introduzione
Business plan…
…uno
uno strumento di pianificazione operativa e al contempo
strategica necessario a:
– definizione di visione e obiettivi imprenditoriali
– comprensione ambiente esterno all’impresa
– analisi della fattibilità economica e finanziaria del progetto
– pianificazione delle strategie e determinazione del piano
operativo
– utilizzo del budgeting e analisi degli scostamenti per il
controllo
t ll dei
d i risultati
i lt ti dell’investimento
d ll’i
ti
t
– definizione dell’assetto organizzativo necessario
– accesso a
alle
e fonti
o t d
di finanziamento
a a e to
accezione di un piano
p
Comprendere l’estensione e i citati ambiti applicativi di un
piano
p
a o d’impresa
d p esa ssignifica
g ca a
andare
da e a
al d
di là
à dell’accezione
de acce o e
ristretta che comunemente viene assegnata ad un business
plan, ossia di…
strumento di presentazione di un progetto
finalizzata al reperimento
dei capitali
p
p
mentre
t iin realtà
ltà sii pone come strumento
t
t gestionale,
ti
l che
h
accompagna la vita di una impresa anche ben oltre le fasi di
start-up
fasi di un piano
p
Nella sua accezione allargata, infatti, il business plan ha al
contempo
co
e po la
a natura
a u a di:
d
» Piano di fattibilità economico-
Business
Plan
(accezione
allargata)
finanziaria
fi
i i
» Piano di presentazione e sviluppo del
progetto (accezione ristretta di business
plan)
» Piano operativo
a chi si rivolge
g
Il business plan è strumento con due funzioni:
1
Valutazione
V
l t i
delle
d ll potenzialità
t
i lità di un progetto
tt di
investimento (per una start-up) o supporto alla gestione
corrente del business (per aziende avviate). Misurando la
sostenibilità
ibili à finanziaria
fi
i i ed
d economica
i dell’attività,
d ll’ i i à
guidando l’implementazione del piano operativo
d’impresa e stimolando il contributo e l’adesione alla
mission aziendale di tutto il personale
FUNZIONE INTERNA
a chi si rivolge
g
2
Presentazione
P
t i
d
dell progetto
tt ad
d iinterlocutori
t l
t i esterni
t i per
l’ottenimento dei fondi necessari all’avvio delle
operazioni. Il concetto di “esterni” si riferisce a persone
che
seguito
e che
valutarlo
h non hanno
h
i il piano
i
h devono
d
l
l all
fine di un apporto di capitali (può infatti capitare che gli
interlocutori appartengano alla medesima impresa, come
nei casi di sottoposizione di business plan “interni” al
Consiglio di amministrazione di grandi società).
FUNZIONE ESTERNA
tipologie
p g di business plan
p
Alla luce delle considerazioni su funzione e ambiti di
applicazione,
app
ca o e, il business
bus ess p
plan
a è sstrumento
u e ou
utile
ea
alle
e segue
seguenti
attività di analisi aziendale:
–
–
–
–
–
–
–
Fattibilità
F ttibilità di un investimento
i
ti
t
Richiesta di finanziamento
Analisi di mercato (domanda e offerta)
Valutazione di azienda
Pianificazione strategica
Budgeting
Pianificazione operativa
alcune regole
di redazione
g
A prescindere dalla bontà del progetto, un business plan, che
ssi rivolga
o ga ad un
u pubblico
pubb co “interno”
e o (strumento
(s u e o di
d guida
gu da
gestionale) o “esterno” (biglietto da visita di un progetto),
deve rispettare alcune semplici regole di redazione:
– uno stile semplice ed essenziale
– un dosato impiego di grafici e tabelle
– rimandare in allegato documenti che descrivono in
modo esteso alcuni aspetti (in genere tecnici), sempre
che la loro presenza sia ritenuta fondamentale
– esplicitare
sempre le
li it
l ipotesi
i t i su cuii sii fonda
f d il piano
i
– coinvolgimento diretto di imprenditore/manager
– contenere informazioni veritiere, accurate ed utili
la struttura di business plan
p
Un piano di impresa si compone di due macro-aree: la parte
descrittiva
desc
a e que
quella
a eco
economico-finanziaria.
