trasversale (fig. 1.98 e fig. 1.100) delle case unifamiliari Solar I e Solar III, con in evidenza la caratterizzazione cromatica dovuta alle chiusure traslucide ad accumulo passivo grazie all’utilizzo di PCM Agli inizi del nuovo secolo si cominciano a imporre quei paesi centro e nord-europei che ospiteranno i migliori esempi di architettura solare contemporanea 146 : Austria, Danimarca e Germania. I complessi residenziali danesi di case a schiera a Ikast (Vandkunsten, 2000) e Kolding (3xNielsen, DK, 1998) reinterpretano il modello bassoestensivo nordeuropeo, reinterpretando i principi di guadagno passivo del sistema a serra (Ikast) e del muro ad accumulo termico (Kolding). Case a schiera a Kolding: sezione (fig. 1.101) e dettaglio esterno del sistema a muro solare (fig. 1.102); complesso di case a schiera a Ikast (fig. 1.03) Il caso di “marketing urbano” 147 della città di Friburgo fa storia a sé; dall’adozione nel 1996 del Piano energetico comunale, la municipalità ha reindirizzato tutte le politiche edilizie verso una sostenibilità “spinta” di riduzione dei consumi energetici e di produzione energetica locale attraverso le diverse forme di sfruttamento della risorsa solare. I punto cardine del programma sono 148 : 146 Cfr. capitolo 3, Pratica dell’architettura solare Antonini E., Tatano V., “Le politiche ecologiche della città di Friburgo”, in AA.VV., Costruire sostenibile. L’Europa, Alinea, Firenze, 2002, p. 80 148 Cfr. Berrini M., Colonnetti A. (a cura di), Green life – costruire città sostenibili, Compositori, Bologna, 2010, pp. 160-169 147 64 Cap. 1 Il concetto di architettura solare una chiara regolamentazione comunale che vincola fortemente tutti gli interventi edilizi per il massimo accesso al sole e risparmio energetico (dal 2011 il fabbisogno massimo per le nuove costruzioni deve essere inferiore ai 15 kWh/m²anno, praticamente lo standard passivo del Passivhaus Institut di Darmstadt); una eccellente produzione locale di sistemi fotovoltaici (Solar Fabrik); un forte impulso alla produzione energetica rinnovabile grazie al sistema di incentivazione locale; 149 la sede a Friburgo del Fraunhofer ISE, il più importante centro di ricerca europeo sull’energia solare l’opera di sensibilizzazione dei residenti sulla convenienza sia ambientale che economica del risparmio energetico e della produzione/guadagno da fonte solare. Nell’organizzazione generale della Friburgo “città solare” 150 emergono i quartieri di Rieselfeld per 11.000 abitanti (Rieselfeld Projekt Group, 1994-2010) e di Vauban per 5.000 abitanti (Projekt Group Vauban + Forum Vauban, 1993-2006). Quest’ultimo, configurato come un ottimo esempio di riqualificazione urbana di aree dismesse 151 , contiene al suo interno l’eccellenza del complesso “Am Schlierberg” (R. Disch, 2002-’05) e il noto edificio Sonnenschiff 152 (nave solare), risultando uno dei primi quartieri europei plus energy 153 . In questo complesso lo sfruttamento solare attraverso sistemi fotovoltaici diviene l’elemento maggiormente caratterizzante la configurazione formale degli edifici; la superficie destinata alla captazione solare è notevolissima, implementata nelle coperture a due falde che presentano la forma ricorrente del colmo traslato verso nord. I sistemi attivi e passivi sono finalizzati sinergicamente alla massima produzione e guadagno energetico per ottenere un bilancio annuale positivo; la falda attiva a sud assume funzione bivalente schermando le sottostanti superfici vetrate, generosamente dimensionate in funzione del massimo guadagno termico invernale. In questo caso si può dire che il livello di efficienza sinergica è molto sbilanciato a favore delle istanze tecnologiche, indirizzando la concezione progettuale alla massima efficienza dei sistemi di guadagno e di produzione solare. 149 Le nuove installazioni di autoproduzione energetica (privati, imprese, enti pubblici) da fonte rinnovabile prevedevano un incentivo di 250€ ogni metro quadrato di superficie a solare termico, 1200€ ogni kWp di fotovoltaico, finanziati da un prelievo di 0,003 sui consumi elettrici domestici. Inoltre dal 2000 lo stato centrale compensa (per 20 anni) con 0,50€, ogni kWh prodotto da fonte rinnovabile immesso in rete; ibidem, p. 81; cfr. anche successivo sottocap. 1.7 150 Cfr. Wienke U., “Friburgo (Germania) – città solare”, in Progetti innovativi, http://www.miniwatt.it/ 151 Un’area di 38 ettari ex sede di un insediamento militare attivo fino al 1992; cfr. Antonini E., op. cit., p. 82 152 Cfr. sotto-sottocap. 3.1.1 153 Cfr. sotto-sottocap. 2.1.7 65 Teoria e pratica dell’architettura solare Quartiere Rieselfeld: vista dall’alto (fig. 1.04); quartiere Vauban: zonizzazione in base alle prestazioni degli edifici (fig. 1.05); edificio Sonnenschiff: vista sud-ovest (fig. 1.06) Il definitivo impulso all’attuale diffusione dei sistemi attivi di sfruttamento solare viene dato in Europa dalle direttive comunitarie sull’efficienza energetica degli edifici, 154 che impongono agli stati membri di legiferare in materia di efficienza energetica e prestazione degli edifici. Più in generale il vero motore della diffusione dei sistemi attivi nell’architettura è stato il sistema d’incentivazione economica attuato nei vari paesi europei, poiché senza questo decisivo supporto l’unità energetica (kWh) prodotta con sistemi fotovoltaici sarebbe risultata fortemente antieconomica. I dati attuali riferiti allo scenario sul medio-breve periodo 155 prevedono che la contestuale diminuzione dei prezzi dei sistemi FV e l’aumento del costo delle risorse fossili, pareggino il costo economico di una unità energetica prodotta da fonte solare rispetto a quella prodotta da fonte non rinnovabile. Un altro esempio eccellente di questo periodo è la casa unifamiliare a Hegenlohe in Germania (T. Volz, 2003); in questo progetto appare chiaramente un approccio maturo al problema dell’integrazione dei nuovi sistemi attivi. In questo caso il livello di efficienza sinergica si evidenzia in diversi elementi: la riproposizione della forma tipo ricorrente a falda traslata; 156 l’integrazione dimensionale dei moduli fotovoltaici con le partizioni dell’edificio; il distacco dei moduli FV, risolto compositivamente, dalla struttura della copertura per favorirne il raffreddamento in fase estiva; 157 la distribuzione interna rivolta completamente a sud; la corretta disposizione delle superfici trasparenti e le opportune schermature superiori. Tutti questi elementi compresenti rendono questo progetto un modello di riferimento contemporaneo sul tema dell’edificio unifamiliare solare. 154 2002/91/CE (EPBD, Energy Performance Building Directive), 2012/27/EU e 2010/31/EU Entro il 2030 il “costo livellato dell’elettricità tedesco” (LCOE) sarà inferiore rispetto a 1 kWh prodotto da una centrale a gas o a carbone; fonte: Fraubhofer-ISE di Friburgo 156 Cfr. sotto-sottocap. 4.1.1, 157 Le celle fotovoltaiche subiscono un non trascurabile decremento prestazionale in caso di elevato surriscaldamento, abbastanza frequente nella stagione estiva di massima produzione; cfr. sotto-sottocap. 2.3.1 155 66 Cap. 1 Il concetto di architettura solare Casa a Hegenlohe: vista alta da sud-ovest (fig. 1.107); concept energetico (fig. 1.108); dettaglio del nodo copertura-parete esterna con in evidenza lo strato di ventilazione sotto i pannelli FV (fig. 1.109 La breve selezione di realizzazioni presentate e i successivi casi studio individuati, 158 mostrano come dall’inizio del nuovo secolo sia in atto una profonda riconsiderazione del ruolo dell’involucro architettonico; la sua funzione strumentale di “scambiatore energetico” con l’ambiente circostante sta assumendo un peso sempre più rilevante nell’economia generale del progetto. Tutto ciò influenza necessariamente anche l’assetto morfologico e la risultanza figurativa, prevalentemente influenzata da fattori stilistici o all’opposto puramente funzionali. La scelta consapevole di operare con gli strumenti dell’architettura solare implica perciò delle scelte nell’approccio al progetto molto precise; esse devono indirizzare l’involucro architettonico verso il massimo livello di efficienza sinergica, garantendone la qualità architettonica finale sia che si voglia far prevalere l’istanza formale rispetto a quella tecnologica o viceversa. 1.7 Verso un’autosufficienza energetica dell’architettura Sul concetto di energia legata alla produzione e all’uso degli edifici, tanto è stato scritto e tanto si sta scrivendo: la questione è antica come la storia dell’architettura. Gli scenari prefigurati dall’attuale direttiva europea 2010/31/EU impongono delle scelte di campo radicali: gli edifici di nuova costruzione dal 2020, praticamente non dovranno più consumare energia in fase d’uso (2018 per i nuovi edifici pubblici: scuole, università, teatri, municipi, ecc.); senza considerare anche i forti vincoli imposti dalla recentissima direttiva 2012/27/EU sull’efficienza energetica, con l’obiettivo di ridurre l’enorme peso della bolletta energetica europea dovuta alle importazioni dall’estero, gravante per quasi il 4% del prodotto interno lordo. 159 Ora però appare necessario spostare l’obbiettivo sulla città, superando l’idea del singolo 158 159 edificio autonomamente ultraperformante; è necessario perciò agire più Cfr. Cap. 3 dati 2011 Unione Europea 67 Teoria e pratica dell’architettura solare consapevolmente alla scala del quartiere, del tessuto urbano consolidato. Come già è stato fatto alla scala del singolo manufatto l’attenzione della ricerca deve concentrarsi sulla individuazione di strumenti operativi finalizzati a ridurre drasticamente il fabbisogno di energia primaria in maniera organica sui tessuti urbani, incentivando prioritariamente lo sfruttamento delle risorse rinnovabili reperibili in loco. Il percorso sembra molto complesso pensando che in Italia, ad esempio, più del 70% del patrimonio edilizio è stato costruito antecedentemente alla legge 376 del 1976, primo provvedimento normativo italiano che ha posto limiti restrittivi alle dispersioni termiche degli edifici. Inoltre è un dato di fatto che non esistono attualmente strumenti legislativi attuativi che considerino l’efficienza energetica alla scala urbana e il suo complesso interagire di diversi fattori. Si prospetta perciò un processo lungo ma realisticamente possibile, pensando agli attuali incrementi esponenziali degli interventi di riduzione delle dispersioni termiche e della produzione energetica da fonte rinnovabile. Una certa visione ottimistica deriva anche dai dati che vengono pubblicati, anche se in maniera non troppo diffusa: il fotovoltaico installato in Italia ha recentemente superato come potenza complessiva il livello di una centrale nucleare di quarta generazione. 160 Oppure è sufficiente volgere lo sguardo alle realizzazioni urbane sostenibili già in essere: esistono esempi di quartieri energeticamente quasi autosufficienti come Solar City (R. Rainer, 1993) a Linz in Austria, Vauban (Kohlhoff & Kohlhoff, 1995) a Friburgo in Germania; o addirittura un intero comparto urbano completamente autosufficiente per 30.000 persone in costruzione ad Abu Dhabi (Masdar City, N. Foster, 2007-in corso) negli Emirati Arabi Uniti. Masdar City: vista aerea del nuovo insediamento di progetto (fig. 1.110); l’andamento inclinato delle facciate degli edifici crea protezione dall’irraggiamento e spazi schermanti superiormente dai sistemi di produzione fotovoltaica (fig. 1.111); nel concetto estremizzato di sostenibilità viene gerarchizzata anche la mobilità: quella carrabile (elettrica) è separata e a un livello inferiore rispetto a quella pedonale (fig. 1.112) 160 Alla fine del 2011 la potenza installata in Italia ha raggiunto i 13.200 GWh contro i 9.600 GWh dell’impianto di Olkiluoto in Finlandia 68 Cap. 1 Il concetto di architettura solare L’ottimismo deriva anche dal fatto che in una sola giornata il sole riversa sulla terra una quantità di energia, teoricamente sfruttabile, pari circa a 5.400 volte l’intero fabbisogno del pianeta; 86.000 terawatt contro i 15 terawatt globalmente richiesti. 161 Secondo queste premesse l’innovazione tecnologica deve farsi carico d’incrementare la percentuale di resa dei sistemi che al momento è possibile sfruttare. Va detto che l’efficienza media degli attuali pannelli fotovoltaici, come esempio di tecnologia con i più ampi margini di miglioramento, si aggira mediamente su di un modesto 14%; 162 percentuale molto bassa se confrontata con alcune tipologie di sistemi termici a combustione, come ad esempio le caldaie a condensazione di ultima generazione, che possono arrivare fino al 109% di efficienza globale in rapporto all’energia primaria consumata. Sotto l’aspetto architettonico gli edifici di nuova costruzione, ma soprattutto il patrimonio edilizio esistente, sono dei supporti ideali per le tecnologie solari; è necessario però risolvere attentamente le problematiche d’integrazione per garantire una buona qualità architettonica complessiva. D’altra parte è sbagliato ed eticamente discutibile utilizzare le superfici extraurbane sfigurando il territorio agricolo, poichè è sufficiente utilizzare gli svariati milioni di metri quadrati disponibili sulle coperture, giustamente orientate e in accesso al sole, per implementare questi sistemi. Appare necessario ragionare nei termini di produzione diffusa, in regime di autoconsumo e d’immissione energetica in reti efficienti con il sistema dello scambio sul posto; 163 è possibile ipotizzare dei piccoli network energetici locali, che hanno nella dimensione del quartiere urbano i loro confini di sistema e agiscono come elementi regolatori per lo stoccaggio e l’interscambio energetico. Nella concezione del quartiere energeticamente autosufficiente si attua una perequazione tra produzione e consumo energetico dei singoli edifici, più o meno virtuosi, per arrivare ad un bilancio complessivo tendente allo zero o addirittura positivo. È perciò fondamentale in questa prospettiva che l’energia prodotta da fonte rinnovabile sia disponibile a “chilometri zero”, incrementando il livello di autoconsumo in sito, poiché sarà più semplice la gestione energetica evitando perdite per trasporto o inadeguatezza delle reti. Secondo queste premesse e considerando il livello di irraggiamento che l’Italia può vantare sorge un quesito: potrebbe essere possibile una “solarizzazione” diffusa ed estesa dell’Italia? Una primaria risorsa energetica nazionale che ci affranchi da quella percentuale altissima (85%) di dipendenza dall’estero, peraltro derivante da risorse fossili oramai non più sostenibili o problematiche centrali nucleari. Attualmente la quota 161 Fonte: GCEP – Stanford University intesa come resa percentuale media rispetto alla complessiva radiazione incidente solare; cfr. Spagnolo M., op. cit., p. 195 163 In Italia praticabile attraverso il “Conto energia”; cfr. Magrini A., op. cit., pp. 125-136 162 69 Teoria e pratica dell’architettura solare di rinnovabili in Italia si assesta su una quota di circa il 10% 164 della domanda di energia primaria. I ritmi attuali di crescita sono importanti ma non bastano; è necessaria una svolta incrementale urgente per sostituire una delle maggiori voci di costo del bilancio economico italiano e ridurre drasticamente le emissioni in atmosfera di CO2, anche per rispettare gli impegni presi a livello mondiale. Uno scenario dell’ENEA prefigura al 2050 la quota delle rinnovabili in Italia al 65% 165 rispetto al fabbisogno energetico primario; è possibile fare meglio e prima, grazie ad una diffusa fotovoltaicizzazione del paese. Questo fattore potrebbe rappresentare anche un nuovo motore di ripresa economica per imprese massicciamente riorientate sulla green economy, fornendogli una richiesta di prodotto certa e in aumento esponenziale. Fig. 1.113: potenza fotovoltaica installata (2012) nei principali paesi produttori: è ben evidente il ruolo dell’Italia nel contesto internazionale, posizionata al secondo posto assoluto dietro alla Germania Come agire è sempre un problema che parte dalla volontà politica (livello decisionale) e dalle risorse economiche (investimenti): quello che è stato fatto fino ad ora, come le incentivazioni sulla produzione da energia rinnovabile, è positivo ma non basta; prima o poi il sistema dovrà necessariamente arrivare ad autosostenersi, senza gravare più sul costo energetico della collettività. È necessario perciò strutturare una grande convergenza d’intenti, primo fra tutti una legislazione prescrittiva di livello nazionale; questo strumento imporrà a cascata prima alle regioni e poi ai singoli comuni, quelle tipologie di pianificazione interamente 164 165 Cfr. Rapporto energia e ambiente, ENEA, Roma, 2013, p. 4-5 Ibidem, p. 12 70 Cap. 1 Il concetto di architettura solare finalizzate all’autosufficienza energetica degli ambiti urbani consolidati o di nuova costruzione, interessando non più solo la scala del singolo edificio. La sfida più importante è senz’altro il recupero del patrimonio edilizio esistente, problema che presuppone l’individuazione di ambiti energeticamente omogenei attraverso una zonizzazione specifica dei territori comunali. Circoscritti gli ambiti un sistema perequativo interverrà sul bilancio energetico “di zona” stabilendo degli obbiettivi energetici da raggiungere; ciò sarà reso possibile da una classificazione puntuale degli edifici più energivori fino a quelli più virtuosi a energia zero o a energia+. Il regime attuale della certificazione energetica va sicuramente affinato, ma rimane lo strumento più funzionale per arrivare a un obbiettivo di gerarchizzazione dei costi di fornitura: chi consuma di più e non intende riqualificare il proprio patrimonio edilizio o implementare sistemi di produzione energetica da fonti rinnovabili, 166 pagherà proporzionalmente di più la fornitura energetica per compensare la maggiore incidenza sul bilancio complessivo di quartiere. Questa logica dovrà attuarsi necessariamente all’interno di ambiti urbani già pianificati specificatamente per tendere ad un bilancio energetico zero; è fondamentale inoltre una campagna efficace di sensibilizzazione culturale dell’utenza finale, che stimoli anche processi di identificazione in comunità locali sostenibili e che faccia diventare l’autosufficienza energetica e il minor inquinamento ambientale una peculiarità del buon vivere. In realtà tutto questo sta già avvenendo, con ottimi risultati e pur in situazioni più svantaggiose rispetto a quelle italiane, in nazioni vicine come Germania, Danimarca, Austria, Gran Bretagna e Olanda. 166 Anche attraverso le opportunità d’incentivazione attualmente in campo: Conto energia, Conto termico, detrazioni fiscali, utilizzo delle Energy Service Company (ESCO) per finanziare gli interventi di efficientamento energetico, ecc. 71 Teoria e pratica dell’architettura solare 72 Capitolo 2. Teoria dell’architettura solare 2.1. Definizione dell’ambito di ricerca e terminologie Prima di affrontare più nello specifico le questioni inerenti l’architettura solare è importante definire le diverse tipologie energetiche di edifici attualmente presenti nel panorama scientifico internazionale. La Passivhaus (casa passiva) è un concetto prestazionale già definito organicamente in tutti i suoi aspetti, mentre sono ancora in corso di approfondimento le strutturazioni concettuali, che riguardano sia il singolo edificio che l’aggregato urbano, di nZEB/ZEB (nearly/Zero Energy/Emission Building), PEB (Plus Energy Building) e PED (Plus Energy District, Development or Communities). Gli acronimi sopracitati, attualmente protagonisti di un gran numero di pubblicazioni, tour di convegni e cicli di conferenze in tutto il mondo, sono al centro del dibattito scientifico contemporaneo in merito alla tipologia di bilancio energetico annuale da considerarsi, nel quale viene ricompreso anche l’apporto solare. L’energia consumata e autoprodotta da una parte o la quantità di CO2 emessa in atmosfera dall’altra, sono gli ambiti di valutazione a cui le stesse definizioni fanno riferimento. La comunità scientifica è tutt’ora alla ricerca di una convergenza interpretativa e terminologica; a tal proposito è in corso un progetto di ricerca europeo dell’International Energy Agency (SCH Task 40, Towards Net Zero Energy Solar Buildings, 2008 – 2013), che ha tra gli obiettivi anche quello di uniformare le definizioni e, soprattutto, le metodologie di calcolo, elemento decisivo per la definizione dell’edificio a bassissimo consumo del prossimo futuro. Alcuni esempi di edifici o comparti urbani, connotati fortemente sotto l’aspetto energetico, contengono al loro interno spunti di grande interesse sulle tematiche di sfruttamento solare e contengono soluzioni, sia formali che tecnologiche, di elevata qualità progettuale. 2.1.1 La casa passiva. Passivhaus Il termine “passivo” si riferisce ad edifici in cui certe condizioni di comfort, invernale e/o estivo, vengono raggiunte grazie a caratteristiche ottimizzate dell’involucro edilizio (forma e orientamento, isolamento termico e massa, protezioni solari, etc.) e a sistemi di trasporto del calore (pompe o ventilatori) da o verso l’ambiente circostante (aria, Teoria e pratica dell’architettura solare terreno, cielo, etc.), che non richiedono l’utilizzo di energia fossile o di altre fonti convenzionali 1 . La concezione della casa passiva (passivhaus) si è concretizzata in Svezia nel 1988 dalla collaborazione tra Bob Adamson, professore all’Università svedese di Lund e Wolfgang Feist, come risultato di una serie di progetti di ricerca mirati a massimizzare il risparmio energetico applicato alla produzione edilizia. Successivamente in Germania lo stesso concetto viene definitivamente strutturato nelle sue caratteristiche descrittive e prestazionali, attraverso la creazione nel 1996 del Passivhaus Institut a Darmstadt da parte di Feist. Questo istituto propone metodologie e soluzioni per la progettazione di case passive e collabora a diversi programmi di ricerca europei su tematiche di risparmio energetico in ambito comunitario; tra questi il Task 28 (Soustainable housing solar) dell’IEA (International Energy Agency) e il progetto CEPHEUS (Cost Efficient Passive Houses as European Standards), del quale detiene la leadership scientifica. Il primo edificio campione rispondente agli standards passivhaus risale al 1990 e viene realizzato a Darmstadt-Kranichstein (Germania) sotto la supervisione di Feist; è tutt’ora monitorato sotto l’aspetto prestazionale e risponde ancora agli standards iniziali di progetto. Edificio passivo a Darmstadt-Kranichstein: concept energetico (fig. 2.1) e rilevazione delle temperature del soggiorno (senza riscaldamento) nel periodo invernale 1994-’95 (fig. 2.2) La filosofia che sta alla base dell’idea passivhaus, mira al quasi annullamento del fabbisogno energetico per il riscaldamento invernale. Questo è reso possibile da una serie di fattori tra cui: 1 end-use Efficiency Research Group (eERG), Passivhaus per il sud dell’Europa: linee guida per la progettazione, Dipartimento di Energia, Politecnico di Milano, 2011 74 Cap. 2 Teoria dell’architettura solare una forma architettonica molto compatta che determini un basso valore del rapporto S/V (sommatoria delle superfici esterna disperdenti in rapporto al complessivo volume confinato); la ricerca della massima continuità dell’isolamento, a forte spessore, su tutto l’involucro esterno; l’annullamento o la forte limitazione dei ponti termici, dei quali l’attacco a terra risulta essere quello di soluzione più problematica; lo sfruttamento degli apporti solari passivi, come l’irraggiamento verso il sistema delle vetrazioni debitamente orientate e schermate (a seconda della latitudine), in sinergia con l’accumulo termico delle masse edilizie retrostanti; lo sfruttamento e la considerazione degli apporti gratuiti interni come il calore corporeo, quello prodotto dagli elettrodomestici, dagli apparati elettronici o dagli impianti d’illuminazione; l’elevata tenuta all’aria dell’involucro, misurabile tramite il blower door test; la presenza obbligatoria di un impianto di ventilazione meccanica controllata (VMC), con scambiatore di calore ad alto rendimento nell’ordine dell’80-90%; esso è in grado di apportare i necessari ricambi d’aria all’interno dell’edificio, senza disperdere eccessivamente il calore e garantire in caso di necessità, attraverso il pretrattamento dell’aria immessa, quei minimi fabbisogni di climatizzazione (caldo, freddo e deumidificazione) degli ambienti interni. Il Passivhaus Institut ha fissato degli standards precisi (minimi prestazionali) ai quali un edificio deve rispondere per essere considerato passivo. Il fabbisogno energetico per riscaldamento dovrà essere inferiore a 15 kwh/m²anno; prestazione resa possibile dall’iperisolamento dell’involucro nelle sue componenti disperdenti: pareti esterne verticali, copertura, solaio contro terra, infissi e vetrazioni. Il consumo totale di energia primaria, considerando anche l’acqua calda sanitaria (ACS) e i consumi elettrici, dovrà essere inferiore a 120 kwh/m²anno. Infine il valore di tenuta all’aria dell’involucro dovrà risultare n50≤0,6hˉ¹; livello che garantisce l’ermeticità dello spazio confinato, limitando fortemente le dispersioni termiche dovute ad infiltrazione o fuoriuscita d’aria. In Italia sono state fatte diverse sperimentazioni tra cui la casa passiva di San Bartolomeo di Cherasco (Cuneo), realizzata nel 2005 dall’arch. M. G. Novo (proprietaria dell’immobile) in partnership con Rockwool Italia, produttore di isolamenti a base di lana di roccia. È stata prevista la completa ricostruzione di un edificio esistente rurale risalente agli inizi dell’800, che presentava un forte stato di degrado sia strutturale che superficiale; in più vi erano i vincoli tipici sulle costruzioni storiche che richiedevano il rispetto delle volumetrie e dei materiali originari. I livelli raggiunti di trasmittanza termica delle componenti d’involucro, hanno permesso di contenere le spese di riscaldamento e 75 Teoria e pratica dell’architettura solare acqua calda sanitaria in circa 250 €/anno 2 , garantendo peraltro ottime condizioni di comfort termo-igrometrico e acustico. Il fabbisogno di energia primaria è risultato essere di 14,6 kwh/m²anno e il blower door test ha verificato un valore di pressione n50 inferiore a 0,6 hˉ¹, 3 rendendo conforme la casa di Cherasco agli standard passivhaus e ottenendo così la certificazione dell’istituto di Darmstadt. La casa di Cherasco: vista attuale (fig. 2.3) e sezione trasversale con in evidenza le strategie di contenimento delle dispersioni termiche attraverso l’isolamento a forte spessore (fig. 2.4) Elemento costruttivo Trasmittanza (W/m²K) Parete esterna verso l'ambiente 0,155 Tetto 0,172 Primo solaio 0,123 Tab. 2.1 Trasmittanza specifica degli elementi d’involucro della casa di Cherasco Un altro esempio esemplificativo di casa passiva, certificata anch’essa dal PHI, è possibile trovarlo sulle montagne della provincia di Modena, nella frazione di Sant’Anna Pelago (Comune di Pievepelago, Provincia di Modena). Anche in questo caso si tratta di una ricostruzione di una vecchia stalla-fienile dove erano imposti il recupero delle volumetrie, delle bucature e dei materiali originari. Il progetto dell’Arch. Giuseppina Testa e dell’Energy Manager Yuri Bautta (proprietario dell’immobile), ha previsto anche un originale tetto-giardino inclinato con funzione di isolamento e massa inerziale. Lo standard passivhaus e la successiva certificazione, sono stati raggiunti grazie al valore del fabbisogno energetico per riscaldamento invernale di 14,3 kwh/m²anno e di tenuta all’aria a n50 di 0,56 hˉ¹, valori inferiori ai limiti imposti. 2 Carotti A., Madè D., La casa passiva in Italia: teoria e progetto di una “casa passiva” in tecnologia tradizionale, Rockwool, Milano, 2006, p. VI 3 ibidem, p. 82 76 Cap. 2 Teoria dell’architettura solare Passivhaus a Sant’Anna Pelago: stato di fatto (fig. 2.5) e particolare della copertura a “tetto giardino” inclinato di tipo basso-estensivo (fig. 2.6) La casa passiva è in sostanza un’efficace risposta alle esigenze di riduzione o quasi annullamento dei fabbisogni energetici per riscaldamento degli edifici nei climi nordeuropei o delle nostre regioni alpine e alto-appenniniche; qui è presente un netto sbilanciamento della risposta prestazionale dell’involucro nei confronti del regime invernale, con temperature di esercizio esterne particolarmente rigide. È un tipo prestazionale e costruttivo che presenta però diversi inconvenienti se applicato alle costruzioni in climi temperati o mediterranei; in questo caso il concetto cardine della compattezza dei volumi architettonici è messo in discussione dalle esigenze dell’involucro in regime estivo, necessitando di una risposta prestazionale più equilibrata nei confronti di entrambi i periodi, sia quello sottoriscaldato invernale che quello surriscaldato estivo. 2.1.2 La casa passiva per clima mediterraneo. Progetto Passive-On Il Passive-On (Marketable Passive Homes for Winter and Summer Comfort) è un progetto di ricerca patrocinato dal programma europeo SAVE Intelligent Energy Europe, promosso e coordinato da eERG 4 , che mira alla promozione e alla diffusione delle case passive per i climi caldi. La ricerca sta modificando il concetto passivhaus per ottenere bassi consumi ed elevato comfort anche nei climi mediterranei, attraverso simulazioni su edifici da realizzare nei diversi paesi partecipanti al progetto e riguardanti tipologie di case largamente diffuse nelle rispettive zone climatiche. Come detto la problematica del raffrescamento estivo è variabilmente equivalente o prioritaria rispetto al riscaldamento 4 eERG (end-use Efficiency Research Group) è il gruppo di ricerca (responsabile Prof. Lorenzo Pagliano) sull'efficienza negli usi finali dell'energia attivo dal 1996 presso il Dipartimento di Energia del Politecnico di Milano 77 Teoria e pratica dell’architettura solare invernale nei climi sud-europei o italiani in particolare. Si tratta perciò di implementare le soluzioni e gli standard prestazionali definiti per le passivhaus nord-europee con soluzioni che tengano conto del maggiore carico termico incidente sugli edifici nel regime estivo, sia come componenti opache che trasparenti. Queste soluzioni sono classificabili come: un livello di isolamento differenziato per clima e tipologia di chiusura dell’involucro (copertura, parete esterna verticale, solaio contro terra); un livello di tenuta all’aria meno stringente (n50‹1hˉ¹) in considerazione del minor fabbisogno invernale per riscaldamento, a vantaggio del raffrescamento naturale estivo (cioè la maggiore possibilità dell’edificio di dissipare per ventilazione il calore accumulato durante il giorno); delle superfici vetrate generosamente dimensionate e orientate prevalentemente a sud, in grado di intercettare la massima radiazione solare favorevole invernale (guadagno termico gratuito grazie all’effetto serra), ma anche di proteggersi, grazie a schermature fisse e/o mobili opportunamente dimensionate e posizionate, dalla radiazione non favorevole estiva; la possibilità di ventilare gli ambienti interni in maniera naturale, grazie al corretto posizionamento delle aperture finestrate (contrapposte), da porsi in collegamento con il vano scala e con delle aperture regolabili in copertura; oppure utilizzando dei cavedi verticali estrattori opportunamente dimensionati che sfruttano le brezze dominanti e la depressione innescata dall’effetto camino; un ricambio dell’aria comunque garantito da sistemi attivi a basso consumo (ventilazione meccanica controllata con recuperatore di calore ad alta efficienza, η›80-90%), che possano permettere la ventilazione anche in particolari condizioni svantaggiose sotto il profilo acustico (ambienti esterni molto rumorosi, o la prossimità a vie trafficate anche di notte, ecc.) e termico estivo (ambiente esterno surriscaldato); il raffrescamento da attuarsi in fase estiva ottenuto prevalentemente con sistemi passivi (schermature solari, grandi masse inerziali, ventilazione notturna) e con l’ausilio di sistemi attivi a basso consumo (VMC in funzionamento notturno) nei giorni di picco termico; il riscaldamento invernale attuato sfruttando gli apporti solari passivi e gratuiti interni e con l’ausilio di sistemi di generazione termica alimentati a FER (fonti energetiche rinnovabili) nei giorni di picco invernale; assenza quindi di sistemi tradizionali di riscaldamento. 78 Cap. 2 Teoria dell’architettura solare In ordine generale gli obiettivi di natura più divulgativa del progetto Passive-ON sono sostanzialmente tre: rendere disponibili una serie di strumenti ad uso di architetti (in particolare i piccoli studi) e professionisti: delle “linee guida” per la progettazione dell'edilizia e il software di calcolo sviluppato su foglio Excel PHPP (Passive House Planning Package), sviluppato dal Passivhaus Institut di Darmstadt e implementato dei carichi estivi per gli edifici in climi caldi; fornire alla Commissione Europea una Relazione di Opportunità e Strategie, allo scopo di esaminare gli ostacoli e le soluzioni di fattibilità del concetto passivhaus applicato ai climi mediterranei, attraverso: o il completamento di un'analisi per determinare l'attuale livello di diffusione di case a basso consumo nei paesi partecipanti, individuare le barriere che attualmente rallentano la loro adozione e proporre delle soluzioni di tipo regolativo/organizzativo che potrebbero portare ad una più larga diffusione sul territorio; o la realizzazione di un modello comune di analisi nelle nazioni partner per stimare i potenziali risparmi globali di energia delle case passive nel medio e lungo termine; o l'analisi dei benefici politici ed amministrativi per lo sviluppo di programmi volontari per ottenere la certificazione di casa passiva o adottare gli standard comuni della casa passiva nelle nazioni partner; o definire il Pacchetto d'Azione del Governo Locale, dove evidenziare i diversi procedimenti a livello locale per accrescere lo sviluppo delle case passive basati sulle buone pratiche esistenti sia nei paesi partner che nei paesi non associati. In termini prestazionali le differenze tra lo standard passivhaus originario e quello per climi mediterranei, si possono riassumere in tre questioni fondamentali: l’introduzione di un limite di fabbisogno per raffrescamento (›15 kw/m²a) inesistente per la passivhaus; la possibilità di derogare fino a 1,0h‒¹ il livello di tenuta all’aria dell’involucro termico a n50, in caso però di temperature di progetto esterne maggiori di 0°C; l’applicazione del criterio di comfort estivo (definito dalla norma EN 15251:2007) con la possibilità di mantenere la temperatura operativa sotto i 26°C in caso di raffrescamento ottenuto con sistemi attivi. Questi parametri, a detta degli stessi ricercatori dell’eERG, andranno sicuramente ricalibrati quando saranno a disposizione sufficienti dati operativi di confronto, derivanti da un buon numero di edifici passivi che rispettano lo standard passivhaus “esteso”. 79 Teoria e pratica dell’architettura solare Una interessante metodologia adottata dal gruppo di ricerca è stata la comparazione di un modello di studio, verificato in tre differenti situazioni climatiche corrispondenti a tre diverse città italiane: Milano, Roma e Palermo. I dati elaborati hanno evidenziato soluzioni di involucro e strategie tecnologiche applicate anche molto differenti; nel caso di Milano, ad esempio, la necessità di un maggiore isolamento del solaio contro terra per contenere le dispersioni termiche, mentre a Palermo si riduce drasticamente per facilitare la dispersione del carico termico estivo verso il terreno. Fig. 2.7 Progetto Passive-ON (eERG): diagrammi dei fabbisogni in regime invernale (rosso) ed estivo (blu) nelle tre città di riferimento, Milano-Roma-Palermo Il corpus dei risultati empirici ottenuti, analizzando i vari aspetti prestazionali degli elementi tecnici costitutivi l’involucro edilizio, potrà essere un valido supporto alle attività di progettazione di edifici passivi per climi mediterranei. Questi indicatori infatti danno la possibilità di adottare in fase progettuale tutta una serie di condizioni necessarie (aspetti ambientali, rapporto di compattezza, superfici vetrate, influenza delle schermature solari, etc.) che consentono il raggiungimento dei livelli prestazionali dello standard passivhaus esteso, evitando ai professionisti la parte di elaborazione computazionale. Fig. 2.8 Bart Conterio, progetto di casa passiva in clima mediterraneo 80 Cap. 2 Teoria dell’architettura solare 2.1.3 L’edificio a energia zero. Net Zero Energy Building Come già anticipato, attualmente il dibattito scientifico non ha ancora trovato una sostanziale convergenza sulla definizione di Zero Energy Building (ZEB) e degli acronimi derivati che negli ultimi anni hanno fatto la comparsa nel panorama internazionale. Un importante progetto di ricerca, il Task 40-Annex 52 Towards Net Zero Energy Solar Buildings (2008-2013), dell’International Energy Agency all’interno del programma Solar Cooling and Heating, sta lavorando sull’elaborazione di una univoca e condivisa definizione del concetto ZEB; esso tiene conto anche delle prospettive poste dalla Direttiva 2010/31/UE della Comunità Europea, che prevede edifici a energia “quasi” zero a partire dal 2021. Essendo il concetto ZEB una tipologia energetica di edificio, la ricerca scientifica si sta concentrando su alcuni fattori principali: la metodologia di calcolo del fabbisogno energetico da considerare; il periodo su cui impostare il bilancio energetico (annualità o l’intero ciclo di vita del manufatto architettonico); la connessione o meno dell’edificio alle reti energetiche (on-grid, off-grid); il tipo di bilancio basato o sul fabbisogno energetico o sulle emissioni di CO2 in atmosfera dell’edificio. Il concetto di Zero Energy Building appare per la prima volta nel 2006 5 e viene definito come: […] un edificio residenziale o commerciale che riduce drasticamente il suo fabbisogno energetico grazie a una progettazione dell’involucro efficiente e all’ottimizzazione dei guadagni termici e in cui il fabbisogno energetico viene soddisfatto tramite impianti che producono energia da fonti rinnovabili […]. Al cuore del concetto di ZEB vi è l’idea che gli edifici siano in grado di soddisfare tutte le loro esigenze di energia tramite fonti di energia a basso costo, disponibili in loco, non inquinanti, rinnovabili. La definizione sopracitata evidenzia subito tre punti di contatto con le finalità di questa ricerca: la priorità del progetto tecnologico dell’involucro efficiente, condizione necessaria per ottenere uno ZEB; 5 Torcellini P. et al., “Zero Energy Buildins: a critical look at the definition”, conference paper, ACEEE summer study pacific grove, California, 14-18/08/2006 81 Teoria e pratica dell’architettura solare l’ottimizzazione dei guadagni termici (per irraggiamento solare e per apporti interni) ottenibile solo attraverso una mirata progettazione preliminare; il soddisfacimento del minimo fabbisogno energetico richiesto dall’edificio da parte di impianti a FER (Fonti Energetiche Rinnovabili o RES Renewable Energy Source) reperibili in loco, tra cui, appunto, l’energia solare. E’ da notare come il tema dell’integrazione dei sistemi attivi nell’involucro edilizio non venga ancora trattato come questione determinante ai fini dell’ottenimento di uno ZEB, poiché gli stessi ricercatori prevedono la possibilità di posizionare indifferentemente i sistemi attivi sull’involucro o al di fuori di esso, o addirittura del lotto di riferimento, a seconda del diverso “limite” di sistema energetico che viene stabilito. Le FER possono essere sia nelle vicinanze (comunque all’interno del lotto) che lontane dal sito di riferimento (grandi impianti di generazione energetica); questa condizione sottende anche la possibilità di connessione dello ZEB alle reti energetiche locali (on site energy grids). Nello stesso articolo viene stilata una sorta di classifica “qualitativa” della fornitura energetica da FER: disponibilità e uso di FER derivante dal risparmio energetico, ottenuto attraverso l’ottimizzazione della tenuta termica dell’involucro edilizio (energy saved); disponibilità e uso di FER entro il perimetro dell’edificio (building footprint); disponibilità e uso di FER entro il lotto di riferimento dell’edificio (site footprint); disponibilità e uso di FER reperibili al di fuori del lotto di riferimento per generare, attraverso processi termici, energia all’interno dello ZEB; disponibilità e uso di FER reperibili al di fuori del lotto di riferimento e trasportate all’interno dello stesso attraverso le reti energetiche già sottoforma di energia utilizzabile; ad esempio: campi fotovoltaici, eolici, geotermici, teleriscaldamento alimentato a FER, idroelettrico. Queste opzioni di fornitura energetica aprono questioni importanti nella definizione del concetto ZEB. Sono sicuramente auspicabili la prima e la seconda soluzione; esse definiscono un edificio a bassissimo consumo (tendente all’autosufficienza energetica), che compensa il debito energetico nei mesi più sfavorevoli autoproducendo l’energia nei mesi più favorevoli. Lo stesso edificio deve avere la possibilità di cedere alla rete il surplus energetico e richiedere alla rete il debito energetico (on grid building), utilizzando la stessa come elemento “compensatore” ed evitando complessi e onerosi sistemi di stoccaggio. 82 Cap. 2 Teoria dell’architettura solare Questa in sostanza prefigura la logica dello “scambio energetico sul posto” che caratterizza, nel caso italiano, il sistema incentivante sul fotovoltaico dei piccoli impianti (fino a 20 kWp) denominato “conto energia”. 6 Esso ha ottenuto e sta ottenendo risultati ben superiori alle più rosee aspettative; è arrivato al quinto aggiornamento e ha portato l’Italia al secondo posto in Europa, dopo la Germania, come livello complessivo di potenza fotovoltaica installata. Considerando il dibattito in corso sulla ripartenza del programma nucleare italiano è sempre importante sottolineare che, sommando tutti gli impianti attivati nel nostro paese, è stata recentemente raggiunta (2011) la potenza di una centrale nucleare di quarta generazione. 7 Nella nuova ottica di questi edifici produttori energetici connessi alla rete, è importante considerare la problematica della qualità della stessa: nel medio-lungo termine, prevedendo sviluppi considerevoli dei volumi energetici scambiati e avvalorati dagli attuali trend di crescita del mercato del fotovoltaico, bisognerà valutare la capacità della rete di assorbire le quantità di energia immessa nei picchi di produzione e non immediatamente richiesta. Questo aspetto potrebbe essere risolto ipotizzando idonei siti di stoccaggio energetici (sorta di grandi “batterie”) che diano la possibilità di compensare la prevalenza dell’offerta rispetto alla domanda di energia. In ordine generale uno ZEB può essere definito considerando due riferimenti principali: o attraverso il bilancio energetico (solitamente su base annuale) 8 oppure attraverso il bilancio delle emissioni di CO2 in atmosfera. L’orientamento anglosassone (il Regno Unito in particolare fin dal 2006) 9 considera il bilancio delle emissioni come prioritario nell’ottenimento di un edificio a bassissimo consumo. La considerazione di questo fattore, rispetto alla valutazione del bilancio energetico, comporta delle metodologie di calcolo differenti, ma sostanzialmente con finalità equivalenti: ridurre drasticamente il consumo di energia da fonte fossile, perciò non rinnovabile, degli edifici di nuova costruzione e, in un’ottica di efficientamento energetico, anche del più esteso patrimonio edilizio esistente. 6 Questo sistema di incentivazione è stato introdotto in Italia nel 2005, con il Decreto Ministeriale del 28 luglio 2005 (Primo Conto Energia) ed è attualmente regolato dal Decreto Ministeriale del 05 maggio 2011 (Quarto Conto Energia). Il Quinto Conto Energia si applica a partire dal 27 agosto 2012. Possono beneficiare del Conto Energia le persone fisiche, le persone giuridiche, i soggetti pubblici, gli enti non commerciali e i condomini di unità abitative e/o di edifici. (fonte: GSE gestore dei servizi energetici); cfr. nota 57 7 La capacità produttiva annuale del fotovoltaico in Italia, raggiunta nell’arco del 2011, supera di una volta e mezzo quella di una centrale nucleare di ultima generazione: 13.200 GWh contro i 9.600 GWh dell’impianto di Olkiluoto in Finlandia (fonte: www.tuttogreen.it) 8 Diversi autori cominciano a considerare anche vari aspetti qualitativi sia del fattore energetico, che sul tipo e durata del bilancio, cfr. Lavagna, Bonanomi, De Flumeri, Edifici a consumo energetico zero, 2012, pp. 19-22 9 Cfr. Communities and local government, Code for sustainable homes. A step-change in sustainable home building practice, London, 2006. Communities and local government, Building a greener future: towards zero carbon development, London, 2006. 83 Teoria e pratica dell’architettura solare S. Robson, ZEB Lighthouse prototype: concept energetico (fig. 2.9) e dettaglio (fig. 2.10) Rimane un fattore prioritario l’utilizzo di sistemi a FER per soddisfare il fabbisogno energetico residuo; tra questi, i sistemi attivi e passivi di sfruttamento solare sono inequivocabilmente i più semplici da implementare, per la loro caratteristica di poter sfruttare convenientemente l’involucro architettonico come supporto. In Italia una prima classificazione delle possibilità d’integrazione di questi sistemi nell’edificio, è stata fatta a partire dalle indicazioni del terzo conto energia; 10 esso infatti prevedeva, tra le possibilità di maggiore incentivazione, l’utilizzo di sistemi attivi fortemente integrati nelle stesse componenti costitutive dell’involucro. Queste parti sommano alle funzioni tipiche di funzionamento dell’edificio (tenuta strutturale, all’acqua, al vento, d’isolamento) anche quella di produzione di energia elettrica per conversione fotovoltaica o solare termica. 2.1.4 L’edificio energeticamente attivo. Plus Energy Building L’edificio energeticamente attivo (PEB - plus energy building) è definibile come un particolare ZEB che produce un credito energetico nel periodo di bilancio energetico annuale; esso perciò produce energia da fonti rinnovabili in surplus rispetto all’energia che richiede alla rete. Questo avviene per i fabbisogni dei periodi di maggior consumo che coincidono nella maggioranza dei casi con quelli di minor produzione. Alle latitudini del centro e del nord Europa, questo periodo coincide essenzialmente con la stagione invernale e per alcune fasi del periodo primaverile e autunnale, dove il fabbisogno per riscaldamento è quantitativamente prioritario rispetto al raffreddamento; lo stesso 10 Cfr. nota 5 84 Cap. 2 Teoria dell’architettura solare periodo non favorevole può avere una ridistribuzione temporale diversa nei climi caldi o mediterranei. Se valutiamo ad esempio il caso italiano, dove è possibile incontrare condizioni ambientali radicalmente opposte che vanno dalla zona climatica F equiparabile ai climi nord-europei (zone alpine) alla zona A equiparabile ai climi nord-africani (alcune località della Sicilia), possiamo capire quanto le implicazioni sul bilancio energetico annuale, e perciò sui criteri di progetto di un edifico a energia zero, siano fortemente variabili. Il già citato progetto di ricerca Passive-On 11 ha ipotizzato di applicare gli standard passivhaus a un edificio campione localizzato in tre diverse zone climatiche: Milano (zona E), Roma (zona D) e Palermo (zona B). I risultati di calcolo prevedono per Milano 12 kWh/m²anno come fabbisogno di “energia utile netta” (EUN) per il riscaldamento e 2 kWh/m²a per il raffreddamento; rispettivamente 3,5 e 2,5 kWh/m²anno per Roma; 1,25 e 4 kWh/m²anno per Palermo. Appare chiaro perciò come siano completamente diversi i “pesi” del fabbisogno richiesto nei due regimi invernale ed estivo: in termini assoluti il caso di Roma appare come quello più equilibrato e conseguentemente più controllabile a livello progettuale, caratterizzato da inverni relativamente miti ed estati non eccessivamente calde. Queste considerazioni influenzano fortemente la concezione dell’involucro architettonico, soprattutto nel dimensionamento, disegno e protezione delle superfici vetrate, che diventano elementi caratteristici del linguaggio architettonico e indirizzano le strategie evidenziate nel concept energetico del manufatto. È possibile perciò affermare che un edificio energeticamente attivo è un edificio che rispetta gli standard passivhaus e nel complesso: attua un ulteriore incremento dell’isolamento dell’involucro, sia per trasmissione di calore che per ventilazione, attuando una precisissima correzione dei ponti termici; è un edificio che deve necessariamente essere connesso alle reti energetiche 12 avendo una produzione energetica in surplus; attua una elevata produzione energetica da fonti energetiche rinnovabili (solare fotovoltaico, solare termico, microeolico, geotermia) sempre maggiore del suo fabbisogno considerato nel bilancio annuale; controlla attentamente gli apporti passivi, derivanti dall’irraggiamento solare sulle superfici vetrate e opache (per effetto serra e per accumulo termico) e gli apporti gratuiti interni (calore umano, calore prodotto dalla cottura dei cibi, dall’utilizzo 11 12 Cfr. note 2 e 3 La connessione in rete (on grid) è un fattore non obbligatorio secondo la letteratura attuale, ma auspicabile viste le ridotte possibilità di poter stoccare l’energia prodotta in eccesso nell’impronta (footprint) dell’edificio o del sito; questo a causa del basso livello tecnologico dei sistemi di accumulo a disposizione ed agli altissimi costi degli stessi, sostanzialmente configurati come batterie in serie di varia tipologia; senza dimenticare le problematiche ambientali legate allo smaltimento delle stesse. 85 Teoria e pratica dell’architettura solare dell’acqua calda sanitaria, elettrodomestici, apparecchi illuminanti, apparecchi elettronici, ecc.), poiché si possono innescare facilmente dei fenomeni di surriscaldamento dell’involucro. Si potrebbe ipotizzare una configurazione ottimale della dotazione impiantistica per un edificio energeticamente attivo, in climi caldi o mediterranei (es. Italia), affermando che esso: come per l’edificio passivo non necessita di un impianto di riscaldamento tradizionale: nei giorni di “picco termico”, invernali o estivi, ristabilisce le condizioni di comfort attraverso il trattamento dell’aria interna all’involucro con l’ausilio di batterie di preriscaldamento, preraffreddamento e deumidificazione, sfruttando l’impianto di ventilazione meccanica controllata; necessita obbligatoriamente di un impianto di ventilazione meccanica controllata (VMC) a doppio flusso (estrazione da bagni e cucine e immissione nei locali a giorno e nelle camere da letto) con recuperatore di calore ad altissima efficienza (›90%), che garantisce sia i necessari ricambi d’aria (variabili a seconda della destinazione d’uso) che le eventuali richieste di climatizzazione; utilizza un generatore di energia termica a bassa potenza (ad esempio una pompa di calore idealmente accoppiata ad un sistema geotermico) alimentato dall’impianto fotovoltaico, per preriscaldare o preraffreddare al bisogno l’aria di ricircolo, garantendo anche la quantità necessaria di energia termica per gli usi derivanti dall’acqua calda sanitaria (ACS), con l’ausilio di un sistema di accumulo a scambio termico; attua, in determinati periodi di equilibrio termico interno/esterno, la ventilazione e il ricircolo naturale dell’aria attraverso dispositivi architettonici opportunamente predisposti, sfruttando i venti o le brezze dominanti e il gradiente termico (effetto camino, orientamento e contrapposizione delle aperture finestrate), in accoppiamento con un sistema intelligente di regolazione (building automation) delle aperture e delle schermature solari; necessita di un impianto solare fotovoltaico (generalmente di potenza oltre i 3 kWp) integrato nell’edificio per la produzione di energia elettrica da utilizzare per usi interni e per gli impianti, che determina (viste le caratteristiche d’involucro e di consumo) un surplus energetico da immettere in rete. Naturalmente queste ipotesi sono fortemente influenzate dalla latitudine e dal tipo di zona climatica 13 in cui l’edificio viene inserito; queste caratteristiche microclimatiche 13 Cfr. la classificazione dei climi di W. Köppen, (cfr. sotto-sottocap. 1.1.1) 86 Cap. 2 Teoria dell’architettura solare vanno attentamente analizzate e implementate nel progetto attraverso lo strumento dell’analisi del sito. In conseguenza di questi fattori, come dimostrato anche dai ricercatori dell’eERG 14 , la strutturazione dell’involucro varia fortemente e questo influenza in modo decisivo le scelte tecnologiche e impiantistiche del progetto. surPLUShome, prototipo dell'Università Tecnica di Darmstadt, vincitore dell’edizione 2007 del Solar Decathlon (fig. 2.11); Plus Energy primary school, (IBUS, 2011) a Hohen Neuendorf, Germania (fig. 2.12) Un edificio energeticamente attivo inoltre deve garantire adeguati livelli di comfort per la tipologia di utenti previsti. Infatti un involucro così altamente performante prevede alcune modificazioni rispetto all’idea di casa tradizionalmente considerata, riguardanti sia la sfera psicologica che economica. L’utilizzo di questi edifici richiede, soprattutto in ambito residenziale, dei cambiamenti di comportamento e abitudini della quotidianità che sono consolidate; consuetudini meno sentite nelle tipologie ad ufficio o ad uso specialistico poiché vi è una maggiore abitudine all’utilizzo di ambienti sigillati e controllati climaticamente in maniera artificiale. È sufficiente considerare, ad esempio, che nella stagione invernale è assolutamente sconsigliato aprire le finestre per “arieggiare”, poiché provocherebbe eccessive dispersioni termiche sbilanciando il funzionamento degli impianti; questa funzione viene infatti demandata ad un impianto meccanico dedicato (VMC), che ricambia l’aria secondo una quantità predefinita, impedendo al calore interno di fuoriuscire grazie ad uno scambiatore ad alta efficienza. A livello economico inoltre il mercato richiede attualmente oneri ancora nettamente maggiori per ciò che riguarda i costi di costruzione rispetto ad un edificio “tradizionale”, che faticano ad essere accettati e condivisi come necessari da chi le case le costruisce e le abita. L’adattamento culturale e lo sviluppo tecnologico e produttivo porteranno probabilmente ad una sensibile riduzione di questo gap nel medio periodo, com’è accaduto per i sistemi fotovoltaici, contribuendo al diffondersi di costruzioni a credito energetico positivo ed alti livelli di sostenibilità ambientali. 14 Cfr. note 2 e 3 87 Teoria e pratica dell’architettura solare 2.1.5 L’edificio solare energeticamente attivo. Plus Energy Solar Building Un edificio solare energeticamente attivo è definibile come un Plus Energy Building che attua sinergicamente una serie di strategie progettuali prevalentemente di tipo solare, passive e attive, per l’ottenimento di un bilancio annuale a credito in termini di fabbisogno energetico complessivo. Le strategie di tipo solare passivo, influenzate come detto dalla localizzazione geografica e dalla scelta dell’orientamento dell’edificio, riguardano il disegno, il dimensionamento e i sistemi di protezione delle superfici vetrate, mediante l’utilizzo di particolari dispositivi architettonici di sfruttamento e schermatura dell’irraggiamento solare. 15 Le strategie di tipo attivo riguardano l’utilizzo di sistemi impiantistici di conversione dell’irraggiamento solare in energia elettrica (fotovoltaico) o termica (solare termico). 16 Questi sistemi possono avere diversi livelli di integrazione con il manufatto architettonico, che influiscono sulla qualità prestazionale e compositiva finale, secondo un’efficienza sinergica predeterminata. Questa sinergia è ottenuta attraverso la corretta e opportuna soluzione dell’intersezione tra le esigenze tecnologiche e le forme architettoniche: un sistema tecnologico solare attivo applicato all’involucro, genera delle modificazioni della forma nel momento stesso che esso diventa componente essenziale del manufatto architettonico. La ricerca del miglior livello qualitativo si attua nella sintesi tra la logica efficientista del sistema tecnologico e la configurazione morfologica dell’elemento che lo supporta. Il livello massimo di efficienza di un sistema tecnologico di tipo solare attivo, prevede una ripetersi indifferenziato di posizioni, inclinazioni e orientamenti ottimali, finalizzati al massimo sfruttamento della radiazione solare. Attraverso la sinergia con il progetto architettonico e le sue implicazioni di ordine formale, spaziale e culturale, è possibile raggiungere un punto di equilibrio tra i due sistemi; ciò avviene nella consapevolezza di perdere parte dell’efficienza del sistema tecnologico a favore di una corretta articolazione morfologica e formale. Un PESB (Plus Energy Solar Building) è perciò un edificio in cui i dispositivi solari passivi e attivi, sono parti essenziali dell’insieme, configurati come elementi decisivi della composizione dell’involucro; siano essi variabilmente dispositivi di guadagno termico o componenti di produzione energetica. Allo stesso tempo certe forme adottate sono inequivocabilmente riconducibili a una matrice decisionale di impronta solare, poiché derivano da scelte progettuali fortemente indirizzate al raggiungimento di un determinato livello di performance del sistema tecnologico. 15 16 Cfr. sottocap. 2.2 Cfr. sottocap. 