3. Le norme sull’interpretazione
3.1 L’affermazione dell’esclusività del metodo politico di
produzione delle norme negli ordinamenti dell’Europa
continentale – in origine come conseguenza ideologica della
rivoluzione francese e in seguito del consolidamento storico
della rappresentanza politica democratica – ha a sua volta
prodotto il clima culturale proprio del positivismo giuridico. In
tale contesto svolgono un ruolo particolarmente emblematico
dello Stato di diritto le norme sull’interpretazione, quasi
sempre presenti nel codice civile quale fonte normativa
centrale e autenticamente costitutiva degli ordinamenti in un
periodo nel quale le Costituzioni, ancorché rigide quanto
all’aggravamento della procedura di revisione, non erano però
garantite dal controllo giurisdizionale di legittimità della
legislazione ordinaria.
Le norme sull’interpretazione riflettono dunque il principio di
separazione dei poteri, non solo ammettono ma anzi
presuppongono l’imprescindibilità dell’interpretazione della
norma quale operazione intellettiva preordinata alla sua
applicazione al caso concreto e in ogni modo ribadiscono la
superiorità
della
funzione
legislativa
sulla
funzione
giurisdizionale, soggetta al principio di legalità formale e
sostanziale. Le norme sull’interpretazione rientrano pertanto
in
quell’atteggiamento
di
diffidenza
del
legislatore
parlamentare non solo nei confronti del potere esecutivo (al
quale, nella forma di governo parlamentare, è legato dal
rapporto di fiducia) ma soprattutto nei confronti della
giurisdizione, della quale le Costituzioni affermano a
garantiscono anzi l’indipendenza.
E’ emblematico che l’ultima “generazione” di norme
sull’interpretazione sia stata oggi prodotta nel contesto
dell’ordinamento comunitario, in relazione alla Carta dei diritti
fondamentali di cui alla Lezione 1.
3.2 Per quanto concerne l’ordinamento italiano, le norme sono
contenute nel Codice civile, DISPOSIZIONI SULLA LEGGE IN
GENERALE (disposizioni preliminari al c.c.):
Capo II
Dell’applicazione della legge in generale.
Art. 12
Interpretazione della legge.
Nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro
senso che quello fatto palese dal significato delle parole
secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del
legislatore.
Se una controversia non può essere decisa con una precisa
disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi
simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si
decide secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico
dello Stato.
[E’ implicito l’obbligo del giudice di risolvere la controversia]
Art. 14
Applicazione delle leggi penali ed eccezionali.
Le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali
o ad altre leggi non possono essere applicate a casi simili o a
materie analoghe a quelli da esse contemplate.
Art. 15
Abrogazione delle leggi.
Le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori per
dichiarazione espressa del legislatore, o per incompatibilità
tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova
legge regola l’intera materia già regolata dalla legge anteriore.
Statuto Albertino
Dell’ordine giudiziario
Art. 73
L’interpretazione delle leggi, in modo per tutti obbligatorio,
spetta esclusivamente al potere legislativo.
L’intento evidente è di esaurire la dimensione della politicità
(ossia della libera scelta dei fini e dei mezzi dell’azione dello
Stato) nella produzione delle norme e di eliminare o almeno
ridurre per quanto possibile ogni residua politicità – ossia
discrezionalità – nell’applicazione delle norme.
3.3 Anche il Codice civile della Svizzera contiene norme di
portata simile:
TITOLO PRELIMINARE
Art. 1
1
Applicazione del diritto
1
La legge si applica a tutte le questioni giuridiche alle quali
può riferirsi la lettera od il senso di una sua disposizione.
2
Nei casi non previsti dalla legge il giudice decide secondo la
consuetudine e, in difetto di questa, secondo la regola che
egli adotterebbe come legislatore.
3
Egli si attiene alla dottrina ed alla giurisprudenza più
autorevoli.
Art. 4
Limiti dei rapporti giuridici/ III. Apprezzamento del giudice
Il giudice è tenuto a decidere secondo il diritto e l’equità
quando la legge si rimette al suo prudente criterio o fa
dipendere la decisione dall’apprezzamento delle circostanze, o
da motivi gravi.
1
3.4 Altrettanto fa il Codice civile (1811) dell’Austria:
Parte Prima - Introduzione
Delle leggi in generale (§§ 1-14)
§ 6. Nell’applicare la legge non è lecito attribuirle altro senso
che quello che si manifesta dal proprio significato delle parole
secondo la connessione di esse e dalla chiara intenzione del
legislatore.
§ 7. Qualora un caso non si possa decidere né secondo le
parole, né secondo il senso naturale della legge, si avrà
riguardo ai casi consimili precisamente dalle legge decisi ed
ai motivi di altre leggi analoghe.
Rimanendo nondimeno dubbioso il caso, dovrà decidersi
secondo i principi del diritto naturale, avuto riguardo alle
circostanze raccolte con diligenza e maturamente ponderate.
3.5 In Spagna:
Título Preliminar. De
aplicación y eficacia
las
normas
jurídicas,
su Arts.116
1. Las fuentes del ordenamiento jurídico español son
la ley, la costumbre y los principios generales del
derecho.
2. Carecerán de validez las disposiciones que
contradigan otra de rango superior.
3. La costumbre sólo regirá en defecto de ley
aplicable, siempre que no sea contraria a la moral o al
orden público y que resulte probada.
Los usos jurídicos que no sean meramente
interpretativos de una declaración de voluntad tendrán
la consideración de costumbre.
4. Los principios generales del derecho se aplicarán
en defecto de ley o costumbre, sin perjuicio de su
carácter informador del ordenamiento jurídico.
5. Las normas jurídicas contenidas en los tratados
internacionales no serán de aplicación directa en
España en tanto no hayan pasado a formar parte del
ordenamiento interno mediante su publicación íntegra
en el Boletín Oficial del Estado.
6. La jurisprudencia complementará el ordenamiento
jurídico con la doctrina que, de modo reiterado,
establezca el Tribunal Supremo al interpretar y aplicar
la ley, la costumbre y los principios generales del
derecho.
7. Los Jueces y Tribunales tienen el deber inexcusable
de resolver en todo caso los asuntos de que conozcan,
ateniéndose al sistema de fuentes establecido.
CAPÍTULO Aplicación de las normas jurídicas
Artículo 3
1. Las normas se interpretarán según el sentido
propio de sus palabras, en relación con el
contexto,
los
antecedentes
históricos
y
legislativos, y la realidad social del tiempo en
que
han
de
ser
aplicadas,
atendiendo
fundamentalmente al espíritu y finalidad de
aquellas.
