AA 2013-2014 - Lez16 - Campo Magnetico e

1
Lezione 16
Campo magnetico e magnetizzazione
5.1
Le forze magnetiche nel vuoto.
E’ noto sin dall’antichità che esistono dei minerali (ad es. la magnetite) capaci di attrarre
piccoli oggetti di ferro come limatura o spilli. Tali sostanze (dette magnetiche) presentano
delle zone, dette poli, dove paiono localizzarsi le forze di attrazione. Inoltre, esse esercitano
anche tra loro delle forze che possono essere attrattive o repulsive a seconda della
disposizione dei relativi poli.
Il campo elettrico è stato definito ponendo una carica ferma nello spazio vuoto e valutando al
forza elettrica agente su di essa. Analogamente, l’esistenza di forze magnetiche ha portato
all’introduzione del concetto di campo magnetico e alla sua definizione. E’ possibile, infatti,
porre nello spazio vuoto una carica in movimento con velocità v. In assenza di campo
elettrico, se è presente un campo di induzione magnetica B, la carica sarà soggetta alla forza
magnetica
FB = qv × B( P, t )
La forza magnetica non compie lavoro sulla carica essendo sempre ortogonale alla velocità e
quindi non ne varia l’energia cinetica, mentre ne modifica la direzione del moto.
La forza di Lorentz, somma della forza elettrica e della forza magnetica,
F = FE + FB = qE + qv × B( P, t )
Permette di comprendere come il campo elettrico e il campo magnetico determinino
l’interazione con le cariche. Essa, però, nulla ci dice sulla loro origine.
Un passo decisivo per la comprensione dei fenomeni magnetici fu compiuto da Oersted il
quale osservò che un filo percorso da corrente genera su un ago magnetico esploratore effetti
analoghi a quelli esercitati da una calamita.
5.2
Forze agenti su un circuito percorso da corrente, in un campo magnetico.
Supponiamo che un circuito quasi filiforme sia percorso dalla corrente I in un campo di
induzione magnetica B (prodotto sia da I che da eventuali altre sorgenti). Su ogni singolo
portatore di carica q, in moto con velocità v, agirà la forza f:
f = qv × B
In un tratto dl agirà la forza dF, che è la risultante di tutte le forze agenti sui dn portatori di
carica presenti in dl:
dF = qv × Bdn
Detto ∆t l’intervallo di tempo necessario ai portatori per compiere il tratto dl, e detto t il
versore orientato secondo l’asse del conduttore, si ha:
2
dF = q
dl
t × Bdn
dt
La carica totale dQ che passa attraverso la sezione S del conduttore nel tempo dt è tutta quella
contenuta nel tratto dl, perciò l’intensità di corrente può essere espressa come:
I=
dQ qdn
=
dt
dt
da cui:
dF = I dl t × B
Si ottiene l’espressione della forza elementare che agisce sul tratto infinitesimo dl del
conduttore percorso dalla corrente I, immerso in un campo magnetico B (seconda legge di
Laplace). Tale forza è perpendicolare sia al conduttore che al campo B ed è diretta nel verso
di avanzamento di un cavatappi che ruoti nel senso da t a B (secondo l’angolo minore).
In pratica, la definizione di B si basa proprio dalla valutazione della forza agente su un filo
rettilineo percorso da corrente elettrica e immerso in un campo magnetico B, in quanto è
molto più agevole rispetto alla definizione basata sulla valutazione della forza magnetica
agente su una carica in movimento.
Al campo B si dà il nome di campo di induzione magnetica e la sua unità di misura è il Tesla.
5.3
Proprietà del campo magnetostatico
Solenoidalità del campo magnetostatico.
La prima legge della magnetostatica afferma che il campo di induzione magnetica B nel vuoto
prodotto da una qualsiasi distribuzione di correnti è solenoidale, ossia:
∫∫ B0 ⋅ n dS = 0
∀Σ
Σ
Questa legge definisce le proprietà delle linee di campo, cioè le loro caratteristiche
topologiche. A differenza del campo elettrostatico, le cui linee di forza convergono verso un
punto (sorgente o pozzo), le linee di forza del campo magnetostatico sono sempre chiuse e il
flusso di B attraverso una qualsiasi superficie chiusa Σ è sempre nullo. Non esiste allora
l’analogo magnetico della carica elettrica perché non esistono cariche magnetiche dalle quali
possano emanare linee di campo di B0.
Ne consegue che il flusso di B0 attraverso due superfici non chiuse S1 e S2 aventi lo stesso
contorno γ e orientamento concorde è uguale:
Φ = ∫∫ B 0 ⋅ n1 dS = ∫∫ B 0 ⋅ n1 dS
S1
S2
Il flusso dipende allora dal contorno γ: per tal motivo si parla semplicemente di flusso
concatenato con la linea chiusa γ.
Le dimensioni del flusso Φ sono [T m2]; a questa unità si dà il nome di Weber.
3
La legge di Ampere
La seconda legge della magnetostatica nel vuoto afferma che il campo di induzione magnetica
B è rotazionale. Nel vuoto, data una generica linea orientata γ, contenuta nel campo, e
considerata una qualsiasi superficie Sγ con bordo γ, orientata in modo congruente alla linea γ,
risulta:
∫γ B
0
⋅ t dl = µ 0 i = µ 0 ∫∫ J C ⋅ ndS
Sγ
dove µ0 è la permeabilità magnetica del vuoto (µ0=4π10-7 H/m) e il termine I indica la somma
di tutte le correnti concatenate con la linea chiusa γ, mentre JC è la densità di corrente di
conduzione, che può essere considerata quale sorgente del campo di induzione B. La somma
va intesa in senso algebrico, nel senso che va considerato il segno “+” per le correnti il cui
verso di riferimento sia congruente con quello scelto per orientare γ. Si sottolinea che due
linee chiuse si dicono concatenate se non è possibile staccarle senza tagliarne una.
In definitiva, la legge di Ampere specifica il legame esistente tra l’induzione magnetica e le
sue sorgenti mentre la legge di solenoidalità specifica le caratteristiche topologiche del
campo.
5.4
Calcolo del campo magnetostatico in geometrie fondamentali.
Campo generato da un filo conduttore. Legge di Biot-Savart
Scegliamo un filo conduttore di forma arbitraria percorso da corrente elettrica di intensità i.
Per valutare il campo B da esso prodotto, dividiamo il filo in elementi differenziali dl di
lunghezza infinitesima, direzione tangente al filo e verso concorde con quello della intensità
di corrente. Il contributo infinitesimo dB al campo in un punto P dell’elementino dl posto in Q
a distanza rPQ si ottiene dall’espressione nota come Legge di Biot-Savart:
dB =
µ0 I dl × rPQ
4π
r3
Campo generato da un filo conduttore indefinito
Consideriamo un filo rettilineo indefinito percorso dalla corrente i in direzione ortogonale al
piano del foglio.
i
B
B
Per simmetria il campo non dipende da ϕ e da z, ma solo dalla distanza r dal centro.
Applicando la legge della circuitazione:
B(r ) =
µ0
ϕˆ
2πr
4
Il solenoide indefinito
Consideriamo un solenoide costituito da N spire di un conduttore ideale, percorse da corrente
i, avvolte in aria,. Sia la lunghezza del solenoide h molto maggiore del suo diametro d (h>>d),
e indichiamo con S la sezione del solenoide.
L
γ
d
S
a
c
b
B
e
x
x
x
x
f
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
g
h
g'
h'
x
Ricordiamo le equazioni integrali che ci servono per risolvere il problema:
Φ B = B ⋅ n dS
∫∫S