2.3 88 Cap. 2 Teoria dell’architettura solare Esempi di edifici energeticamente attivi: (fig. 2.13) Sunlighthouse (Hein-Troy, 2010) e (fig. 2.14) Solar Aktivhaus (G.W. Reinberg, 2009) Anche per questo tipo di edifici è essenziale la possibilità della connessione in rete (on grid building); come già detto per gli ZEB e i PEB allo stato attuale lo stoccaggio in sito dell’energia prodotta in esubero (sistemi stand alone) da fonte solare, è fortemente condizionato dalla limitata diffusione dei dispositivi idonei, a basso costo e dalla loro reperibilità sul mercato. Le reti energetiche assumono perciò il ruolo fondamentale di compensatori delle produzioni locali, trasferendo l’energia in surplus da certe zone ad altre ove richiesta. Come già accennato, e soprattutto in conseguenza di una futura diffusione degli edifici plus energy, i ritmi attuali di crescita delle microproduzioni in gran parte derivanti dal fotovoltaico, pongono un serio problema di dimensionamento e qualità delle reti; esse potrebbero in certe fasi non reggere la quantità di energia immessa. È necessario perciò prevedere un corretto dimensionamento e localizzazione dei siti territoriali di stoccaggio e di interscambio energetico, alle varie scale locale o nazionale, per accumulare l’energia prodotta in esubero e regolare convenientemente e i flussi bidirezionali. Un altro fattore decisivo, che riguarda l’implementazione degli impianti fotovoltaici nelle conurbazioni urbane sia di nuova costruzione che esistenti, è il tema del “diritto alla captazione”. È necessario prevedere, attraverso specifici apparati normativi, un sistema di regole per cui sia garantito lo stesso livello di irraggiamento delle superfici captanti tra i diversi manufatti architettonici accostati o contrapposti; sia per quanto riguarda il disegno d’impianto urbano di nuovi insediamenti, sia per le superfici captanti già a disposizione negli edifici esistenti. Un principio similare è riscontrabile nella regolamentazione per la posa di sistemi fotovoltaici nei condomini: l’utilizzo della superficie di copertura, considerata bene comune, deve garantire a tutti gli stessi diritti di captazione. Ciò può avvenire attraverso impianti centralizzati di cui tutti beneficiano, o garantendo a tutti i condomini la 89 Teoria e pratica dell’architettura solare possibilità di predisporre singoli impianti fotovoltaici su una uguale superficie di copertura e orientamento, possibilità peraltro assai complessa soprattutto per grandi condomini. In ordine generale il target prestazionale del PESB va ben oltre le indicazioni contenute nella direttiva 2010/31/UE, che introduce il concetto di edificio a energia quasi zero. È necessario inoltre considerare che il risultato prestazionale sul lungo periodo di questa tipologia energetica è ad oggi difficilmente prevedibile, non potendo contare su dati storici consolidati da analizzare; senza contare le diverse interpretazioni in campo sulle metodologie di calcolo e sul tipo di “misura” prestazionale con cui definire compiutamente questi edifici. Una possibile soluzione potrebbe essere quella di elevare maggiormente il target prestazionale “atteso” oltre il livello minimo di surplus energetico; esso andrebbe poi eventualmente a compensare risultati inferiori ai dati iniziali di calcolo. Va considerato che questi dati tengono necessariamente conto di valori medi statistici e non possono prevedere gli effettivi consumi in regime d’uso degli edifici, che rientrano in una logica di abitudini e consuetudini dell’abitare a volte anche molto differenti tra loro. 2.1.6 Il quartiere a energia (quasi) zero. Nearly Zero Energy District La definizione dei quartieri a energia (emissioni) quasi zero richiede delle valutazioni più complesse rispetto al singolo edificio. In questo caso infatti interagiscono allo stesso livello anche le reti e le centrali energetiche locali di supporto, che influiscono fortemente sul risultato prestazionale dell’insieme. La costruzione, gestione e manutenzione di queste sovrastrutture dipende da soggetti terzi, come amministrazioni comunali e gestori energetici, che hanno il compito di pianificarne la costruzione e regolarne il funzionamento secondo logiche superiori di interesse comune o inferiori di guadagni economici se gestori privati. La possibilità di una larga diffusione di questi “sistemi energetici urbani” dipendono da un livello decisionale più alto di politica energetica nazionale, derivante al livello superiore dagli indirizzi comunitari che però al momento mancano; essi infatti si limitano alla considerazione dell’edificio singolo. La necessaria creazione e regolamentazione di un network energetico di scala urbana, dovrebbe incentivare le potenzialità della microgenerazione diffusa da fonti rinnovabili, facendola diventare una primaria risorsa nazionale o, più ambiziosamente, sovranazionale (una sorta di rete energetica integrata europea). Questo tipo di approccio olistico e multiscalare, consentirebbe di ottenere una forte ottimizzazione di tutto il sistema energetico e un livello di efficienza sicuramente maggiore rispetto alla sommatoria dei tanti piccoli microproduttori puntuali, scollegati però da un contesto integrato più ampio. In questo caso è molto importante il concetto di “confine di 90 Cap. 2 Teoria dell’architettura solare sistema”; 17 esso definisce l’estensione territoriale entro il quale è reso possibile l’approvvigionamento e l’interscambio energetico, sia esso il singolo edificio o il più ampio comparto urbano. Un edificio completamente autosufficiente (sistema stand alone) dal punto di vista energetico limita il confine di sistema all’edificio stesso, mentre uno ZEB connesso alla rete locale (ad esempio il quartiere) pone come confine l’estensione della rete stessa. Come detto gli attuali apparati normativi e la maggioranza dei contributi scientifici sono ancora orientati prevalentemente alla trattazione dell’edificio singolo e tralasciano il tema più esteso del comparto urbano energeticamente autosufficiente. In quest’ottica la computazione energetica è fattore d’innovazione ma anche di complessità, data dal fatto che i vari edifici concorrono nel loro insieme a formare il bilancio non più considerati singolarmente 18 . Questa strutturazione presuppone la contabilizzazione dell’energia in ingresso e in uscita all’interno degli elementi del “sistema quartiere”, che può diventare premiante per chi consuma meno e svantaggiosa per chi consuma di più, attraverso, ad esempio, oneri maggiori di fornitura energetica o contributi alle urbanizzazioni. 19 Un aspetto interessante è che questa logica di sistema energetico “ottimizzato”, può essere applicata anche ai quartieri esistenti col risultato auspicabile di incentivare i singoli interventi di riqualificazione energetica. A tal fine è strumentale una mappatura energetica degli edifici delle zone urbane individuate, sulla quale poter attuare una pianificazione energetica comunale. Anche alla scala urbana le possibilità fornite dai sistemi solari attivi, di produzione energetica, e passivi, di guadagno termico, sono rilevanti. In alcune città 20 esistono già delle vere e proprie mappe della “potenzialità fotovoltaica” dei singoli edifici, che evidenziano le superfici captanti a disposizione e le potenze teoricamente installabili, concorrendo a un possibile calcolo del potenziale produttivo del singolo ambito urbano. Mappe di questo tipo diventano anche strumentali nella gestione del cosiddetto “diritto alla captazione”, evidenziando le diverse ostruzioni in base alle potenzialità produttive evidenziate. Sul tema del distretto a energia zero la normativa del Regno Unito 21 , nella fattispecie del Planning Policy Statement (PPS), è a livello europeo un passo più avanti rispetto agli altri paesi; in questa logica infatti il quartiere BedZED di Londra 22 è uno tra gli esempi maggiormente citati in letteratura come esempio di insediamento carbon neutral. 17 Cfr. Lavagna et al., op. cit., pp. 21-22 Cfr. Cecere C., Coch H., Morganti M., Clementella G., Dalla riqualificazione energetica al recupero sostenibile – un metodo di analisi energetica dei tessuti della città compatta, Bologna, articolo in rivista digitale, “IN-BO”, 5 (2012), p. 4 19 Cfr. sotto-sottocap. 1.7 20 Parigi: Cadaistre solaire; New York: Solar city map 21 Cfr. nota 18 22 Beddington Zero Energy Development (BedZED) è un piccolo quartiere a sud di Londra (località Sutton), realizzato dall’architetto Bill Dunster tra il 2000 e il 2002. 18 91 Teoria e pratica dell’architettura solare In questo complesso gli edifici sono caratterizzati da grandi estrattori d’aria multicolore con funzione di ventilazione naturale degli ambienti interni e da grandi serre solari esposte a sud con le superfici attive fotovoltaiche sulle coperture ad andamento curvilineo. Sono anche presenti altri fattori di sostenibilità ambientale come il recupero delle acque piovane per usi irrigui e la generazione del calore di fabbisogno termico residuo da piccole caldaie a biomassa, che vedono compensata la CO2 immessa in atmosfera attraverso la produzione energetica del sistema fotovoltaico. Vista d’insieme (fig. 2.15) e concept energetico del quartiere BedZed a Londra (fig. 2.16) Un aspetto su cui è posta particolare attenzione è il concetto di mobilità sostenibile: all’interno dell’insediamento sono stati quasi eliminati gli spostamenti casa-lavoro, grazie alla polifunzionalità dello stesso (molti residenti lavorano direttamente all’interno dello stesso edificio in cui abitano); è fortemente incentivata la mobilità ciclo-pedonale e l’uso di veicoli elettrici (sono presenti diverse colonnine per il rifornimento elettrico) per gli spostamenti extra-quartiere. Questo intervento chiarifica anche un altro concetto basilare e auspicabile per l’ottenimento di un alto livello di prestazione energetica alla scala urbana: la densificazione edilizia. Appare chiaro che nel bilancio energetico complessivo l’edificio plurifamiliare consente economie di consumo rilevanti rispetto a tanti piccoli villini unifamiliari: sia per gli aspetti legati al rapporto di forma (superficie disperdente/volume contenuto) che alla centralizzazione degli impianti, con conseguenti minori costi di costruzione e di gestione; senza dimenticare il maggior grado di sostenibilità legata al minor consumo di territorio Un altro esempio molto noto è il quartiere Solarcity 23 a Linz (Austria); esso si basa su di una idea pianificatoria innovativa che ha cominciato a prender forma nella municipalità fin dagli anni ’70, concretizzandosi nel 1992 con il masterplan generale di R. Reiner. Grazie ad un preciso programma di progetto è stato posto l’obiettivo di creare un 23 Solarcity è un sobborgo di Linz, capoluogo dell’Alta Austria, progettato e realizzato tra il 1992 e il 2004 su masterplan di R. Reiner. Per lo sviluppo architettonico di buona parte degli edifici venne chiamato T. Herzog, coordinatore del gruppo READ (Renewable Energies in Architecture and Design), coadiuvato da altri nomi illustri dell’archistar system internazionale: N. Foster, R. Rogers e R. Piano; cfr. sottocap. 1.6 92 Cap. 2 Teoria dell’architettura solare comparto urbano quasi autosufficiente energeticamente, con caratteristiche di housing sociale (abitazioni in vendita a basso costo o in affitto calmierato 24 ), ottimizzando gli apporti solari attraverso una stretta sinergia tra sistemi attivi e passivi. Il disegno urbano dei blocchi edilizi è finalizzato al massimo sfruttamento dell’irraggiamento solare, di conseguenza la percentuale maggiore di superficie esterna dell’edificato risulta esposta agli orientamenti sud, sud-est e sud-ovest. Linz, Solar City (Austria): (fig. 2.17) prospetto di un edificio di T. Herzog (blocchi ovest); planivolumetrico di progetto dell’insediamento (fig. 2.18) Anche in questo caso, ed è sicuramente un tratto comune dell’urbanistica sostenibile, è stata posta grandissima attenzione ai fattori legati alla mobilità: la percorrenza massima pedonale tra il sistema delle residenze e i servizi essenziali è stata stabilita entro un raggio di 400 metri. La mobilità carrabile è mantenuta sempre esterna all’edificato, se non per alcuni assi di penetrazione non collegati fra di loro; la grande arteria attrezzata che raggiunge il “cuore” del complesso, destinato ai servizi generali, contiene la tramvia elettrica di collegamento col centro amministrativo di Linz. Negli esempi trattati è rilevante l’utilizzo di sistemi solari attivi e passivi, che determinano il contributo maggiore conferito al bilancio energetico di quartiere e diventano lo strumento prioritario di generazione da fonte rinnovabile. In entrambi i casi, una forte sinergia tra i sistemi solari attivi e passivi determina, oltre al controllo accurato dei fattori d’involucro, una elevata qualità architettonica. 24 La Municipalità di Linz per garantire l’accessibilità alle fasce sociali di minor reddito, ha imposto costi di costruzione nell’ordine di 1.200-1.300€/mq e affitti mensili contenuti entro un massimo di 5.5-5.7€/mq,; prezzi risultano molto inferiori a quelli del mercato corrente della zona (ad esempio per un appartamento di 100 mq si paga un canone massimo di 570€/mese) 93 Teoria e pratica dell’architettura solare 2.1.7 Il quartiere energeticamente attivo. Plus Energy District Rispetto al nearly Zero Energy District (Communities o Development)) il Plus Energy District (Communities o Development) ha lo stesso tipo di rapporto che intercorre tra nZEB (nearly Zero Energy Building) e PEB (Plus Energy Building), operando in questo caso un salto di scala dimensionale. L’obiettivo rimane sempre quello di generare più energia da fonti rinnovabili rispetto ai consumi, sempre e comunque fortemente contenuti, dell’intero quartiere; esso potrebbe anche essere definito come “zona energeticamente omogenea” 25 . Le caratteristiche espresse precedentemente per il nZED (nearly Zero Energy District) rimangono sostanzialmente valide, anzi sono i presupposti di partenza; è necessario però un ulteriore salto qualitativo sia della risposta bioclimatica dei manufatti edilizi che della produzione energetica complessiva e una più accurata sinergia tra sistemi attivi e passivi di sfruttamento delle risorse rinnovabili, pensata ancor più in una logica d’insieme urbano strutturato. Una FER di origine solare diventa risorsa prevalente, nel sistema di microgenerazione diffusa, che influenza in maniera decisiva il bilancio energetico. A questo proposito è ancor più fondamentale l’analisi delle condizioni ambientali, nelle sue caratteristiche di sito esteso, 26 come latitudine, elementi ombreggianti, irraggiamento medio, 27 e soprattutto del mutuo rapporto di accesso al sole tra gli edifici che influenza fortemente il disegno urbano d’impianto. 28 Per ottenere un Plus Energy Disctrict è necessaria la compartecipazione di molti fattori, tra i quali: l’adozione nell’approccio della pianificazione del concetto di “zone energeticamente omogenee” e la redazione di piani urbanistici che definiscano le regole operative; 25 Una zona energeticamente omogenea è composta da edifici con caratteristiche energetiche molto simili, riconoscibili all’interno di un determinato perimetro. Essa può assumere la funzione di semplificare il bilancio di aggregati urbani complessi 26 La “analisi del sito” è una procedura, oramai abbastanza standardizzata, finalizzata a definire compiutamente le caratteristiche ambientali di un luogo sottoposto a successiva modificazioni edificatorie. Le caratteristiche da analizzare sono: percorso del sole nelle varie stagioni, elaborazione del diagramma solare e calcolo dell’irraggiamento medio; direzione, intensità dei venti e delle brezze dominanti; presenza di elementi ombreggianti di tipo vegetazionale, edificato nell’intorno ed orografici del terreno; piovosità e precipitazioni nevose medie nei vari mesi dell’anno; presenza di sostanze o gas inquinanti nel sottosuolo; qualità dell’aria; presenza di linee elettriche ad alta tensione o ripetitori per telefonia mobile nei dintorni; analisi di impatto acustico. Solitamente questa analisi viene richiesta come allegato consigliato ma non cogente, dai Regolamenti Edilizi dei Comuni, per accedere ad un sistema di detrazioni sugli oneri di costruzione e di urbanizzazione in base al rispetto di determinati requisiti. Essa è anche strumentale all’ottenimento di determinate certificazioni come il protocollo LEED o ITACA. L’accezione “esteso” si intende riferita ad una intera zona urbana o energeticamente omogenea, coincidente con i limiti del District, Communities o Development considerato. 27 Naturalmente per poter sfruttare in maniera adeguata la risorsa solare bisogna che si verificano certe condizioni minime di irraggiamento, definite in watt-ora/metro quadrato; es.: un borgo edificato posto sul versante sud di in una vallata alpina, avrà condizioni di soleggiamento molto sfavorevoli, presenti in pochi periodi del giorno, rendendo quasi impraticabili e sicuramente antieconomiche soluzioni con sistemi attivi fotovoltaici 28 Cfr. sottocap. 4.2 94 Cap. 2 Teoria dell’architettura solare un programma di politica territoriale condiviso, finalizzato al raggiungimento di obiettivi di credito energetico; formalizzato da reti energetiche intelligenti (smart grid) che mettono a sistema le produzioni puntuali nel rapporto con gli elementi compensatori (centrali energetiche di zona); l’applicazione del principio della densificazione urbana; un disegno urbano “ottimizzato”, con assi edificatori prevalentemente in direzione est-ovest e comunque con la percentuale maggiore di superfici captanti esposte a sud, sud-est e sud-ovest; la predisposizione di elementi urbani diffusi di controllo climatico di tipo passivo: ombreggiamenti, schermature, progetto e controllo degli aspetti cromatici degli edifici e degli elementi di arredo urbano (per evitare il fenomeno delle isole di calore), elementi vegetazionali di mitigazione/protezione dell’azione dei venti e dell’eccessivo irraggiamento; la predisposizione di elementi urbani di controllo e produzione energetica di tipo attivo quali: compensatori energetici (centrale di zona), elementi generatori su edifici pubblici o di arredo urbano, microparchi eolici o fotovoltaici; una progettazione ottimizzata degli involucri edilizi, indirizzata dal particolare contesto climatico-ambientale di riferimento, partendo comunque da una base di tipologia energetica passivhaus; il progetto e il controllo delle migliori soluzioni d’intersezione forma-tecnologia dei sistemi solari attivi e passivi, sia per il singolo edificio che nel rapporto tra edifici adiacenti o contrapposti; l’applicazione estesa del concetto di “diritto alla captazione”; 29 la strutturazione di elementi diffusi di sostenibilità ambientale, anche se non legati direttamente al bilancio energetico: recupero e riuso delle acque piovane, contenimento delle acque di prima pioggia, depurazione delle acque nere, mobilità a bassissimo impatto ambientale (veicoli elettrici) interna al quartiere, condivisione sociale e costruzione di caratteri identitari finalizzati al raggiungimento comune di obiettivi di risparmio energetico e riduzione dell’inquinamento ambientale. Un esempio concreto e tra i più citati di plus energy district è il complesso “Am Schlierberg” (meglio noto come Solarsiedlung) a Friburgo di R. Dish, realizzato nel 2003 all’interno del quartiere ecologico di Vauban. Le Solarsiedlung sono degli edifici lineari orientati est-ovest, a 3 o 4 piani fuori terra, per un totale di 50 abitazioni. Ogni dettaglio, dal progetto architettonico alla costruzione, è finalizzato alla massima captazione solare sia passiva che attiva. Gli stessi elementi con funzione di schermatura delle facciate 29 Il “diritto alla captazione” è qui definito come la garanzia ad avere uguale superficie captante a disposizione, da realizzarsi in situazioni di nuova edificazione e per fabbricati in adiacenza o in contrapposizione; premessa necessaria è il recepimento di questo concetto da parte degli strumenti urbanistici e di regolamento comunali. 95 Teoria e pratica dell’architettura solare vetrate esposte a sud, strutturati dalle falde di copertura inclinate e molto sporgenti, diventano elementi bivalenti (funzione sia passiva che attiva) nell’integrazione, per tutta la loro superficie, dei sistemi fotovoltaici. Il risultato ottenuto è che ogni unità abitativa, a fronte di un consumo (di sola elettricità) di 2.200 kWh annui, attua una produzione di 6.280 kWh da conversione fotovoltaica, perciò in un rapporto quasi triplo di produzione rispetto al consumo. Anche in questo caso il tema della mobilità pedonale assume molta importanza: all’interno del comparto sono presenti solo viali pedonali o ciclabili; le case non hanno un garage proprio (è impossibile arrivare a casa con l’automobile), ma un grande parcheggio interrato multilivello a poca distanza. Secondo questa logica il 40% dei residenti ha rinunciato a possedere una macchina propria, contando comunque su di un trasporto pubblico efficiente. Il complesso è concluso a ovest da un lungo edificio misto servizi-residenza (Sonnenschiff) 30 con orientamento prevalente nord-sud, che definisce il fronte urbano sulla principale arteria carrabile; è composto da un blocco a 3 piani fuori terra contenente uffici e attività commerciali e da 5 emergenze, configurate come torri solari rivolte a sud, contenenti altre residenze che usufruiscono del giardino pensile sulla copertura del blocco sottostante a uffici. Planimetria generale (fig. 2.19) e vista d’insieme (fig. 2.20) del complesso “Am Schlierberg” nel quartiere Vauban a Friburgo La diffusione dei distretti energeticamente attivi appare al momento ancora molto lontana e complessa, essenzialmente per due motivi fondamentali: gli indirizzi normativi nazionali e comunitari sono assenti e si indirizzano quasi esclusivamente sul concetto di singolo edificio a energia zero; la volontà politica e il mondo produttivo non sono ancora maturi per il recepimento di questi obiettivi. Certo è che la prospettiva di ridurre drasticamente il 40% dei consumi energetici mondiali, legati alla sola fruizione 30 Cfr. sottocap. 3.1 96 Cap. 2 Teoria dell’architettura solare dell’edilizia, appare molto allettante; 31 anche, e soprattutto visto il peso percentuale, attraverso politiche radicali di riqualificazione del patrimonio esistente. In quest’ottica è ipotizzabile la possibilità di equilibrare, su un periodo temporale esteso, il gap di consumo degli edifici obsoleti attraverso il surplus di produzione dei nuovi distretti o di quelli esistenti radicalmente riqualificati energeticamente. 2.2. Le componenti solari passive dell’involucro Tra gli studiosi esistono diverse interpretazioni nella divisione di campo tra sistemi passivi e attivi rendendo necessaria una presa di posizione precisa al riguardo; una tra le definizione in letteratura più strutturata e in cui diversi autori convergono cita: Vengono definiti sistemi solari passivi tutti i dispositivi, accorgimenti e criteri costruttivi finalizzati al riscaldamento, raffrescamento e climatizzazione degli edifici mediante l’apporto energetico gratuito del sole e delle possibili risorse naturali del microclima locale, senza l’ausilio di mezzi meccanici alimentati con fonti esogene di distribuzione dell’energia. Questa avviene mediante flussi termici naturali (conduzione, convezione, irraggiamento). 32 Risulta chiaro perciò che la discriminante è rappresentata dall’ausilio d’impianti alimentati da fonti esterne di energia per il funzionamento dei sistemi: quando questi sfruttano fenomeni fisici naturali si parla correttamente di sistemi passivi quando necessitano impianti con apporti energetici esterni si parla di sistemi attivi. In realtà è possibile riconoscere anche sistemi “ibridi” in cui si utilizza unicamente un principio passivo che però viene aiutato, a fini di aumento della resa energetica, da un impianto di supporto alimentato da fonte esterna: è il caso ad esempio dell’uso, in alcuni sistemi passivi indiretti o separati, di ventilatori elettrici per accelerare processi convettivi naturali. 33 In termini generali sia i sistemi passivi che attivi sono scomponibili in quattro subsistemi funzionali: 31 32 33 di captazione/trasformazione della radiazione solare di trasferimento dell’energia all’elemento di accumulo (trasferimento primario) di conservazione dell’energia raccolta (accumulo) di distribuzione finale dell’energia dove è richiesta (trasferimento secondario); Cfr. sottocap. 1.7 Cfr. Magrini A., Ena D., Tecnologie solari attive e passive, EPC, Roma, 2008, p. 20 Cfr. Serra Florensa R., L’energia nel progetto di architettura, Città Studi, Milano, 1997, pp. 296 97 Teoria e pratica dell’architettura solare i diversi rapporti d’interdipendenza tra questi subsistemi e l’ambiente confinato che riceve i benefici solari, caratterizzano la tipo-morfologia e il funzionamento del particolare sistema solare attivo o passivo. Tutti i sistemi passivi sono accumunati dal fattore di sfruttamento dell’effetto serra e dalla necessità di una orientazione favorevole rispetto alla radiazione solare; è possibile fare una classificazione di questi sistemi in base alla posizione reciproca dell’ambiente confinato che riceve i guadagni termici rispetto al dispositivo che produce il guadagno, secondo quattro diverse tipologie: sistema a guadagno diretto (vetrazioni giustamente orientate, serra isolata dall’edificio) indiretto (muro ad accumulo termico, muro Trombe, pareti ad acqua, sistema Barra-Costantini, roof pond, PCM, serra non accessibile addossata all’edificio) misto (serre abitabili in comunicazione con l’ambiente confinato) separato (sistema detto a “termosifone” o rock bed, solare termico ad acqua o ad aria a convezione naturale). 2.2.1 Sistemi a guadagno diretto Il sistema a guadagno diretto è il metodo più semplice e intuitivo di sfruttamento dell’energia solare ed è antico come la storia del vetro applicato alle costruzioni; il collettore è la vetrazione esposta al sole e la massa accumulatrice è data dall’involucro stesso come sommatoria delle masse di accumulo (pavimenti, pareti, soffitti, arredi), preferibilmente di materiali a buona capacità inerziale e di colorazione scura 34 , irraggiate attraverso la vetrazione. In questo caso perciò il sistema prevede una coincidenza tra i quattro subsistemi funzionali e l’ambiente confinato che riceve il beneficio. Tra i vari dispositivi solari è però anche quello che presenta la minore efficienza, prevedibilità di funzionamento e attendibilità nel calcolo, essendo molto influenzabile dal comportamento dell’utenza. Ogni bucatura finestrata dell’involucro edilizio può essere considerata un sistema a guadagno diretto: a seconda del posizionamento e dell’orientazione produrrà effetti termici più o meno efficienti e particolari risultanze nella strutturazione morfologico-compositiva del manufatto. Alcuni autori hanno cercato empiricamente di fornire indicazioni per il dimensionamento del sistema diretto: Mazria indica un indice di riferimento (pattern di progettazione) variabile tra 0,11 e 0,25 mq di superficie vetrata ogni mq di superficie 34 Materiali a buona capacità inerziale: laterizio pieno e semipieno, calcestruzzo, adobe, acqua; colorazioni più performanti: nero, marrone scuro, blu scuro 98 Cap. 2 Teoria dell’architettura solare dell’ambiente da riscaldare 35 ; a titolo esemplificativo per riscaldare d’inverno uno spazio di 20 mq. è necessaria una superficie vetrata di 3,6 mq (es. bucatura di m. 1,8 x 2,0) con esposizione sud e irraggiamento solare non ostruito. Per fare chiarezza sulle molteplici interpretazioni classificatorie a cui il sistema serra solare viene sottoposto, vi è da ricomprendere tra i sistemi a guadagno diretto la serra staccata dall’edificio, comunemente intesa per la coltivazione di essenze arboree o come spazio isolato di soggiorno all’aperto. 2.2.2 Sistemi a guadagno indiretto Il sistema (captazione, indiretto prevede trasferimento una primario, coincidenza accumulo, dei quattro subsistemi trasferimento funzionali secondario) e la separazione dall’ambiente confinato che riceve i benefici termici; esso può essere integrato nell’involucro architettonico sia in parete verticale che in copertura. Il funzionamento è caratterizzato da una superficie di captazione vetrata e da una massa di accumulo, solida o liquida, che trasferisce successivamente il calore accumulato all’ambiente da riscaldare secondo un certo sfasamento; rispetto al sistema diretto quello indiretto ha una maggiore possibilità di controllo e regolazione poiché non interagisce funzionalmente con lo spazio abitato. Il più conosciuto tra i sistemi indiretti è il muro ad accumulo termico o la variante ideata da Felix Trombe detta “muro Trombe” 36 ; consiste essenzialmente in una vetrazione posta ad una certa distanza (8-10 cm) 37 da una massa muraria ad alta densità 38 dipinta di colore scuro (nero o blu scuro) che accumula il calore durante il giorno, per poi cederlo più o meno lentamente durante la notte. Alcuni autori 39 parlano anche di muro Trombe isolato o ventilato per differenziare il muro ad accumulo termico dal muro Trombe: isolato si intende quando la trasmissione del calore avviene solo per conduzione della massa muraria e irraggiamento della stessa verso l’ambiente interno; ventilato quando, tramite aperture calibrate alla base e in sommità del muro, si sfrutta l’effetto camino dell’aria surriscaldata nell’intercapedine (principio del “camino solare”), consentendo un ricircolo convettivo naturale tra la stessa e l’ambiente interno. L’affinamento della variante “Trombe” aumenta il rendimento del sistema, alla condizione di interrompere il ricircolo inverso durante la notte (chiusura delle aperture in alto) per 35 Queste indicazioni sono valide nei climi temperati, considerando una temperatura invernale media esterna tra i 2 e i 7 °C e interna tra i 18 e i 21 °C; cfr. Mazria E., Sistemi solari passivi, Muzzio, Padova, 1980, p. 110 36 Cfr. nota 101, cap. 1 37 Diversi autori convergono su di una distanza “fino a 10 cm.” della vetrazione dal muro di accumulo; cfr. Magrini A., op. cit., p. 39. Mazria invece riporta, come distanza ottimale, 10 cm o più; cfr, Mazria E., op cit., p. 52 38 Cfr. nota 25 39 Magrini A., op. cit., p. 40 99 Teoria e pratica dell’architettura solare non disperdere il calore accumulato durante il giorno. Un muro Trombe correttamente dimensionato 40 , in una limpida giornata di sole invernale può riscaldare autonomamente l’ambiente retrostante, contenendo le fluttuazioni giornaliere di temperatura interna nel limite di comfort di 6 °C. Per evitare fenomeni di surriscaldamento in regime estivo è necessario prevedere delle schermature solari esterne al vetro (spegnimento del sistema) che ne impediscano il funzionamento; queste schermature possono essere anche utilizzate come regolazione del sistema in funzionamento. Variabile specifica del muro Trombe sperimentata in Italia è il sistema BarraCostantini 41 , applicato come sistema di riscaldamento passivo in diversi esempi di edifici solari nei primi anni ‘80 42 di edilizia popolare. Il sistema ha la stessa configurazione morfo-tipologica e di funzionamento del muro Trombe; differisce per il subsistema di trasferimento energetico secondario enfatizzato grazie a canali inseriti nei solai edilizi superiore ed inferiore, finalizzati a portare il calore ad una distanza maggiore dalla parete solare e perciò nella parte meno riscaldata dell’ambiente. Per ottenere questa variante tecnologica vengono utilizzati, nei casi succitati, gli spazi tra un travetto e l’altro dei solai latero-cementizi, sostituendo gli elementi di alleggerimento (pignatte di laterizio o polistirolo) con dei canali appositamente dedicati. A livello morfologico-figurativo entrambe le variabili di muro ad accumulo termico si presentano in facciata come una normale vetrazione che però ricopre una parete opaca scura; l’estetica risulta sicuramente straniante (la normale percezione prevede un vuoto dietro ad un infisso vetrato) ma se l’elemento è ben inserito nella composizione generale del fronte, ad esempio in rapporto con altre bucature o elementi architettonici primari, può produrre esiti figurativi interessanti ed esteticamente gradevoli. Tra le variabili materiche del muro ad accumulo ci sono l’acqua 43 , problematica però dal punto di vista estetico e di gestione funzionale e i PCM 44 (phase change materials); essi grazie alle loro proprietà fisico-chimiche modificano il loro stato fisico sotto l’effetto della temperatura e/o della radiazione solare, incamerando o rilasciando calore all’ambiente confinato. Entrambi i sistemi però hanno avuto ed hanno attualmente una bassa diffusione a causa delle problematicità gestionali e il costo molto elevato. 40 Dimensionamento per climi temperati: 0,22-0,6 mq di muro trombe per ogni mq di superficie interna da riscaldare; cfr. Mazria E., op. cit., p. 138 41 Alcuni autori inseriscono il sistema Barra-Costantini tra i “sistemi separati”, in contraddizione però con la definizione data in precedenza per questi sistemi come “[…] configurazioni in cui il dispositivo per la captazione solare, l’accumulo o entrambi gli elementi siano appunto separati dagli spazi abitativi”. Secondo questa interpretazione bisognerebbe perciò ricondurre anche i muri ad accumulo termico ed i muri Trombe nella categoria dei sistemi separati; cfr. Magrini A., op. cit., pp. 44-46 42 Cfr. Funaro G., 116 edifici solari passivi in Italia, ENEA, Roma, 1985 43 Diverse tipologie di pareti ad acqua vennero sperimentate in America sul finire degli anni ’70, come soluzione passiva di riscaldamento in alcune case di abitazione nel New Mexico; cfr. Van Dresser P., Case solari locali, Muzzio, Padova, 1979, pp. 38-39, 83-91; Mazria E., op. cit., pp. 142-152 44 I PCM più adatti all’uso passivo in edilizia sono quelli che presentano una temperatura di fusione intorno alla temperatura di comfort di un ambiente confinato (20-25 °C) in modo da “attivarsi”, nel loro cambiamento di fase, quando la temperatura ambientale tende a salire o a scendere generando discomfort; tra quelli maggiormente in uso ritroviamo i sali idrati (o eutettici) e la paraffina 100 Cap. 2 Teoria dell’architettura solare Un sistema di guadagno indiretto adatto ai climi caldi è il roof pond (tetto piscina o tetto stagno). Esso prevede la coincidenza tra i subsistemi di captazione, trasferimento primario e accumulo, attraverso una massa d’acqua posizionata in copertura; quest’ultima dovrà essere preferibilmente di tipo piano per una migliore gestione e manutenzione del sistema, con l’acqua solitamente inserita dentro recipienti stagni. L’acqua riscaldandosi o raffreddandosi cederà il calore accumulato alla sottostante struttura edilizia di copertura (trasferimento secondario) che a sua volta lo cederà al sottostante ambiente confinato con un certo sfasamento orario. Come per il muro Trombe è necessario prevedere una schermatura mobile isolante che, quando richiusa, minimizzi le dispersioni notturne d’inverno o al contrario impedisca il surriscaldamento nelle giornate estive. È evidente che un sistema passivo di questo tipo è adatto dove non ci siano frequenti gelate notturne, e ne limita l’uso quasi esclusivamente in funzione di raffrescamento passivo; inoltre vincola fortemente la configurazione morfologica dell’edificio poiché necessità, vista la natura della massa accumulatrice, di una copertura a tipologia piana, comunque ricorrente nelle regioni a clima caldo. 2.2.3 Sistemi a guadagno misto Questa definizione è stata introdotta da alcuni autori 45 per affinare la classificazione delle tipologie di serre solari abitabili comunicanti con l’ambiente confinato; altri autori la inseriscono tra i sistemi isolati 46 , semidiretti 47 o indiretti 48 . La visione più convincente è quella di considerarla come un sistema misto, poichè la serra abitabile addossata sfrutta per il suo funzionamento le caratteristiche sia di un sistema diretto che di uno indiretto. Lo spazio confinato della serra solare si configura come subsistema captante e di trasferimento energetico primario (guadagno diretto); la massa muraria dell’involucro riscaldato a cui è addossata come subsistema di accumulo e trasferimento secondario (guadagno indiretto). Il trasferimento del calore dalla serra all’ambiente di guadagno termico può avvenire in diversi modi: per cessione dell’energia termica della massa muraria separatrice; per convezione naturale dell’aria predisponendo aperture in basso e in alto (come per il muro Trombe); o più semplicemente lasciando aperte le aperture di comunicazione tra i due ambienti quando la temperatura dell’aria della serra è maggiore di quella dell’ambiente interno. Per ovviare al surriscaldamento del periodo estivo è necessario predisporre delle schermature (meglio se regolabili) e prevedere delle parti apribili (parzialmente o completamente) nelle chiusure trasparenti della serra, per 45 Magrini A., op. cit., pp. 43-44 Los S., “Energia solare, architettura, sistemi passivi”, in Condizionamento dell’aria, riscaldamento, refrigerazione, n. 7 (1978), pp. 489-490 47 Serra Florensa R., op. cit., pp. 291-292 48 Mazria E., op. cit., pp. 60-62 46 101 Teoria e pratica dell’architettura solare consentire la circolazione naturale dell’aria fini di raffrescamento; particolare da non trascurare riguarda il funzionamento e perciò l’efficienza stessa del sistema che, come spazio abitato, è molto influenzato dal comportamento dell’utenza nella sua capacità di regolare correttamente il microclima interno della serra. Tra i vari sistemi passivi elencati è certamente quello più utilizzato e portatore delle maggiori potenzialità architettoniche, poiché, configurandosi come spazio architettonico concluso e fruibile, è allo stesso tempo dispositivo solare, elemento connotativo morfologico-compositivo e funzionale. 2.2.4 Sistemi a guadagno separato Questi sistemi, definiti da alcuni autori a “termosifone” 49 o “rock bed” 50 , prevedono tre dei quattro subsistemi separati o isolati dall’involucro riscaldato; infatti captazione, trasferimento energetico primario e accumulo vengono posizionati in volumi autonomi, staccati dall’edificio, col quale mantengono in comune solo le canalizzazioni di trasferimento energetico secondario al volume riscaldato. Nel caso che il fluido termovettore sia l’aria il funzionamento prevede dei cicli convettivi che riscaldano, per effetto della radiazione solare, un accumulo termico isolato formato generalmente da un letto di pietre da vespaio e posizionato superiormente alla superficie di captazione; data la configurazione del sistema lo stesso risulta particolarmente adatto in situazioni orografiche di declivio verso sud 51 , posizionando il recettore termico (edificio) a monte del collettore solare e dell’accumulo (termosifone). L’apporto di calore avviene tramite griglie a pavimento o a parete, sempre richiudibili, posizionate nell’ambiente da riscaldare; come per i sistemi indiretti anche in questo caso l’eventuale utilizzo di ventilatori aumenta l’efficienza globale, configurando però un sistema “ibrido” passivoattivo. In generale si può dire che la diffusione del sistema non ha superato la costruzione di alcuni edifici-prototipo negli USA, considerate le oggettive difficoltà e i vincoli costruttivi che impone. Un dispositivo tecnologico equiparabile a un sistema captazione separata è invece il sistema solare termico ad acqua a “convezione naturale”; soprattutto nei paesi sudmediterranei ha trovato largo impiego in funzione di riscaldamento dell’acqua sanitaria, a fronte però di un forte impatto estetico dovendo posizionare l’accumulo termico sopra la superficie di captazione, generalmente di tipo piano. 49 50 51 Los S., op. cit., pp. 488-491 Magrini A., op. cit., pp. 44-46 Los S., op. cit., p. 490 102 Cap. 2 Teoria dell’architettura solare 2.2.5 Sistemi di schermatura e regolazione della radiazione solare Come i sistemi di guadagno termico passivo forniscono un decisivo apporto energetico in fase invernale al riscaldamento dell’involucro edilizio, allo stesso tempo è necessario regolare o impedire l’irraggiamento solare quando questo non è richiesto (fasi tardoprimaverili, estive, preautunnali). Il dispositivo passivo deve perciò agire sinergicamente con un sistema di schermatura fissa o mobile posizionata strategicamente in base alle diverse orientazioni e, conseguentemente, all’angolo di incidenza dei raggi solari. Come verrà analizzato anche nella successiva parte dedicata alle “forme tipo solari ricorrenti” rispetto ai fronti orientati 52 , il posizionamento e la morfologia delle schermature seguono logiche desunte dalle caratteristiche tipiche del corso del sole in un particolare contesto climatico, anche se sono il larga parte valide per ogni latitudine operando opportuni adattamenti 53 . I principi generali consolidati indicano di schermare superiormente i dispositivi architettonici passivi 54 posizionati sul fronte verticale sud e frontalmente, più o meno a distanza dalla superficie captante, quelli posizionati sui fronti est e ovest. 55 Esistono diverse metodologie di calcolo scientifiche o empiriche per il dimensionamento delle schermature solari, che vanno comunque sempre rapportate alle specificità del dispositivo di guadagno termico (caratteristiche fisico-tecniche della vetrazione captante, resa attesa dal sistema, principio di funzionamento, ecc.) e agli esiti formali che si vogliono conseguire. Le schermature o dispositivi di regolazione solare applicati all’involucro architettonico prevedono diverse tipologie morfologiche: aggetto o rientranze architettoniche; brise soleil, gelosie; lamelle fisse o mobili; sistemi di oscuramento (tende avvolgibili, veneziane, persiane scorrevoli); elementi vegetazionali (a foglia caduca, sempreverdi); riflettori (lightshelves 56 ); 52 Cfr. sottocapitolo 4.1 Come premesso i principi a cui ci si riferisce sono validi per l’emisfero boreale; per quello australe basta invertire il sud con il nord geografico 54 Generalmente non è necessario schermare i dispositivi passivi a guadagno separato poiché isolati termicamente dall’involucro edilizio 55 Si considera trascurabile l’apporto energetico della radiazione solare sui fronti nord, e perciò la non necessaria schermatura, per le poche ore estive di irraggiamento a cui sono sottoposte le eventuali superfici di captazione. 56 Letteralmente “mensola luminosa”: è un dispositivo posizionato strategicamente ad una certa altezza della chiusura trasparente con la funzione di riflettere verso l’alto la radiazione luminosa, favorendo la distribuzione diffusa della luce all’interno dell’ambiente confinato. Anche in questo caso si possono avere lightshelves passivi o attivi: quelli passivi sono elementi fissi paragonabili ai brise-soleil; quelli attivi permettono una regolazione (configurandosi come sistemi adattivi) della riflessione luminosa in base alla quantità di radiazione incidente e alle esigenze di illuminamento interne 53 103 Teoria e pratica dell’architettura solare vetrazioni: a controllo solare 57 , fotovoltaiche 58 , cromogeniche, 59 con interposti TIM 60 , pannelli prismatici 61 , veneziane regolabili. Alcune di queste tipologie possono anche configurarsi come sistemi “bivalenti” o “adattivi”. Del primo caso fanno parte le schermature a lamelle fisse o mobili e le vetrazioni attive quando vengono associate ad elementi fotovoltaici; il sistema risultante acquista perciò una doppia funzione: “passiva” come schermatura della radiazione solare incidente e “attiva” come produzione energetica. Nel secondo caso è frequente il caso di elementi “dinamici”, spesso a controllo remoto (sistemi domotici), che interagiscono con il variare delle condizioni esterne e/o interne dell’involucro in funzione di regolazione del comfort interno; è il caso dei sistemi di oscuramento/protezione esterni come le tende avvolgibili, le persiane scorrevoli, le lamelle orientabili, le vetrazioni cromogeniche. Secondo queste premesse è possibile considerare “adattiva” anche la schermatura vegetale, del tipo però a foglia caduca; infatti correttamente posizionata (est e ovest) la chioma vegetale protegge dalla radiazione solare nella stagione estiva, mentre in quella invernale consente l’irraggiamento dell’involucro e il conseguente guadagno termico. In definitiva la scelta dei dispositivi di schermatura/regolazione più idonea, come per tutte le altre strategie solari, va concepita già nella fase di metaprogettazione iniziale, poiché influenza fortemente la risposta prestazionale e la struttura compositiva dell’oggetto architettonico fino a diventarne, a volte, l’elemento più caratterizzante62 . 2.3. Le componenti solari attive dell’involucro Per componenti solari attive si intendono tutti quegli elementi di un sistema tecnologico che per produrre energia da conversione della radiazione solare, necessitano di 57 Di questa categoria fanno parte le applicazioni che prevedono in fase produttiva un deposito pirolitico di sostanze chimiche vaporizzate o di un coating di ossidi metallici (vetri riflettenti, selettivi, basso emissivi); per interventi di retrofit si applicano sul vetro delle pellicole riflettenti in poliestere (preferibilmente sulla faccia esterna). Tutte queste tecniche agiscono o sulla riflessione o sulla selettività della radiazione incidente la vetrazione, a seconda delle esigenze di schermatura dell’ambiente confinato che si vogliono attuare 58 Vengono posizionate delle celle fotovoltaiche tra due lastre di vetro secondo una certa trasparenza o “densità” (distanza tra le celle) che regola l’intensità della luce in ingresso nell’ambiente confinato 59 I materiali “cromogenici” sono in grado di cambiare le proprie caratteristiche ottiche (trasmissione energetica e luminosa) in base a stimoli esterni di tipo naturale (variazione dell’intensità luminosa o della temperatura,) o artificiale (elettricità). I primi sono definiti vetri fotocromici e termocromici perciò configurabili come sistemi passivi, i secondi elettrocromici e a cristalli liquidi perciò configurabili come sistemi attivi; cfr. Siragusa L., L’energia del sole e dell’aria come generatrice di forme architettoniche, Cleup, Padova, 2009, pp. 158-159 60 Transparent Insulation Materials (aerogel e pannelli a struttura geometrica): questi materiali sono formati in pannelli e vengono posizionati all’interno di un vetrocamera; hanno le proprietà di essere traslucidi (illuminano ma non sono trasparenti) e altamente isolanti 61 Questi pannelli, di materiale acrilico o poliestere, sono anch’essi interposti all’interno del vetrocamera e hanno la proprietà di riflettere la radiazione solare, per caratteristiche geometriche superficiali, oltre un certo grado d’inclinazione (fase estiva) e di lasciarla passare sotto una certa angolazione (fase invernale) permettendo il guadagno termico; cfr. sistema GlassX, nota 138, cap. 1 62 Esempio paradigmatico è l’uso del brise soleil nell’architettura di Le Corbusier (Unitè d’habitation di Marsiglia, Palazzo dell’Alta Corte di Chandigarh); cfr. Le Corbusier, Verso una architettura, Longanesi, Milano, 1973, 2012, pp. XIX, XXII 104 Cap. 2 Teoria dell’architettura solare componenti meccaniche e/o elettriche, quali pompe di circolazione, inverter, collegamenti di vario tipo. In un certo qual modo è possibile affermare, al contrario dei sistemi passivi, che esiste un bilancio energetico proprio del sistema tecnologico attivo, che sconta dall’energia prodotta l’energia necessaria al funzionamento del sistema stesso; oltretutto è necessario considerare l’energia richiesta dai processi di produzione e di smaltimento delle componenti, che va ricompresa nel ciclo di vita globale dell’edificio (LCA). Alcuni autori considerano i sistemi attivi dei veri e propri impianti tecnologici, in cui i vari elementi costitutivi sono distinguibili, fermo restando la necessità di una forma di alimentazione energetica esterna al sistema stesso 63 . Possiamo dire che i sistemi attivi di sfruttamento solare applicati nell’architettura hanno una sorta di pay back energetico istantaneo, oltre a quello di tipo economico derivante dal costo del sistema. Ad esempio la tipologia del solare termico a circolazione forzata, necessita per funzionare di una pompa idraulica a funzionamento elettrico per la movimentazione del fluido riscaldante all’interno del circuito e dello stoccaggio termico; a completamento del sistema sono necessarie sonde e centraline elettroniche regolatrici dell’efficienza in base all’irraggiamento solare, alla temperatura di esercizio ed alle richieste di energia termica del sistema edificio. Il solare fotovoltaico abbisogna, al contrario, di un componente specifico, l’inverter a funzionamento elettrico, che rende disponibile sottoforma di corrente alternata, la corrente continua prodotta dai moduli; in caso di impianto “stand alone”, cioè non connesso alla rete, è oltretutto necessario un sistema di stoccaggio dell’energia prodotta sottoforma di batteria, o serie di batterie. Una prima osservazione interessante di carattere sociale sta nel fatto che si rende auspicabile concentrare i consumi termici ed elettrici nelle fasi di produzione, perciò di giorno in condizioni di insolazione; questo per aumentare la resa dei sistemi di sfruttamento e favorire l’autoconsumo, condizione valida sia per il fotovoltaico che per il solare termico. Tale aspetto presume un radicale cambiamento delle tendenze di consumo energetico, sempre più incentivate nelle ore serali e notturne, come accade, ad esempio, per la tariffazione a fasce di costo (F1, F2, F3) nella contabilizzazione dell’energia elettrica. 2.3.1 Il solare fotovoltaico È ben noto che il primo studioso a scoprire l’effetto fotovoltaico, la trasformazione cioè di una certa quantità di radiazione solare in elettricità, fu il fisico francese Alexandre Becquerel, che nel 1839 presentò gli esiti della scoperta all’Accademia delle Scienze di 63 Cfr. Magrini A., Ena D., Tecnologie solari attive e passive, EPC, Roma, 2008, p. 21 105 Teoria e pratica dell’architettura solare Parigi, con la trattazione “Memoria sugli effetti elettrici prodotti sotto l’influenza dei raggi solari”. L’antenato delle moderne celle fotovoltaiche (FV) si fa risalire invece al 1863, quando Charles Fritts mise a punto un dispositivo di generazione elettrica con una efficienza di conversione (rapporto tra radiazione incidente e corrente generata) di appena l’1% 64 . Dovranno trascorrere quasi cent’anni (1954) per ritrovare uno sviluppo significativo di questa tecnologia, grazie a Gerald Pearson che ideò la prima cella FV commercializzabile, con un rendimento del 6%; questa innovazione trovò ben presto la sua naturale applicazione, visti i costi di produzione ancora molto onerosi, nel nascente settore aerospaziale, con lo scopo di alimentare le batterie di navicelle e satelliti impegnati nello spazio in missioni prolungate. Grazie ad un finanziatore “generoso” come la NASA americana, la ricerca e lo sviluppo si affinarono considerevolmente, e, dopo la grande crisi energetica del 1973, si cominciarono a sperimentare le prime applicazioni nell’architettura. Ecco perciò un altro esempio di tranfer virtuoso d’innovazione tecnologica proveniente da un diverso settore di ricerca e produzione, del quale l’edilizia, nei suoi ritmi lenti di assorbimento e stratificazione dell’innovazione, si è giovata pienamente 65 . È possibile operare una classificazione dei sistemi fotovoltaici basandosi sul materiale che compone la cella e sul procedimento produttivo. Si distinguono tre grandi classi, che corrispondono a sistemi fotovoltaici di prima e seconda generazione, in genere classificate in rapporto all’efficienza, parametro prioritario nello sviluppo della ricerca: celle di silicio cristallino: monocristallino, policristallino, film spessi di silicio, eterostrutture in silicio (HIT), cristalli a film sottile; l’efficienza è arrivata da alcuni anni intorno al 20%; tecnologie a film sottile: Cu (In, Ga)Se2, CdTe, silicio amorfo (a-Si), nano-micropoli-silicio, policristallino a multigiunzione; l’efficienza è di 4-5 punti inferiore a quella del cristallino; celle multi giunzione, in genere non utilizzate in campo edilizio, con efficienza che può arrivare sopra il 40%. Queste tecnologie hanno più di trent’anni di sperimentazione. Nella successiva figura 2.21 si nota l’incremento di efficienza negli anni, che ormai appare stabilizzato per le vecchie generazioni di FV. Vi sono poi tecnologie fotovoltaiche emergenti come le celle a colorante (dyesensitized cells), le celle organiche e inorganiche, le quantum dot cells; l’efficienza di 64 65 Cfr. Aste N., Il fotovoltaico in architettura, SE, Napoli, 2008, p. 13 Nardi G., Le nuove radici antiche: saggio sulla questione delle tecniche esecutive in architettura, Milano, Franco Angeli, 1986 106 Cap. 2 Teoria dell’architettura solare questi sistemi è ancora molto bassa (sotto il 10%), ma il trend evidente è quello della crescita di rendimento nel breve-medio periodo. Le “vecchie” generazioni di fotovoltaico si distinguono quindi per lo spessore (o rigidezza) della cella. Le tradizionali celle in silicio monocristallino sono ottenute da un processo detto di melting a partire da cristalli di silicio di elevata purezza che, una volta fusi, vengono fatti solidificare a contatto con un seme di cristallo. Durante il raffreddamento, il silicio gradualmente si solidifica nella forma di un lingotto cilindrico di monocristallo del diametro di 13-20 cm, con una lunghezza che può raggiungere i 200 cm. In un momento successivo, il lingotto viene tagliato con speciali seghe a filo, in fettine dette wafers con spessore di 250-350 mm. Fig. 2.21 Cronologia delle massime efficienze raggiungibili in rapporto alle tipologie di fotovoltaico: si evidenzia la massima resa oggi disponibile (44%) ottenibile con celle multi giunzione e concentratore Nel caso del silicio policristallino, che ha costi di produzione inferiori e consente di realizzare celle con prestazioni elettriche di qualche punto percentuale inferiore rispetto a quelle del monocristallino, i cristalli si presentano ancora aggregati tra loro, ma con forme e orientamenti differenti (texture). La texture modifica la percezione cromatica dei pannelli. A differenza della tecnologia cristallina, nella quale il materiale semiconduttore si presenta solido in forma di wafer con spessore di qualche centinaio di micron, nel caso delle celle fotovoltaiche in silicio amorfo la materia attiva può essere ottenuta in forma di 107 Teoria e pratica dell’architettura solare gas con il vantaggio di poter essere depositata in strati spessi pochi micron e su di una grande varietà di superfici di appoggio (film sottile). La strategia industriale dell’amorfo è stata dunque quella di contenere l’utilizzo di silicio rispetto al cristallino, in rapporto alla limitata disponibilità di materiale attivo ottenuto come scarto dell'industria elettronica. Una delle ricadute dell’uso dell’amorfo è il fatto di ottenere film di spessore totale pari a 1-2 millimetri, quindi flessibili e leggerissimi (per esempio, silicio amorfo depositato su una lastra di 0,5 millimetri di alluminio). Il silicio amorfo può anche essere depositato a temperature basse, fino a 75°C, che ne permettono la deposizione non solo su vetro, ma anche su materiale plastico, rendendolo utilizzabile su nastri arrotolati (roll-to-roll). La flessibilità del materiale ne ha spinto lo sviluppo in ambito architettonico. In tale senso si è cominciato a parlare di “smaterializzazione dell’involucro”; la riduzione dello spessore della cella ha portato alla produzione di componenti attivi (pelli di involucro attive) in cui viene a perdersi la terza dimensione. Il colore dell’amorfo non costituisce dunque la reale differenza rispetto alle superfici derivate dai wafer, ma la riduzione del materiale silicio, accompagnata da una riduzione del rendimento. Alcuni ricercatori della Aalto University hanno portato a termine uno studio su pannelli fotovoltaici al silicio nero, dimostrando che ha la capacità di ottimizzare l’assorbimento dell’irradiazione solare, quindi di aumentare la produzione di energia. Il silicio nero, infatti, riduce un fenomeno tipico delle celle fotovoltaiche: la riflessione dei raggi del sole per ogni lunghezza d’onda dello spettro solare. Grazie al silicio le celle assorbono una quantità elevata di fotoni che poi diverranno energia elettrica. Il potenziale della cella solare in silicio nero era già stato individuato dai ricercatori del Fraunhofer Institute for Solar Energy Systems. Gli studiosi avevano già rilevato che il materiale era in grado di ridurre sino a valori minori dell’1% la riflessione della luce. Il motivo per cui quest’innovativa tecnologia non viene lanciata nel mercato del fotovoltaico è che ci sono ancora dei dettagli irrisolti, fra cui soprattutto la scarsa risposta spettrale nelle lunghezze d’onda più corte. Le celle CIS (Copper Indium Diselinide) e CIGS (Copper Indium Gallium Diselinide) appartengono alla categoria dei film sottili. La loro colorazione è simile a quella del silicio. Queste celle utilizzano substrati di basso costo e processi di produzione facilmente automatizzabili e quindi idonei a produzioni di grandi volumi, dimostrando affidabilità e stabile efficienza nel tempo. I moduli CIS sono già presenti commercialmente. Il CIGS, e ancora più recentemente il CIGSS (con l’aggiunta di zolfo) è un derivato che consente di aumentare l'efficienza elettrica di conversione. Nonostante la più intuitiva complessità di realizzazione, fortunatamente l'aggiunta di un composto nel mix di produzione ha consentito una maggior flessibilità del processo non gravando sui costi totali. Contrariamente a quanto accade per il silicio amorfo, la stabilità delle prestazioni in 108 Cap. 2 Teoria dell’architettura solare esterno del CIS-CIGS è notevole. Viceversa lo stato di maturità della tecnologia sul piano della uniformità di produzione (celle o moduli di simili caratteristiche elettriche, quindi anche cromatiche) è ancora insufficiente. L'ingegneria chimico-fisica dei dispositivi CIS e CIGS è prevista con l’utilizzo di materiali di base piuttosto costosi anche se si ottengono buone prestazioni anche con materiali di qualità intermedia. La peculiarità di poter essere realizzate su substrati anche flessibili le rendono tuttavia attraenti anche per gli usi architettonici. I moduli a film sottile in CdTe (Telloruro di Cadmio) sono un’altra tecnologia sulla via della commercializzazione. Il materiale è un semiconduttore con caratteristiche vicine a quelle delle efficienti ma costose celle all'arseniuro di gallio (GaAs) realizzate per le applicazioni spaziali. Il processo costruttivo è tecnologicamente semplice e produce una cella con buone caratteristiche meccaniche di resistenza e reazione agli stress termici. Il processo tipico è definito sublimazione in spazio chiuso e permette la costruzione di celle con efficienze maggiori del 15%. Sino al 1999 le migliori prestazioni erano state raggiunte con celle caratterizzate da uno strato attivo di soli 3.5 micron, ma attualmente spessori di 5-10 micron sono alla portata delle nuove tecniche di produzione. La classificazione della tecnologia delle celle solari non emergenti, cioè non di ultima generazione, diventa più complessa quando si considera la cella in rapporto ad altri layers o coatings, sovrapposti per ottenere prestazioni in termini di controllo dell’efficienza energetica, controllo dell’illuminazione interna degli spazi, controllo delle qualità meccaniche. Di fatto, la ricerca si è andata finora sviluppando nell’ottimizzazione della resa energetica in rapporto ai costi del materiale. Nell’ambito delle applicazioni integrate nell’architettura, in base alla classificazione indicata, possiamo per semplificazione ricondurre i sistemi FV in due grandi famiglie: i sistemi rigidi (pannelli e vetrazioni attive) e i sistemi flessibili. I prodotti in commercio della prima categoria, pannelli sostanzialmente a base silicea mono o policristallina, possono essere concettualmente assimilati a sistemi di finitura, o pelle attiva dell’edificio, e solamente in pochi casi a componenti veri e propri dell’involucro (sistemi innovativi), cioè sostitutivi delle chiusure tradizionalmente intese (pareti, coperture, infissi e vetri). La seconda categoria comprende sostanzialmente i film sottili, cioè strutture flessibili monodirezionali spesse pochi mm, che accoppiati a guaine bituminose, per esempio, possono sostituire lo strato di tenuta all’acqua (impermeabilizzazione). Esistono comunque una serie di aspetti importanti da considerare a priori nella concezione progettuale del sistema integrato edificio-FV, evidenziati nella tabella sottostante: 109 Teoria e pratica dell’architettura solare categorie Sistema rigido prodotti applicazioni vantaggi svantaggi Curtain wall Maggiore resa prestazionale assoluta 1422% Decadimento prestazionale alle alte temperature Coperture semitrasparenti Elemento di linguaggio architettonico Necessità di retro ventilazione Schermature fisse o mobili Variabilità cromatica Bassa capacità isolante sia acustica che termica Pannello Pareti ventilate Tegola Vetrazione Tenuta all’aria e all’acqua Manti di copertura (inclinati) Sistema flessibile Film sottile a rotoli Tegola tipo canadese Coperture piane ed inclinate (anche volte) Edifici industriali Tenuta ai carichi Può essere accoppiato con materiali isolanti Buona efficienza alle alte temperature Decadimento in situazioni di ombreggiamento anche localizzato (alberi, pali, ecc.) Minore resa prestazionale Necessità di maggiore superficie di posa Nessuna tenuta ai carichi Maggiore efficienza in condizioni di luce diffusa Tenuta all’aria e all’acqua Tab. 2.2 Vantaggi e svantaggi dell’applicazione in architettura delle due principali tipologie produttive FV Sistema FV a basso spessore (8 mm) su supporto ceramico (Laminam) per sistemi di facciata (fig. 2.22) e di copertura (fig. 2.23) Inizialmente l’intersezione tra il sistema attivo e la forma architettonica, proponeva soluzioni di semplice “incollaggio” o sovrapposizione dei pannelli FV sull’edificio, senza porre nessun tipo di attenzione verso una benché minima integrazione o mimesi tra i due sistemi. In Italia, grazie all’introduzione del sistema incentivante denominato “Conto Energia” 66 , si sono cominciate a diffondere maggiormente le soluzioni cosiddette 66 CONTO ENERGIA: In Italia dal terzo “Conto Energia” in poi è stato introdotto il concetto di impianto fotovoltaico integrato con caratteristiche innovative, che utilizza moduli non convenzionali e componenti speciali, sviluppati per sostituire elementi architettonici, e risponde ad alcuni requisiti costruttivi e modalità di installazione specifici. Oltre alla produzione d’energia, i moduli devono svolgere le funzioni di regolazione termica dell’edificio, di tenuta all’acqua e di tenuta meccanica. L’inserimento può avvenire come parte costitutiva del componente d’involucro, dalla copertura alla facciata e l’integrazione si ha per colore, per forma e per dimensione.Il Conto Energia è stato introdotto in Italia con la Direttiva comunitaria per le fonti rinnovabili (Direttiva 2001/77/CE), recepita con l’approvazione del Decreto legislativo 387 del 2003. Questo meccanismo, che premia con tariffe incentivanti l’energia prodotta dagli impianti fotovoltaici per un periodo di 20 anni. 110 Cap. 2 Teoria dell’architettura solare “innovative”; attraverso una incentivazione maggiore è stato possibile orientare la produzione e la progettazione verso soluzioni sempre più integrate e di maggiore qualità estetica nell’architettura. La diffusione dei sistemi FV, dopo l’introduzione del Conto Energia, ha registrato volumi di crescita notevolissimi degli impianti installati, soprattutto dopo il 2010 67 . Questo fenomeno abbraccia diversi aspetti: da un lato lo sviluppo del mercato dei produttori, sempre più concorrenziale, che ha favorito l’abbattimento dei costi d’impianto dovuto in parte anche alle politiche molto aggressive dei paesi esportatori dall’estremo oriente; dall’altro il fenomeno socio-culturale della “presa di coscienza” collettiva che, grazie anche ad una efficace comunicazione mass-mediatica, stimola le sensibilità ambientaliste e l’interesse verso le risorse rinnovabili e il risparmio energetico. Il costo di installazione di un sistema FV residenziale prefigura oramai tempi di ammortamento (piccoli impianti di taglia fino ai 3 kWp) che vanno dai 4 agli 8 anni, contribuend alla loro diffusione. Se da un lato è indubbio che senza il sistema incentivante, che riscontra però costi sociali aggiuntivi nelle bollette di tutti gli utenti, la diffusione del fotovoltaico sarebbe stata impossibile, è anche vero che le dinamiche Primo Conto Energia (Decreti attuativi del 28 luglio 2005 e del 6 febbraio 2006): ha introdotto il sistema di finanziamento in conto esercizio della produzione elettrica, sostituendo i precedenti contributi statali a fondo perduto destinati alla messa in servizio dell’impianto. Con il , cosiddetto Secondo Conto Energia (D.M. del 19 febbraio 2007): ha fissato nuovi criteri per incentivare la produzione elettrica degli impianti fotovoltaici entrati in esercizio fino al 31 dicembre 2010. Tra le principali novità introdotte c’è stat l’applicazione della tariffa incentivante su tutta l'energia prodotta e non solamente su quella prodotta e consumata in loco, lo snellimento delle pratiche burocratiche per l’ottenimento delle tariffe incentivanti e la differenziazione delle tariffe sulla base del tipo di integrazione architettonica, oltre che della taglia dell’impianto. Terzo Conto Energia (D.M. 6 agosto 2010): applicabile agli impianti entrati in esercizio a partire dal primo gennaio 2011 e fino al 31 maggio 2011; ha definito le seguenti categorie di impianti: 1. impianti fotovoltaici (suddivisi in “impianti su edifici” o “altri impianti fotovoltaici”); 2. impianti fotovoltaici integrati con caratteristiche innovative; 3. impianti fotovoltaici a concentrazione; 4. impianti fotovoltaici con innovazione tecnologica. Quarto Conto Energia (D.M. 05/05/2011): ha definito il meccanismo di incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti fotovoltaici riguardante gli impianti che entrano in esercizio dopo il 31 maggio 2011. Quinto Conto Energia (D.M. 5 luglio 2012): ridefinisce le modalità di incentivazione per la produzione di energia elettrica da fonte fotovoltaica.Il Quinto Conto Energia cesserà di applicarsi decorsi 30 giorni solari dalla data in cui si raggiungerà un costo indicativo cumulato degli incentivi di 6,7 miliardi di euro l’anno, che sarà comunicata dall’AEEG, sulla base degli elementi forniti dal GSE attraverso il proprio Contatore fotovoltaico con un’apposita deliberazione. (fonte: GSE, Gestore dei Servizi Energetici) 67 A fine 2012 in Italia risultano in esercizio 478.331 impianti fotovoltaici, per una potenza installata di 16.420 MW e 18.862 GWh di energia prodotta nell’anno. Nel solo 2012 stato installato quanto presente in Italia alla fine del 2010: oltre 148.000 impianti per una potenza addizionale di 3.646 MW. Il meccanismo del Conto Energia – evidenzia il Gse - ha rappresentato il motore di questa crescita. I 475.851 impianti che ne usufruiscono hanno contribuito al 96% della produzione fotovoltaica dell'anno e ricevuto un incentivo di circa 6 miliardi di euro nel solo 2012. Almeno un impianto è presente nel 97% dei Comuni italiani (era l'11% nel 2006) e il 96% degli impianti esistenti è collegato in bassa tensione con una taglia media di 11 kW. La maggior parte degli impianti è entrata in esercizio durante il periodo estivo anticipando il passaggio normativo tra il Quarto e il Quinto Conto Energia. I Paesi che a livello mondiale hanno maggiormente investito sulla fonte fotovoltaica sono Germania e Italia. Al primo posto la Germania con 32.278 MW, l'Italia si conferma al secondo posto con un totale in esercizio di 16.420 MW. Quanto al futuro del fotovoltaico, in Italia la Strategia Energetica Nazionale (SEN) prevede che fino al 2020 la potenza aggiuntiva installata sarà pari a circa 1.000 MW all'anno; cfr. GSE, Rapporto Statistico 2012 111 Teoria e pratica dell’architettura solare economiche che si sono attivate porteranno entro il medio periodo il sistema all’autosostentamento 68 . Sotto l’aspetto etico è indubbio che ogni forma di sostegno alla produzione energetica da fonte non fossile è giusta e corretta; fino al momento in cui produce benefici per tutta la collettività (minor inquinamento ambientale e decremento delle importazioni energetiche da risorse non rinnovabili). È altresì importante che essa sia indirizzata secondo una politica nazionale di sviluppo sostenibile, prefigurando risorse energetiche locali, rinnovabili e già attive a disposizione delle generazioni future. Secondo un recente studio realizzato da Micheal Dale 69 borsista post-dottorato presso il Global Climate & Energy Project (GCEP) dalla Stanford University e pubblicato su Environmental Science & Technology, il fotovoltaico sarà in grado di ripagare il proprio "debito" energetico globale, rappresentato dall’energia necessaria per produrlo e installarlo, approssimativamente entro il 2015 e sicuramente non oltre il 2020. La ricerca evidenzia l'importanza avuta dalla drastica diminuzione dell'energia necessaria nella realizzazione e nell'installazione dei pannelli, oltre che dalla costante crescita che ha vissuto negli ultimi anni il settore, che nel 2012 ha superato a livello mondiale i 100 GW di potenza installata. La produzione dei pannelli solari, soprattutto nelle tecnologie legate al silicio, richiede grandi quantità di energia; tuttavia tecnologie sempre più efficaci hanno permesso di diminuire a tal punto il peso dell'energia utilizzata, tanto da renderla inferiore a quella prodotta, producendo così un pay-back time positivo. I dati di questa ricerca, frutto di meta-analisi comparative sulle tendenze dei costi effettivi di produzione in rapporto alla diffusione dei sistemi FV, rappresentano un punto di svolta importante nel bilancio energetico globale del fotovoltaico. Sempre secondo lo stesso studio, nel 2020 il fotovoltaico produrrà circa il 10% della capacità elettrica mondiale consumandone per la produzione circa il 9%; tuttavia i ricercatori prevedono che se, come sta avvenendo, il fabbisogno energetico necessario nella produzione dovesse continuare a diminuire, questa cifra possa essere anche notevolmente inferiore, attestando la percentuale ad appena il 2% della produttività FV globale. 