Beppe Berruti, Antonio Maria Ferro, Carlo Vittorio Valenti
I Centri Crisi del Dipartimento di Salute Mentale
della ASL2 Savonese
la valutazione della qualità dell’intervento comunitario è un procedimento complesso
In letteratura troviamo diversi criteri, che vanno dal funzionamento sociale
alla produttività sintomatologica, dalla riduzione dei costi sanitari e sociali del paziente alle
modificazioni nella struttura psichica. Il dipartimento di salute Mentale della ASL2 Savonese ha
sviluppato, a partire dalla costituzione dei sevizi psichiatrici all ’inizio degli anni ottanta, delle
strategie della gestione della crisi extraospdaliere, che ha portato alla realizzazione di due entri
crisi residenziali e semiresidenziali, via Amendola e Villa Frascaroli, che ospitano rispettivamente 9
e 6 pazienti in regime di residenzialità, con un tempo medio di inserimento intorno al mese e
mezzo, e un numero maggiore ma variabile, di pazienti in regime di semiresidenzialit à, in
alternativa al ricovero ospedaliero. una valutazione della qualità della cura in queste strutture deve
tenere conto, oltre che dei consueti parametri individuali per ogni paziente, tra cui anche quelli di
soddisfazione anche di alcune variabili relative al funzionamento delle nostra strutture all ’interno
della rete di assistenza, tra l’ospedale e i servizi territoriali, per evitare rischi come quelli della
famigliarizzazione dei pazienti, sempre presente, ma particolarmente forti in un lavoro istituzionale
privo di una rete adeguata.
I Centri Crisi
nel dsm di Savona abbiamo 2 piccoli centri crisi, via Amendola e Villa frascaroli, che ospitano 9
e 6 pazienti in regime residenziale, e un numero meno definito, ma in genere superiore di
pazienti in regime residenziale
Sono strutture per la gestione di pazienti acuti e subacuti, che vanno sotto il nome di SEPA,
acronimo che significa Struttura Extraospedaliera Post Acuti. Hanno un tempo di inserimento
attualmente di 42 e 48 giorni Per hanno tra le altre queste caratteristiche
1) si tratta di strutture fortemente in rete,
il che significa che siamo strettamente legati al progetto terapeutico esterno. Inoltre, per la brevit à
dell'intervento, il distacco dalla realtà di provenienza è minimo. Questo rende la valutazione
dell'intervento isolato del centro difficile.
Un altro fattore che consideriamo importante è che
2) pratichiamo e anzi auspichiamo la coesistenza di patologie diverse,
perché ci sembra che riduca il rischio di sclerotizzazione che deriva di solito da una eccessiva
specializzazione. Anche questo rende la valutazione più complessa.
3) il terzo elemento è che funzioniamo, o cerchiamo di funzionare, col modello della terapia
istituzionale, che abbiamo preso da P.C. Racamier
Questa organizzazione fa sì che i problemi che sorgono quando si decide di valutare la qualità
dell’intervento sono almeno tre:
il primo riguarda la stretta connessione in rete delle strutture: In questo senso sarebbe
necessario valutare il peso dell'intervento all'interno del percorso, che naturalmente è un compito
estremamente complesso.
Il secondo il modello di lavoro delle strutture stesse, che è quello della terapia istituzionale, in cui
la comunità stessa diventa soggetto curante più che luogo ci cura. Valutare un’organizzazione di
questo genere pone gli stessi problemi della valutazione dei singoli terapeuti.
Il terzo aspetto che va considerato è ancora una volta la brevità dell’intervento, che rende difficile
la valutazione degli interventi fatti se non sul piano, meno interessante per noi, della produttivit à
sintomatologica
in realtà parecchi anni fa il dipartimento aveva organizzato una ricerca proprio su questo argomento
alla fine dei conti un modo che ci sembra utile per impostare il problema potrebbe essere:
•
Avere chiara la missione, come si dice oggi
•
Verificare se si fa ciò che si dice
•
Valutare i risultati di ciò che si fa
Ma questo ci sembra un obbiettivo ideale, per il momento vale la pena di concentrarsi su
alcuni rischi che ogni comunità corre, tra gIi altri che ci sembrano importanti, e alcuni
obbiettivi specifici
Rischi
Naturalmente l’esperienza ha insegnato a tutti che i rischi, per una comunità, sono infiniti, sia
interni che esterni, e che se la comunità vive abbastanza a lungo dovrà affrontarli tutti o quasi.Noi
vorremmo concentrarci su due in particolare
•
La idealizzazione, che ha a che fare con l’identificazione col nostro lavoro e il bisogno di
valorizzare ciò che facciamo, facendoci perdere la necessaria distanza
•
La familiarizzazione, che potrebbe anche essere definita, per le comunità, come la
tendenza a stabilire in struttura la residenza emotiva, favorita dalla distanza da casa e dalle
lunghe permanenze, ma anche dai ripetuti inserimenti e dalla mancanza di alternative
Obbiettivi
Anche gli obbiettivi naturalmente, se non infiniti, possono essere molti e vari, anche se possono
essere classificati, secondo una classificazione classica ma sempre valida, in obbiettivi i serra o di
deposito.
