Fondamenti di Psicosomatica Caterina

annuncio pubblicitario
Fondamenti di
Psicosomatica
FARE NATUROPATIA
Caterina
Carloni
Fare
Naturopatia
R
C ECOL A
L
NO
DI
BE
Questo libro è stampato su carta ecologica riciclata prodotta con il
100% di carta da macero e senza l’uso di cloro e imbiancanti ottici.
Carta certificata Blue Angel ed Ecolabel in quanto creata con un
basso consumo di energia.
TCF
Totally Chlorine Free
FONDAMENTI DI PSICOSOMATICA
Caterina Carloni
edizioni
© Copyright 2011
Edizioni Enea - SI.RI.E. srl
I edizione febbraio 2011
ISBN 978-88-95572-42-0
Edizioni Enea
Sede Legale - Viale Col di Lana 6/a, 20136 Milano
Sede Operativa/Magazzino - Piazza Nuova 7, 53024 Montalcino (SI)
www.edizionienea.it
[email protected]
Progetto grafico
Lorenzo Locatelli
Disegno in copertina
Federica Aragone
Stampato e rilegato da
Graphicolor, Città di Castello
I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, informatica, multimediale, riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo, compresi microfilm
e copie fotostatiche, sono riservati per tutti i Paesi.
La nostra psiche è costituita in armonia con la struttura
dell’universo e ciò che accade nel macrocosmo accade
egualmente negli infinitesimi e più soggettivi recessi
dell’anima.
Carl Gustav Jung
INDICE
9
Prefazione
11
Introduzione
13
1. STORIA E SVILUPPO DELLA MEDICINA PSICOSOMATICA
21
2. LA MALATTIA COME LINGUAGGIO DEL CORPO
22
23
28
31
36
40
42
45
46
47
48
49
51
52
54
1. L’interpretazione psicosomatica dei disturbi
2. La cute e i suoi simboli
3. L’apparato respiratorio
4. Il sistema cardiocircolatorio
5. Il sistema digestivo
6. Il sistema urinario
7. L’apparato sessuale e riproduttivo
8. Il sistema immunitario
9. L’apparato endocrino
10. L’ossatura
11. Il sistema nervoso
12. I disturbi dell’alimentazione
13. Il tumore: il tentativo misterioso di avviare una trasformazione
14. La depressione: la crisi che rinnova
15. L’attacco di panico: l’energia vitale che vuole uscire allo scoperto
57
3. GLI STRUMENTI D’INDAGINE
57
61
68
1. L’inconscio, le sue leggi e i miti
2. La comunicazione non verbale e la fisiognomica
3. L’enneagramma
75
4. GLI STRUMENTI TERAPEUTICI
75
79
81
81
1. Le tecniche psico-corporee
2. L’arteterapia
3. L’alimentazione
4. Un approccio alternativo: la psicologia bhaktivedantica e la
visualizzazione meditativa
7
Fondamenti di Psicosomatica
8
85
5. IL CICLO DELLA VITA
86
87
88
90
91
1. La ricerca sulle esperienze in punto di morte
2. Elizabeth Kubler-Ross e la psicotanatologia
3. Raymond Moody e le esperienze di pre-morte
4. Brian Weiss e l’ipnosi regressiva
5. La tradizione bhaktivedantica
101
6. LA PSICOSOMATICA E LE MEDICINE ANTICHE
101
102
103
104
104
106
107
108
114
1. La medicina olistica greca
2. La medicina spirituale dei nativi americani
3. Il Taosimo
4. La Medicina Tradizionale Cinese
5. La Medicina Tibetana Tradizionale
6. La tradizione tolteca
7. La medicina degli antichi Egizi
8. L’Ayurveda: la più antica scuola di psicosomatica
9. La psicologia dello yoga
119
Conclusioni
121
Riferimenti bibliografici
Prefazione
Il termine “psicosomatica” richiama all’unità mente-corpo. In una visione olistica del mondo e dell’essere umano non si distingue più il sintomo fisico dalle dinamiche interiori che lo
hanno portato a manifestarsi e l’interpretazione simbolica della malattia diventa un appassionante viaggio alla scoperta di sé e alla comprensione del perché di una malattia o di un disturbo.
Il disagio interiore, le fasi di “crisi” richiamano a una “correzione del percorso” che
non è più adeguato per consentire alla persona la realizzazione di sé e quindi la felicità e la
salute, è richiesto dunque un cambiamento, un rinnovamento che non sempre la persona è
disposta a riconoscere e attuare. La capacità di nuovi adattamenti e mutamenti nella vita è
fondamentale, irrigidirsi in vecchie posizioni e comportamenti quando non sono più adatti
alla realtà che ci troviamo a vivere, conduce a problemi più gravi rispetto alle difficoltà
che potremmo incontrare “lasciandoci andare” per aprirci al nuovo con tutte le sue possibilità di crescita e rinnovamento. Tutto muta, è inevitabile, è la legge del mondo materiale,
è inutile dunque restare avvinghiati al passato e a vecchi comportamenti ormai obsoleti, la
vita stessa richiede ogni giorno capacità di trasformazione e di evoluzione.
Quando contrastiamo questo normale processo della vita, la vita stessa ci viene in aiuto
mostrandoci, attraverso il sintomo, la malattia, l’errore da correggere.
Dunque la capacità di trasferire il linguaggio simbolico del corpo in modelli che ne
consentano una chiara comprensione è l’obiettivo della psicosomatica. L’autrice, Caterina
Carloni, ha saputo esprimere in modo chiaro e immediatamente comprensibile i profondi
legami, le intime connessioni tra mente e corpo. Strumento formidabile per chi si approccia alla persona che chiede aiuto, col desiderio di fornire una comprensione più ampia del
perché della sua malattia. La consapevolezza infatti è il primo fondamentale passo verso
la vera guarigione che può sgorgare solo da chi vive il sintomo nel proprio corpo, le sue
personali sensazioni e percezioni.
Lo stesso evento può essere vissuto da ognuno in modo del tutto diverso, e se non è
sufficientemente digerito ed elaborato, trasformato e riconosciuto nel suo “significato”,
può richiedere prepotentemente di essere “metabolizzato” attraverso sintomi che si manifestano in diverse parti del corpo. L’occhio ci chiede di guardare meglio, l’orecchio di
ascoltare, le gambe di procedere, di camminare, di avanzare, le mani di agire, il cuore di
amare e perdonare… Cosa c’è di più interessante della comprensione delle dinamiche profonde in cui si trova a vivere ogni essere umano? Buon viaggio dunque, attraverso organi
e simboli: bellissima la meta! una migliore conoscenza di sé.
dott.ssa Catia Trevisani
Catia Trevisani, medico-chirurgo, si laurea nel 1988 presso l’Università degli studi di Milano;
contemporaneamente approfondisce e pratica la Medicina Olistica.
Ha fondato e dirige dal 1995 la Scuola di Naturopatia SIMO (Scuola Italiana di Medicina Olistica)
in cui insegna il Metodo SIMO per l’integrazione delle singole discipline.
Insegna Nutrizione, Floriterapia, Reflessologia, Cromopuntura e Naturopatia applicata. Pratica come
medico naturopata e promuove la Medicina Olistica attraverso corsi e libri. Ha scritto: Introduzione
alla Naturopatia, Audiocorso di Introduzione alla Naturopatia, Reflessologia Naturopatica, Fondamenti di Nutrizione, Fiori di Bach e Naturopatia, Curarsi con il cibo, Curarsi con l’acqua.
9
Introduzione
Come recentemente riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, la salute
non è solo assenza di malattia, ma “uno stato di completo benessere fisico, psichico e
sociale”.
Il benessere è quindi qualcosa di ampio e dinamico: è vivere in armonia con noi stessi,
rispettando i nostri ritmi e i nostri limiti; è svolgere un lavoro gratificante e in armonia
con le nostre aspirazioni e attitudini; è nutrire il corpo e la mente con “cibi” sani; è avere
buone relazioni interpersonali e mantenere un buon equilibrio tra vita sociale e privata; è
riconoscere i propri bisogni, coltivare interessi e sviluppare i talenti personali. Soprattutto,
salute significa privilegiare la qualità delle relazioni affettive e andare con fiducia alla
ricerca della felicità e dell’amore.
Anche la tutela del sistema ambientale e la sintonia dell’uomo con i cicli della natura,
unita a un’organizzazione sociale che favorisca la realizzazione e lo sviluppo delle risorse
degli individui, costituisce una componente imprescindibile del benessere.
È evidente, infatti, che saper mediare tra esigenze provenienti da diverse dimensioni
della nostra vita – mentale, corporea, emotiva, sociale, affettiva e spirituale – è garanzia di
buona forma psicofisica e di una valida capacità d’interazione con l’ambiente.
La progressiva diffusione di medicine e terapie non convenzionali testimonia, d’altro
canto, la crescente necessità di uscire dal vicolo della settorializzazione, tipico della medicina positivista e meccanicista, per giungere a una concezione multidimensionale della
vita e della salute, secondo il modello olistico.
