Lo sviluppo del dogma - Ufficio catechistico dell`arcidiocesi di

ella Chiesa cattolica bisogna aver gran cura di ritenere ciò che è stato creduto dappertutto, sempre e
da tutti. Questo infatti è veramente e propriamente cattolico, secondo l'idea di universalità espressa
dal significato e dalla forza della parola stessa. Gli insegnamenti della Chiesa avranno, dunque per
regola, l'universalità, l'antichità, il consenso generale.
Seguiamo l'universalità, quando confessiamo come vera ed unica fede quella che la Chiesa intera
professa per tutto il mondo.
Seguiamo l'antichità, quando non ci scostiamo per nulla dai sentimenti che notoriamente
proclamarono i nostri predecessori e i nostri santi padri.
Seguiamo il consenso generale, infine, quando abbracciamo le definizioni e le dottrine di tutti o
quasi i vescovi e i dottori.
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Il vero e autentico cattolico è colui che ama la verità di Dio e la Chiesa, corpo di Cristo. Egli non
antepone nulla alla religione divina e alla fede cattolica: ne l'autorità di un uomo, ne l'amore per lui,
ne il suo ingegno, ne l'eloquenza, ne la filosofia. Disprezzando tutte queste cose, rimane
irremovibile nella fede, ed è risoluto ad ammettere e a credere soltanto ciò che la Chiesa ha sempre
e universalmente creduto.
Egli sa che ogni dottrina nuova e mai udita prima, introdotta da uno solo, fuori o contro la dottrina
comune dei fedeli, non ha nulla a che vedere con la religione; essa costituisce piuttosto una
tentazione, secondo l'insegnamento dell'apostolo Paolo: E' necessario che avvengano divisioni tra
voi. perché si manifestino quelli che sono i veri credenti in mezzo a voi 1( 1 Cor 11,19 ).
Ciò significa che Dio non estirpa immediatamente gli errori, perché appaia in quale misura ciascuno
è tenace, fedele, costante nell'amore alla fede cattolica.
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Forse che nella Chiesa di Cristo nessun progresso sarà possibile per la religione? Certo che ci sarà, e
grandissimo! Chi sarebbe tanto avverso agli uomini e ostile a Dio da impedirlo? A condizione pero
che si tratti di vero progresso nella fede, non di alterazione. Progresso significa che una cosa si
accresce rimanendo se stessa; nell'alterazione, invece, una cosa si modifica trasformandosi in
un'altra.
Cresca dunque, e progredisca in ogni modo possibile, l'intelligenza, la scienza, la sapienza dei
singoli e della collettività, di ogni individuo come di tutta la Chiesa, secondo il progredire dell'età e
dei secoli: purché questo avvenga esattamente secondo la loro peculiare natura, cioè nello stesso
dogma, nel medesimo senso, secondo una stessa interpretazione.
La religione delle anime deve imitare lo sviluppo dei corpi, i cui elementi, benché col passare degli
anni si evolvano e crescano, rimangono però sempre gli stessi. C'è tanta differenza infatti tra il
fiorire dell'infanzia e la maturità della vecchiaia; e tuttavia, quelli che ora sono vecchi sono gli stessi
che furono adolescenti.
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Se mutano l'aspetto e le abitudini di un uomo, si tratta sempre però della stessa natura e della stessa
persona. Le membra dei lattanti sono piccole, grandi quelle dei giovani, ma sono sempre quelle.
Tante ne hanno i bambini quante gli adulti; e se qualcosa di nuovo appare in eta più matura, gia
preesisteva nell'embrione; sicche nulla di nuovo si manifesta poi nell'adulto che non si trovi gia
latente nel fanciullo.
Non c'è quindi alcun dubbio: questa è la regola retta e legittima del progresso, secondo l'ordine
stabilito e bellissimo della crescita; cioè nei grandi l'aumento dell'età rivela le stesse parti e
proporzioni che la sapienza del Creatore aveva delineato nei piccoli.
Se la forma umana prendesse in seguito un aspetto estraneo alla sua specie, se le fosse aggiunto o
tolto qualche membro, necessariamente tutto il corpo perirebbe, o diverrebbe mostruoso, o per lo
meno si indebolirebbe.
