La Filosofia La filosofia è il proprio tempo appreso in pensieri Hegel Quando colui che ascolta non capisce colui che parla e colui che parla non sa cosa stia dicendo: questa è filosofia Voltaire La filosofia nasce semplicemente dallo stupore che l’uomo prova davanti al mondo che lo circonda e di cui ogni essere umano fa parte. Guardare il cielo stellato, vedere scorrere l’acqua nei ruscelli, osservare il mare in tempesta, provare il caldo del fuoco e ammirare la fiamma, sono cose che ci portano a farci delle domande elementari sulle origini del mondo. Gli uomini cominciarono a filosofare per meraviglia diceva Aristotele nella Metafisica, la meraviglia dinnanzi al mondo; e anche per Platone “E' proprio del filosofo essere pieno di meraviglia”. Ma la meraviglia non è l’unica causa del filosofare, essa è anche inquietudine ed orrore da parte dell’uomo "gettato nel mondo", nella cui mente riecheggia quella terribile parola che si ripete da millenni: “Perché?”, emblema del mistero della vita, del mondo e dell’uomo stesso. L’eco di questo perché diviene inquietudine, affanno, desiderio represso: insopprimibile necessità di interrogarsi. Proprio così nasce la filosofia: come tentativo umano di dare una risposta ferma, stabile e incontrovertibile, attraverso lo strumento della logica e della razionalità, anziché della religione e del mito, alle domande più profonde. Vedere qualcuno, una persona che ci è vicina soprattutto, morire o nascere ci porta poi a fare domande sul senso ultimo della nostra vita: sulla differenza fra ciò che è provvisorio e quel che è eterno. Da questo punto di vista la parola “stupore”, per indicare il sentimento che dà vita alla filosofia è troppo neutrale e forse non esatta: i termini più esatti sono in realtà il “terrore” che paralizza, lo “sgomento” che annichilisce, la “paura” che immobilizza. Di fronte a chi? a cosa? Di fronte a ciò che l’uomo ha sempre temuto, ossia il dolore, la morte, il nulla, il suo destino finale. La filosofia, dice Bertrand Russell noto pensatore e matematico del XX secolo, non interessa soltanto le scuole o le dispute di pochi individui colti, ma fa parte integrante della vita degli uomini: non potrebbe essere diversamente, dal momento che, semplificando molto, potremmo dire che la filosofia è quella disciplina che racchiude le domande che gli uomini di tutte le epoche si sono fatti e si fanno sul mondo in cui vivono (le sue origini e il suo scopo) e sulle cose che gli accadono (hanno un motivo di fondo, vi si può trovare un significato?): interrogarsi su queste cose significa farsi domande sul senso ultimo della vita, ovvero sul suo senso più profondo. C’è una domanda che spesso viene posta: ma in fin dei conti, a che cosa serve la filosofia? Platone, secondo il quale una vita senza ricerca – ossia senza porsi domande – non è degna di essere vissuta, affermava che filosofare significa fermarsi e pensare: alla nostra vita, a chi siamo, a cosa vogliamo essere; non soltanto a noi quali individui particolari, o singoli esseri umani, ma in quanto specie (esseri umani in generale) e insieme di persone che vivono insieme (società). In questo senso Platone affermava anche che filosofare significa approssimarsi alla morte: la filosofia, come riflessione sulle cose più alte ed elevate, come produzione di idee e pensieri relativi alle origini, al significato e al destino dell’uomo, insegna infatti a trascurare la presenza e la ovvietà della realtà materiale, a guardare nel profondo e a disprezzare la superficialità della pura apparenza corporea. Secondo Hume, il più importante filosofo inglese del Settecento, il puro filosofo è una persona che comunemente è poco ben vista nel mondo, in quanto si ritiene che non contribuisca in nulla al vantaggio o al piacere della società: egli vivrebbe infatti “lontano dai rapporti con gli uomini, avviluppato in princìpi e concetti che sono egualmente lontani dalla comprensione comune”. Non pare possibile dargli torto se pensiamo al fatto che condizione necessaria affinché si possa assumere un atteggiamento filosofico è quella di fare proprie le ragioni del dubbio, di dubitare, diventando scettici. Scettici rispetto a cosa? Alle credenze e alle convinzioni che diamo per scontate nella vita di tutti i giorni, all’esperienza immediata, alla testimonianza dei sensi, semplicemente perché non vi abbiamo mai pensato, o perché ci hanno sempre insegnato a dare per scontata la realtà per come appare (banco verde e fuoco caldo). Una delle domande tipiche della filosofia è infatti: “Esiste nel mondo una conoscenza così certa che nessun uomo ragionevole possa dubitarne?”