68 In Italia lo spin-off dell’incentivo è previsto presumibilmente entro il 2016, mentre in Germania è già avvenuto 69 Dale B., Benson S., “Energy Balance of the Global Photovoltaic (PV) Industry: is the PV Industry a Net Electricity Producer?”, in Environmental science & technology, American Chemical Society”, vol. 47, is. 7 (2013), pp. 3482-3489 112 Cap. 2 Teoria dell’architettura solare Fig. 2.24 Produzione energetica mondiale FV lorda (linea continua) e al netto dei consumi per produzione ed installazione (tratteggiata). Tra il 2015 e il 2020 si prevede l’anno di pareggio (breakeven year) (fonte: op. cit. in nota 29) In conclusione si può affermare che il fotovoltaico, tra i sistemi attivi, è quello che possiede attualmente le maggiori possibilità di sviluppo e di crescita, sia nella ricerca finalizzata ad incrementare l’efficienza delle varie tipologie in uso, che nella problematica dell’integrazione architettonica. La tematica dei BIPV (Building Integrated PhotoVoltaics) è uno dei maggiori spunti di discussione scientifica e di ricerca applicata in architettura, poiché associa esigenze oramai improrogabili 70 con il necessario ripensamento delle qualità formali e morfologiche dell’architettura stessa. I pannelli e i componenti innovativi FV non possono più essere considerati alla stregua di semplici vestiti da sovrapporre all’architettura, adattati più o meno bene a seconda dell’abilità o del talento del singolo progettista, ma vanno riconsiderati come elementi primari, alla pari di tutti gli altri materiali e componenti che caratterizzano la costruzione del manufatto architettonico, contemporanei o della tradizione storica. 2.3.2 Il solare termico Questa tipologia impiantistica sfrutta la radiazione del sole per convertirla in energia termica, a differenza del solare fotovoltaico che produce energia elettrica. Il funzionamento del sistema si concretizza attraverso l’esposizione di un componente di captazione (collettore) alla radiazione solare; questa riscalda un fluido al suo interno (o dell’aria nel caso di collettori ad aria). Successivamente un sistema di trasferimento, detto circuito primario, conferisce il fluido termico ad un elemento che accumula il calore prodotto (boyler di stoccaggio dell’energia); un sistema di trasferimento del calore, detto secondario, conferisce il fluido riscaldato all’interno dell’accumulo alle terminazioni 70 Risulta un problema molto attuale il concetto di ”azzeramento energetico” del bilancio dell’involucro edilizio (ZEB), coadiuvato dalla produzione da fonti rinnovabili; cfr. sotto-sottocap. 2.1.3 113 Teoria e pratica dell’architettura solare impiantistiche dell’involucro 71 . In questo sistema l’energia termica prodotta può essere utilizzata sia per riscaldare l’acqua calda sanitaria (ACS) che lo stesso fluido termovettore utilizzato per riscaldare l’involucro edilizio. Storicamente l’osservazione del principio fisico su cui si basa questo sistema si fa risalire al 1767, quando un fisico (come per il fenomeno fotovoltaico) in questo caso svizzero, Horace de Saussure, misurò temperature superiori ai 100°C all’interno di un recipiente con le pareti nere, ricoperto con una lastra di vetro esposta ai raggi solari. Egli non fece altro che provocare all’interno dell’involucro il famoso “effetto serra”; questo è sostanzialmente il metodo più semplice per “catturare” dell’energia termica utilizzando un vetro e delle masse accumulatrici. Lo stesso effetto lo possiamo constatare tutti noi, all’interno di un qualsiasi ambiente esposto direttamente ai raggi solari attraverso una superficie finestrata. Le prime applicazioni pratiche riguardarono uno scaldacqua solare, brevettato nel 1881 dallo statunitense C. Kemp col nome di “Climax Solar Water”; esso consisteva in un grosso contenitore con all’interno quattro recipienti di acciaio neri contenenti l’acqua che veniva scaldata. Il dispositivo montato sul tetto di una qualsiasi abitazione, sopra ad una falda ben esposta, forniva l’acqua calda all’impianto idrico-sanitario della casa; i serbatoi venivano alimentati di acqua fredda direttamente dalla rete idrica. Il successo del sistema fu notevole e nel 1909 l’ingegnere William Baily, californiano, migliorò il brevetto originario inventando in buona sostanza lo schema del moderno collettore solare piano con accumulo integrato: un involucro isolato termicamente, abbastanza appiattito, ricoperto da una lastra di vetro e con all’interno dei tubi di rame saldati su di un piastra metallica annerita; il tutto collegato direttamente ad un serbatoio di accumulo posto superiormente. Il sistema perciò presentava una prima disgiunzione delle componenti: il collettore solare (interfaccia impiantistica esposta al sole deputata ad intercettare la radiazione) e l’accumulo (serbatoio) deputato ad incamerare, e a trattenere per un certo periodo, il calore proveniente dal collettore solare per circolazione naturale. Questo sistema, ribattezzato “Day and Night”, consentiva, grazie alla forma meno ingombrante, la concezione di una prima integrazione architettonica; in ogni caso la percezione del sistema, dovuta soprattutto al grande serbatoio di accumulo in copertura, rimaneva decisamente impattante. Con i moderni sistemi a circolazione forzata è stato possibile collocare la massa di accumulo (il serbatoio) all’interno dell’involucro, lasciando alla sola interfaccia del sistema (il collettore solare) le finalità di integrazione con la morfologia architettonica. Ancora oggi, a differenza del fotovoltaico in continua evoluzione tecnico-scientifica, i principi di funzionamento delle tipologie impiantistiche a solare termico sono gli stessi dei sistemi originari e configurano sostanzialmente due macrocategorie di prodotto: il 71 Cfr. Calderaro V., Architettura solare passiva, Roma, Kappa, 1981, p. 9 114 Cap. 2 Teoria dell’architettura solare sistema a collettori piani e il sistema a tubi sottovuoto 72 . Quest’ultimo è in pratica una evoluzione del sistema a collettori piani, ove in luogo della serpentina dietro ad una lastra di vetro troviamo una serie di tubi a vista collegati idraulicamente in serie. Il sistema rappresenta attualmente il massimo grado evolutivo finalizzato all’incremento della resa del solare termico, ottenuto grazie all’ottimizzazione dell’elemento captante primario. L’applicazione del sistema a tubi sottovuoto in architettura apre interessanti possibilità di integrazione nelle configurazioni delle facciate verticali giustamente orientate; ad esempio come elementi di contenimento (parapetto) di balconi e terrazze, o come sistemi schermanti. In questo caso l’elemento assume funzione bivalente 73 , poiché somma la produzione energetica attiva alla schermatura passiva della radiazione solare. Tralasciando i sistemi ad accumulo diretto e circolazione naturale, poiché difficilmente integrabili e di minore efficienza energetica, l’architettura impiantistica del sistema a circolazione forzata può essere scomposta in quattro componenti principali 74 che prefigurano un sistema integrato idraulico/elettrico abbastanza complesso. In un’ottica di integrazione architettonica il primo componente da considerare, (l’elemento visibile e perciò di maggiore interesse ai nostri fini) è l’interfaccia di captazione: essa può essere composta da un pannello contenente una serpentina di tubi entro cui si movimenta il fluido termovettore (acqua semplice o una miscela di acqua e glicole) e un vetro piano selettivo soprastante con la funzione di intercettare i raggi solari (sistema a collettori solari piani); oppure da certo numero di tubi sottovuoto collegati idraulicamente, supportati da una retrostante lamiera di alluminio presagomata per indirizzare la maggior percentuale di raggi verso i tubi captanti. I pannelli del primo tipo sono disponibili in varie dimensioni assimilabili a quelle del pannello FV (circa 1 x 1,6 metri) e perciò con questo accostabile anche per morfologia, texture e colore. Quelli del secondo tipo misurano generalmente circa 2,5 metri di base per 2 metri di altezza, dimensioni maggiori e poco accostabili, anche morfologicamente, rispetto al classico pannello FV. I sistemi a tubi sottovuoto garantiscono efficienze maggiori e prevedono, oltre alla produzione di acqua calda sanitaria, anche la funzione d’integrazione al riscaldamento, meglio se accoppiata ad un sistema di tipo radiante a bassa temperatura. A questo fattore è associato uno specifico posizionamento dell’interfaccia (collettore) sia come orientamento, privilegiando comunque il sud perfetto, che di inclinazione (tilt) dei pannelli. Alle nostre latitudini la massima efficienza del sistema si ottiene con una 72 In questa tipologia, sviluppata recentemente, si sfrutta il principio di funzionamento delle grandi centrali eliotermiche a concentrazione solare, adattato alla piccola dimensione. Grazie all’isolamento sottovuoto degli assorbitori e delle tubazioni entro le quali circola il fluido termovettore e ai concentratori di irraggiamento posizionati dietro il tubo, è possibile raggiungere temperature ben oltre i 100 C° (acqua allo stato di vapore) ed elevati livelli di efficienza, anche in condizioni di temperatura molto basse o cielo coperto; cfr Magrini A., op. cit., p. 67 73 Cfr. sotto-sottocap. 2.2.5 74 Cfr. Magrini A., op. cit., p. 65 115 Teoria e pratica dell’architettura solare inclinazione a 60°, che ottimizza la captazione in fase invernale con il sole più basso allo zenit quando è richiesta la maggiore quantità di energia termica. Questo aspetto, nell’ipotesi di allestimento in una copertura a falde, mal si concilia con le tipiche inclinazioni dei tetti in zona temperata che generalmente variano tra i 16 e i 19°; considerando perciò una corretta efficienza sinergica 75 tra i due sistemi (tecnologico e morfologico-compositivo) sono preferibili perciò soluzioni su copertura piana o integrate in parete verticale esterna, ritenendo di bassa qualità architettonica soluzioni a diversa pendenza in falda. Esistono kit per il montaggio dei pannelli in parete, con pendenza variabile a 60° o 30°; in questo caso l’interfaccia attiva può assumere anche la funziona di schermatura solare, divenendo dispositivo come detto a funzione bivalente. Il secondo componente del sistema è il trasferimento dell’energia termica dal collettore all’accumulo, attraverso dei tubi resistenti alle alte temperature (che possono raggiungere anche i 110-120°) e opportunamente coibentati per non disperdere calore durante il trasporto; la movimentazione del fluido termovettore è affidata ad una pompa elettrica che si attiva quando la temperatura dell’acqua nei collettori raggiunge una certa temperatura. Il terzo componente del sistema è il serbatoio di accumulo (storage), di dimensioni rilevanti (300-1000 litri di capacità per usi residenziali) e posizionato preferibilmente in un apposito locale tecnico 76 ; lo stesso è rivestito completamente da un grosso spessore di isolamento per poter immagazzinare l’energia termica prodotta dall’interfaccia captante. La struttura interna del serbatoio consente lo scambio termico per convezione tra una serpentina contenente il fluido termovettore del circuito dei collettori solari e la massa d’acqua del serbatoio; questa scaldandosi si stratifica in maniera naturale dal basso (acqua meno calda) verso l’alto (acqua più calda). Le altre serpentine interne diversamente posizionate dell’impianto dell’ACS (più in alto per le esigenza di temperature maggiori) e del circuito del riscaldamento (più in basso per le esigenza di temperature inferiori), ricevono l’energia termica direttamente dall’acqua del serbatoio riscaldata dalla serpentina del circuito solare. 75 Il concetto di “efficienza sinergica”, citato più volte, mette in relazione il sistema tecnologico ed il sistema formale dell’architettura e definisce il rapporto variabile tra le esigenze di massima efficienza espresse dal sistema tecnologico e le istanze espresse dal sistema morfologico-compositivo; in pratica il massimo livello raggiungibile di performance impiantistica è limitato e regolato dalle caratteristiche della struttura compositiva e morfologica propria della concezione architettonica. Lo strumento del progetto perciò concretizza questo rapporto, finalizzandolo al raggiungimento della massima qualità architettonica; cfr. cap. 3 76 Il locale tecnico, quasi totalmente scomparso nell’edilizia degli ultimi trent’anni, ritorna ora ad essere uno spazio fondamentale da prevedersi in fase di progettazione, per contenere l’impiantistica più complessa e voluminosa degli edifici solari a bassissimo consumo energetico; accumuli (serbatoi) di notevoli dimensioni del caldo (riscaldamento) del freddo (raffrescamento), VMC (ventilazione meccanica controllata), generatori termici (caldaie, pompe di calore, ecc.), scambiatori, inverter FV, centraline, ramificazione idraulica ed elettrica, fanno di questo spazio un luogo fondamentale di concentrazione di tutti quei macchinari necessari ad ottenere edifici a consumo prossimi allo zero. Nondimeno da questo luogo possono concentrarsi e accorparsi in un unico cavedio verticale (il tronco della ramificazione impiantistica) tutte quelle condotte di espulsione di fumi, aria viziata, di presa dell’aria esterna, dei condotti della ventilazione naturale, dei collettori dell’acqua calda e fredda, delle caverie elettriche, ecc., che collegano questo spazio, attraverso i vari livelli della costruzione, fino alla fuoriuscita in copertura, connotandosi come grande, unico camino integrato nell’edificio. 116 Cap. 2 Teoria dell’architettura solare In pratica in un sistema così configurato, l’accumulo caldo (serbatoio) diventa l’elemento termoregolatore dei fabbisogni di calore di tutto il sistema impiantistico (in buona sostanza assume la funzione del generatore di calore di un impianto tradizionale) e viene supportato da un generatore termico esterno (caldaia, pompa di calore, caldaia a pellet o a biomassa) che interviene in caso di una insolazione insufficiente o di necessità urgenti di energia termica da parte delle terminazioni impiantistiche (ad esempio l’acqua calda necessaria al riempimento di una vasca del bagno, delle condizioni esterne particolarmente rigide). Il quarto componente del sistema è rappresentato dalle ramificazioni del circuito di distribuzione alle terminazioni impiantistiche; i collegamenti idraulici al serbatoio sono collocati in posizioni diverse a seconda dello strato più o meno caldo dell’acqua. In questo modo è possibile soddisfare le diverse esigenze di comfort dell’utenza, sia come richiesta di climatizzazione degli ambienti che di acqua calda sanitaria. categorie Sistema a collettori piani prodotti Pannello applicazioni Pareti ventilate vantaggi svantaggi Abbinabile per similitudine ai sistemi FV Minore resa prestazionale Migliore integrazione architettonica Minore efficienza in condizioni di luce diffusa Curtain wall Schermature fisse Tenuta ai carichi Coperture (inclinate) Sistema a tubi sottovuoto Pannello Coperture molto inclinate Tubi singoli Parapetti balconi e terrazze Costo più contenuto Maggiore resa prestazionale Maggiore efficienza alle basse temperature Maggiore efficienza in condizioni di luce diffusa Minore integrazione architettonica (nel caso del sistema a tubi sottovuoto) Costo più elevato Schermature fisse Tab. 2.3 Vantaggi e svantaggi nell’applicazione delle principali tipologie di solare termico in architettura Infine il quinto componente è rappresentato dal sistema di controllo dell’impianto integrato solare e di climatizzazione; questa funzione viene assolta da una o più centraline elettroniche termoregolatrici, che al variare delle condizioni d’insolazione e di richieste delle terminazioni impiantistiche (rilevate da una serie di sonde), modula il funzionamento delle pompe solari o richiede “assistenza” al generatore di calore ausiliario. Le regolazioni richieste all’utente sono generalmente di facile comprensione (user friendly) e si limitano a pochi semplici settaggi: come ad esempio passare dalla fase invernale a quella estiva, aumentare o diminuire la temperatura interna degli ambienti (attraverso termostati locali) o dell’acqua calda sanitaria. 117 Teoria e pratica dell’architettura solare Dettaglio del collettore a tubi sottovuoto (fig. 2.25) e schema di funzionamento di un impianto solare termico a circolazione forzata con in evidenza i cinque principali componenti del sistema: collettore, circuito primario, accumulo, circuito secondario, sistema di controllo (fig. 2.26) Casa Opdebeeck (M. Opdebeeck, 2008): esempio di integrazione efficace in copertura dei tubi sottovuoto del sistema solare termico; dettaglio (fig. 2.27); vista dall’alto del fronte nord che evidenzia il buon livello di integrazione del sistema (fig. 2.28) 2.3.3 Il solare ibrido Una interessante innovazione di prodotto, recentemente apparsa sul mercato, ha unito pregi e difetti dei due principali sistemi attivi di sfruttamento solare, fotovoltaico e solare termico, nella tecnologia del solare “ibrido”. Questa tipologia impiantistica prevede un pannello integrato di conversione fotovoltaica e di produzione termica, dove quest’ultima, movimentandosi attraverso pompe di circolazione, raffredda il pannello stesso 77 . 77 Poliseno G., “Architettura solare”, in Progetto Energia, n. 56 (2009), p. 67 118 Cap. 2 Teoria dell’architettura solare Il pannello ibrido si struttura allo stato attuale in due tipologie differenti, in base alla posizione del fluido termovettore (acqua o miscela acqua-glicole). La prima tipologia prevede uno strato d’acqua, contenuto tra due vetri e spesso pochi centimetri, sovrapposto alla sottostante cella fotovoltaica. Nella parte posteriore del pannello uno strato isolante ha il compito di ridurre le dispersioni termiche. L’acqua viene posta in circolazione nella parte anteriore del pannello, formando uno strato di separazione trasparente tra la radiazione incidente e le celle FV; l’energia termica assorbita dal fluido termovettore viene immagazzinata in un serbatoio di accumulo allo stesso modo del solare termico tradizionale. La cella fotovoltaica risulta così protetta dal surriscaldamento eccessivo nella fase estiva, evitando il forte decadimento prestazionale tipico del fotovoltaico sottoposto ad alte temperature 78 . Questa tipologia privilegia l’efficienza del sistema termico rispetto al fotovoltaico. La seconda tipologia, più diffusa poiché meno problematica a livello produttivo e manutentivo, struttura un pannello con le celle FV in posizione frontale, direttamente esposte alla radiazione incidente; il circuito a serpentine contenente l’acqua viene posto dietro le celle FV, assorbe il calore della struttura superiore, funzionando come un vero e proprio radiatore 79 . Come per la prima tipologia, un pannello isolante chiude il sistema posteriormente a tutti gli strati. In questo modo viene resa privilegiata l’efficienza del sistema FV rispetto alla termia solare. In entrambi i casi le potenzialità del sistema sono rappresentate dalla produzione integrata e contestuale di elettricità e di calore, dalla gestione di un unico collettore, dalla sensibile riduzione dell’utilizzo di superfici captanti e dalla maggiore semplificazione dell’integrazione architettonica. Va detto comunque che la resa sconta un certo decadimento prestazionale in entrambi i casi poiché sottoposti ad un funzionamento non ottimizzato. Infatti il sistema termico, oltre a scontare inclinazioni non ottimali, prevede che la temperatura del fluido termovettore non possa raggiungere i livelli di efficienza ottimali del sistema tradizionale (110-120° per la tipologia a tubi sottovuoto) poiché produrrebbe decrementi eccessivi della resa del sistema fotovoltaico; lo stesso, nella tipologia a circolazione d’acqua frontale, sconta una diminuzione prestazionale dovuta alla posizione delle celle non direttamente esposte alla radiazione solare. Sotto l’aspetto dell’integrazione architettonica il sistema presenta notevoli potenzialità di sviluppo, poiché somma in una unica interfaccia i due principali sistemi solari attivi; in definitiva si può parlare di un ingegnoso sistema di “microcogenerazione” energetica da fonte rinnovabile solare. I prodotti in commercio non sono ancora numerosi a causa della maggiore complessità dei sistemi di collegamento ed i costi elevati; il principio di base è comunque 78 79 cfr. 2.3.1 Il sistema funziona in analogia ai circuiti di raffreddamento ad acqua dei motori a scoppio 119 Teoria e pratica dell’architettura solare coerente con la tendenza attuale all’ottimizzazione impiantistica, che prevede la concentrazione e l’accorpamento di più tipologie impiantistiche in singoli sistemi integrati, come ad esempio la cogenerazione e la trigenerazione. Pannello ibrido con circolazione d’acqua frontale (fig. 2.29); pannello solare ibrido con circolazione d’acqua posteriore: dettaglio della serpentina (fig. 2.30) e del successivo strato isolante (fig. 2.31) 2.3.4 Il raffrescamento solare. Solar cooling Questa tecnologia impiantistica, ancora allo stadio di ricerca e prototipazione, prevede di ottenere dell’energia termica “fredda”, utilizzabile nel raffrescamento degli edifici, dall’energia termica “calda” prodotta dai sistemi solari termici ad alta efficienza. Tra le ricerche in atto eccelle quella italiana, coordinata dal DETEC 80 , denominata Solar-Assisted Heating And Refrigeration Appliances – Progetto Sahara. In ordine generale il principio di funzionamento si basa sulla conversione del calore proveniente da collettori solari in energia di refrigerazione attraverso particolari macchine frigorifere di conversione; il principale vantaggio di questa tecnologia, nella logica di favorire sempre più l’autoconsumo, consiste nella contemporaneità tra la massima capacità di produzione e la massima richiesta di raffrescamento, cioè le ore diurne della fase estiva. Questo fattore diventa particolarmente interessante nelle zone climatiche in cui il problema del surriscaldamento estivo è preponderante rispetto al riscaldamento invernale, come le regioni meridionali italiane o più in generale tutta l’area sudmediterranea. Le principali tipologie impiantistiche in fase di sperimentazione sono i sistemi con macchine ad assorbimento (o ad adsorbimento) e i sistemi DEC (Desiccant & Evaporative Cooling Systems) per il trattamento dell’aria. Il primo tipo prevede delle macchine frigorifere che possono produrre acqua refrigerata fino a temperature di 7°C da acqua calda proveniente dai collettori solari alla temperatura di 80-100°C. L’acqua refrigerata può essere inviata direttamente ai terminali impiantistici dell’edificio (ventilconvettori o pavimenti radianti) o, attraverso degli scambiatori di calore, raffreddare l’aria dei sistemi 80 Dipartimento di Energetica, Termofluidodinamica applicata e Condizionamenti ambientali dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, 120 Cap. 2 Teoria dell’architettura solare di ventilazione utilizzati per la climatizzazione degli ambienti interni. Il secondo tipo, più interessante, realizza sistemi che combinano deumidificazione e raffreddamento evaporativo e possono essere alternativi ai tradizionali sistemi a compressione (i comuni condizionatori a pompa di calore) Fig. 2.32 Numero di impianti “solar cooling” realizzati al 2009 nel mondo In Italia il numero di installazioni di impianti solar cooling è passato dalla sola unità del 2005 alle 21 complessive del 2009; di particolare interesse è l’impianto installato a Roma sopra i magazzini della METRO Cash & Carry; in questo caso i 2700 m² di superficie di campo solare garantiscono 700 kWp alle macchine frigorifere, a copertura del 12% dell’energia necessaria al raffrescamento dell’edificio81. In prospettiva futura lo sviluppo e la diffusione del mercato di questa tecnologia impiantistica potrà avvenire solo con l’offerta di sistemi (a costi sempre più competitivi e di taglia inferiore ai 20 kWp) adatti alle installazioni residenziali; allo stato attuale il mercato propone solo impianti di grandi dimensioni. È stato incentrato sullo sviluppo e la diffusione delle tecnologie solar cooling di piccolo-medio taglio, il progetto di ricerca SOLAIR (2007-2009), co-finanziato dalla Commissione Europea nel quadro del programma Energia intelligente per l'Europa (EIE). Gli obiettivi della ricerca hanno interessato la promozione del mercato dei piccoli e medi condizionatori d'aria solari; l’attivazione di un focus sul settore residenziale e commerciale; lo studio di sistemi integrati per la fornitura di acqua calda sanitaria e di riscaldamento degli ambienti a trattamento aria; la diffusione della conoscenza dei sistemi, perlopiù sconosciuti a progettisti ed installatori, e delle apparecchiature impiantistiche attualmente a disposizione. 81 fonte: ENEA – Unità Tecnica Efficienza Energetica 121 Teoria e pratica dell’architettura solare La potenzialità più evidente, per il momento solo teorica, di questi sistemi pensati in accoppiamento con il fotovoltaico, riguarda la possibilità di costituire addirittura un sistema di trigenerazione (elettricità, calore e freddo) da fonte energetica primaria esclusivamente di tipo solare; mentre si evidenzia la particolarità importante di poter gestire una sola interfaccia di captazione esterna che soddisfa tutte e richieste di comfort dell’utenza, semplificando, secondo livelli variabili di efficienza sinergica tra i sistemi, il processo d’integrazione architettonica con l’involucro edilizio. Schema di un impianto solar cooling con chiller ad assorbimento e caldaia integrativa (fig. 2.33); vista dei collettori solari dell’impianto dei magazzini Metro Cash&Carry a Roma (fig. 2.34) 2.4 L’influenza e il controllo del colore nel progetto dei componenti solari passivi e attivi dell’involucro edilizio Nella progettazione architettonica le scelte cromatiche derivano prevalentemente da ragioni estetiche, dell’edificio. Nel sebbene recente abbiano passato implicazioni quest’aspetto dirette è stato sull’efficienza spesso energetica trascurato. Oggi l’applicazione dei concetti legati all’efficienza energetica sta condizionando la colorazione degli edifici, soprattutto delle coperture, con risultanze cromatiche non del tutto controllate e a volte non attese. Da una parte l’introduzione di nuovi componenti solari attivi, come i pannelli fotovoltaici (FV), ha mutato drasticamente la resa cromatica degli involucri richiedendo riflessioni approfondite sul concetto di progetto integrato. Dall’altra si è sviluppata l’idea che la colorazione dei componenti d’involucro costituisca un fattore influente sul rendimento energetico complessivo degli edifici. In definitiva, il progetto di tali componenti richiede oggi un’analisi accurata delle caratteristiche cromatiche. A tal fine verranno proposte alcune riflessioni progettuali in ambito architettonico sul rapporto tra l’efficienza energetica di componenti solari attivi – cioè impiantistici – e passivi di involucro e il colore, considerato secondo parametri opportuni. COMPONENTI PASSIVI OPACHI 122 Cap. 2 Teoria dell’architettura solare La temperatura raggiunta dalla superficie di un involucro opaco esposto al sole determina la quantità di calore che può successivamente entrare all’interno dell’edificio 82 . A parte l’impiego di sistemi schermanti, per ridurre una temperatura eccessiva durante l’estate, non si può che agire sulla finitura della superficie esterna, che dipende dal tipo di materiale, dalla sua rugosità e dal suo colore. I parametri termofisici principali che caratterizzano la temperatura superficiale di un materiale opaco sottoposto a radiazione solare sono il coefficiente di assorbimento della radiazione (α) e l’emissività (ε). Il primo indica l’attitudine del materiale ad assorbire l’energia radiante che incide su di esso; in genere superfici scure e rugose si scaldano più di quelle chiare e lisce. Il secondo indica l’attitudine del materiale a disperdere l’energia radiante che incide su di esso; è il rapporto tra la radiazione termica emessa da una superficie e la massima emissione teorica alla medesima temperatura. In genere superfici rugose e di colorazione scura dissipano più calore di quelle lisce e di colorazione chiara. Il colore è dunque un fattore determinante, anche se non esclusivo, nell’attribuzione dei valori α ed ε. Un primo aspetto da considerare nella progettazione cromatica di un edificio riguarda dunque la capacità di assorbimento della radiazione da parte dell’involucro opaco. I dati di letteratura in genere non distinguono il contributo della colorazione dal tipo di materiale e/o di superficie. Vicino al concetto di emissività vi è quello di riflettanza solare, valore spesso indicato nelle caratteristiche dei componenti edilizi presenti sul mercato. Quest’ultima rappresenta la frazione di radiazione solare incidente direttamente riflessa da una superficie irradiata; il suo valore varia da 0 ad 1, oppure è espresso in percentuale 83 . Tinteggiare i tetti degli edifici di bianco, o di un colore chiaro, contribuisce d’estate a raffreddare gli edifici. Questione importante soprattutto nelle zone urbane, più calde rispetto alle zone rurali, in base al fenomeno conosciuto come effetto “isola di calore” (l’aumento di temperatura è di circa 1-3 gradi rispetto alle aree rurali) 84 . Negli USA da lungo tempo il conosciuto gruppo Isola di Calore presso il Lawrence Berkeley National Laboratory sostiene lo sviluppo di tetti bianchi come misura di risparmio energetico 85 . In base alla simulazione della quantità di radiazione solare assorbita o riflessa in una città media presa come campione, secondo il National Center for Atmospheric Research (NCAR), se ogni tetto fosse interamente dipinto di bianco, l’effetto del calore urbano potrebbe essere ridotto fino al 33%, con un raffreddamento medio di circa 0,3°C, particolarmente evidente durante le calde giornate estive. I tetti bianchi hanno però l’effetto di aumentare il fabbisogno energetico invernale per il riscaldamento, aspetto 82 Sharma V. C.; Sharma A., “Solar properties of some building elements”, Energy, vol. 14, 1989, pp. 805-810. Libbra A. et al. “Riflettanza solare ed emissività termica per l’efficienza energetica estiva degli edifici”, in L’industria dei laterizi, n. 249, 2008, pp. 249-257. 84 Menon S. et al., “Radiative forcing and temperature response to changes in urban albedos and associated CO2 offsets”, Environmental Research Letters. 5:1-11, 2010. 85 <http://heatisland.ibl.gov> 83 123 Teoria e pratica dell’architettura solare negativo soprattutto in climi freddi, con il conseguente mancato apporto di riscaldamento passivo all’interno degli edifici. In città fredde il guadagno in estate può essere quindi annullato dalla perdita in inverno. Una problematica importante è data inoltre dall’effetto dell’aumento di riflessione sugli edifici adiacenti da parte delle superfici maggiormente riflettenti e, quindi, negli spazi pubblici e privati dell’intorno (edifici più alti). La situazione ideale sarebbe quella di ottenere il vantaggio dei tetti bianchi quando fa caldo e delle superfici scure quando fa freddo. Lo sviluppo di materiali termocromici e termoelettrici va in questa direzione: alcune ricerche del MIT 86 (gruppo Thermeleon) hanno sviluppato tegole di copertura che cambiano colore assorbendo il calore in inverno e riflettendolo in estate. Vernice organica bianca con alcuni variazioni cromatiche SR% Materiali utilizzati per coperture SR% bianco 85 Guaina impemeabilizante 0,03 verde 72 Piastrelle in cemento 0,84 rosso 66 Piastrelle in argilla rossa 0,88 Giallo 73 Guaina bituminosa 0,95 bruno 58 Marmo 0,93 Tab. 2.4 Riflettanza solare (SR), valore integrato. Misurazioni di laboratorio mostrano che, nel loro stato bianco, le tegole riflettono circa l’80% della luce solare, mentre quando sono di colore nero riflettono solo il 30%. Per ottenere questo risultato sono stati utilizzati polimeri commerciali in soluzione acquosa inglobata in piccole capsule trasportate su una vernice chiara pennellata o spruzzata sulla superficie. Quando la temperatura è sotto un certo livello il polimero rimane disciolto, permettendo di mostrare il supporto scuro. Quando la temperatura sale, il polimero si condensa e forma minuscole goccioline, le cui piccole dimensioni provocano una dispersione di luce e, di conseguenza, una superficie bianca che riflette il calore del sole. Un altro aspetto non secondario, anche se trascurato, e legato al surriscaldamento dell’involucro, riguarda le colorazioni dei sistemi d’isolamento a cappotto generate dalla pigmentazione applicata allo strato finale, il cosiddetto “intonachino”. Per evitare eccessivi surriscaldamenti estivi esso deve tendere, per indicazione delle stesse ditte produttrici, a colori chiari. Gli isolanti leggeri comunemente in uso per i sistemi a cappotto, del tipo EPS e XPS, possono raggiungere in regime estivo temperature dell’ordine dei 70-80 °C che ne pregiudicano la primaria funzione di isolamento. 86 Massachusetts Institute of Technology 124 Cap. 2 Teoria dell’architettura solare Ai fini della riduzione della temperatura della superficie è consigliabile utilizzare materiali con basso valore di assorbimento ed alto valore di emissività e di riflettanza. La norma UNI-TS 11300-1:2008 sull’efficienza energetica indica la possibilità di fare uso di questa proprietà. Le vernici riflettenti possono essere applicate sulla copertura degli edifici come strato finale di membrane bituminose o granigliate, sulle superfici verticali esterne, ma anche su manufatti costituiti da materiali plastici, vetrosi o tessili. Copertura piana che prevede l’applicazione di una vernice riflettente, prima (fig. 2.35) e dopo il trattamento (fig. 2.36) Possono essere impiegate in accoppiamento ad altri tipi d’intervento di riqualificazione di una copertura: operazioni di incapsulamento dell’amianto, trattamento antimuffa o anti allergico, di tipo ignifugo, antistatico o sanificante. In ogni tipo di trattamento variano i componenti della miscela verniciante. Esistono tipologie di prodotti che, oltre al colore, utilizzano determinate componenti limitanti la frazione non visibile (IR e UV) della radiazione incidente che porta a un degrado del materiale. Per esempio nelle vernici riflettenti con solfato di bario, componente bianco poco solubile e opaco ai raggi IR e UV, la temperatura superficiale si riduce da 70-80°C a 40-50°C, la riflettanza supera il 92% e l’emittanza è circa dell’89%. Il progetto Cool Roofs dell’Unione Europea ha proposto strategie di mitigazione delle isole di calore nelle città attraverso l’uso di superfici ad alta riflessione (emissività e riflettanza) 87 . La ricerca ha previsto vari tipi di prove, tra cui test su superfici con colori abbinati, standard e “freddi”. Durante il giorno, tutti le superfici con colori freddi hanno avuto temperature inferiori di alcuni gradi delle superfici colorate con i colori standard corrispondenti. Le superfici con le performance migliori sono state nere, marrone cioccolato, blu e antracite. La differenza di temperatura più alta è stata osservata tra nero freddo e nero standard, pari a 10,2C°, corrispondente ad una riflettenza pari a 22. 87 Zinzi M., Carnielo E., Impatto di tecnologie cool roof sulle prestazioni energetiche di edifici residenziali in area mediterranea, ENEA, RdS/2010/200 125 Teoria e pratica dell’architettura solare La differenza minore è stata osservata tra verde freddo e verde standard, pari a 1,6°C, corrispondente ad una riflettenza solare di 7. L’impatto sull’ambiente urbano è stato stimato in un aumento dell’albedo da 0,2 a 0,85. Oltre agli effetti sull’ambiente urbano, lo studio ha registrato anche una diminuzione delle ore di discomfort interno e della massima temperatura interna agli edifici 88 . Tra gli scopi della ricerca Cool Roofs vi era quello di promuovere accordi con gli USA, dove il programma Energy Star ha già sviluppato criteri di scelta dei prodotti per la riduzione dell’assorbimento di energia. Commercialmente i prodotti sono divisibili in: coperture metalliche riflettenti e tegole metalliche riflettenti (reflective metal roofing and reflective metal shingles & tiles): “metalli freddi” sono venduti con superfici riflettenti che possono arrivare al 70% di energia solare riflessa. superfici metalliche di copertura emissive (re-emissive metal roof surfaces): il manto contiene al proprio interno pigmenti che riemettono il calore superficiale, riducendo così la temperatura del tetto. vernici riflettenti per coperture (reflective roof coatings): vernici o strati riflettenti bianchi contengono piccolissime superfici riflettenti in grado di riflettere l’energia solare. I tetti a bassa pendenza (inferiore a 2:12 di pollice, secondo ASTM E 1918-97) devono avere una riflettanza iniziale 0.65 e dopo 3 anni 0.50; i tetti ad alta pendenza devono avere una riflettanza iniziale 0.25 e dopo 3 anni 0.15. COMPONENTI PASSIVI TRASPARENTI Per la scelta cromatica dei componenti vetrati si utilizzano alcuni parametri principali. Il primo è il fattore solare g (FS), che indica l’attitudine di un componente trasparente a lasciarsi attraversare dalla radiazione solare, rappresentando la frazione di energia solare che entra in ambiente, rispetto a quella totale incidente. Il fattore di trasmissione luminosa (TL) si riferisce, invece, alla sola banda del visibile. Ridurre il valore di FS comporta la riduzione anche della luce naturale entrante, conseguenza di cui tener conto nella valutazione del fattore medio di luce diurna. Il parametro forse più importante è l’indice di selettività (IS), dato dal rapporto tra la trasmissione luminosa e il fattore solare (IS = TL/FS). Un vetro a controllo solare ha un alto indice IS, per permettere l’ingresso 88 Synnefa A., Santamouris M., Apostolakis K., “On the development, optical properties and thermal performance of cool colored coatings for the urban environment”, in Solar Energy, volume 81, 2007, pp. 488497; cfr. anche www.coolroofs-eu.eu 126 Cap. 2 Teoria dell’architettura solare della componente visibile della radiazione e il minimo di calore, associato alla componente infrarossa. Più il rapporto IS è vicino a 2, più il vetro è selettivo ed offre migliori prestazioni termiche. Valori tipici di IS sono intorno a 1,6-1,7. Valori alti di IS si possono ottenere mediante rivestimenti del vetro a base di metalli nobili (es. argento), in fase di produzione industriale, in grado di incrementare la capacità di riflettere la radiazione nel campo dell’infrarosso. Alcuni vetri associano alla funzione di controllo solare anche caratteristiche di alta trasmissione luminosa (fattore TL). Sono detti vetri selettivi perché, pur lasciando passare una grande quantità di luce naturale esercitano un’azione schermante dei raggi ultravioletti e infrarossi. La riflessione dai raggi infrarossi (dall’80 al 40% circa) è direttamente proporzionale all’energia solare respinta (dal 60 al 30% circa), variando la percentuale di energia assorbita rispetto a quella riflessa. Componente FS TL IS 0,85 0,9 1,06 0,4 0,32 0,80 0,76 0,81 1,07 0,75 0,8 1,07 Vetro chiaro 8 mm + 12 mm aria + vetro 8 mm riflettente 0,38 0,47 1,24 Vetro chiaro 4 mm + 12 mm Ar + vetro 4 mm selettivo 0,71 0,42 1,69 Vetro singolo Vetro chiaro 4 mm Vetro riflettente (Argento) Vetro camera Vetro chiaro 4 mm + 15 mm aria + vetro chiaro 4 mm Vetro chiaro 4 mm + 15 mm aria + vetro chiaro 5 mm basso emissivo Tab. 2.5 Valori di fattore solare, trasmissione luminosa e indice di selettività per componenti vetrate. Fig. 2.37 Andamento della temperatura per l’effetto di pellicole Serisolar, installate al Museo di Arte Moderna di Rovereto (MART), 2007 Per ridurre i costi derivanti da un’eccessiva dispersione termica, si adottano spesso vetri selettivi con proprietà basso emissive. I vetri incorporano una sottile pellicola di 127 Teoria e pratica dell’architettura solare ossidi metallici depositati tramite processo magnetronico. Con questo metodo si ottengono tipi di pellicole con effetti sulla trasparenza ed il colore, oltre che sulla temperatura interna. Queste vetrazioni, comunemente abbinate in due o tre lastre e spesso con l’interposizione di gas Argon o Krypton, consentono una riduzione più che significativa delle dispersioni termiche dell’edificio verso l’esterno; al contempo però riducono la trasparenza del vetro fino anche a valori del 20%, conferendo una caratteristica colorazione tendente al verde, che si evidenzia nelle visuali non frontali o di scorcio. COMPONENTI ATTIVI La variazione cromatica nei componenti attivi nasce da motivazioni tecniche e di costo. Nella cella di silicio monocristallino (rendimento medio dei prodotti attualmente in commercio tra il 14 e il 16%) la struttura cristallina è omogenea e di colore scuro, vicino al nero. La cella fotovoltaica di tipo policristallino (rendimento medio tra il 12 e il 14%), con la struttura del wafer di silicio non omogenea ma organizzata in grani ordinati, si presenta con un colore blu intenso con tonalità di verde. Nel caso del silicio amorfo (tra le tipologie FV attualmente in uso meno diffusa), in cui la deposizione del materiale sulla superficie di sostegno avviene in maniera disorganizzata, la percentuale di silicio depositato risulta inferiore rispetto al caso delle strutture cristalline; il costo delle celle risulta dunque minore, con l’efficienza più bassa (6- 7%) e non costante rispetto al valore nominale. Nelle celle sono usati trattamenti antiriflesso ARC (Anti-Refletcive Coatings) per ridurre quanto più è possibile la frazione di radiazione solare riflessa verso l’esterno e, di conseguenza, non utilizzabile ai fini dell’effetto fotovoltaico. A seguito del trattamento ARC, il colore delle celle cambia da grigio a blu tendente al nero secondo il tipo di silicio. Senza il trattamento ARC, per perdite per riflessione, si può raggiungere anche il 30% della radiazione incidente. È possibile variare il colore delle celle: attualmente si producono di colore verde, dorate, marroni e color porpora, senza sostanziale differenza di rendimento. Il fotovoltaico flessibile a film sottile del tipo amorfo, utilizzato soprattutto sui tetti degli edifici commerciali e industriali, è invece di colore nero opaco, ma, così come esistono celle cristalline di colori diversi, vengono prodotti anche film sottili colorati, verdi o rossi. Si tratta di strisce di materiale fotovoltaico larghe circa mezzo metro e lunghe circa 5 metri che, utilizzando celle efficienti a film sottile del tipo CIGS (copper indium gallium diselenide - (di)seleniuro di rame indio gallio), producono circa il 50% di energia in più rispetto a un comune pannello piano cristallino. Associano la resa estetica ad un 128 Cap. 2 Teoria dell’architettura solare buon rendimento energetico (anche con superfici piane e luce diffusa), una notevole leggerezza e facilità d’installazione, ma ad un costo ancora molto elevato 89 . Il film sottile che usa la tecnologia della giunzione tripla è formato da tre strati di celle che assorbono luce di diversa lunghezza d’onda, rendendolo più efficiente del film sottile tradizionale con luce scarsa e diffusa. Possibili varietà cromatiche di celle fotovoltaiche (fig. 2.38); film sottili fotovoltaici in silicio amorfo di colorazione verde (fig. 2.39) e blu (fig. 2.40) L’elevato costo del silicio ha motivato la sperimentazione di nuove tecnologie FV che implicano una variazione cromatica e sono basate soprattutto su composti organici. Alcune di queste usano semiconduttori come i fullereni, altri sfruttano le proprietà di coloranti organici (organic dyes) di liberare elettroni come nella fotosintesi clorofilliana (cella di Graetzel). Una cella di Graetzel, o Dye-Sensitized Solar Cell (DSSC), è un dispositivo che sfrutta le proprietà di alcune sostanze organiche di generare una corrente di elettroni quando vengono colpite dalla radiazione solare, ovvero l’analogo della fotosintesi clorofilliana. Il colorante organico (clorofilla, antiocianine) fissato a uno strato di biossido di titanio, viene eccitato dalla radiazione solare e trasmette l’elettrone ad una soluzione elettrolitica che riporta il colorante allo stato neutro e cede al contro-elettrodo gli elettroni. Un primo problema conseguente all’utilizzo di componenti attivi nella progettazione architettonica, risulta essere il controllo delle riflessioni dovute all’irraggiamento solare diretto nei diversi periodi del giorno. Questi fenomeni, se non opportunamente controllati in rapporto agli edifici circostanti, possono provocare, come già rilevato per le tecniche cool roofs, pericolosi effetti di abbagliamento (basti l’esempio delle sovrastrutture FV su barriere antiacustiche autostradali) o situazioni di malessere indotto all’intorno. Un secondo problema, causato dalle colorazioni blu scure o nere opache, è quello del surriscaldamento dei pannelli in estate, che provoca un decadimento prestazionale anche nell’ordine del 20-30%. 89 Recentemente (ottobre 2012) l’Istituto dei materiali per l'elettronica e il magnetismo (IMEM-CNR) di Parma ha messo a punto, una nuova tecnica per produrre celle solari CIGS a basso costo, riducendo la temperatura di deposizione dei film da 400 °C a 270 °C e perciò un minore dispendio energetico e costo di produzione 129 Teoria e pratica dell’architettura solare Indipendentemente dalle caratteristiche tecnico-fuzionali sopra descritte, l’obiettivo della progettazione cromatica di un componente attivo è quello di combinare l’efficienza energetica dei componenti con la gradevolezza estetica. L’esigenza di integrazione architettonica può essere la motivazione per una variazione cromatica del FV. Vi sono pannelli neri ad alta efficienza sviluppati per l’integrazione cromatica, ottenuti posizionando i contatti elettrici dietro alla cella e lasciando tutta la superficie disponibile per l’assorbimento della luce dentro il pannello con il posizionamento di una superficie riflettente retrostante di colore nero. Per una cella monocristallina di colorazione nera opaca viene dichiarato un incremento di efficienza fino al 50% rispetto alla cella tradizionale. Per alcuni prodotti recentemente immessi sul mercato vengono dichiarati dei dati di resa teorica del 23%, operativa del 21,5%, rispetto al 12-14% dei policristallini comunemente in uso 90 . Un esempio d’integrazione per forma è dato dall’impiego di tegole fotovoltaiche. Il risultato estetico dell’accostamento del silicio monocristallino a tegole di laterizio è la combinazione del colore rosso opaco dell’argilla cotta e del nero opaco del silicio. Utilizzando queste tegole occorre più spazio rispetto a un pannello FV, a parità di energia prodotta: circa 40 mq di tetto per realizzare un impianto da 3 kWp con tegole da 11 Wp, montate esattamente come le tegole normali e giuntate una a una nei collegamenti elettrici. In alternativa le tegole ondulate possono essere ricoperte completamente, ricorrendo alla caratteristica di flessibilità del film sottile amorfo con tripla giunzione; esso permette, infatti, di adattare la propria forma a quella del supporto. In questo caso si dovrebbe parlare più propriamente di “pelle attiva” di ricoprimento, che associa una buona produzione d’energia anche alle condizioni di luce ridotta e indiretta. Per il momento la produzione di tegole di questo tipo ha riguardato film di colore blu, verde e nero opaco. Componenti attivi come il FV possono essere integrati, con funzione schermante ed estetica, a superfici d’involucro trasparenti (tetti fotovoltaici strutturali, facciate fotovoltaiche, frangisole); in questo caso i vantaggi in termini di efficienza dei sistemi attivi si devono poter sommare a quelli dei sistemi passivi. Per quanto riguarda il tipo di vetro, mentre per quello frontale non si ha molta scelta, in quanto deve essere di tipo extra-bianco con spessore ridotto (4 mm per moduli piccoli) per ottimizzare l’assorbimento della radiazione luminosa, per quello posteriore si ha maggiore libertà in quanto a colori, tipi di laminazione ed isolamento. 