La psicosomatica è indubbiamente una delle branche più interessanti e rappresentative
di questa scienza della globalità.
Nata agli inizi del Novecento grazie agli impulsi provenienti dagli studi sulla psicologia del profondo, la psicosomatica moderna, arricchita dalle straordinarie intuizioni delle
religioni e delle filosofie orientali e dalle recenti scoperte delle fisica moderna, quantistica
e sistemica, ha sviluppato una nuova concezione della salute.
La visione dell’uomo, secondo questo approccio, si fonda sia sul metodo medico scientifico che su un’interpretazione simbolica vasta e aperta degli eventi e degli “incidenti”
corporei, considerati una preziosissima chiave di accesso all’essenza più profonda dell’individuo.
11
1
Storia e sviluppo della medicina psicosomatica
La psicosomatica è l’arte e la scienza di curare l’essere umano come totalità. Il suo
scopo è favorire lo sviluppo di una nuova e differente consapevolezza della vita e della
malattia. Il sintomo, in quest’ottica, diventa uno strumento di crescita, la malattia un’esperienza necessaria all’evoluzione, il disturbo fisico un simbolo che apre la strada a nuovi
significati esistenziali, riavvicinando l’essere umano a se stesso e riportandolo sul proprio
cammino evolutivo.
Nel caso di una guarigione possibile, lo psicosomatista offre consapevolezza, strumenti
di crescita, di guarigione e di sostegno, aiutando la persona a prendere coscienza di sé e
dello squilibrio patologico, e a comprendere come cambiare la propria vita, come cambiare la propria coscienza, in modo che le energie del corpo cambino da uno stato di squilibrio
e blocco a uno stato di armonia e più elevata polarità energetica: così viene curata l’unità
olistica corpo-mente-spirito.
Nel caso di una guarigione impossibile la persona viene comunque riequilibrata nelle
sue energie e allineata lungo l’asse dei suoi centri psicofisici. Le viene spiegato che la malattia non è guaribile, che è necessario un processo di grande accettazione della realtà, che
è opportuno seguire gli eventi e, nel caso di malattie terminali, di prepararsi spiritualmente
alla morte. Una volta non c’erano i rimedi antidolorifici di adesso e la persona soffriva,
ma aveva una possibilità in più, la meditazione, grande generatrice di endorfine, le morfine endogene che tolgono il dolore. Quando arrivava la morte, il medico non si accaniva
per tenere in vita il malato qualche mese o qualche giorno in più, infilandogli aghi e tubi
o somministrandogli medicine; veniva invece spiegato che il momento era arrivato, che
bisognava aprire la coscienza e abbandonare il corpo in una condizione di serenità. Anche
la morte può essere affrontata in uno spazio di meditazione e di crescita interiore, creando
uno stato di consapevolezza, di calma e di accettazione.
L’eziopatogenesi di un disturbo è sempre multifattoriale. Ogni “malattia” nasce da una
molteplicità di cause: fisiche, genetiche, alimentari, comportamentali, lavorative, ambientali, energetiche, relazionali, emotive, sociali, psicologiche, karmiche, spirituali e così via.
È essenziale avvicinarsi alla malattia con grande umiltà, con la consapevolezza che non
sempre è possibile rintracciare il senso reale e profondo del disturbo e la sua collocazione
all’interno del vasto disegno della vita.
Il terapista può solo offrire una nuova consapevolezza insieme a nuovi strumenti di
crescita e di guarigione, aiutando la persona a capire che cos’è, nella sua vita reale, la
differenza tra logos (la legge dell’ordine, della sincronicità e della vita) e caos (la legge
della casualità, della degenerazione e del disordine), l’equilibrio fra il dharma (il corretto
13
Fondamenti di Psicosomatica
modo di vivere in armonia con l’esistenza) e il karma (i condizionamenti inconsci che ci
spingono ad azioni “patologiche”).
In alcuni casi, la malattia porta con sé le conseguenze di un atteggiamento mentale
distruttivo di cui il paziente prende via via consapevolezza, adoperandosi e collaborando
per rimuovere le cause della malattia stessa. Questa guarigione coincide direttamente con
la sua crescita. A volte, invece, la persona non ha la forza, o la chiarezza, di affrontare il
problema, perché su di essa gravano condizionamenti troppo profondi per essere risolti in
quel momento col suo livello di consapevolezza. In questo secondo caso la persona può
sempre depurarsi, cambiare alimentazione, bilanciarsi con medicine (naturali, omeopatiche o di sintesi) o anche con tecniche chirurgiche. Nel tempo è possibile la guarigione, che
anch’essa tuttavia coinciderà indirettamente con la sua crescita.
Il punto centrale della guarigione è proprio il risveglio di una nuova coscienza della
realtà così com’è, della consapevolezza del proprio potere, della propria bellezza, del coraggio di vivere e di morire.
Due sono le accezioni della parola “psicosomatica”. In senso ristretto, con questo termine si intende quella branca della medicina che si occupa di disturbi organici che, non
rivelando alla base una lesione anatomica o un difetto funzionale, sono riconducibili a
un’origine psicologica.
In un’accezione più ampia, invece, la psicosomatica rimanda a una visione olistica
che, superando il dualismo cartesiano mente-corpo, considera l’uomo un’unità in cui la
malattia si manifesta a livello organico come sintomo e a livello psicologico come disagio.
La medicina psicosomatica ribalta, infatti, lo schema eziologico classico – che prevede
la lesione dell’organo come causa della disfunzione, a sua volta causa della malattia –
nello schema secondo cui il protrarsi di uno stress funzionale, che ha origine nella vita
quotidiana dell’individuo, genera una disfunzione dell’organo che causa successivamente
una lesione e infine sfocia nella malattia.
La medicina psicosomatica è quindi sinonimo, in questa seconda e più esatta accezione,
di medicina totale, di comprehensive medicine, come è in uso nella letteratura americana.
Benché il termine psicosomatica nasca nel XIX secolo, tutta la storia del pensiero filosofico e della medicina antica è permeata dalla questione della separazione tra anima e corpo
(dualismo) o di una loro sostanziale identità (monismo).
Fu il medico tedesco Johan Christian Heinroth a utilizzare nel 1818 per la prima volta
la parola “psicosomatica”; nel 1824 lo studioso Friedrich Groos formulò l’ipotesi che le
malattie rappresentassero gli effetti somatici delle passioni e delle emozioni negative.
Nel 1876 lo psichiatra inglese Henry Maudsley scriveva: “Se l’emozione non è scaricata all’esterno con l’attività fisica o con un’idonea azione mentale, agirà sugli organi
interni alterandone le funzioni”, anticipando così il concetto psicoanalitico di conversione
isterica.
In realtà, come sostenne English nel 1952, “la parola psicosomatica è un termine relativamente nuovo per designare un rudimento della pratica clinica antico come la medicina
stessa”.
L’opportunità di un approccio psicosomatico in medicina era noto allo stesso Platone,
che nel Carmide scriveva:
14
1. Storia e sviluppo della medicina psicosomatica
Forse anche tu sai per aver udito dei bravi medici se per esempio ci va uno con male
agli occhi, gli dicono che non si può cominciare a sanare gli occhi soli, ma che bisognerebbe curare anche la testa se si vuole guarire gli occhi; e dicono ancora che
è un’assurdità pensare di curare la testa per se stessa senza tenere conto dell’intero
corpo. Così cercano di curare e sanare la parte applicando un regime all’intero corpo. Il nostro Zalmosside (eroe della mitologia tracia, NdR), che è un dio, vuole che
come non si deve cominciare a sanare gli occhi senza tenere conto del capo, né il
capo senza il corpo, così neppure si deve cominciare a sanare il corpo senza tenere
conto dell’anima, anzi questa sarebbe proprio la ragione per cui tante malattie la fan
franca ai medici greci, perché essi trascurano il tutto di cui invece dovrebbero prendersi cura, quel tutto che è malato e dunque non può guarire in una parte. Il male o
il bene non irrompe nel corpo e in tutto l’uomo se non dall’anima, dalla quale tutto
proviene, come dalla testa proviene tutto ciò che corre agli occhi; così che si deve
cominciare a curare soprattutto quella, se si vuole che la testa e le altre parti del
corpo stiano bene.
Anche Ippocrate, considerato il padre delle medicina occidentale e vissuto tra il V e il
IV secolo a.C, affermava che tutte le funzioni organiche sono influenzate dalle passioni.
Secondo le sue teorie, le emozioni possono alterare gli equilibri fisiologici del corpo e
indurre patologie, in quanto “gli organi ubbidiscono ai sentimenti”.
Ippocrate elaborò metodi che, diversamente da quelli dei suoi predecessori, risentivano
in minor misura dell’animismo o delle altre dottrine religiose. Nella cura e nel trattamento
delle malattie, egli fece affidamento soprattutto su un’attenta osservazione clinica e sulla
stretta collaborazione tra medico e paziente.