∫ B ⋅ tdl = µ 0 ic
 γ
(1)
(2)
Il campo B prodotto dal solenoide è somma vettoriale dei campi dovuti alle singole spire. Il
campo tende ad annullarsi tra spire adiacenti. Se le spire sono molto ravvicinate tra loro, se la
lunghezza del solenoide è molto maggiore del suo diametro, trascurando gli effetti di bordo, si
può ritenere che il campo B sia nullo all’esterno del solenoide in quanto la circuitazione lungo
qualsiasi curva esterna al solenoide infinito non concatena correnti. Inoltre, considerata la
circuitazione di B lungo la generica linea efgh e la circuitazione lungo la linea efg’h’, si nota
che il campo all’esterno deve essere sicuramente nullo in quanto, altrimenti, esso
assumerebbe lo stesso valore all’esterno sia in gh che in g’h’, sarebbe cioè uniforme
all’esterno del solenoide e, quindi, anche a distanza infinita da esso.
Il campo, invece, è localizzato all’interno del solenoide ed è uniforme. Inoltre, esso è diretto
parallelamente all’asse del solenoide.
Applichiamo la (2) alla linea chiusa γ di figura e ricordiamo le ipotesi fatte sul campo B.
Potremo scrivere:
1
µ0
∫ B ⋅ tdl =
γ
b
c
d
a
 1
1 
 ∫ B ⋅ tdl + ∫ B ⋅ tdl + ∫ B ⋅ tdl + ∫ B ⋅ tdl  =
 µ Bh = ic = Ni
µ 0  a
0
b
c
d