o co a a a
Sezione descrittiva: oltre alla presentazione della natura e
finalità del progetto, deve comprendere elementi quali la
visione imprenditoriale di fondo, l’analisi del mercato e della
concorrenza, la descrizione dei prodotti/servizi offerti, il piano
strategico
ed operativo
dell’investimento;;
g
p
Sezione economico-finanziaria: contiene le proiezioni di
calcolo, ossia le stime di rendimento economico e di
performance finanziaria del progetto.
progetto In ultimo,
ultimo il ritorno
atteso del capitale investito sia per i promotori dell’iniziativa
che per gli eventuali finanziatori.
introduzione e mission
E’ il modo corretto per partire. Descrivere la finalità del
piano, ll’obiettivo
obiettivo che si prefigge chi scrive nel presentare i
risultati dello studio effettuato.
Facendo seguire a questa breve introduzione quello che nei
paesi anglosassoni si definisce mission statement, ossia il
messaggio contenente natura e finalità dell’attività aziendale.
Anche se non esiste una formula standard, questa definizione
dell’obiettivo deve contenere:
dell offerta (per il consumatore)
• benefici dell’offerta
• target di clientela
• politica di pricing adottata
1. descrizione del business
Capitolo 1
Obiettivo di questa sezione è quello di descrivere l’ambiente
in cu
cui l’azienda
a e da opera
ope a o andrà
a d à ad operare
ope a e da un
u lato,
a o, e di
d
come la stessa intenda posizionarsi nel mercato in termini di
offerta e posizionamento competitivo.
Affrontando,
ordine, i seguenti temi:
Affrontando in quest
quest’ordine
•
•
•
•
analisi dell’azienda
analisi del prodotto/mercato
analisi del settore
g aziendali
le strategie
1.1 analisi dell’azienda
Capitolo 1
Qualora il piano sia riferito ad una impresa già operante
sul mercato, occorre da subito introdurre il lettore alla sua
storia, fornendo elementi quali l’anno di avvio, l’assetto
proprietario (nel tempo), la forma legale, le competenze
maturate,
l attività tipica
tipica, etc…
maturate l’attività
etc
Non dimenticando altresì di citare eventi di carattere
straordinario (cessioni, cambi direttivi…) che hanno
interessato l’azienda
l’azienda, e se e in che modi la stessa appartenga
ad un gruppo industriale e/o finanziario.
Nei casi invece di una nuova realtà, occorre descrivere i
partecipanti all’iniziativa e lo stadio di sviluppo delle attività in
corso.
1.2 analisi di p
prodotto/mkt
prodotto/
Capitolo 1
Dopo aver tracciato il profilo dell’azienda o dei promotori
dell’investimento,
dell
investimento, si passa a descrivere l’l offerta alla base
dell’idea di business.
Occorre tuttavia associare i prodotti/servizi al target cui
gli stessi sono indirizzati
indirizzati.
Con il vantaggio di considerare l’offerta come strumento di
soddisfazione di un bisogno di mercato. Oltre a evitare una
defocalizzazione della propria azione imprenditoriale, nel
comune errore di considerare la propria offerta valida “per
tutte le stagioni”. In altri termini, attrattiva per molti
consumatori con caratteristiche e bisogni differenti tra loro.
1.2 analisi di p
prodotto/mkt
prodotto/
Capitolo 1
Occorre così procedere alla segmentazione della
domanda, ossia analizzare il bacino dei consumatori ed
individuare dei parametri utili ad una analisi dei loro bisogni e
motivazioni di acquisto. Per i beni di consumo, si fa
riferimento ad una classificazione basata sui quattro livelli:
– socio-demografico, allorché siano considerate caratteristiche
demografiche, quali età o sesso, econo-miche, quali il reddito, o
geografiche, quali aree territoriali;
– psicografico, se l’analisi del target si concentra su elementi
quali bisogni, motivazioni di acquisto, valori;
– vantaggi perseguiti, basata sulla valutazione dei vantaggi
percepiti dal prodotto da parte del consumatore;
– comportamentale,
p
, basa sul comportamento
p
di acquisto
q
manifestato dai diversi gruppi di consumatori.