La scuola di Ippocrate sosteneva la cosiddetta “teoria umorale”, basata sulla convinzione che il corpo umano fosse composto, appunto, di quattro umori: sangue, flemma,
bile gialla e bile nera. Si pensava che gli umori fossero i vapori di sostanze materiali
che, oltre a essere causa di malattia, potevano tuttavia contribuire anche alla salute fisica.
Questa concezione era applicata a livello clinico per definire i tipi corporei costituzionali
e caratteriali. Anche le norme dietetiche e l’influenza delle stagioni su salute e malattia
rivestivano particolare importanza nel metodo ippocratico.
Il profilo psicologico di una persona era così strettamente legato alla struttura fisica e di
conseguenza certi tratti di temperamento venivano tipicamente associati a relativi gruppi
caratteristici di malattie.
Aristotele (vissuto dal 384 al 322 a.C.), adottando una prospettiva analoga a quella di
Ippocrate, basò le proprie ricerche sulla classificazione naturalistica e sull’osservazione
empirica. Un’importante parte della sua ontologia e tassonomia era basata su un sistema
di classificazione che combinava ciò che egli definiva le quattro qualità primarie (caldo,
freddo, umido, secco) con le quattro sostanze o elementi (aria, fuoco, terra, acqua). Era
considerata importante non tanto la fisiologia dell’organismo quanto la sua descrizione
anatomica.
Nello stesso solco teorico e condividendo la dottrina dei quattro umori, Galeno di Pergamo, vissuto all’incirca dal 131 al 200 d.C., aveva notato la correlazione tra malattia e
profilo emotivo, rilevando una maggiore incidenza di tumori in donne affette da melanconia rispetto a quelle sanguigne. Ciò lo portava a postulare una dottrina della specificità,
15
Fondamenti di Psicosomatica
secondo la quale specifici tipi di personalità sono correlati a specifiche predisposizioni a
certe malattie.
L’opinione comune è che egli abbia studiato in Asia Minore e alla scuola di medicina
di Alessandria d’Egitto.
Il metodo di Galeno, ripreso da quello di Aristotele, seguiva un indirizzo razionalista, anteponendo la ragione, l’osservazione e la sperimentazione alla conoscenza derivata
dall’esperienza empirica o sensoriale. Attraverso la tradizione araba sviluppatasi più tardi,
Galeno divenne il medico più autorevole del mondo antico. Il suo stile chiaramente occidentale divenne, nei successivi 1500 anni, la base teorica di tutta la metodologia medica
fino almeno al XVI secolo. In verità, la sua influenza persistette fino alla fine del XIX
secolo, a dispetto delle scoperte mediche del XVII secolo, come la descrizione di Harvey
della circolazione sanguigna del 1615 e le osservazioni di cellule e microbi di van Leeuwenhoek.
La stessa psicoanalisi nasce dal confronto con un problema psicosomatico: quello della
sintomatologia organica dell’isteria e della nevrosi d’angoscia.
La questione era stata affrontata in modo esauriente già dal 1878 da J.M. Charcot nel
corso dei suoi famosi esperimenti di ipnotismo alla Salpetrière. Charcot era in grado di
rimuovere sotto ipnosi i più diversi sintomi somatici dell’isteria, quali l’anestesia, le contrazioni e le paralisi, e, su queste premesse, aveva ipotizzato che il blocco fisico potesse
essere prodotto da un’idea, visto che l’idea opposta poteva farlo sparire.
La riflessione di Freud su tali fenomeni è all’origine della nozione di “conversione”, un
termine fondante per la prima psicosomatica.
Secondo Freud, la tendenza alla conversione è un tratto tipico dei pazienti isterici, attraverso la quale tali soggetti “rendono inoffensive rappresentazioni e idee insopportabili,
incompatibili, trasformando la loro somma eccitazione in qualcosa di somatico” (Studi
sull’isteria, 1895). Quando, cioè, un contenuto psichico – un’immagine, una pulsione, un
desiderio – è incompatibile con l’Io, inammissibile alla coscienza e contrario alla morale,
l’affetto ad esso associato è rimosso dalla coscienza con la repressione e convertito in
un disturbo senso-motorio che simboleggia ed esprime a livello corporeo il contenuto
inaccettabile, risolvendo così in parte il conflitto psichico originario (Freud lo definirà “il
misterioso salto dalla mente al corpo”).
Nella processo di conversione risiedeva il problema del passaggio dallo psichico al
somatico, che Freud intendeva risolvere in termini fisiologici, ma per il quale, come riconobbe egli stesso più tardi, non riuscì mai a trovare spiegazioni soddisfacenti. Un’altra
causa dei sintomi somatici psichicamente condizionati, come scrisse nel saggio del 1894
Neuropsicosi da difesa, era la nevrosi d’angoscia, in cui si manifestano – attraverso la crisi
vera e propria – sintomi fisici che possono includere palpitazioni, sudore, tremore, diarrea,
nausea, alterazioni respiratorie, mal di testa. In questo secondo caso, Freud riteneva più
corretto affrontare e indagare tali disturbi, risultato dell’attivazione del sistema nervoso
autonomo, in un’ottica biomedica.
Freud anticipò, in tal modo, la spaccatura del movimento psicosomatico in due approcci distinti, l’uno orientato in senso fisiologico, l’altro in senso psicoanalitico, che si
verificherà cinquant’anni dopo con l’applicazione razionale del concetto di stress alla fisiopatologia (stress = una reazione emozionale intensa a una serie di stimoli esterni che
mettono in moto risposte fisiologiche e psicologiche di natura adattiva, secondo la definizione di Selye).
16
1. Storia e sviluppo della medicina psicosomatica
Uno dei primi seguaci di Freud che si occupò di psicosomatica fu G. Groddeck. Per
questi la malattia, tanto psichica quanto somatica, è un messaggio dell’Es espresso in
forma di simbolo.
Autodefinendosi psicoanalista selvaggio, estese il dominio delle affezioni psicosomatiche ben oltre il modello della conversione freudiana. Per Groddeck la malattia organica
rappresentava, in modo analogo al sogno, l’espressione somatica simbolica di processi
psichici (1917). Riteneva, cioè, che tutte le malattie costituissero i segni corporei attraverso cui l’inconscio comunica all’esterno l’esistenza di un blocco psicologico.
Il corpo, infatti, è per lui una mappa di rappresentazioni simboliche e le malattie sono
le stigmate di un conflitto emotivo non risolto e non razionalizzato.
Ogni processo patologico, per Groddeck, è un processo difensivo in cui il malato può
rifugiarsi per proteggersi dal mondo esterno, che esige da lui prestazioni che superano le
sue capacità. Il processo patologico è quindi un percorso simbolico in cui si possono leggere le difficoltà che ciascuno incontra nella sua vita.
Le sue teorie, tuttavia, restarono senza eredi, soprattutto per la mancanza di una dialettica all’interno della relazione psiche-soma e per una visione monista improntata eccessivamente al misticismo.
Per W. Reich tutti i processi biologici seguono il binario di carica-scarica. Quando la
scarica è impedita, tutto l’organismo entra in tensione, e se questa condizione si cronicizza, a livello psichico si forma una “corazza caratteriale” e a livello fisico una “corazza
muscolare”. Queste armature rappresentano una forma di controllo delle emozioni e una
potente struttura di difesa da esse.
Le teorie di Reich sono alla base dell’analisi bioenergetica di Lowen (1910-2008), secondo il quale non è possibile sciogliere gli irrigidimenti muscolari senza risolvere il conflitto di natura psichica corrispondente, così come non è sufficiente elaborare le nevrosi
senza intervenire contemporaneamente sul blocco corporeo.
M. Boss, sulla base dell’analisi esistenziale, ritiene che la malattia esprima o l’unica
modalità con cui il corpo si apre e si relaziona con il mondo, o le modalità escluse che, non
esprimendosi in un vissuto globale, si annunciano patologicamente. Da questa prospettiva
le regioni del corpo colpite dalla malattia dipendono da una relazione patologica, interrotta
o esasperata, col mondo.
Schilder ha sottolineato come la percezione di un sintomo, il suo valore per il soggetto, le
fantasie e i timori connessi sono legati all’immagine corporea che il paziente si è costruito.
Stress psicosociali e malattie psichiche aumentano l’incidenza dei disturbi dell’immagine
corporea che si manifestano attraverso disturbi somatici che vanno a colpire parti e funzioni del corpo investite di significati simbolici consci e inconsci.
Secondo Cannon, le malattie psicosomatiche sono dovute allo stress, cioè a risposte
emozionali troppo intense o troppo a lungo mantenute. Questa condizione mette in moto
risposte fisiologiche e psicologiche il cui scopo è quello di abbassare la tensione interna.