dove ic è la corrente concatenata con la linea γ.
Indicando con n il numero di spire per unità di lunghezza del solenoide, si ricava che:
B=
µ 0 Ni
h
= µ 0 ni
5
Il toroide
Il toroide non è altro che un solenoide piegato in modo tale da formare una ciambella.
Supponiamo che esso sia costituito da N spire percorse dalla corrente i.
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
γ
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
Anche in questo caso, per questioni di simmetria, si può ritenere che le linee di campo B
formino all’interno del toroide, delle circonferenze concentriche con esso. Scegliendo una di
queste linee di campo, avente raggio r, e applicando la legge di Ampere, potremo scrivere:
∫γ ( B) ⋅ tdl = µ i
⇒
0 c
B 2πr = µ 0 Ni
r
B=
µ 0 Ni 1
2π r
Analogamente, applicando al legge di Ampere ad una qualsiasi circonferenza esterna al
toroide e concentrica con esso, è possibile provare che il campo B è nullo all’esterno del
toroide ideale.
5.5
Il dipolo magnetico ideale.
E’ costituito da una spira filiforme elementare piana γ percorsa da corrente i e di area Sγ.
n
µm
I
Il momento µm del dipolo magnetico elementare è definito come
µ m = i Sγ n
6
dove Sγ è l’area della regione piana orlata da γ e n è il versore della normale alla spira stessa,
orientata concordemente con la corrente i. L’unità di misura del momento di dipolo magnetico
è [A m2].
Cosa accade a un dipolo magnetico elementare quando interagisce con un campo magnetico
uniforme? Come nell’interazione di un dipolo elettrico con un campo elettrico uniforme, la
risultante delle forze che agiscono sul dipolo magnetico è uguale a zero. Infatti ad ogni
elemento dl della spira su cui agisce la forza dF, corrisponde un altro elemento dl su cui
agisce una forza con lo stesso modulo, stessa direzione, ma verso opposto. Pur essendo il
risultante del sistema di forze che agiscono sul dipolo uguale a zero, il momento di questo
sistema di forze è diverso da zero. La coppia del momento del sistema di forze che agiscono
sul dipolo è data da:
C = µm × B
µm
B
I
Dunque, il dipolo magnetico immerso in un campo magnetico uniforme non si sposta su o giù
oppure lateralmente, ma tende a ruotare, se libero da ulteriori vincoli, fino ad allinearsi con il
campo magnetico.
Consideriamo i punti sull’asse z della spira di raggio R. Su tale asse, il campo magnetico
risulta diretto nella stessa direzione del momento di dipolo magnetico. Infatti dobbiamo
valutare il contributo di ogni elemento dl tramite la legge di Biot-Savart. Poiché per ogni dl ne
esiste sempre un altro dl’ che dà contributo uguale in modulo al precedente, ma con
componente ortogonale all’asse z opposta, si ricava che il campo ha solo componente lungo z
e vale:
B(z ) =
(
µ 0 iR 2
2 R2 + z2
Per punti lontano dalla spira, con z>>R, abbiamo:
B(z ) =
µ 0 iR 2
2z 3
Poiché µ m = i S γ n e S = πR 2 , otteniamo:
B(z ) =
µ0 µ m
2πz 3
)
3
2
7
5.6 Il campo magnetico in presenza di mezzi materiali
La reazione della materia alla applicazione di un campo magnetico è detta magnetizzazione (o
polarizzazione magnetica). L’argomento può essere affrontato con un approccio di tipo
fenomenologico, da un punto di vista macroscopico, così come è stata trattata la
polarizzazione nei dielettrici.
Formalmente le equazioni della magnetostatica in presenza di corpi materiali sono simili alle
equazioni nel vuoto, con la differenza che deve essere introdotta, come vedremo, una nuova
sorgente, la densità di corrente molecolare Jm:
La difficoltà, rispetto al caso del vuoto, sta nel fatto che la densità di corrente di conduzione
Jc è generalmente nota, mentre lo stesso non si può dire per la densità di corrente molecolare
Jm. Per poter risolvere tali equazioni, allora, è dunque necessario trovare una relazione che
leghi Jm a una grandezza macroscopica misurabile e dunque direttamente nota.
A tale scopo verrà introdotto il vettore di polarizzazione magnetica M e si determinerà una
relazione che lega M a Jm. Qualora siano note la polarizzazione magnetica M e la densità di
corrente J, date le condizioni al contorno, le equazioni consentono di determinare il campo di
induzione magnetica B.
Questa situazione, però, avviene piuttosto raramente. In realtà la polarizzazione magnetica M
dipende dal campo di induzione magnetica B: se allora è nota la relazione M=M(B), le
equazioni differenziali possono essere scritte nella sola incognita B in funzione della densità
di corrente Jc e risolte, una volta fissate le condizioni al contorno.
8
5.7 Polarizzazione magnetica.
Per capire il fenomeno della polarizzazione magnetica o magnetizzazione è ovviamente
necessario capire l’origine delle correnti molecolari che danno il loro contributo al campo di
induzione magnetica B.
Così come per i dielettrici il mezzo materiale è stato schematizzato come un continuo di
dipoli elettrici, così per studiare la polarizzazione elettrica ci si può rifare alla materia come a
un continuo di spire elementari percorse da correnti, ossia come a un continuo di momenti di
dipolo magnetico.
Infatti, considerando il semplice modello planetario di Bohr dell’atomo di idrogeno,
l’elettrone che ruota intorno al nucleo è equivalente ad una corrente di intensità
i=
e
T
dove e indica la carica dell’elettrone mentre T è il periodo dell’orbita. Per rendersene conto,
basta osservare che attraverso ogni sezione ideale dell’orbita l’elettrone passa (1/T) volte al
secondo e quindi la carica che attraversa ciascuna sezione nell’unità di tempo (ossia l’intensità
di corrente elettrica) è proprio (e/T). A tale spira atomica attraversata dalla corrente i è
associato un momento di dipolo magnetico µm:
µ mo = i S =
e
π r02
T
dove S è la superficie racchiusa dall’orbita dell’elettrone (supposta circolare) e r0 è il raggio
dell’orbita. A tale momento magnetico si dà il nome di momento di dipolo magnetico orbitale
µmo.
Nella discussione del momento magnetico è conveniente collegarlo al momento angolare Lorb
che esso possiede rispetto al nucleo. Potremo scrivere:
L orb = r0 × me v 0
dove con v0 si è indicata la velocità dell’elettrone, e con me si è indicata la massa
dell’elettrone (me=9.11 10-31 kg).
Il momento orbitale e il momento magnetico orbitale hanno la stessa direzione, ma verso
opposto in quanto l’intensità di corrente associata al movimento dell’elettrone che viaggia alla
velocità v0 è da considerarsi negativa.
L orb
v
0
e
r
i
µm
0
9
 2πr0
Considerando che il modulo di Lorb è pari a : Lorb = r0 me v0 = r0 me 
 T
e che il modulo di µmo è pari a : µ mo =
πr02