2. La equidad habrá de ponderarse en la
aplicación
de
las
normas,
si
bien
las
resoluciones de los Tribunales sólo podrán
descansar de manera exclusiva en ella cuando la
ley expresamente lo permita.
Artículo 4
1. Procederá la aplicación analógica de las
normas cuando éstas no contemplen un supuesto
específico, pero regulen otro semejante entre los
que
se
aprecie
identidad
de
razón.
2. Las leyes penales, las excepcionales y las de
ámbito temporal no se aplicarán a supuestos ni
en momentos distintos de los comprendidos
expresamente.
3. Las disposiciones de este Código se aplicarán
como supletorias en las materias regidas por
otras leyes.
3.6 In Germania, l’unica prescrizione legislativa concernente
l’interpretazione della legge in Germania rimane quindi il
divieto di interpretazione analogica della legge penale,
contenuto nella sez. 1 del Codice Penale (StGB). In Finlandia
norme relative all’interpretazione sono contenute nel codice di
procedura (cap. 1 sez. 11): ad es. “Il giudice deve esaminare
attentamente la genuina intenzione e lo scopo della legge e
decidere sulla base di tale scopo”.
3.7 Cfr. l’art. 4 del codice civile della POLONIA, secondo il
quale “Le norme di diritto civile devono essere interpretate e
applicate in conformità con i principi della costituzione e gli
scopi della Repubblica polacca”.
3.8
Sono
da
tenere
in
considerazione
le
norme
sull’interpretazione adottate nel contesto comunitario, in
relazione alla Carta fondamentale dei diritti e, in seguito, al
suo inserimento nel progetto costituzionale. Una plausibile
chiave di lettura di tali norme – di portata palesemente
restrittiva
rispetto
al
periodo
precedente
fondato
essenzialmente sul judicial dialogue – può essere una volontà
degli Stati membri e soprattutto del legislatore politico di
riprendere nelle proprie mani lo sviluppo del diritto
costituzionale europeo.
3.9 Sembra dunque che sia
destinata a rafforzarsi la
dialettica fra legislazione e giurisdizione, anche in ragione
dell’opportunità – ravvisata da molti – di un riequilibrio fra le
funzioni. La dottrina statunitense parla in proposito di judicial
activism ovvero di judicial selfrestraint, ovvero distingue fra
interpretivism e non-interpretivism, quest’ultimo legato alla
ricerca esclusiva della volontà storica del costituente (original
intent).
A titolo di esempio, si consideri la giurisprudenza della Corte
costituzionale italiana in rapporto all’esistenza di norme
costituzionali programmatiche, destinate cioè ad acquisire
forza giuridica vincolante solo in seguito all’intervento del
legislatore.
VII DISPOSIZIONE FINALE E TRANSITORIA
[….] Fino a quando non entri in funzione la Corte
costituzionale, la decisione delle controversie indicate
nell'articolo 134 ha luogo nelle forme e nei limiti delle norme
preesistenti all'entrata in vigore della Costituzione [? Controllo
di legittimità formale? Controllo di legittimità sostanziale?].
L’intervento della Corte di cassazione (1948-1956) ha portato
solo alla distinzione fra norme precettive (che fanno sorgere
immediatamente diritti soggettivi perfetti, cioè azionabili in
giudizio) e norme programmatiche, la cui efficacia è
subordinata al previo intervento del legislatore (interpositio
legislatoris).
La sentenza n. 1 del 1956 (la prima in assoluto) della Corte
costituzionale ha negato la validità di tale distinzione e ha
affermato che tutte le norme costituzionali sono precettive.
Un esempio delle conseguenze circa la portata programmatica
(e dunque non precettiva) di una norma si ha nella Sentenza n.
422 del 1995 quando – a proposito dell'art. 5, comma 2, ultimo
periodo, della legge 25 marzo 1993, n. 81 dal titolo "Elezione
diretta del sindaco, del presidente della provincia, del
consiglio comunale e del consiglio provinciale". La
disposizione, che si riferisce all'elezione dei consiglieri
comunali nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti,
recita: "Nelle liste dei candidati nessuno dei due sessi può
essere di norma rappresentato in misura superiore a due terzi"
si fa riferimento alla suscettibilità di una duplice
interpretazione: “Il legislatore, nello stabilire la quota di
riserva per l'uno e per l'altro sesso nelle liste dei candidati al
consiglio comunale, ha usato la locuzione "di norma",
espressione che, secondo il giudice di primo grado, indicava il
carattere solo programmatico e d'indirizzo della disposizione.
Il giudice d'appello, invece, uniformandosi a proprie
precedenti decisioni, ritiene che essa abbia carattere
precettivo, e che tale lettura venga confermata dalla
successiva modifica legislativa intervenuta con la legge 15
ottobre 1993, n. 72”.
3.10 Quasi emblematico della delicata dialettica fra
giurisdizione e legislazione è il controllo di legittimità
costituzionale della legge di interpretazione autentica, che
nello Stato costituzionale di diritto è sottoposto ad una forma
di ridimensionamento che ne riduce la portata: in proposito, la
Corte costituzionale (con una pluralità di interventi in
proposito: sentenze n. 525 del 2000, n. 229 del 1999, n. 421
del 1995, n. 15 del 1995, n. 397 del 1994) ha affermato
(sentenza n. 29 del 2002) che “non può ritenersi precluso al
legislatore adottare norme che precisino il significato di
precedenti disposizioni legislative, pur a prescindere
dall’esistenza di una situazione di incertezza nell’applicazione
del diritto o di contrasti giurisprudenziali, a condizione che
l’interpretazione non collida con il generale principio di
ragionevolezza […]. Lo scrutinio di costituzionalità della norma
impugnata si sostanzia dunque nella valutazione riguardo alla
sua compatibilità con il tenore della norma interpretata, alla
ragionevolezza della opzione ermeneutica imposta ed al
rispetto dei limiti alla retroattività delle norme extra-penali
individuati dalla giurisprudenza di questa Corte”.
Inoltre, la Corte costituzionale ha affermato (sentenza n. 291
del 2003) che
“il legislatore può porre norme che
retroattivamente precisino il significato di altre norme
preesistenti, ovvero impongano una delle possibili varianti di
senso del testo originario, purché compatibile con il tenore
letterale di esso […]. Ed ha precisato che in tali casi il
problema da affrontare riguarda non tanto la natura della
legge, quanto piuttosto i limiti che la sua portata retroattiva
incontra, alla luce del principio di ragionevolezza […]. “Infatti
il divieto di retroattività della legge – pur costituendo
fondamentale valore di civiltà giuridica e principio generale
dell'ordinamento, cui il legislatore ordinario deve di regola
attenersi - non è stato elevato a dignità costituzionale, salva,
per la materia penale, la previsione dell'art. 25 della
Costituzione; e quindi il legislatore, nel rispetto di tale
previsione, può emanare norme con efficacia retroattiva interpretative o innovative che siano - purché la retroattività
trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e
non contrasti con altri valori ed interessi costituzionalmente
protetti”.