90 SunPower® serie X21, prodotto dalla SunPower Corporation (USA) 130 Cap. 2 Teoria dell’architettura solare Componente semitrasparente con celle fotovoltaiche di diverse colorazioni (fig. 2.41); tegole fotovoltaiche con celle cristalline (fig. 2.42); fig. 2.43: copertura fotovoltaica con film amorfo (Casa Capriata, C. Mollino, 1954; ricostruzione a cura del Politecnico di Torino, 2011) La particolarità di alcuni prodotti è la serigrafia. Mentre il lato superiore dei pannelli è realizzato di colore blu lasciando trasparenti solo gli spazi in cui sono posate le celle fotovoltaiche, il lato inferiore è colorato di bianco. Nella creazione dei moduli semitrasparenti, le celle sono fissate con una resina tra due lastre di vetro distanziate tra loro circa 2 mm. I cavi della corrente in uscita sono solitamente fatti passare attraverso corridoi creati nella cornice, in modo da rimanere nascosti, oppure si utilizzano junction box di connessione. Nei casi in cui la facciata trasparente debba anche soddisfare requisiti di isolamento termico, il modulo solare è integrabile in un doppio vetro, ottenendo un valore di dispersione termica dell’ordine di 1 W/mq K. Per garantire il requisito della tenuta all’acqua, tutti i moduli prodotti sono testati elettricamente e meccanicamente secondo rigidi controlli di qualità. Esempi di vetrazioni fotovoltaiche: in copertura curvilinea (fig. 2.44) in parete verticale con interposizione di celle policristalline (figg. 2.45) o di film amorfo (fig. 2.46) Il colore gioca un ruolo fondamentale quando il componente attivo diventa complemento di arredo, “make-up cutaneo” dell’edificio esistente. Vengono utilizzati coloranti organici, paste di biossido di titanio e inchiostri con nanocristalli come il cadmio telluride, che assorbe la luce solare.Il progetto di Alessandro Villa e Sonia Maritan per la riqualificazione di edifici della periferia attraverso l’uso di pannelli fotovoltaici colorati vuole risolvere l’esigenza diffusa di produzione energetica termica ed elettrica, anche su 131 Teoria e pratica dell’architettura solare piccola scala, valorizzando l’aspetto estetico, oltre a quello funzionale. La diffusione degli impianti fotovoltaici “diventa occasione per rivitalizzare episodi metropolitani grigi e obsoleti, per riempire le città di luce, vestire le facciate di colore, restituire bellezza agli involucri”. La realizzazione di pannelli FV con valenza cromatica si è avvalsa di nuove celle sferiche ridottissime che permettono di catturare la luce da più direzioni. Queste celle sono integrate nel vetro, dando origine a moduli flessibili, ma possono anche essere inglobate nei pannelli di rivestimento degli edifici. Questa tecnologia della Kyosemi Corporation, conosciuta con il nome di Sphelar (da Spherical Solar Cell), consiste nel far cadere gocce di silicio fuso su un supporto di vetro; il silicio solidifica ed evita lo spreco di materiale derivante dalla lavorazione. Urban Skin è un sistema di pannelli solari fotovoltaici di varie dimensioni e colori, realizzati con un mix di lavorazioni del vetro che abbinano la tecnologia Sphelar ai processi tecnologici di fusione del colore ad alte temperature (figg. 16 e 17). Il colore fuso nelle lastre è fotostabile ed introduce interessanti scenari cromatici per l’involucro. L’effetto finale è quello di pannelli in vetro colorato con all’interno microsfere iridescenti fissate tramite piccole staffe metalliche, invisibili come nelle facciate ventilate perché nascoste dalle lastre stesse. Sistema Spheral (fig. 2.47) e pannelli solari prodotti all’interno del progetto Urban Skin di A. Villa e S. Maritan (fig. 2.48) ASPETTI CROMATICI DELL’INTEGRAZIONE ARCHITETTONICA DEI SISTEMI ATTIVI Si usa internazionalmente il termine BIPV (building integrated photovoltaics) per individuare sistemi fotovoltaici integrati, utilizzati per essere posizionati nell’involucro o sull’involucro degli edifici. Il concetto di integrazione si riferisce principalmente all’aspetto morfologico, ma può riguardare anche la stessa componentistica che struttura l’edificio: ai fini dell’integrazione il modulo fotovoltaico deve essere non convenzionale o costituire una superficie fotovoltaica che sia parte di un componente in grado di svolgere, oltre alla produzione di energia elettrica, le funzioni tipiche di un involucro edilizio: tenuta all’acqua, tenuta meccanica e resistenza. Inoltre l’integrazione architettonica del 132 Cap. 2 Teoria dell’architettura solare fotovoltaico è tale se la rimozione dei moduli fotovoltaici compromette la funzionalità dell’involucro edilizio, rendendo la costruzione non idonea all’uso 91 . Tralasciando la definizione normativa tesa a regolare le modalità di sovvenzione economica, quando si parla di integrazione architettonica dei sistemi attivi (solare fotovoltaico e solare termico) nell’involucro edilizio si dovrebbe aggiungere all’integrazione morfologica anche l’integrazione cromatica. Attualmente il problema dell’integrazione architettonica è legato infatti non solo al posizionamento di pannelli di una certa dimensione e superficie in rapporto alla forma dell’edificio, ma anche al contrasto di colore che si genera in seguito all’uso di celle in silicio monocristallino o policristallino, sostanzialmente di colorazioni nero opaco il primo o blu vivido cangiante il secondo, con le finiture tipiche dell’involucro edilizio. La risultanza estetico-formale derivante dalla sovrapposizione di questi pannelli sulla superficie esterna dell’edificio si limita in genere ad una passiva ricezione del sistema tecnologico da parte dell’involucro architettonico; solo alcuni sistemi innovativi integrati presuppongono una risoluzione del problema formale. Tegole fotovoltaiche, elementi attivi di tamponamento verticale sia opachi che trasparenti (sistemi a parete verticale o vetrazioni) ed inclinato (sistemi di copertura), elementi attivi di schermatura solare, stanno riformulando il lessico formale dell’involucro architettonico, connotandone fortemente l’esito figurativo in base anche alla texture e, soprattutto, alla colorazione di queste nuove pelli tecnologiche. Per quanto riguarda gli aspetti d’integrazione architettonica di texture e colore del solare termico, è possibile una classificazione in base alla tipologia del sistema di captazione 92 : avremo colorazioni simili al fotovoltaico policristallino, perciò blu vivide cangianti decisamente più scure, per il tipo “solare piano”; per il solare termico “a tubi sottovuoto” avremo risultanze molto diverse sia dal punto di vista morfologico che cromatico, con colorazioni scure cangianti dei tubi e grigie riflettenti del convogliatore d’irraggiamento retrostante (generalmente in lamiera di acciaio preformata). Un filone di ricerca interessante, considerando l’integrazione di forme e colori delle nuove tecnologie solari, riguarda lo studio del solare cosiddetto ibrido 93 . L’interfaccia visibile assume sempre le colorazioni tipiche dei normali pannelli fotovoltaici a seconda della composizione del pannello (nere o blu vivide), risultando percettivamente più o meno smorzata come riflessione e intensità colore a seconda del posizionamento del fluido termovettore (sopra o sotto le celle FV). Con l’avvento di nuovi materiali tra cui le Dye-sensitized solar cells (DSSC) il tema del colore ha aperto nuove prospettive di sviluppo nella progettazione degli involucri 91 GSE, Guida alle applicazioni innovative finalizzate all’integrazione architettonica del fotovoltaico. 5° Conto Energia, agosto 2012, p. 5 92 93 Cfr. sotto-sottocap. 2.3.2 Cfr. sotto-sottocap. 2.3.3 133 Teoria e pratica dell’architettura solare architettonici contemporanei. Nelle componenti semitrasparenti o traslucidi non è solo la superficie fotovoltaica ad avere un impatto sulla percezione dell’involucro dell’edificio, ma la combinazione tra superficie fotovoltaica (cioè in grado di generare energia) e superficie neutra (più o meno trasparente) ad essa integrata. CONTROLLO CROMATICO DEI SISTEMI FOTOVOLTAICI Di fatto non esiste uno studio cromatico sistematico dei sistemi fotovoltaici, né in ambito architettonico, né in ambito scientifico. Dal punto di vista architettonico fino a poco tempo fa la relativa limitatezza delle tecnologie in commercio ha indirizzato il progetto dell’integrazione architettonica sull’aspetto morfologico; dal punto di vista scientifico, invece, i parametri di valutazione del rendimento energetico delle celle solari hanno riguardato l’aspetto cromatico solo indirettamente. Mentre l’accettabilità della colorazione di una superficie attiva a fini architettonici implica una valutazione del colore nell’ambito della luce visibile, la valutazione dell’efficienza tiene in considerazione anche le lunghezze d’onda infrarosse e ultraviolette che contribuiscono a tale efficienza. In tal senso il colore, inteso come fattore di percezione umana, non coglie a pieno il rapporto tra efficienza del sistema e materiale utilizzato, perché non interpreta correttamente lo spettro di assorbimento della luce. Sebbene non esista un rapporto di relazione diretta tra rendimento e colorazione, è corretto suggerire l’importanza del controllo del colore nella progettazione architettonicatecnologica dei sistemi attivi d’involucro. Dal punto di vista del progettista architettonico, il controllo delle qualità cromatiche di una cella fotovoltaica può essere semplicemente effettuato sulla base di tre componenti essenziali: la luminosità, la tonalità e la saturazione. L’HSB, Hue Saturation Brightness (tonalità, saturazione e luminosità) è un metodo additivo di composizione dei colori e un modo per rappresentarli in un sistema digitale. La tonalità (detta anche tinta) rappresenta il colore puro; essa varia partendo convenzionalmente dal rosso primario (0°), passando per il verde primario (120°) e il blu primario (240°), e quindi tornando al rosso a 360°. La saturazione rappresenta l’intensità del colore. La luminosità (detta anche brillanza) è un’indicazione del livello di brillantezza, aspetto molto importante considerando le superfici fotovoltaiche. Il controllo progettuale del colore di una superficie fotovoltaica si imposta confrontando le tonalità delle superfici attive con quelle non attive sulla base del metodo HSB. Lo stesso modello risulta particolarmente orientato sulla percezione umana, essendo basato sulla risposta percettiva che abbiamo di un colore in termini di tinta, sfumatura e tono. In questo modo si riesce a modulare, per esempio, la presenza del nero nelle superfici di involucro e il suo passaggio al blu. 134 Cap. 2 Teoria dell’architettura solare Introducendo quindi il parametro della luminosità, si controlla il rapporto tra superfici attive opache e superfici non attive opache. Con la saturazione si riesce quindi a prendere in considerazione il fatto che la superficie della cella solare, con l’introduzione dei film sottili integrati alle vetrazioni, può acquistare una certa trasparenza. Alcune nuove superfici attive sono infatti traslucide, cioè permettono il parziale passaggio della luce attraverso il componente architettonico. Traslucida è una superficie che lascia vedere attraverso di sé, cogliendo forma e aspetto degli oggetti al di là, anche se non sempre i contorni precisi. Simili al fotovoltaico inorganico a film sottile, anche il fotovoltaico organico è capace di essere traslucido. In definitiva controllare il parametro della saturazione aiuta a controllare l’aspetto cromatico delle vetrazioni attive. Come già accennato, il controllo cromatico di sistemi attivi complessi difficilmente può avvenire a livello di produzione, qualora l’obiettivo del produttore sia quello dell’ottimizzazione dell’efficienza energetica. Nuove prospettive si aprono, invece, con lo sviluppo di tecnologie fotovoltaiche del tipo DSSC, per le quali è il colore l’elemento caratterizzante di un determinato composto chimico con una specifica efficienza. Alcune tecnologie sono andate recentemente verso il concetto di integrazione cromatica con l’architettura, pur utilizzando il silicio. In questo senso il coating della cella viene predisposto di una colorazione diversa, a scapito di un decadimento dell’efficienza dei moduli FV valutabile in circa 2-3 punti percentuali. L’obiettivo di questo processo produttivo è quello della mimesi contestuale (coperture, territorio agricolo, ecc.), con una gamma di colori ancora non molto varia tra i prodotti commerciali. Fig. 2.49: pannelli fotovoltaici di colore rosso integrati architettonicamente con il manto di copertura in laterizio; fig. 2.50: moduli semitrasparenti a film sottile microcristallino di vari colori; fig. 2.51: successione dei layers in una vetrazione attiva a celle FV Alcune nuove superfici attive usano uno strato di film sottile in silicio amorfo tra due lamine di vetro: lo strato ha uno spessore di alcuni decimi di micron, centinaia di volte più sottile delle celle tradizionali cristalline in silicio e quindi meno oneroso in termini di utilizzo di materiale pregiato. Questi sistemi usano processi di incisione al laser per creare rifiniture semitrasparenti, mentre la logica dei collegamenti elettrici è studiata per assicurare che tutti i cablaggi siano nascosti nel telaio del componente. Generalmente le dimensioni dei moduli vengono personalizzate in rapporto al singolo progetto architettonico, portando conseguentemente ad un notevole incremento dei costi. Alla 135 Teoria e pratica dell’architettura solare caratteristica di produzione energetica viene associata la qualità dell’isolamento termico in base alla stratificazione del componente, che può essere realizzato in vetrocamera singolo o doppio, con vetri semplici o basso emissivi; la parte attiva (celle FV) viene posta sempre nello strato più esterno del pacchetto vetrato, per ricevere la quantità maggiore di irraggiamento solare e svolgere più efficacemente l’azione di schermatura passiva. Anche in questo caso la base è comunque quella del materiale silicio, il cui colore può essere controllato attraverso la sua saturazione. Fig. 2.52. Nuova sede della Regione Lombardia, Milano (Pei Cobb Freed & Partners, 2011): dettaglio della vetrazione a celle FV semitrasparenti; fig. 2.53 Enzian tower, Bolzano (Z. Bampi, 2010): dettaglio dei parapetti attivi con interposto un film sottile semitrasparente PROSPETTIVE DI SVILUPPO E STRATEGIE TECNOLOGICHE DEL FOTOVOLTAICO A COLORANTE Nel 1991 il ricercatore M. Grätzel scoprì come semplici coloranti potevano essere in grado di trasformare la radiazione luminosa in energia elettrica, così come la verde clorofilla trasforma l’energia solare in energia per l’autosostentamento. Dagli albori di questa scoperta ad oggi, migliaia di ricercatori hanno intrapreso questa nuova strada, alla ricerca di miglioramenti soprattutto in termini prestazionali; successivamente la ricerca si è ramificata seguendo ulteriori strade. Sicuramente tra queste la più interessante è quella legata all’aspetto cromatico. Gli obiettivi erano di due ordini di grandezza: ridurre il costo di produzione dei sistemi fotovoltaici in commercio da un lato, ed aumentarne l’efficienza dall’altro. In linea di principio soluzioni più economiche dal punto di vista produttivo possono bilanciare la bassa resa finale. La possibilità di utilizzare vari coloranti (con ovvie variazioni prestazionali) ne permette potenzialmente un’ampia diffusione. Uno degli sviluppi più interessanti è il trasferimento di tutte queste caratteristiche nella preparazione di celle solari a film sottile. Rispetto a quelle tradizionali con tecnologia al silicio, queste celle solari hanno lo 136 Cap. 2 Teoria dell’architettura solare svantaggio di possedere un rendimento più basso (finora il massimo raggiunto è del 12%) ma il vantaggio, come per tutti i film sottili, di produrre energia anche in condizione di luce non particolarmente intensa 94 . Nonostante la ricerca stia migliorando considerevolmente l’efficienza di questo tipo di celle, il punto chiave resta però la scelta del colorante. L’obiettivo è quello di fare in modo di massimizzare l’assorbimento della radiazione solare in modo da catturare e poi convertire la maggior parte della radiazione possibile. Questo è teoricamente possibile utilizzando coloranti neri, che come noto assorbono tutta la radiazione visibile della luce; infatti tra i coloranti studiati quelli con maggiore efficienza hanno tutti una colorazione di questo tipo. Esistono però in commercio celle di Grätzel di vari colori che possono essere utilizzate anche a scopo architettonico. In questo caso l’efficienza subisce un calo perché un solo colore è in grado di assorbire una percentuale minore di radiazione solare visibile e quindi recuperare meno energia. Tutto questo però non è quantificabile tramite un semplice diagramma colore/efficienza poiché intervengono in realtà altri fenomeni che modificano l’efficienza senza però essere propriamente legati al colore. I vantaggi legati a questa nuova tecnologia possono essere così riepilogati: basso costo di produzione; funzionamento anche con luce artificiale o bassa illuminazione solare; produzione in film sottile, quindi applicabilità su finestre e tetti senza bisogno di supporti; possibilità di creare film decorati per rivestimento di finestre e conseguente abbassamento dei costi di condizionamento. Inoltre è da sottolineare che questo tipo di tecnologia, sviluppata sulla tecnica del film sottile, possa essere direttamente autoprodotta. Infatti i sottili strati dei vari materiali che compongono la cella di Grätzel possono essere depositati su supporti flessibili grazie alla tecnica ink-jet (o getto d’inchiostro), su cui sono basate le comuni stampanti. Utilizzando al posto dei semplici inchiostri i vari materiali componenti il wafer attivo e disciolti in opportuni solventi, è possibile creare nella propria casa pannelli solari scegliendo diversi livelli di trasparenza alla luce, sia nella regione spettrale del visibile sia in quella vicina dell’infrarosso. Secondo questa logica, si potrà operare anche in fase progettuale, un controllo migliore dell’aspetto cromatico. Bisogna dire che allo stato attuale non è ancora possibile creare una precisa relazione diretta tra colore ed efficienza, o meglio ancora, produrre una cella solare con 94 Snaith H. J., “Estimating the Maximum Attainable Efficiency in Dye-Sensitized Solar Cells”, in Advanced Functional Matererials, n. 20 (2010), pp. 13–19. 137 Teoria e pratica dell’architettura solare determinate caratteristiche colorimetriche massimizzandone al contempo l’efficienza. La ricerca in questo campo è ancora finalizzata al raggiungimento della massima efficienza, cercando inoltre di razionalizzare il rapporto tra la struttura molecolare del colorante e l’efficienza risultante. Per questo si studia come le modificazioni strutturali in varie classi di composti (ad esempio gli antociani della frutta rossa o le porfirine della clorofilla nelle piante) portino ad incrementi o peggioramenti in termine di prestazioni. Probabilmente questi studi non porteranno nell’immediato alla possibilità di stabilire con esattezza l’efficienza dei pannelli fotovoltaici in rapporto al colore delle molecole attive, ma creeranno le basi sulle quali poter individuare molecole con determinate caratteristiche colorimetriche che massimizzano l’efficienza delle celle FV finali. Fig. 2.54: immagine di vetrazione attiva trasparente e colorata a base di DSSC; fig. 2.55: immagine di film sottile DSSC con colorante marrone In ordine più generale è possibile affermare che la ricerca scientifica, e conseguentemente anche l’ambito della produzione, si sta concentrando su di un processo di smaterializzazione dei componenti attivi fotovoltaici applicabili all’involucro architettonico. Il pannello fotovoltaico, come componente morfologicamente definito, perde la terza dimensione, lo spessore e l’ingombro, destrutturandosi a favore di “pelli innovative” bidimensionali; queste, sovrapposte o inserite all’interno di elementi tecnici, diventeranno immediatamente riconoscibili e caratterizzeranno sempre più le risultanze figurative dell’architettura, per le loro qualità cromatiche e di texture superficiale. Una classificazione in base al colore delle componenti attive reperibili sul mercato, è possibile ricondurla sostanzialmente a due grandi famiglie di prodotti. La prima utilizza celle fotovoltaiche standard a base cristallino-silicea e ottiene gradazioni cromatiche variabili in base all’accoppiamento, sopra o sotto, di pellicole sottili o vetri colorati; queste, miscelandosi con l’elemento primario semiconduttore, generano colorazioni e rendimenti diversi, comunque sempre inferiori a quelli delle celle di colore standard. La seconda famiglia, di recente sperimentazione, utilizza le celle DSSC operando sulla modificazione dell’elemento primario (strato organico semiconduttore di spessore 138 Cap. 2 Teoria dell’architettura solare infinitesimale); questo elemento genera colorazioni differenti per la sua particolare composizione chimica e a seconda della formula molecolare impostata. Per questi prodotti è possibile indagare le variazioni cromatiche, in prima battuta, sulla base del sistema HSB. Appare evidente perciò che le celle a base organica rappresentano attualmente gli indirizzi più promettenti della ricerca scientifica sul fotovoltaico; parimenti non è ancora possibile attuare un vero e proprio controllo della colorazione, poiché l’input rimane sempre l’aumento dell’efficienza (per raggiungere l’obiettivo del 15% delle celle in commercio), relegando la risultanza cromatica ad elemento consequenziale. In conclusione si può dire che nel caso dei sistemi fotovoltaici, il rapporto tra le istanze architettoniche e l’efficienza del sistema tecnologico (efficienza sinergica) appare per il momento ampiamente sbilanciato a favore di quest’ultimo. 139 Teoria e pratica dell’architettura solare 140 Capitolo 3. Pratica dell’architettura solare Tra le finalità della presente ricerca vi è quella di arrivare a definire delle invarianti tipomorfologiche (o forme tipo) dell’architettura solare, cioè particolari morfologie dell’architettura che si sono modificate nel tempo per ottimizzare la capacità di efficienza del sistema tecnologico, secondo un certo rapporto di sinergia con il sistema formale. Questo rapporto, definibile anche come “efficienza sinergica”, si esplicita nella possibilità di valutare il diverso peso, variabile da caso a caso, che assumono le istanze-esigenze espresse dal sistema tecnologico rispetto alle istanze-esigenze espresse dal sistema morfologico (e perciò formale) dell’architettura. Le prime sono assoggettate ai criteri propri del corretto funzionamento dei sistemi impiantistici (attivi) o dei dispositivi architettonici (passivi) di sfruttamento della risorsa solare; esse vengono valutate in rapporto alla “massima efficienza” che possono esprimere all’interno di un certo contesto ambientale e secondo certi indicatori (orientamento irraggiamento, superficie captante a disposizione, inclinazione, ecc.) che ne influenzano la resa finale. Le seconde dipendono dal sistema di scelte dell’opera intellettuale del singolo progettista, operate nella rilettura di determinate morfologie consolidate (la modificazione della forma) e influenzate da un certo contesto socioculturale in cui lo stesso progettista agisce; tutto ciò anche in considerazione del suo livello di conoscenza dell’innovazione tecnologica 1 . L’agire biunivoco e sinergico all’interno del progetto delle istanze-esigenze di entrambi i sistemi determina la loro efficienza e la migliore qualità architettonica 2 . Una possibile metodologia per valutare il livello di questa azione sinergica dei due sistemi, consiste nell’evidenziare le intersezioni (integrazioni) presenti nel progetto realizzato; per fare questo sono stati analizzati i sistemi tecnologici e i dispositivi architettonici di sfruttamento solare adottati nei diversi casi studio, in rapporto agli esiti morfologici e compositivi di alcuni parametri caratteristici del sistema formale. Il processo analitico individua i rapporti e ne descrive sinteticamente le caratteristiche rispetto ai luoghi del progetto 3 ove questi si manifestano. Lo strumento di sintesi è strutturato in una scheda matrice dove vengono interrelate sei categorie del sistema tecnologico (sistemi solari attivi e passivi utilizzati) e sei categorie del sistema formale (esiti o risultanze morfologico-compositive), evidenziando con la colorazione della cella le 1 2 3 Nardi G., Le nuove radici antiche, Franco Angeli, Milano, 1986, pp. 34-51 Ivi, pp. 106-107 Per semplificazione e chiarezza analitica, l’edificio è stato scomposto nei “cinque fronti orientati” corrispondenti ai prospetti zenit (copertura), sud, est, ovest e nord, considerando una forbice di angolazione di ±45° rispetto all’allineamento esatto del fronte rispetto al punto cardinale Teoria e pratica dell’architettura solare relazioni dirette (intersezioni) tra i due sistemi, oppure la semplice descrizione delle relazioni interne di sistema (cella non colorata). 3.1. Analisi dei casi studio Il campo di applicazione di queste schede sono degli esempi di architettura solare di nuova costruzione 4 , alle due differenti scale del piccolo edificio singolo e isolato o più grande e complesso a carattere urbano. Questa fase è strumentale all’individuazione delle forme tipo più ricorrenti, che saranno successivamente analizzate e codificate 5 attraverso un abaco sintetico riferito ai cinque fronti orientati. Le forme individuate come più efficaci verranno poi riutilizzate in due fasi successive della ricerca: la prima definisce un possibile metodo di approccio al calcolo del rendimento solare della forma urbana 6 ; la seconda riguarda la possibile definizione di strategie per la progettazione dell’architettura solare. La struttura della scheda prevede una prima parte descrittiva di alcuni dati anagrafici e ambientali di riferimento del caso studio; nello specifico: la carta solare del PVGIS (Photovoltaic Geographical Information System) 7 : oltre a localizzare il caso studio, attraverso la scala cromatica è possibile risalire al valore di radiazione solare incidente al suolo e alla potenzialità produttiva da fotovoltaico; una o due fotografie rappresentative dell’edificio: con le quali, oltre alla parte descrittiva e fotografica del paragrafo, poter individuare il sistema di rapporti e intersezioni riportati nella scheda; il nome del progettista, la localizzazione (comune o provincia, nazione) e l’anno di costruzione: dati utili all’inquadramento del caso studio; la latitudine del sito d’intervento e la radiazione solare incidente al suolo (kWh/m²anno) su di un piano orizzontale: con questi dati è possibile determinare il valore delle altezze solari e dell’intensità periodica dell’irraggiamento e dimensionare i dispositivi attivi e passivi di sfruttamento solare; la tipologia strutturale: per verificare, in comparazione con gli altri casi studio, i principi costruttivi e i materiali prevalentemente utilizzati; Il concept energetico: inteso come target prestazionale (o tipologia energetica) stabilito nella fase di progettazione preliminare. 4 5 6 7 La scelta deriva semplicemente dalla volontà di “isolare” in maniera più efficace le forme tipo solari, scevre dai condizionamenti caratteristici dell’intervento sull’esistente. La forma tipo “isolata” può essere poi riproposta, tenendo conto dei necessari adattamenti, anche a situazioni di riqualificazione solare del costruito Cfr. sottocap. 4.1, Le invarianti tipo-morfologiche (o forme tipo) solari Cfr. sottocap. 4.2, Forma urbana e rendimento solare Cfr. sito della Comunità Europea: http://re.jrc.ec.europa.eu/pvgis/cmaps/ 142 Cap. 3 Pratica dell’architettura solare La struttura della scheda prevede in ordinata le due macrocategorie di riferimento tecnologia e forma; riferite la prima alle strategie solari applicate (acronimo “S” numerato), la seconda alle risultanze morfologiche e compositive (acronimo R numerato). In ascissa è operata la scomposizione dell’involucro nei cinque fronti orientati (zenit, sud, est, ovest, nord), e per ognuno di essi vengono indicate le intersezioni, attraverso la colorazione della cella, e i rapporti individuati, descritti sinteticamente a fianco. Fig. 3.1 Carta europea del potenziale di energia solare fotovoltaica: i valori a sinistra della scala cromatica esprimono la somma annuale dell’irradiazione incidente (espressa in kWh/m²) su di una superficie a inclinazione ottimale esposta a sud; quelli sulla destra esprimono la produzione annua di elettricità (kWh) generata da 1 kW di picco di fotovoltaico a inclinazione ottimale e con un rapporto prestazionale di 0,75 Più nello specifico le sottocategorie sono suddivise come: S1. solare fotovoltaico 8 : inteso come sistema attivo di produzione energetica (elettrica) integrato nel fronte orientato; S2. solare termico 9 : inteso come sistema attivo a termia solareper la produzione di acqua calda sanitaria e/o integrazione al riscaldamento dell’involucro; 8 9 Cfr. sotto-sottocap. 2.3.1 Cfr. sotto-sottocap. 2.3.2 143 Teoria e pratica dell’architettura solare S3. guadagno diretto 10 : inteso come dispositivi architettonici che trasmettono direttamente il flusso termico all’ambiente confinato; S4. guadagno indiretto 11 : inteso come dispositivi architettonici che trasmettono indirettamente 12 il flusso termico all’ambiente confinato attraverso particolari accorgimenti tecnici; S5. sistemi bivalenti 13 : inteso come elementi a doppia funzione sia attiva che passiva; S6. sistemi adattivi 14 : inteso come dispositivi che si regolano, autonomamente o manualmente, alle mutate condizioni di irraggiamento e/o di comfort interno; R1. configurazione ed andamento: inteso come articolazione formale del fronte; R2. aggetti e rientranze: inteso come particolari conformazioni morfologiche dell’involucro utilizzate a fini di guadagno o protezione solare; R3. sovrastrutture: inteso come componenti esterne applicate all’involucro, tra cui anche le schermature solari; R4. massa e trasparenza: inteso come prevalenza di massa o trasparenza del fronte orientato, espresso con dei “+” da 1 a 5 per evidenziare il carattere più o meno massivo o trasparente del fronte; R5. disegno delle bucature: inteso come morfologia dei componenti finestrati; R6. materiali e colori: inteso come proprietà dei materiali e dei colori utilizzati anche in funzione di protezione/accumulo termico o d’integrazione con i sistemi solari applicati nei fronti; 3.1.1 Sonnenschiff, Friburgo (Germania), R. Disch, 2004 Il primo caso studio riguarda l’edificio più complesso tra i cinque considerati e l’unico dal carattere propriamente urbano, essendo inserito nel quartiere Vauban di recente costruzione a Friburgo e in allineamento con una importante arteria stradale (la Merzhauser Straße). Il Sonnenschiff (letteralmente “nave solare”) rappresenta il blocco di chiusura, in asse nord-sud, del ben noto insediamento “Solarsiedlung Am Schlierberg” al quale assicura la protezione acustica del traffico della strada. L’edificio, lungo ben 125 metri, si struttura secondo un basamento di quattro piani fuori terra con cinque volumi emergenti 10 Cfr. sotto-sottocap. 2.2.1 Cfr. sotto-sottocap. 2.2.2 12 La categoria delle “serre solari” è stata ricompresa nei “sistemi misti”, quelli cioè che sfruttano sia le caratteristiche del guadagno solare diretto che indiretto, sommandone gli effetti; Cfr. sotto-sottocap. 2.2.3 13 Cfr. sotto-sottocap. 2.2.5 14 ibidem 11 144 Cap. 3 Pratica dell’architettura solare a funzione di captazione solare 15 : quattro di essi sono a destinazione residenziale contenendo dei blocchi bifamiliari; il quinto volume chiude l’edificio a nord contenendo uffici e la sede dell’Istituto di Ecologia Applicata (Öko-Institut) di Friburgo. L’edificio è stato riconosciuto come il primo plus energy building a funzione commerciale; infatti il suo “credito energetico” è garantito da un fabbisogno ridottissimo, variabile tra i 10 e i 20 kWh/m²a, e dalla produzione di energia elettrica derivante dai 135 kWp di fotovoltaico posizionati sulle coperture delle torri emergenti 16 . In questo caso infatti lo sfavorevole orientamento, derivante dalle esigenze del progetto urbano, è stato risolto dalla rotazione di 90° della logica distributiva di questi volumi, posizionati sulla copertura del basamento a 4 piani: grazie a questa invenzione progettuale è stato possibile rivolgere a sud tutte le principali superfici di captazione, sia di copertura che di guadagno termico passivo (superfici trasparenti verticali). A livello di strategie solari possiamo quindi individuare due diversi approcci, che rappresentano le diverse logiche applicate alle due “parti” dell’edificio. Basamento a uffici e attività commerciali (2 piani interrati più 4 piani fuori terra): Massima superficie di captazione verticale est e ovest per il guadagno termico invernale, schermabile frontalmente, con veneziane esterne impacchettabili e a lamelle orientabili 17 , dall’irraggiamento estivo; questo dispositivo consente un miglior controllo sinergico sia della radiazione incidente che delle visuali sull’esterno; Modulo opaco riflettente inserito all’altezza del parapetto nella vetrata continua. Blocchi emergenti a residenze e uffici (2 piani più sottotetto sulla copertura del basamento): Rotazione di 90° dell’assetto tipologico e distributivo: le coperture a lastre fotovoltaiche e la prevalenza delle superfici trasparenti sono rivolte completamente a sud; lo stacco tra un blocco e l’altro consente di reperire spazi esterni (a verde) a servizio delle abitazioni, che accostate a due o tre unità alla volta assumono il carattere tipologico del blocco a schiera; La forma della copertura a monofalda cuspidata 18 massimizza la superficie captante attiva e definisce un ampio terrazzo a nord come spazio/belvedere protetto nella stagione estiva; 15 16 17 18 Cfr. sotto-sottocap. 4.1.3, Forme tipo dei fronti orientati est e ovest Berrini M. (a cura di), Green life: costruire città sostenibili, Compositori, Bologna, 2010, pp. 166-167 Cfr. sotto-sottocap. 4.1.1, Forme tipo del fronte orientato zenit. Copertura Cfr. sotto-sottocap. 4.1.1, Forme tipo del fronte orientato zenit. Copertura 145 Teoria e pratica dell’architettura solare La stessa monofalda, prevista in aggetto sul fronte sud, funge da schermatura delle superfici vetrate continue 19 del primo piano; una balconata a struttura autonoma (soluzione che evita anche il ponte termico di continuità strutturale) scherma le vetrate 20 del livello terra-copertura del basamento; Le ampie superfici trasparenti del fronte sud massimizzano il guadagno termico diretto in fase invernale; La superficie a “terra-copertura” destinata a giardino pensile, evita il guadagno termico sfavorevole per riflessione della radiazione solare estiva; produce un effetto di mitigazione del microclima per evapotraspirazione; trattiene le acque di prima pioggia e collabora all’isolamento termico dei volumi sottostanti. La “nave solare” si configura perciò come un ottimo esempio di soluzione per gli edifici a orientamento sfavorevole degli elementi di tessuto urbano consolidato 21 o di nuova costruzione, che non presentano l’orientamento prevalente a sud; infatti, a parte alcuni casi 22 , raramente le logiche di formazione della città consolidata hanno seguito principi favorevoli allo sfruttamento solare. Inoltre la soluzione bipartita dei blocchi sovrapposti e ruotati, libera l’impianto tipologico di base consentendo di proporre soluzioni spaziali diverse; le superfici piane rese accessibili in sommità del basamento, diventano inoltre l’occasione per incrementare le spesso inconsistenti superfici a verde della città, con tutti i vantaggi anzidetti che ne derivano. La tematica dell’edificio di grandi dimensioni a destinazione plurifunzionale come l’esempio appena proposto, può trovare degli spunti interessanti di riconfigurazione delle logiche di sistema energetico dell’intero ambito urbano; la concentrazione di funzioni, anche energetiche, a servizio di una comunità più ampia, può essere assegnata a questi edifici-modello, che possono configurarsi come polarità d’interscambio energetico all’interno di confini del sistema più ampi rispetto a quelli del singolo edificio 23 . Il concetto della rete energetica di quartiere 24 necessità di tanti contributi di microproduzione diffusa (i singoli edifici) più o meno performanti, ma soprattutto di queste polarità (edificio scambiatore) che regolano sia l’eventuale stoccaggio energetico che le sottoreti di distribuzione, per giungere all’obiettivo dell’autosufficienza di interi ambiti urbani. 19 Cfr. sotto-sottocap. 4.1.2, Forme tipo del fronte orientato sud ibidem 21 Basti considerare tutta la tematica attualissima delle sopraelevazioni o delle addizioni “leggere” di edifici esistenti, operate con sistemi intelaiati in legno tipo platform frame, che in alcuni casi consentono di non dover adeguare simicamente l’intera struttura dell’edificio 22 Cfr. sottocap. 1.4 23 Cfr. sotto-sottocap. 2.1.7 24 Cfr. ibidem 20 146 Cap. 3 Pratica dell’architettura solare Complesso Am Schlierberg: vista aerea da sud-ovest (fig. 3.2, sulla sinistra il Sonnenschiff); schema d’impianto urbano con la suddivisione dei lotti (fig. 3.3); vista aerea da nord-ovest (fig. 3.4) Vista del modello di progetto (fig. 3.5); vista dalla Merzhauser Straße (fig. 3.6); prospetto interno a est (fig. 3.7) Vista sud di una delle torri emergenti residenziali: la divisione delle unità abitative è sottolineata dal diverso cromatismo del prospetto (fig. 3.8); sezione trasversale (fig. 3.9); i pannelli colorati, posti sia sul fronte est che su quello ovest, nascondono delle griglie di ventilazione: la loro apertura simultanea permette il raffrescamento notturno (fig. 3.10); dettaglio dell’accessibilità al sistema di ventilazione meccanizzata, alternativo a quello naturale (fig. 3.11) Fig. 3.12: piante del piano tipo interrato a parcheggi, del piano terra, del piano tipo a uffici e del piano “terra” delle residenze (coperture del blocco a uffici); fig. 3.13: sezione del Sonnenschiff 147 Teoria e pratica dell’architettura solare Fig. 3.14 Scheda matrice del Sonnenschiff 148 Cap. 3 Pratica dell’architettura solare 3.1.2 Home for Life, Aarhus (Danimarca), Aart AS, 2008 Il progetto “Home for life” è parte di una più ampia iniziativa di ricerca applicata del gruppo Velux (VKR Holding, Danimarca), denominata The Velux model home 2020 project 25 . Attraverso l’ideazione e la costruzione di una serie di edifici unifamiliari a bilancio energetico positivo (edifici solari energeticamente attivi – Plus Energy Solar Building) 26 , cioè produttori nel bilancio annuale di una quantità di energia, da fonte prevalentemente solare, maggiore di quella consumata, il gruppo Velux vuole promuovere un modello di residenza più che coerente con i dettami della direttiva 2010/31/EU; la stessa direttiva, come noto, richiederà edifici di nuova costruzione a energia “quasi zero” dal 31/12/2020 (31/12/2018 per gli edifici pubblici). L’oggetto di studio, orientato sull’asse est-ovest, si sviluppa secondo lo schema tipologico ricorrente della residenza unifamiliare: al piano terra la parte a servizi e l’ingresso disposti verso nord e la zona giorno, in doppio volume, disposta verso sud; al primo piano si trovano la zona notte e un servizio igienico. Sotto l’aspetto formale l’elemento più caratterizzante è il sistema falda-fronte rivolto a sud, che appare morfologicamente integrato per forma, materiali, texture, colori, finalizzato chiaramente alla massima captazione attiva e passiva della radiazione solare. Ciò si evidenzia nel concept energetico in cui tutte le strategie energetiche sono sintetizzate da specifiche soluzioni formali integrate con quelle impiantistiche e di guadagno termico. I luoghi risultanti a maggiore intersezione tra il sistema tecnologico e quello morfologico-compositivo sono i fronti zenit e sud, come si evidenzierà chiaramente nella scheda matrice; i fronti est, ovest e nord diventano di supporto funzionale e di completamento ai fronte integrato zenit-sud di orientazione più favorevole. L’analisi di dettaglio mette in evidenza una serie di strategie del sistema tecnologico e di esiti formali, interrelati poi nella scheda matrice, che possono essere elencati come: linea di colmo traslata a nord (falde asimmetriche) per la massimizzazione della superficie captante; la falda inclinata sud prolungata in funzione di protezione dall’irraggiamento estivo delle vetrate al piano terra e primo; la texture delle lastre fotovoltaiche posate in sovrapposizione, che caratterizza la fascia superiore della falda, in complanarità con il manto di copertura a scandole di ardesia; 25 26 Gottard F., “Model home 2020”, in Azero, n. 01 (2011), Edicom, Gorizia, pp. 86-87 cfr. sotto-sottocap. 2.1.4 149 Teoria e pratica dell’architettura solare i pannelli solari termici integrati con i lucernari di copertura per forma e dimensioni, a definire una griglia di 10 moduli pressoché identici nella fascia inferiore della falda sud; l’integrazione cromatica delle scandole di ardesia (grigio-scura) con i pannelli solari; la schermatura dall’irraggiamento estivo alle vetrate del piano terra e primo, grazie al prolungamento differenziato della falda sud; il sistema a guadagno diretto dei lucernari di copertura, schermabili in adattamento alla variazione del comfort termico e luminoso interno, attraverso un controllo domotico; le bucature dei fronti est e ovest, schermabili frontalmente, che permettono di sfruttare l’irraggiamento mattutino e pomeridiano; il carattere massivo del fronte nord, contrapposto alla trasparenza del fronte sud; il basamento, diviso in due blocchi in conseguenza della configurazione ottimizzata del fronte sud-copertura, assume caratteri meno massivi nella parte dell’attacco a terra in legno (ingresso alla casa e ai servizi) rispetto al volume sovrapposto di ardesia; le bucature di questo fronte sono di superficie minima e sottolineano il concetto di protezione termica delle superfici opache; sullo stesso fronte sono prevalenti le finestrature zenitali per consentire, essendo la parte più alta, il raffrescamento naturale estivo (effetto camino) in combinazione con le aperture al piano terra, oltre al vantaggio di intercettare una maggiore quantità di luce; Sotto l’aspetto prestazionale sono dichiarati dei valori di trasmittanza dei componenti d’involucro molto bassi, pari a 0,1 w/m²K per le pareti e 0,07 w/m²K per la copertura. Il valore complessivo dell’EPgl 27 determina un valore totale “teorico” (poiché le abitudini d’uso degli occupanti incidono notevolmente sui valori del fabbisogno energetico) pari a 53,2 kWh/m²anno, molto inferiore a quello di una casa passiva 28 . A livello di produzione energetica viene dichiarato un totale di 62,6 kWh/m²anno di produzione energetica consente un credito energetico (teorico) di 9,4 kWh/m²anno, che configura l’edificio a “energia+” (Plus Energy Building) e determina, a seconda della prospettiva di analisi, o un ritorno economico proveniente dalla vendita in rete dell’energia elettrica prodotta in eccesso, o un pareggio dell’energia consumata (embodied energy o “energia grigia”) e della CO2 emessa (carbon neutral) in atmosfera per la produzione dell’edificio. 27 L’indice di prestazione energetica globale (EPgl= EPi + EPacs + EPe + EPill) viene espresso in chilowattora per metro quadrato su base annuale (kWh/m²a) e comprende i fabbisogni per la climatizzazione degli ambienti (riscaldamento e raffrescamento), la produzione di acqua calda sanitaria (ACS) e l’energia elettrica per il funzionamento degli impianti e per gli usi domestici; cfr. DM 10-7-2009 (decreto attuativo della legge 192/05), allegato A, "Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici", punto 3 28 Valore molto contenuto confrontato, ad esempio, con il valore richiesto dal Passihaus Institut di Darmstadt per una casa passiva (120 kWh/m²anno); cfr. sotto-sottocap. 2.1.1 150 Cap. 3 Pratica dell’architettura solare Prospetto sud (fig. 3.15), est (fig. 3.16) e vista dell’interno (fig. 3.17) con in evidenza il tema del doppio volume sulla zona giorno, conseguenza della traslazione del colmo di copertura verso nord Vista sulla scala a giorno (fig. 3.18), modello tridimensionale (fig. 3.19) e dettaglio della copertura con in evidenza l’integrazione tra i sistemi di captazione e il manto di copertura (fig. 3.20) Piante del piano terra (fig. 3.21), primo (fig. 3.22) e sezione trasversale (fig. 3.23) Concept energetico con in evidenza le strategie adottate (fig. 3.24); comparazione dei fabbisogni energetici rispetto ad altre tipologie di edifici (fig. 3.25) 151 Teoria e pratica dell’architettura solare Fig. 3.26 Scheda matrice della Home for life 152 Cap. 3 Pratica dell’architettura solare 3.1.3 Solar Aktivhaus, Kraig (Austria), G.W. Reinberg, 2009 Il terzo caso studio si configura come modello di casa ad energia quasi zero (nZEB) 29 , è pensato come unità ripetibile e vendibile a catalogo, e si sviluppa a tipologia unifamiliare su 150 mq. di superficie complessiva. L’edificio è disposto secondo l’asse est-ovest ed è fortemente connotato dal sistema fronte sud-copertura (sistema formale ricorrente), risolto in continuità morfologica e materica, secondo alcune interessanti soluzioni integrate tra dispositivi attivi, passivi, bivalenti e adattivi che agiscono sinergicamente. In questo caso le strategie solari adottate e gli esiti formali conseguenti, possono essere descritti sinteticamente secondo questi punti: il sistema attivo fotovoltaico è composto da due fasce di 18 pannelli fissati su telai autonomi in acciaio a minor pendenza rispetto alla falda; esso si configura sia come sovrastruttura applicata in copertura che come sistema bivalente a protezione dei lucernari di copertura (prima fascia) e delle vetrate del piano terra (seconda fascia); il sistema attivo di termia solare risulta sovrapposto alla falda e in allineamento con la linea di colmo; è integrato in complanarità con il manto di copertura del quale ne sostituisce una parte; i dispositivi di guadagno termico passivo (superfici trasparenti) sono in rapporto morfologico con i sistemi di protezione, rappresentati dalle schermature superiori e dalle tende avvolgibili esterne, che agiscono in funzione di regolazione dell’irraggiamento solare in fase estiva; il sistema bivalente si configura nella doppia funzione del fotovoltaico sia come produzione energetica che come sistema passivo di schermatura solare dei lucernari sottostanti; la configurazione e l’andamento della copertura dipendono fortemente dalla volontà di massimizzare la superficie captante ad uso dei sistemi attivi e in misura minore di quelli passivi (guadagno termico e illuminazione naturale), in un rapporto equilibrato di massa prevalente sulla trasparenza dei lucernari e in continuità con il fronte orientato sud per composizione, materiali e colori; la pendenza della falda captante (45°) è un valore di compromesso tra il tilt più efficace per il sistema fotovoltaico (34° a queste latitudini) e quello del sistema a termia solare (64° se utilizzato anche in funzione di integrazione al riscaldamento) la struttura compositiva del fronte sud, prevalentemente trasparente, consente il massimo guadagno termico invernale in sinergia con le schermature superiori bivalenti che impediscono l’accesso alla radiazione estiva; 29 cfr. sotto-sottocap. 2.1.3 153 Teoria e pratica dell’architettura solare l’articolazione dei fronti est e ovest prevede delle bucature di completamento, ridotte nelle dimensioni rispetto al fronte sud e adattabili, tramite tende avvolgibili, nella loro funzione di sistema diretto di guadagno termico; il fronte nord, spiccatamente massivo, evidenzia aperture finestrate dimensionate sulla esclusiva esigenza di apporto aero-illuminante, facendo prevalere il carattere di protezione contro la dispersione termica delle superfici opache; In conclusione è possibile affermare che l’efficienza sinergica dell’edificio è evidentemente sbilanciata sul tema dello sfruttamento solare e perciò del sistema tecnologico; infatti l’integrazione morfologica e il funzionamento sinergico della superficie captante verticale ed inclinata rivolta a sud, si configura chiaramente come l’elemento generatore del progetto, enfatizzato anche dallo stesso trattamento materico e cromatico. I dispositivi tecnologici sovrastrutturali si integrano in maniera molto efficace e diventano elementi formali caratterizzanti. La struttura degli altri fronti orientati completa l’assetto compositivo dell’edificio, attraverso il rivestimento massivo uniforme a doghe di larice naturale e le bucature (ridotte ai minimi funzionali) di supporto agli ambienti notte, servizi e d’ingresso all’abitazione. Questo progetto-programma di architettura solare, pur di relativa semplicità applicativa come edificio isolato, è una brillante sintesi delle sinergie adottabili in regime di funzionamento solare attivo e passivo. L’edificio, concepito con un preciso target energetico a bilancio quasi zero, si pone in linea con le indicazioni dell’attuale direttiva europea 2010/31/CE. Ciò è reso possibile sia dalla minimizzazione delle dispersioni termiche (iperisolamento) che dalla corretta impostazione progettuale, tesa al massimo sfruttamento della risorsa solare; è altresì importante nel bilancio energetico globale la compartecipazione delle altre strategie di tipo impiantistico, come la ventilazione meccanica controllata (VMC) con recupero di calore ad alta efficienza e lo sfruttamento energetico geotermico associato ad una pompa di calore. Vista sud, con in evidenza la forte integrazione tra il sistema del fronte verticale e di quello inclinato della copertura (fig. 3.27); vista da sud-ovest (fig. 3.28); vista da nord-ovest (fig. 3.29) 154 Cap. 3 Pratica dell’architettura solare Foto di cantiere con in evidenza la fase di montaggio della struttura portante a pannelli lignei prefabbricati (fig. 3.30); della fase avanzata poco prima del fissaggio del rivestimento a doghe (fig. 3.31); vista sulla zona giorno con in evidenza il doppio volume generato dalla falda di captazione a forte pendenza (fig. 3.32) Pianta del piano terra primo (fig. 3.33); sezione costruttiva (fig. 3.34) Concept energetico delle strategie solari in fase estiva e invernale con in evidenza le inclinazioni delle superfici captanti (fig. 3.35); confronto tra il fabbisogno energetico della Solar aktivhaus ed altre varie tipologie energetiche di edifici (fig. 3.36) 155 Teoria e pratica dell’architettura solare Fig. 3.37 Scheda matrice della Solaraktivhaus 156 Cap. 3 Pratica dell’architettura solare 3.1.4 Sunlighthouse, Vienna (Austria), Hein-Troy, 2010 Un secondo esempio del progetto “Velux Model Home 2020” 30 , di notevole interesse sotto l’aspetto della configurazione morfologica, è questa residenza unifamiliare di tipologia energetica equivalente alla Home for Life (PEB) 31 . L’edificio si sviluppa su di un lieve pendio, è orientato secondo l’asse sud/est-nord/ovest e si articola morfologicamente in due corpi distinti collegati da un corridoio, che genera un piccolo patio aperto su di un lato. Al piano terra, considerato il livello di accesso dalla strada, si trovano le attività a giorno poste in successione: cucina, terrazzo, pranzo, soggiorno; al primo piano sono presenti tre camere da letto, collegate al piano inferiore da una scala a giorno illuminata da lucernari posti in copertura. La casa si affaccia completamente sul lato sud, mentre il lato nord, molto chiuso, contiene gli spazi di servizio e di connessione orizzontale e verticale. Grazie alla pendenza del lotto è stato ricavato anche un livello inferiore, parzialmente interrato, dove si trovano uno spazio a giorno e il locale tecnico. Il corpo più a valle presenta una particolare conformazione a falda traslata in funzione di reperimento della quantità maggiore di superficie captante rivolta a sudsud/ovest; su questa falda-schermo, opportunamente differenziata a livello materico e cromatico, trovano sede i sistemi attivi fotovoltaici e termici per buona parte della superficie e passivi, sottoforma di lucernari. Nella scheda matrice risultante è chiaramente evidente la concentrazione delle intersezioni dei due sistemi nei fronti zenit e sud, secondo un andamento scalare in rastremazione verso il fronte nord; qui è possibile riconoscere solamente rapporti tra elementi di forma all’interno perciò della stessa macrocategoria. Un altro elemento ricorrente è l’unicità del fronte orientato zenit come luogo per l’implementazione dei sistemi attivi. Le strategie solari adottate e gli esiti formali si riassumono secondo questi punti: la massimizzazione della superficie captante a sud attraverso una configurazione di falda che “media” tra le esigenze di produzione energetica fotovoltaica (tilt ideale 34°), produzione termica (tilt ideale 64°) e le configurazione spaziale interna; 32 l’incremento della superficie di captazione verticale attraverso la creazione del patio intermedio tra i due blocchi e aperto verso sud; la concezione del grande elemento captante diventa il tema portante della morfologia architettonica e ne influenza tutta la composizione spaziale; I vari fronti est e ovest in questo caso non sono semplicemente di completamento del principale a sud, che anzi non presenta sistemi passivi verticali se non nella 30 31 32 Gottard F., op. cit. , pp. 92-93 Cfr. sotto-sottocap. 2.1.4 Cfr. caso studio 3.1.3 157 Teoria e pratica dell’architettura solare vetrata del corridoio, ma diventano fondamentali per le esigenze di illuminazione e percezione dell’esterno Le vetrate rivolte a est e ovest del patio risultano parzialmente schermate in fase estiva (ma anche invernale) dalle stesse volumetrie della casa; qualche problema di surriscaldamento potrebbero fornirlo le due grandi aperture trasparenti (a nastro e quadrata) rivolte a est-sud/est in fase estiva; in questo caso è prevalsa la volontà dell’affaccio verso il paesaggio sottostante; Per questo edificio-modello sono stati dichiarati livelli di fabbisogno energetico molto bassi, con un saldo energetico positivo di 12,2 kWh/m²anno; ciò equivale a 50,8 kWh/m²anno di fabbisogno globale (EPgl) 33 e una produzione dichiarata di 63 kWh/m²anno 34 , da fotovoltaico, solare termico e pompa di calore. Inoltre il programma di sostenibilità iniziale prevedeva di prendere in considerazione nel bilancio globale anche l’energia consumata per la produzione dei materiali da costruzione (embodied energy), arrivando così all’obiettivo dell’azzeramento della CO2 globale emessa nell’ambiente. Si è calcolato un tempo di “restituzione energetica” di circa 30 anni, in modo tale da compensare il deficit energetico con l’ambiente attraverso il surplus di prduzione garantito dal fotovoltaico e dal solare termico. Un altro punto chiave del progetto è stato lo studio specialistico delle condizioni di illuminazione naturale, curato in collaborazione la Donau Universität di Krems; per ogni ambiente a giorno della casa, anche attraverso l’utilizzo di numerosi elementi finestrati in falda 35 , sono stati garantiti valori dichiarati di FLDm (fattore medio di luce diurna) del 5%, oltre cinque volte superiori allo standard residenziale fissato dalla normativa, che corrisponde a una superficie finestrata complessiva pari quasi alla metà della superficie utile. 36 Vista da sud-est (fig. 3.38); vista da est (fig. 3.39) 33 Cfr. nota 16 Holzer P., “Wohnhaus in Pressbaum”, in Detail Green, n. 2 (2011), p. 30 35 Il finanziatore è il gruppo Velux (VKR Holding) produttore specializzato, appunto, nella produzione e commercializzazione di lucernari 36 Gottard F., op. cit. , pp. 92-93; cfr. anche Sunlighthouse, Velux Model Home 2020, <http://www.velux.com/sustainable_living/demonstration_buildings/sunlighthouse> 34 158 Cap. 3 Pratica dell’architettura solare Vista da nord-est sulla corte aperta (fig. 3.40); vista da nord-ovest sull’ingresso (fig. 3.41); concept energetico (fig. 3.42) Bilancio annuale del fabbisogno di energia utile (fig. 3.43); bilancio annuale del fabbisogno di energia primaria (fig. 3.44); elementi considerati nel calcolo dei fabbisogni (fig. 3.45) Piante del piano terra e primo (fig. 3.46); sezione trasversale e longitudinale (fig. 3.47); vista del connettivo verticale e del ballatoio del primo piano nella zona notte (fig. 3.48) Viste interne: zona pranzo-soggiorno verso l’esterno (fig. 3.49); verso la corte interna (fig. 3.50); camera da letto principale (fig. 3.51) 159 Teoria e pratica dell’architettura solare Fig. 3.52 Scheda matrice della Sunlighthouse 160 Cap. 3 Pratica dell’architettura solare 3.1.5 MED in Italy, Madrid, Università degli studi Roma Tre, 2012 Il quinto e ultimo caso studio riguarda il prototipo di edificio solare che ha partecipato all’ultima edizione del Solar Decathlon Europe, tenutasi nel settembre 2012 a Madrid. Il motivo di questa scelta riguarda la possibilità di analizzare le strategie messe in atto nella concezione di un edificio solare creato specificatamente per il clima mediterraneo (MED), uno tra i primi modelli realizzati, in alternativa ai precedenti casi studio concepiti univocamente per climi centro o nord-europei. Il prototipo è stato concepito per il Solar Decatholn 37 (olimpiade degli edifici solari), una competizione biennale a carattere internazionale creata dal US Department of Energy 38 nel 2002, per la promozione di edifici solari energy plus e la sensibilizzazione verso le tematiche della sostenibilità più in generale. Possono partecipare le università di tutto il mondo 39 che gareggiano con un gruppo di studenti (Decathletes) sotto la supervisione di un docente responsabile (Faculty Advisor). Dal 2010 ogni due anni viene organizzato anche un Solar Decathlon europeo, grazie ad un accordo dell’US Department con il Politecnico di Madrid; esso si alterna negli anni pari con la manifestazione americana che si tiene negli anni dispari. Inoltre dal 2013 è attivo anche il Solar Decathlon China, che mette in competizione le università provenienti soprattutto dalle regioni mediorientali e asiatiche. Il progetto italiano 40 , riscuotendo un brillante terzo posto finale, ha proposto un modello di casa solare che si è ispirato direttamente al tipo edilizio della casa a patio o a corte interna della tradizione mediterranea; i riferimenti citati dagli ideatori vanno dalle ville di Pompei, al tipo residenziale di base di alcune isole greche, agli aggregati urbani tradizionali di Capri. Tra le strategie di tipo passivo messe in atto una riguarda la tipologia del sistema costruttivo, individuato nella struttura intelaiata in legno 41 del platform frame; esso 37 38 39 40 41 L’olimpiade degli edifici solari si svolge su 10 prove, che possono avere sia carattere di verifica strumentale (misurazioni prestazionali come produzione FV, condizioni termoigrometriche interne, ecc.) che pratiche; queste ultime si svolgono attraverso l’utilizzo quotidiano delle dotazioni del prototipo come ad esempio “invitare a cena” gli altri team, cucinando e consumando il pasto dentro alla casa in condizioni di comfort. Nello specifico le 10 valutazione (decathlon) prevedono: 1. qualità architettonica, 2. ingegnerizzazione e costruzione, 3. installazioni solari, 4. bilancio energetico elettrico, 5. comfort, 6. dotazioni e funzionamento, 7. comunicazione e sensibilizzazione sociale, 8. industrializzazione e fattibilità commerciale, 9. innovazione, 10. sostenibilità. Le prove di gara assegnano fino a un massimo (variabile a seconda della prova) o di 80 o di 120 punti e sono svolte nell’arco di una quindicina di giorni; chi somma più punti alla fine della competizione vince il decathlon. Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti d’America Su tutte le candidature presentate vengono selezionate un massimo di 20 università L’Italia era alla prima partecipazione ufficiale. I coordinatori generali per l’Università Roma Tre sono stati C. Tonelli (Faculty Advisor) e G. Bellingeri; la stessa università ha ripresentato la candidatura per SDE 2014, che si svolgerà a Parigi (Versailles) nella prima metà di luglio, con il progetto “RhOME for denCity” In sede di prima analisi la scelta di un sistema costruttivo in legno potrebbe apparire contraddittoria con il concetto di “casa mediterranea”, non essendo questo materiale propriamente il più diffuso e utilizzato in queste zone climatiche. La questione va riconsiderata sotto l’aspetto dell’evoluzione/modificazione che un tipo costruttivo può avere in una determinata area geografica, soprattutto in relazione al cambiamento del sistema di esigenze a cui lo steso tipo deve riferirsi; esigenze espresse da un particolare contesto normativo, sociale ed economico e posizionate in un certo periodo storico. 161 Teoria e pratica dell’architettura solare associa le proprietà di resistenza sismica, precisione di assemblaggio, leggerezza e trasportabilità tipiche dei sistemi costruttivi in legno, con le proprietà massive dello strato interno, che si struttura attraverso tubi in alluminio riempiti di sabbia umida 42 . Questa sinergia di comportamento dei diversi materiali assicura elevate resistenze statiche e buone caratteristiche inerziali, considerando lo sfasamento termico nel periodo surriscaldato; inoltre la logica della stratificazione delle chiusure esterne e delle partizioni interne, consente di alloggiare le canalizzazioni e le derivazioni impiantistiche necessarie al funzionamento dell’involucro. Una seconda scelta strategica di progetto, riguarda l’organizzazione degli elementi attivi di produzione energetica. La casa mediterranea, secondo la filosofia portata avanti dall’Università Roma Tre, non ha il tetto a spioventi ma riprende la morfologia della copertura piana; questo elemento risulta però in palese contraddizione con l’esigenza di massima efficienza dei sistemi attivi. Essi richiedono infatti una inclinazione variabile, alle nostre latitudini, tra i 30° di tilt per il fotovoltaico e i 45°÷60° per il solare termico, a seconda dello sfruttamento prevalente che ne viene fatto 43 . In questo caso la soluzione proposta sbilancia fortemente l’efficienza sinergica verso le istanze del sistema formale, riducendo l’efficienza del sistema tecnologico. La soluzione progettuale che è stata scelta prevede in definitiva un utilizzo maggiore di superficie captante in più orientazioni (zenit, est, ovest), garantendo una disponibilità energetica in autoproduzione più costante durante tutto l’arco della giornata. Il fulcro impiantistico della struttura, in posizione centrale rispetto alla disposizione planimetrica, è stato concentrato in un box (3D core) che ingloba il bagno, la parete attrezzata della cucina e tutti gli impianti tecnici della casa; questa soluzione ha ottimizzato le problematiche di trasportabilità, fornendo al contempo una soluzione al tema della riproducibilità e standardizzazione dei componenti. La produzione energetica per la climatizzazione degli ambienti è demandata ad una pompa di calore, che permette il funzionamento di un sistema primario radiante; esso è ampiamente sufficiente per condizioni standard di utilizzo, mentre in condizioni di picco termico interviene un sistema ausiliario di climatizzazione dell’aria, che sfruttando l’impianto esistente di ricircolo meccanizzato agisce anche in funzione di controllo dell’umidità relativa. In ordine generale le strategie solari adottate possono essere elencate come: L’implementazione di 9,6 kWp di fotovoltaico caratterizzano un tridimensionale a “scavalco” che protegge la copertura e i lati est e ovest; 42 43 Cfr. Project Manual, MED in Italy, SDE, 2012, pp. 4-5; cfr. anche sotto-sottocap. 