1.2 analisi di p
prodotto/mkt
prodotto/
Capitolo 1
Il processo di analisi ed individuazione del target consente di
sstudiare
ud a e come
co e la
ap
propria
op a offerta
o e a è in g
grado
ado di
d soddisfare
sodd s a e le
e
attese del mercato (la domanda) ed esattamente a chi è
rivolta (il target). Dall’associazione di prodotti/servizi ad una
determinata fascia di clientela nascono le aree di affari,
ossia le aree con cui è possibile scomporre l’attività d’impresa.
Per essere efficaci, tuttavia, è necessario che le stesse siano:
• significative, ossia di dimensioni economiche tali
da giustificare la focalizzazione aziendale;
• accessibili,
dire
accessibili vale
ale a di
e efficacemente
effi a emente
(economicamente) raggiungibili dall’impresa.
1.3 analisi del settore
Capitolo 1
Il focus dell’indagine si sposta ora sulle caratteristiche
dell’offerta,
de
o e a, cioè
c oè sui
su co
competitori,
pe o , su
sulla
a sstruttura
u u a dei
de ca
canali
a
distributivi e sul mercato di approvvigionamento.
L’analisi deve svolgersi sia in chiave storica che prospettica:
anzi è proprio lo studio dell
evoluzione dell
offerta (in
dell’evoluzione
dell’offerta
relazione alla domanda) a fornire utili indicazioni sugli scenari
competitivi attesi.
I questo
t senso, occorre iinnanzitutto
it tt d
d i iin quale
l
In
domandarsi
settore si opera o si va ad operare, per capirne il
ciclo di vita.
Come per i prodotti, infatti, anche i settori conoscono fasi di
vita quali la nascita, lo sviluppo, la maturità e il declino. Ogni
fase impone infatti logiche competitive differenti.
differenti
1.3 analisi del settore
Capitolo 1
In merito allo studio delle caratteristiche dell’offerta, occorre
affrontare uno studio sul posizionamento delle imprese
utilizzando:
g
q
• variabili di analisi che segmentino
in questo
caso
la struttura dell’offerta (specializzazione, marca
commerciale, integrazione verticale, etc., si veda
Paragrafo
1.3.2))
g
• una matrice (pervasività tecnologica/valenza
commerciale, riportata nella slide successiva) che
chiarisca ll’impatto
impatto delle nuove tecnologie sui player
esistenti e sulle reali barriere di ingresso dell’arena
competitiva.
1.3 analisi del settore
Capitolo 1
Matrice
V l
Valenza
commerciale
(motivazioni di acquisto,
fiducia, caratteristiche
dell’offerta)
Alta
Bassa
Internet
companies
Internet
companies
Bassa
(produzione,
(produzione logistica,
logistica
marketing, vendita)
Alta
Pervassività dellee tecnologgie
Pervasività delle
tecnologie
Valenza commerciale
Società
tradizionali
1
4
2
3
Società
tradizionali
Società
t adi ionali
tradizionali
1.3 analisi del settore
Capitolo 1
Dopo aver esaminato la struttura e le caratteristiche del
settore, occorre passare all’analisi
all analisi dei competitori,
suddividendoli in funzione della vicinanza al mercato target
della propria iniziativa. Avremo così:
• concorrenti diretti / indiretti, a seconda che
mirino a soddisfare esigenze di consumo simili o
meno del target;
g ;
• concorrenti diretti primari, secondari… classificati
in funzione della vicinanza al mercato di utenza;
• concorrenti
on o enti inter
inte o intra-channel,
int a channel ossia tra
t a player
pla e
più o meno focalizzati su attività fisiche o digitali.
1.3 analisi del settore
Capitolo 1
In ultimo, per completare l’analisi, bisogna concentrarsi sui
mercati
e ca d
di app
approvvigionamento
o g o a e o da u
un lato,
a o, e que
quelli d
di sbocco
dall’altro. Studiando in definitiva struttura e caratteristiche dei
fornitori a monte e dei canali distributivi a valle.