3.11 Ancora in tema di interpretazione della Costituzione nello
Stato costituzionale di diritto, può senz’altro affermarsi, in via
preliminare, che – in tanto in quanto la Costituzione è norma
giuridica - valgono le norme generali sull’interpretazione della
legge; nondimeno, occorre riconoscere che la Costituzione è
sì norma giuridica ma norma giuridica fondamentale,
costitutiva e connotativa dell’ordinamento e della forma di
Stato; che, in quanto tale, la sua funzione originaria è di
prescrivere il modo di essere dello Stato e di trasformare un
progetto ideologico di configurazione della forma di Stato
(liberale e sociale) come un dover essere. Questa circostanza
richiede pertanto alcune precisazioni in ordine alla latitudine
della discrezionalità interpretativa.
In primo luogo, occorre ricordare il limite posto al giudice
delle leggi (la Corte costituzionale, su iniziativa, in via
incidentale, del giudice comune) dall’art. 28 della legge n. 87
del 1963: “Il controllo di legittimità della Corte costituzionale
su una legge o un atto avente forza di legge esclude ogni
valutazione di natura politica e ogni sindacato sull’uso del
potere discrezionale del Parlamento”. In altre parole, alla
Corte e al giudice a quo è precluso il giudizio sul merito della
legge (ossia se si tratta di una “buona” legge), anche se in
qualche caso l’uso, da parte della Corte e del giudice a quo,
del criterio di ragionevolezza ovvero di proporzionalità (delle
norme rispetto al perseguimento delle finalità della legge
stessa) si colloca in una zona grigia assai prossima ad un
giudizio di merito.
Inoltre, dal punto di vista della tecnica normativa del testo
costituzionale, occorre sottolineare il problematico rapporto
esistente fra discrezionalità interpretativa e clausole generali
(cfr. art. 3: “pari dignità sociale di tutti i cittadini” (inclusivo
peraltro, ancorché in misura selettiva, anche degli stranieri);
art. 36: “diritto ad un’esistenza libera e dignitosa del
lavoratore e della sua famiglia”; art. 37: “essenziale funzione
familiare” della donna lavoratrice; art. 41: “utilità sociale”
come limite della libera iniziativa economica privata ; art. 44:
“razionale sfruttamento del suolo” quale vincolo alla proprietà
terriera privata).
Deve inoltre ricordarsi che, fra i concetti esplicativi del
fenomeno costituzionale, è stato elaborato un concetto di
“costituzione materiale” - le condizioni sostanziali esterne di
validità (e pertanto il consenso, l’effettività, l’adeguatezza,
soprattutto nel tempo) della Costituzione formale che
inevitabilmente va ad incidere anch’esso sulla discrezionalità
interpretativa del “combinato disposto” rappresentato dai
giudici a quibus e dalla Corte costituzionale. In proposito, si
afferma in particolare il ruolo svolto dalla cosiddetta
interpretazione evolutiva-adeguatrice della Costituzione.
Giova richiamare in questo contesto l’interpretazione dell’art.
2 Cost. come norma a fattispecie in bianco e compararla con l’
Amendment IX [1791 - Non-Enumerative Rights] of the US
FEDERAL
CONSTITUTION:
“The
enumeration
in
the
Constitution, of certain rights, shall not be construed to deny
or disparage others retained by the people”
In argomento, è utile riprendere un esempio-limite già
adoperato in precedenza: il riconoscimento, almeno ad alcuni
fini limitati, di taluni diritti della convivenza more uxorio, fra
persone anche dello stesso sesso, potrebbe probabilmente
operarsi in base ad un’interpretazione giurisdizionale della
Costituzione vigente, attribuendo (all’interesse di fatto
imputabile) alla convivenza more uxorio la qualificazione di
«formazione sociale» “ove si svolge la .. personalità” (art. 2
Cost.), individuando pertanto un titolo sistematico che, pur
senza operare una completa equiparazione fra famiglia
fondata sul matrimonio e unione di fatto, consentirebbe a
quest’ultima di emergere dalla mera realtà sociale di fatto a
qualche forma di protezione giuridica.
Si tratterebbe di un’interpretazione giurisprudenziale che di
certo aggirerebbe il confronto democratico fra indirizzi politici
alternativi, dilatando in misura eccessiva la discrezionalità
interpretativa della giurisdizione, anche di costituzionalità; e
anche per questo motivo, nonostante reiterate sollecitazioni
provenienti dai giudici comuni – a loro volta esposti in prima
linea alle sollecitazioni provenienti dalla società civile in
rapporto a situazioni concrete che rivendicano una soluzione
(ossia una qualificazione giuridica degli interessi di fatto
sottesi) -, la Corte costituzionale ha sempre negato di potersi
sostituire al legislatore (se non addirittura all’organo della
revisione costituzionale). Rimane il fatto che, a fronte
dell’inerzia del legislatore, si profila un crescente contenzioso
– a riflesso della situazione oggettiva che ha portato a
superare un giudizio sociale di disvalore rispetto a questa
scelta di organizzazione della propria vita familiare - che
potrebbe portare ad una stagione di moniti della Corte
costituzionale al legislatore ed infine ad un intervento
giurisdizionale (come del resto è avvenuto a fronte dell’inerzia
del legislatore penale ad espungere dal sistema delle leggi i
residui riferimenti ad una inesistente «religione di Stato»).
3.12 Ancora nel contesto della costituzione materiale, avendo
in mente anche le origini storiche e politiche della
Costituzione repubblicana e l’ispirazione tratta dall’esperienza
costituzionale delle democrazie occidentali (in argomento è
anche utile ricordare che l’art. 15 del trattato di pace
vincolava l’Italia ad un regime pluralistico e di garanzia dei
diritti fondamentali), occorre oggi collocare il «paradigma
europeo», ossia una sorta di implicita clausola di omogeneità
fra soluzioni normative e interpretazioni giurisprudenziali
manifestatesi in diversi ordinamenti europei e pertanto
condivisi
o condivisibili anche da parte dell’ordinamento
italiano.