4.3.1 Cfr. sottocap. 2.3 162 portale Cap. 3 Pratica dell’architettura solare lo stesso portale assume funzione bivalente poiché oltre alla produzione energetica associa anche quella di schermatura passiva e di ombreggiamento delle superfici trasparenti sul lato sud e del lucernaio continuo orizzontale sul lato nord; Il lato sud è completamente trasparente (a parte il blocco a servizi centrale) in funzione di guadagno termico invernale; I lati est e ovest sono completamente ciechi (evitando le criticità delle superfici trasparenti su questi fronti) e delegano alle pareti verticali del portale fotovoltaico il compito di sfruttare la radiazione solare; Il fronte nord, anch’esso di carattere fortemente massivo, non presenta bucature verticali ma una interessante soluzione di lucernaio continuo orizzontale (ad un livello leggermente inferiore rispetto all’orizzontamento di copertura) che irradia luce diffusa nelle parti della casa altrimenti meno illuminate. Viste generale da sud-est (fig. 3.53); dettaglio del rivestimento laterale in pannelli fotovoltaici (fig. 3.54); dettaglio della controparete in tubi di alluminio riciclato riempiti di sabbia con funzione di accumulo termico (fig. 3.55) Nodo solaio controterra-parete verticale esterna con in evidenza la stratificazione dell’involucro (fig. 3.56); sezione trasversale del prototipo MED in Italy (fig. 3.57) Planivolumetrico di progetto (fig. 3.58) con in evidenza la rampa di accesso al patio interno e la grande copertura piana fotovoltaica; pianta del MED in Italy (fig. 3.59); dettaglio costruttivo in sezione orizzontale con in evidenza il telaio portante in legno e gli spessori d’isolamento (fig. 3.60) 163 Teoria e pratica dell’architettura solare Fig. 3.61 Schemi del comportamento bioclimatico estivo ed invernale 164 Cap. 3 Pratica dell’architettura solare Fig. 3.62 Scheda matrice del MED in Italy 165 Teoria e pratica dell’architettura solare 166 Capitolo 4. Strategie per una progettazione dell’architettura solare È opinione condivisa che la sfida per la riduzione globale dei consumi energetici debba coinvolgere sempre più ampiamente il settore delle costruzioni, responsabile ancora oggi in Italia, ad esempio, di una percentuale di oltre un terzo del totale dei consumi 1 . L’architettura e il mondo dell’edilizia in genere hanno una grande opportunità a disposizione, quella cioè di poter contribuire a ridurre una quota notevolissima dei consumi globali di energia; la stessa energia che provenendo il larga percentuale da fonte fossile è tra i principali responsabili dell’effetto serra e del global warming a cui stiamo assistendo impotenti. La strada virtuosa della riduzione dei fabbisogni energetici in edilizia è già stata intrapresa, soprattutto in alcune nazioni più impegnate già da alcuni decenni, ma la drammaticità dei dati in costante peggioramento impongono una accelerazione molto più incisiva nelle politiche mondiali e nazionali sui temi legati al risparmio energetico; allo stato attuale il punto di non ritorno del cambiamento climatico appare molto vicino, se non addirittura già superato. La ricerca scientifica in primis, la cultura progettuale e il settore produttivo delle costruzioni come recettori, devono consapevolmente comprendere che il problema della riduzione dei consumi è improrogabile, poiché non è solo in discussione il futuro dell’architettura ma la stessa esistenza umana. È necessario che una seria e immediata presa di coscienza debba attuarsi anche nell’utilizzatore finale, colui che usa realmente l’edificio, sensibilizzandolo a modificare i comportamenti quotidiani verso un minor spreco dell’energia a disposizione nel proprio ambiente di vita e di lavoro; è evidente che la migliore delle energie disponibili è quella non consumata 2 . Fermo restando la primaria strategia del porre in essere azioni di risparmio energetico conservative, in equilibrio tra il “non uso” dell’energia e il minor consumo dell’involucro, appaiono decisive le strategie legate alla produzione energetica e al guadagno termico da fonte rinnovabile tramite sistemi impiantistici attivi e dispositivi architettonici passivi integrati negli edifici. In quest’ottica la risorsa solare, sia per la sua immensa disponibilità che per la sua caratteristica di “democraticità” nel reperimento, risulta essere potenzialmente la più sfruttabile a livello planetario e portatrice dei più ampi margini di miglioramento e diffusione. Occorre però analizzare attentamente ciò che questi 1 sistemi di sfruttamento solare implicano per l’architettura, indagandone ENEA, Rapporto energia e ambiente, ENEA, Roma, 2013, p. 10 L’uso responsabile dell’energia che abbiamo quotidianamente a disposizione è la prima possibile azione di risparmio energetico che possiamo immediatamente mettere in pratica, senza investimenti economici o sforzi particolari; è necessaria solamente un po’ di consapevolezza nei nostri gesti quotidiani per produrre i cosiddetti “Negawatt”, la migliore energia rinnovabile mai esistita. Cfr. Lantschner N., a cura di, La mia CasaClima – progettare, costruire e abitare nel segno della sostenibilità, Bolzano, Raetia, 2009, p. 11 2 Teoria e pratica dell’architettura solare precisamente i punti di contatto e le intersezioni e comprendendone le potenzialità espressive che le nuove figurazioni architettoniche comportano; il fine ultimo sarà quello di riproporre una nuova etica dell’architettura, sempre più a servizio dell’uomo e dell’ambiente che lo circonda. Le argomentazioni trattate nei capitoli precedenti mostrano come sia possibile individuare, selezionare ed applicare concetti e tecniche per lo sfruttamento dell’energia solare in architettura. Essi intervengono fin dalla concezione preliminare del progetto 3 e influenzano la morfologia e la risultanza estetica finale del costruito, rendendosi immediatamente riconoscibili nella particolare strutturazione formale dell’oggetto architettonico. La scelta di adottare nella fase metaprogettuale un approccio che assuma le questioni dello sfruttamento dell’energia solare come premessa, influenza fin da subito ogni ragionamento e strategia applicabile al progetto e ne indirizza fortemente la composizione 4 . È sufficiente, ad esempio, porre attenzione alla differente risposta energetica dei fronti edilizi diversamente orientati e sottoposti alla radiazione solare. Il fronte sud ne riceve la maggior percentuale e si connota per la sua elevata trasparenza, essendo luogo privilegiato per la predisposizione dei dispositivi solari prevalentemente di tipo passivo. I fronti est e ovest interagiscono come completamento e supporto al funzionamento bioclimatico del fronte sud e contengono le bucature complementari; essi sono riconoscibili per le differenti tipologie di schermature solari posizionate in questo caso frontalmente. Il fronte nord è connotato dallo spiccato carattere massivo nella logica del massimo contenimento delle dispersioni energetiche, limitando le bucature finestrate al soddisfacimento dei requisiti aero-illuminanti dei locali che contiene spesso destinati a servizi. Come aspetto di notevole interesse nella ricerca è emersa una forte riconsiderazione del ruolo della copertura in conseguenza della recente e diffusa introduzione dei sistemi solari attivi di produzione energetica; la stessa viene perciò intesa non più unicamente come coronamento e terminazione dell’edificio ma anche come luogo privilegiato di supporto degli stessi. Questa componente architettonica, qui definita “quinto fronte orientato”, si sta fortemente modificando rispetto alle configurazioni tradizionali; il fine di massimizzare le superfici captanti verso orientazioni più favorevoli (sud, sud-est, sud-ovest) produce un ripensamento della forma, a servizio mediato del sistema tecnologico di sfruttamento solare. È stato inoltre evidenziato che la massima efficienza del sistema tecnologico, nel nostro caso di tipo solare, decrementa e si “adatta” al variare delle varie istanze che compartecipano al processo ideativo del progetto architettonico: istanze di tipo culturale, 3 Nella fase preliminare di progettazione sono solitamente prese l’80% delle decisioni che influenzano il rendimento energetico dell’edificio; cfr. Lobaccaro et al., “Potenziale solare nelle aree urbane”, in Involucri avanzati, atti dell’8° Energy Forum, Bressanone (BZ), 05-06 novembre, 2013, p. 298 4 Cfr. Reinberg G.W., Architetture di Georg W. Reinberg, Alinea, Firenze, 1999, p. 12 168 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare ambientale e tecnico sintetizzate nelle forme dell’architettura. Questo rapporto definibile come efficienza sinergica 5 varia a seconda del maggior o minor peso assegnato nel progetto alle istanze formali, per definire la massima efficienza possibile del sistema tecnologico in quel particolare contesto ambientale e culturale. Caratterizzazione dei fronti in base all’orientamento. Immagini in alto (T. Herzog, residence del centro educativo giovanile a Winberg, 1991): dettaglio del prospetto sud (fig. 4.1), pianta del primo livello (fig. 4.2), dettaglio del prospetto nord (fig. 4.3); immagini in basso (A. Contavalli, scuola materna a Ponticelli, 2007): prospetto sud (fig. 4.4) e nord (fig. 4.5) Le forme dell’architettura sottendono a una continua evoluzione tra permanenza e innovazione in un processo di lenta sedimentazione; all’opposto l’innovazione tecnologica si presenta in modalità più dinamiche e proviene spesso da altri settori di ricerca e produzione. Il rapporto che le nuove tecnologie solari di tipo attivo (fotovoltaico e solare termico) hanno stabilito con l’architettura è stato in un primo momento dicotomico, configurandosi come semplice sovrapposizione di un sistema su di un altro e producendo risultati spesso di bassa qualità architettonica. Grazie soprattutto a una consapevole azione di progetto da parte di una compagine “ideologicamente” schierata di progettisti attenti alle problematiche della sostenibilità 6 , si sta assistendo a un processo di assimilazione da parte dell’architettura dei sistemi tecnologici di sfruttamento solare; le forme e i principi fondativi 7 di una nuova architettura solare si possono cogliere in tutta 5 Per efficienza sinergica si intende il rapporto di interdipendenza, variabile da caso a caso, tra l’efficienza del sistema tecnologico e le istanze morfologico-compositive proprie del progetto di architettura. Queste istanze dipendenti dal particolare contesto culturale, sociale ed ambientale in cui il progetto si realizza, regolano un certo “decadimento” della massima efficienza del sistema tecnologico a favore di un maggior livello di qualità architettonica finale 6 Tra i quali emergono come figure più rappresentative: Thomas Herzog, Georg W. Reinberg, Rolf Disch 7 Alcuni autori parlano già di “linguaggio dell’architettura solare”, “segno solare” o più in generale di “architettura energetica”. Cfr. Piemontese A., Scarano R., Energia solare e architettura, Gangemi, Roma, 2003, pp. 7-9; Roloff J., Costruire edifici climaticamente consapevoli porta ad uno specifico linguaggio formale?, 169 Teoria e pratica dell’architettura solare una serie di opere realizzate, caratterizzate da un nuovo modo di concepire il modello sostenibile contemporaneo. Tutto ciò è indotto anche per chiare ragioni di ineludibilità della problematica energetica, che porteranno in breve tempo gli edifici a bassissimo consumo a porsi come tipologia energetica di riferimento. Allo stesso tempo si sta assistendo a una crescente risposta del mondo produttivo e della ricerca alle esigenze espresse dalle nuove istanze legate alla progettazione solare. Questa nuova architettura solare vuole assumere un ruolo importante nella sfida planetaria alla riduzione globale dei consumi energetici e dell’inquinamento ambientale. Riveste un ruolo primario nella concezione degli edifici a energia quasi zero o addirittura attivi, dove il consumo necessariamente molto basso deve essere compensato da una autoproduzione energetica in loco; in questo bilancio virtuoso si inseriscono le tecnologie di sfruttamento della risorsa solare. Queste possono infatti trovare nell’architettura un perfetto supporto applicativo, ma allo stesso tempo evidenziando il tema dell’integrazione come uno dei principali problemi aperti dell’attuale ricerca scientifica in architettura. Secondo queste premesse il presente capitolo, che contiene gli esiti della tesi dottorale, arriva a tracciare secondo un certo percorso delle possibili strategie di progettazione sostenibile, in cui al centro vi sia l’utilizzo dei dispositivi di sfruttamento solare; esse hanno come esito sintetico tre esercizi progettuali riferiti sia alla costruzione ex novo che all’efficientamento dell’esistente. Precedentemente vengono forniti gli strumenti operativi a supporto delle strategie, configurati inizialmente nella codificazione delle invarianti tipo-morfologiche (o forme tipo); esse sono desunte dall’analisi specifica dei casi studio individuati e più in generale dalla ricognizione della produzione architettonica solare. Successivamente le forme tipo individuate e le tipologie edilizie ricorrenti, diventano strumentali alla definizione del rendimento della forma urbana desunto attraverso specifici indicatori tecnologici e formali; questo concetto viene applicato a cinque morfotipi 8 ricorrenti individuati nei tessuti urbani consolidati di edilizia residenziale sociale, con la finalità di individuare le tipologie urbane potenzialmente più performanti a livello di guadagno e produzione energetica da fonte solare. rivista Detail, n° 6-2002, P. 723; Serra R., Coch H., L’energia nel progetto di architettura, Città Studi, Milano, 1997, p. 113 8 Per morfotipo si intende una forma urbana consolidta e ricorrente (isolato a corte chiusa o aperta; blocchi edilizi contrapposti; successione di torri) e viene riferita ad una precisa unità minima territoriale urbana (UMTU); quest’ultima si configura in relazione alla garanzia della piena captazione solare degli involucri edilizi ed è dotata delle necessarie infrastrutture per poter funzionare ed essere ripetibile. 170 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare 4.1. Le invarianti tipo-morfologiche (o forme tipo) solari Attraverso l’analisi dei casi studio risulta possibile definire delle invarianti, o ricorrenze, tipo-morfologiche che caratterizzano l’architettura solare contemporanea. Queste forme tipo consistono in una modificazione di forme originarie già esistenti e sono caratterizzate da un certo livello di efficienza sinergica. È anche possibile considerarle come risultato della modificazione di un gene della loro struttura archetipica, dovuta all’intersezione dell’architettura con un nuovo elemento tecnologico. Come affermato da Nardi 9 , in un primo momento l’innovazione tecnologica prevale sempre sulla forma dell’architettura per poi lentamente divenirne parte essa stessa, secondo un processo di adattamento e simbiosi; alla fine torna sempre e comunque a prevalere l’architettura come processo di sintesi, strutturandosi come elemento primario e ordinatore attraverso lo strumento del progetto. Un approccio progettuale basato sull’efficienza sinergica regola il diverso peso che viene dato al raggiungimento di determinate performance energetiche (dipendenti da fattori tecnici e condizioni ambientali) in rapporto al soddisfacimento di determinate esigenze formali, generate come detto da un certo contesto culturale, ambientale e sociale. Nel terzo capitolo, nella formulazione delle schede matrice, è stata operata una scomposizione del manufatto architettonico in cinque parti distinte, sulla base dell’orientamento delle superfici di captazione dell’oggetto di studio. Definendo queste parti come fronti orientati, si sono individuate le forme architettoniche ricorrenti (forme tipo) in relazione/intersezione con lo sfruttamento dell’irraggiamento solare, attuato attraverso certi dispositivi architettonici di tipo attivo o passivo. La particolare posizione, inclinazione e orientazione di questi sistemi ne influenza la resa, producendo una performance energetica minore o maggiore; le conformazioni architettoniche risultanti nel progetto evidenziano perciò la misura dei livelli di efficienza sinergica raggiunti. Le forme tipo ricorrenti risultano a volte definite nel singolo fronte orientato a volte in stretto rapporto o continuità fra più fronti, determinando diverse configurazioni delle superfici captanti; è il caso ad esempio dei fronti orientati zenit e sud, luoghi privilegiati di captazione solare, che appaiono in diversi esempi come un sistema compositivo integrato in continuità morfologica e percettiva. Spesso questa continuità è necessaria per il corretto e sinergico funzionamento dei sistemi attivi e passivi; in certi casi la continuità morfologica viene estremizzata e la stessa copertura diventa fronte arrivando fin quasi a terra. Sicuramente il sistema copertura con l’introduzione delle nuove tecnologie solari attive sta riassumendo una nuova forza figurativa, in antitesi al dissolvimento formale tipico dell’architettura funzionalista; si può affermare che il 9 Cfr. Nardi G., “Le nuove radici antiche: saggio sulla questione delle tecniche esecutive in architettura”, II ed., Milano, Franco Angeli, 1988 171 Teoria e pratica dell’architettura solare coronamento dell’edificio sta riappropriandosi di quel valore semantico che gli era stato negato, oltre al ruolo più funzionale di supporto alle nuove tecnologie e di tenuta agli agenti atmosferici. Fig. 4.6 Valori della radiazione solare (cielo sereno) su di una superficie verticale a 40° di latitudine nord nel corso dell’anno in rapporto ai 5 fronti orientati L’abaco delle forme tipo che seguirà è desunto dall’analisi dei casi studio e di molti altri esempi di realizzazioni, tenendo conto perciò delle configurazioni più ricorrenti di un certo tipo di architettura solare definibile attuale o contemporanea. Questa scelta sottolinea l’assunto che conclusosi la fase di un’architettura solare quasi esclusivamente di tipo passivo, si sta assistendo attualmente ad una sperimentazione formale che tiene fortemente in conto la sinergia tra i (relativamente) nuovi sistemi attivi e i sistemi passivi consolidati, a volte con una prevalenza dei primi a volte dei secondi. Tra i sistemi attivi è nettamente più utilizzato il fotovoltaico rispetto ai sistemi a termia solare, ed è naturale la conseguenza di un maggiore adattamento della forma architettonica alle esigenze di questo sistema. Tra tutti i tipi di sistemi passivi codificati 10 si può notare un quasi esclusivo utilizzo dei sistemi cosiddetti “a guadagno diretto” (vetrazioni giustamente orientate) o del sistema cosiddetto ”a guadagno misto” rappresentato dalla serra solare; in altri casi è possibile affermare che in sostituzione del quasi scomparso sistema “a guadagno indiretto” rappresentato dal muro Trombe, vengono ora utilizzati dei muri ad accumulo termico innovativi contenenti sostanze 10 Cfr. sottocapitolo 2.2 172 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare PCM 11 , di utilizzo meno complicato per l’utenza ma comunque sempre onerosi economicamente. In ordine generale è possibile individuare due modi ricorrenti di approccio progettuale, generatori di forme tipo molto diverse. Il primo indirizza il progetto tenendo in conto prioritariamente l’utilizzo di dispositivi passivi e configura la forma dell’edificio per ottenere la massima efficienza dei sistemi a serra solare o dei muri ad accumulo termico con PCM (edificio in Sagedergasse, G.W. Reinberg, 1999; Solar home III, D. Schwarz, 2000). La seconda si rivolge più espressamente all’utilizzo di sistemi attivi di produzione energetica e configura forme architettoniche finalizzate al massimo reperimento di superfici captanti soprattutto in copertura (Solar Aktivhaus, G.W. Reinberg, 2009; Home for Life, Aart A/S, 2009). Le finalità dei due diversi tipi di approccio si possono desumere chiaramente dall’analisi del concept energetico 12 , strumento col quale vengono definite preliminarmente e organicamente le strategie energetiche e bioclimatiche adottate nel progetto. Questo strumento di “programmazione energetica” dell’involucro architettonico, definisce chiaramente anche le sinergie che si devono instaurare tra i diversi tipi di sistemi impiantistici e i dispositivi architettonici di sfruttamento passivo, tenendo conto delle loro esigenze particolari di funzionamento e di orientazione. Forma “passiva” e forma “attiva”: nella prima immagine (fig. 4.7) l’edificio sulla sinistra enfatizza maggiormente l’utilizzo di superfici captanti attive fotovoltaiche (falda inclinata rivolta a sud), quello sulla destra l’utilizzo di sistemi passivi a serra solare (falda rivolta a nord); immagine sulla destra (fig. 4.8): sezione dell’edificio a forma “passiva” (complesso Gneis Moos, Salisburgo, G.W. Reinberg, 2000) Nota importante è che in tutti i casi di forme tipo successivamente schematizzate la superficie captante può essere idealmente sostituita da un sistema continuo vetrato “attivo”, formato cioè da moduli innovativi semitrasparenti con interposte celle fotovoltaiche nel pacchetto vetrato. In questo caso il sistema viene definito bivalente poiché alla produzione energetica somma un guadagno termico per effetto serra. È 11 Cfr. sotto-sottocapitolo 2.2.2 Cfr. Siragusa L., L’energia del sole e dell’aria come generatrice di forme architettoniche, Padova, CLEUP, 2009 12 173 Teoria e pratica dell’architettura solare possibile controllare in fase di progetto la percentuale di trasparenza della chiusura, calibrando la densità delle celle interposte; questo permette anche di ottenere particolari effetti di luci e ombre interne, fermo restando la primaria funzione di elemento schermante e di controllo passivo dell’irraggiamento solare. Come importante considerazione finale va premesso che le configurazioni risultanti dagli schemi delle forme tipo che seguono hanno validità, con dei necessari adattamenti, per latitudini comprese tra i 28° e i 56° di latitudine nord o sud. 4.1.1 Forme tipo del fronte orientato zenit. Copertura Questa analisi partirà dal luogo di progetto privilegiato nei termini di sfruttamento dell’energia solare e di applicazione dei dispositivi tecnologici che lo realizzano, soprattutto di tipo attivo (fotovoltaico e solare termico). La copertura, come risulta anche dalle schede matrice di analisi 13 , è la componente dell’involucro in cui possiamo trovare la maggiore concentrazione di rapporti e intersezioni tra il sistema tecnologico e la struttura formale. Un primo aspetto interessante è la messa in discussione della tipologia a copertura piana, poiché tale configurazione risulta essere meno efficiente per il sistema tecnologico che supporta; in questo caso l’implementazione dei sistemi attivi di captazione solare può avvenire solamente per sovrapposizione di elementi completamente disgiunti per forma e inclinazione, rendendo molto problematica la possibilità d’integrazione. Volendo in ogni caso completamente integrare il sistema tecnologico con una copertura di tipo piano, bisogna considerare un decadimento prestazionale dell’ordine del 15% rispetto all’inclinazione ideale di 30° che alle nostre latitudini garantisce la massima efficienza del sistema 14 (esempio di un sistema FV orientato al sud pieno). Nei vari esempi tratti risulta evidente invece una riconfigurazione del tipo più tradizionale a capanna, variamente rielaborato allo scopo di ottenere la massima superficie captante nella direzione più favorevole, considerando che le falde contengono già l’inclinazione sufficiente a contenere i decrementi prestazionali dei sistemi tecnologici posizionati in piano. Il tipo planimetrico più utilizzato negli edifici solari è a pianta rettangolare, orientata secondo l’asse est-ovest per ottimizzare l’estensione superficiale del fronte captante più favorevole a sud e minimizzare i due fronti problematici orientati a est e ovest. In questo caso è ricorrente una copertura a due falde con la traslazione verso nord della linea di colmo per incrementare la superficie di captazione; a volte mantenendo le stesse pendenze di falda e conseguentemente altezze di gronda diverse (complesso “Am 13 Cfr. capitolo 3, Pratica dell’architettura solare Valore da considerarsi ottimale per latitudini comprese tra i 40 e i 50° N (o 40-50° di latitudine sud ma con esposizione dei pannelli verso nord). 14 174 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare Schlierberg”, R. Disch, 2005), a volte con la falda esposta a nord più in pendenza per mantenere costante la linea di gronda (Casa a Hegenlohe, T. Volz, 2003). Questa tipo morfologico di copertura sviluppa delle particolari spazialità interne in corrispondenza dell’ultimo piano, spesso risolte con l’utilizzo di doppi volumi finalizzati alla ricucitura delle diverse quote di gronda dei fronti contrapposti; in questi spazi sono ricorrenti, specie nelle tipologie unifamiliari, anche soluzioni integrate scala-ballatoio a giorno per la distribuzione al piano superiore della zona notte (Home for Life, Aart AS, 2008). In caso di edifici orientati con il lato lungo secondo l’asse nord-sud spesso si ritrovano soluzioni di elementi architettonici emergenti, sorta di torri solari, che cercano e ricavano superfici captanti perfettamente esposte a sud, con falde orientate ortogonalmente all’asse principale (Sonnenschiff, R. Disch, 2004). In altri casi la copertura e il fronte sud formano un sistema integrato in continuità di superfici verticali e inclinate (Solar Aktivhaus, G.W. Reinberg, 2009) o solamente inclinate con il coperto che arriva a terra, enfatizzato per texture, materiali e colori (Wohnhaus in Regensburg, T. Herzog, 1977-79). L’intersezione tecnologia-forma in questi casi è leggibile nella più o meno risolta integrazione del sistema tecnologico nel sistema morfologico-compositivo della copertura, quale sommatoria dell’originaria funzione di chiusura e protezione dagli agenti atmosferici e della nuova funzione di produzione energetica da fonte solare. Il quinto fronte orientato diventa a tutti gli effetti il vero elemento protagonista nella percezione dell’edificio solare contemporaneo, ripensato secondo nuove esigenze tecnologiche che determinano nuove configurazioni formali. Negli schemi seguenti vengono riproposte alcune invarianti tipo-morfologiche (o forme tipo) ricorrenti nei diversi edifici solari analizzati. Le costanti individuate mostrano soluzioni che massimizzano la capacità captante delle superfici inclinate in caso di prevalenza di strategie di tipo attivo, con la falda perciò orientata a sud (Sunlighthouse, Hein-Troy, 2010); o soluzioni opposte quando la strategia è mirata al reperimento della massima superficie sul fronte sud per una captazione di tipo passivo, con la falda perciò orientata a nord (Solar III, D. Schwarz, 2000). Nei successivi schemi delle forme tipo le indicazioni di pendenza della falda captante nelle tipologie a capanna corrispondono sempre a un valore d’inclinazione di 20° (pendenza del 36%); nel riprendere il concetto di efficienza sinergica definito precedentemente, questo dato viene assunto come mediazione tra la massima efficienza del sistema fotovoltaico (tilt di 30°) e la pendenza ricorrente delle falde attive, comprese nella zona climatica a cui si riferiscono la maggior parte dei caso studio analizzati (tra i 40 e i 50° di latitudine nord). Negli schemi grafici le frecce incidenti sulla superficie captante indicano in maniera proporzionale e comparativa la quantità di radiazione solare (e conseguentemente la sua 175 Teoria e pratica dell’architettura solare capacità produttiva) in rapporto all’estensione della superficie attiva e all’inclinazione della stessa, conseguenza della particolare configurazione della forma tipo. Sempre secondo una logica comparativa vengono poi assegnati dei valori da uno a tre più (+), come espressione dell’efficacia delle varie strategie (attivi o passive) più favorevoli o auspicabili per quella particolare configurazione. Gli indicatori utilizzati per evidenziare l’intersezione tra la categoria tecnologica (strategie solari S) e quella formale (risultanze morfologico-compositive R) sono gli stessi utilizzati nelle schede matrice di analisi dei casi studio 15 e vengono nuovamente elencati di seguito per comodità di lettura: S 1: sistema solare fotovoltaico (attivo) S 2: sistema solare termico (attivo) S 3: sistema a guadagno diretto (passivo) S 4: sistema a guadagno indiretto (passivo) S 5: sistema bivalente (attivo+passivo) S 6: sistema adattivo (attivo, passivo o entrambi) R 1: configurazione e andamento R 2: aggetti e rientranze R 3: sovrastrutture R 4: massa e trasparenza R 5: disegno delle bucature R 6: materiali e colori Fig. 4.9 FORMA TIPO Z1: capanna a colmo traslato verso nord (stessa pendenza) STRATEGIA SOLARE: massimizzazione della produzione energetica (S1 ++ , S2 +) RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: asimmetria; linee di gronda a quote diverse sui due fronti; pendenza di entrambe le falde di 20° (R1) INTERSEZIONE: S1, S2 / R1 15 Cfr. capitolo 3, Pratica dell’architettura solare 176 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare Fig. 4.10 FORMA TIPO Z2: capanna a colmo traslato verso nord (diversa pendenza) STRATEGIA SOLARE: massimizzazione della produzione energetica (S1 ++, S2 +) RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: configurazione asimmetrica, linee di gronda alla stessa quota, pendenza falda di captazione 20° (R1) INTERSEZIONE: S1, S2 / R1 Fig. 4.11 FORMA TIPO Z3: monofalda cuspidata e copertura piana STRATEGIA SOLARE: produzione energetica (S1 ++; S2 ++) RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: andamento a risega, inclinazione di falda 45°; continuità fronti orientati zenit / sud (R1) INTERSEZIONE: S1, S2 / R1 Fig. 4.12 FORMA TIPO Z4: capanna a colmo traslato verso sud (copertura serra solare) STRATEGIA SOLARE: produzione di energia fotovoltaica e termica (S1 ++, S2 +); RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: copertura a capanna asimmetrica, falde a stessa pendenza a 20° (R1) INTERSEZIONE: S1, S2 / R1 177 Teoria e pratica dell’architettura solare Fig. 4.13 FORMA TIPO Z5: monofalda a sud STRATEGIA SOLARE: produzione di energia fotovoltaica e termica (S1 ++, S2 +) RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: monofalda pendenza 20° (R1) INTERSEZIONE: S1, S2 / R1 Fig. 4.14 FORMA TIPO Z6: tetto a shed (edificio con orientamento nord-sud) STRATEGIA SOLARE: produzione di energia fotovoltaica e termica (S1 +++, S2 +) RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: elemento captante emergente per orientamento nord-sud, pendenza 30° (R1) INTERSEZIONE: S1, S2 / R1 edifici con Fig. 4.15 FORMA TIPO Z7: torre solare (edificio con orientamento nord-sud) STRATEGIA SOLARE: produzione di energia fotovoltaica e termica (S1 +++, S2 +) RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: elemento captante emergente (abitato) per edifici con orientamento nord-sud, pendenza 30° (R1) 178 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare Fig. 4.16 FORMA TIPO Z8: monofalda a sud portata a terra (pendenza 30°) STRATEGIA SOLARE: produzione di energia fotovoltaica / termica nella parte superiore (S1 +++, S2 +), guadagno termico (serra solare) nella parte inferiore (S3 +, S4 +) RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: coincidenza copertura-fronte sud (R1) Fig. 4.17 FORMA TIPO Z9: monofalda a sud portata a terra (pendenza 45°) STRATEGIA SOLARE: produzione di energia fotovoltaica e termica nella parte superiore della copertura (S1 ++, S2 ++) e guadagno termico da sistema passivo misto (serra solare) nella parte inferiore (S3 +, S4 +) RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: coincidenza morfologica tra la copertura e il fronte sud (R1) 4.1.2 Forme tipo del fronte orientato sud Il prospetto rivolto a sud è il luogo privilegiato del progetto per l’implementazione dei sistemi (soprattutto) passivi di guadagno termico. Questo fronte, infatti, riceve il massimo irraggiamento sul piano verticale 16 durante la fase nell’anno di maggior bisogno termico (periodo sottoriscaldato), 17 giustificando l’uso dei sistemi passivi di tipo diretto, indiretto o misto. 18 È sicuramente un aspetto interessante notare che nei casi studio 16 «D’inverno, a 40° di latitudine nord, una parete [verticale NdA] rivolta a sud riceve circa tre volte l’energia solare globale delle pareti a est o a ovest, mentre d’estate la radiazione incidente sulle pareti (verticali NdA) a sud e a nord è soltanto la metà di quella assorbita dalle pareti a est e a ovest»; da Olgyay V., Progettare con il clima, Muzzio, Padova, 2013, p. 97-98 17 Le terminologie “periodo sottoriscaldato” e “periodo surriscaldato” sono state introdotte da V. Olgyay, valutabili attraverso il diagramma bioclimatico, per definire i periodi dell’anno in cui la radiazione solare incidente su di un edificio è favorevole (bisogno di riscaldamento) o sfavorevole (bisogno di raffrescamento); ibidem, p. 100 18 Cfr. sottocapitolo 2.2 179 Teoria e pratica dell’architettura solare contemporanei analizzati non è stato mai utilizzato il dispositivo a guadagno indiretto “muro Trombe”, 19 segno distintivo di molti edifici solari della fine degli anni ’60 e degli anni ’70-‘80; ciò è dovuto a una serie di fattori imputabili probabilmente a ragioni di costo, di funzionamento del sistema (che presuppone un ruolo “attivo” dell’utenza) e di risultanze formali molto particolari. 20 Sfruttando sempre lo stesso principio fisico è apparso più semplice utilizzare soluzioni a guadagno diretto con masse di accumulo interne (murature e pavimentazioni), sicuramente meno performanti ma più integrate nello spazio architettonico e dagli esiti formali più controllabili. In alcuni casi particolari è riscontrabile l’utilizzo di sistemi attivi, principalmente a tipologia fotovoltaica, su parapetti e facciate (Torre Garibaldi, Progetto CMR, 2010); in questi casi però gli stessi sistemi scontano un sostanziale decremento nella performance di produzione a causa del tilt massimo dei recettori (90°). Questa soluzione può comunque essere efficace negli edifici alti, per sopperire alla minore superficie captante disponibile in copertura, sfruttando le ampie superfici dei fronti verticali giustamente orientati. Nel caso ad esempio dell’intervento sulla Willis Tower, in origine Sears Tower (SOM, 1973), l’aspetto più interessante del’intervento di retrofit riguarda la sostituzione in facciata di alcune parti vetrate con un sistema fotovoltaico semitrasparente (Adrian Smith + Gordon Gill Architecture, 2010); la pelle trasparente della torre da elemento altamente energivoro assume ora una funzione bivalente grazie alla sinergia tra la produzione fotovoltaica delle celle ed il loro effetto schermante dall’irraggiamento solare. Sempre sul tema dell’edificio alto è interessante notare, in altri casi, la contestuale riconfigurazione formale della copertura ai fini di aumentarne la superficie da destinare a captazione attiva, integrando al contempo i volumi dedicati tradizionalmente alle terminazioni impiantistiche (Torre Unifimm, Open Project, 2011). Nel confronto tra le strutture compositive dei quattro fronti verticali, quello orientato a sud presenta costantemente la percentuale maggiore di superficie vetrata in rapporto alla superficie opaca. In questo caso la componente trasparente ottimizza il guadagno termico per effetto serra sul fronte maggiormente irraggiato nella fase invernale, sempre in relazione con i necessari elementi di schermatura superiori per la protezione nella fase estiva. Questa logica prestazionale configura un lessico formale che ricorre spesso a soluzioni con elementi vetrati contrapposti a elementi di protezione, anche morfologicamente importanti; soluzioni spesso in continuità con la copertura che configura un sistema fronte-tetto omogeneo. Il prospetto tende perciò a smaterializzarsi e a proiettare la spazialità interna verso l’esterno grazie alla concentrazione delle superfici trasparenti; sullo stesso fronte affacciano e si caratterizzano gli spazi di 19 20 Cfr. sotto-sottocapitolo 2.2.2 ivi 180 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare relazione più importanti potendo sfruttare le migliori qualità di illuminazione e di comfort percettivo, sempre in stretta relazione con le dinamiche energetiche passive. Fig. 4.18 Willis Tower a Chicago (SOM, retrofit Adrian Smith + Gordon Gill Architecture, 2010); fig. 4.19 Retrofit torre Garibaldi a Milano (Progetto CMR, 2010); fig. 4.20 Torre Unifimm a Bologna (Open Project, 2011) Le forme tipo schematizzate in seguito mostrano le diverse configurazioni risultanti dall’applicazione dei dispositivi passivi sul fronte sud, analizzate anche in relazione con i dispositivi di schermatura necessari ad evitare la radiazione solare nel periodo surriscaldato; come già anticipato precedentemente, vengono riportate solamente forme tipo che utilizzano sistemi a guadagno diretto o misti a serra solare, poiché assolutamente prevalenti rispetto ad altri tipi di sistemi passivi. 21 Le piccole frecce (da tre a sette) posizionate a ridosso della superficie captante indicano in maniera proporzionale l’intensità del guadagno termico conseguente alla configurazione della particolare forma tipo; la freccia più grande all’interno dell’involucro indica semplicemente la presenza dell’effetto termico sulle masse di accumulo, rispettivamente a pavimento e a parete per il sistema diretto o sul muro separatore per il sistema misto (serra). Le soluzioni schematizzate propongono l’assunto della pariteticità tra gli effetti di guadagno termico in fase invernale e l’azione di protezione in fase estiva; questo fattore ha comportato delle differenziazioni in rapporto ad alcuni modelli di riferimento, che hanno manifestato alcune criticità di comfort interno nella fase surriscaldata proprio a causa della mancanza o inadeguatezza del sistema di schermatura solare. 21 Per la tipologia indiretta a muri di accumulo con PCM è possibile considerare la superficie captante verticale, ora intesa trasparente, come parete opaca. 181 Teoria e pratica dell’architettura solare Fig. 4.21 FORMA TIPO S1: bucatura trasparente verticale + schermatura con aggetto architettonico STRATEGIA SOLARE: guadagno termico diretto (S3) RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: rapporto di forma copertura-aggetto architettonico (R2), trasparenza (R4) INTERSEZIONE: S3 / R2, R4 Fig. 4.22 FORMA TIPO S2: bucatura trasparente verticale + schermatura prolungamento di falda (attiva) STRATEGIA SOLARE: guadagno termico diretto (S3) RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: configurazione copertura (R1), trasparenza (R4) INTERSEZIONE: S3 / R1, R4 con Fig. 4.23 FORMA TIPO S3: bucatura trasparente verticale + schermatura prolungamento di falda (non attiva) STRATEGIA SOLARE: guadagno termico diretto (S3) RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: configurazione copertura (R1), trasparenza (R4) INTERSEZIONE: S3 / R1, R4 con 182 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare Fig. 4.24 FORMA TIPO S4: bucatura trasparente verticale + schermatura con aggetto superiore STRATEGIA SOLARE: guadagno termico diretto (S3) RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: sovrastruttura (R3), trasparenza (R4) INTERSEZIONE: S3 / R3, R4 Fig. 4.25 FORMA TIPO S5: serra solare verticale + schermatura con aggetto superiore orizzontale STRATEGIA SOLARE: guadagno termico diretto e indiretto (S3, S4), in fase estiva ad infissi aperti (adattabilità del sistema) la schermatura superiore impedisce l’accumulo termico (S6) RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: sovrastruttura (R3), trasparenza (R4) INTERSEZIONE: S3, S4, S6 / R3, R4 Fig. 4.26 FORMA TIPO S6: serra solare verticale + schermatura con prolungamento di falda (attiva) STRATEGIA SOLARE: guadagno termico diretto e indiretto (S3, S4), in fase estiva ad infissi aperti (adattabilità del sistema) la schermatura superiore impedisce l’accumulo termico (S6) RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: sovrastruttura (R3), trasparenza (R4) INTERSEZIONE: S3, S4, S6 / R3, R4 183 Teoria e pratica dell’architettura solare Fig. 4.27 FORMA TIPO S7: serra solare inclinata + schermatura con prolungamento di falda (non attiva) STRATEGIA SOLARE: guadagno termico diretto (S3) RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: andamento falda schermante (R1), trasparenza (R4) INTERSEZIONE: S3 / R1, R4 Fig. 4.28 FORMA TIPO S8: serra solare inclinata + schermatura di falda (attiva) STRATEGIA SOLARE: guadagno termico diretto (S3) RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: configurazione copertura (R1), trasparenza (R4) INTERSEZIONE: S3 / R1, R4 Fig. 4.29 FORMA TIPO S9: serra solare inclinata + schermature frontali STRATEGIA SOLARE: guadagno termico diretto e indiretto (S3, S4), schermature frontali fisse o mobili attive (S1) RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: sovrastruttura (R3), trasparenza (R4) INTERSEZIONE: S3, S4, S1 / R3, R4 184 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare 4.1.3 Forme tipo dei fronti orientati est ed ovest Il comportamento energetico dei due fronti nei confronti dell’irraggiamento solare è ambivalente, poiché entrambi sono colpiti dalla radiazione solare con raggi bassi allo zenit e perciò molto incidenti per buona parte del periodo d’irraggiamento che li interessa. Sul fronte est al levare del sole, secondo angoli azimutali e periodi d’irraggiamento variabili al variare delle stagioni; sul fronte ovest in modo simile ma nelle ore pomeridiane, con la particolarità di colpire l’involucro quando questo è già sovraccaricato termicamente e la temperatura dell’aria è maggiore. L’assetto compositivo dei due fronti va perciò regolato, nel caso di ambienti a doppio affaccio sia a sud che a est o a ovest, considerando bucature finestrate non eccessivamente grandi, complementari a quelle poste sul fronte più favorevole (sud); nel caso di ambienti con solo affaccio a est o a ovest vanno normalmente previste bucature calibrate sui rapporti aeroilluminanti richiesti. Viste le particolarità della tipologia d’irraggiamento che subiscono, è assolutamente necessario prevedere per questi due fronti delle schermature di tipo frontale, meglio se mobili, per contrastare l’eccessiva radiazione incidente nella fase estiva. in caso di affaccio complementare sono ricorrenti soluzioni di bucature poste solitamente in corrispondenza delle zone più buie e distanti dal fronte sud, con sistemi di schermatura fissi o adattivi alle diverse condizioni dell’irraggiamento solare (brise soleil, lamelle fisse o mobili, veneziane, tende avvolgibili, ecc.). Una caratteristica formale rilevata nei casi studio è che spesso, con la disposizione ricorrente dell’edificio lungo l’asse est-ovest, questi due fronti risultano favorevolmente meno estesi e presentano spesso una configurazione a “sezione opaca” derivante dallo schema della copertura solitamente a capanna. In definitiva la composizione di questi due fronti orientati rivela la percezione di un elemento protetto, con una prevalenza di partizioni opache rispetto a quelle trasparenti e soprattutto fortemente connotato dai sistemi di schermatura frontali fissi o mobili; infatti la radiazione solare incidente, concentrata alternativamente in periodi limitati della giornata, può in regime estivo squilibrare fortemente il comportamento termico dell’involucro richiedendo poi necessariamente il supporto di impianti di climatizzazione per ristabilire le condizioni necessarie di comfort interno. 185 Teoria e pratica dell’architettura solare Fig. 4.30 FORMA TIPO EO1: bucatura trasparente verticale + schermature frontali STRATEGIA SOLARE: guadagno termico diretto (S3) RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: schermature frontali fisse o mobili (R3), massa (R4), bucature finestrate di complemento (R5) INTERSEZIONE: S3 / R3, R4, R5 Fig. 4.31 FORMA TIPO EO2: bucatura trasparente verticale + schermature frontali distanziate STRATEGIA SOLARE: guadagno termico diretto (S3) RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: schermature frontali distanziate fisse o mobili (R3), massa (R4), bucature finestrate di complemento (R5) INTERSEZIONE: S3 / R3, R4, R5 Fig. 4.32 FORMA TIPO EO3: bucatura trasparente verticale + schermatura frontale mobile STRATEGIA SOLARE: guadagno termico diretto (S3) RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: schermatura frontale mobile (R3), massa (R4), bucature finestrate di complemento (R5) INTERSEZIONE: S3 / R3, R4, R5 186 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare 4.1.4 Forme tipo del fronte orientato nord L’assetto compositivo del fronte nord riflette la funzione in termini energetici dello stesso, quella cioè di limitare al massimo la dispersione termica senza avere la possibilità di sfruttare alcun apporto solare. Infatti nei brevi periodi dell’anno in cui riceve un minimo irraggiamento (fase estiva), l’involucro non necessita di apporti termici ma, anzi, li deve contrastare. In sostanza questo fronte è assolutamente privo di qualsiasi dispositivo di guadagno termico o sistema di produzione energetica da fonte solare. Dovendo energeticamente sopperire alla sola funzione di chiusura verso l’esterno, il fronte assume conseguentemente caratteri fortemente massivi, con bucature ridotte al minimo e delegate al puro soddisfacimento dei requisiti di aeroilluminazione degli ambienti che contiene. Ciò si riflette anche nella disposizione interna dei locali, disponendo sul fronte nord solo affacci di ambienti di servizio (garage, vani tecnici, ripostigli, bagni, lavanderie, depositi) e a volte la zona di ingresso, quando la disposizione del lotto o le logiche distributive interne lo richiedono. La struttura formale del fronte presenta perciò l’assoluta prevalenza di chiusure opache rispetto a quelle trasparenti, spesso altezze maggiori della quota di gronda nel caso di soluzioni di copertura a due falde ed un trattamento materico superficiale spesso più elaborato che enfatizza il carattere massivo. Fig. 4.33 FORMA TIPO N1: bucature trasparenti verticali STRATEGIA SOLARE: nessuna RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: massa (R4), minime bucature finestrate (R5), caratterizzazione materica (R6) 187 Teoria e pratica dell’architettura solare Fig. 4.34 FORMA TIPO N2: bucature trasparenti inclinate e verticali STRATEGIA SOLARE: nessuna RISULTANZA MORFOLOGICO-COMPOSITIVA: massa (R4), minime bucature finestrate (R5), caratterizzazione materica (R6) 4.1.5 Forme tipo urbane L’applicazione delle strategie solari per la formazione, trasformazione o sostituzione di ambiti urbani, riflette, pur considerando le complessità intrinseche maggiori, il fattore primario che vale per l’oggetto architettonico singolo: il reperimento della massima superficie captante sia a fini attivi che passivi. Sia considerando i casi di efficientamento dell’esistente che di nuovo insediamento, è necessario interagire con le condizioni più vincolanti del contesto che esprimono le caratteristiche proprie del progetto urbano: esigenze tipologiche, di composizione d’insieme, di carattere funzionale; tutto ciò sempre rapportato ai parametri di densità urbana esistente o di progetto. La forma consolidata della città compatta 22 in rapporto alla sua densità, influenza fortemente la ricerca della massima efficienza in un approccio di progettazione solare; in essa sono presenti morfotipi edilizi e spazi urbani molto complessi, derivanti dal continuo susseguirsi di trasformazioni e sedimentazioni che nel corso del tempo culture e politiche diverse hanno riportato sul disegno del territorio urbano. Nel caso dell’efficientamento dell’esistente è difficile riscontrare ambiti consolidati che preordinano configurazioni morfologiche favorevoli al raggiungimento di elevati livelli di captazione solare; in questo caso risulta decisiva l’azione sullo specifico oggetto architettonico che ad una scala inferiore modifica, quando fattibile, la sua morfologia preesistente, sopperendo così alle orientazioni più sfavorevoli. Anche in questo caso è applicabile il concetto di efficienza sinergica, considerando il maggior livello di complessità dovendo sommare alle istanze formali dei singoli aggregati architettonici le istanze proprie della forma urbana. 22 Sulla definizione di città compatta cfr. Cecere C. et al., Dalla riqualificazione energetica al recupero sostenibile – un metodo di analisi energetica dei tessuti della città compatta, Bologna, articolo in rivista digitale, IN-BO, n° 5, 2012, p. 5 188 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare La forma della città e conseguentemente le sue forme tipo insediative, sono state raramente influenzate nella loro genesi dalla volontà del fine di massimo sfruttamento dell’irraggiamento solare. 23 Alcuni storici fanno risalire al disegno urbano di alcune antiche città greche una dichiarata volontà di orientamento solare della maglia urbana, con isolati rettangolari allungati sull’asse est-ovest, per sfruttare pienamente i benefici della risorsa solare 24 . È ancora possibile comunque riconoscere in alcuni esempi di pianificazione urbana più recenti, una precisa attenzione alle questioni dell’orientamento e ai benefici offerti della radiazione solare. Il Plan Cerdà a Barcellona (Eixample) fu concepito proprio secondo un preciso orientamento degli isolati, 25 per garantire l’accesso al sole e all’aria di tutti gli alloggi; questa precisa volontà divenne perciò l’elemento più caratterizzante del progetto urbanistico, decisivo per la forma e l’altezza degli isolati, la spaziatura delle strade, la logica di ripetibilità e di aggregazione del morfotipo di base. Eixample (Barcellona): il tipo a “corte passante” del progetto Cerdà iniziale (fig. 4.35) e alcuni esempi di galeriàs sui fronti interni degli isolati (figg. 4.36, 4.37) Fig. 4.38 Eixample (Barcellona), sezione schematica dell’isolato tipo: il progetto originario prevedeva il corpo dell’edificato di 14 metri di base per 16 metri di altezza con un maggiore accesso al sole per buona parte dell’anno dei fronti sulla strada (parti in tratteggio); successive varianti speculative portarono le dimensioni a quelle rappresentate nello schema (parti in grigio) 23 Cfr. sottocapitolo 1.4 È bene ricordare che l’utilizzo passivo dell’irraggiamento solare per riscaldare gli ambienti, attraverso il vetro delle finestre giustamente orientate, fu possibile (in maniera relativamente diffusa) solo dal XV secolo in avanti, essendo lo stesso vetro praticamente inutilizzato fino a quel momento, poiché troppo costoso e difficile da produrre in grandi lastre. 25 Cfr. sottocapitolo 1.4 24 189 Teoria e pratica dell’architettura solare In ordine generale la morfologia dell’isolato tipo dell’Eixample risulta una buona soluzione di irraggiamento “equilibrato”, che tende a perequare la quantità d’insolazione disponibile sulla maggior parte della superficie verticale. Questo particolare assetto urbano assume però pregi e difetti di entrambe le orientazioni a cui si riferisce (sud-est e sud-ovest); ciò avviene poiché nega la possibilità di un funzionamento univoco dei dispositivi solari passivi e provoca un certo decremento sull’efficienza dei sistemi attivi. Le forme tipo urbane solari più contemporanee presentano invece schemi ricorrenti di blocchi edilizi in successione e orientazioni prevalenti secondo l’asse est-ovest, perciò con la percentuale maggiore di superfici captanti verticali ed inclinate esposte perfettamente a sud; questa orientazione privilegiata consente un controllo più efficace del funzionamento dei sistemi passivi e un maggior rendimento dei sistemi attivi. A completamento di queste disposizioni sono frequenti blocchi lineari con orientazione nord-sud che presentano dei particolari accorgimenti morfologici per la captazione solare. Nel complesso Gneis Moos a Salisburgo (G.W. Reinberg, 2000) il progettista propone uno schema a blocchi est-ovest in successione, con il ricorrente elemento nordsud di chiusura e saturazione del lotto di progetto. In questo complesso appare una netta gerarchia tra sistemi attivi e passivi di sfruttamento solare, evidenziata nella configurazione morfologica dei blocchi edilizi. I primi tre sono strutturati per un utilizzo prevalente dei dispositivi a guadagno termico passivo (grandi serre solari a tutt’altezza sulla facciata rivolta a sud); il blocco di chiusura a nord presenta la configurazione ricorrente dello sfruttamento di tipo attivo con grande falda inclinata verso sud. Completa il disegno urbano un blocco orientato nord-sud, che presenta delle emergenze sempre finalizzate alla captazione attiva. I complessi già citati delle Solarsiedlung a Friburgo, il BedZED a Londra e la SolarCity, evidenziano lo schema ricorrente a blocchi contrapposti come il tipo urbano più utilizzato ed evidentemente più performante. 26 In ordine da sinistra a destra: R. Disch, quartiere Solar Siedlung a Friburgo (fig. 4.39); G.W. Reinberg quartiere Gneis Moos a Salisburgo (fig. 4.40); B. Dunster quartiere BedZed a Londra (fig. 4.41); R. Reiner “Solarcity” a Linz (fig. 4.42). 26 Cfr. sotto-sottocap. 4.2.8 “Comparazione dei risultati” 190 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare 4.2. Forma urbana e rendimento solare Il singolo manufatto architettonico è portatore di un determinato potenziale solare; 27 questo può essere inteso come sommatoria di tutte le superfici idonee, inclinate o verticali e giustamente orientate, che possono essere utilizzate a fini di captazione attiva o passiva. A queste superfici possono essere associate differenti tipologie energetiche di guadagno e/o produzione da fonte solare: energia termica nel caso di vetrazioni, serre solari o del solare termico, energia elettrica quando si tratta di produzione per effetto fotovoltaico. Queste tipologie energetiche sono gli indicatori da considerare nel calcolo del rendimento di forma urbana, che dipenderà necessariamente anche da fattori di orientamento, di percentuale di irraggiamento disponibile e di configurazione ed estensione delle superfici captanti verticali (fronti) ed inclinate (copertura). Tutti questi fattori, sinergicamente organizzati attraverso il progetto e in rapporto con l’intorno urbano e microclimatico, producono una certa efficienza del sistema morfologicocompositivo determinandone il suo rendimento. Alcuni studiosi hanno tentato di stabilire, attraverso una metodologia di analisi energetica dei tessuti della cosiddetta “città compatta” 28 , una relazione tra i parametri di densità 29 , la morfologia urbana e i fattori energetici, intesi come accesso e utilizzo della radiazione solare e consumi energetici dell’ambito urbano. L’analisi si è svolta comparando 11 modelli di tessuti urbani consolidati, all’interno di due esempi di città compatte mediterranee, scelte per caratteristiche climatiche e tipo-morfologiche similari: Roma e Barcellona. Il risultato dello studio, oltre ad evidenziare la centralità del problema del “diritto alla captazione” 30 , è stato quello di individuare una possibile metodologia di valutazione speditiva in merito alle performance energetiche degli ambiti urbani consolidati; essa è stata prefigurata come possibile supporto preliminare alle strategie di progetto per l’efficientamento urbano, in contrapposizione agli attuali sistemi di 27 A titolo esemplificativo sono da riportare le esperienze delle città di New York e Parigi. Grazie ad una mappa interattiva online (NYC Solar Map), a New York chiunque può conoscere il potenziale fotovoltaico di qualsiasi edificio della città. È la mappa di questo tipo più grande al mondo e si basa sul sistema LiDar (Light Detection and Ranging), una tecnica che permette di rilevare topograficamente porzioni di territorio ed edifici, ad alta risoluzione e in pochissimo tempo. Questa mappa ha permesso di fare una stima del potenziale solare della città, indicando come disponibile una superficie captante favorevole di coperture per circa 57.135.370 metri quadrati. Su questa potrebbero essere installati impianti per una potenza totale di 5.800 MW, in grado di sopperire al 40% del fabbisogno energetico della città, nelle ore di maggiore richiesta. Dal luglio 2013 è a disposizione online il cadastre solaire (catasto solare) di Parigi. Attraverso la visualizzazione di una mappa aerea della città e secondo una scala cromatica che identifica i diversi potenziali di soleggiamento, è possibile cliccare su ogni edificio per avere il dato medio annuale (espresso in kWh/m²/anno) dell’irraggiamento sulle superfici di copertura e, nello specifico, le quantità di superfici con il potenziale di soleggiamento maggiore; ciò consente di prevedere dove installare più efficacemente i sistemi attivi di captazione solare. lo stesso sistema online visualizza anche la divisione delle proprietà (particelle catastali), l’anno di costruzione, l’altezza dell’edificio e l’estensione superficiale dell’’impronta a terra dell’edificio (building footprint); cfr. http://www.cadastresolaire.paris.fr/ 28 Cecere C. et al., op. cit., p. 15 ; Chauliaguet C., L’energia solare nella costruzione, Bologna, C.E.L.I., 1978, pp. 202-205 29 Intesa come “modalità e intensità di utilizzo dello spazio urbano”; Cecere C. et al., op. cit., p. 5 30 sky view factor (SVF) inteso come valutazione delle reciproche ostruzioni tra gli edifici nei tessuti urbani; Ivi, p. 22 191 Teoria e pratica dell’architettura solare valutazione riferiti alla certificazione energetica, che scontano il difetto di porre il singolo edificio come confine dell’ambito di valutazione. Nel complesso sistema di rapporti tra forma urbana e rendimento solare, una prima questione da considerare è che edifici molto compatti (rapporto S/V basso) avranno indicatori di rendimento solare inferiori, rispetto ad edifici molto articolati (rapporto S/V alto); questo è naturale poiché aggregati più compatti presentano meno superficie captante rispetto ad aggregati diffusi e più articolati. Ciò contraddice implicitamente una delle regole auree dei modelli nord-europei, che prevedono una elevata compattezza di forma del costruito; la stessa è sempre finalizzata al raggiungimento di elevate performance energetiche attraverso la forte limitazione delle dispersioni termiche. All’opposto una maggiore superficie disperdente giustamente orientata corrisponde, nella logica di rendimento solare, ad una maggiore produzione energetica e/o guadagno termico. La concezione di forma estesa o articolata, risulta più equilibrata nel rapporto tra i due regimi invernale ed estivo e maggiormente applicabile in climi temperati come il nostro, o mediterraneo più in generale; a tal proposito bisogna considerare anche le strategie per raffrescamento passivo, visto il grande rilievo che sta assumendo il consumo energetico nel periodo surriscaldato. Infatti una maggiore articolazione architettonica permette anche di scambiare termicamente in maniera più efficace il sovraccarico termico verso la volta celeste, oltre che presentare maggiori superfici captanti; secondo questa logica il calore inglobato durante il giorno viene ceduto più velocemente nelle ore notturne più fresche attraverso una maggiore superficie di scambio, in considerazione anche dello sfasamento termico generato da un elevato valore di massa dei componenti edilizi opachi 31 . Partendo da un approccio tipologico di base, è stato definita una unità minima tipologica edilizia (UMTE) che ha generato dei modelli di aggregati edilizi (morfotipi) che si riferiscono a forme urbane presenti nei tessuti consolidati delle città europee. Successivamente sono state elaborate delle ipotesi insediative per unità minime territoriali urbane (UMTU), che prevedono la strutturazione funzionale di un modello territoriale contenente un determinato morfotipo di base. Questa metodologia progettuale è stata finalizzata alla ricerca di una possibile massima efficienza sinergica (rendimento di forma urbana) in una logica comparativa tra i diversi modelli; la stessa deriva dall’implementazione dei sistemi attivi e passivi solari maggiormente in uso nei morfotipi individuati come più rappresentativi. Attraverso determinati indicatori tecnologici è stato possibile “misurare” la potenzialità del sistema di sfruttamento solare nel suo rapporto sinergico con la morfologia dell’aggregato, definita attraverso la 31 Cfr. Albrecht B. et al., Strategie a grande scala per progetti a basso costo energetico, in Barucco MA., Trabucco D. (a cura di), Architettura_Energia, 2007, Edicom, Gorizia, p. 143 192 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare composizione di diverse tipologie edilizie. Questa metodologia di valutazione del rendimento di forma è stata applicata attraverso dei modelli in riferimento a casi reali di tessuto urbano consolidato. Le peculiarità di questi modelli sono che il morfotipo individuato ha tenuto in conto sia della riproposizione dello stesso building footprint (di base e di sagoma volumetrica) dell’esistente, che della verifica del pieno accesso al sole nei tre periodi caratteristici dell’anno (solstizio invernale, estivo e i due equinozi che coincidono come altezza solare). Ogni modello è stato configurato come schema d’impianto urbano ripetibile, tenendo conto della massima captazione solare possibile e delle condizioni al contorno che consentano la ripetibilità dello stesso. Una caratteristica importante di questi modelli è la scelta di considerare il piano terra degli edifici come unico spazio pubblico variamente composto e in continuità con gli spazi urbani circostanti 32 ; ciò a proponimento di una possibile soluzione alle diverse criticità manifestate attualmente nell’uso di questi spazi. Il livello terreno viene considerato perciò come “luogo urbano”, strumento di ricucitura tra lo spazio pubblico e la componente sociale 33 . A questo scopo non sono previste abitazioni o luoghi indifferenziati al livello terreno, ma è una ipotesi progettuale ricorrente nei diversi modelli quella di ricavare spazi di collegamento tra corti ed esterno (permeabilità dell’isolato), piccoli spazi commerciali di vendita al dettaglio, spazi di aggregazione e relazione per la comunità residente (sale condominiali, piccoli centri di quartiere, ecc.). Ai fini dello sfruttamento solare, si sono considerate le strategie individuate come più efficaci e ricorrenti nell’analisi dei diversi casi studio e che tenessero conto del livello di applicabilità/efficienza più favorevole nei confronti dei diversi morfotipi. Le scelte operate hanno previsto, come scelta operativa di progetto, di utilizzare un unico sistema attivo (fotovoltaico) implementato nelle superfici di captazione inclinate di copertura 34 e un unico sistema passivo (serra solare) nelle superfici di captazione verticale dei fronti edilizi giustamente orientati. Queste scelte hanno tenuto conto delle caratteristiche intrinseche di efficacia dei singoli sistemi, oltre alla qualità spaziale importante che comporta l’addizione volumetrica del sistema a serra solare. Delle specifiche schede di rendimento dei diversi morfotipi sintetizzano infine i dati di performance solare raggiungibili, in rapporto alle scelte morfologiche e compositive assunte per gli aggregati edilizi. Gli stessi dati vengono poi comparati in specifici diagrammi sintetici che, rapportati al parametro di confronto della potenzialità urbanistica (alloggi/ettaro), evidenziano il rendimento solare dei diversi morfotipi associati alle proprie UMTU. 32 Cfr. sotto-sottocapitolo 4.3.3 Ferrante A. et al., La riqualificazione energetica e architettonica del patrimonio edilizio recente. Il caso dei quartieri di edilizia residenziale pubblica, articolo su rivista digitale, “IN_BO”, 5 (2012), Alma Mater Studiorum Università di Bologna, p. 17 34 E’ stata considerata unicamente la tipologia di copertura a falde sia per fattori di maggiore efficienza che per il problema dell’integrazione architettonica; inoltre è preferibile non considerare le superfici captanti verticali (tilt di 90°) ai fini della produzione energetica fotovoltaica, poiché poco performanti e da utilizzo marginale. 