=
2
m

e
T

e
π r02 ,
T
la relazione che lega i due momenti risulta:
µ mo = −
e
L orb
2 me
Questa relazione è stata ottenuta con un procedimento non quantistico, applicando la
meccanica classica, ma il risultato è coerente con le osservazioni sperimentali. Nella realtà,
però, è necessario sottolineare che in quanto-meccanica il momento angolare non si può
misurare, mentre è possibile farlo solo per le sue componenti su un asse, le quali sono
quantizzate. Ad esempio, la componente lungo l’asse z può assumere i seguenti valori:
Lorb , z = nl
h
2π
con nl = 0, ± 1, ± 2, .., ± nlim ite
Dove h è la costante di Planck (h=6,62 10-34 J s) e il numero intero nl è il numero quantico
orbitale.
Ne consegue che anche il momento magnetico orbitale è quantizzato e, ad esempio, la sua
componente lungo l’asse z può valere:
µ mo, z = − nl
eh
4πme
con nl = 0, ± 1, ± 2, .., ± nlim ite
eh
J
= 9.27 * 10 − 24 , detta magnetone di Bohr, è possibile
4πm
T
esprimere il momento magnetico orbitale in termine di magnetoni di Bohr:
Introducendo la quantità µ B =
µ mo, z = − nl µ B
Il magnetone di Bohr definisce l’unità fondamentale per i momenti di dipolo magnetico e, in
altre parole, esso è per il magnetismo il corrispondente della carica elementare per le proprietà
elettriche.
Esiste anche un altro modo attraverso il quale una molecola può interagire con un campo
magnetico esterno. Infatti un singolo elettrone è caratterizzato anche da un momento angolare
meccanico intrinseco S (spin), dovuto alla rotazione su se stesso; a questo è associato un
momento di dipolo magnetico di spin µms:
µ ms = −
e
S
me
Non ha senso in tal caso concepire un modello “classico” dello spin dell’elettrone, in quanto
sono necessari concetti della meccanica quantistica. In ogni caso è importante osservare che
esso produce un campo magnetico che, a distanza, ha comportamento simile a quello prodotto
da un dipolo magnetico.
10
Anche in questo caso è necessario osservare che lo spin S è alquanto diverso dal momento
angolare in quanto esso non può essere misurato, mentre se ne possono misurare le
componenti lungo un asse; le componenti di S sono quantizzate e possono assumere solo due
valori che differiscono tra loro nel segno. Se, ad esempio, la componente di spin è misurata
lungo l’asse z , essa può assumere solo due valori ricavati sperimentalmente:
S z = ns
h
,
2π
ns = ±
1
2
dove ns è il numero quantico di spin e h è la costante di Planck.
Anche del momento di dipolo magnetico di spin ms possiamo conoscerne solo una
componente lungo una direzione prescelta. La componente lungo l’asse z dello spin è legata
al suo momento magnetico dalla relazione:
µ ms,z = −
e
Sz
me
µ ms,z = ±
eh
4πme
da cui:
E, in termini di magnetone di Bohr:
µ ms,z = 1µ B
Inoltre, c’è da considerare che anche gli altri costituenti dell’atomo, protoni e neutroni,
possiedono un momento magnetico di spin il quale però, a causa delle differenti masse, è
circa tre ordini di grandezza più piccolo di quello dell’elettrone e può pertanto essere
trascurato.
Tutti gli elettroni in un atomo hanno un momento magnetico orbitale e uno di spin che si
combinano vettorialmente. Il momento magnetico totale si ottiene, pertanto, come somma
vettoriale di tutti i momenti orbitali e di tutti i momenti di spin. Bisogna però ricordarsi che
valgono alcune regole fondamentali:
a) Il principio di esclusione di Pauli prevede che in un atomo non possono coesistere più
di due elettroni nello stesso orbitale e che, in tal caso, essi devono avere spin
antiparalleli;
b) La proiezione lungo un asse, ad esempio quella del campo magnetico esterno, del
momento angolare orbitale è quantizzata e lo spin degli elettroni può disporsi solo
parallelamente o antiparallelamente a tale direzione.
Può accadere che, in assenza di campo magnetico locale internamente alla materia, tutti questi
dipoli microscopici siano orientati casualmente e la loro risultante, eseguita su un volumetto
qualunque di materiale, è nulla e il materiale non genera alcun effetto magnetico
macroscopico. Esistono, però, anche materiali in cui la combinazione di questi momenti
magnetici dà luogo ad un campo magnetico diverso da zero anche in assenza di campo
esterno. Per effetto di un campo magnetico esterno, questi materiali possono acquisire un