3.13 Occorre infine ricordarsi che esiste un rapporto fra
discrezionalità interpretativa
e
principi
supremi o
fondamentali dell’ordinamento costituzionale, individuati in via
di interpretazione contestuale di una o più norme, ossia del
nucleo essenziale dei valori precettivi caratterizzanti la forma
di Stato e l’ordinamento costituzionale. I principi fondamentali
non si esauriscono nei valori precettivi contenuti nei primi 12
articoli
della
Costituzione
(pur
intitolata
«Principi
Fondamentali») e pertanto non rappresentano una lista chiusa
ma sono ricavabili dall’interpretazione della dottrina e
soprattutto (per la potenzialità di abrogazione di norme
ordinarie) della giurisprudenza costituzionale.
Le funzioni del concetto di principi supremi o fondamentali
dell’ordinamento costituzionale sono plurime e tutte
determinanti: (i) ausilio all’interpretazione, (ii) identificazione
del nucleo essenziale dei valori precettivi caratterizzanti la
forma di Stato e l’ordinamento costituzionale e, di
conseguenza,
(iii)
dei
limiti
impliciti
alla
revisione
costituzionale.
3.14 La revisione costituzionale (leggi costituzionali e di
revisione costituzionale, cfr. art. 138 Cost.) è funzione
normativa di alta intensità politica ma in ogni caso da
ricostruire come potere costituito e pertanto subordinato al
potere costituente. In realtà, è corretto ricostruire la revisione
costituzionale prioritariamente come funzione di garanzia (e
conservazione) della Costituzione vigente (e della sua
costituzione materiale originaria).
3.14.1 Cfr. l’art. 288 della Costituzione del Portogallo:
(Limites materiais da revisão)
As leis de revisão constitucional terão de respeitar:
a) A independência nacional e a unidade do Estado;
b) A forma republicana de governo;
c) A separação das Igrejas do Estado;
d) Os direitos, liberdades e garantias dos cidadãos;
e) Os direitos dos trabalhadores, das comissões de
trabalhadores e das associações sindicais;
f) A coexistência do sector público, do sector privado e do
sector cooperativo e social de propriedade dos meios de
produção;
g) A existência de planos económicos no âmbito de uma
economia mista;
h) O sufrágio universal, directo, secreto e periódico na
designação dos titulares electivos dos órgãos de soberania,
das regiões autónomas e do poder local, bem como o sistema
de representação proporcional;
i) O pluralismo de expressão e organização política,
incluindo partidos políticos, e o direito de oposição
democrática;
j) A separação e a interdependência dos órgãos de
soberania;
l) A fiscalização da constitucionalidade por acção ou por
omissão de normas jurídicas;
m) A independência dos tribunais;
n) A autonomia das autarquias locais;
o) A autonomia político-administrativa dos arquipélagos
dos Açores e da Madeira.
3.14.2 Cfr. l’art. 79 della Legge Fondamentale (GrundGesetz,
GG) della Germania
Artikel 79 [Änderungen des Grundgesetzes]
(1) Das Grundgesetz kann nur durch ein Gesetz geändert
werden, das den Wortlaut des Grundgesetzes ausdrücklich
ändert oder ergänzt. [omissis]
(3) Eine Änderung dieses Grundgesetzes, durch welche die
Gliederung des Bundes in Länder, die grundsätzliche
Mitwirkung der Länder bei der Gesetzgebung oder die in den
Artikeln 1 und 20 niedergelegten Grundsätze berührt werden,
ist unzuläßsig.
Article 79 [Modifications de la Loi fondamentale] (1) La Loi
fondamentale ne peut être modifiée que par une loi qui en
modifie ou en complète expressément le texte. [omissis]
(3) Toute modification de la présente Loi fondamentale qui
toucherait à l'organisation de la Fédération en Länder, au
principe du concours des Länder à la législation ou aux
principes énoncés aux articles 1 et 20, est interdite.
3.14.3 Cfr. l’art. 44 della Costituzione dell’Austria
Artikel 44. (1) Verfassungsgesetze oder in einfachen Gesetzen
enthaltene erfassungsbestimmungen können vom Nationalrat
nur in Anwesenheit von mindestens der Hälfte der Mitglieder
und mit einer Mehrheit von zwei Dritteln der abgegebenen
Stimmen
beschlossen
werden;
sie
sind
als
solche
("Verfassungsgesetz",
"Verfassungsbestimmung")
ausdrücklich zu bezeichnen.
(3) Jede Gesamtänderung der Bundesverfassung, eine
Teiländerung aber nur, wenn dies von einem Drittel der
Mitglieder des Nationalrates oder des Bundesrates verlangt
wird, ist nach Beendigung des Verfahrens gemäß Artikel 42,
jedoch vor der Beurkundung durch den Bundespräsidenten,
einer
Abstimmung
des
gesamten
Bundesvolkes
zu
unterziehen.
Article 44 (1) Constitutional laws or constitutional provisions
contained in simple laws can be passed by the House of
Representatives only in the presence of at least half the
members and by a two thirds majority of the votes cast, they
shall be explicitly specified as such.
(3) Any total revision of the Federal Constitution shall upon
conclusion of the procedure pursuant to Article 42 but before
its authentication by the Federal President be submitted to a
referendum by the entire nation, whereas any partial revision
requires this only if one third of the members of the House of
Representatives or the Senate so demands.
L’interpretazione della dottrina circa l’ipotesi di revisione
totale la collega alla modifica dei principi fondamentali, quali
il principio federale e il principio democratico.
3.14.5 Di particolare interesse è poi anche il caso della
Turchia, anche perché si presta ad offrire interessanti
indicazioni – almeno parzialmente giuridiche – circa la portata
dell’art. 49 TUE e della condizionalità circa l’ammissione di
nuovi Stati membri:
“Ogni Stato europeo che rispetti i principi sanciti nell'articolo
6, paragrafo 1, può domandare di diventare membro
dell'Unione. Esso trasmette la sua domanda al Consiglio, che
si pronuncia all'unanimità, previa consultazione della
Commissione e previo parere conforme del Parlamento
europeo, che si pronuncia a maggioranza assoluta dei membri
che lo compongono.
Le condizioni per l'ammissione e gli adattamenti dei trattati su
cui è fondata l'Unione, da essa determinati, formano l'oggetto
di un accordo tra gli Stati membri e lo Stato richiedente. Tale
accordo è sottoposto a ratifica da tutti gli Stati contraenti
conformemente alle loro rispettive norme costituzionali”.
La Costituzione turca del 1982 afferma espressamente la forza
giuridica del Preambolo (intensamente ideologico) e sottrae
alla revisione costituzionale le norme di caratterizzazione
della forma di Stato.