E’ possibile a questo punto procedere alla costruzione di
mappe competitive, con la scelta di opportune variabili di
classificazione in grado di determinare le caratteristiche della
strategia di mercato dei concorrenti
l’impresa può così verificare l’adeguatezza e l’efficacia di
una determinata strategia, oltre all’esistenza di
opportunità di mercato latenti
2.1 le strategie
g
Capitolo 2
Un’impresa, per il solo fatto di operare, sta seguendo una
sstrategia
a eg a “naturale”,
a u a e , o qua
quanto
o meno
e o app
applicandola,
ca do a, insita
s a negli
eg
atteggiamenti e le volontà del management e del personale
(“strategia emergente”, Minzberg, 1994). Il classico
approccio promosso invece dalla dottrina economica
economica, invece,
invece
presuppone un’analisi del contesto e la determinazione
esplicita di un piano di sviluppo e di posizionamento
imprenditoriale ((“strategia deliberata”)).
Seguendo in realtà il concetto di pianificazione continua, le due
strategie possono benissimo convivere. Infatti l’imprenditore
imposta un business
plan
di
e
b
l sulla
ll base
b
d un percorso studiato
d
poi lo adegua sulla base dei risultati che riceve durante la sua
azione imprenditoriale (“strategia deliberata
evolutiva”).
2.1 le strategie
g
Capitolo 2
Un’impresa deve esplicitare in questa sezione l’insieme delle
strategie
s
a eg e esplicite
esp c e o implicite
p c e cche
e ado
adotta
a o intende
e de
adottare sul mercato come al suo interno (organizzazione).
In genere, strategia più o meno implicita è quella che attiene
ai valori, le idee e gli atteggiamenti del suo personale, ossia la
cultura aziendale. Definita dalla dottrina come
ORIENTAMENTO STRATEGICO
DI FONDO
2.1 le strategie
g
Capitolo 2
L’orientamento strategico di fondo si compone di tre
g
aree interagenti:
– Impostazione organizzativa: il peso assegnato alle
risorse umane, la definizione di funzioni e ruoli
organizzativi, i meccanismi organizzativi di
riconoscimento;
– Filosofia gestionale: la sfera di idee, atteggiamenti e
motivazioni che guidano gli uomini d’impresa nelle
relazioni aziendali interne ed esterne;
– Obiettivi di fondo: ossia le ambizioni e aspirazioni in
termini di performance qualitativa e quantitativa e il
bilanciamento tra i due obiettivi aziendali di successo
sociale e reddituale.
Capitolo 2
2.1 le strategie
g
Le strategie aziendali sono individuate da quel connubio
di azioni ed atteggiamenti volti a conseguire il successo
aziendale in senso esteso (e dunque non solo in termini di
profitto). Occorre così esplicitare il piano di impresa circa:
• le strategie competitive, in termini di posizionamento
rispetto ai competitori, di ricerca di leve di differenziazione, di
ottenimento di vantaggi concorrenziali sostenibili e durevoli;
• le strategie sociali, ossia fini ed obiettivi delle politiche di
p
relazioni interne ed esterne all’impresa.
Capitolo 2
2.1 le strategie
g
Le strategie competitive, a loro volta, si dividono tra
strategie a livello azienda e a livello di area di affari . Tra le
prime abbiamo:
• le strategie organizzative, attinenti alla definizione della
struttura aziendale adeguata alle esigenze di mercato;
• le strategie produttive, con scelte in tema di make or buy,
tecnologia adottata, processi, logistica;
• le strategie economico-finanziarie, miranti ad obiettivi di
razionalizzazione patrimoniale, di ottimizzazione della
p
, bilanciamento finanziario;;
struttura del capitale,
• le strategie di comunicazione, consistenti nella strategia
di comunicazione verso l’esterno, suddividibile tra
comunicazione di azienda e quella di offerta (in realtà
quest’ultima appartiene al livello di area di affari).
Capitolo 2
2.1 le strategie
g
Coerentemente alla individuazione delle aree di affari, e
dunque
du
que alla
a a scomposizione
sco pos o e dell’azione
de a o e imprenditoriale
p e d o a e a livello
e o
di sotto-unità di business, le strategie competitive devono
essere “segmentate”.