Il comportamento messo in atto per attenuare lo stress, secondo Cannon, può essere di
attacco o di fuga, oppure di adattamento. Quando gli sforzi del soggetto falliscono perché
lo stress supera la capacità di risposta, allora si è esposti a una vulnerabilità nei confronti
della malattia dovuta a un abbassamento delle difese dell’organismo.
McDougall formula l’ipotesi psicodinamica, secondo cui il paziente psicosomatico è un
soggetto incapace di formulare fantasie come mezzo di gratificazione di pulsioni istintuali.
17
Fondamenti di Psicosomatica
La carenza di fantasia fa sì che la sua attenzione sia incentrata sull’ambiente e sulla realtà
esterna a cui il paziente è super adattato. L’insorgere dell’energia istintuale, in assenza di
una rappresentazione fantastica in cui potersi esprimere, si scarica sul corpo con risultati
autodistruttivi.
F. Deutsch (1884-1964) fu un medico e psicoanalista che dedicò la sua vita a scoprire la
relazione esistente tra fenomeni psicologici e fisiologici. Per Deutsch la malattia rappresenta un mezzo per eliminare conflittualità, per adattare le pulsioni istintuali individuali
alle richieste culturali, con un dispendio di energie minore rispetto alla nevrosi e senza
ledere le norme comportamentali del contesto sociale. Ci si ammala, cioè, per mantenere
una sorta di equilibrio. La malattia si configura come processo di conversione di disagi più
o meno gravi. Deutsch ipotizzava anche una conversione improntata all’istinto di morte,
autodistruttiva, caratterizzata da una retroiezione di impulsi aggressivi diretti verso oggetti
odiati ma simbolizzati nel proprio corpo. La questione della scelta d’organo per esprimere
il disagio sottostante occupa un grande posto nella sua riflessione. Secondo Deutsch la
“continua corrente di conversione nel somatico”, in azione anche nei soggetti sani, è una
specie di linguaggio corporeo che serve a scaricare, in maniera simbolica, l’inconscio
sovraccarico di frammenti di emozioni e altri complessi psichici.
L’opera di F. Alexander (1891-1964) costituisce una pietra miliare nel campo della psicosomatica. La sua innovazione consiste nel negare il concetto di malattia psicosomatica
come categoria specifica e nell’affermare che ogni malattia teoricamente è psicosomatica.
Per Alexander l’eziologia di ogni malattia è pluricausale. Egli distingue nettamente tra
conversione e nevrosi d’organo.
La conversione, carica di emotività, ha luogo nel sistema neuromuscolare volontario e
sensoriale. La nevrosi viscerale riguarda organi controllati dal sistema nervoso autonomo.
Mentre il sintomo di conversione esprime simbolicamente il conflitto rimosso, la nevrosi
d’organo non soddisfa nessuna istanza.
Nelle nevrosi d’organo si distinguono due modalità di sviluppo delle patologie, riferite al coinvolgimento delle funzioni vegetative del sistema simpatico oppure del sistema
parasimpatico.
Il simpatico agisce principalmente sui processi catabolici di mobilitazione delle risorse
energetiche per far fronte a situazioni di emergenza, mentre il parasimpatico stimola i processi anabolici di accumulo delle riserve di energia. I due sistemi sono spesso antagonisti,
poiché la stimolazione dell’uno inibisce l’attività dell’altro.
Alexander definisce l’attività del simpatico come una preparazione dell’organismo alla
lotta e alla fuga, e l’attività del parasimpatico come una recessione delle attività rivolte
all’esterno, quindi un “ritiro vegetativo”.
L’iperattività dei due sistemi produce due distinte tipologie di nevrosi d’organo:
• disturbi cardiaci, vascolari, delle cefalee e dell’artrite reumatoide nel caso di repressione degli istinti di lotta e fuga, con quadri sintomatici riferibili al sistema simpatico;
• disturbi gastrointestinali e respiratori nel caso di ritiro vegetativo, riferibili all’iperattività del parasimpatico, in cui invece di un’azione rivolta all’esterno si verifica una
modificazione autoplastica sostitutiva dell’azione.
I disordini organici, secondo Alexander, evolvono in due tempi:
1)stato emotivo cronicamente alterato, disturbo funzionale;
2)disturbo funzionale, alterazione dei tessuti, malattia organica.
18
1. Storia e sviluppo della medicina psicosomatica
H.F. Dunbar (1943) riteneva che il sintomo psicosomatico fosse “l’effetto di stati di
attivazione fisiologica cronica ed abnorme generata da emozioni inappropriate alla situazione e agli stimoli o inadeguatamente espresse”. In particolare, riteneva che ci fosse una
correlazione tra la specificità della malattia e il tipo di personalità.
Lavorando su una vasta mole di interviste anamnestiche e attraverso l’uso della diagnostica psicodinamica, la psichiatra americana affermava di aver individuato delle significative correlazioni tra malattie e profili di personalità: tutti i pazienti affetti, per esempio, da
ipertensione avevano caratteristiche personologiche simili: esisteva, cioè, una sorta di cliché caratteriale per ogni malattia psicosomatica. La persona sofferente alle coronarie era
un soggetto che lavorava e lottava con fermezza, con grande autocontrollo e con una spiccata tendenza al successo; il malato di ulcera era un tipo iperattivo e intraprendente ecc.
Le teorie della Dunbar vennero criticate sia sul versante psicoanalitico – per la superficialità delle osservazioni e per la trascuratezza verso il materiale inconscio, da cui,
secondo la prospettiva psicodinamica, traggono origine le azioni umane – che dagli esponenti dell’approccio psicofisiologico, secondo i quali l’autrice non aveva dato spiegazioni
convincenti circa il rapporto di causalità tra malattie psicosomatiche e tratti di personalità.
Le teorie della Dunbar, malgrado ciò, hanno avuto larga diffusione nella letteratura
psicosomatica successiva, tanto da essere rintracciabili nelle teorizzazioni di Friedman
e Rosenman (1959) sulle associazioni tra disturbi e tipi di personalità, e nell’opera di C.
Bahnson (1981) sulle correlazioni tra personalità e cancro.
Nello stesso periodo delle teorizzazioni della Dunbar e di Alexander, lo psichiatra americano H. Wolff tentava di applicare il concetto di specificità al di fuori della tradizione
psicodinamica. Wolff ipotizzava che le malattie psicosomatiche fossero l’effetto di un
fallito adattamento ad eventi stressanti o a fattori patogeni (1950). L’idea prendeva origine
dall’osservazione che gli individui tendono ad avere modi peculiari di far fronte agli stimoli e agli stress dell’ambiente e che queste reazioni caratteristiche tendono a somigliarsi
tra i membri di una stessa famiglia.
Secondo Wolff esisteva così una risposta protettiva adattiva specifica dell’individuo e
ereditariamente determinata. Le modificazioni psicologiche, fisiologiche e comportamentali erano viste come fattori concomitanti di risposta individuale allo stress.
Nel 1966 D.W. Winnicott (1896-1971) scrisse un articolo fondamentale dedicato alla
psicosomatica, in cui discusse lungamente sul trattino che separa le due porzioni del termine psico-somatico. Questo viene considerato la parte più importante della parola perché
definisce l’area che deve essere studiata, il segno che “congiunge e separa i due aspetti della pratica medica”. È su questo trattino che lavora lo specialista di malattie psicosomatiche
ed è qui che si inserisce il problema del paziente, la sua dissociazione tra psiche e soma.
Molto interessante l’intuizione di Winnicott, pediatra e grande psicoanalista, riguardante il processo maturativo del bambino. Se il processo di sviluppo del bambino procede
regolarmente, il godere del funzionamento del corpo rinforza lo sviluppo dell’Io, e anche
lo sviluppo dell’Io rinforza il corpo.
Un normale processo di maturazione dallo stato primario non integrato dipende dall’atteggiamento materno; se questo si rivelerà sufficientemente adeguato si realizzerà l’integrazione psicosomatica, cioè la psiche riuscirà ad abitare dentro il soma, altrimenti si
produrrà un’insicurezza dell’abitare nel corpo, con conseguenze di depersonalizzazione e
disturbi psicosomatici.
19
Fondamenti di Psicosomatica
La malattia denota sempre una fragilità del legame tra psiche e corpo. L’aspetto positivo della malattia, in questo senso, consiste nella sua proprietà di mantenere l’unità
psicosomatica dell’individuo, sebbene in negativo.
Un’altra teoria della specificità dei disturbi fu avanzata da Lacey, Bateman e Van Lehn
(1953). Essi avevano rilevato che gli individui tendono a manifestare reazioni fisiologiche
altamente soggettive verso un’ampia gamma di stimoli. Ad esempio, un soggetto può rispondere allo stress con un aumento della tensione muscolare della testa e del collo, uno
con un innalzamento della secrezione gastrica, un altro ancora con una risposta cardiovascolare. Questi diversi individui svilupperanno quindi rispettivamente emicrania, ulcera
peptica, ipertensione o patologie cardiache.