ARTICLE 176. The Preamble, which states the basic views and
principles underlying the Constitution, shall form an integral
part of the Constitution.
The headings of articles merely indicate the subject matter of
the articles, their order, and the connections between them.
These headings shall not be regarded as a part of the text of
the Constitution.
PREAMBLE (As amended on October 17, 2001)
In line with the concept of nationalism and the reforms and
principles introduced by the founder of the Republic of Turkey,
Atatürk, the immortal leader and the unrivalled hero, this
Constitution, which affirms the eternal existence of the
Turkish nation and motherland and the indivisible unity of the
Turkish state, embodies;
The determination to safeguard the everlasting existence,
prosperity and material and spiritual well-being of the
Republic of Turkey, and to attain the standards of
contemporary civilization as an honourable member with
equal rights of the family of world nations;
The understanding of the absolute supremacy of the will of the
nation and of the fact that sovereignty is vested fully and
unconditionally in the Turkish nation and that no individual or
body empowered to exercise this sovereignty in the name of
the nation shall deviate from liberal democracy and the legal
system instituted according to its requirements;
The principle of the separation of powers, which does not
imply an order of precedence among the organs of state, but
refers solely to the exercising of certain state powers and
discharging of duties which are limited to cooperation and
division of functions, and which accepts the supremacy of the
Constitution and the law;
The recognition that no protection shall be accorded to an
activity contrary to Turkish national interests, the principle of
the indivisibility of the existence of Turkey with its state and
territory, Turkish historical and moral values or the
nationalism, principles, reforms and modernism of Atatürk and
that, as required by the principle of secularism, there shall be
no interference whatsoever by sacred religious feelings in
state affairs and politics; the acknowledgment that it is the
birthright of every Turkish citizen to lead an honourable life
and to develop his or her material and spiritual assets under
the aegis of national culture, civilization and the rule of law,
through the exercise of the fundamental rights and freedoms
set forth in this Constitution in conformity with the
requirements of equality and social justice;
The recognition that all Turkish citizens are united in national
honour and pride, in national joy and grief, in their rights and
duties regarding national existence, in blessings and in
burdens, and in every manifestation of national life, and that
they have the right to demand a peaceful life based on
absolute respect for one another’s rights and freedoms,
mutual love and fellowship and the desire for and belief in
“Peace at home, peace in the world”.
This Constitution, which is to be embraced with the ideas,
beliefs, and resolutions it embodies below should be
interpreted and implemented accordingly, thus commanding
respect for, and absolute loyalty to, its letter and spirit.
Is entrusted by the Turkish nation to the patriotism and
nationalism of its democracy-loving sons and daughters.
IV. Irrevocable Provisions
ARTICLE 4. The provision of Article 1 of the Constitution
establishing the form of the state as a Republic, the provisions
in Article 2 on the characteristics of the Republic, and the
provision of Article 3 shall not be amended, nor shall their
amendment be proposed.
PART ONE GENERAL PRINCIPLES
I. Form of the State
ARTICLE 1. The Turkish state is a Republic.
II. Characteristics of the Republic
ARTICLE 2. The Republic of Turkey is a democratic, secular
and social state governed by the rule of law; bearing in mind
the concepts of public peace, national solidarity and justice;
respecting human rights; loyal to the nationalism of Atatürk,
and based on the fundamental tenets set forth in the
Preamble.
III. Integrity of the State, Official Language, Flag, National
Anthem, and Capital
ARTICLE 3. The Turkish state, with its territory and nation, is
an indivisible entity. Its language is Turkish.
Its flag, the form of which is prescribed by the relevant law, is
composed of a white crescent and star on a red background.
Its national anthem is the “Independence March”.
Its capital is Ankara.
Peraltro, nell’ordinamento turco si afferma esplicitamente la
subordinazione delle leggi di revisione costituzionale al
controllo di costituzionalità, ancorché limitato ai soli profili
formali.
ARTICLE 148. The Constitutional Court shall examine the
constitutionality, in respect of both form and substance, of
laws, decrees having the force of law, and the Rules of
Procedure of the Turkish Grand National Assembly.
Constitutional amendments shall be examined and verified
only with regard to their form. However, no action shall be
brought
before
the
Constitutional
Court
alleging
unconstitutionality as to the form or substance of decrees
having the force of law issued during a state of emergency,
martial law or in time of war.
The verification of laws as to form shall be restricted to
consideration of whether the requisite majority was obtained
in the last ballot; the verification of constitutional
amendments shall be restricted to consideration of whether
the requisite majorities were obtained for the proposal and in
the ballot, and whether the prohibition on debates under
urgent procedure was complied with.
Occorre osservare dunque che il Costituente turco ha inteso
indirettamente riservare al potere politico la completa
disponibilità del merito della revisione costituzionale, in un
contesto nel quale non manca di affiorare un atteggiamento di
diffidenza nei confronti del controllo di costituzionalità
espresso anche sotto forma di norme sull’interpretazione.
ARTICLE 149. (As amended on October 17, 2001)
[…] The Constitutional Court shall give priority to the
consideration of, and to decisions on, applications for
annulment on the grounds of defect in form.
ARTICLE 152. (ricorso in via incidentale)
[…] No allegation of unconstitutionality shall be made with
regard to the same legal provision until ten years elapse after
publication in the Official Gazette of the decision of the
Constitutional Court dismissing the application on its merits.
ARTICLE 153. The decisions of the Constitutional Court are
final. Decisions of annulment cannot be made public without a
written statement of reasons.
In the course of annulling the whole, or a provision, of laws or
decrees having the force of law, the Constitutional Court shall
not act as a law-maker and pass judgment leading to new
implementation.
PART FIVE (MISCELLANEOUS PROVISIONS)
I. Preservation of Reform Laws
ARTICLE 174. No provision of the Constitution shall be
construed or interpreted as rendering unconstitutional the
Reform Laws indicated below, which aim to raise Turkish
society above the level of contemporary civilisation and to
safeguard the secular character of the Republic, and which
were in force on the date of the adoption by referendum of the
Constitution of Turkey.
1. Act No. 430 of 3 March 1340 (1924) on the Unification of
the Educational System;
2. Act No. 671 of 25 November 1341 (1925) on the Wearing of
Hats;
3. Act No. 677 of 30 November 1341 (1925) on the Closure of
Dervish Monasteries and Tombs, the Abolition of the Office of
Keeper of Tombs and the Abolition and Prohibition of Certain
Titles;
4. The principle of civil marriage according to which the
marriage act shall be concluded in the presence of the
competent official, adopted with the Turkish Civil Code No.