Occorre,
termini, esporre in ultimo come ll’iniziativa
iniziativa
Occorre in altri termini
intenda sviluppare la sovraordinata strategia competitiva
aziendale nelle singole aree di affari, con il risultato di
evidenziare le sue
STRATEGIE DI AREE DI AFFARI
utili per la traduzione della visione strategica in piani operativi
concreti oltre che a porsi in grado di misurarne ll’efficacia
efficacia
Capitolo 2
2.1 le strategie
g
Le strategie di aree di affari, invece, si possono
ricondurre alle seguenti strategie:
• le strategie copertura del mercato, attinenti alla
definizione dei confini dell’azione commerciale di ciascuna
linea di business,
business attraverso attività e scelte di segmentazione
e presidio territoriale;
• le strategie di offerta, che fa leva su due dimensioni
dell’offerta, le funzioni di prodotto e il livello di servizio,
attraverso le quali definire il livello di personalizzazione
dell’offerta rispetto alle esigenze della clientela target.
Capitolo 2
2.1 le strategie
g
Le strategie sociali appartengono alla dimensione sociale
dell’impresa,
dell
impresa, ossia alla sua più o meno volontaria azione di
sviluppo del benessere della società e della comunità,
adottando una strategia integrata o opportunistica.
Tali strategie si rivolgono ad un target interno od esterno
all’impresa:
• socialità interna: attraverso politiche di valorizzazione
delle risorse umane, di coinvolgimento organizzativo e di
condivisione negli obiettivi perseguiti;
• socialità esterna: p
per il tramite di azioni volte a creare
benessere per la comunità locale, tutela dei clienti, protezione
dell’ambiente, equità e trasparenza nei confronti di tutti gli
interlocutori
te ocuto este
esterni.
Capitolo 2
2.2 posizionamento
p
Una volta definite le strategie, è possibile costruire delle
mappature
appa u e in cu
cui viene
e e visualizzata
sua a a la
a pos
posizione
o e de
dell’azione
a o e
imprenditoriale dell’azienda rispetto a quello dei concorrenti.
Si tratta non tanto di una posizione attuale, quanto di quella
desiderata,
impresa.
desiderata ossia rientrante negli obiettivi dell
dell’impresa
Si costruiscono così degli schemi grafici a due variabili,
operazione durante la quale bisogna assicurarsi che le
i bili selezionate
l i
t siano
i
il
ti (ossia
( i identifichino
id tifi hi le
l vere
variabili
rilevanti
leve differenziali tra i competitors) e che non siano correlate
tra di loro.
Capitolo 2
2.3 analisi del rischio
L’analisi del rischio dei progetti d’impresa può essere
scomposta
sco
pos a in qua
quattro
oa
aree,
ee, co
corrispondenti
spo de a d
differenti
ee
tipologie di rischio:
• di contesto
o te to
• di business
• economico
• finanziario
Per rischio
le
h intendiamo
d
l probabilità
b b l à di
d insuccesso
dell’iniziativa, ossia di non adeguato ritorno del capitale
investito.
Capitolo 2
2.3 analisi del rischio
Esistono diverse tecniche di analisi ed indicatori in grado di
rilevare
e a e tali
a tipologie
po og e d
di rischio.
sc o
Si consideri in ogni caso che solo l’analisi congiunta di più
variabili
correttamente ill profilo
b l consente di
d valutare
l
f l di
d rischio
h
dell’iniziativa imprenditoriale.
Capitolo 2
2.3 rischio di contesto
Per rischio di contesto ci si riferisce al rischio legato ai
fattori
a o macro-economici,
ac o eco o c , ossia
oss a legati
ega a
ai mercati
e ca finanziari
a a e
al quadro politico del paese di riferimento.
Si tratta di componenti esogeni, che posso agire
favorevolmente (opportunità) o sfavorevolmente (minacce)
nei confronti dell’iniziativa, e sono identificabili attraverso
un’attenta analisi della domanda e del settore.