. Nella vita di ogni giorno noi diamo per certe molte cose che poi, a guardar meglio, appaiono piene di contraddizioni; tanto che solo dopo molto lavorio di pensiero sapremo che cosa possiamo davvero credere. La filosofia è allora il tentativo di rispondere alle domande fondamentali, non con noncuranza e in modo dogmatico, come facciamo nella vita di tutti i giorni, ma criticamente, dopo avere visto i problemi in tutta la loro complessità, e dopo esserci resi conto di tutta la vaghezza e confusione che si nascondono dietro le idee più comuni. Senza andare tanto indietro nel tempo, sempre Russel ha affermato inoltre che la filosofia serve a “pensare l’impensabile”. Si può affrontare una tragedia come quella dell’Olocausto, o della bomba atomica sganciata su Hiroshima, senza appunto fermarsi e riflettere su quale è il senso della vita di noi, esseri votati alla morte? Si può spiegare come anche nelle condizioni più disperate gli esseri umani trovano la forza di amare, di cercare la felicità, e la speranza, senza chiedersi cosa sia il bene e come distinguere il bene dal male, e perché anche quando lo sappiamo fare ci votiamo al male? 14/09/ 2009 Sintesi. Argomenti: Che cos’ è la filosofia; cosa significa; dove nasce; quando; conseguenze Composta di due termini (philos da philein, amore; sophia, sapere), la parola filosofia significa letteralmente amore del sapere, o meglio: avere cura del sapere. La filosofia, come termine e come disciplina, è un prodotto peculiare della cultura greca (origine è databile intorno al V-VI secolo avanti Cristo) che non ha riscontro nelle culture del Vicino Oriente che si sviluppano nello stesso bacino mediterraneo. Se per tutte le altre componenti della civilità greca si trova l’identico corrispettivo presso altri popoli dell’Oriente, non è invece dato trovare l’identico corrispettivo della filosofia, o quantomeno qualcosa che sia assimilabile a quello che i greci e poi con i greci tutti gli occidentali hanno chiamato e chiamano “filosofia”. Anche nell’Oriente più remoto, in India e in Cina, si svilupparono grandi civiltà, ma che pure non presentano un sapere con le stesse caratteristiche della filosofia greca. Esistono certo nella cultura di quelle civiltà elementi che possiamo chiamare filosofici, domande intorno ai problemi della vita e della morte, dell’essere e del nulla, riflessioni sul senso delle cose, inviti alla meditazione. Ma il loro significato di fondo è diverso, perché in essi ha un peso di rilievo la componente divina, religiosa, mitologica e irrazionale. Riconoscere questo significa rilevare che i greci furono in questo campo dei creatori, ossia che diedero alla civiltà qualcosa che essa non aveva e che si rivelerà di tale portata rivoluzionaria da mutare il volto alla civiltà. Tenere presente questo significa capire perché la civiltà occidentale abbia preso, sotto la spinta dei greci, una direzione diversa da quella orientale: solo così si spiega perché la scienza abbia potuto nascere solamente in Occidente. E’ stata infatti la filosofia a creare le categorie essenziali della logica, un modo di pensare del tutto nuovo, che nel tempo ha generato la scienza e l’atteggiamento scientifico. La filosofia è dunque alla base della civilità occidentale. Dalla Grecia la filosofia si irradia a Roma e per il tramite della tradizione romana diventa un elemento fondante del pensiero occidentale, dell’Europa e dei paesi di altri continenti dove si impone l’influenza della cultura europea.