743 of 17 February 1926, and Article 110 of the Code;
5. Act No. 1288 of 20 May 1928 on the Adoption of
International Numerals:
6. Act No. 1353 of 1 November 1928 on the Adoption and
Application of the Turkish Alphabet;
7. Act No 2590 of 26 November 1934 on the Abolition of Titles
and Appellations such as Efendi, Bey or Pasa;
8. Act No. 2596 of 3 December 1934 on the Prohibition of the
Wearing of Certain Garments.
3.14.6 La forma repubblicana come unico limite esplicito alla
revisione costituzionale (art. 139 Cost.) non ha significato solo
per la caratterizzazione elettiva e non ereditaria dell’organo
capo dello Stato (secondo quanto si potrebbe ricavare
dall’interpretazione storica e dalla volontà di formalizzare
l’esito del c.d. referendum istituzionale del 2 giugno 1946) ma
anche in quanto formula in grado di incorporare in sé anche «i
valori repubblicani», ossia i principi supremi o fondamentali
dell’ordinamento
costituzionale
repubblicano),
i
quali
fondatamente pertanto possono ritenersi inclusi nel divieto di
sottoposizione a revisione costituzionale.
3.14.7 Ne discende un ulteriore carattere determinante dello
Stato
costituzionale
di
diritto
repubblicano
italiano:
segnatamente, che anche le leggi costituzionali e di revisione
costituzionale sono legittimamente sottoposte al controllo di
legittimità ad opera della Corte costituzionale (come la Corte
stessa ha riconosciuto nella sentenza n. 1146 del 1988). Si
tratta, peraltro, di un riconoscimento ben rilevante sul piano
della demarcazione fra politicità e giuridicità: anche la
funzione costituzionale (non costituente) e di revisione
costituzionale – e pertanto la sua discrezionalità politica – del
legislatore (art. 138 Cost.), che pure risulta fondata su di un
requisito sostanziale di una notevole “quantità di consenso”
(incluso quello del corpo elettorale eventualmente coinvolto in
un voto referendario) incontra un limite giuridico espresso
dall’esercizio della funzione costituente ed applicato dalla
Corte costituzionale.
3.14.8 Si contrappongono pertanto la discrezionalità politica
dell’organo della revisione costituzionale (le Camere ed
eventualmente il corpo referendario secondo la procedura
aggravata
dell’art.
138
Cost.)
e
la
discrezionalità
interpretativa motivata del giudice costituzionale, quale
emerge dalla sentenza 1146 del 1988 (e dall’affermazione ivi
contenuta secondo cui, ragionando diversamente, “si
perverrebbe all’assurdo di considerare il sistema di garanzie
giurisdizionali della Costituzione come difettoso o non
effettivo proprio in relazione alle sue norme di più elevato
valore”). Dal testo della Costituzione manca peraltro una
figura di ricorso ad hoc e la necessità di ricorrere agli ordinari
modi di accesso alla giustizia costituzionale (per quanto
riguarda i diritti costituzionali: sostanzialmente il solo ricorso
in via incidentale, una volta (difficilmente) identificata la
rilevanza della questione di legittimità di una legge
costituzionale o di revisione costituzionale per la soluzione
della controversia giudiziaria a qua) non rende agevole la
configurabilità concreta della fattispecie.
3.14.9 La questione rileva peraltro anche ai fini della
qualificazione
della
legittimità
dell’introduzione
di
un’eventuale deroga (permanente) ovvero di una rottura
(puntuale) costituzionale.
Esempi di deroghe originarie: art. 77 1°comma: potere di
decretazione
d’urgenza
del
Governo
come
deroga
all’esclusione (disposta in via generale) del potere del governo
di emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria
senza previa delegazione delle Camere); art. 57 3° comma:
attribuzione al Molise di due senatori e alla valle d’Aosta di
uno come eccezione alla attribuzione generale di almeno sette
senatori a ciascuna Regione); art. 87 2° comma (attribuzione
alla Valle d’Aosta di un delegato soltanto, rispetto ai tre
attribuiti alle altre Regioni, al fine di contribuire all’elezione
del Presidente della Repubblica; XII Disposizione transitoria
e finale sul divieto di riorganizzazione, sotto qualsiasi forma,
del disciolto partito fascista (in deroga alla libertà
associazione partitica dei cittadini di cui all’art. 49 Cost.).
di
Esempio
di
deroga
successiva:
legge
di
revisione
costituzionale per lo divisione della Regione Abruzzo e Molise,
in deroga al requisito costituzionale di un minimo di un milione
di abitanti prescritto dall’art. 132 Cost.
Esempio di rottura originaria XII Disposizione transitoria e
finale, 2 comma (limitazioni temporanee, per non oltre un
quinquennio, al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi
responsabili del regime fascista disposto con rinvio alla legge
ordinaria).
Esempi di rotture successive; legge costituzionale per lo
svolgimento di referendum consultivo sul conferimento di
potere
costituente
al
Parlamento
europeo;
legge
costituzionale 24 gennaio 1997, n. 1 "Istituzione di una
Commissione parlamentare per le riforme costituzionali" (Art.
4: “La legge costituzionale approvata con unico voto finale ai
sensi dell'articolo 3,comma 4, e' sottoposta ad unico
referendum popolare entro tre mesi dalla pubblicazione ed e'
promulgata
se
al
referendum
abbia
partecipato
la
maggioranza degli aventi diritto e sia stata approvata dalla
maggioranza dei voti validi” che introduce una duplice
eccezione puntuale alla disciplina dell’art. 138 (il referendum
confermativo è eccezionalmente obbligatorio e si introduce il
quorum di partecipazione per la sua validità).
La figura della deroga (e della rottura) costituzionale
successiva va esaminata alla luce della giurisprudenza sui
principi supremi dell’ordinamento quali limiti alle leggi
costituzionali e di revisione costituzionale al fine di valutarne
la legittimità non solo dal punto di vista della legittimità
formale (deroghe e rotture poste in essere secondo la
procedura di cui all’art. 138 Cost.) ma anche da quello della
legittimità sostanziale (ossia della conformità
ai principi
supremi,
individuati
motivatamente
dalla
Corte
costituzionale).