Q
t tipo
ti di indagine,
i d i
ffi
d
Questo
per essere efficace,
deve
contemplare lo scenario evolutivo e non limitarsi alla
comprensione della situazione corrente.
Capitolo 2
2.3 rischio di business
Il rischio di business attiene invece alla validità intrinseca
del modello
de
ode o di
d business
bus ess sottostante
so os a e l’iniziativa.
a a In a
altri termini,
e
,
la capacità di attrazione nei confronti della domanda della
proposta commerciale del progetto e delle caratteristiche
funzionali dei prodotti e servizi (al fine di rendere conveniente
e accessibile il loro utilizzo).
In questo tipo di analisi si determinano i punti di forza e di
dell’azione
debolezza dell
azione del proprio progetto rispetto ai
competitors. Una verifica che può essere fatta sia a livello
concettuale (ossia attraverso l’analisi strategica) che
operativo (attraverso test di mercato)
mercato).
Capitolo 2
2.3 rischio economico
Tra gli strumenti per la valutazione del rischio economico,
riveste
es e pa
particolare
co a e importanza
po a a il metodo
e odo de
del b
break-even
ea e e
economico.
Sia all’imprenditore (per la verifica della sostenibilità
economica delle scelte operate) che all
interlocutore esterno
all’interlocutore
(per un giudizio sui valori attesi di ritorno economico) è
importante determinare il break-even operativo, ossia
il punto di pareggio tra costi totali e ricavi totali
dato dalla formula:
Q = Cf / (Pr - Cvt)
Capitolo 2
2.3 rischio economico
Break even-operativo
Ricavi
Area di utile
Costi
e
Costi Variabili
Ricavvi
C ti Fissi
Costi
Fi i
Area di perdita
1 000
1.000
2 000
2.000
3 000
3.000
4 000
4.000
5 000
5.000
6 000
6.000
Quantità prodotte
Capitolo 2
2.3 rischio economico
Valgono alcune considerazioni:
• nel procedimento di calcolo la capacità teorica va
confrontata con le stime di vendita e la capacità
effettiva;
• nell caso in
ad
i cuii cii sii riferisca
if i
d una azienda
i d
multiprodotto (a vendite non correlate), occorre
adottare soluzioni basate sul punto di pareggio:
– per scelte di produzione, selezionando i prodotti
a margine di contribuzione assoluto più alto
– per competenza, ripartendo i costi fissi per
prodotto e attuando analisi separate
– temporale, determinando il tempo di BEP sulla
base delle stime di vendita effettuate
Capitolo 2
2.3 rischio finanziario
I progetti di investimento in nuove attività o quelli inerenti la
ccrescita
esc a de
del bus
business
ess d
di a
aziende
e de a
avviate,
a e, a
affrontano
o a o
tipicamente un rischio finanziario particolarmente elevato
(in genere, ben superiore a quello economico).
Così,
Così è molto importante che il manager/imprenditori monitori
la performance della liquidità e verifichi la sostenibilità
finanziaria del progetto attraverso la costruzione di prospetti
di entrate e uscite monetarie e l’ausilio
l ausilio interpretativo di
indicatori di sintesi.
Capitolo 2
2.3 analisi di sensitività
Una analisi trasversale del rischio, più in generale, è attuabile
con la tecnica di sensitività che cerca di individuare le
variabili critiche alla performance reddituale o finanziaria di un
progetto.
p è quello
q
p scenari economici
Lo scopo
di costruire più
assegnando a queste variabili valori di massima e di minima
al fine di verificare lo scostamento nella performance
imprenditoriale indotta da tali cambiamenti.
Si indaga così la sensibilità del business al variare di alcune
ipotesi di calcolo, e dunque, indirettamente, l’attendibilità (o
rischiosità) dei risultati economico-finanziari esposti.
Inoltre, è utile che l’individuazione delle variabili critiche
anteceda la costruzione di fogli elettronici di calcolo, affinché
il management abbia a disposizione una visione organica di
queste
t iipotesi
t i di base.
b
Capitolo 3
3. Il p
piano operativo
p
Completata la presentazione ed analisi dello studio sulla
propria
p
op a offerta,
o e a, su
sul se
settore,
o e, su
sulle
ep
proprie
op e sstrategie,
a eg e, il p
piano
a od
di
impresa deve ora abbandonare la dimensione strategica per
passare alla dimensione operativa.