33 193 Teoria e pratica dell’architettura solare 4.2.1 Scelta dei parametri Gli indicatori individuati per il calcolo del rendimento di forma sono di diversa natura ed evidenziano una determinata efficienza o resa del morfotipo urbano considerato. Per quel che riguarda il sistema attivo i parametri considerati, fortemente dipendenti dalla morfologia della copertura, consistono nella potenza fotovoltaica teoricamente installabile e nell’energia teoricamente producibile, considerando la sommatoria delle superfici captanti inclinate diversamente orientate. Il calcolo del numero dei chiloWatt di picco 35 (kWp) risulta dalla superficie captante totale suddivisa per la superficie unitaria che occupa un sistema a pannelli fotovoltaici di 1 kWp in condizioni standard o ultraperformanti 36 , decrementato dalla potenza massima in condizioni ideali 37 secondo la diversa orientazione e la pendenza di posa dei pannelli 38 . La potenza e la produzione totale fotovoltaica sono state poi riferite, in un’ottica di comparabilità tra i vari morfotipi, alla superficie territoriale (kWp/ettaro e kWh/ettaro) di ogni singola UMTU. Per quanto riguarda il sistema passivo a serra solare il dato di cui si è tenuto conto è la sommatoria delle superfici di captazione verticali nelle varie orientazioni (escludendo sempre la nord); per le orientazioni sud è stato assegnato un coefficiente moltiplicatore delle superfici di captazione uguale a 1, per quelle ruotate di 90° a est e ovest un coefficiente moltiplicatore uguale a 0,676, desunto dalla tabella in figura 4.43 39 . A fini di comparazione con gli altri morfotipi, è stata definita una potenzialità di captazione passiva territoriale desunta dal rapporto tra la superficie totale delle serre e la superficie territoriale della UMTU di riferimento (mq/ettaro). Bisogna specificare che una verifica di calcolo approfondita dei reali valori numerici, nei termini di apporto energetico specifico dei sistemi passivi, sarebbe possibile utilizzando specifici e complessi software applicativi; in questa trattazione non viene sviluppata poiché porterebbe le argomentazioni su di un campo troppo vasto e specifico quale è la fisica tecnica applicata all’involucro edilizio. Gli obbiettivi della tesi rimangono lo studio e l’analisi delle risultanze formali in relazione all’utilizzo dei dispositivi di 35 Il kWp (1 kWp=1.000 Wp) si riferisce alla massima produzione istantanea di un sistema fotovoltaico ottenuta secondo certe condizioni standard di misurazione: temperatura (25°), irraggiamento (1000 W/mq) e di composizione spettrale della luce incidente (AM1.5); cfr. Magrini A., op. cit., p. 206; Spagnolo M., Il sole nella città, Muzzio, Padova, 2002, p. 192 36 I sistemi attualmente in commercio possono proporre a condizioni e prezzi “standard” (0,6-0,7 €/Wp) pannelli FV policristallini, di dimensioni circa 1,60 x 1,00, per una potenza di picco 230 Wp (Brandoni, Enipower, ecc.); e pannelli ultraperformanti monocristallini di ultima generazione a prezzi superiori (1.40-1.50 €/Wp), della stessa dimensione che arrivano anche a 330 Wp (Sunpower). Si può quindi calcolare l’”impronta” in falda relativa a 1 kWp, considerando che tra la superficie totale dei pannelli e gli “sfridi” (derivanti dalla composizione modulare del sistema), occorrono circa 7 mq di superficie captante per ottenere un kWp con pannelli “standard” (efficienza 14%) e 5 mq con pannelli ultraperformanti (efficienza 20%). Cfr. anche Spagnolo M., op.cit., p. 208209 37 Per “condizioni ideali” (massima resa del sistema fotovoltaico alle nostre latitudini) si intendono orientamento a sud pieno, libero da ostruzioni e inclinazione dei pannelli (tilt) di 30° 38 Cfr. tabelle p. 28 39 Cfr. Mazria E., op. cit., p. 296 194 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare sfruttamento solare in architettura, verificati attraverso parametri di rendimento semplificati che hanno la finalità di indirizzo per la progettazione architettonica solare. Tra i parametri legati alla macrocategoria di forma architettonica e urbana, il più “sensibile” a fini comparativi, è dato dal capacità insediativa che un determinato morfotipo sviluppa in relazione alle scelte tipologiche, morfologiche e alle dotazioni infrastrutturali dell’immediato contorno contestuale. Fig. 4.43 Valori di guadagno termico solare in una giornata limpida (kWh/mq), attraverso vetrature doppie verticali a varie orientazioni ad una latitudine di 44°N (es.: Modena) La qualità degli spazi privati e pubblici 40 di un morfotipo in relazione alla sua UMTU, dipendono anche da scelte “tecno-tipologiche” come osserva Gianni scudo: Nelle aree di nuovo insediamento la compatibilità tra i vincoli energetici e le tipologie edilizie deve fare i conti con l’economia d’uso dello spazio urbano, il che significa comporre le diverse esigenze della residenza, dei servizi, degli spazi per la circolazione, ecc.. in “unità urbane” entro le quali e fra le quali si progetta il continuum spazio pubblico-spazio privato. 41 In questo passaggio viene evidenziata la variabile “urbana” come elemento d’influenza nella strutturazione dell’unità territoriale di riferimento, che andrà ad incidere sul rendimento solare di quella determinata forma urbana. Tra gli altri parametri considerati ve ne sono poi diversi descrittivi (UMTU, urban footprint 42 , numero di piani, alloggi, ecc.) e altri più specifici dovuti alla configurazione del morfotipo in rapporto alla sua unità minima territoriale urbana di riferimento (rapporto di forma S/V, superficie media degli alloggi, superficie e percentuale a verde, ecc.). 40 L’analisi è riferita agli aggregati residenziali di edilizia sociale, considerando sempre il piano terra molto permeabile e a destinazione “pubblica”. 41 Bottero M. et al., Architettura solare, Clup, Milano, 1984, p. 153 42 Per urban footprint si intende l’impronta a terra (o consumo di territorio) dell’unità minima tipologica urbana (UMTU) definita per quel determinato morfotipo. 195 Teoria e pratica dell’architettura solare Indicatori parametrici di rendimento: produzione media annua italiana espressa in kWh per ogni kWp (figura a sinistra, 4.44); produzione annua in kWh di 1 kWp alle latitudini di Milano, Roma e Siracusa, secondo orientamento e inclinazione del pannello FV (figura a destra, 4.45) Una annotazione importante da farsi è che i modelli elaborati fanno riferimento alle caratteristiche microclimatiche, culturali e architettoniche specifiche di una precisa zona territoriale (Modena 44°N), città da cui sono stati estratti i casi reali di riferimento. Questi modelli possono comunque essere utilizzabili, con specifici adattamenti, nelle località di una fascia compresa tra i 32° e i 56° di latitudine nord. Allo stesso modo e secondo le premesse fatte, la metodologia vale per la stessa fascia dell’emisfero australe invertendo il sud con il nord come fronte privilegiato. 4.2.2 Ambiti di applicazione I concetti e le tecniche solari in architettura possono essere applicate indifferentemente sia alle nuove costruzioni che all’efficientamento del patrimonio edilizio esistente; efficientamento inteso al livello più alto di sostituzione edilizia di manufatti completamente inadeguati a svolgere le proprie funzioni (funzionali, statiche, energetiche) secondo i livelli attuali della normativa vigente. I modelli teorici di sostituzione edilizia o di nuovo insediamento sono stati elaborati con lo scopo di evidenziare le risultanze formali che l’applicazione delle strategie solari comportano nei morfotipi urbani più diffusi nell’ambito dell’edilizia residenziale, potendone poi misurare il 196 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare rendimento della forma secondo certi indicatori di efficienza. I concetti desumibili dai morfotipi analizzati possono essere reinterpretati, adattati e applicati secondo livelli di attuazione diversi, anche alla riqualificazione solare degli edifici esistenti. È scontato che volendo raggiungere il massimo risultato in termine di performance energetica è più semplice operare nel campo della costruzione ex novo; in questa tipologia d’intervento infatti risulta più semplice la soluzione sempre complessa della continuità dell’isolamento dell’involucro termico, premessa necessaria al raggiungimento di elevate performance energetiche. In questo caso è possibile controllare fin dal principio e in maniera organica le soluzioni puntuali dei ponti termici, criticità maggiore degli edifici a bassissimo consumo energetico. Un’edificazione ex novo consente ovviamente anche un migliore controllo dell’integrazione dei dispositivi solari nella forma architettonica, poiché maggiormente integrati fin dall’inizio nel processo d’ideazione e organizzati attraverso il concept energetico 43 ; il valore aggiunto finale sarà perciò una maggior qualità architettonica complessiva in relazione al livello più alto di efficienza sinergica che in questo caso può essere garantito. Progetto di concorso (studio Derossi Associati) “Social Housing” a Figino (MI): planimetria generale (fig. 4.46); analisi delle ombre al 21 dicembre ore 12.00 nel modello tridimensionale (fig. 4.47) da cui risulta che circa il 70% delle superfici captanti verticali a sud (±30°) hanno il pieno accesso al sole 4.2.3 Morfotipo 1: isolato a C o a “corte aperta” Come primo modello teorico applicativo è stata considerata la forma urbana archetipica degli ambiti di espansione dell’edilizia sociale a Modena degli ultimi 30 anni, caratterizzati appunto da forme a C o a “corte aperta”; il modulo di base in certi casi risulta raddoppiato a formare un grande isolato rettangolare a C contrapposte con una unica grande corte in comune 44 . In una prima fase è stata definita una unità minima tipologica edilizia (UMTE) di dimensioni 21 x 9 metri aggregabile in linea, composta da un vano scala comune e due alloggi per piano. Successivamente è stato elaborato il modello teorico ricalcando esattamente l’impronta a terra e la consistenza del numero di piani 43 44 Cfr. Siragusa L., op. cit, pp. 237-250 Cfr. Plan Cerdà, ibidem 197 Teoria e pratica dell’architettura solare dell’isolato reale; l’altezza solare al solstizio invernale definisce la larghezza della strada, che ripropone le stesse dotazioni della situazione esistente. L’’unità minima tipologica urbana (UMTU) è perciò definita dal morfotipo di base (aggregazione delle UMTE di base) e dalle dotazioni al contorno, in modo da garantire, nella ripetibilità della UMTU, l’accesso al sole dei fronti a sud. Il modello adotta due principali strategie solari consistenti nell’implementazione di una serie di falde attive in copertura, modificata rispetto alla conformazione piana dell’esistente e nella strutturazione di un sistema continuo di serre solari sui fronti meglio orientati (sud-sud/ovest e est-sud/est). La configurazione della UMTU prevede una sezione stradale di 30 m di estensione, dimensionata sul diritto al sole dei fronti contrapposti; essa comprende due corsie carrabili, due fasce a parcheggio contrapposte una ciclopedonale su di un lato e un percorso pedonale sul lato opposto. La verifica delle ostruzioni, evidenziate nel modello con le ombre riportate nei tre periodi d’insolazione caratteristici, conferma la completa captazione delle superfici attive e la quasi totale captazione delle superfici passive (serre solari); queste presentano basse percentuali di zone in ombra nelle ore centrali per un brevissimo periodo dell’anno a cavallo del solstizio d’inverno, quando il sole è più basso allo zenit. Il modello proposto evidenzia dati di produzione energetica da fotovoltaico variabile tra 2,4 e 3,4 kWp/alloggio (il modello è stato ipotizzato per 48 alloggi complessivi). Questi valori di potenza di picco assicurano una produzione annuale di energia elettrica corrispondente all’incirca al fabbisogno di energia elettrica per un appartamento di media superficie. A fronte di una capacità insediativa di 59 alloggi/ettaro ed un urban footprint di 0,81 ettari, il dato utile alla comparazione con gli altri morfotipi indica una produttività potenziale variabile tra i 145 e i 203 kWp/ettaro. Come sistema passivo risulta disponibile una superficie captante totale a serra solare di 1.281 mq, che determina un valore potenziale di 1.582 mq/ettaro. Terzo comparto PEEP Morane (Modena): localizzazione (fig. 4.48) e vista da sud degli isolati a C contrapposti (fig. 4.49) 198 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare Fig. 4.50 Sezione ambientale e schema planimetrico della UMTU del morfotipo 1 (indicata con la linea tratteggiata) Modello di studio (isolato a C) delle ombre portate (ore 12.00); da sinistra a destra: solstizio estivo (fig. 4.51), equinozi (fig. 4.52), solstizio invernale (fig. 4.53) 199 Teoria e pratica dell’architettura solare Fig. 4.54 Scheda riepilogativa degli indicatori tecnologici e di forma e dei dati di rendimento solare 4.2.4 Morfotipo 2: isolato a blocchi contrapposti Come riferimento per il secondo modello teorico applicativo è stata presa in esame la forma urbana più ricorrente negli insediamenti solari di recente costruzione 45 . Essi si configurano prevalentemente con schemi a blocchi in successione e orientamento prevalente est-ovest, organizzati con tipologie in linea o a schiera; spesso sono caratterizzati da un ridotto sviluppo in altezza (2 o 3 piani al massimo) per minimizzare la mutua ostruzione e garantire l’accesso pieno alla radiazione solare dei sistemi passivi e attivi. Il modello elaborato aggrega la stessa unità minime tipologica edilizia (UMTE) precedentemente determinata secondo uno schema a blocchi contrapposti; l’unità minima tipologica urbana (UMTU) risultante è stata configurata come parte di un sistema a due isolati con la corte interna passante in comune. Gli indicatori tecnologici evidenziano una produzione fotovoltaica che si attesta tra i 3 e i 4,2 kWp/alloggio; questo valore corrisponde ad una produzione annua di energia elettrica anche superiore alle esigenze standard di un alloggio di media estensione. Nella logica comparativa il modello esprime una capacità insediativa di 58 alloggi/ettaro, un urban footprint di 0,52 ettari e una potenzialità fotovoltaica variabile tra i 174 e i 243 45 Cfr. sotto-sottocapitolo 4.1.5 200 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare kWp/ettaro. La superficie di captazione a serra solare determina un valore totale di 939 mq, che potenzialmente equivalgono a 1.805 mq/ettaro; bisogna annotare che rispetto al modello precedente il sistema di serre risulta complessivamente più performante poiché interamente orientato a sud. Il morfotipo prevede due blocchi contrapposti di altezza diversa, distanziati e disegnati in copertura dall’altezza solare al solstizio d’inverno, per garantire la piena captazione delle serre solari sul fronte sud del blocco più alto. La configurazione della UMTU prevede l’accoppiamento di due isolati (4 blocchi edilizi), con la corte passante che diventa elemento unificatore. Fig. 4.55 Sezione ambientale e schema planimetrico della UMTU del morfotipo 2 (indicata con la linea tratteggiata) 201 Teoria e pratica dell’architettura solare Modello di studio (blocchi contrapposti) delle ombre portate (ore 12.00); da sinistra a destra: solstizio estivo (fig. 4.56), equinozi (fig. 4.57), solstizio invernale (fig. 4.58) Fig. 4.59 Scheda riepilogativa degli indicatori tecnologici e di forma e dei dati di rendimento solare 4.2.5 Morfotipo 3: isolato con elementi a schiera Come terzo modello teorico applicativo è stato considerato un aggregato di edifici di tipologia a schiera, disposti in quattro blocchi a formare un isolato aperto negli angoli per limitare le ostruzioni alla captazione solare. Questa particolare forma urbana è frutto di una sperimentazione didattica compiuta nel laboratorio progettuale di Architettura Tecnica 1, all’interno del corso di laurea magistrale in Ingegneria Edile-Architettura, presso l’Università di Bologna. Il tema anche in questo caso è quello della sostituzione edilizia di parti di tessuto urbano degradate o defunzionalizzate; nello specifico la 202 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare localizzazione scelta si trova all’interno del Villaggio Artigiano storico di Modena, oggetto di un piano attuativo di rigenerazione urbana da parte dell’amministrazione comunale 46 . Le linee d’indirizzo del piano prevedono vari livelli d’intervento possibile: dalla semplice manutenzione dei fabbricati, alla loro riqualificazione mantenendo l’esistente, all’addizione coerente di nuove parti, fino al livello più elevato della sostituzione edilizia 47 . L’obiettivo dell’esercizio progettuale è stato quello di concepire una cellula edilizia a schiera (dimensioni 9 x 18 metri), aggregabile secondo certi vincoli di orientamento e a destinazione mista residenza e commercio. Il modello tipologico di riferimento, la “casabottega artigianale” di origine medioevale, è attualmente in corso di riproposizione in alcuni strumenti urbanistici nell’ambito della pianificazione di comparti artigianali. Anche in questo caso si conferma la volontà di caratterizzare il livello terreno come “luogo urbano” accessibile e pedonalizzato, che offra occasioni di relazione sociale, attrattività e mixitè funzionale, come occasione di rigenerazione di ambiti urbani degradati 48 . La peculiarità di questo modello di cellula edilizia, all’interno della tematica dell’edificazione a schiera, è quello di garantire eguale potenzialità di captazione solare agli edifici adiacenti. Questo concetto, definito come “diritto alla captazione” 49 , prevede che la configurazione della copertura di una cellula non provochi zone d’ombra su una prefissata superficie delle coperture degli edifici contigui; in pratica ad ogni cellula deve essere garantita la captazione solare in ogni periodo dell’anno nella stessa fascia dimensionale del coperto. Il modello aggregato in 24 cellule, a fronte di una bassa capacità insediativa (18 alloggi/ettaro) peculiare della tipologia a schiera, garantisce una grande potenzialità fotovoltaica variabile tra i 231 e i 324 kWp/ettaro; questi valori danno la possibilità di concepire gli involucri edilizi come energeticamente attivi, sommando anche l’apporto dei dispositivi passivi delle serre solari di 49 mq ad alloggio di superficie captante. Sempre a livello comparativo risultano un notevole valore di urban footprint (1,3 ettari) e di potenzialità di superficie captante a serra solare (907 mq/ettaro). Le risultanze morfologico-compositive del modello evidenziano sicuramente uno sbilanciamento dell’efficienza sinergica verso le istanze tecnologiche: l’andamento orientato e fortemente caratterizzato delle coperture verso il massimo sfruttamento della risorsa attiva fotovoltaica (e/o solare termica), diventa l’elemento di forma più caratteristico. I blocchi edilizi con orientamento nord-sud, individuano dei precisi caratteri formali che si concretizzano nella forma tipo della doppia falda a colmo traslato orientata a sud e nelle serre solari con superficie captante passiva orientata a est; i blocchi con 46 Piano operativo di riqualificazione urbana per il quadrante Modena ovest (POC-MOW), Comune di Modena, 2010-2013 47 Cfr. Guardigli L., Ferrante A., Barbolini F., “Partecipative urban processes for Energy retrofitting in the urban contexts: a case study in Modena (Italy)”, Atti di convegno ISUF conference 2011, Montréal, pp. 10-11 48 Ivi, pp. 5-6 49 Cfr. Cecere C., op. cit., p. 22; Chauliaguet C., op. cit., pp. 202-205 203 Teoria e pratica dell’architettura solare orientamento est-ovest sono caratterizzati dalla forma tipo dello shed, con minore superficie di captazione rispetto ai precedenti, ma presentano il sistema delle serre solari con un orientamento più favorevole (sud) e perciò più performante. Masterplan del Piano Operativo Comunale (POC): individuazione del comparto di progetto (fig. 4.60); vista da sud del lotto da sostituire (fig. 4.61) Fig. 4.62 Sezione ambientale e schema planimetrico della UMTU, indicata col tratteggio 204 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare Modello di studio (blocchi a schiera) delle ombre portate (ore 12.00); da sinistra a destra: solstizio estivo (fig. 4.63), equinozi (fig. 4.64), solstizio invernale (fig. 4.65) Fig. 4.66 Scheda riepilogativa degli indicatori tecnologici e di forma e dei dati di rendimento solare 4.2.6 Morfotipo 4: isolato chiuso Il modello di base, che verrà meglio definito nel successivo sottocapitolo 50 , riguarda la sostituzione edilizia di un aggregato di edilizia sociale situato nello stesso comparto PEEP del morfotipo 1. Come nel caso precedente vengono rispettati i vincoli dell’impronta a terra/consumo di territorio, ma è necessaria una diversa configurazione volumetrica per adattare le richieste di alloggi (93) alle strategie solari implementate. Queste infatti prevedono, oltre all’accesso al sole delle coperture a fini attivi, la piena captazione del 50 Cfr. sotto-sottocapitolo 4.3.3 Efficientamento energetico dell’esistente vs sostituzione edilizia: strategie d’intervento su di un isolato di edilizia sociale complesso 205 Teoria e pratica dell’architettura solare sistema di serre solari poste sui fronti verticali del nuovo aggregato. La particolarità del modello sta nella soluzione dei “lati corti” dell’isolato a forma chiusa, che rappresentano le parti “deboli” della configurazione morfologica poiché orientate meno favorevolmente. Queste assumono necessariamente un andamento a scalare verso nord, per garantire la captazione delle serre anche nella fase più sfavorevole del periodo sottoriscaldato (fase invernale); il modello perciò “tende” a riconfigurarsi verso il morfotipo 2 a blocchi contrapposti, che, come vedremo, presenta il miglior rendimento in rapporto alla capacità insediativa, soprattutto per quel che riguarda l’efficienza dei sistemi passivi. L’unità minima tipologica edilizia è uno sviluppo di quella utilizzata per il morfotipo 1, adattata alla particolarità dimensionale del lotto di base e alle richieste quantitative e qualitative degli alloggi da riproporre. La successiva definizione dell’unità minima territoriale urbana prevede perciò il montaggio del morfotipo individuato all’interno di una struttura urbana di base (mobilità, parcheggi, aree a verde), che consenta la ripetibilità e il pieno accesso al sole dei successivi isolati. Comparativamente si evidenziano valori di potenzialità fotovoltaica variabili tra 114 e 159 kWp/ettaro e un notevolissimo valore potenziale di superficie a serra solare (2345 mq/ettaro); a fronte di una capacità insediativa di ben 89 alloggi/ettaro e un urban footprint di 1,06 ettari. Terzo comparto PEEP Morane (Modena): localizzazione (fig. 4.67) e vista da sud dell’edifico a C esistente (fig. 4.68) 206 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare Fig. 4.69 Sezione ambientale e schema planimetrico della UMTU, indicata col tratteggio Modello di studio (isolato chiuso) delle ombre portate (ore 12.00); da sinistra a destra: solstizio estivo (fig. 4.70), equinozi (fig. 4.71), solstizio invernale (fig. 4.72) 207 Teoria e pratica dell’architettura solare Fig. 4.73 Scheda riepilogativa degli indicatori tecnologici e di forma e dei dati di rendimento solare 4.2.7 Morfotipo 5: torre Il quinto modello riguarda la sostituzione edilizia di un edificio di 11 piani oltre ad un piano terra a servizi e una distribuzione di quattro alloggi per piano, per un totale di 44 alloggi di residenza sociale. L’orientamento dell’impronta a terra dell’edificio esistente di riferimento, ordinato secondo l’asse est-ovest e ruotato leggermente verso nord, a prima vista sembra favorevole, ma viene poi negato dall’impianto tipologico che prevede gli affacci delle zone giorno indifferentemente a sud e a nord. A livello pianificatorio l’edificio alto prevede da un lato una grande disponibilità di superficie libera al piano terra densificando in verticale, ma dall’altro disegna una “area d’influenza” 51 di dimensioni notevoli che provoca non pochi problemi di ombreggiamento all’edificato contestuale. Nel modello proposto è stata rispettata la distribuzione di quattro alloggi per piano, dotandoli al contempo tutti di una porzione o del completo affaccio della serra solare a sud. Nei due alloggi meno favorevoli come orientamento, la porzione più consistente di serra si affaccia comunque verso est o verso ovest; in questo caso sarà necessaria 51 Cfr. Knowles R., op.cit., p. 208 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare un’attenzione maggiore nei sistemi di schermatura da prevedersi frontalmente. In conseguenza della caratteristica bassa estensione superficiale della copertura, il morfotipo a torre risulta penalizzato a livello di produzione energetica attiva con valori di 1,2-1,7 kWp/alloggio, corrispondenti pur sempre alla metà del fabbisogno di un alloggio medio. La configurazione del coperto adotta la forma tipo a monofalda 52 con inclinazione di 20°, generando volumetrie addizionali per gli attici e per le installazioni impiantistiche. Come sistema passivo è stato implementato sugli undici piani residenziali, un sistema di serre solari orientato a sud (superficie percentualmente maggiore), est e ovest. I dati comparativi indicano un basso valore dell’urban footprint (0,63 ettari), una buona capacità insediativa (70 alloggi/ettaro), a fronte di una ridotta potenzialità fotovoltaica variabile tra 87 e 122 kWp/ettaro ma di un buonissimo valore di superficie captante a serra solare (2.335 mq/ettaro). Terzo comparto PEEP Morane (Modena): localizzazione (fig. 4.74) e vista da sud della torre (fig. 4.75) 52 Cfr. sotto-sottocapitolo 4.1.1 209 Teoria e pratica dell’architettura solare Fig. 4.79 Sezione ambientale e schema planimetrico della UMTU, indicata col tratteggio Modello di studio (torre) delle ombre portate (ore 12.00); da sinistra a destra: solstizio estivo (fig. 4.76), equinozi (fig. 4.77), solstizio invernale (fig. 4.78) 210 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare Fig. 4.80 Scheda riepilogativa degli indicatori tecnologici e di forma e dei dati di rendimento solare 4.2.8 Comparazione dei risultati È possibile confrontare i cinque modelli teorici d’intervento più ricorrenti, ponendo in relazione gli indicatori di rendimento solare e gli elementi di forma architettonica e urbana. Attraverso i parametri comparabili, riferiti cioè alla superficie territoriale (ettaro), è possibile stabilire i morfotipi più performanti come potenzialità fotovoltaica, superficie captante a serre solari, capacità insediativa e impronta a terra dell’unità territoriale di riferimento (UMTU). I dati di sintesi dono stati espressi attraverso una scheda riepilogativa di tutti e cinque i morfotipi e attraverso dei diagrammi che visualizzano sinteticamente l’andamento di alcune performance solari nel confronto tra i vari morfotipi. In questo modo è possibile adottare la migliore tipologia edilizia riferita ad un certo contesto urbano, stabilendo quale sia la priorità più importante in fase progettuale (performance solare attiva o passiva/densità edilizia/uso del territorio); è interessante allo stesso tempo confrontare gli esiti figurativi e le articolazioni morfologiche di alcuni parametri di forma urbana e architettonica. Dall’esito dei diagrammi comparativi si evidenziano certe tendenze di una certa rilevanza. 211 Teoria e pratica dell’architettura solare Nel diagramma 1 sono stati messi in relazione gli indicatori di potenza fotovoltaica complessiva (kWp/ettaro) e capacità insediativa (alloggi/ettaro). Si può leggere una relazione tendenziale inversamente proporzionale tra la potenzialità fotovoltaica e la capacità insediativa, a parte l’eccezione negativa del morfotipo a torre che risente della limitata estensione superficiale della copertura; questo sta a significare che una densificazione edilizia porta anche ad un certo decremento nello sfruttamento della risorsa solare attiva. Valutando i valori intermedi, in equilibrio tra una buona capacità insediativa e potenza FV, l’UMTU a blocchi contrapposti appare come la scelta migliore. Nel diagramma 2 sono stati messi in relazione le superfici di captazione verticali destinate alle serre solari sempre con la capacità insediativa. In questo caso si evidenzia una tendenza diametralmente opposta, cioè che in presenza di un’alta densità edilizia si ottengono valori elevati di superficie di captazione; è possibile inoltre individuare una relazione tendenziale di diretta proporzionalità tra i due fattori considerati. L’isolato a C si attesta sotto la retta di tendenza, poiché sconta diverse superfici captanti orientate in maniera non ottimale (est e ovest); il morfotipo a torre si posiziona sopra la retta di tendenza, perché riesce a garantire molta superficie captante in relazione al volume contenuto. L’UMTU con il morfotipo “isolato chiuso”, soprattutto, e a “torre” risaltano perciò come le forme urbane più performanti sia per quanto riguarda i sistemi passivi che per la capacità insediativa. Nel diagramma 3 è stata analizzata la relazione tra la potenza fotovoltaica implementabile (kWp/ettaro) e l’urban footprint 53 (ettari). Il valore massimo di potenzialità FV risulta il morfotipo a blocchi a schiera, potendo contare su una elevata superficie captante giustamente orientata a disposizione in copertura, a costo però di un elevato consumo di territorio (1,3 ettari). Il morfotipo che appare più “efficace” in questo caso è quello a blocchi contrapposti, cha abbina una buona potenza FV al minimo consumo territoriale (0,52 ettari) Nell’ultimo diagramma (4) si sono considerate le superfici captanti a serra (mq/ettaro) sempre in relazione con l’urban footprint (ettari). Anche in questo caso il morfotipo a torre si conferma il modello d’insediamento più efficace, con la massima superficie captante in relazione al basso consumo di territorio (0,63 ettari). Il morfotipo a blocchi contrapposti richiede il minimo urban footprint in assoluto però con un valore più basso di performance passiva rispetto alla torre. 53 Cfr. nota 47 212 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare Fig. 4.81 Tabella riepilogativa di confronto tra i cinque modelli proposti con evidenziati in grigio i valori comparabili più performanti 213 Teoria e pratica dell’architettura solare Fig. 4.82 Comparazione dei morfotipi per potenzialità fotovoltaica e capacità insediativa; la linea tratto-punto mostra l’andamento tendenziale Fig. 4.83 Comparazione dei morfotipi per potenzialità captante con sistemi passivi e consumo del territorio (urban footprint) 214 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare Fig. 4.84 Comparazione dei morfotipi per potenzialità captante con sistemi passivi e capacità insediativa; la linea tratto-punto mostra l’andamento tendenziale Fig. 4.85 Comparazione dei morfotipi per potenzialità captante con sistemi passivi e consumo del territorio (urban footprint) 215 Teoria e pratica dell’architettura solare 216 4.3 Applicazione delle strategie solari nel progetto di architettura Nei capitoli precedenti sono stati analizzati ed evidenziati gli assetti teorici, le tecnologie a disposizione e le risultanze formali conseguenti di un approccio consapevolmente solare alla progettazione architettonica. Nel rapporto tra l’articolato concettuale e la pratica costruttiva appare evidente che la conoscenza profonda delle tecniche a disposizione e del funzionamento bioclimatico in senso lato di un edificio anche nei suoi principi fisici, sono fondamentali per un approccio al progetto di una architettura di alto livello qualitativo ed energeticamente efficiente. Qualità formale, condivisa e accettata dalla collettività attraverso la migliore integrazione morfologico-compositiva dei dispositivi tecnologico-impiantistici; qualità d’uso, poiché un’architettura scomoda e complessa nell’utilizzo risulta poco confortevole e conseguentemente viene rigettata; qualità prestazionale, poiché se da una parte vengono fatte le più attente analisi computazionali, dall’altra bisogna considerare le reali prestazioni energetiche nelle condizioni d’uso quotidiano, che scontano come detto abitudini e consumi differenziati. Il compito perciò del progettista è quello di governare il processo teorico-pratico del progetto attraverso la conoscenza degli strumenti a disposizione e del loro funzionamento; con la consapevolezza che un target qualitativamente alto è raggiungibile esclusivamente grazie ad un processo progettuale integrato, all’interno del quale interagiscono più competenze, ognuna con la sua specificità, in tempi e modalità precise. Tutte queste diverse competenze influenzano in maniera sempre più decisiva l’esito finale tecnico-prestazionale ma anche figurativo, demandando spesso al progettista architettonico la responsabilità del coordinamento generale. Ciò premesso è sembrato opportuno procedere con delle verifiche progettuali che non tenessero conto del contributo computazionale, seppur importante, di verifica prestazionale, poiché questo aspetto non appare decisivo per le finalità che stanno alla base di questa ricerca. Essa si prefiggono, attraverso diversi apporti metodologici, di indagare gli esiti figurativi che un certo tipo di approccio mirato alla progettazione solare stabilisce nel progetto di architettura, analizzando il peso delle intersezioni tecnologiche nella strutturazione formale dell’involucro architettonico. A questo scopo sono state sviluppate quattro tematiche di esercizio progettuale in ambito residenziale, a varie scale dimensionali. La prima è riferita alla costruzione ex novo, analizzata attraverso il progetto di un edificio plurifamiliare per 6 alloggi che ha preso spunto da un bando di concorso dell’Università di Parma del 2011 (Architetture residenziali per la sostenibilità). La seconda tematica riguarda l’ipotesi di riprogettazione di un isolato di recente costruzione, ai fini di verificarne una possibile riconfigurazione morfologico-funzionale in seguito all’applicazione di strategie solari attive e passive. La terza e la quarta ipotesi riguardano la riprogettazione di un isolato di edilizia sociale, Teoria e pratica dell’architettura solare riconfigurato in comparazione nella doppia accezione di efficientamento energetico dell’esistente o di sostituzione edilizia. 4.3.1 Costruzione ex novo: progetto di un edificio plurifamiliare Il progetto è stato redatto in collaborazione con l’Arch. Massimiliano Cantalupo, collega del corso di Dottorato e studioso di tematiche nel settore ICAR14, anche ai fini di verificare i caratteri trasversali, i punti di contatto e l’integrabilità che possono sussistere tra le discipline della tecnologia-tecnica dell’architettura e della composizione architettonica. Un fattivo supporto pratico è stato inoltre fornito da due laureandi del corso in Ingegneria Edile dell’Università di Bologna. Il bando di concorso, riservato a studenti e dottorandi di ricerca in architettura o ingegneria, richiedeva la progettazione di un edificio plurifamiliare, decontestualizzato, che facesse propri principi genericamente espressi di sostenibilità ambientale. Citando il testo di bando si evince la volontà di: […] premiare le architetture residenziali progettate in modo che sappiano rapportarsi in maniera equilibrata con l'ambiente, che siano pensate per le necessità dell'uomo e che siano in grado di soddisfare i bisogni delle nostre generazioni senza limitare, con il consumo indiscriminato di risorse e l'inquinamento prodotto, quelli delle generazioni future. Il Concorso è aperto alle idee di opere di edilizia residenziale (da 2 a 6 alloggi) di nuova realizzazione e/o agli interventi di riqualificazione di edifici esistenti, che rivestano un significato concreto in termini di sostenibilità, con particolare riferimento alla cosiddetta “casa a bolletta zero” in termini sia di utilizzo di fonti energetiche rinnovabili ed innovative, sia di applicazione di tecnologie costruttive dell’involucro che prevedano l’utilizzo di risorse, materiali e tecnologie reperibili nel nostro territorio […] 1 I riferimenti citati parlano perciò di “rapporto equilibrato con l’ambiente”, senza specificare però a quale ambiente ci di riferisce; è possibile cogliere invece un preciso riferimento alla definizione originaria di sviluppo sostenibile presente nel rapporto Brundtland 2 . Un secondo spunto parla di “casa a bolletta zero”, ipotizzando con questo un edificio a bilancio energetico quasi zero o zero e autoproduzione energetica da “fonti rinnovabili”. Vengono infine richiesti caratteri costruttivi, materici e tecnologici “reperibili sul nostro territorio”, rilanciando l’idea di poter contestualizzare la proposta sul territorio 1 Bando di concorso denominato “Architetture residenziali per la sostenibilità”, Università di Parma, 2011 Il rapporto Brundtland, più noto come Our Common Future, è un documento pubblicato nel 1987 dalla Commissione mondiale sull'ambiente e lo sviluppo (WCED), in cui viene citato per la prima volta il concetto di “sviluppo sostenibile”. Il nome proviene dalla coordinatrice Gro Harlem Brundtland che in quell'anno era presidente del WCED ed aveva commissionato il rapporto. 2 218 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare emiliano o padano in generale, anche per avere un qualche riferimento climatico da considerare nella progettazione dell’involucro. A fronte della non-richiesta del bando di concorso, la proposta progettuale è stata invece volutamente contestualizzata su di un caso reale, credendo fermamente in una architettura che debba sempre rapportarsi con l’ambiente circostante e con le specificità del luogo in cui viene inserita. Essa deve poter cogliere le opportunità di sfruttamento delle risorse energetiche presenti nel contesto microclimatico locale, cercando al contempo il minimo impatto ambientale nei termini di consumo del territorio (building footprint) e di inquinamento prodotto. L’ipotesi di progetto riguarda perciò un esempio di sostituzione edilizia, tema che può essere letto sul doppio binario dell’efficientamento dell’esistente 3 e di costruzione ex novo. Questa metodologia d’intervento consente una più efficace applicazione delle più idonee strategie solari, rispetto a un tentativo anche radicale di retrofit dell’edificio esistente. I principi cardine del programma di progetto sono legati alla tematica dell’edificio energeticamente attivo 4 , definendo con questo un involucro che produce più energia di quella che consuma in un bilancio energetico annuale a credito. In primo luogo ciò è possibile attraverso la concezione di un involucro sostanzialmente passivo e perciò iperisolato e poco disperdente. Esso sfrutta poi in modo sinergico gli apporti energetici disponibili passivi ed attivi, prevalentemente di tipo solare, attraverso la corretta orientazione ed una conformazione morfologica che integra i dispositivi tecnologici di sfruttamento. A livello tipologico l’edificio è orientato secondo l’asse est-ovest e si configura in sei unità residenziali di varia metratura, divise in due blocchi separati dal vano scala comune. Due alloggi sono collocati al piano terra e dispongono di giardino privato, due appartamenti di metratura inferiore e con giardino pensile si trovano al primo piano, mentre due alloggi sono ricavati in duplex al secondo e terzo piano; il vano scala comune disimpegna gli alloggi del primo e secondo piano. Il taglio degli appartamenti prevede superfici utili comprese tra 80 e 120 mq variabili nella disponibilità di due o tre camere da letto. La tipologia dell’edificio plurifamiliare di piccole dimensioni fino a sei alloggi è un tema ricorrente dell’edilizia privata di nuova costruzione/sostituzione edilizia modenese, soprattutto nelle zone semi-perifieriche. Questa tipologia consente un accettabile livello di densità urbanistica, soprattutto per i centri urbani di medie dimensioni, senza un utilizzo troppo estensivo del territorio urbanizzato tipico di molte zone caratterizzate da tipologie mono o bifamiliari. Il tema dell’edificio solare plurifamiliare, a bassa o alta 3 L’edificio produttivo attuale è da lungo tempo in disuso e si trova all’interno del tessuto urbano consolidato di Modena. Il piano regolatore ne prevede la trasformazione con la destinazione d’uso a residenziale, in accordo col tessuto consolidato circostante 4 Plus Energy Building, cfr. sottocapitolo 2.1.4 219 Teoria e pratica dell’architettura solare densità, già sperimentato in Italia nella prima metà degli anni ‘80 5 , ha una serie di potenzialità che possono sicuramente tornare di grande attualità anche nella realtà odierna; queste consistono nella possibilità di ottimizzare i guadagni e la produzione solari in dotazioni impiantistiche centralizzate, massimizzando l’autoconsumo locale e spalmando i costi d’impianto. Fig. 4.86 Piante di progetto: piano terra (in alto a sinistra), primo (in basso a destra), secondo (in alto a destra), sottotetto (in basso a destra) Per quel che riguarda la climatizzazione invernale le sei unità residenziali non necessitano di un impianto di riscaldamento tradizionale: le strategie solari, costruttive e di isolamento previste nel progetto garantiscono un bassissimo fabbisogno energetico in entrambi le fasi critiche dell’anno (periodo sottoriscaldato e surriscaldato). È previsto un impianto centralizzato di ventilazione meccanica controllata (VMC) con recuperatore di calore ad alta efficienza e un sistema di pretrattamento dell’aria in entrata che garantisce al bisogno quel minimo apporto di climatizzazione degli ambienti nei giorni di picco climatico, invernale o estivo. L’apporto energetico per il trattamento dell’aria di ricircolo e per il fabbisogno di acqua calda sanitaria (ACS), verrà generato da una unica pompa di calore supportata da due pozzi geotermici; questa può essere direttamente alimentata dai pannelli fotovoltaici integrati sulla copertura dell’edificio. Il sistema attivo, oltre a prevedere una completa integrazione compositiva e morfologica, sarà di tipologia “ibrida” (cfr. 2.2.3) con produzione combinata di energia elettrica e acqua calda. L’edificio in definitiva non necessita della normale adduzione di gas dalla rete pubblica, prevedendo per la cottura dei cibi, normalmente a gas, l’utilizzo di piastre ad induzione alimentate dall’impianto fotovoltaico condominiale. Tutti gli impianti centralizzati sia di climatizzazione che di ricambio aria sono disposti in un vano tecnico condominiale al 5 Cfr. esempi citati nel sottocapitolo 1.6 220 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare piano terra e collegati ad un cavedio tecnico di distribuzione ai vari alloggi e di presa/espulsione dell’aria di ricircolo che sfocia in copertura; gli stessi impianti comuni sono dotati di contabilizzatori di calore e flussometri per stabilire i consumi di ogni appartamento. Il controllo microclimatico all’interno di ogni alloggio si ottiene con un sistema domotico (user friendly) che rileva le condizioni termo-igrometriche di ogni ambiente e regola autonomamente gli apporti dei sistemi attivi e passivi. Il concept energetico evidenzia sinteticamente le strategie adottate di tipo bioclimatico, impiantistico e di sfruttamento dell’energia solare. il principio fondamentale è che le tre componenti agiscano sinergicamente apportando il loro contributo in fasi specifiche di funzionamento dell’involucro, secondo la variabilità del microclima esterno ed interno. Il ruolo del progetto è di far si che questa sinergia possa attuarsi, soprattutto per quel che riguarda il rapporto tra gli apporti solari passivi e quelli attivi, attraverso la giusta configurazione dell’involucro nelle componenti di ricezione o di protezione dell’irraggiamento. Tutto è generato dalla giusta orientazione dell’edificio e dalla corretta concatenazione degli ambienti interni, in modo che i dispositivi recettori possano funzionare nella fase più favorevole (invernale) ed essere invece protetti nella fase più sfavorevole (estiva). A questo scopo la percentuale maggiore delle superfici trasparenti (recettori a guadagno diretto) prospettano sul fronte sud e sono sempre protette superiormente o da volumi architettonici o da sistemi di schermatura; le bucature a est ed ovest, limitate al necessario, prevedono delle schermature mobili frontali; il fronte nord, dal carattere specificatamente massivo, presenta la percentuale minore di superficie trasparente rispetto a tutti e quattro i fronti orientati, enfatizzando il concetto di protezione e contenimento delle dispersioni termiche. I sistemi attivi, di tipo ibrido, occupano buona parte della superficie di copertura, opportunamente configurata 6 per avere la massima superficie di captazione nella falda rivolta a sud. Al contempo è garantita la ventilazione naturale in funzione di raffrescamento estivo secondo due strategie: la disposizione su tre fronti contrapposti delle bucature finestrate apribili; l’espulsione dell’aria calda dall’involucro, attraverso il camino-cavedio verticale, con un sistema estrattore meccanizzato. Infine una vetrata a tutta altezza esposta a sud schermata superiormente, garantisce un sufficiente riscaldamento invernale del vano scala comune a completamento delle strategie solari messe in campo. 6 Cfr. Forma tipo: Capanna a colmo traslato verso nord, diversa pendenza; sotto-sottocapitolo 4.1.1 221 Teoria e pratica dell’architettura solare Concept energetico (fig. 4.87) e modello tridimensionale di progetto (fig. 4.88) Fig. 4.89 Prospetti di progetto, da sinistra a destra: il fronte sud trasparente, il fronte nord chiuso e massivo, i fronti est e ovest con le bucature di completamento A livello di scelte di sistema costruttivo, la tecnologia che allo stato attuale sintetizza più efficacemente gli aspetti di riduzione dei consumi, precisione e velocità di montaggio, limitazione dei ponti termici, risposta sismica, caratteristiche ambientali (nei termini di Life Cycle Assessment), è quella del legno. Nella fattispecie il sistema Xlam, oltre a coniugare gli aspetti sopracitati, possiede la caratteristica di essere un sistema di tipo “massivo”, più inerziale, e perciò maggiormente performante in regime estivo. Viene garantito conseguentemente un maggiore sfasamento dell’onda termica, quando le condizioni di surriscaldamento dell’involucro nel periodo estivo, possono portare a situazioni di discomfort degli spazi abitati. Il pacchetto costruttivo di parete esterna e di copertura è completato da una coibentazione con isolante ad alta densità (140 kg/mc) in fibra di legno; questa è prevista di elevato spessore sulle pareti esterne come isolamento dell’involucro, ma, con spessori più contenuti, anche nelle contropareti interne per contenere le canalizzazioni impiantistiche. Come materiali di finitura si prevede l’utilizzo in facciata di una rasatura con intonaco di tipo civile, rigato a formare il motivo architettonico del basamento e tinteggiato di colori chiari per limitare il sovraccarico termico in periodo estivo 7 ; del legno di larice utilizzato a listelli per i brise soleil ed i parapetti dei terrazzi e dei pannelli isolanti di tipo sandwich in lamiera di zinco – titanio come rivestimento per la copertura nelle parti “non attive”. 7 Cfr. Barbolini F., Guardigli L., “Colore ed efficienza energetica”, in Azero, n. 08 (2013), pp. 58-67; cfr. anche sotto-sottocapitolo 2.4.1 222 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare Tra le richieste del bando figurava anche la definizione del costo dell’intervento e dei possibili benefici ambientali, economici e gestionali. La valutazione sintetica della fattibilità economica è stata suddivisa in quattro macrocategorie, ognuna elaborata secondo stime presuntive riferite ai prezzi locali attualizzati di mercato, così definite: 1. costo di acquisto del terreno, compreso fabbricato esistente: 750.000€ 2. costi derivanti da demolizioni e bonifica del sito: ca. 25.000€ 3. costo di costruzione, compreso sistemazioni esterne: mq. lordi 900 x 1.500€/mq = 1.350.000 4. oneri comunali e spese di progettazione: 120.000€ Per un totale complessivo di spesa di ca. 2.250.000€. Per quanto riguarda i benefici sono state individuate dieci motivazioni di qualità del progetto proposto, così suddivise: 1. azzeramento delle emissioni di CO2 in atmosfera: non vi è produzione di energia termica per combustione 2. forte decremento della maggiore voce di spesa impiantistica, non essendo necessario un impianto di riscaldamento tradizionale 3. le strategie di raffrescamento passivo limitano il consumo elettrico degli impianti di condizionamento dei giorni di picco termico estivo 4. la costruzione avviene in 4-6 mesi (struttura prefabbricata) rispetto ai 12-15 necessari con l’impiego di tecnologie tradizionali 5. le spese di manutenzione sono minori poiché riferite ad una unica impiantistica condominiale rispetto ai diversi singoli impianti 6. il condominio autoconsuma in sito l’energia elettrica prodotta e ottiene benefici economici grazie al sistema incentivante italiano 7. l’investimento iniziale per l’acquisto dell’alloggio si ripaga economicamente in un periodo presuntivo di 30-40 anni (ai valori attuali di mercato) 8. i vari alloggi hanno un maggior valore commerciale rispetto ai prezzi medi, grazie alla classe energetica più performante esistente (classe A+) 9. la percezione di comfort termo-igrometrico è elevata, grazie alla perfetta tenuta termica dell’involucro e al continuo ricambio dell’aria interna 10. la sinergia di funzionamento dei vari sistemi di guadagno/produzione energetica viene gestita da un impianto domotico “user friendly”, di facile utilizzo Come considerazioni conclusive si può dire che questo concorso ha consentito di verificare, direttamente nella pratica del progetto di architettura, l’applicazione di alcune 223 Teoria e pratica dell’architettura solare strategie solari; queste in azione sinergica con gli altri fattori considerati (bioclimatici, d’isolamento, impiantistici), hanno permesso un teorico raggiungimento del livello energetico di un edificio a energia zero o, probabilmente, energeticamente attivo. La verifica computazionale potrebbe confermare o disattendere i risultati attesi, molto influenzati, come detto, anche dalle reali condizioni d’uso; in questi termini è possibile evidenziare sotto l’aspetto quantitativo, l’aspetto qualitativo delle azioni di progetto, individuate secondo l’approccio applicativo della presente ricerca. 4.3.2 Strategie d’intervento su di un isolato residenziale esistente La seconda verifica operativa vuole indagare le possibilità di “riqualificazione solare” configurabili su edifici, anche di recente costruzione, che non hanno tenuto conto in fase ideativa delle possibilità offerte dai sistemi passivi e attivi come occasione di guadagno e/o produzione energetica. La volontà implicita dell’esercizio progettuale ricerca le strategie solari, anche le più semplici, applicabili considerando la fattibilità dell’intervento come minimizzazione dell’impatto funzionale, costruttivo ed economico. Il caso studio prende in esame un aggregato edilizio a destinazione mista residenziale-commerciale, che prevede un totale di 33 alloggi distribuiti su vari livelli e una parte destinata a negozi-uffici al piano terra; di realizzazione recente, è strutturato secondo l’aggregazione di tre blocchi edilizi a formare un isolato a “C” a corte aperta 8 , morfotipo consolidato del tessuto urbano modenese. L’intervento è localizzato nell’ambito del programma di riqualificazione dell’area dell’ex mercato bestiame della città di Modena, all’interno del piano generale di rigenerazione della cosiddetta “fascia ferroviaria”. Le indicazioni funzionali specifiche dell’amministrazione comunale prevedono la compresenza di alloggi a destinazione agevolata, convenzionata e libera. L’aggregato in questione si sviluppa per quattro piani oltre al piano terra sul fronte principale e per tre piani oltre al piano terra (rialzato) nei due corpi laterali. Le strategie di riprogettazione adottate hanno previsto una prima fase di analisi tipologico-distributiva per individuare le disposizioni degli ambiti a giorno (soggiornopranzo) non ottimali rispetto agli orientamenti favorevoli; nella successiva fase sono stati ridistribuiti gli stessi ambiti e contestualmente si è ipotizzata l’implementazione di sistemi attivi sulle coperture, attualmente piane, attraverso la creazione di sovrastrutture specifiche. L’isolato di forma quadrangolare risulta orientato secondo l’asse sudovest/nord-est e presenta tutti gli alloggi “passanti” il corpo edilizio e perciò con almeno due affacci contrapposti. Su un totale di 33 alloggi ne sono stati individuati 8 “critici”, cioè con orientamento a nord-est delle zone giorno. Operando una inversione distributiva 8 Cfr. sotto-sottocapitolo 4.2.3 224 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare tra la cucina e il soggiorno-pranzo in alcuni casi, o ricollocando a volte anche altri spazi, è possibile applicare delle semplici strategie di guadagno termico diretto e ottenere significativi benefici termici passivi; tutto ciò è fattibile riorientando l’ampia vetrata del soggiorno-pranzo, che tra l’altro può già beneficiare della schermatura solare già in essere risultante dalle logge dei piani superiori. Fattore non trascurabile è anche l’incremento del comfort luminoso degli spazi abitualmente più utilizzati, che potranno usufruire di una quantità maggiore di luce naturale per un periodo maggiore dell’anno. A livello di fattibilità tecnico-operativa è necessario prevedere l’adeguamento impiantistico delle dotazioni della cucina (adduzioni acqua calda e fredda, gas e scarico) e la riconfigurazione delle due bucature architettoniche esistenti, potendo però riutilizzare gli stessi infissi esistenti che verranno solamente riposizionati. Per quanto riguarda le strategie solari attive, la copertura di tipo piano esistente permette di ipotizzare, sui due corpi laterali e sulle due torri del fronte principale, delle falde attive fotovoltaiche 9 orientate a sud-ovest e sud-est; questo anche in relazione al minimo sovraccarico dovuto alle sovrastrutture di supporto e ai pannelli fotovoltaici stessi e alla tipologia strutturale dell’edificio già conforme alla normativa antisismica. 