Questo modello, come quello di Wolff, poneva le basi per il superamento del paradigma
psicodinamico in medicina psicosomatica e apriva il programma di ricerca sperimentale
sulla specificità dei correlati fisiologici delle reazioni emozionali.
Il problema dell’espressione comportamentale delle emozioni fu uno dei punti essenziali dell’evoluzione della psicosomatica. Questo aspetto costituisce un problema fondamentale anche per gli approcci più biologisti della psicosomatica contemporanea.
La questione è stata indagata perfino da un punto di vista linguistico e simbolico; nel
1963 Marty, de M’Uzan e David introdussero il concetto di “pensiero operativo” per indicare una presunta povertà immaginativa e una scarsa attitudine alla simbolizzazione
dei pazienti psicosomatici. Secondo i tre psicoanalisti francesi, il malato psicosomatico
è di solito una persona efficiente e apparentemente ben adattata, estremamente concreta
e incapace di staccarsi col pensiero dal presente immediato. Tale incapacità di vivere, intendere e verbalizzare le proprie emozioni venne chiamata “alessitimia” da due psichiatri
dell’Università di Harvard, P. Sifneos e J. Nemiah (1970). Il termine significa letteralmente: incapacità di leggere le emozioni. Questa incapacità costringerebbe i pazienti, secondo
gli autori, a sviluppare un linguaggio del corpo abnorme e patogeno.
Secondo Cremerius (1918-2002), noto psicoanalista tedesco, tuttavia, il pensiero operatorio è caratteristico di certe classi culturali con problemi a esprimere le proprie emozioni, piuttosto che dei pazienti psicosomatici.
Attualmente, gli studi e le ricerche riguardanti la medicina psicosomatica stanno progressivamente avvicinandosi alle concezioni olistiche delle antiche tradizioni mediche
orientali, in particolare all’Ayurveda.
L’Istituto di ricerca Riza Psicosomatica contribuisce da molti anni, attraverso corsi,
articoli, sondaggi e seminari, a diffondere una nuova concezione della malattia che superi
il dualismo mente-corpo e sensibilizzi verso una comprensione dei significati positivi ed
evolutivi del sintomo.
R. Dahlke, psichiatra e psicoterapeuta tedesco molto profilico, ha recentemente pubblicato un dizionario dal titolo Malattia come simbolo, in cui sostiene la tesi che la malattia
sia un evento sensato, un sistema usato dall’anima per rendere l’uomo consapevole dei
propri conflitti irrisolti.
Molto interessanti anche i lavori e gli studi di N.F. Montecucco, medico e ricercatore
italiano, che propone una concezione della salute psicofisica come via di crescita personale e mezzo per arrivare all’unità dell’essere.
20
2
La malattia come linguaggio del corpo
Quando un sintomo si affaccia nella nostra vita, ne avvertiamo subito la duplice natura:
da un lato nasce in noi e appartiene al nostro corpo, dall’altro sembra destabilizzarci, distruggere i nostri equilibri e apparirci come una presenza nemica.
La prima reazione è quella di cacciarlo via, eliminarlo, per tornare ai nostri ritmi abituali, alla nostra normalità, alle nostre abitudini, ma nel caso in cui si imponga per durata
o intensità, sentiamo di essere abitati da forze sconosciute, sulle quali non abbiamo potere
e che non siamo abituati ad ascoltare.
In genere consideriamo la salute con una modalità di base, che è quella dell’assenza di
sintomi e di dolore. Eppure, per natura, questa condizione non può essere costantemente
presente. Anzi, non è questa la vera salute, ne è solo una parte.
Non c’è stata neanche una singola esistenza, nella storia dell’uomo, in cui la malattia
non si sia manifestata almeno una volta nell’arco dell’intera esperienza individuale: lo
rivelano i dati clinici attuali, i testi dell’antichità, gli scheletri dell’età della pietra. Sembra
esistere una legge valida in tutto il mondo per cui, anche se facciamo di tutto per evitarlo,
prima o poi qualcosa giunge ad alterare il nostro equilibrio vitale generando la “crisi”.
La malattia è un’interruzione del nostro vivere quotidiano. Separa il tempo in un “prima”, variamente articolato, e in un “adesso”, improvvisamente doloroso e confuso. La vita
scorreva tranquilla quando d’un tratto arriva un’appendicite acuta che porta al ricovero
in ospedale, un’influenza che costringe a sospendere i ritmi lavorativi, un’anemia che ci
indebolisce e obbliga a fastidiose ricerche diagnostiche.
Un’osservazione più attenta può rivelarci che la nostra vita non scorreva proprio tranquilla, e che, forse, non ci apparteneva del tutto.
Arriva la malattia e ci sentiamo traditi, perché, malgrado sia stata preannunciata da mille segnali, ci coglie sempre di sorpresa. Il corpo non è più un luogo sicuro, la nostra casa
solida e protettiva, ma ci abbandona, ci rovina la giornata, ci ostacola.
Eppure l’evoluzione naturale non ha eliminato la possibilità della crisi e della malattia.
Intere specie viventi si sono estinte, organi e funzioni si sono atrofizzate nel corso di milioni di anni, cambiamenti radicali sono avvenuti nelle varie specie viventi, ma la malattia
permane come fattore ineliminabile nella vita di ognuno di noi.
Tutto induce a pensare che essa non sia una dimenticanza o un errore del processo di
selezione naturale delle specie, ma bensì un processo funzionale e necessario attraverso il
quale la vita “rimescola” la sua materia biologica e si afferma in modo più consapevole e
maturo. Paradossalmente non può esserci salute né evoluzione, sia nella materia che nella
coscienza, senza la malattia.
21
Fondamenti di Psicosomatica
1. L’interpretazione psicosomatica dei disturbi
La malattia spezza i vecchi equilibri e crea le condizioni per una nuova dimensione
esistenziale.
Il disagio che impone, il senso di smarrimento e l’assenza di risposte di fronte alla sua
imprevedibilità, il suo essere muta e oscura quanto più è grave e invalidante, ci impegna in
un percorso di recupero della nostra identità più profonda e dei nostri talenti più nascosti,
costringendoci a una visione più ampia dell’uomo e della vita.
L’uomo è per sua natura un’entità dinamica e poliedrica, in cui non solo psiche e corpo sono collegati tra loro – come nella classica concezione della psicosomatica – ma
esprimono soprattutto la stessa realtà su piani diversi: uno più sottile (mentale, psichico e
spirituale) e uno più materiale (corporeo). La malattia e i sintomi si collocano all’interno
di questa interazione dinamica, e perciò sfuggono all’indagine scientifico-razionale basata
sui criteri di riproducibilità sperimentale.
Tutte le antiche civiltà lo avevano compreso, e – anche perché spesso ignare dei meccanismi fisiologici – curavano le patologie basandosi esclusivamente sulla lettura simbolica,
impregnata della loro specifica cultura e della religione di riferimento.
Lo sciamano guaritore non sapeva nulla del funzionamento del corpo, ma sapeva cogliere i contenuti simbolici profondi di ogni disturbo, e interveniva assicurando sicurezza
a tutta la tribù.
Lo stregone delle popolazioni pellerossa coglieva i segni della natura, evocava il potere curativo degli animali (il coraggio dell’aquila, l’intuizione del falco, l’introspezione
dell’orso) per migliorare il rapporto tra l’uomo e il grande mistero della vita.
Il rishi della cultura indovedica partiva dal principio che il disturbo fisico fosse l’esito
di una serie di comportamenti “adharmici”, cioè contrari all’ordine cosmico universale,
compiuti in questa o nelle precedenti vite.
La medicina moderna, figlia della rivoluzione scientifica dei secoli scorsi, non ha invece nessuna considerazione dei simboli insiti nel corpo – che non sono “dimostrabili” secondo i parametri scientifici – e si concentra solo sul funzionamento, privando il sintomo
della sua anima e separando quest’ultima dal corpo.
Si salvano così molte vite, ma c’è tanto malessere e le patologie sono in aumento.
L’uomo è un’unità dinamica, composta da bios e psiche, materia e spirito; è tanto una
macchina automatica quanto un corpus ricco di simboli. Realizza se stesso attraverso
l’esperienza della propria dimensione fisica e spirituale, e incorre, in particolari condizioni, in eventi patologici anch’essi ricchi di significato e di presupposti evolutivi.
Oggi, fortunatamente, l’integrazione degli studi di psicologia del profondo con le straordinarie intuizioni delle religioni e delle filosofie orientali e con le sempre maggiori conoscenze della fisica moderna sta portando a una nuova visione della malattia; una visione che
pur rintracciando tappe psicopatologiche e atmosfere esistenziali comuni a quasi tutti gli
individui con quel preciso disturbo, non dà per scontato che uno stesso sintomo non possa
avere un senso completamente diverso, a volte opposto, per una persona rispetto a un’altra.