L’individuazione della figura dei principi supremi introduce
inevitabilmente una gerarchia di norme all’interno della
Costituzione rigida: le norme che introducono, incorporano e
formalizzano i principi supremi possono essere qualificate
come supercostituzionali, nel senso che presentano una
super-rigidità rispetto ad altre norme costituzionali rigide e
denotano una maggiore forza di resistenza rispetto a norme
formalmente equiordinate successive nel tempo (e infatti le
leggi costituzionali e di revisione costituzionale non possono
violare i principi supremi e la Corte costituzionale può
valutarne la legittimità). Si tratta di una gerarchia materiale,
fondata non su elementi formali (procedurali) bensì su profili
sostanziali (ricordiamo che la già citata sentenza n. 1146 del
1988 ha parlato in proposito di «norme [costituzionali] di più
elevato valore»). Riemerge la delicata problematica della
costituzione materiale e della configurazione del principio di
legalità e di legittimità in relazione alla giurisdizione
costituzionale.
3.14.10 L’individuazione di una gerarchia di norme
infracostituzionale presenta due ordini di conseguenze: in
primo luogo, si prospetta una riflessione sulle cosiddette
norme a copertura costituzionale e, in secondo luogo, si
introduce un ragionamento sul bilanciamento dei valori quale
tecnica di giudizio della Corte costituzionale.
Le norme a copertura costituzionale sono fonti normative
costituzionali o anche ordinarie o che nondimeno, in via di
eccezione alla consueta operatività del criterio gerarchico e
del criterio della successione temporale fra norme, possono
legittimamente porsi in contrasto con e pertanto derogare a
singole disposizioni costituzionali ma non con i principi
supremi dell’ordinamento in tanto in quanto la disciplina
normativa derogatoria sia uno sviluppo previsto e legittimato
da norme costituzionali. Queste ultime norme hanno la
funzione di norme sulla produzione, in quanto individuano atti
idonei ad innovare l’ordinamento.
Un esempio è fornito dall’art. 116 Cost. che prevede, con
riserva di legge costituzionale, “forme e condizioni particolari
di autonomia” per le cinque Regioni (e le due Province
Autonome di Trento e Bolzano), in deroga alla disciplina
costituzionale di diritto comune prevista per le restanti
Regioni. E’ dunque nella ratio stessa dell’autonomia regionale
speciale che si deroghino singole norme costituzionali ma non
i principi supremi dell’ordinamento.
Un secondo esempio di norme a copertura costituzionale è
offerto dal diritto comunitario: è noto che regolamenti e
direttive adottati dal legislatore della Comunità Europea non
solo hanno l’efficacia della fonte legislativa ordinaria senza
necessità di un corrispondente ordine di esecuzione
contenuto in una legge ad hoc del Parlamento ma altresì
determinano l’inapplicabilità della fonte ordinaria interna
successiva nel tempo. Il conferimento di questa efficacia
normativa e la garanzia costituzionale del primato del diritto
comunitario sul diritto interno, in deroga all’attribuzione della
funzione legislativa alle Camere (art. 70 Cost.) e alle Regioni
(art. 116 per le autonomie speciali e art. 117 per le autonomie
ordinarie) in tanto sono legittimi in quanto conformi all’art. 11
Cost., secondo il quale l’ordinamento italiano “consente, in
condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di
sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace
e la giustizia fra le Nazioni”: i principi supremi
dell’ordinamento costituzionale continuano però a essere un
limite all’efficacia e al primato del diritto comunitario (teoria
dei controlimiti interni contrapposta alla teoria della Corte
Europea di Giustizia, secondo la quale il primato del diritto
comunitario s’impone anche a tutte le norme costituzionali
degli ordinamenti degli Stati membri).
Un terzo esempio di norme a copertura costituzionale si
presenta con le norme concordatarie, ossia le norme che,
attraverso il metodo pattizio costituzionalizzato dall’art. 7
Cost., disciplinano i rapporti fra lo Stato italiano e la Chiesa
cattolica (“ciascuno nel proprio ordinamento indipendenti e
sovrani”). In virtù di quella disposizione, la giurisprudenza
della Corte costituzionale ha riconosciuto la legittimità di
singole deroghe al diritto costituzionale comune ma non ai
principi supremi dell’ordinamento.
Come è dato notare, l’individuazione in via di interpretazione
sistematica della Costituzione della categoria di norme a
copertura costituzionale derogatorie è conseguenza della
previa identificazione di un nucleo inderogabile della
Costituzione consistente nei principi supremi dell’ordinamento
costituzionale.
3.14.11 La seconda conseguenza dell’individuazione di una
gerarchia infracostituzionale di norme, che
già è stata
identificata con la tecnica del bilanciamento dei valori o del
bilanciamento
degli
interessi,
si
configura
invece
diversamente: in questa ipotesi, la Corte si trova di fronte ad
un conflitto fra due norme costituzionali che, nella singola
fattispecie sottoposta al suo giudizio, non può garantire con la
medesima forza (si pensi al contrasto, ad esempio, fra libertà
di cronaca (art. 21 Cost.) e diritto individuale alla riservatezza
[o alla autodeterminazione informativa o alla corretta
rappresentazione esterna di sé], ricavato implicitamente come
bene giuridico costituzionalmente tutelato dall’art. 2 Cost. in
concorso anche con altre disposizioni costituzionali; ovvero si
pensi al contrasto fra diritto a prestazioni sanitarie aggiuntive,
ricavabile dal più ampio diritto costituzionale alla salute (art.
32 Cost.), e principio di parità di bilancio (art. 81), anch’esso
bene costituzionalmente protetto). In questi casi, la Corte si
trova a dover privilegiare, per risolvere il singolo giudizio sulla
legittimità costituzionale di una legge, uno solo dei due valori
o interessi che pure sono entrambi costituzionalmente tutelati
- e pertanto sono formalmente equiordinati - ma vengono
materialmente “gerarchicizzati”, anche se non via permanente
ma solo nella circostanza concreta (sicché sembra più
corretto inquadrare questa tecnica di giudizio nel contesto
concettuale della rottura - più che della deroga costituzionale).
Il tipo di controversia sotteso all’utilizzazione, da parte della
Corte costituzionale (ma anche quale petitum del giudice a
quo), di questa tecnica di giudizio è emblematico di quanto il
vissuto dei rapporti sociali e il contenzioso che ne deriva
difficilmente possano venire ricondotti integralmente e
meccanicamente alla previsione normativa generale ed
astratta del diritto scritto. Il diritto vivente che ne emerge –
ossia il diritto costituzionale distinto dalla Costituzione così
come la norma è distinta dalla disposizione – si pone dunque
quale la risultante di più formanti normativi: il diritto positivo
e la giurisprudenza (entrambi, a loro volta, influenzati ed
integrati dalla dottrina critica), ► in primis quella prodotta
dalla Corte costituzionale, sotto l’impulso del giudice comune,
► ma anche quella della giurisdizione ordinaria, → sia in
quanto si faccia giudice a quo (in particolare, iterando la
rimessione
alla Corte della stessa questione nonostante
precedenti pronunce di rigetto ovvero prospettando alla Corte
questioni che esprimano un petitum volto a sollecitare
l’utilizzazione nella fattispecie di tutti i tipi di sentenza che la
Corte ha elaborato ed impiegato) → sia in quanto proceda
direttamente ad un’interpretazione della legge adeguata e
conforme alla propria interpretazione della Costituzione
(fenomeno della diffusività del controllo di costituzionalità).