10 Fig. 4.90 Schema orientato dell’aggregato edilizio, con evidenziati i quattro corpi scala 9 In questa ipotesi si esclude il sistema a solare termico poiché prevederebbe soluzioni di retrofit impiantistico sicuramente più onerose e più impattanti 10 È necessaria in ogni caso una verifica della fattibilità strutturale secondo le NTC 2008 225 Teoria e pratica dell’architettura solare Fig. 4.91 Piano terra: schema tipologico-distributivo dello stato di fatto (a sinistra) e di progetto (a destra); invertendo l’attuale zona giorno-cucina è possibile ottenere un incremento del guadagno solare passivo (sistema diretto) Fig. 4.92 Piano tipo: schema tipologico-distributivo dello stato di fatto (a sinistra) e di progetto (a destra); anche in questo caso, agendo sull’inversione del sistema zone giorno-cucine di 3 unità abitative è possibile ottenere un incremento del guadagno solare passivo 226 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare Vista alta da ovest: stato di fatto (fig. 4.93) e ipotesi di progetto (fig. 4.94) Prospetto principale sud-est: stato di fatto (fig. 4.95) e ipotesi di progetto (fig. 4.96) Prospetto laterale sud-ovest: stato di fatto (fig. 4.97) e ipotesi di progetto (fig. 4.98) 4.3.3 Efficientamento energetico dell’esistente vs sostituzione edilizia In ordine generale la riqualificazione energetica degli involucri edilizi presenta delle criticità maggiori rispetto alla costruzione ex novo. Le problematicità sono dovute al fatto che nella maggior parte dei casi l’intervento sull’esistente produce risultati sempre molto limitati, che scontano la mancata applicazione di una strategia più organica dovute prevalentemente a questioni economiche. Il raggiungimento di livelli elevati di performance energetica presuppone di intervenire congiuntamente sui vari fattori della riqualificazione, molto diversi fra loro: l’isolamento termico dell’involucro, la sostituzione degli infissi e degli impianti, l’implementazione di sistemi attivi di produzione energetica e passivi di guadagno termico. Senza contare che ad un livello così radicale di intervento sarebbe auspicabile agire anche sulla riqualificazione funzionale, spesso carente, di questi organismi edilizi, operando un riorientamento della distribuzione interna. Oltre alla prioritaria finalità della riqualificazione energetico-funzionale va poi considerato anche 227 Teoria e pratica dell’architettura solare l’adeguamento strutturale in virtù delle nuove stringenti normative antisismiche. Il rischio, come spesso accade, è di implementare solamente il sistema meno costoso, in molti casi il cappotto termico, non considerando strategie come quelle solari più sostenibili ma di ritorno economico (payback) maggiore come periodo temporale. Nel nostro caso la riprogettazione di un edificio complesso di edilizia sociale a Modena diventa occasione per analizzare le potenzialità della tecnica urbanistica cosiddetta di “sostituzione edilizia”, elemento sempre più considerato nelle politiche pianificatorie di molti comuni italiani, tra i quali si è allineato anche il comune di Modena 11 , approfondendone al contempo i vantaggi/limiti nei confronti dell’intervento sull’esistente. Questa tecnica prevede la ricostruzione ex novo in sito dell’edificio esistente, consentendo di riutilizzarne la stessa impronta a terra (building footprint) e le reti di urbanizzazione già esistenti. Il punto di forza fondamentale è che l’edificio ricostruito, configurandosi come nuova costruzione, deve necessariamente rispettare tutti i requisiti delle attuali normative vigenti, operando un salto di scala qualitativo inavvicinabile da qualsivoglia intervento di riqualificazione. Inoltre, ed è quello che più interessa in questa sede, è possibile applicare in modo più organico ed efficiente tutte le strategie solari di guadagno/produzione energetica. Allo stesso modo è necessario considerare comunque i vincoli, non trascurabili, di adattamento ad un contesto urbano precostituito, inteso come orientazioni vincolanti, giustapposizione con gli edifici contigui, adattamento alle situazioni ambientali e geomorfologiche locali e di dover garantire le stesse dotazioni dell’edificio preesistente 12 . Le metodologie d’intervento con tecniche di efficientamento energetico con strategie solari possono essere raggruppabili, per semplificazione, in due categorie: interventi di tipo strutturale interventi di tipo sovrastrutturale Nella prima categoria sono ricompresi tutti quegli interventi con componenti edilizie che oltre alla funzione di sfruttamento solare vanno a sostituire elementi edilizi di chiusura dell’involucro, oppure propongono nuove addizioni o riconfigurazioni spaziali. È il caso ad esempio: dei sistemi a serre solari addossate all’edificio che generano un ampliamento dei volumi esistenti; 11 Cfr. Documento d’indirizzo del nuovo PSC del Comune di Modena, G. Giacobazzi, 2012 Questo fattore può comunque diventare da vincolo a opportunità per incrementare la densità urbanistica e i servizi di quartiere, aumentando le unità abitative e le dotazioni comuni a piano terra 12 228 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare della ridistribuzione interna dei vari ambienti in funzione di un maggior guadagno termico passivo; della sostituzione di parti d’involucro con elementi costruttivi attivi, come nel caso d’interventi sulla copertura o sui tamponamenti opachi e/o trasparenti con componenti a produzione energetica integrata. Della seconda categoria fanno parte i sistemi applicati per sovrapposizione all’edificio esistente, in funzione di “seconda pelle reagente”, come ad esempio: le pannellature fotovoltaiche o a termia solare sovrapposte alla copertura o alle pareti verticali; le facciate ventilate integrate con elementi attivi; la chiusura di logge, terrazze o balconi già esistenti con infissi e vetri in funzione di guadagno termico passivo; tutti i tipi di schermatura solare in funzione di controllo dell’irraggiamento o ancor meglio a funzione bivalente di protezione passiva e di produzione attiva. Entrambe le metodologie di intervento producono modificazioni importanti del manufatto edilizio, rendendo necessaria un’analisi approfondita dell’assetto compositivo, funzionale e strutturale, per valutarne attentamente il potenziale di adattabilità 13 e le ripercussioni che l’applicazione di questi dispositivi possono comportare. Altro fattore importante e di alta problematicità è la presenza degli utenti durante la fase dei lavori, che necessariamente devono continuare a fruire degli alloggi, essendo molto complessa la loro ricollocazione anche solo temporanea. Per quel che riguarda l’aspetto compositivo occorre individuare attentamente gli elementi generatori dell’assetto formale originario, per consentirne una nuova strutturazione in equilibrio con l’esistente. Appare corretto perciò stabilire un rapporto logico tra il prima e il dopo, ove si evinca chiaramente la natura delle parti in addizione senza per questo snaturare la configurazione originaria. Approccio lecito poiché la stessa storia dell’architettura ci mostra diversi esempi di come un edificio possa riconfigurarsi nel tempo anche radicalmente, secondo processi di stratificazione formale adattati alle nuove esigenze tecniche o culturali espresse dalla società in un determinato periodo storico. Alcuni autori parlano anche del “diritto ad intervenire” sugli edifici esistenti considerando comunque dei “valori identitari” e il riconoscimento negli stessi di un “significato originale” 14 . 13 14 Ferrante A., op. cit., 2012 Cecere C. et al., op. cit., p. 7 229 Teoria e pratica dell’architettura solare L’obiettivo prioritario di un intervento di efficientamento solare rimane quello di aumentare la performance energetica dell’edificio, attraverso l’individuazione della massima quantità di superficie captante in rapporto all’assetto morfologico e funzionale dell’esistente. Il reperimento della superficie di captazione a fini passivi prevede in molti casi l’adozione di un sistema di serre sui prospetti a maggiore resa solare, privilegiando orientazioni a sud, sud-est, est e sud-ovest. Questi dispositivi contribuiscono alla riduzione del consumo energetico in relazione a certi parametri climatici ed alla morfologia dell’involucro. L’aspetto fondamentale è che per un corretto funzionamento la serra solare presuppone la partecipazione attiva dell’utente, poiché in base alla sua percezione di comfort ambientale la stessa deve essere “regolata”. Lo scambio termico con l’ambiente riscaldato può avvenire anche per cicli convettivi, aprendo o chiudendo i collegamenti con lo spazio abitato; inoltre è necessaria l’apertura degli infissi vetrati della serra in regime estivo, tardo-primaverile e preautunnale, per evitare il surriscaldamento della stessa. Il funzionamento bioclimatico del “sistema serra”, parzializzato per ogni alloggio, prevedendo l’azione consapevole dell’utente comporterà una variabilità (selfexpression) della composizione del fronte architettonico, essendo variabile la percezione di comfort termico da utente ad utente. Va inoltre sottolineata la potenzialità funzionale del sistema, oltre a quella puramente energetica, risultando l’alloggio ampliato di una nuova spazialità; esso si potrà caratterizzare variabilmente in diversi modi: luogo di relazione, giardino d’inverno, affaccio, loggia al bisogno aperta o chiusa, spazio protetto o completamente introspettivo a seconda delle esigenze del fruitore. Un esempio interessante di addizione volumetrica e di efficientamento energetico mediante serre solari è stato realizzato recentemente a Parigi nel 17° arrondissement su progetto di F. Druot. L’edificio originario, una torre di 50 metri di altezza per 16 piani e 100 unità residenziali, risale al 1962 ed è un classico esempio di social housing della banlieu parigina. L’intervento di recupero del 2011, denominato “Metamorphosis of Bois Le Prêtre”, ha previsto il mantenimento della struttura esistente, alcune addizioni volumetriche, ma soprattutto un sistema di serre solari, o giardini d’inverno, addossate e giustapposte ai fronti principali, orientati ad est ed ovest. Tutte i corpi in addizione sono a struttura portante autonoma, realizzata con pilastri in acciaio ed impalcati prefabbricati, montati in successione ed in aderenza al fabbricato esistente; i tamponamenti esterni dell’edificio esistente con finestrature a nastro, sono stati sostituiti da vetrate continue a tutta altezza, sia per l’accessibilità alle nuove serre, ma soprattutto in funzione di guadagno termico passivo. Sotto l’aspetto dimensionale le addizioni si sviluppano per una profondità di due metri come serra e per un ulteriore metro come balconata continua. Il progettista afferma che il consumo per riscaldamento è stato ridotto del 50%, grazie soprattutto al sistema passivo delle serre. La chiusura delle stese è realizzata con pannelli leggeri traslucidi, scorrevoli uno sull’altro grazie ad un sistema di guide a 230 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare pavimento e soffitto; il controllo dell’eccessivo irraggiamento è demandato a dei tendaggi sia dietro ai pannelli scorrevoli che dietro alle vetrate dell’ambiente retrostante. A sinistra: vista generale (fig. 4.99); a destra: piante dello stato di fatto e di progetto con in evidenza le serre solari in addizione e la ridistribuzione interna degli alloggi (fig. 4.100) Sezione di dettaglio con in evidenza lo scheletro strutturale (fig. 4.101); fase di montaggio in opera degli elementi prefabbricati (fig. 4.102) Sullo stesso tema dell’addizione volumetrica e dell’implementazione di sistemi a serra è un interessante riferimento il lavoro svolto dal gruppo di ricerca dell’Università di Bologna guidato da A. Ferrante 15 , impostato su di un approccio multilivello di possibili strategie di efficientamento; contestualmente vengono elaborate delle valutazione dei costi e benefici in termini di ricadute prestazionali secondo obiettivi di classificazione e di risparmio energetico prefissati. La ricerca ha preso in esame diversi casi di fabbricati di edilizia economica popolare nel comune di Bologna, ipotizzando diverse scale e scenari di 15 Cfr. Ferrante A., AAA_Adeguamento, Adattabilità, Architettura, Milano, Bruno Mondadori, 2012, pp. 155-197; Ferrante A. et al., La riqualificazione energetica e architettonica del patrimonio edilizio recente. Il caso dei quartieri di edilizia residenziale pubblica, IN_BO rivista digitale, n° 5 - dicembre 2012, pp. 251-276 231 Teoria e pratica dell’architettura solare intervento: dalla semplice cappottatura delle superfici esterne, alla sostituzione degli infissi, al rifacimento dell’impiantistica, all’applicazione di sistemi attivi fotovoltaici, all’addizione di serre solari, fino all’ipotesi, trattata anche nel presente capitolo, della completa demolizione e ricostruzione. Dei vari scenari, che prevedono anche analisi incrociate tra le diverse categorie d’intervento e la loro valutazione di compatibilità, sono state fornite anche delle quantificazioni parametriche dei costi economici. Più in generale volendo delineare delle fasi operative di efficientamento, o linee guida, con tecniche solari, queste possiamo riassumerle in cinque punti fondamentali: individuazione della potenzialità solare dell’edificio, in relazione agli orientamenti delle superfici potenzialmente captanti; individuazione della potenzialità di adattabilità dell’assetto funzionale, strutturale e compositivo; definizione delle strategie solari applicabili passive e/o attive; analisi delle ripercussioni compositive, funzionali e strutturali sull’edificio esistente; misura del rendimento solare dell’intervento e quantificazione del payback. Nel caso delle addizioni a serre solari la condizione più vincolante è che sia disponibile alla base del manufatto una fascia libera da vincoli funzionali, strutturali, ambientali o di proprietà; questo per poter fondare ed elevare i nuovi elementi strutturali, ponendo come vincolo inderogabile il non potersi collegare mutuamente alla struttura esistente per ragioni di fattibilità normativa oltre che economiche. Sul potenziale di adattabilità dell’esistente, vanno considerati diversi aspetti: adattabilità funzionale, cioè la possibilità che l’assetto distributivo possa assorbire le nuove spazialità in addizione, adattabilità d’uso, cioè la necessaria sensibilizzazione degli utenti ad un corretto utilizzo delle nuove strutture solari, che ne influenza fortemente il corretto funzionamento. Le strategie prevalenti di efficientamento solare con sistemi attivi prevedono l’inserimento dei dispositivi di produzione energetica, sia fotovoltaica che termica, in copertura. È possibile utilizzare quella esistente (nel caso siano già presenti falde inclinate ben orientate) per sovrapposizione dei sistemi o prevederne l’integrazione in una struttura ex novo (nel caso sia presente una copertura piana); la stessa, previa verifica della fattibilità strutturale e compositiva, dovrà essere configurata secondo logiche di massimizzazione della superficie captante. Considerando l’aspetto strutturale è possibile utilizzare sovrastrutture leggere che non comportino un eccessivo aggravio del carico statico della copertura esistente, fermo restando la dovuta verifica strutturale secondo normativa. Questo terzo esercizio progettuale struttura parallelamente due diverse ipotesi d’intervento sullo stesso caso di studio, permettendo una comparazione che evidenzi le 232 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare diverse potenzialità di sfruttamento solare, di esito formale e di impatto economico dell’una o dell’altra tipologia d’intervento. La prima ipotesi (fase A) prevede di intervenire sull’esistente attraverso una serie di strategie di efficientamento solare; la seconda (fase B) riguarda l’approccio più radicale della sostituzione edilizia, tendenza che si sta sempre più affermando come soluzione al problema del consumo di territorio. FASE A: EFFICIENTAMENTO ENERGETICO DELL’ESISTENTE. Il caso studio riguarda un edificio a destinazione residenziale, già trattato nel precedentemente, 16 ai fini della definizione del rendimento di forma urbana. Esso si configura come un aggregato edilizio a forma di “C” con la corte interna aperta sul lato nord; volumetricamente si configura a tre piani oltre il piano terra nei fronti laterali (via Arezzo e continuazione di via Terranova), e a cinque piani oltre il piano terra sul fronte principale (via Terranova). L’orientamento di tutto il comparto PEEP 17 risulta di 24° rispetto all’asse est-ovest verso il sud, condizione abbastanza favorevole per quel che riguarda l’esposizione all’irraggiamento solare. Schema d’impianto del comparto; in evidenza l’assetto viario principale e la struttura degli isolati (fig. 4.103); ortofoto con l’individuazione del caso studio (fig. 4.104) A livello formale l’aggregato si presenta compatto, senza aggetti, scandito sul fronte principale dalle lesene a sostegno del corpo emergente sul fronte principale; è abbastanza evidente, nelle partizione dei prospetti, un’analogia compositiva con il progetto Aymonino-Rossi per il Gallaratese 18 antecedente di una decina d’anni. 16 Cfr. Morfotipo 4: isolato chiuso, sotto-sottocapitolo 4.2.6 3° comparto PEEP “Morane” 18 Complesso residenziale “Monte Amiata” nel quartiere Gallaratese 2, Milano (1967-1974). Progettisti Carlo Aymonino e Aldo Rossi. 17 233 Teoria e pratica dell’architettura solare Vista dell’edificio esistente da via Terranova (fig. 4.105) e il complesso Gallaratese di A. Rossi (fig. 4.106) L’analisi tipologica dell’edificio evidenzia tagli di alloggi, variamente disposti nei piani, da 1 a 4 camere da letto con netta prevalenza per i tagli da 1 e da 2 camere (rispettivamente 36,6 e 35,5%) e la configurazione prevalente in linea (73,1%). Diversi alloggi, su un totale di 93, mostrano carenze funzionali come il monoaffaccio (21,5%) e l’orientamento delle zone giorno a nord (17,2%), che creano varie problematiche sia di aeroilluminazione che di ventilazione naturale degli ambienti, soprattutto per quel che riguarda il raffrescamento estivo. La consistenza della superficie lorda risulta di 7.522 mq per 93 alloggi totali serviti da 7 vani scala e un valore di densità urbanistica di 101 alloggi per ettaro; l’impronta a terra dell’edificio (building footprint), considerata come superficie di occupazione sul territorio, disegna un quadrangolo di lati 69,2 e 59,2 m per 3.612 mq. Edificio PEEP Terranova-Arezzo: analisi tipologica del piano terra (fig. 4.107) e primo (fig. 4.108) 234 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare Edificio PEEP Terranova-Arezzo: analisi tipologica del piano secondo (fig. 4.109), terzo (fig. 4.110), quarto (fig. 4.111) e quinto (fig. 4.112) Fig. 4.113 Scheda di sintesi dei dati tipologici, dimensionali e di orientamento dello stato di fatto 235 Teoria e pratica dell’architettura solare La proposta di riqualificazione energetica con tecniche solari prevede di utilizzare sia sistemi passivi che attivi, nell’intento programmatico di riqualificare energeticamente la struttura esistente, operando anche una modificazione delle risultanze morfologicocompositive dell’edificio esistente. Le strategie di efficientamento individuate prefigurano una serie di azioni progettuali da strutturarsi in maniera sinergica; esse prevedono tre tipi di strategie: 1. STARTEGIA 1: ISOLAMENTO DELL’INVOLUCRO EDILIZIO. Si ipotizza un sistema a cappotto applicato alle chiusure verticali delle facciate esterne ed orizzontali del solaio del primo piano, degli aggetti su vani riscaldati e della sovrastruttura esterna di copertura (rifacimento funzionale all’implementazione del sistema fotovoltaico); le pareti divisorie tra le serre e gli ambienti riscaldati sono anch’esse isolate ma con la possibilità di attuare una riduzione di spessore in funzione del contributo d’isolamento fornito dal sistema serra nel suo complesso, attuando perciò un buon livello di efficienza sinergica tra il sistema parete e il nuovo sistema a serra solare; 2. STRATEGIA 2: GUADAGNO TERMICO PASSIVO (SERRA SOLARE). Prevede l’implementazione di un sistema di serre solari 19 sul fronte principale sud-sud-ovest (completo), sul fronte est-sud-est prospettante via Arezzo (completo), e sul fronte est-sud/est prospettante la corte interna (parziale, poiché presenta zone in ombra nella fase invernale). Esse si configurano secondo una struttura autonoma a telaio a profondità costante di 1,5 metri in setti portanti di conglomerato cementizio armato e passo variabile 5,2÷5,6 metri, assecondando l’articolato compositivo derivante dalla successione delle lesene o dal passo strutturale più in generale; i solai di collegamento orizzontale (sempre in c.c.a.) ad ogni piano assumeranno la funzione di controventamento. I setti e i solai previsti in conglomerato cementizio armato, possiedono una massa idonea (2400 kg/mc) per poterne prevedere il loro utilizzo come massa di accumulo dell’energia termica proveniente dalla radiazione solare; i setti verticali saranno isolati esternamente per favorire la cessione monodirezionale del calore accumulato verso l’interno della serra nella fase notturna. La nuova struttura risulterà distanziata di 20 centimetri dalla parete dell’edificio esistente per ragioni prettamente sismiche 20 , prevedendo un opportuno giunto elastico (e isolante) di collegamento. Esternamente la chiusura trasparente della serra sarà formata da un sistema di infissi a vetrocamera a moduli verticali e passo costante (circa 1 metro) apribili a libro (fig…); questi in modalità aperta o semiaperta 19 Cfr. Forma tipo: Serra solare verticale / schermatura superiore; sotto-sottocapitolo 4.1.1 Le NTC 2008 prevedono che in caso di collegamento di una struttura esistente (naturalmente non conforme alla stessa normativa) a una nuova struttura, la risultante reagisca in maniera organica agli effetti sismici secondo i nuovi criteri normativi, provocando di conseguenza l’adeguamento sismico di tutte le strutture preesistenti; ciò risulta molto complesso a livello di fattibilità pratico-costruttiva ed estremamente oneroso a livello economico. 20 236 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare consentiranno la “regolazione” bioclimatica della serra, garantendo la ventilazione anche degli ambienti retrostanti nei periodi di sovraccarico termico. La struttura stessa del sistema di serre (profondità minima di 1,5 metri) funge da schermatura passiva per le bucature trasparenti delle pareti retrostanti. A livello funzionale il sistema a serra si configura come un’addizione spaziale, che genera una serie di ambienti di relazione esterni anche come ampliamento delle logge già esistenti (attualmente poco profonde); questa nuova spazialità “esterna” diviene fondamentale dal momento che diversi alloggi ne risultano completamente sprovvisti; 3. STRATEGIA 3: PRODUZIONE ENERGETICA IN SITO (FOTOVOLTAICO). E’ attuabile attraverso la ridefinizione morfologica del profilo di copertura, prevedendo la parziale demolizione delle sovrastrutture di copertura attualmente presenti; queste sono posizionate sopra l’originaria copertura piana e sono state realizzate successivamente alla costruzione dell’edificio, per risolvere le criticità verificatesi nello smaltimento delle acque meteoriche. Successivamente è prevista la 21 ricostruzione delle nuove sovrastrutture a doppia falda con colmo traslato , in corrispondenza delle parti dei fronti verticali in cui si trovano le serre solari. Queste nuove strutture di copertura avranno pendenza di falda a sud di 20° e a nord di 36°, per mantenere l’altezza della linea di gronda costante. Per limitare il sovraccarico alla struttura esistente in conformità alle NTC 2008 22 , le nuove falde attive sono concepite come “soluzione strutturale leggera” in profili di acciaio e chiusura superiore a pannelli sandwich di lamiera con l’isolamento a forte spessore interposto; esse assumono una funzione trivalente di elemento attivo di produzione energetica, di tenuta all’acqua e di nuovo isolamento della copertura. Il pannello sandwich viene predisposto per il fissaggio dei traversi in alluminio atti a supportare i pannelli fotovoltaici, che, a seconda della loro composizione poli o monocristallina, produrranno diverse potenze di picco globali del sistema attivo 23 . 21 Cfr. Forma tipo: Capanna a colmo traslato verso nord, diversa pendenza; sotto-sottocapitolo 4.1.1. Sono ammessi dalla normativa dei sovraccarichi strutturali (configurati come “soluzioni strutturali leggere”) qualora il peso non ecceda il 30% del carico permanente totale (valore nominale, strutturale e non strutturale) del solaio su cui sono collocate; cfr. Atto di indirizzo in merito alla definizione degli interventi di sopraelevazione, ampliamento e delle strutture compenetranti, ai fini dell’applicazione del paragrafo 8.4.1 e delle NTC-2008 e della L.R. n. 19 del 2008, deliberazione-n.-1879-2011 Regione Emilia Romagna 23 Cfr. calcolo del rendimento potenziale di una superficie captante inclinata di copertura, in Scelta dei parametri, sotto-sottocapitolo 4.2.1 22 237 Teoria e pratica dell’architettura solare Esempio di sistema a serre solari in facciata sud (fig. 4.114); dettaglio del sistema di apertura a libro degli infissi di una delle serre (fig. 4.115) Matrice compositiva (edificio residenziale a Pioltello, A. Monestiroli, 2009): il sistema delle logge in prospetto (fig. 4.116) e nella pianta del piano tipo (fig. 4.117) Progetto di efficientamento energetico, il sistema delle serre solari: pianta di progetto del piano primo (fig. 4.118) e secondo (fig. 4.119) Progetto di efficientamento energetico, il sistema delle serre solari: prospetto est-sud/est su via Arezzo nello stato di fatto (fig. 4.120) e nel progetto (fig. 4.121) 238 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare L’applicazione contestuale di queste tre diverse strategie consente di realizzare notevoli incrementi qualitativi sia prestazionali che architettonici, migliorando allo stesso tempo la classe energetica e il valore commerciale del manufatto; l’aspetto più interessante è indubbiamente l’addizione di nuovi spazi di relazione esterni a servizio di diversi alloggi, configurati come estensione delle zone giorno interne. Analisi delle ombre nel modello di progetto, vista alta sud-est (da sinistra a destra): solstizio estivo (fig. 4.122), equinozi (fig. 4.123), solstizio invernale (fig. 4.124) alle ore 12.00 Vista alta da nord-est (figg. 4.125, 4.126, 4.127) Vista bassa da sud-ovest (figg. 4.128, 4.129, 4.130) Vista bassa da nord-est (figg. 4.131, 4.132, 4.133) 239 Teoria e pratica dell’architettura solare Analisi delle ombre nel modello di progetto, vista alta sud-est (da sinistra a destra): solstizio estivo (fig. 4.134), equinozi (fig. 4.135), solstizio invernale (fig. 4.136) alle ore 12.00 Vista da sud (figg. 4.137, 4.138, 4.139) Vista da est (figg. 4.140, 4.141, 4.142) Applicando gli stessi indirizzi metodologici riportati precedentemente è possibile misurare il rendimento dell’aggregato edilizio dopo gli interventi di efficientamento energetico solare, secondo certi indicatori tecnologici e formali che rendono possibile una comparazione con la successiva ipotesi di sostituzione edilizia (fase B). I risultati nella scheda riepilogativa (fig. 4.143), mostrano la possibilità di una produzione fotovoltaica annuale (variabile a seconda della resa dei pannelli tra i 1.450 e i 2.000 kWh) a copertura di circa la metà del fabbisogno di energia elettrica per un alloggio di medie dimensioni; in questo caso il valore corrisponde ad una potenza media di 1,4÷2 kWp/alloggio 24 , rapportati alla complessiva potenza fornita dal sistema attivo implementato in copertura. Il valore non elevatissimo di 1.465 mq. di superficie captante a serra solare in rapporto al complessivo della superficie verticale dell’edificio, va considerato anche in questo caso in una logica di efficienza sinergica; infatti sarebbe stato un controsenso prevedere le serre solari a servizio di tutti gli alloggi, poiché, come si evince dall’analisi delle ombre portate al solstizio invernale, diverse zone dei fronti 24 Cfr. Scelta dei parametri, sotto-sottocap. 4.2.1 240 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare verticali risultano in ombra nel periodo di massimo bisogno o sono sfavorevolmente orientate 25 ; in questo caso le istanze del sistema tecnologico a serra sarebbero rimaste disattese poiché di scarsissima efficienza se non controproducente a livello di funzionamento. Ne è un esempio l’intervento “Bois le Pêtre” (P. Druot, 2011) precedentemente riportato, che propone, grazie alla specularità degli alloggi, un sistema indifferenziato di serre solari sia sul fronte est che sul fronte ovest. Se da un lato l’incremento del valore commerciale interessa tutte le unità abitative, dall’altro bisogna considerare gli effetti dell’orientamento non ottimali delle serre, che potrebbero innescare fenomeni di surriscaldamento nella fase estiva (serra aperta) all’involucro edilizio retrostante. La priorità progettuale di un sistema di sfruttamento solare, passivo o attivo, è prima di tutto finalizzata al guadagno/produzione energetica in rapporto alla corretta integrazione architettonica; successivamente nelle scelte progettuali è possibile valutare gli eventuali valori aggiunti che possono portare certi sistemi solari come, ad esempio, le serre. L’ipotesi di progetto, in questa fase, non ha preso in considerazione la riorganizzazione funzionale degli alloggi; questo fattore è comunque auspicabile viste le criticità riscontrate dall’analisi tipologica dello stato di fatto (fig. 4.143), ma va tenuta in conto la problematica assai complessa del dover ricollocare i residenti interessati per il periodo dei lavori. Le strategie adottate al contrario vogliono tracciare una metodologia di efficientamento solare praticabile e il più possibile poco invasiva proprio per quei casi, come questo, in cui gli organismi edilizi sono occupati e risulterebbe assai problematica l’esecuzione di lavorazioni interne all’edificio. Tra le difficoltà d’implementazione di questo tipo di sistema va sicuramente inserito il problema dell’attacco a terra del nuovo involucro delle serre. Esso presume una radicale riorganizzazione delle dotazioni urbanistiche più a contatto con il fabbricato, sia in superficie che eventualmente nel sottosuolo, dovendo reperire lo spazio per le fondazioni ; marciapiedi, percorsi ciclabili, parcheggi e reti di adduzione devono necessariamente essere riorganizzate e al bisogno ricollocate, in maniera da permettere il reperimento di una fascia utile alla posa delle nuove strutture. 25 Fronti nord-nord/est e ovest-nord/ovest 241 Teoria e pratica dell’architettura solare Fig. 4.143 Scheda riepilogativa dei dati di rendimento – fase A VALUTAZIONE ECONOMICA È stata effettuata una valutazione di fattibilità economica dell’intervento di efficientamento solare, desunta dall’analisi delle diverse categorie d’intervento e basata sulle quantità di lavorazioni in rapporto al loro costo di realizzazione, secondo prezzi di mercato correnti 26 ; risultando: fondazioni C.A.: 220 mc. x 500 €/mc. = 110.000€ struttura serre C.A.: 300 mc. x 400 €/mc. = 120.000€ opere provvisionali e sicurezza: 5.300 mq. x 18 €/mq. x 1.3 : 124.000€ sottofondo e pavimentazione serre: 610 mq. x 80 €/mq. = 48.800€ giunti di collegamento con la struttura esistente: 320 ml. x 150 €/ml. = 48.000€ opere complementari serre (adattamento delle bucature finestrate verso le serre compreso la sostituzione infissi, impermeabilizzazione copertura serre, raccordo con l’esistente, nuove gronde, discendenti, pozzetti e collegamento esistente): a corpo = 75.000€ 26 Cfr. Prezzi informativi delle opere edili in Modena, Camera di commercio, Modena, maggio 2013 242 alla fogna Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare riorganizzazione delle dotazioni urbanistiche esistenti a contatto con l’edificio (percorsi pedonali/ciclopedonali, parcheggi ed eventuale spostamento delle reti sotterranee di adduzione): a corpo = 50.000 infissi serre: 1.620 mq. x 300 €/mq = 486.000€ parapetto serre: 450 mq. x 160€/mq. = 72.000€ isolamento a cappotto (spessore medio cm. 16, EPS con grafite): 5.000 mq. x 65€/mq. = 325.000€ oneri e spese tecniche: 150.000€ demolizione e ricostruzione delle falde attive, compreso isolamento: 1.320 mq. x 250 €/mq. = 330.000€ sistema FV a pannelli policristallini: 130 kWp x 2.500 €/kWp = 325.000€ Costo (presuntivo) globale d’intervento, fase A = ca. 2.300.000€. FASE B: SOSTITUZIONE EDILIZIA Il tema della sostituzione edilizia, come detto, è attualmente molto dibattuto nelle amministrazioni comunali preposte alla pianificazione e gestione del territorio urbano, poiché si configura come possibile soluzione per il rinnovamento del patrimonio edilizio esistente, soprattutto nei casi di edifici particolarmente degradati. Questa tecnica urbanistica appare al momento come una delle opzioni più interessanti e sostenibili all’interno dei processi di trasformazione delle città, con la potenzialità di strutturare nuove edificazioni meglio indirizzate verso lo sfruttamento delle risorse ambientali, solare in particolar modo; un ulteriore valore aggiunto è il vantaggio di ricostruire all’interno di aree già urbanizzate e dotate di tutte le infrastrutture a supporto del nuovo edificato. Il processo di sostituzione diventa però molto complesso quando si tratta, come in questo caso, di dover trasferire un numero elevatissimo di famiglie. Nella dimensione del caso di studio in esame (93 alloggi) l’ipotesi di sostituzione edilizia per questo edificio è già stata dichiarata di “fattibilità molto remota” dagli stessi gestori dell’edificio (agenzia ACER di Modena), concessionari per la proprietà rappresentata dal Comune di Modena, e interpellati al proposito 27 . Una possibilità operativa da indagare a questo proposito, potrebbe essere quella di individuare nelle immediate vicinanze dei lotti inedificati di proprietà comunale e attrezzarli con strutture residenziali temporanee a moduli prefabbricati; a rotazione gli stessi moduli potrebbero essere riutilizzati nel caso di altri 27 È stata recentemente attivata una convenzione di ricerca tra ACER (Agenzia Casa Emilia-Romagna) della provincia di Modena e il Dipartimento di Architettura dell’Università di Bologna, proprio in funzione di approfondire le possibili soluzioni per l’efficientamento energetico del patrimonio di edilizia sociale gestito dalla stessa Agenzia (gruppo di ricerca: L. Guardigli responsabile scientifico, F. Barbolini) 243 Teoria e pratica dell’architettura solare interventi radicali di riqualificazione o di sostituzione edilizia, programmati in successione temporale anche all’interno di altri PEEP del comune. Per queste ragioni è evidente che le casistiche d’intervento con tecniche di sostituzione edilizia vanno circoscritte a pochissimi casi esemplari di elevato degrado; degrado contestualmente funzionale, energetico, strutturale e in alcuni casi anche di tipo sociale. È ben noto che la forbice tra le strategie “pesanti“ di adeguamento multilivello 28 e la ricostruzione ex-novo si sta sempre più assottigliando, soprattutto spostando la dimensione temporale di ritorno dei benefici nel medio-lungo periodo. È necessaria perciò una profonda riflessione sulle questioni della “dimensione del recupero” secondo una visione più olistica e non limitata alla necessità immediata. Analizzare e capire in un contesto decisionale più allargato le gerarchie d’intervento, tecniche ed economiche, dell’efficientamento sull’esistente. Riconsiderare attentamente il livello di aspettativa sociale ed ambientale attuale e conseguentemente ricalibrare il rapporto costi/benefici attualmente molto sbilanciato su una logica dell’emergenza. Un aspetto poco considerato ma decisamente importante è rappresentato dal fatto che un edificio ricostruito ex novo, energeticamente efficiente e soprattutto se di edilizia sociale, può diventare un elemento virtuoso nell’innesco di processi di rigenerazione di aree urbane degradate e fornire un modello operativo di stimolo anche per interventi di iniziativa privata. Il programma preliminare della fase B evidenzia diverse caratteristiche/potenzialità dell’ipotesi di sostituzione edilizia: mantenimento della stessa capacità insediativa con potenziale aumento delle unità abitative attuabile mediante processi di densificazione del lotto (chiusura dell’isolato a corte aperta e aumento del numero dei piani); stesso consumo di territorio dell’edificio esistente (building footprint) e riutilizzo delle reti infrastrutturali e di adduzione esistenti; definizione ed aggregazione dell’Unità Minima Tipologica Urbana (UMTU, di dimensioni corrispondenti all’edificio precedente) in funzione del massimo reperimento di superficie captante solare; definizione e adattamento delle Unità Minime Tipologiche Edilizie (UMTE) precedentemente individuate; la configurazione del livello terreno come spazio urbano continuo, permeabile e completamente fruibile, con la presenza di ambienti destinati a piccole attività 28 In Italia i livelli richiesti dalla normativa sulla sicurezza (D. Lgs. 494/1996 e 81/2008), sul contenimento dei consumi energetici (attuale, secondo il D.L. 192/2005 e il D.Lgs. 311/2006 e di prospettiva, grazie al recepimento col D.L. 4 giugno 2013 n. 63 della Direttiva 2010/31/UE) e sui requisiti strutturali e antisismici degli edifici (N.T.C. del 2008) hanno prodotto una “violenta” trasformazione di processo e di prodotto nel mondo delle costruzioni; ciò ha provocato un aumento molto rapido e non proporzionale, rispetto ad alcune decine di anni fa, degli adempimenti autorizzativi, delle competenze in gioco, ma soprattutto dei costi generali degli interventi edilizi, sia di nuova costruzione che di recupero “sostanziale” degli edifici esistenti. 244 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare commerciali, spazi per l’aggregazione di giovani ed anziani, spazi comuni condominiali, asilo di quartiere, piccola biblioteca; potenziale ridefinizione di tutti gli alloggi (tagli dimensionali variabili, come i precedenti, da 1 a 4 camere da letto) in conformità con le attuali normative comunali; ottimizzazione delle superfici captanti (sistema passivo a serra solare) attraverso il miglioramento dei fattori di dell’aggregato; riconfigurazione orientamento delle e superfici morfologia di copertura degli elementi (sistema attivo fotovoltaico) a fini di produzione energetica; strategie finalizzate al raffrescamento passivo attraverso il doppio affaccio contrapposto e il doppio camino estrattore garantiti per ogni singolo alloggio (l’effetto incrociato delle due strategie consente la ventilazione incrociata in senso orizzontale e l’estrazione dell’aria in senso verticale); ottimizzazione delle superfici a verde (corte interna e nuovi giardini pensili in copertura) che generano effetti di mitigazione del surriscaldamento estivo e di trattenimento delle acque di prima pioggia. Il programma è poi confluito nella concezione progettuale, finalizzata in primo luogo al reperimento della massima superficie captante solare, fermo restando il soddisfacimento di tutte le quantità funzionali della preesistenza. Si è reso necessario un generale incremento delle superfici utili, per rispondere a una serie di prescrizioni regolamentari e a precise volontà progettuali, nello specifico del caso in esame elencabili come: la scelta del corpo unico edilizio finalizzata alla captazione con serra olare, giustamente orientata e garantita per ogni alloggio, che ha provocato un leggero incremento delle superfici distributive; un generale incremento delle superfici degli alloggi attraverso il ridimensionamento delle superfici minime dei vari ambienti, in svariati casi carenti nell’edificio preesistente; l’aumento significativo della percentuale di alloggi a 3 camere (passati dal 17,2% al 38.3% del totale complessivo) su indicazioni della stessa agenzia per la casa ACER, in considerazione dell’incremento numerico dei componenti del nucleo familiare medio occupante gli alloggi sociali l’aggiunta dello spazio a ripostiglio interno (obbligo regolamentare attuale) e della serra solare per ogni alloggio; traslazione ai piani superiori della dotazione di alloggi precedentemente a piano terra (ora “luogo urbano”) 245 Teoria e pratica dell’architettura solare Fig. 4.144 Concept energetico con evidenziate le strategie solari attive e passive praticabili nell’ipotesi di sostituzione edilizia La concezione progettuale ha fatto proprie le considerazioni dei capitoli precedenti 29 ed è ripartita dalla base dell’unità minima tipologica urbana (UMTU) definita nel precedente “morfotipo 4: isolato chiuso” 30 . Questa unità minima territoriale, intesa come modello ripetibile e strumentale alla determinazione di un corretto “funzionamento urbano” in rapporto alla sua capacità insediativa (abitazioni/ettaro), è finalizzata in primo luogo al reperimento della massima superficie di captazione solare giustamente orientata del morfotipo contenuto al suo interno. Per fare questo è stato definito un modello d’impianto urbano, configurato anche nelle dimensioni delle sedi stradali, dei parcheggi, dei percorsi ciclo-pedonali e delle aree a verde pubblico. Il building footprint disegna a terra un rettangolo con dimensioni di 69 metri sul lato lungo (esposizione favorevole a sud-sud/ovest) e 50.5 metri sul lato corto (esposizione favorevole a est-sud/est). Partendo dal corretto dimensionamento dalla matrice strutturale sono stati ricavati gli stessi alloggi della quantità preesistente, tenendo però in conto una maggiore estensione superficiale a causa degli attuali vincoli regolamentari e della riconfigurazione numerica del nucleo familiare medio. Lo schema generale di aggregazione (isolato chiuso) prevede quattro tipi di base (tipo A, B, C1 e C2) a 2, 3, 4 alloggi: i tipi A e B sono gli aggregati in linea; i tipi C1 e C2 sono le varianti d’angolo. L’articolazione dei quattro tipi di base genera lo schema generale di aggregazione tipologica ripetuto su tre piani nel corpo più a sud e su sette piani nel corpo a nord. Alcune tipi di alloggi (B1, B2, C3, C4, C5) vengono distribuite a ballatoio conseguentemente alla scelta della tipologia a corpo unico, di larghezza 11 metri. 29 30 Cfr. sottocapitolo 4.1 e 4.2 Cfr. Morfotipo 4: isolato chiuso, sotto-sottocapitolo 4.2.6 246 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare La definizione delle altezze utili dei corpi di fabbrica, come la loro configurazione in copertura, sono una risultante dell’accesso al sole dei sistemi attivi e passivi nella condizione più sfavorevole (solstizio invernale), verificata attraverso il modello tridimensionale. Le superfici di captazione attiva sono concentrate nelle coperture a falde a colmo traslato 31 sui blocchi edilizi dei due lati maggiori, prevedendone il volume sottofalda come vano tecnico o come espansione degli alloggi sottostanti; i vani scala condominiali collegano anche il livello delle coperture per consentire l’accesso alle terrazze comuni e la manutenzione sia dei vani tecnici che delle falde fotovoltaiche. In copertura emergono anche i camini di ventilazione, configurati come dispositivo attivo di raffrescamento degli alloggi sottostanti in regime estivo. Le superfici di captazione passiva si configurano come un sistema continuo di serre solari posizionate in aggetto di 1,5 metri sui fronti a esposizione migliore; le rientranze previste in corrispondenza delle zone giorno determinano una profondità della serra solare in quel punto di 2,5 metri, generando uno spazio fruibile inteso come espansione esterna del soggiorno retrostante. Nelle giornate di sole del periodo invernale questo spazio (non riscaldato artificialmente), accumulando calore, consente la fruizione della serra riscaldata naturalmente; nel tardo pomeriggio e durante la notte la massa del muro e del pavimento riscaldata durante il giorno, cede lentamente il calore all’involucro retrostante contribuendo alla riduzione del suo fabbisogno termico per il riscaldamento. Nel periodo estivo la serra viene completamente aperta per essere utilizzata come una tradizionale terrazza esterna; il solaio della serra superiore funge da schermatura dei raggi incidenti sulle chiusure opache e trasparenti 32 , impedendo il sovraccarico termico dell’involucro. Fermo restando la garanzia della piena captazione delle superfici di copertura rivolte a sud, le scelte progettuali e la conseguente articolazione morfologica, sono finalizzate a garantire il pieno accesso al sole di tutte le superfici verticali rivolte a sud destinate alle serre solari. L’isolato tende a “rompersi” perciò nei lati corti a ridosso del fronte sud del blocco a nord con un andamento gradonato in funzione della captazione solare. La serra solare, riproposta su tutti i fronti giustamente orientati, diventa in questo caso il vero elemento caratteristico e ordinatore di tutta la composizione; in ordine generale questo tema può essere giustamente considerato, assieme al tema della riconfigurazione della copertura, tra i nuovi paradigmi dell’architettura solare contemporanea. 31 Cfr. forma tipo: Capanna a colmo traslato verso nord, diversa pendenza, sotto-sottocapitolo 4.1.1 Cfr. Forma tipo: serra solare verticale / schermatura con prolungamento di falda (attiva), sotto-sottocapitolo 4.1.2 32 247 Teoria e pratica dell’architettura solare Fig. 4.145 Variazioni del tipo edilizio di base (UMTE): Tipo A Fig. 4.145 Tipo B 248 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare Fig. 4.146 Tipo C1 Fig. 4.147 Tipo C2 249 Teoria e pratica dell’architettura solare Fig. 4.148 Schema di aggregazione delle unità minime tipologiche edilizie (UMTE) Le potenzialità di rendimento solare della fase B sono già state definite nella parte precedente sul rendimento di forma urbana 33 , avendo preso come modello del morfotipo a “isolato chiuso” proprio l’edifico PEEP Terranova-Arezzo. In questa parte più specifica di strutturazione architettonica e di verifica di funzionamento del modello proposto in relazione alle strategie solari messe in atto, appare utile evidenziare alcuni dati interessanti del progetto: la percentuale di alloggi a doppio affaccio del 100%; le percentuali di orientamento del sistema zona giorno-serra solare, risultanti per l’89,4% a sud, per il 7,4% a est e per il 3,2% a ovest; la elevata capacità insediativa (o densità urbanistica) del modello proposto, corrispondente a 89 alloggi per ettaro; il rapporto di forma S/V (superficie totale disperdente/volume contenuto riscaldato) di 0,3 molto basso, indice di una compattezza elevata che limita la dispersione termica dell’involucro: la percentuale di superficie a verde (corte più giardini pensili) del 25.3% calcolata sul building footprint dell’isolato; 33 Cfr. Scheda riepilogativa del rendimento solare, Morfotipo 4: isolato chiuso, sotto-sottocapitolo 4.2.6 250 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare la superficie media lorda degli alloggi di 87 mq, escluse le serre solari, estensione più consona alle composizioni medie dei nuclei familiari attuali residenti negli alloggi di edilizia sociale. Fig. 4.149 Scheda riepilogativa delle caratteristiche tipologiche e dimensionali dell’intervento di sostituzione edilizia È possibile elaborare una stima presuntiva del costo globale dell’intervento di sostituzione edilizia, utile alla comparazione con l’ipotesi di efficientamento dell’esistente, considerando dei valori a corpo o dei valori parametrici per metro quadrato di superficie realizzata, desunti da prezzi correnti di mercato 34 , 1. demolizione dell’intero fabbricato con dinamite a implosione controllata e smaltimento delle macerie: a corpo 350.000€ 2. ricostruzione piano interrato a garage compreso opere si scavo e reinterro: 2253 x 550€/mq. = 1.240.000€ 3. ricostruzione edificio (piani T-7): 11.480 x 1.200€/mq. = 13.776.000 4. oneri e spese tecniche: punti (1, 2, 3 x 10%) x 50% = 680.000 Costo presuntivo globale d’intervento, Fase B = 16.000.000€ 34 Cfr. Prezzi informativi delle opere edili in Modena, Camera di commercio, Modena, maggio 2013 251 Teoria e pratica dell’architettura solare COMPARAZIONE FASE A / FASE B La comparazione delle due ipotesi di progetto mette subito in risalto il dato più sensibile per chi deve intervenire, pubblico o privato, nei processi di riqualificazione energetica del patrimonio esistente: l’entità economica dell’ipotesi di sostituzione edilizia è circa sette volte superiore all’ipotesi di efficientamento dell’esistente. Il livello d’incomparabilità economica tra i due approcci sembra assoluto, ma bisogna considerare vari aspetti a favore della sostituzione edilizia decisivi soprattutto in una visione di medio-lungo periodo. L’edificio in questione ha più di trent’anni e, a fronte di un pur sempre notevole impegno economico immediato per l’efficientamento solare e l’isolamento termico dell’involucro, dovranno essere successivamente considerati i costi sempre esponenzialmente incrementali della manutenzione straordinaria sulle parti non oggetto dell’intervento immediato (sostituzione infissi, impianti, parti strutturali degradate, eventuale adeguamento sismico, ecc.); oltre a questo l’edificio esistente presenta diverse criticità di ordine funzionale-distributivo che necessariamente prima o poi andranno affrontate e risolte, con un buon impegno economico. Tra le potenzialità più importanti riconoscibili all’ipotesi ricostruttiva, è sicuramente da tenere in considerazione modello della ricostruzione come occasione di rigenerazione urbana, con effetti di stimolo importanti per il contesto edificato anche di proprietà privata; un modello che può proporre nuove spazialità per le occasioni di aggregazione sociale e dotazioni ludicocommerciali per i tessuti urbani carenti. La qualità ambientale dei nuovi spazi ricostruiti e la minima richiesta di fabbisogno energetico completano un quadro esigenziale di grande attualità, attuabile nella riproposizione di modelli abitativi e urbani che possano dare delle risposte anche puntuali ma importanti ai processi di riqualificazione sostenibile della città. 252 Cap. 4 Strategie per una progettazione dell’architettura solare Fig. 4.150 Scheda riepilogativa dei dati di confronto fase A / fase B Vista alta del modello di progetto da sud-ovest e analisi delle ombre, da sinistra a destra: solstizio estivo (fig. 4.151), equinozi (fig. 4.152), solstizio invernale (fig. 4.153) alle ore 12.00 Vista alta da nord-ovest (figg. 4.154, 4.155, 4.156) 253 Teoria e pratica dell’architettura solare Vista alta del modello di progetto da est e analisi delle ombre, da sinistra a destra: solstizio estivo (fig. 4.157), equinozi (fig. 4.158), solstizio invernale (fig. 4.159) alle ore 12.00 Vista bassa da sud-est (figg. 4.160, 4.161, 4.162) Vista bassa da est (figg. 4.163, 4.164, 4.165) Vista bassa da sud (figg. 4.166, 4.167, 4.168) Vista sull’interno della corte (figg. 4.169, 4.170, 4.171) 254 Conclusioni La ricerca presentata ha raggiunto, o cercato di raggiungere, gli obiettivi posti sia di ordine analitico che di ordine concettuale. Essa si è svolta secondo fasi successive di elaborazione secondo un processo di analisi e sintesi periodica, che ha prodotto, tra le altre cose, anche alcuni contributi a convegni internazionali 1 e manifestazioni di divulgazione scientifica 2 . È possibile perciò descrivere sinteticamente gli esiti della ricerca seguendo un ragionamento logico, che ripercorre i quattro capitoli della dissertazione scritta finale: 1. In primo luogo è stata operata una ricognizione generale dello stato dell’arte di ciò che viene definito “architettura solare”, sia come aspetti teorici che pratici; ponendo altresì in evidenza la profonda trasformazione che sta interessando la configurazione formale dell’architettura, in relazione all’implementazione sempre più diffusa dei sistemi attivi di sfruttamento solare. All’interno di questa fase ha riconfermato che non esiste, o non può esistere, una netta distinzione tra architettura solare attiva o passiva, poiché l’operare correttamente con le tecniche solari significa strutturare fin dall’inizio una precisa identità del progetto che tiene conto delle une e delle altre in maniera sinergica. È pur vero che precedentemente al periodo attuale 3 esisteva prevalentemente un’architettura solare che attualmente viene definita “passiva”, ma solamente perché i sistemi attivi non erano ancora diffusi e maturi tecnologicamente come allo stato attuale. La volontà di risalire all’origine del termine di architettura solare ha prodotto una indagine cronologica della sua evoluzione in letteratura, dalla comparsa nel 1977 fino alle recenti reinterpretazioni, arrivando a strutturarne infine una declinazione personale; parallelamente è stato tracciato un percorso evolutivo dei progetti realizzati, stabilendo 1 Cfr. Guardigli L., Ferrante A., Barbolini F., “Participative processes for urban rehabilitation between morphological and energetic aspects. A case study in Modena, Italy”, in Urban Morphology and the Post-Carbon City, Concordia University, Montréal (Canada), 26–29 August 2011, pp. 1-13; Guardigli L., Barbolini F., “L’influenza del colore nella progettazione dei componenti solari attivi e passivi dell’involucro edilizio”, in Rossi M., Siniscalco A. (a cura di), Colore e Colorimetria. Contributi Multidisciplinari, atti dell’Ottava Conferenza del Colore, 13-14 settembre 2012, Bologna, Maggioli, Rimini, pp. 375-382; Barbolini F., Guardigli L., “Urban regeneration through technological innovation and functional mixité: a case study in Modena, Italy”, in Spaseska A. (a cura di), (Re)appropriation of the city, Tirana (Albania), 9-12 october 2012, Botimet Afrojdit, Tirana, p. 124-132; Barbolini F., Guardigli L., Zanna N., “Il controllo della colorazione nella progettazione dei sistemi attivi d'involucro”, in Rossi M., Siniscalco A. (a cura di), Colore e colorimetria: contributi multidisciplinari, atti della Nona Conferenza del Colore, 19-20 settembre 2013 Firenze, Maggioli, Rimini; Barbolini F., Guardigli L., “Strategie di progettazione olistica per gli edifici solari”, in Involucri Avanzati, atti dell’8° Energy Forum, 05-06 novembre 2013, Bressanone (BZ) 2 Barbolini F., “Teoria e pratica dell’architettura solare”, poster esplicativo della ricerca dottorale, Università di Bologna e Fondazione Alma Mater (a cura di), in Progetti in mostra, Bologna, 17-25 maggio 2012, poster selezionato per l’efficacia comunicativa; Barbolini F., “Verso un'autosufficienza energetica dell'Architettura”, in Arte e Scienza in piazza, Scenari d'energia, Bologna, Palazzo Re Enzo, 9 Febbraio 2013, Fondazione Marino Golinelli e Alma Mater Studiorum - Università di Bologna 3 Dalla metà degli anni ’90 ad oggi Teoria e pratica dell’architettura solare un ”prima” e un “dopo” temporale nel passaggio cruciale della crisi energetica del 1973 (capitolo 1). 2. Oltre a riportare le definizioni e le tecniche dei dispositivi di guadagno/produzione attualmente in uso, la seconda fase di ricerca ha configurato un ambito terminologico contemporaneo entro il quale l’architettura solare può riposizionarsi, individuando le tipologie energetiche alle quali può riferirsi. Nell’ottica della direttiva europea di riferimento per i prossimi anni (2010/31/CE), un edificio solare contemporaneo può essere un valido supporto nella concezione degli edifici passivi e degli edifici a “energia+” (Plus Energy Building), garantendo notevoli apporti in termini di guadagno e produzione energetica da fonte rinnovabile. Un ulteriore passaggio importante di questa fase ha riguardato lo studio dell’influenza del colore nella progettazione dei sistemi di sfruttamento solare attivi e passivi, come approfondimento delle possibilità d’integrazione di questi sistemi e delle risposte prestazionali che l’involucro edilizio determina alle sollecitazioni della radiazione solare (capitolo 2). 3. Successivamente è stata elaborata una particolare metodologia di analisi dei casi studio attraverso la strutturazione di una scheda matrice per ognuno dei casi considerati. Le finalità di questa scheda sono di indagare e mettere in evidenza gli stretti rapporti e le profonde intersezioni che intercorrono tra il sistema tecnologico (sistemi solari applicati) e il sistema formale (risultanze morfologico-compositive), valutando gli esiti del secondo in conseguenza dell’implementazione del primo. Questa metodologia di analisi si riferisce al concetto, codificato in questa ricerca e ripreso in vari passaggi, di efficienza sinergica; cioè la possibilità di determinare se nel progetto vengono fatte prevalere le istanze del sistema tecnologico rispetto a quelle del sistema formale o viceversa. Un parametro di valutazione possibile è dato dal riferimento alla massima efficienza ottenibile di un determinato sistema o dispositivo solare nelle migliori condizioni operative; esse dipendono sostanzialmente da fattori di orientazione, inclinazione, estensione e protezione, a seconda che ci si riferisca ad un sistema attivo o passivo. Un possibile limite di questo tipo valutazione è l’incomparabilità numerica di elementi “misurabili” (efficienza del sistema tecnologico) con elementi “non misurabili” (efficienza del sistema formale); anche se è possibile considerare l’efficienza del sistema formale in relazione all’efficienza del sistema tecnologico che supporta. Ogni caso studio è stato scomposto nei cinque fronti orientati, considerati come strutture di captazione autonoma, al fine di poter poi individuare i rapporti e le intersezioni specifiche tra elementi delle categoria tecnologica e quella formale o, più semplicemente, i rapporti interni ad una delle due categorie. Dall’analisi comparata delle schede matrice emerge che vi è una forte “densità” di intersezioni e rapporti nel fronte 256 Conclusioni orientato zenit (livello più alto) e sud; esse tendono a diradandosi sui fronti est e ovest, che assumono funzioni di supporto e completamento dei primi due, per poi quasi scomparire sul fronte orientato nord. Questa tendenza evidentemente è giustificata dalla concentrazione più efficace della maggior parte dei sistemi o dispositivi sulle superfici di captazione più favorevolmente esposte. Un interessante dato rilevabile è che i fronti zenit e sud attuano le strategie solari sempre più in maniera sinergica ed integrata, fino a far scomparire a volte una netta distinzione morfologica e figurativa tra le parti; si può dire che il fronte “a sud”, quale luogo privilegiato del progetto solare, diventa sempre più un unicum integrato di superfici verticali ed inclinate, che rispondono in maniera efficace alle esigenze di funzionamento dei sistemi di sfruttamento solare. Un ulteriore dato di un certo interesse riguarda la corrispondenza tra complessità della forma e complessità delle intersezioni: configurazioni morfologiche meno articolate (es. Sunlighthouse) prevedono una minor quantità di rapporti e intersezioni rispetto ad articolazioni volumetriche più complesse (es. Home for Life); come ipotesi questo consente una maggiore efficienza dei sistema integrato solare nel suo complesso, in funzione di una maggiore semplificazione delle logiche tecniche di implementazione e funzionamento 4 . Si evidenzia infine che l’unico caso di studio a forma “non ottimizzata” per lo sfruttamento solare con sistemi attivi (MED in Italy), presenta un andamento della matrice che si discosta molto dai precedenti casi; una bassa densità d’intersezione nella categoria tecnologica è segno di una bassa efficienza dello stesso, conseguente di una forte prevalenza delle istanze formali attuata complessivamente dal progetto (capitolo 3). 