Simbolo significa “tenere insieme nello stesso momento”. Un simbolo psicosomatico tiene
insieme tanti aspetti del nostro essere che – secondo logica – non potrebbero stare insieme.
Un sintomo è simbolico nel senso che può esprimere contemporaneamente il desiderio
e l’avversione per qualcosa, una paura e insieme un’attesa, un bisogno di autonomia ma
anche di dipendenza, la voglia di amore ma anche il dispiacere per un rifiuto.
22
2. La malattia come linguaggio del corpo
Il corpo, inteso come simbolo, diventa la sede in cui gli opposti coesistono, come avviene in modo sincronico a livello psichico. Fondamentale è il modo in cui affrontiamo e curiamo la malattia. La crisi che segue l’incidente o lo squilibrio è un momento di altissimo
valore in cui cogliere una grande opportunità. Riccorrere subito ai farmaci, trascurare il
sintomo, affannarsi alla ricerca del “perché” della malattia possono rappresentare ostacoli
al processo di trasformazione e di rinascita innescato dalla malattia.
L’atteggiamento migliore è quello plasmato sul dinamismo della realtà del sintomo,
costituito da uno sguardo attento e rilassato ai cambiamenti esistenziali e al nuovo stile di
vita imposto dalla malattia.
Uno degli strumenti base, indicato dalle ultime ricerche europee del settore, è la cosiddetta “dimensione d’organo”. Secondo questo strumento di indagine, ogni organo o
tessuto è depositario di immagini arcaiche e di funzioni primarie, presenti in noi da tempo
immemorabile, che rappresentano un modo di essere al mondo.
La dimensione della pelle, ad esempio, è quella della relazione, della comunicazione
con il mondo. Lo stomaco simboleggia la disponibilità ad accogliere. Il sistema immunitario rappresenta uno stato di all’erta.
Ognuno di noi possiede tutte queste dimensioni, ma a seconda del momento della vita
che attraversa, abita preferenzialmente in uno o in alcune di queste.
Ciò significa che chi è calato in una determinata dimensione d’organo, quando interviene un conflitto interiore inconscio, potrà esprimerlo più facilmente a quel livello.
Nello stesso tempo, quando si presenta un sintomo, l’organo in cui esso insorge e il
modo in cui si manifesta ci racconta il percorso di vita della persona, ci parla dei suoi
talenti nascosti e del modo per recuperarli, aiutando così a trovare la giusta via di guarigione; una guarigione che non va intesa solo come scomparsa di sintomi, ma anche come
approdo ad un nuovo equilibrio, più in sintonia con l’essenza della persona.
2. La cute e i suoi simboli
Funzioni
La cute è l’organo che riveste tutto il corpo. È formata, dall’esterno verso l’interno, da
tre strati: epidermide, derma e ipoderma o tessuto adiposo sottocutaneo. È dotata di grande
resistenza alla trazione e al contempo è molto elastica. Svolge una funzione di protezione meccanica, termica e contro i microrganismi; inoltre contribuisce alla conoscenza del
mondo esterno (il tatto), alla regolazione della temperatura corporea, all’escrezione di sostanze di scarto (con il sudore), al deposito e alla produzione di energia (grazie all’adipe).
Contiene moltissime fibre nervose sensoriali per rilevare il dolore, le vibrazioni e la
pressione, e ha la capacità di rigenerarsi e autoripararsi.
Simbologia
La cute è l’organo della relazione con il mondo esterno. Ci delimita e fa di noi un’unità.
Rappresenta la parte visibile di noi stessi ed esprime la nostra individualità. È la preziosa
pergamena sulla quale, inconsapevoli, scriviamo ogni giorno la nostra storia.
È il primo rivelatore della nostra interiorità e della nostra personalità: attraverso il rossore, il pallore, la sudorazione si rivela uno specchio in cui uno sguardo attento può cogliere lo stato d’animo e le fantasie, i segreti e le paure. La cute rappresenta la nostra identità.
23
Fondamenti di Psicosomatica
La pelle, attraverso i segni che porta su di sé, esprime bene certe caratteristiche interiori: le impronte digitali, le cicatrici, le rughe di espressione e i segni del tempo testimoniano
il vissuto delle nostre esperienze e rivelano agli altri l’unicità del nostro essere. La cute
rappresenta il confine, costituisce un filtro e una barriera contro gli agenti nocivi. Simbolicamente, svolge un’importante funzione di limite e di perimetro che consente all’individuo di riconoscersi come essere distinto e delimitato.
Rendendo evidenti all’esterno le risposte vascolari che segnalano situazioni emozionali
interiori, rappresenta un importante mezzo di comunicazione interpersonale. In particolare
nel mondo animale, ma anche in quello umano, essa costituisce il sistema comunicativo
deputato alla regolazione dei comportamenti aggressivi, sessuali e pulsionali, attraverso
modificazioni nella sua forma e nel suo colore in parti specifiche del corpo.
Nelle tribù primitive, inoltre, la cute e i suoi annessi, variamente colorati, trattati e
adornati, svolgevano un ruolo comunicativo con significati simbolici legati a situazioni
magiche, di combattimento, terapeutiche e sociali. Attraverso la cute il corpo emana il
proprio odore che ha un suo codice di riconoscimento e una sua “marcatura” personale.
Le patologie e il loro significato
Dermatite
La dermatite (o eczema) è una malattia della pelle caratterizzata da uno stato infiammatorio che causa prurito, vescicole, gonfiore, rossore e spesso trasudazione, croste e desquamazione. All’origine ci sono allergie e/o intolleranze, agenti irritanti, fattori psicologici,
stress, infezioni. Tra le varie forme, le più frequenti sono:
1)la dermatite atopica, che si presenta con eruzioni, essudato e croste, tipica dei bambini
con tendenza alle allergie;
2)la dermatite seborroica, che forma squame soprattutto sul cuoio capelluto, su volto e
schiena e che colpisce più spesso gli adulti sotto forte stress;
3)l’eczema classico, che può interessare ogni zona del corpo con chiazze rosse, vescicole,
croste e squame.
La simbologia delle dermatiti segnala la presenza di emozioni “di fuoco” che affiorano
in superficie. Se intendiamo la cute come una carta geografica del nostro generale stato di
salute, le dermatiti rappresentano i luoghi in cui sta avvenendo una battaglia, un conflitto
in cui alcuni confini sono attaccati o vanno ridefiniti.
La persona mostra energie profonde che vorrebbero emergere – perlopiù legate alla
creatività, alla sessualità, all’intimità, alla socialità – ma qualcosa impedisce loro di manifestarsi in modo sano. Paure, sensi di colpa, nevrosi, fobie, timidezza, senso di inadeguatezza le bloccano. Ogni infiammazione rappresenta un conflitto, una vitalità trattenuta.
A rischio sono tutti coloro che trattengono le proprie emozioni, gli individui ricchi di
passione e di talento che però temono il giudizio degli altri e che sono molto influenzabili
dalle figure dotate di autorità e di autorevolezza, le persone timide e sensibili per natura
che avvertono un senso d’insicurezza riguardo alle proprie capacità.
Per il trattamento di questa patologia risulta di estremo beneficio ritrovare il contatto
con i ritmi della natura, frequentare paesaggi con piante, corsi d’acqua, animali. Anche il
recupero della dimensione del gioco è importante, soprattutto se inteso come divertimento
e non come competizione.
24
2. La malattia come linguaggio del corpo
Acne
L’acne è una malattia infiammatoria della cute che colpisce le ghiandole sebacee e i follicoli piliferi; insorge perlopiù dopo la pubertà con presenza di brufoli sul volto e/o sulla
parte superiore del tronco. Si può manifestare anche nell’adulto sotto stress.
A prescindere dall’età, l’acne origina da un accumulo di energia sessuale; gli ormoni
(in particolare gli androgeni) risultano in eccesso e quelli non convogliati nella loro forma
naturale si scaricano a livello cutaneo dove stimolano una maggiore produzione di sebo.
Il sebo, se in quantità abnorme, favorisce la comparsa di comedoni, i classici “punti neri”,
o di brufoli, piccoli vulcani bianco-giallastri che contengono materiale infiammatorio. Il
ragazzo o la ragazza non riescono a gestire le nuove pulsioni – piacevoli ma sconosciute
– e a viverle nel contesto socio-culturale e morale in cui sono calati. È un dato di fatto che
chi si avvicina alla sessualità tra i 13 e i 16 anni in modo spontaneo e interiormente non
conflittuale soffre di acne in modo nullo o minimo.
Alopecia
L’alopecia è una caduta completa o parziale di peli e/o capelli che può interessare qualsiasi parte del corpo, ma è più frequente sul capo. Esistono diverse forme di alopecia: quella
totale implica la perdita completa di tutti i capelli e peli, mentre in quella areata la caduta è
localizzata in chiazze rotondeggianti e irregolari. Le cause più frequenti possono essere di
tipo stressogeno, tossico (assunzione di farmaci come i chemioterapici), infettivo o ereditario.