momento magnetico diverso da zero. Riguardo al loro magnetismo, le sostanze possono
essere divise in tre grandi categorie: diamagnetiche, paramagnetiche e ferromagnetiche,
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In ogni caso, però. la presenza di un campo magnetico locale nella materia genera fenomeni di
polarizzazione di diversa intensità; il momento magnetico risultante di ogni porzione del
materiale non è più nullo e si presentano sia delle alterazioni del campo magnetico esterno che
delle azioni meccaniche sul materiale da parte del campo stesso.
Consideriamo allora un punto P di un materiale magnetizzato e sia ∆τ un elemento di volume
centrato in P. Diciamo ∆µ il momento magnetico della materia contenuta in ∆τ e definiamo
intensità di magnetizzazione nel punto P il vettore M:
∆µ
∆τ →0 ∆τ
M = lim
Esso è il vettore momento magnetico per unità di volume (definito allo stesso modo come il
vettore di polarizzazione P nei dielettrici). L’unità di misura di M è nel sistema S.I.
Ampere/metro [A/m].
L’importanza fisica della magnetizzazione sta in una notevole proprietà, analoga a quella
della polarizzazione, che ora brevemente illustreremo. Si assuma che sia nota la distribuzione
della magnetizzazione M. L’intensità della corrente elettrica di origine “molecolare” che
attraversa una generica superficie aperta S, orientata attraverso il verso della normale n , è
uguale alla circuitazione della magnetizzazione M lungo la sua frontiera γ, orientata
concordemente con il verso della normale n secondo la regola della mano destra:
I m = ∫∫ Jm ⋅ n dS = ∫ M ⋅ dl
S
γ
dove il vettore Jm è definito come densità di corrente molecolare nel mezzo.
Per arrivare a tale risultato, consideriamo una superficie S che poggi su una linea chiusa γ,
supponendo di trovarci in un mezzo schematizzato come un continuo di momenti di dipolo
magnetico e in cui vi siano N spire elementari di corrente molecolare per unità di volume.
Valutiamo il flusso ∫∫ J m ⋅ n dS della densità di corrente molecolare attraverso tale superficie.
S
Osservando la figura, ci rendiamo conto che le sole spire che contribuiscono al flusso sono
quelle che si concatenano con la linea γ (spire di tipo 1), mentre tutte le altre spire (di tipo 2)
danno contributo nullo.
Per calcolare il contributo al flusso delle spire che si concatenano con la linea γ, e quindi la
corrente totale concatenata con γ, possiamo supporre che i momenti delle spire siano tutti
12
uguali tra loro e pari al momento di dipolo medio µd e cioè possiamo pensare che tutte le spire
)
siano ugualmente orientate secondo la direzione media k , abbiano tutte un’area A pari alla
)
media delle proiezioni sul piano normale a k , e tali che in esse circoli la stessa intensità di
corrente elettrica i.
Rappresentando un tratto generico dl della linea γ, ci troviamo di fronte alla situazione
rappresentata in figura:
A questo punto, prendiamo una generica spira e muoviamola parallelamente a se stessa con il
centro su dl. Essa descriverà un volume cilindrico V che vale:
)
V = A k ⋅ dl
Ci accorgiamo che le uniche spire che contribuiscono alla corrente concatenata con γ sono
quelle il cui centro è contenuto nel volume cilindrico appena descritto. La corrente idl
concatenata con il tratto dl è pertanto quella delle spire contenute in tale volume e vale:
)
idl = N V i = N A k ⋅ dl i = N µ d ⋅ dl = M ⋅ dl
La corrente molecolare totale associata a tutta la linea γ, e quindi la corrente attraverso la
superficie S, risulta:
I m = ∫∫ Jm ⋅ n dS = ∫ M ⋅ dl
γ
S
Le correnti di magnetizzazione contribuiscono, insieme alle correnti di conduzione, alla
circuitazione del campo magnetico, per cui la legge di Ampere-Maxwell, in regime
stazionario, si modifica in:
B0
∫γ µ
⋅ t dl = I c + I m
0
Introducendo il vettore intensità di campo magnetico H:
H=
B
µ0
−M
la cui unità di misura è [A/m], la seconda equazione fondamentale assume la forma:
B0
∫γ H ⋅ t dl = ∫γ µ
0
⋅ t dl − ∫ M ⋅ t dl = I c = ∫∫ J c ⋅ ndS
γ
S
13
relazione che fornisce il teorema della circuitazione di Ampere relativo al campo magnetico
H: la circuitazione di H lungo una linea chiusa γ è pari alla corrente di conduzione Ic
concatenata con γ.
Le equazioni fondamentali della magnetostatica in presenza di mezzi materiali divengono:
 B ⋅ ndS
∫∫
Σ