Le stesse leggi di crescita deve seguire il dogma della religione cristiana. Col passare degli anni si
deve consolidare, deve svilupparsi nel tempo, divenire sempre più alto con l'età.
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I nostri padri, nel passato, seminarono nel campo della Chiesa il buon grano della fede: sarebbe
davvero ingiusto e sconveniente che noi, loro discendenti, cogliessimo la zizzania del subdolo
errore in luogo del frumento dell'autentica verità.
Al contrario, è giusto e logico che la mietitura non differisca dalla semina e che quando il grano
della dottrina è giunto a maturazione, noi possiamo mietere il frumento del dogma. Se, col
procedere del tempo, qualcosa si è sviluppato da quei semi originali, cio sia motivo di gioia e di
approfondimento.
Non si puo dire, però, che sia mutato il carattere specifico del seme: aumenterà la bellezza, l'altezza,
la distinzione delle parti, ma la natura propria di ciascuna specie rimane intatta. Non accada mai,
dunque, che i rosai della dottrina cattolica si trasformino in cardi spinosi.
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Tutto cio che la fede dei padri ha seminato nel campo di Dio, che è la Chiesa, dobbiamo coltivarlo e
custodirlo con zelo; questo soltanto, non altro, deve fiorire e maturare, crescere e giungere a
perfezione. E' legittimo che gli antichi dogmi della sapienza cristiana, nel corso dei secoli, vengano
sviluppati, limati, illustrati; ma sarebbe empio mutarli, storpiarli, mutilarli. Acquistino pure maggior
evidenza, chiarezza, precisione; ma è necessario che conservino sempre la loro pienezza, integrità,
proprietà.
Se si tollerasse anche per una volta l'introduzione di un errore nel dogma, tremerei di fronte alla
portata dei pericoli che correrebbe la religione di essere distrutta e annientata per sempre. Se si cede
su un punto qualsiasi del dogma cattolico, bisogna poi cedere su un altro, poi su un altro ancora, e
via di seguito, finche tali abdicazioni divengono abituali e lecite. E una volta che si è presa la mano
a rigettare il dogma pezzo per pezzo, cosa ne seguirà alla fine se non ripudiarlo per intero?
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Se si comincia a mescolare il nuovo con l'antico, l'estra- con quel che è autentico, il profano col
sacro, questo disordine si diffonderà da per tutto, e nella Chiesa nulla resterà intatto, inalterato,
integro, senza macchia. Dove prima si levava il santuario della verità pura e incorrotta, vi sarà una
sentina di infami e turpi errori.
Ma la misericordia divina tenga lontano dalla mente dei suoi un tale crimine e lasci questa pazzia
agli empi.
La Chiesa di Cristo, custode vigile e prudente dei dogmi che le sono stati affidati, non muta mai
nulla in essi, nulla vi toglie ne aggiunge. Non amputa ciò che è necessario, non vi sovrappone il
superfluo; non perde ciò che è suo, non si appropria ciò che appartiene ad altri.
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Nel prendersi cura con fedeltà e saggezza delle dottrine antiche, questo solo la Chiesa si studia di
fare con sommo zelo: chiarire accuratamente cio che ha ricevuto dall'antichità come in germe e in
abbozzo; rafforzare e confermare cio che è stato gia espresso con precisione; custodire ciò che è
stato gia confermato e definito.
Nei decreti conciliari la Chiesa si è sforzata sempre di ottenere che si credesse con maggiore
consapevolezza quello che prima si credeva con semplicità. Ha voluto che si predicasse con
maggiore insistenza quello che prima si annunciava con minore impegno, e che si venerasse con più
ardente pietà quel che prima si onorava con minor cura.
Questo ha sempre fatto la Chiesa cattolica con i decreti dei suoi concili, quando sono apparsi nuovi
errori. Ha trasmesso ai posteri in documenti scritti, con brevi e dense formule, quello che aveva
ricevuto dai padri per sola tradizione; e spesso, per illuminarne la comprensione, ha specificato con
termini nuovi e appropriati una dottrina non nuova.