Il significato simbolico della patologia riguarda direttamente il tema dell’affettività, dei
legami e dell’energia che fluisce. A prescindere, infatti, dall’ampiezza e dalla localizzazione di tale patologia, essa spesso segue – dopo alcune settimane o mesi – a un’esperienza
affettiva traumatica per la persona: separazioni, trasferimenti in nuovi ambienti, perdita di
riferimenti importanti ecc. Rappresenta il modo con cui la persona sta elaborando la rottura di un legame e comunicando il suo profondo malessere; quanto avvenuto costituisce
per lei una “rottura” nel suo continuum esistenziale, un lutto che ha lasciato un vuoto, una
mancanza di vitalità.
La comparsa del sintomo, soprattutto in un bambino, indica uno stato di sofferenza non
espresso oppure non adeguatamente preso in considerazione.
Nell’adolescente l’alopecia è simbolo di una grande difficoltà nello sviluppo psicologico; il ragazzo è dibattuto tra la naturale tendenza a scoprire e affermare la propria personalità e una dipendenza ancora molto spiccata verso la figura materna. In altri casi, nel
ragazzo l’alopecia si associa a una radicale sensazione di non poter esprimere la sessualità
e/o la creatività a causa di un’atmosfera familiare impregnata di moralismo, razionalità e
dipendenze reciproche.
Nell’adulto l’alopecia si presenta soprattutto in forma di calvizie precoce su una base
di stress psichico e mentale, dovuta perlopiù a un eccesso di studio o di lavoro. Questa
tipologia un tempo era soltanto maschile, ma oggi la rarefazione della chioma si riscontra
anche in diverse giovani donne che seguono uno stile di vita “maschile”.
L’alopecia è una patologia prevalentemente connessa con il senso di perdita di se stessi:
è accaduto qualcosa che ha tolto un “pezzo d’identità” (uno stato familiare o di coppia, un
ruolo professionale o sociale) e determinato uno stato di demotivazione.
Una piccola area di alopecia indica che il problema è settoriale, cioè riguarda un solo
ambito di vita, mentre la perdita totale di peli e capelli segnala che il senso di perdita tocca
in grande profondità.
25
Fondamenti di Psicosomatica
Nell’anziano questa patologia può simboleggiare il dolore e il ripiegamento per la perdita di una persona cara (più di tutti il partner), una difficoltà nell’accettare l’invecchiamento e la perdita di un ruolo sociale.
In tutti questi casi è evidente come il senso di perdita si accompagni a un blocco
dell’energia vitale.
Sono a rischio:
1)bambini che nella prima e seconda infanzia hanno vissuto o stanno vivendo eventi
affettivi carichi di disagio;
2)giovani in condizione di grande tensione psichica protratta nel tempo;
3)persone che non riescono a cogliere l’importanza di alcuni eventi negativi della vita
relazionale e tendono a banalizzare, sdrammatizzare o “tirare avanti”, mentre qualcosa
dentro di loro si rompe.
Qualunque sia la strada curativa che si intraprende, è necessario non solo avere pazienza, ma anche grande cautela, evitando interventi radicali o terapie d’urto sia fisiche
che psichiche. Qualcosa ha smesso di crescere e di fluire, e potrà riprendere a farlo solo
naturalmente.
Si rivela spesso utile, indipendentemente dai fatti scatenanti, stare il più possibile in
mezzo alla natura, per ritrovare tempi e cicli più vicini alle profondità della psiche e rigenerarsi alle radici.
Dal punto di vista psicologico, è importante ritrovare il senso di unità e di identità, cosa
che può essere ottenuta attraverso percorsi che integrino psicoterapia, tecniche corporee
e rimedi naturali in modo personalizzato. Per il bambino è opportuno un approccio di
psicoterapia della famiglia.
Herpes zoster
L’herpes zoster è il nome scientifico che indica la malattia comunemente nota come
“fuoco di Sant’Antonio”. È causata dall’infezione del virus della varicella, che colpisce
le radici nervose a vari livelli, dai nervi encefalici (come il trigemino) a quelli spinali che
innervano il tronco. Ciò provoca forti dolori che si diramano alla zona della pelle corrispondente al nervo colpito, dove si formano vescicole ed eritemi.
L’insorgenza dell’herpes zoster è dovuta alla riattivazione di un virus già presente
nell’organismo che vi era entrato molti anni prima e non era mai stato eliminato dal sistema immunitario.
Il nucleo simbolico di tale patologia è legato a un conflitto antico rimosso (l’entrata
nell’organismo del virus) ma non eliminato dalla coscienza, che sta riemergendo (il virus
persistente nel sistema nervoso) in modo aggressivo per imporsi alla nostra attenzione.
La comparsa dell’herpes zoster, nella grande maggioranza dei casi, indica che nella vita
della persona si è “riacceso” un conflitto. Può trattarsi di una passione ancora una volta
non corrisposta, di una nuova, grande contrarietà inespressa, di un’umiliazione subita e
non rivendicata, di un lutto o una separazione non accettati. Oppure può essere una situazione che innervosisce fortemente, un prolungato abuso della propria pazienza o l’impossibilità di vivere una storia d’amore. Vedovanza, routine matrimoniale e un prolungato
stato di vita da single sono i contesti più favorevoli all’insorgenza della patologia.
Il sintomo assume inoltre diverse sfumature simboliche a seconda delle differenti parti
del corpo che colpisce. La sua localizzazione al volto manifesta il riemergere di un conflit26
2. La malattia come linguaggio del corpo
to legato all’ambito creativo-professionale, laddove questo rappresenta il pilastro principale su cui si basa l’immagine e l’identità della persona. Nella zona del torace, segnala un
vissuto traumatico in ambito affettivo-sentimentale. Lo zoster addominale riguarda invece
un vissuto più viscerale, legato al mondo degli istinti, della sessualità, della vendetta,
dell’aggressività.
L’ herpes zoster colpisce in maggioranza persone che non hanno elaborato uno o più
eventi negativi accaduti nel corso della vita e che esprimono in modo rigido e limitato il disagio psichico, il dolore affettivo o una mancanza. In generale, esprimono inadeguatamente le proprie emozioni profonde. L’herpes zoster, in quanto riattivazione di uno
schema già vissuto da diverso tempo, riguarda nella maggior parte dei casi persone nella
seconda metà della vita.
Combattere l’herpes zoster con i farmaci senza cambiare nulla nella propria vita rischia
di spingere questa grande energia, che vuole affiorare, sempre più in profondità. Si rivela
pertanto più utile dare spazio alle emozioni, aiutare il riconoscimento di disagi e sentimenti profondi. In tal senso si può trarre aiuto da esperienze di gruppo come lo psicodramma
e/o la dance therapy. Anche la creatività è un elemento curativo fondamentale.
Psoriasi
La psoriasi è una malattia cutanea, cronica e recidivante – cioè caratterizzata da fasi
di miglioramento e fasi di riacutizzazione – che esordisce di solito nell’adolescenza o
nella prima età adulta e peggiora in condizioni di stress. Si manifesta con placche secche
e ben delimitate, di forma e dimensioni variabili, ricoperte di squame grigie al di sotto
delle quali è presente un eritema più o meno spiccato a seconda che la psoriasi sia in fase
acuta o quiescente. Le sedi più frequenti di localizzazione sono gomiti, ginocchia, cuoio
capelluto, regione sacrale, avambraccio, nuca. I sintomi, presenti soprattutto nella fase
acuta sono: episodi di prurito intenso e talora sensazione di bruciore. Le cause non sono
conosciute, anche se c’è una forte ipotesi di genesi autoimmunitaria.
La psoriasi indica la difficoltà a comunicare le emozioni, tanto in entrata (come nelle
allergie) quanto in uscita (come nell’acne).
Un’area più o meno grande di cute, nella psoriasi in fase quiescente, è ispessita e ricoperta da squame grigiastre compatte, che impediscono a quel tratto di pelle di operare
scambi fisiologici con l’esterno. In chiave analogica ciò significa che una persona ha dei
punti in cui si sente strutturalmente fragile e in questi mette una “toppa” o una “corazza”
al fine di ridurre gli scambi emotivi con l’esterno, percepiti come pericolosi. Tuttavia, la
lesione conosce fasi di ricostruzione, nelle quali la corazza si riduce e lascia il posto a un
eritema acceso che brucia o prude. Simbolicamente la pulsione a lasciar fluire le emozioni
tenta di farsi largo fra le difese che la persona ha messo tra sé e il mondo.