Per quanto ci riguarda, crediamo che i nostri sforzi vadano rivolti innanzitutto ad evitare i rischi che
abbiamo detto, il che significa per noi rinforzare la riflessione sulla dimensione clinica, e quindi
innanzi tutto, riflettere su queste dimensioni. crediamo che ci aiuti, per esempio ad evitare la
familiarizzazione, il fatto che le nostre strutture sono vicine alle abitazioni dei pazienti, e comunque
in centro cittadino, ciò che sfavorisce l’isolamento.
Il Dipartimento, che ha ormai una storia abbastanza lunga, ha già fatto in passato delle ricerche
analoghe, nel 1986 è stata realizzata una ricerca in un centro diurno, quello di Villa Frascaroli, che
all'epoca non era ancora sidenziale, che fu pubblicata in un volume che aveva il nome di New
Trends in Psichiatria, e in cui le tematiche e le problematiche poste erano straordinariamente simili
a quelle che ci stiamo ponendo oggi. La ricrerca effettuata su numeri piccoli aveva messo in
evidenza sostanzialmente un miglioramento delle competenze sociali e un più evidente emergere
della componente depressiva dei disturbi, in genere di tipo psicotico
Ci fu anche un'altra ricerca fatta con la PANSS e con una scala di Bellack finalizzata a valutare
l'atmosfera terapeutica. La ricerc diede un risultato curiosamente appiattito per quanto riguarda il
funzionamento sociale. All'epoca ci si diede due spiegazioni opposte, per spiegare questo risultato. La prima
era che la polluzione scelta era fatta di pwqrsone già deteriorata sul piano cognitivo, e quindi poco sensibile
all'intervento, la seconda che la terapia, intesa in senso ampio non fosse efficace. In realtà dai dati a
disposizione sembrerebbe che quello che non cambiava erano le prestazioni sociali, mentre migliorava il
quadro sintomatologico
Il nostro progetto
Valutazione di base
Così abbiamo sviluppato e stiamo cominciando a mettere alla prova un percorso di valutazione che
cerchi da un lato di studiare meglio le diverse categorie di pazienti, dall'altro di capire se, come e
perché funzioniamo, e cosa dovremmo fare per fare meglio
Abbiamo scelto per le nostre valutazioni dei criteri in gran parte clinici, ma anche legati alla
possibilità di valutare i cambiamenti nel tempo. Come vedrete ci siamo rivolti soprattutto allo studio
delle strutture più che agli stati, perché pensiamo che il nostro lavoro debba essere più rivolto a
quelle che a questi.
Infine è un progetto in fase di sviluppo, in cui alcuni strumenti sono tutti da valutare e verificare
La valutazione
Il primo passo è quello di orientare la diagnosi, oltre a approfondire la conoscenza del paziente. Gli
strumenti sono questi
Test di Rorschach
SCL 90
WAIS-R
Scala di Hamilton per ansia e depressione
tutto questo nelle prime due settimane, in modo da realizzare una discussione clinica che
ci permetta di approfondire in una di queste direzioni
Le aree di screening sono tre
Area del deficit cognitivo
Approfondimenti per la valutazione dei deficit specifici cognitivi allo scopo di comprendere
meglio i bisogni della persona
Area della psicosi
per quanto riguarda la psicosi siamo interessati innanzitutto alle competenze relazionali,
che intendiamo su base corporea, per fare un esempio ciò che appartiene alla area
dell’empatia e della relazione corporea, quella che studiano i ricercatori sui neuroni a
specchio.
inoltre naturalmente siamo interessati ai deficit che rendono difficile la relazione agli
psicotici
questo è quello che abbiamo pensato fino ad oggi
Neuropsicologia
Stroop test
Area neuroni a specchio/ ecoprassiaPrima valutazione
SCL -90
Test atti a valutare deficit rispetto alla componente
educativa
Scale di Hamilton
(ansia e depressione)
Quindi interazione umana, neuroni
a specchio
Rorschach
Capacità di comprendere e gestire le emozioni
WAIS - R
Capacità e funzione trascendente Area Disturbi della personalità
Attaccamento
Coerenza narrativa
Stipo
Swap
SCID II
stiamo
poiDisturbi
cercando
di sviluppare
strumenti di valutazione della Mentalizzazione,
anche
Area dei
di Asse
I
Area del deficit
cognitivo
perché stiamo strattamento trattamento
disturbo di
di Asse
mentalizzazione
Area del
dei Disturbi
II
SCID – I
Attaccamento
Test neuropsicologici
Coerenza narrativa
Specchio (ecoprassia?)
STIPO
Vulnerabilità
SWAP – 200 (anche per follow-up a
6, 12, 24 mesi)
SCID – II
Mentalizzazione
Test neuropsicologici
Valutazione
Prima valutazione
psicometrica per il lavoro
Area del deficit
istituzionale
cognitivo
SCL -90
Test neuropsicologici
Scale di Hamilton (ansia e depressione)
Procedura per la valutazione del paziente (all’ingresso durante le prime 2 settimane, o meglio ancora
Rorschach
durante il ricovero inWAIS
ospedale)
-R
Area dei Disturbi di Asse I
Area dei Disturbi di Asse I
SCID – I
SCID – I
Test neuropsicologici
Test neuropsicologici
Specchio (eco prassia?)
Specchio (eco prassia?)
Vulnerabilità
Vulnerabilità