∫ H ⋅ t dl = I c = ∫∫ J c ⋅ ndS
 γ
S
in cui, oltre ai vettori incogniti B e H, compaiono le sole correnti di conduzione Jc che, in
generale, sono note. Affinché tali equazioni ammettano soluzione univoca è necessario sia
fissare le condizioni al contorno che trovare la relazione che intercorre tre H e B, ovvero la
relazione tra M e B.
Il vantaggio nell’introdurre l’intensità del campo magnetico H come un’ulteriore variabile è
analogo a quello che si ha nell’introdurre il campo di spostamento elettrico D: sta proprio nel
fatto che nella legge di Ampere-Maxwell compare come “sorgente” solo l’intensità di
corrente elettrica libera, cioè le correnti che possiamo “controllare” attraverso conduttori: il
contributo delle correnti di magnetizzazione situate nel materiale magnetico è portato in conto
dalla presenza dell’intensità del campo magnetico. Sotto ipotesi non affatto molto restrittive
l’induzione magnetica B (in un materiale magnetico) può essere espressa in funzione
dell’intensità del campo magnetico H che agisce nel materiale, attraverso una relazione che
dipende solo dalla costituzione fisico-chimica del materiale magnetico. Alla relazione tra il
campo B e il campo H in un materiale magnetico si dà il nome di relazione costitutiva del
materiale.
Nel caso di materiali lineari, omogenei e isotropi, la relazione tra B e H è di semplice
proporzionalità:
B = µH
In cui la costante di proporzionalità è la permeabilità magnetica del materiale in esame.
Talvolta risulta utile introdurre la permeabilità magnetica relativa µ r =
µ
, per cui la
µ0
relazione tra induzione magnetica e intensità di campo magnetico diviene:
B = µr µ0H
Per quanto riguarda le condizioni al contorno, se lo spazio interessato comprende più
materiali diversi, sulle superfici di separazione tra essi devono essere espresse opportune
condizioni di raccordo, che ci dicono come il campo magnetico varia passando da un
materiale all’altro.
Tali condizioni di raccordo possono essere facilmente trovate se si considera che B è
solenoidale e il flusso di B attraverso una qualsiasi superficie chiusa è nullo. Considerata
allora una superficie cilindrica elementare a “moneta” di tipo “M” a cavallo tra la superficie
di separazione S tra due mezzi, nel calcolo del flusso elementare dΦ di B attraverso essa è
possibile trascurare il flusso attraverso la superficie laterale, per cui:
14
dΦ = (Bn1 − Bn 2 ) dS = 0 ⇒ Bn1 = Bn 2
La componente normale di B non subisce alcuna discontinuità passando da un mezzo
materiale ad un altro.
Per quanto riguarda H, possiamo considerare una linea chiusa del tipo a “T” a cavallo dei due
mezzi, con due lati infinitesimi di lunghezza dl paralleli alla superficie di separazione tra i
mezzi e gli altri infinitesimi di ordine superiore. Se si applica il teorema della circuitazione di
Ampere, il contributo di questi ultimi alla circuitazione di H può essere trascurato, così come
può essere trascurata la corrente di conduzione concatenata in quanto infinitesima di ordine
superiore; si perviene alla espressione:
H t1dl − H t 2 dl = 0 ⇒ H t1 = H t 2
La componente tangenziale di H è continua nel passaggio tra due mezzi. Se sulla superficie di
separazione S tra i mezzi è presente una corrente di conduzione superficiale, allora la
circuitazione di H non è nulla e le sue componenti tangenziali risultano discontinue su S.
Per i materiali lineari, isotropi ed omogenei è possibile esprimere in diverso modo le
condizioni di raccordo. Ricordando, infatti che:
 Bn1 = Bn 2
e B = µH