3.14.12 Per fornire un quadro di riferimento entro il quale
impostare un ragionamento di spiegazione di questo modo di
essere dell’ordinamento, giova ricordare come nello Stato
costituzionale
di
diritto
il
principio
di
separazione
(tripartizione) dei poteri sia inadeguato a dar conto della
complessità del sistema istituzionale predisposto dalla
Costituzione e come ben più adeguato a connotare la
dinamica relazionale del pluralismo politico-istituzionale
esistente si riveli essere, piuttosto, il principio di checks and
balances, da tradurre preferenzialmente in modo letterale
come principio dei reciproci «controlli ed equilibri». Più che
collocare il dato caratterizzante dell’ordinamento in una rigida
garanzia della separazione delle funzioni – riconducibile ad
una concezione astratta e statica del funzionamento del
governo di una società complessa -, infatti, questo principio
pone invece l’accento su di una
dinamica di natura
relazionale fra poteri e funzioni, al fine della realizzazione di
una rete di controlli reciproci e di una risultante finale
caratterizzata dal perseguimento di un sostanziale equilibrio
fra le istituzioni stesse.
In fondo, la configurazione dello Stato costituzionale di diritto
– che, almeno in Italia, nasce anche come reazione storica ed
ideale ad una concezione della legalità formale fondata sul
predominio della legge e del legislatore ordinario avulso da un
contesto di valori idonei a vincolare anche il legislatore stesso
– rivela quanto le esigenze di tutela di una concezione
garantista della Costituzione quale norma giuridica fondante e
fondamentale sovraordinata gerarchicamente alla legge
richieda il contributo di un istituto – se non di per sé antimaggioritario –certamente non-maggioritario quale il controllo
giurisdizionale di legittimità costituzionale (salvo recuperare
margini di tendenziale sintonia con l’organo legislativo e di
indirizzo politico attraverso un reclutamento non burocratico
bensì
meritocratico,
intuitus
personae,
dei
giudici
costituzionali. Nello Stato di diritto, la giuridicità è garanzia
della politicità e del suo esercizio e pertanto è garanzia del
principio democratico sicché il recupero di politicità
nell’esercizio della funzione giurisdizionale appare lesivo di
quest’ultimo: ma
la
contraddizione
con
il
principio
rappresentativo democratico – che nello Stato di diritto si
esauriva nel principio di supremazia della legge – si rivela solo
apparente e si giustifica, sul piano formale, con la rigidità
della Costituzione e con il principio del primato del potere
costituente su ogni altro potere (che non può essere se non
costituito), e, sul piano sostanziale, con la tutela della
democraticità materiale legata all’esercizio del potere
costituente.
Il quadro di «controlli ed equilibri» che caratterizza lo Stato
costituzionale di diritto nell’esperienza storica italiana rivela
nel complesso una propria ratio di funzionalità, a maggior
ragione in un sistema che, non si dimentichi, ha dovuto
affrontare un percorso di transizione della forma di Stato e di
eliminazione dall’ordinamento di tutta una serie di norme
incompatibili con il quadro dei valori costituzionali
repubblicani.
3.14.13 Limiti formali all’esercizio della funzione costituente
italiana (1946-1948).
Art. 15 TRATTATO DI PACE
10 febbraio 1947
Article 15
Italy shall take all measures necessary to secure to all
persons under Italian jurisdiction, without distinction as to
race, sex, language or religion, the enjoyment of human rights
and of the fundamental freedoms, including freedom of
expression, of press and publication, of religious worship, of
political opinion and of public meeting.
Article 16
Italy shall not prosecute or molest Italian nationals, including
members of the armed forces, solely on the ground that during
the period from 10 June 1940 to the coming into force of the
present Treaty, they expressed sympathy with or took action
in support of the cause of the Allied and Associated Powers.
Article 17
Italy, which, in accordance with Article 30 of the Armistice
Agreement, has taken measures to dissolve the Fascist
organizations in Italy, shall not permit the resurgence on
Italian territory of such organizations, whether political,
military or semi-military, whose purpose it is to deprive the
people of their democratic rights.
ANNEX IV
PROVISIONS AGREED UPON BY THE AUSTRIAN AND
ITALIAN GOVERNMENTS ON 5 SEPTEMBER 1946
(Original English text as signed by the two Parties and
communicated to the Paris Conference on 6 September 1946)
(See Article 10)
1. German-speaking inhabitants of the Bolzano Province and of
the neighbouring bilingual townships of the Trento Province
will be assured complete equality of rights with the Italianspeaking inhabitants, within the framework of special
provisions to safeguard the ethnical character and the cultural
and economic development of the German-speaking element.
In accordance with legislation already enacted or awaiting
enactment the said German-speaking citizens will be granted
in particular:
(a) elementary and secondary teaching in the mother-tongue;
(b) parification of the German and Italian languages in public
offices and official documents, as well as in bilingual
topographic naming;
(c) the right to re-establish German family names which were
italianized in recent years;
(d) equality of rights as regards the entering upon public
offices, with a view to reaching a more appropriate proportion
of employment between the two ethnical groups.
2. The populations of the above-mentioned zones will be
granted the exercise of autonomous legislative and executive
regional power. The frame within which the said provisions of
autonomy will apply, will be drafted in consultation also with
local representative German-speaking elements.
3. The Italian Government, with the aim of establishing good
neighbourhood relations between Austria and Italy, pledges
itself, in consultation with the Austrian Government and
within one year from the signing of the present Treaty:
(a) to revise in a spirit of equity and broadmindedness the
question of the options for citizenship resulting from the 1939
Hitler-Mussolini agreements;
(b) to find an agreement for the mutual recognition of the
validity of certain degrees and University diplomas;
(c) to draw up a convention for the free passengers and good
transit between northern and eastern Tyrol both by rail and, to
the greatest possible extent, by road;
(d) to reach special agreements aimed at facilitating enlarged
frontier traffic and local exchanges of certain quantities of
characteristic products and goods between Austria and Italy.