Le persone affette da psoriasi hanno in comune alcuni tratti importanti:
1)per quanto possano sembrare socievoli, non mettono mai in gioco, nella relazione, il
loro nucleo profondo: l’interlocutore, anche il partner, sente che “oltre un certo punto”
essi non permettono di entrare e che non si mettono mai in gioco del tutto;
2)fanno fatica a esprimere le emozioni in modo diretto e lineare, e altrettanta ne fanno
per accettarle dall’esterno senza mediazioni verbali che ne riducano l’intensità e l’immediatezza;
3)si percepiscono fragili in alcuni ambiti (soprattutto affettivi), e per non affrontare il problema si dichiarano indipendenti, senza accorgersi di cadere spesso in un atteggiamento
27
Fondamenti di Psicosomatica
di continua richiesta di supporto. Il problema centrale – la vulnerabilità – viene risolto
eludendolo e lasciandolo immutato, ovviamente in modo inconscio.
Quando l’energia che si esprime nell’eritema viene “coperta” dalla corazza, finisce
per spingersi in profondità, dove si trasforma in intensi episodi di cefalea o di colite, a
testimonianza di come essa contenga un’energia incomprimibile che cerca comunque di
essere elaborata ed espressa. L’estensione della psoriasi è in proporzione all’insicurezza
che la persona sente di avere.
La psoriasi esprime, in ultima istanza, un problema di identità.
La parola chiave per curare la psoriasi, qualsiasi strada si intraprenda, è gradualità: le
terapie troppo veloci o d’urto sono sconsigliate poiché contrastano con la necessità della
pelle (e del paziente) di ritrovare, nella crescita, un ritmo e un’armonia perduti. Nel caso
di una psoriasi lieve è consigliabile modificare il modo di vivere e le relazioni individuali,
privilegiando l’aspetto confidenziale e profondo rispetto a un dialogo superficiale seppure
frequente. Può essere utile un percorso di psicoterapia, tecniche di rilassamento corporeo
o forme di meditazione, preferibilmente da svolgere in gruppo.
Nella forma medio-grave è bene non sottoporsi forzatamente a situazioni emotivamente pericolose, cercando tuttavia di modificare il proprio stile comunicativo provando a
esternare i propri eventuali rifiuti, rinunce o contrarietà in modo diretto.
Non va dimenticato che lo stato d’animo e l’equilibrio emotivo influenzano fortemente
i sintomi.
Cellulite
La cellulite è un processo infiammatorio causato da una degenerazione della microcircolazione del tessuto adiposo che porta alla ritenzione e al ristagno di liquidi negli
spazi intercellulari. Compare nel tessuto sottocutaneo di alcuni distretti corporei: cosce
e natiche, ma anche addome, ginocchia, braccia e dorso. Le cause sono diverse: insufficienza venosa degli arti inferiori, sovrappeso, abuso di farmaci, predisposizione genetica,
gravidanza, menopausa.
La simbologia della cellulite è legata ad una rinuncia alla femminilità. Il corpo delle
donne che hanno subito un trauma amoroso cerca, attraverso la cellulite, di proteggersi
da un ulteriore dolore. La donna segnala il ritiro da un nuovo coinvolgimento affettivo e
sessuale, creando una corazza contro gli attacchi esterni tramite una barriera anestetica e
antiestetica.
3. L’apparato respiratorio
Funzioni
È composto dagli organi deputati alla funzione respiratoria che assicurano lo scambio
di gas tra sangue e aria. Comprende, a partire dall’alto e dall’esterno: naso e bocca, faringe, laringe, trachea e polmoni. L’aria, ricca di ossigeno, entra dal naso o dalla bocca,
transita per la trachea e raggiunge gli alveoli polmonari attraverso l’albero bronchiale. A
ogni inspirazione l’ossigeno passa nel sangue che lo trasporterà ai tessuti dell’organismo.
In senso opposto, l’aria “usata” contenente anidride carbonica risale per uscire dal naso o
dalla bocca.
28
2. La malattia come linguaggio del corpo
Simbologia
Simbolicamente, è attraverso questo apparato che avviene lo scambio tra mondo esterno
(macrocosmo) e mondo interno (microcosmo).
L’aria è il primo nutrimento vitale che ognuno di noi riceve dal mondo, e di questo “latte cosmico” si nutre nel corso della vita fino all’ultima espirazione che concluderà la sua
esistenza. Tra questi due momenti, una catena ininterrotta di inspirazioni ed espirazioni
segnerà il ritmo della vita caratterizzato da una continua relazione del mondo interno del
soggetto con il mondo esterno.
Ad ogni inspirazione l’uomo porta dentro di sé il mondo, per restituire poi parti di se
stesso a ogni seguente espirazione.
Con la funzione respiratoria si assiste simbolicamente a un continuo riadattamento
dell’identità personale, che interagisce e si confronta con l’identità collettiva.
Eventuali problemi alle alte vie respiratorie esprimono difficoltà relazionali di tipo sociale, circa l’ambiente con cui ci si sta rapportando. Ciò è evidente con tonalità diverse in
riniti, tonsilliti, faringiti e laringiti.
Nelle basse vie respiratorie la relazione si sposta a un livello più profondo. Ciò che con
l’inspirazione entra a far parte della persona, viene in contatto con gli aspetti più arcaici
e strutturali dell’identità. Con l’espirazione, poi, si esternano in senso inverso i contenuti
profondi che si sono incontrati. Perciò, quando si manifesta un problema bronchiale e
soprattutto polmonare, la difficoltà relazionale riguarderà in particolare valenze emotive
profonde della persona.
Le patologie e il loro significato
Asma
L’asma è una malattia infiammatoria, spesso cronica, delle vie polmonari, caratterizzata
da crisi respiratorie con sibili, difficoltà sia nell’inspirazione che nell’espirazione, talvolta
tosse secca con senso di soffocamento. È causata da un broncospasmo scatenato dall’inalazione di allergeni (pollini, polveri, peli di animali ecc.) o da forti stress psicofisici in individui
geneticamente predisposti. La frequenza e l’intensità delle crisi può essere molto variabile.
Alla base di questo disturbo c’è la paura di perdere la continuità degli affetti. Il simbolo dell’asma risiede evidentemente nel meccanismo patologico che lo produce. La crisi
inizia con un broncospasmo espiratorio: i bronchi, cioè, cercano di trattenere il più possibile l’aria al loro interno. Questo movimento riflette lo schema psicologico-affettivo
dell’asmatico. L’aria, prima ancora del cibo, è la prima forma di nutrimento quando veniamo al mondo. L’aria ci permette di sopravvivere e, come tale, rappresenta uno dei tanti
volti della figura materna.
Nell’asmatico la mamma gioca un ruolo chiave: è colei che fin da quando il bambino
è nato manifesta il suo amore in modo ambivalente, ponendo limiti e condizioni, come a
dire: “Va e sii libero, ma all’interno delle aspettative che ho su di te”.
Questo meccanismo, ovviamente inconscio, produce una sorta di gabbia soffocante
che si esprime attraverso il corpo: ogni volta che il bambino o il ragazzo, a volte anche
l’adulto, vuole fare scelte autonome, si riattiva l’antica paura di essere deprivati dell’ariamamma, e la crisi scatta per tenere dentro quanta più aria-sicurezza possibile. Ciò crea la
sensazione reale di soffocamento. Nell’inconscio si crea l’equivalenza: fare scelte autonome = rischiare di morire, e in effetti la crisi d’asma non curata può talora essere letale.
29
Il termine “psicosomatica” richiama all’unità mente-corpo. In una vi-
Caterina Carloni, psicologa e
sione olistica del mondo e dell’essere umano non si distingue più il
psicoterapeuta, specializzata in
sintomo fisico dalle dinamiche interiori che lo hanno portato a mani-
Medicina Psicosomatica presso
festarsi e l’interpretazione simbolica della malattia diventa un appassionante viaggio alla scoperta di sé e alla comprensione del perché di
una malattia o di un disturbo.
Il disagio interiore, le fasi di crisi richiamano a una correzione del
l’Istituto RIZA di Milano. Vive e
lavora a Roma.
Effettua psicoterapie individuali
percorso che non è più adeguato per consentire alla persona la rea-
e di gruppo, utilizzando tecniche
lizzazione di sé e quindi la felicità e la salute; è richiesto dunque un
di rilassamento, training autogeno,
cambiamento, un rinnovamento che non sempre la persona è disposta
distensione immaginativa e visua-
a riconoscere e attuare. La capacità di nuovi adattamenti e mutamenti
lizzazione.
nella vita è fondamentale, irrigidirsi in vecchie posizioni e comportamenti quando non sono più adatti alla realtà che ci troviamo a vivere,
conduce a problemi più gravi rispetto alle difficoltà che potremmo
incontrare lasciandoci andare per aprirci al nuovo con tutte le sue
possibilità di crescita e rinnovamento.
Quando contrastiamo questo normale processo della vita, la vita stessa ci viene in aiuto mostrandoci, attraverso il sintomo, la malattia,
l’errore da correggere.
Dunque la capacità di trasferire il linguaggio simbolico del corpo in
modelli che ne consentano una chiara comprensione è l’obiettivo della
psicosomatica.
ISBN 978-88-95572-42-0
EDIZIONI
16,00 €
9 788895 572420
www.edizionienea.it
www.scuolasimo.it
Scarica