 H t1 = H t 2
si ha
 Bn1 = Bn 2
µ1 H n1 = µ 2 H n 2

e  Bt1 Bt 2

 H t1 = H t 2
µ = µ
 1
2
Facendo il rapporto membro a membro si ottiene la cosiddetta legge di rifrazione delle linee
di campo di B e di H:
 H t1
  Bt1


  B  tgθ
H
µ
n1 
n1 

1
=
=
= 1
 Ht2
  Bt 2
 tgθ 2 µ 2

 

H
B
n2 
n2 


dove θ1 e θ2 sono gli angoli formati con la normale alla superficie dalle linee di forza di H,
ovvero di B.
5.8
Calcolo del campo magnetostatico in mezzi materiali.
Riprendiamo l’esempio già fatto in precedenza, considerando questa volta un solenoide
costituito da N spire di un conduttore ideale, percorse da corrente i, avvolte su un materiale
15
lineare, omogeneo e isotropo di permeabilità µ. Sia la lunghezza del solenoide h molto
maggiore del suo diametro d (h>>d), e indichiamo con S la sezione del solenoide.
L
γ1
d
S
a
c
b
H
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
γ2
Ricordiamo le equazioni integrali che ci servono per risolvere il problema:
 B ⋅ ndS
∫∫
Σ