4. Il processo di analisi e sintesi attuato sugli elementi teorici e pratici dei capitoli 2 e 3, ha permesso la strutturazione degli esiti fondamentali dalla ricerca, cioè l’elaborazione di strumenti e strategie di riferimento per la progettazione dell’architettura solare. In primo luogo la codificazione delle forme tipo (o invarianti tipo-morfologiche) riconosciute come ricorrenti negli edifici solari; le stesse vengono poi ordinate in un abaco di riferimento decostruito nei cinque fronti orientati, secondo la logica già considerata nelle schede matrice. Queste forme tipo evidenziano delle configurazioni di captazione ottimali, già verificate ed utilizzabili, per lo sfruttamento efficace della radiazione solare; sia nel senso di guadagno termico da sistemi passivi che di produzione energetica da sistemi attivi. Diventa poi auspicabile l’uso contestuale e sinergico di entrambi i sistemi per ottenere una migliore efficienza complessiva. Come secondo esito è stato elaborato il concetto di rendimento solare della forma urbana. Per fare questo sono stati individuati dei morfotipi di riferimento 5 (forme 4 Migliore coordinazione modulare degli elementi di captazione, minori rischi di ombreggiamenti indotti nelle fasi variabili dell’irrraggiamento solare, miglior controllo della fase computazionale preliminare 5 Isolato a C, isolato chiuso, isolato a blocchi contrapposti (o “passante”), isolato a blocchi a schiera, elemento a torre 257 Teoria e pratica dell’architettura solare urbane), ricorrenti nei tessuti consolidati della città. Attraverso un processo di verifica progettuale basato su modelli ipotizzati come interventi di sostituzione edilizia e riferiti nello specifico ad ambiti di edilizia residenziale sociale, sono state formulate delle valutazioni del rendimento dei morfotipi, secondo certi indicatori tecnologici ed elementi di forma evidenziati all’interno di tabelle di sintesi. Gli indicatori fanno riferimento primariamente alla quantità di superficie captante giustamente orientata che è possibile reperire nelle specifiche configurazioni dell’aggregato edilizio, risultanti dai diversi morfotipi considerati. Ogni configurazione perciò consente una determinata potenzialità energetica da fotovoltaico, nelle superfici captanti inclinate di copertura, e una certa quantità di superficie captante verticale utilizzabile a serra solare. La scelta si considerare “captanti attive” le superfici di copertura inclinate e come captanti passive le superfici dei fronti verticali, deriva dalla scelta di ottenere la massima efficienza possibile dei sistemi in rapporto all’uso più efficace che è possibile fare degli stessi; tutto ciò desunto anche dell’analisi dei vari esempi e casi studio individuati e dei principi enunciati nell’abaco delle forme tipo. La comparabilità dei diversi rendimenti, evidenziata nella scheda riepilogativa e in alcuni diagrammi sintetici successivi, è resa possibile da alcuni indicatori particolari riferiti all’unità di territorio (ettaro). Questi variamente combinati sono, da una parte, la potenza fotovoltaica totale per ettaro (kWp/Ha) e la superficie a serre solari per ettaro (mq/Ha); dall’altra l’impronta urbana al suolo (o consumo di territorio - urban footprint - espresso in ettari) e la capacità insediativa (alloggi/ettaro). Dalla scheda riepilogativa si evincono i dati quantitativi, mentre nei diagrammi di sintesi emergono i dati qualitativi del rendimento solare dei cinque morfotipi considerati. Nella scheda il modello con blocchi a schiera emerge per quanto riguarda la potenza fotovoltaica (FV) su ettaro implementabile e la conseguente produzione annua in chilowattora; il modello dell’isolato chiuso evidenzia i valori maggiori per superficie captante a serre solari e capacità insediativa; il modello con blocchi contrapposti risulta quello con l’urban footprint minore (minor consumo di territorio). Dall’analisi comparata dei diagrammi di sintesi il modello a blocchi contrapposti sembra essere quello che presenta una miglior qualità complessiva, poiché garantisce, nelle varie situazioni, i valori di rendimento più “equilibrati”. Qualità che deriva dall’associare buone prestazioni di guadagno/produzione solare con il minor consumo di territorio e una buona capacità insediativa. I blocchi a schiera garantiscono il valore in assoluto migliore come potenza FV, ma a fronte di una minore superficie captante a serra e di un maggior consumo (in assoluto) di territorio. La torre presenta un modesto consumo di territorio e valori massimi di captazione passiva, ma anche minimi valori di potenzialità FV 6 . L’isolato chiuso garantisce la massima capacità insediativa e ottimi 6 Fattore dovuto alla limitata estensione di copertura, caratteristico della tipologia a torre 258 Conclusioni valori di superficie a serra solare, a fronte però di una ridotta potenzialità FV. In ordine generale nel confronto tra i vari morfotipi considerati, tenendo conto dei parametri utilizzati, l’isolato a C sembra essere quello con il rendimento solare più svantaggioso. Ulteriori dati di un certo interesse si desumono dall’andamento delle funzioni contenute nei diagrammi: è possibile individuare una costante inversamente 7 proporzionale (o tendenza), secondo una retta decrescente poco inclinata, tra la potenza FV installabile nei cinque morfotipi e la loro capacità insediativa, con un valore massimo dei blocchi a schiera e uno minimo dell’isolato chiuso; cioè all’aumentare del numero di alloggi per ettaro cala, ma non vistosamente, la potenza FV installabile. Sembra invece esistere una costante di proporzionalità diretta, secondo retta 8 una crescente leggermente più inclinata della precedente, tra la superficie captante a serre solari dei cinque modelli e la loro capacità insediativa: in pratica all’aumentare del numero degli alloggi per ettaro aumenta anche la superficie di captazione utilizzabile a serra solare. L’esito conclusivo della ricerca riutilizza gli esiti già strutturati e delinea una serie di strategie per la progettazione dell’architettura solare. Per fare questo sono state individuate tre occasioni progettuali di diversa natura, secondo due tipi di approccio differenti: l’intervento ex novo di ricostruzione, sempre nell’ipotesi di sostituzione edilizia 9 e l’efficientamento solare del patrimonio edilizio esistente. Il primo progetto riguarda un edificio multipiano per 6 alloggi di tipologia energetica energy plus; l’opportunità è derivata dalla partecipazione ad un concorso universitario riservato a dottorandi e studenti 10 . Il secondo esercizio progettuale riguarda la riqualificazione energetico-funzionale di un edificio misto per 33 alloggi di recentissima costruzione, che non ha evidentemente tenuto conto delle potenzialità di guadagno/produzione da fonte solare disponibili. Il terzo riguarda un doppio progetto sullo stesso edificio 11 , considerando interessante una verifica comparata delle diverse potenzialità/limiti dell’efficientamento dell’esistente rispetto ad un intervento di sostituzione edilizia; in questo caso è stata fatta anche una valutazione economica di massima che evidenzia l’entità degli investimenti nei due diversi approcci. Le strategie di progettazione solare emergono perciò dai progetti stessi e dalle contestuali enunciazioni dei principi fondativi; essi rappresentano una esemplificazione pratica sia del sistema di scelte sotteso all’utilizzo delle tecniche solari, che del controllo delle consequenziali risultanze morfologiche. Nei tre progetti elaborati si evidenziano chiaramente l’utilizzo di alcune forme tipo solari precedentemente codificate, la ricerca 7 Con due valori sotto la retta: uno di poco (isolato a C) e uno in maniera un po’ più consistente (torre) Con due valori che si discostano leggermente dalla retta: uno sotto (isolato a C) e uno sopra (torre) 9 La tecnica della sostituzione edilizia è una tendenza ormai consolidata negli strumenti di pianificazione urbana contemporanei, è si configura come possibile soluzione ambivalente: da una parte interrompe il consumo non più sostenibile di territorio non urbanizzato e dall’altra si pone come “caso limite” dell’efficientamento del patrimonio edilizio esistente, attuabile in particolari casi di degrado multilivello molto significativo 10 Concorso di progettazione “Architetture residenziali per la sostenibilità”, Università di Parma, 2011 11 Edificio già preso a riferimento come morfotipo “isolato chiuso” nel calcolo del rendimento di forma 8 259 Teoria e pratica dell’architettura solare della massima superficie captante giustamente orientata, l’ottimizzazione delle altezze dei corpi di fabbrica e delle distanze a terra in funzione del pieno accesso al sole degli elementi di captazione, la scelta della tipologia più efficace per la strutturazione di alloggi con pari “qualità solari” e potenzialità di accumulo termico 12 ; tutti elementi già sperimentati nell’elaborazione dei precedenti modelli di calcolo del rendimento di forma. La definizione delle strategie di progettazione solare è perciò il risultato di un continuo percorso fatto d’inclusioni successive dei principi individuati nelle fasi immediatamente precedenti della ricerca (capitolo 4). In ultima analisi una progettazione solare non identifica sicuramente un linguaggio dell’architettura, ma ne struttura fortemente la configurazione morfologica e tipologica; le scelte operate sul campo del progetto devono essere fortemente indirizzate già nella fase iniziale di concezione preliminare, e attuate sinergicamente tra sistemi passivi, attivi e di articolazione formale. Il miglior livello di efficienza sinergica raggiunto equivale, in definitiva, alla migliore qualità possibile nel progetto contemporaneo dell’architettura. 12 Un buon livello di “qualità solare” implica anche una buona “qualità d’uso” e la possibilità di applicare altri principi bioclimatici, come il raffrescamento ventilativo microclimatico (RVM) o passivo; cfr. Grosso M., “Il raffrescamento passivo degli edifici”, in Azero, n. 09 (2013), p. 46 260 Bibliografia orientata: I.1 L’architettura solare e l’uso di sistemi passivi e attivi applicati agli edifici. La presente sezione è principalmente orientata su di una selezione di testi, articoli di riviste e atti di convegni che affrontano direttamente o indirettamente la questione dell’integrazione architettonica, gli aspetti formali e gli elementi tecnici dei sistemi solari passivi e attivi applicati agli edifici: 3xNielsen, “Ecohouses a Kolding”, in L’architettura naturale, n. 21 (2003), pp. 18-25 AA.VV, Il sole e l’habitat: 162 progetti per l’impiego di energia solare nell’edilizia residenziale e scolastica, Atti del concorso nazionale indetto dal Ministero dell’Industria e dall’Istituto Nazionale di Architettura-In/Arch, Kappa, Roma, 1981 AA.VV., Tecnologie solari e architettura: possibilità e potenzialità di integrazione, Edicom, Gorizia, 2002 Abbate C. (a cura di), L’integrazione architettonica del fotovoltaico: esperienze compiute, Gangemi, Roma, 2002 ANCE, L’energia solare nell’edilizia, ANCE, Roma, 1981 Anderson B., Riordan M., The solar home book, Cheshire books, Harrisville, 1977 (tr. it. Il libro della casa solare, Cipanna, Roma, 1981) Anderson B., Energia solare manuale di progettazione, Muzzio, Padova, 1980 Antonini E., “Il concetto di Freiburg: nuova sede di Fraunhofer ISE a Freiburg”, in Costruire, n. 231 (2002) Arketipo, Protezioni solari, supplemento monografico, n. 8 (2010) Arketipo, Solar Decathlon 2012, supplemento monografico, n. 14 (2012) Aste N., Il fotovoltaico in architettura. L’integrazione dei sistemi a energia solare negli edifici, Sistemi, Napoli, 2002 Aste N., Tagliabue L.C., Integrazione di tecnologie avanzate PV nell’involucro edilizio, in ilProgettoSostenibile, n. 30 (2011), pp. 32-37 Astorino R., L’integrazione architettonica delle tecnologie solari nell’architettura scolastica sostenibile: un progetto di riqualificazione energetico-ambientale a Reggio Calabria, tesi di Dottorato in Tecnologia dell’architettura, XXII ciclo, relatore prof. C. Nava, Dipartimento DASTEC, Università degli studi Mediterranea di Reggio Calabria, 2010 Audibert P., Rouard D., Les énergies du Soleil (tr.it. Sudriè S., L’energia solare, Newton Compton, Roma, 1980) Barbolini F., Guardigli L., Zanna F., “Il controllo della colorazione nella progettazione dei sistemi attivi d’involucro”, in Rossi M., Siniscalco A. (a cura di), Colore e colorimetria, vol. IX A, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2013, pp. 540-551 261 Teoria e pratica dell’architettura solare Battazza A., La Galerìa come elemento tecnico per il comfort ed il risparmio energetico: un caso di studio nel piano Cerdà di Barcellona, tesi di laurea in Architettura Tecnica, relatore Guardigli L., correlatore Coch H., Università di Bologna, 2012 Behling Sophia, Behling Stefan, Solar power: the evolution of sustainable architecture, Prestel, Monaco-Londra-New York, 2000 Bellingeri G., Grimaudo M., “Un prototipo innovativo per la casa mediterranea: l’esperienza di MED in Italy al Solar Decathlon Europe 2012”, in Azero, n. 06 (2013), pp. 86-95 Benedetti C., L’energia del sole: tecnologie ed applicazioni in architettura Kappa,, Roma, 1978 Bigelli E., Criteri di progettazione delle serre solari e verifiche con simulazioni termiche in regime dinamico, tesi di laurea in Architettura Tecnica, relatore Guardigli L., correlatori Barozzi A., Venturi D., Università di Bologna, 2010 Bonomi M., “Sunhouse in Hørsholm, Denmark”, in Arketipo, n. 62 (2012), pp. 66-77 Bonomo PL., De Berardinis PL., “L’integrazione del fotovoltaico: verso nuove frontiere”, in Azero, n. 07 (2013), pp. 68-75 Botta M., Lombardini G., “Architettura solare: alcuni esempi di applicazioni negli Stati Uniti”, in AA.VV. Politica edilizia e gestione del territorio: il nodo energia, SAIE, Bologna, 1980 Bottero M., Rossi G., Scudo G., Silvestrini G., Architettura solare. Tecnologie passive e analisi costi-benefici, Clup, Milano, 1984 Brivio S.F., “Protezione solare per l’involucro: dispositivi schermanti”, in Arketipo, n. 33 (2009), pp. 127-135 Brivio S.F., Schermature solari e tende tecniche: metodi e soluzioni di progetto, tipologie, risparmio energetico, Il sole 24 ORE, Milano, 2010 Butera F. et al., “Simulazione mediante modello numerico di sistemi di riscaldamento con energia solare: analisi di fattibilità e valutazioni economiche per due edifici a Palermo”, in Condizionamento dell’aria, riscaldamento, refrigerazione, n. 5 (1976), pp. 403-416 Butti K., Perlin J., The Golden Thread: 2500 Years of Solar Architecture and Technology, Van Nostrand Reinhold, New York, 1980 Calabrese N., D’Annibale F., Menale C., Rovella P., Case study: innovative solar heating and cooling system with PCM tank at service of F-92 building of ENEA Casaccia Research center (Roma), ENEA, Roma, 2013, <http://solarthermalworld.org/content/innovative-solar-heating-and-coolingsystem-pcm-tank-service-f-92-building-enea-casaccia> Calderaro V., Architettura solare passiva: manuale di progettazione, Kappa, Roma, 1981 262 Camana S., “G.W. Reinberg: complesso residenziale a Vienna”, in L’architettura naturale, n. 16 (2002), Edicom, Gorizia, pp. 6-13 Capolongo S., “Ospedale pediatrico Meyer a Firenze – CSPE”, in Arketipo, n. 33 (2009), pp. 92-103 Cascella P., Involucro bioclimatico e solare, Chandra, Roma, 2010 Castelli G., “Solar city a Linz: qualità, bassi consumi, regia pubblica”, in Urbanistica, n. 141 (2010), pp. 58-62 Cavalleri G. et al., “Proposta e schema per la produzione e l’accumulo di acqua calda per riscaldare una città mediante l’energia solare”, in Condizionamento dell’aria, riscaldamento, refrigerazione, n. 9 (1977), pp. 665-691 Ceccherini Nelli L., Fotovoltaico in architettura, Alinea, Firenze, 2006 Ceccherini Nelli L., D’Audino E., Trombadore A., Schermature solari, Alinea, Firenze, 2007 (2) Chauliaguet C., L'energie solaire dans le batiment, Eyrolles, Paris, 1977 (tr. it. Fabbrini M., L’energia solare nella costruzione, C.E.L.I., Bologna, 1978) Commission des Communautés Européennes, Architectures solaire en Europe: conception, performances, usages, ECSC-EEC-EAEC, Brussels-Luxembourg, 1991 Dale B., Benson S., “Energy Balance of the Global Photovoltaic (PV) Industry - Is the PV Industry a Net Electricity Producer?”, in Environmental science & technology, American Chemical Society, vol. 47, is. 7 (2013), pp. 3482-3489 Del Corno B., Mottura G., L’integrazione architettonica dei sistemi solari e fotovoltaici: soluzioni e linee guida, schede di progetto, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2009 Del Signore G., Ponsi A., La casa solare, Uniedit, Firenze, 1977 Denzer A., The Solar House, Rizzoli International, New York, 2013 DETAIL, Solares Bauen, numeri monografici, n° 6 (1993), 3 (1997), 2 (1999), 6 (2002), 6 (2005), Inst. für Internat. Architektur-Dokumentation, Monaco Fabris L.M.F., “Bill Dunster Architects: BedZED”, in L’architettura naturale, n. 21 (2003), pp. 10-17 Flagge I., Herzog-Loibl V., Meseure A., Thomas Herzog: architektur+technologie, Prestel, Monaco-Londra-New York, 2002 Frontini F., “Plusenergiehäuser a Friburgo – Rolf Disch solar architektur”, in Archetipo, n. 36 (2009), pp. 90-101 Funaro G. et al., 116 edifici solari passivi in Italia, ENEA, Roma, 1991 Gamberale M. et al. (a cura di), Il fotovoltaico integrato negli edifici, ISES, Roma, 1998 Gottard F., “Model home 2020: un modello residenziale per il futuro”, in Azero, n. 01 (2011), pp. 86-95 263 Teoria e pratica dell’architettura solare Gottard F., “SMA Solar Academy: un’isola fotovoltaica elettricamente autosufficiente”, in Azero, n. 05 (2012), pp. 90-95 GSE, Guida alle applicazioni innovative finalizzate all’integrazione architettonica del fotovoltaico. 5° Conto Energia, Gestore dei Servizi Energetici, Roma, agosto 2012, <http://www.gse.it/it/Conto%20Energia/Fotovoltaico/QuintoContoEnergia/Fotovolta icoIntegratoInnovativo/Pagine/default.aspx> (02/03/2014) Guardigli L., Barbolini F., “L’influenza del colore nella progettazione dei componenti solari attivi e passivi dell’involucro edilizio”, in Rossi M., Siniscalco A. (a cura di), Colore e colorimetria: contributi multidisciplinari, vol. VIII/A, Atti della Ottava Conferenza del Colore, Bologna, 13-14 settembre 2012, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2012 Guzowski M., Towards zero-energy architecture: new solar design, London, Laurence King, 2010 (tr. it. Architettura a zero emissioni: verso un futuro ad energia solare, Logos, Modena, 2010) Hermannsdörfer I., Rüb C., Solar design: photovoltaics for old buildings, urban spaces, landscapes, Jovis, Berlino, 2005 Herzog T. (a cura di), Solar Energy in Architecture and Urban Planning, Prestel, MonacoLondra-New York, 1996 Holzer P., “Wohnhaus in Pressbaum”, in Detail Green, n. 2 (2011), pp. 22-31 Huld T., Müller R., Gambardella A., “A new solar radiation database for estimating PV performance in Europe and Africa”, in Solar Energy, n. 86 (2012), pp. 1803-1815 Knowles R.L., Sun Rhythm From, MIT Press, Cambridge, 1985 Il Progetto Sostenibile, Il sole, numero monografico, n. 01 (2003) Imperadori M., “Lighthouse – Sheppard Robson Architects”, in “Sostenibilità costruita/3”, supplemento ad Arketipo n. 5 (2009), pp. 54-57 Institut technique du bâtiment et des travaux publics, Projets pour 1000 maisons solaires, Éditions du Moniteur, Parigi, 1981 (tr. it Cella P., Progetti per mille case solari, Longanesi, Milano, 1982) Johnson T.E., Solar architecture : the direct gain approach, McGraw-Hill, New York, 1981 Labella A., “Gilles Perraudin: accademia dell’Emscher park”, in L’architettura naturale, n. 17 (2002), Edicom, Gorizia, pp. 6-13 Labella A. (a cura di), Georg W. Reinberg, solar architecture, Melfi, Libria, 2004 Los S., “Energia solare, architettura, sistemi passivi”, in Condizionamento dell’aria, riscaldamento, refrigerazione, 7 (1978), pp. 477-491 Magrini A., Ena D., Tecnologie solari attive e passive: collettori solari e pannelli fotovoltaici, integrazioni architettoniche, incentivi (Conto Energia) e agevolazioni, IV ed., EPC, Roma, 2007 Malighetti L., “Refurbishment Bois le Prêtre tower in Paris – France”, in Arketipo, n. 67 (2012), pp. 92-103 264 Marano A., Design solare: tecnologia fotovoltaica e linee guida per l’innovazione di prodotto, Gangemi, Roma, 2012 Masera G., “Torri Garibaldi a Milano – progetto CMR”, in Arketipo n. 43 (2010), pp. 70-81 Mazria E., The passive solar energy book: a complete guide to passive solar home,green house and building design, Rodale Press, Pennsylvania, 1979 (tr. it Mancuso G., Sistemi solari passivi: soluzioni per una migliore qualità ambientale degli edifici, II ed., Muzzio, Padova, 1990) Oliveti G., Arcuri N., De Simone M., Bruno R., Tecnologie per il raffrescamento solare degli edifici, in ilProgettoSostenibile, n. 26 (2010), pp. 98-103 Pagliari F., “House in Crevenna – Como, Italy”, in The Plan n. 032 (2009), pp. 64-73 Pagliaro M., Gallucci F., “A totale integrazione: 13 soluzioni per sfruttare l’energia solare”, in Arketipo, n. 37 (2009), pp. 147-150 Piemontese A., Scarano R., Energia solare e architettura. Il fotovoltaico tra sostenibilità e nuovi linguaggi, Gangemi, Roma, 2003 Piferi C., “La protezione estiva con schermi avanzati in laterizio”, in Costruire in laterizio, n. 140 (2011), pp. 50-53 Poliseno G., “Architettura solare”, in Progetto Energia, n. 56 (2009) Portoghesi P., Scarano R., L’architettura del sole, Gangemi, Roma, 2004 Prasad D., Snow M., Designing with solar power: a source book for BiPV, Images, Victoria, 2005 Raffellini G., “Sull’utilizzazione dell’energia solare in Italia per la climatizzazione ambientale”, in Condizionamento dell’aria, riscaldamento, refrigerazione, n. 5 (1976), pp. 349-373 Reinberg G.W, Architetture di Georg W. Reinberg, Alinea, Firenze, 1999 Reinberg G.W, “Un complesso residenziale a Vienna”, in L’architettura naturale, n. 6 (1999), pp. 10-21 Reinberg G.W., “Insediamento residenziale Gneis Moos a Salisburgo”, in L’architettura naturale, 19 (2003), pp. 22-29 Rolf F., Hotz M., “Solarfabrik a Friburgo”, in L’architettura naturale, 23 (2004), pp. 20-25 Sala M., Ceccherini Nelli L., Tecnologie solari, Alinea, Firenze, 2001 Sala M. (a cura di), Integrazione architettonica del fotovoltaico: casi studio di edifici pubblici in Toscana, Alinea, Firenze, 2003 Salvalai G., “Solar Decathlon 2009 – TU Darmstadt”, in Sostenibiltà costruita/4, supplemento Arketipo n. 9 (2010), pp. 42-45 Salvalai G., “Green light house – Christensen & CO Architects”, in Sostenibiltà costruita/4, supplemento Arketipo n. 9 (2010), pp. 49-53 Schibuola L., Cecchinato L., Sistemi solari attivi e passivi negli edifici, Esculapio, Bologna, 2005 265 Teoria e pratica dell’architettura solare Schittich C. (a cura di), Solares Bauen - Strategien, Visionen, Konzepte, Birkhauser, Monaco, 2003 (ed. it., Architettura solare: strategie, visioni, concetti, 2003) Schneider A., Solararchitektur fur Europa, Birkhauser, Basel, 1996 Scudo G. (a cura di), Tecnologie solari integrate nell’architettura, Wolters Kluwer, Milano, 2013 Sesana M.M., “Haus der zukunft, Regensburg, Germany”, in “Sostenibilità costruita/5”, supplemento ad Arketipo n. 11 (2011), pp. 32-37 Sharma V.C.; Sharma A., “Solar properties of some building elements”, in Energy, vol. 14, 1989 Sick F., Erge T., Photovoltaics in buildings, James&James, Londra, 1996 Siragusa L., L’energia del sole e dell’aria come generatrice di forme architettoniche: integrazione efficiente delle tecnologie energetiche sostenibili tramite il concept energetico nel progetto, CLEUP, Padova, 2009 Snaith H. J., “Estimating the Maximum Attainable Efficiency in Dye-Sensitized Solar Cells”, in Advanced Functional Matererials, n. 20 (2010) Spagnolo M., Il sole nella città. L’uso del fotovoltaico nell’edilizia, Roma, Muzzio, 2002 Spirandelli B., “Samyn & partners: stazione dei vigili del fuoco a Houten”, in L’architettura naturale, n. 20 (2003), pp. 56-61 Spirandelli B., “Rolf Disch: il complesso Am Schlierberg a Friburgo”, in L’architettura naturale, n. 31 (2006), pp. 50-55 Šúri M., Huld T.A., Dunlop E.D., Ossenbrink H.A., “Potential of solar electicity generation in the European Union member states and candidate countries”, in Solar Energy, n. 81 (2007), Elsevier, Amsterdam, pp. 1295-1305 Tonelli C., “MED in Italy – Università degli studi Roma 3, Sapenza”, in Solar Decathlon 2012, supplemento n. 14 (2012), Arketipo n. 67 (2012) Tucci F., “Thomas Herzog”, in Modulo, n. 259 (2000), BE-MA, Milano, pp. 154-169 Tucci F., “Involucri cromogenici termocromici”, in ilProgettoSostenibile, n. 30 (2011), pp. 20-25 Ungers O. M., “Il progetto per la Solarhaus a Landstühl”, in Architettura come tema, Quaderni di Lotus, Electa, Milano, 1982, pp. 58-61 Università Roma Tre, Construction drawings, SD Europe, Madrid, 2012, <http://www.sdeurope.org/wp-content/pdf/ROME_PD_7.pdf> Università Roma Tre, Jury brief reports, SD Europe, Madrid, 2012, <http://www.sdeurope.org/wp-content/pdf/ROME_Jury%20Brief%20Reports.pdf> Università Roma Tre, Project Manual: MED in Italy, SD Europe, Madrid, 2012 <http://www.sdeurope.org/wp-content/pdf/ROME_PM_7.pdf> Van Dresser P., Homegrown sundwellings, Lightning Tree, Santa Fé, 1977 (tr. it. G. Mancuso M. Laini, Case solari locali, Muzzio, Padova, 1979) 266 Venturelli G., “Architetture integrate: strategia solare”, in Arketipo, n. 43 (2010), pp. 125-134 Venturelli G., “Solare termico e fotovoltaico integrati”, in Arketipo, n. 73 (2013), pp. 137144 Velux, Sunlighthouse booklet, 2010, <http://www.velux.com/SiteCollectionDocuments/_PDFDocuments/ModelHome%202020/Model_Home_2020_Sunlighthouse.pdf> Vinaccia G., Il corso del sole in urbanistica ed edilizia, Hoepli, Milano, 1938 Wolter C., Calderoni M., “Dentro il solare termico”, in ilProgettoSostenibile, n. 06 (2005), pp. 46-53 Wright D., Abitare con il sole: abc della climatizzazione solare, Muzzio, Padova, 1981 Zappone C., La serra solare: criteri di progettazione e risparmio energetico, Sistemi, Napoli, 2005 I.2 La sostenibilità ambientale e l’efficienza energetica in edilizia e nei tessuti urbani: questa sezione bibliografica si concentra sui temi più ampi di sostenibilità ed efficienza energetica (nei quali anche l’architettura solare viene ricompresa), intesi sia come tecniche metodologiche applicabili scientificamente che come aspetti culturali; dalla scala del singolo edificio a quella dell’intorno urbano e della città. AA.VV., “Come nasce il Progetto Finalizzato Energetica”, in Condizionamento dell’aria, riscaldamento, refrigerazione, 7 (1978), pp. 507-522 AA.VV., Involucri avanzati, atti di convegno, 8° Energy Forum, 05-06 novembre 2013, Bressanone (BZ) Antonini E., Tatano V., “Le politiche ecologiche della città di Friburgo”, in AA.VV., Costruire sostenibile. L’Europa, Alinea, Firenze, 2002, pp. 80-85 Bacigalupi V., Benedetti C., Progetto ed energia, Kappa, Roma, 1980 Barucco M. A., Trabucco D. (a cura di), Architettura_Energia, Edicom, Gorizia, 2007 Benedetti C., Manuale di architettura bioclimatica, Maggioli, Rimini, 1994 Berrini M., Colonnetti A. (a cura di), Green life – costruire città sostenibili, Compositori, Bologna, 2010 Bertagnin M., Pietrogrande E., La salubrità dell’abitare: all’origine dell’approccio ecosostenibile nell’architettura del moderno in Germania e in Italia, Edicom, Gorizia, 2002 Boeri A., Criteri di progettazione ambientale: tecnologie per edifici a basso consumo energetico, Delfino, Milano, 2007 Boeri A., Longo D., Piraccini S., Il progetto dell’involucro in legno: qualità costruttiva ed efficienza energetica, Flaccovio, Palermo, 2012 267 Teoria e pratica dell’architettura solare Bollini G., “Verso edifici a zero energia… o quasi”, in Azero, n. 01 (2011), pp. 4-6 Bollini G., “La nuova direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica”, in Azero, n. 06 (2013), pp. 6-9 Brunoro S., Efficienza energetica delle facciate: standard, requisiti, esempi per l’adeguamento e la riqualificazione architettonica, Maggioli, Rimini, 2006 Butera F.M., Dalla caverna alla casa ecologica: storia del comfort e dell’energia, Ambiente, Milano, 2007 Carletti C., Sciurpi F. (a cura di) Passivhaus: evoluzione energetica e comfort ambientale negli edifici italiani, Pitagora, Bologna, 2005 Carotti A., Madè D., La casa passiva in Italia: teoria e progetto di una “casa passiva” in tecnologia tradizionale, Rockwool, Milano, 2006 <http://download.rockwool.it/media/75034/la%20casa%20passiva%20in%20italia.pdf> Cascella P., Bioclimatica, storia, tecnica, architettura, Chandra, Roma, 2011 Casini M., Costruire l’ambiente: gli strumenti e i metodi della progettazione ambientale, Ambiente, Milano, 2009 Castelli L., Architettura sostenibile, Wolters Kluwer, Milano, 2008 Cecere C. et al., “Dalla riqualificazione energetica al recupero sostenibile – un metodo di analisi energetica dei tessuti della città compatta”, articolo in rivista digitale, IN-BO, n. 5 (2012), Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, pp. 1-23 Communities and Local Government, Code for sustainable homes: a step-change in sustainable home building practice, Communities and Local Government Publications, London, 2006. Communities and local government, Building a greener future: towards zero carbon development, Communities and Local Government Publications, London, 2006. Cornoldi A., Los S., Energia e habitat, Muzzio, Padova, 1980 Costa Duran S., Fajardo J., Atlante di architettura ecosostenibile, Logos, Modena, 2011 Cristiano M., Materiali a memoria di forma per un involucro ad alta efficienza energetica, in ilProgettoSostenibile, n. 30 (2011), pp. 64-71 Croce S., “Clima e architettura”, in Arketipo n. 51 (2011), pp. 104-107 Desertec Foundation, Clean power from deserts. The Desertec Concept for Energy, Water and Climate Security, WhiteBook 4th ed., Verlag, Bonn, 2009 <http://www.desertec.org/fileadmin/downloads/DESERTEC-WhiteBook_en_small.pdf> end-use Efficiency Research Group (eERG), Passivhaus per il sud dell’Europa: linee guida per la progettazione, rapporto di ricerca progetto Passive-On, Dipartimento di Energia, Politecnico di Milano, 2011, <http://www.eerg.it/?p=Download_Documenti_Link> ENEA, Rapporto energia e ambiente: scenari e strategie, ENEA, Roma, 2013 268 Falasca C., Dal clima alla tipologia edilizia: note metodologiche per la progettazione, Alinea, Firenze, 1985 Ferrante A., AAA Adeguamento, Adattabilità, Architettura, Bruno Mondadori, Milano, 2012 Ferrante A. et al., “La riqualificazione energetica e architettonica del patrimonio edilizio recente. Il caso dei quartieri di edilizia residenziale pubblica”, articolo su rivista digitale, IN-BO, n. 5 (2012), Alma Mater Studiorum - Università di Bologna Fitch J. M., American Building 1: The Historical Forces that Shaped It, Houghton Mifflin, Boston, 1966 (ed. it. La progettazione ambientale: analisi interdisciplinare dei sistemi di controllo dell'ambiente, Muzzio, Padova, 1980) Flagge I., Herzog-Loibl V., Meseure A., Thomas Herzog: architecture + Technology, Prestel, Monaco-Londra-New York, 2001 Ford B., Schiano-Phan R., Lo standard Passivhaus nei climi caldi europei: linee guida progettuali per case confortevoli a basso consumo energetico, IEEA-University of Nottingham, 2007, <http://www.passiveon.org/CD/1.%20Technical%20Guidelines/Part%201/Part%201%20%20Italiano.pdf> Gaspari J., L’innovazione tecnologica e la sostenibilità nelle costruzioni, Edicom, Monfalcone, 2008 Gaspari J., Trabucco D., “Opportunità e criticità nell’analisi del bilancio energetico di un edificio”, in ilProgettoSostenibile, n. 27 (2010), pp. 58-61 Gaspari J., “La valutazione del bilancio energetico: tra contenimento dei consumi e investimento energetico”, in Azero, n. 05 (2012), pp. 46-53 Gauzin-Muller D., Architettura sostenibile: 29 esempi europei di edifici e insediamenti ad alta qualità ambientale, Ambiente, Milano, 2003 (4) Giordano R., Tedesco S., “Net Zero Energy Building: metodi e strumenti per l’analisi energetica nel processo edilizio”, in ilProgettoSostenibile, n. 27(2010), pp. 34-41 Givoni B., Man, Climate, and Architecture, Appl.ied Science Publishers, Londra, 1969 Grosso M., “Energia ed edilizia”, in Arketipo, n. 62 (2012), pp. 120-123 Grosso M., “Il raffrescamento passivo degli edifici”, in Azero, n. 09 (2013), pp. 46-53 Guardigli L., La valutazione della qualità ambientale degli edifici: requisiti e soluzioni tecniche, Alinea, Firenze, (in corso di stampa) Guardigli L., Ferrante A., Barbolini F., “Partecipative urban processes for Energy retrofitting in the urban contexts: a case study in Modena (Italy)”, Atti di convegno ISUF conference 2011, Montréal, Canada Guzzi R., Manuale di climatologia: i modelli e le tecniche per l’analisi del territorio nella progettazione energetica, Muzzio, Padova, 1981 269 Teoria e pratica dell’architettura solare Hawkes D., Owers J., The Architecture of Energy, Construction Press, Essex, 1982 Hawkes D. et al. (a cura di), Energy and Urban Built Form, Butterworths, Londra, 1987 Hegger M., Fuchs M., Stark T., Zeumer M., Atlante della sostenibilità, Utet, Torino, 2008 Knowles R.L:, Energy and Form, MIT Press, Cambridge, 1974 (tr.it. Mancuso G., Energia e Forma: un approccio ecologico allo sviluppo urbano, Muzzio, Padova, 1981) Lantschner N., CasaClima: vivere nel più, Raetia, Bolzano, 2006 Lantschner N., La mia CasaClima, Raetia, Bolzano, 2009 Lavagna M., Bonanomi M., de Flumeri C., Edifici a consumo energetico zero: orientamenti normativi, criteri progettuali ed esempi di Zero Energy e Zero Emission Buildings, collana Progettazione Tecniche & Materiali, Maggioli, Santarcangelo di Romagna (RN), 2012 Lepore M., Progettazione bioclimatica in ambito urbano, Aracne, Roma, 2004 Libbra A., Muscio A., Tartarini P., “Riflettanza solare ed emissività termica per l’efficienza energetica estiva degli edifici”, in L’industria dei laterizi, n. 249, 2008 Los S., Cornoldi A., Habitat & energia, Franco Muzzio, Padova, 1980 Lütkemeyer I. et al., Energy-Plus Primary School, Hohen Neuendorf, Germany, in proceedings of Seventh World Sustainable Building Conference (SB11), Helsinki, Finland, October 18-21, 2011 Manna C., Fidanza A. (a cura di), Le fonti rinnovabili 2010: ricerca e innovazione per un futuro low carbon, ENEA, Roma, 2010 Margani G., “L’edificio passivo nel clima mediterraneo”, in Costruire in laterizio, n. 141 (2011) Menon S, Akbari H., Mahanama S., Sednev I., Levinson R., “Radiative forcing and temperature response to changes in urban albedos and associated CO2 offsets”, in Environmental Research Letters, 5:1-11, 2010 Minguzzi G. (a cura di), Architettura sostenibile: processo costruttivo e criteri biocompatibili, Skira, Milano, 2006 Minguzzi G. (a cura di), Architettura sostenibile: una scelta responsabile per uno sviluppo equilibrato, Skira, Milano, 2008 Modugno V., La traslucenza nell’involucro architettonico: materiali e applicazioni, in ilProgettoSostenibile, n. 30 (2011), pp. 72-79 Moro M., “Architetture passive di Raimund Rainer”, in L’architettura naturale, n. 17 (2002), pp. 41-45 Moro M., “L’orizzonte dell’autonomia energetica”, in L’architettura naturale, n. 32-33 (2006), pp. 4-7 Olgyay V., Design with climate, Princeton University Press, Princeton, 1963 (tr.it. Mancuso G., Progettare con il clima - un approccio bioclimatico al regionalismo architettonico, Muzzio, Padova, 1981) 270 Orlandi F., Progettare l'eco-efficienza dei sistema insediativi - Principi, tecnologie, strumenti per la sostenibilità in architettura, Alinea, Firenze, 2012 Palmieri C., Armillotta F., Impianti per edifici a basso consumo energetico, Edicom, Monfalcone, 2011 Paolella A., Architettura sostenibile e laterizio, Ambiente, Milano, 2009 Perriccioli M., Rossi M., Thomas Herzog, reacting skin: 10 progetti per l’abitare sostenibile, Kappa, Roma, 2005 Ponzini C., L’edificio energeticamente sostenibile: materiali contemporanei per il risparmio energetico, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2009 Radi V., Architettura, involucro ed energia: abitare ad alta efficienza energetica nelle regioni mediterranee, tesi di Dottorato in Tecnologia dell’architettura, XXII ciclo, relatore prof. A. Rinaldi, Dipartimento di Architettura, Università di Ferrara, 2010 Rota E., Perrotta F., “Ampliamento palazzetto dello sport a Regensburg – Tobias Ruf”, in Arketipo, n. 35 (2009), pp. 76-85 Rubini L., Sangiorgio S., Le Noci C., Il nuovo edificio green: soluzioni per il benessere abitativo e l’efficienza energetica, Hoepli, Milano, 2011 Santamouris M., Environmental design of urban buildings: an integrated approach, Earthscan, Londra, 2005 Sapienza C., “Mediterranea, passiva, attiva, intelligente e sostenibile”, in Azero, n. 06 (2013), pp. 22-31 Sassi P., Strategie per l’architettura sostenibile: i fondamenti di un nuovo approccio al progetto, Ambiente, Milano, 2008 Scudo G., Rogora A., “Requisiti di sostenibilità ambientale in edilizia: dall’efficienza alla sufficienza”, in ilProgettoSostenibile, n. 25 (2010), pp. 34-39 Senatore A., “Arup Associates – Solihull Campus”, in L’architettura naturale, n. 20 (2003), pp. 24-31 Serra Florensa R., Coch Roura H., Architectura y energia natural, UPC, Barcellona, 1995 (tr. it. Scudo G., Rogora A., L’energia nel progetto di architettura, CittàStudi, Milano, 1997) Sperling C., Spirandelli B., “Case passive nel quartiere Vauban a Friburgo”, in L’architettura naturale, n. 17 (2002), pp. 52-55 Synnefa A., Santamouris M., Apostolakis K., “On the development, optical properties and thermal performance of cool colored coatings for the urban environment”, in Solar Energy, volume 81, 2007 Torcellini P. et al., “Zero Energy Buildins: a critical look at the definition”, conference paper, ACEEE summer study pacific grove, California, 14-18/08/2006 Trevisi A. S., Laforgia D., Ruggiero F., Efficienza energetica in edilizia, Maggioli, Rimini, 2007 271 Teoria e pratica dell’architettura solare Turchini G., “Gli anni dell’energia e dell’ambiente”, in Arketipo, n. 43 (2010), pp. 54-55 Turchini G., “Il trirapporto edificio-energia-ambiente”, in Arketipo, n. 62 (2012), pp. 6265 Turchini G., “Case formula A”, in Arketipo, n. 73 (2013), pp. 50-53 U.S. Department of Energy, 2012 Renewable Energy Data Book, NREL, USA, 2013, <http://www.nrel.gov/docs/fy14osti/60197.pdf> (01/03/2014) Vieira R.K., “The energy policy pyramid: a hierarchal tool for decision makers”, in proceedings of Fifteenth Symposium on Improving Building Systems in hot and humid climates, 24-26 giugno 2006, Orlando, Florida (USA) Voss K., Musall E., Net zero energy buildings: international projects of carbon neutrality in buildings, Detail green books, Inst. für Internat. Architektur-Dokumentation, Monaco, 2011 Wienke U., L'edificio passivo: standard, requisiti, esempi, Alinea, Firenze, 2002 Wienke U., Aria calore luce: il comfort ambientale negli edifici, DEI, Roma, 2005 Wienke U., Manuale di bioedilizia, IV ed., DEI, Roma, 2008 Zara E., “Energia è architettura”, in Arketipo, n. 73 (2013), pp. 110-113 Zinzi M., Carnielo E., Impatto di tecnologie cool roof sulle prestazioni energetiche di edifici residenziali in area mediterranea, ENEA, Report RdS/2010/200, I.3 Il rapporto tra tecnica e forma: la selezione comprende testi che analizzano le questioni delle tecniche costruttive nel loro rapporto con la forma architettonica Alagna A., Tecnologie per le forme dell’architettura contemporanea. I sistemi di chiusura: qualità ed efficienza energetica, Alinea, Firenze, 2007 Banham R., The Architecture of the Well-Tempered Environment, Architectural Press, Londra, 1969 (tr. it. Morabito G., Ambiente e tecnica nell’architettura moderna, Laterza, Roma-Bari, 1978) Bertozzi P., Ghini A., Guardigli L. (a cura di), Le forme della tradizione in architettura: esperienze a confronto, Franco Angeli, Milano, 2005 Braghieri G. (a cura di), Aldo Rossi, Zanichelli, Bologna, 1989² Brasca M., “Casa capriata, Gressoney Saint Jean – Carlo Mollino”, in Arketipo, n. 51 (2011), pp. 35-43 Dell’Acqua A.C., Degli Esposti V., Ferrante A., Mochi G. (a cura di), Paesaggio costruito: qualità ambientale e criteri d’intervento, Alinea, Firenze, 2008 Frampton K., Modern Architecture: a critical History, Thames and Hudson, Londra, 1980 (tr. it., Storia dell’architettura moderna, Zanichelli, Bologna, 1982) 272 Le Corbusier, Vers une architecture, Le Editions Crès, Paris, 1923 (ed.it. Verso una architettura, Longanesi, Milano, 1973, 2012) Maglica I., “Due nuove piazze e tre edifici a Pioltello - Milano”, in Costruire in laterizio, n. 140 (2011), pp. 10-15 Mambriani A., Zappavigna P. (a cura di), Edilizia rurale e territorio. Analisi, metodi, progetti, Mattioli 1885, Parma, 2004 Morabito G., Forme e tecniche dell’architettura moderna, Officina, Roma, 1990 Nardi G., Le nuove radici antiche: saggio sulla questione delle tecniche esecutive in architettura, Franco Angeli, Milano, 1986 Torricelli M.C., Del Nord R., Felli P., Materiali e tecnologie dell’architettura, Laterza, Roma-Bari, 2001 I.4 Apparato Normativo: elencazione, in ordine cronologico, delle principali Direttive Europee e dei procedimenti normativi nazionali e regionali che riguardano l’energia, lo sviluppo sostenibile e le tematiche trattate nella tesi Direttiva 2009/28/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23/04/2009, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea L. 140 del 05/06/2009 Direttiva 2010/31/UE, sugli edifici a energia quasi zero (nZEB), Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 18/06/2010 Decreto Legislativo n. 28 del 3 marzo 2011, Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE, in Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 71 del 28 marzo 2011; cfr. in particolare l’art. 11 comma 1 e il relativo allegato 3 Direttiva 2012/27/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012 sull'efficienza energetica Decreto Legge n. 63 del 4 giugno 2013, Disposizioni urgenti per il recepimento della direttiva 2010/31/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell’edilizia per la definizione delle procedure d’infrazione avviate dalla Commissione europea, nonchè altre disposizioni in materia di coesione sociale, in Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 130 del 5 giugno 2013 Legge n. 90 del 3 agosto 2013, recepimento del DL 63/2013, in Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 181 del 3 agosto 2013 Ministero per lo Sviluppo Economico (MISE), D.M. 5 luglio 2012. Incentivi per energia da fonte fotovoltaica, 5° Conto Energia 273 Teoria e pratica dell’architettura solare Regione Emilia Romagna, Atto di indirizzo in merito alla definizione degli interventi di sopraelevazione, ampliamento e delle strutture compenetranti, ai fini dell’applicazione del paragrafo 8.4.1 e delle NTC-2008 e della LR n. 19-2008, delibera di Giunta Regionale n. 1879-2011 UNI/TS 11300 – Parte 1: determinazione del fabbisogno di energia termica dell’edficio per la climatizzazione estiva ed invernale UNI/TS 11300 – Parte 2: determinazione del fabbisogno di energia primaria e dei rendimenti per la climatizzazione invernale e per la produzione di acqua calda sanitaria UNI/TS 11300 – Parte 3 (attualmente in revisione): Determinazione del fabbisogno di energia primaria e dei rendimenti per la climatizzazione estiva UNI/TS 11300 – Parte 4: Utilizzo di energie rinnovabili e di altri metodi di generazione per la climatizzazione invernale e per la produzione di acqua calda sanitaria UNI 8477/1 - Calcolo degli apporti per applicazioni in edilizia. Valutazione dell'energia raggiante ricevuta I.5 Sitografia: in questa sezione vengono elencati i siti internet dei più rappresentativi progettisti solari, degli enti nazionali e internazionali legati all’energia solare e delle aziende produttrici di componenti edilizi citati nella ricerca http://www.herzog-und-partner.de/ http://www.reinberg.net/ http://www.rolfdisch.de/ http://www.schwarz-architekten.com/# http://aart.dk/ http://www.fosterandpartners.com/ http://www.druot.net/ http://www.sheppardrobson.com/ http://www.ibus-berlin.de/ http://www.0-co2.it/ http://smithgill.com/ http://www.iea.org/ http://task40.iea-shc.org/ http://en.wikipedia.org/wiki/Zero-energy_building http://www.eurosolar.de/ http://www.eurosolaritalia.org/ http://www.ises.org/index.html 274 http://www.isesitalia.org/ http://www.gses.it/ http://www.fraunhofer.de/ http://www.fraunhofer.it/ http://www.eurac.edu/it/eurac/ http://www.enea.it/ http://www.nrel.gov/ http://www.activehouse.info/ http://www.miniwatt.it/ http://www.passive-on.org/ http://www.bipv.ch/ http://www.re.jrc.ec.europa.eu/pvgis/ http://www.wbdg.org/ http://www.sdeurope.org/ http://www.solardecathlon2014.fr/ http://www.coolroofs-eu.eu/ http://www.vauban.de/ http://www.serisolar.com/ http://www.sunpowercorp.it/ http://www.brandonisolare.com/ http://www.energyglass.eu/ http://www.energysystemitalia.com/ http://www.ertex-solar.at/ http://www.sonnenkraft.it/ 275 Teoria e pratica dell’architettura solare Fonti delle immagini INTRODUZIONE I.1 Eurostat, Ufficio statistico della Comunità Europea CAPITOLO 1 1.1 Vinaccia G., Il corso del sole in urbanistica ed edilizia, Hoepli, Milano, 1938, p. 268 1.2 Knowles R., Energia e Forma. Un approccio ecologico allo sviluppo urbano, Muzzio, Padova, 1981, p. 186 1.3 Olgyay V., Progettare con il clima. Un approccio bioclimatico al regionalismo architettonico, Muzzio, Padova, 1981, p. 281 1.4 Van Dresser P., Case solari locali, Muzzio, Padova, 1979, p. 98 1.5 Chauliaguet C., L’energia solare nella costruzione, C.E.L.I., Bologna, 1978, p. 101 1.6 Del Signore G., Ponsi A., La casa solare, Uniedit, Firenze, 1977, p. 128 1.7 Institut technique du bâtiment et des travaux publics, Progetti per mille case solari, Longanesi, Milano, 1982, p. 46 1.8 Mazria E., Sistemi solari passivi: soluzioni per una migliore qualità ambientale degli edifici, Muzzio, Padova, 1990, p. 51 1.9 Bottero M., Rossi G., Scudo G., Silvestrini G., Architettura solare. Tecnologie passive e analisi costi-benefici, Clup, Milano, 1984, p. 190 1.10 Schittich C. (a cura di), Architettura solare: strategie, visioni, concetti, 2003, p. 79 1.11 ivi, p. 113 1.12 ivi, p. 119 1.13 ivi, p. 131 1.14 ivi, p. 143 1.15 ivi, p. 149 1.16 Piemontese A., Scarano R., Energia solare e architettura. Il fotovoltaico tra sostenibilità e nuovi linguaggi, Gangemi, Roma, 2003, p. 94 1.17 ivi, p. 100 1.18 ivi, p. 184 1.19 Portoghesi P., Scarano R., L’architettura del sole, Gangemi, Roma, 2004, p. 48 1.20 ivi, p. 133 1.21 ivi, p. 232 1.22 University of Melbourne, <http://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/d/dd/Classificazione_climatica_mondiale _secondo_il_sistema_K%C3%B6ppen%E2%80%93Geiger.png> 276 1.23 Desertec Foundation, Clean power from deserts. The Desertec Concept for Energy, Water and Climate Security, WhiteBook 4th ed., Verlag, Bonn, 2009, p. 2 1.24 ivi, p. 18 1.25 ivi, p. 15 1.26 Siragusa L., L’energia del sole e dell’aria come generatrice di forme architettoniche, CLEUP, Padova, 2009, p. 50 1.27 Del Signore G., Ponsi A., op.cit., p. 119 1.28 ivi, p. 120 1.29, 1.30 Piemontese A., Scarano R., op.cit., p. 309 1.31 Flagge I., Herzog-Loibl V., Meseure A., Thomas Herzog: architecture + Technology, Prestel, Monaco-Londra-New York, 2001, p. 47 1.32 ivi, p. 49 1.33 ivi, p. 46 1.34 ivi, p. 50 1.35 Flagge I., op. cit., p. 48 1.36 Ungers O. M., “Il progetto per la Solarhaus a Landstühl”, in Architettura come tema, Quaderni di Lotus, Electa, Milano, 1982, p. 61 1.37 ivi, p. 60 1.38 Dell’Acqua A.C., Degli Esposti V., Ferrante A., Mochi G. (a cura di), Paesaggio costruito: qualità ambientale e criteri d’intervento, Alinea, Firenze, 2008, p. 72 1.39 Guardigli L., La valutazione della qualità ambientale degli edifici: requisiti e soluzioni tecniche, Alinea, Firenze, (in corso di stampa), p. 13 1.40 <http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/f/ff/Miletos_stadsplan_400.jpg> 1.41 Wienke U., MiniWatt.it – Dossier 07, L’antica Grecia, p. 5 1.42 ivi, p. 4 1.43 Knowles R., op.cit., p. 148 1.44 ivi, p. 149 1.45 GSES (gruppo per la storia dell’energia solare), <http://www.gses.it/images/orientamento-solare.jpg> 1.46 <http://www.francescvila.cat/wp-content/uploads/2013/06/slider-eixamplebarcelona-1363x909.jpg> 1.47 <http://poligrafa.gonzalosomolinos.com/wp- content/uploads/sites/5/2013/10/CerdaPlan_fig36-468x580.jpg> 1.48 <http://talkarchitecture.files.wordpress.com/2011/02/scancopy.png?w=640&h=836> 1.49 Vinaccia G., op.cit., p. 229 1.50 ivi, p. 212 1.51 ivi, p. 227 277 Teoria e pratica dell’architettura solare 1.52 Olgyay V., op.cit., p. 105 1.53, 1.54 ivi, p. 107 1.55 ivi, p. 110 1.56 Mazria E., op.cit., p. 88 1.57 ivi, p. 82 1.58, 1.59 Bertagnin M., Pietrogrande E., La salubrità dell’abitare: all’origine dell’approccio ecosostenibile nell’architettura del moderno in Germania e in Italia, Edicom, Monfalcone, 2002, p. 106 1.60<http://sally.iuav.it/w5050/mostra_immagini_darc.php?Menu=Yes&Immagine=F073 41> 1.61 Butti K., Perlin J., The Golden Thread: 2500 Years of Solar Architecture and Technology, Van Nostrand Reinhold, New York, 1980, p. 201 1.62 Del Signore G., op. cit., p. 75 1.63 Butti K., op. cit.,p. 213 1.64 ivi, p. 196 1.65 <http://webmuseum.mit.edu/browser.php?m=subjects&kv=270&i=12347> 1.66 Del Signore G., op. cit., p. 89 1.67 Johnson T.E., Solar architecture : the direct gain approach, McGraw-Hill, New York, 1981, p. 8 1.68 Del Signore G., op. cit., p. 93 1.69 <http://1.bp.blogspot.com/_zCc6wW_RRF4/TIID6WTfcTI/AAAAAAAASxY/YN8Ze30PA4/s1600/DSCN5406.JPG> 1.70 Mazria E., op.cit., p. 53 1.71 Del Signore G., op. cit., p. 113 1.72 <http://1.bp.blogspot.com/-Qn-59wti3zQ/UG5J6d6rNwI/AAAAAAAAAZQ/E-1i6yKewU/s1600/AtascaderoHouse.jpg> 1.73 Del Signore G., op. cit., p. 109 1.74 Mazria E., op.cit., p. 49 1.75 ivi, p. 51 1.76 Van Dresser P., Case solari locali, Muzzio, Padova, 1979, p. 96 1.77 Commission des Communautés Européennes, Architectures solaire en Europe, ECSC-EEC-EAEC, Brussels-Luxembourg, 1991, p. rèalisation n. 20 1.78 ivi, rèalisation n. 11 1.79 Portoghesi P., Scarano R., L’architettura del sole, Gangemi, Roma, 2004, p. 27 1.80 Flagge I., op. cit., p. 47 1.81 Commission des Communautés Européennes, op. cit., p. rèalisation n. 24 1.82 Flagge I., op. cit., p. 53 278 1.83 Herzog T. (a cura di), Solar Energy in Architecture and Urban Planning, Prestel, Monaco-Londra-New York, 1996, p. 184 1.84, 1.85 ivi, p. 185 1.86 ivi, p. 186 1.87 ivi, p. 187 1.88 ivi, p. 188 1.89 ivi, p. 190 1.90, 1.91 Flagge I., op. cit., p. 109 1.92, 1.93 DETAIL, Solares Bauen, n. 3 (1999), p. 419 1.94 ivi, p. 408 1.95 ivi, p. 446 1.96 ivi, p. 394 1.97, 1.98 sito arch. D. Schwarz, < http://www.schwarz-architekten.com/#> 1.99 DETAIL, Solares Bauen, n. 6 (2002), p. 736 1.100 ivi, p. 737 1.101 DETAIL, op.cit., n. 6 (2002), p. 759 1.102 ivi, p. 761 1.103 ivi, p. 755 1.104 Berrini M., Colonnetti A. (a cura di), Green life – costruire città sostenibili, Compositori, Bologna, 2010, p. 160 1.105 ivi, p. 165 1.106 ivi, p. 167 1.107, 1.108 DETAIL, Solares Bauen, n. 6 (2005), p. 625 1.109 ivi, p. 627 1.110, 1.111, 1.112 sito studio Foster + Partners, <http://www.fosterandpartners.com/projects/masdar-development/> 1.113 U.S. Department of Energy, 2012 Renewable Energy Data Book, NREL, USA, 2013, <http://www.nrel.gov/docs/fy14osti/60197.pdf> (01/03/2014), p. 65 CAPITOLO 2 2.1 Wienke U., L'edificio passivo, Alinea, Firenze, 2002, p. 18 2.2 ivi, p. 105 2.3 Novo M.G., La casa passiva di San Bartolomeo di Cherasco, presentazione, p. 32 <http://www.passive-on.org/it/downloads/CasePassive-Novo.pdf> 2.4 ivi, p. 10 2.5, 2.6 arch. G. Testa, Modena 2.7 Margani G., “L’edificio passivo nel clima mediterraneo”, in Costruire in laterizio, n. 141 (2011), p. 49 279 Teoria e pratica dell’architettura solare 2.8 sito studio 0-co2, arch. Bart Conterio, Lecce, (www.0-co2.it) 2.9 Lavagna M. et al., Edifici a consumo energetico zero, Maggioli, Rimini, 2012, p. 114 2.10 sito studio Sheppard Robson, Londra, (www.sheppardrobson.com) 2.11 <http://www.solardecathlon.gov/past/images> 2.12 Lütkemeyer I. et al., Energy-Plus Primary School, Hohen Neuendorf, Germany, in proceedings of Seventh World Sustainable Building Conference (SB11), Helsinki, Finland, October 18-21, 2011, p. 8 2.13 sito studio Juri Troy Architects, Bregenz (Vienna), (www.juritroy.com) 2.14 Costa Duran S., Fajardo J., Atlante di architettura ecosostenibile, Logos, Modena, 2011, p. 468 2.15 Lavagna M., op. cit., p. 75 2.16 ivi, p. 83 2.17 Flagge I., Herzog-Loibl V., Meseure A., Thomas Herzog: architecture + Technology, Prestel, Monaco-Londra-New York, 2001, p. 108 2.18 Herzog T. (a cura di), Solar Energy in Architecture and Urban Planning, Prestel, Monaco-Londra-New York, 1996, p. 183 2.19 Lavagna M., op. cit., p. 172 2.20 ivi, p. 171 2.21 National Renewable Energy Laboratory (NREL), (www.nrel.gov) 2.22 Duca A., Il design incontra il sole, presentazione, p. 48, <http://www.solarwaysrl.it/Files/Presentazione_Fotovoltaico_SYSTEM_Photonics_N ovembre_2010.pdf> 2.23 ivi, p. 20 2.24 Dale B., Benson S., “Energy Balance of the Global Photovoltaic (PV) Industry: is the PV Industry a Net Electricity Producer?”, in Environmental science & technology, American Chemical Society”, vol. 47, is. 7 (2013), p. 3484 2.25 <http://www.petrolgas.it/index.php?pid=20> 2.26 <http://www.virgonet.it/solare-termico/> 2.27 Costa Duran S., Fajardo J., op. cit., p. 359 2.28 ivi, p. 358 2.29 Rossi M., Siniscalco A. (a cura di), Colore e colorimetria, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2012, p. 381 2.30, 2.31 <http://www.brandonisolare.com/pdf/catalogo-prodotti.pdf> 2.32 International Energy Agency (IEA), Task 38 2.33 Calabrese N., D’Annibale F., Menale C., Rovella P., Case study: innovative solar heating and cooling system with PCM tank at service of F-92 building of ENEA Casaccia Research center (Roma), ENEA, Roma, 2013, p. 26 280 2.34 <http://solarthermalworld.org/content/solar-cooling-system-metro-cash-carryitaly> 2.35, 2.36 Rossi M., Siniscalco A., op.cit., p. 381 2.37 documentazione tecnica Serisolar <http://www.serisolar.com/> 2.38 Rossi M., Siniscalco A., op.cit., p. 381 2.39, 2.40, 2.41, 2.42, 2.43, 2.45 ivi, p. 382 2.44 Capolongo S., “Ospedale pediatrico Meyer a Firenze – CSPE”, in Arketipo, n. 33 (2009), p. 95 2.46 autore 2.47, 2.48 Rossi M., Siniscalco A., op.cit., p. 382 2.49 <http://www.soluzionesolare.eu/images/Colorati_5Wp_integrato_2_large.jpg> 2.50 <http://www.energysystemitalia.com/impianti-fotovoltaici/pannello-fotovoltaicomicrocristallino.html> 2.51 <http://www.fotovoltaicosulweb.it/immagini/upload/guida/tsc1.jpg> 2.52 documentazione tecnica Energyglass 2.53 autore 2.54, 2.55 Barbolini F., Guardigli L., Zanna F., “Il controllo della colorazione nella progettazione dei sistemi attivi d’involucro”, in Rossi M., Siniscalco A. (a cura di), Colore e colorimetria, vol. IX A, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2013, p. 550 CAPITOLO 3 3.1 Photovoltaic Geographical Information System, <www.re.jrc.ec.europa.eu/pvgis> SONNENSCHIFF: 3.2 Frontini F., “Plusenergiehäuser a Friburgo – Rolf Disch solar architektur”, in Archetipo, n. 36 (2009), p. 92 3.3, 3.4, 3.8, 3.10, 3.11 studio arch. R. Disch, <www.plusenergiehaus.de> 3.5 Moro M., “L’orizzonte dell’autonomia energetica”, in L’architettura naturale, n. 32-33 (2006), p. 7 3.6<http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/6/65/Vauban_%28Freiburg%29_j m5065.jpg?uselang=it> 3.7 <http://www.freiburg-schwarzwald.de/fotos07sep/sonnenschiff1-70922.jpg> 3.9 Frontini F., op.cit., p. 94 3.12 ivi, p. 93 3.13 ivi, p. 91 3.14 autore HOME FOR LIFE 281 Teoria e pratica dell’architettura solare 3.15, 3.16, 3.17, 3.20, 3.25 Velfac A/S, <http://velfac.dk/vinduererhverv/cases/nybyg/bolig-for-livet/> 3.18, 3.19, 3.21, 3.22, 3.23, 3.24 studio AART Architects <http://aart.dk/> 3.26 autore SOLAR AKTIVHAUS 3.27, 3.30, 3.31, 3.33 studio G.W. Reinberg, <http://www.reinberg.net> 3.28 <http://www.activehouse.info/cases/solar-activehouse> 3.29<http://www.archello.com/sites/default/files/imagecache/header_detail_large/story/ media/B0024P%200111s.jpg> 3.32 <http://www.variotherm.at/typo3temp/fl_realurl_image/solar3-1d.jpg> 3.34 <http://www.aee.at/aee/images/Bilder-fuer-Zeitungen/2008-04/images/07_3.gif> 3.35 <http://www.aee.at/publikationen/zeitung/2008-04/images/07_2.gif> 3.36 General Solar System + AEE Intec 3.37 autore SUNLIGHTHOUSE 3.38 Adam Mørk 3.39 <http://www.velux.com/sustainable_living/demonstration_buildings/sunlighthouse> 3.40 Holzer P., “Wohnhaus in Pressbaum”, in Detail Green, n. 2 (2011), p. 28 3.41 Velux, Sunlighthouse booklet, p. 26 <http://www.velux.com/SiteCollectionDocuments/_PDFDocuments/ModelHome%202020/Model_Home_2020_Sunlighthouse.pdf> 3.42 Holzer P., op. cit., p. 28 3.43, 3.44 ivi, p. 30 3.45 ivi, p. 31 3.46, 3.47 Velux, op. cit., p. 24 3.48 Adam Mørk 3.49 Velux, op. cit., p. 10 3.50 ivi, p. 11 3.51 ivi, p. 23 3.52 autore MED IN ITALY 3.53 <http://www.bustler.net/images/news2/2012_solar_decathlon_europe-11.jpg> 3.54 Bellingeri G., Grimaudo M., “Un prototipo innovativo per la casa mediterranea”, in Azero, n. 06 (2013), p. 87 3.55 Bellingeri G., op.cit., p. 88 282 3.56 ivi, p. 90 3.57 Università Roma Tre, Jury brief reports, SD Europe, Madrid, 2012, rielaborazione documento AR-204 3.58 ivi, rielaborazione documento AR-012 3.59 ivi, rielaborazione documento AR-021 3.60 Tonelli C., “MED in Italy – Università degli studi Roma 3, Sapenza”, in Solar Decathlon 2012, supplemento n. 14 (2012), Arketipo n. 67 (2012), p. 27 3.61 Bellingeri G., op. cit., p. 91 3.62 autore CAPITOLO 4 4.1 Herzog T. (a cura di), Solar Energy in Architecture and Urban Planning, Prestel, Monaco-Londra-New York, 1996, p. 71 4.2 ivi, p. 73 4.3 ivi, p. 72 4.4, 4.5 Boeri A., Longo D., Piraccini S., Il progetto dell’involucro in legno: qualità costruttiva ed efficienza energetica, Flaccovio, Palermo, 2012, p. 258 4.6 ivi, p. 182 4.7 Reinberg G.W., “Insediamento residenziale Gneis Moos a Salisburgo”, in L’architettura naturale, 19 (2003), p. 23 4.8 ivi, p. 28 4.9, 4.10, 4.11, 4.12, 4.13, 4.14, 4.15, 4.16, 4.17 autore 4.18 <http://archpaper.com/news/articles.asp?id=3943> 4.19 Masera G., “Torri Garibaldi a Milano – progetto CMR”, in Arketipo n. 43 (2010), p. 72 4.20 <http://i87.photobucket.com/albums/k144/_tHOmMY_/Various/P7100024.jpg> 4.21, 4.22, 4.23, 4.24, 4.25, 4.26, 4.27, 4.28, 4.29, 4.30, 4.31, 4.32, 4.33, 4.34 autore 4.35 Battazza A., La Galería come elemento tecnico per il comfort ed il risparmio energetico, tesi di laurea in Architettura Tecnica, relatore Guardigli L., correlatore Coch H., Università di Bologna, 2012, p. 61 4.36 ivi, p. 98 4.37 ivi, p. 79 4.38 autore 4.39 studio arch. R. Disch, <www.plusenergiehaus.de> 4.40 Reinberg G.W, Architetture di Georg W. Reinberg, Alinea, Firenze, 1999, p. 148 4.41 Fabris L.M.F., “Bill Dunster Architects: BedZED”, in L’architettura naturale, n. 21 (2003), p. 13 283 Teoria e pratica dell’architettura solare 4.42 Herzog T. (a cura di), Solar Energy in Architecture and Urban Planning, Prestel, Monaco-Londra-New York, 1996, p. 183 4.43 Mazria E., Sistemi solari passivi: soluzioni per una migliore qualità ambientale degli edifici, Muzzio, Padova, 1990, p. 296 4.44, 4.45 Photovoltaic Geographical Information System 4.46 Scudo G., Rogora A., “Requisiti di sostenibilità ambientale in edilizia: dall’efficienza alla sufficienza”, in ilProgettoSostenibile, n. 25 (2010), p. 36 4.47 ivi, p. 37 4.48 rielaborazione immagine da Google Maps 4.49 Google Maps 4.50, 4.51, 4.52, 4.53, 4.54, 4.55, 4.56, 4.57, 4.58, 4.59 autore 4.60 rielaborazione immagine da <http://www.villaggioartigianomodena.it/index.php/ilprogetto> 4.61 Google Maps 4.62, 4.63, 4.64, 4.65, 4.66 autore 4.67 rielaborazione immagine da Google Maps 4.68 Google Maps 4.69, 4.70, 4.71, 4.72, 4.73 autore 4.74 rielaborazione immagine da Google Maps 4.75 Google Maps 4.76, 4.77, 4.78, 4.79, 4.80, 4.81, 4.82, 4.83, 4.84, 4.85 autore 4.86, 4.87, 4.88, 4.89 Barbolini F., Cantalupo M., Architetture residenziali per la sostenibilità, progetto di concorso, 2012 4.90, 4.91, 4.92, 4.93, 4.94, 4.95, 4.96, 4.97, 4.98 autore 4.99 Malighetti L., “Refurbishment Bois le Prêtre tower in Paris – France”, in Arketipo, n. 67 (2012), p. 93 4.100, 4.102 ivi, p. 95 4.101 ivi, p. 100 4.103 rielaborazione immagine da Google Maps 4.104 ortofoto aer_139a, proprietà Comune di Modena 4.105 autore 4.106 Braghieri G. (a cura di), Aldo Rossi, Zanichelli, Bologna, 1989², pp. 40-41 4.107, 4.108, 4.109, 4.110, 4.111, 4.112, 4.113 autore 4.114, 4.115 DETAIL, Solares Bauen, numero monografico, n° 3 (1997), Inst. für Internat. Architektur-Dokumentation, Monaco, p. 400 4.116, 4.117 Maglica I., “Due nuove piazze e tre edifici a Pioltello - Milano”, in Costruire in laterizio, n. 140 (2011), p. 13 284 4.118, 4.119, 4.120, 4.121, 4.122, 4.123, 4.124, 4.125, 4.126, 4.127, 4.128, 4.129, 4.130, 4.131, 4.132, 4.133, 4.134, 4.135, 4.136, 4.137, 4.138, 4.139, 4.140, 4.141, 4.142, 4.143, 4.144, 4.145, 4.146, 4.147, 4.148, 4.149, 4.150, 4.151, 4.152, 4.153, 4.154, 4.155, 4.156, 4.157, 4.158, 4.159, 4.160, 4.161, 4.162, 4.163, 4.164, 4.165, 4.166, 4.167, 4.168, 4.169, 4.170, 4.171 autore 285 Teoria e pratica dell’architettura solare 286