∫ H ⋅ t dl = I c
γ
B = µH

Il campo magnetico H prodotto dal solenoide è nullo all’esterno del solenoide. Basta
convincersene applicando il teorema della circuitazione di Ampere ad una qualsiasi linea
chiusa del tipo γ2 esterna al solenoide stesso e notando che essa non concatena correnti.
Trascurando gli effetti di bordo, se la lunghezza del solenoide è molto maggiore del suo
diametro, si può ritenere che il campo H sia uniforme nel solenoide e diretto lungo il suo asse.
Applichiamo la legge di Ampere alla linea chiusa γ1 di figura:
c
d
a
b


 = Ni
H
⋅
t
dl
=
H
⋅
t
dl
+
H
⋅
t
dl
+
H
⋅
t
dl
+
H
⋅
t
dl
∫γ
∫
∫
∫
∫

b
c
d
a

Indicando con n il numero di spire per unità di lunghezza del solenoide, si ricava che:
H=
Ni
= ni
h
E l’induzione magnetica è pertanto µr volte l’induzione che si otterrebbe in un solenoide
indefinito avvolto in aria.
B = µH = µni = µ 0 µ r ni
Come facilmente intuibile, ad analogo risultato si perviene nel caso di toroide.
5.9 Classificazione dei materiali.
Per quanto riguarda la relazione tra B e H, essa può essere trovata sperimentalmente se si
16
fanno misure, ad esempio, su un solenoide toroidale assisimmetrico avvolto su un campione
(anch’esso toroidale e assisimmetrico, di sezione S) del materiale in esame. Se questo è
omogeneo ed isotropo, le linee vettoriali del campo H, per motivi di simmetria, sono circolari
e coassiali; l’intensità del campo a distanza r dall’asse è:
H =
Ni
2πr
dove N è il numero delle spire dell’avvolgimento e I è la corrente che le percorre. Variando i
si può variare H a piacimento e, misurando contemporaneamente B, si può ricavare la
relazione B=B(H) cercata.
Il campo B può essere misurato se si fa riferimento ad una seconda bobina realizzata con N2
spire, avvolta anch’essa sul toro. La tensione indotta e2 in questa bobina è pari a:
e2 = N 2
dΦ N 2 SB
=
dt
dt
Chiuso il secondo avvolgimento su un resistore di resistenza nota R2, si ha la circolazione
della corrente i2:
i2 =
e2
R2
⇒
B=
R2 dt
R
i2 = q2 2
N2S
N2S
L’induzione magnetica B è ricavabile della carica q2, misurabile attraverso un galvanometro
balistico.
Dai risultati di queste esperienze è possibile classificare i materiali in tre grandi categorie : i
materiali diamagnetici (rame, argento); i materiali paramagnetici (aria, alluminio); i materiali
ferromagnetici (ferro, nichel). In particolare, le prime due categorie sono caratterizzate da un
comportamento lineare, mentre per i materiali ferromagnetici la relazione tra B e H è non
lineare.
Nei mezzi materiali isotropi, omogenei e lineari la relazione tra B e H può essere espressa
come:
B=µH
dove µ è detta permeabilità magnetica del materiale. Per i corpi anisotropi tale costante
scalare è costituita da un tensore. Introducendo la permeabilità relativa µr:
µr =
µ
µ0
sperimentalmente si può osservare che i materiali diamagnetici hanno µr<1, mentre i materiali
paramagnetici hanno µr>1. Va sottolineato, comunque, che le permeabilità relative dei
materiali diamagnetici e paramagnetici si discostano ben poco dall’unità e, perciò, nella
stragrande maggioranza dei casi, non si tiene conto della presenza di questi materiali, ma li si
considera alla stregua del vuoto.
La relazione lineare sopra espressa implica anche un legame lineare tra i vettori M e B:
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B = µ 0 (H + M) = µ 0
 µ 
+ µ 0M ⇒ µ 0M = B1 − 0 
µ
µ 

B
 1 1
M = B 
− 
 µ0 µ 
E’ anche possibile introdurre il parametro χm, detto suscettività magnetica:
χ m = µr − 1
da cui:
 µ

M = H  − 1 = H (µ r − 1) = χ m H
 µ0 
La suscettività magnetica rappresenta allora il fattore di proporzionalità fra il campo
magnetico H presente nel materiale e il momento magnetico indotto per unità di volume M.