In pratica,
pratica deve esplicitare le modalità concrete del suo piano
di sviluppo sul mercato su temi quali:
» localizzazione
» produzione & macchinari
» logistica
» piano di marketing
» break-even operativo
» budget di marketing
Capitolo 3
3.1 la localizzazione
A seconda dell’attività, l’impresa deve esporre le scelte di
localizzazione commerciale e produttiva, sottolineando le
motivazioni che hanno determinato la soluzione adottata.
Tra queste possiamo annoverare, rispettivamente:
• scelte commerciali - vicinanza al mercato di consumo,
coerenza con le esigenze del target, pubblicità indotta, etc..
• scelte produttive - esigenze di approvvigionamento
approvvigionamento,
disponibilità di manodopera, vicinanza ad infrastrutture di
comunicazione o a fonti di know-how, etc..
Precisando che questa analisi deve considerare, oltre alla
situazione esistente, anche la prevedibile evoluzione dei
fattori esterni in grado di modificare il contesto.
Capitolo 3
3.2 la produzione
p
Altro tema è quello della produzione, in cui l’obiettivo di
analisi si deve soffermare su aspetti quali:
• Macchinari, con la descrizione del processo di
trasformazione adottato e dei macchinari necessari
al raggiungimento degli obiettivi
• Processi, riportando le caratteristiche in termini di
benefici e di complessità (ed eventuale rischiosità)
della lavorazione e del lay-out produttivo
• Capacità, con la scalabilità del sistema adottato
Magazzino in termini di beni fisici impiegati
• Magazzino,
• Qualità, in termini di qualità dell’output e di
controllo di prodotto
• Know-how,
K
h
di tipo
i tecnico
i o intellettuale
i ll
l
Capitolo 3
3.3 la logistica
g
Altro tema che deve essere affrontato è la logistica, in una
analisi che dovrà concentrarsi su aspetti quali:
– la movimentazione, ossia i mezzi impiegati nel
p
, le risorse umane dedicate,, la gestione
g
trasporto,
dei
flussi informativi, la velocità di consegna,…
– il magazzino, tra cui descrizione e caratteristiche dei
stoccata la capacità residua
locali dedicati e della merce stoccata,
in ipotesi di crescita…
– la distribuzione, ossia la scelta dei canali distributivi
adottata.
adottata
Capitolo 3
3.4 il p
piano di marketing
g
In questa sezione, compito di chi effettua questo processo di
pianificazione
p
a ca o e è que
quello
od
di dimostrare
d os a e co
come
e intende
e de tradurre
adu e le
e
strategie competitive in un concreto piano delle vendite. Per
ottenere questo risultato, occorre affrontare le seguenti fasi:
1) Esplicitare gli obiettivi di marketing, ossia chiarire gli
obiettivi quali-quantitativi della politica commerciale, anche al
fine di utilizzarli come dati comparativi per il rilevamento della
performance di mercato (in questo senso dovrebbero essere
esplicitati a livello di area di affari).
Nelle Internet companies
companies, obiettivi di marketing critici al
raggiungimento delle economie di scala (della rete) sono la
dimensione dell’attività e il tasso di fidelizzazione della
clientela.
clientela
Capitolo 3
3.4 il p
piano di marketing
g
2) Verificare la coerenza delle strategie commerciali
correnti non solamente con la politica di marketing ma
soprattutto con le complessive strategie aziendali, da quella
competitiva a quella sociale.
3) Definire le leve di marketing-mix, dal prodotto
(servizio) al prezzo, promozione / pubblicità e canali di
distribuzione / vendita. Vediamole distintamente.
Prodotto/servizio
Al di là di quanto enucleato circa ll’offerta
offerta nel capitolo 1,
1 si
tratta di approfondire aspetti quali la produzione fisica, la
creazione degli accessori di prodotto (es., assistenza postvendita) e la commercializzazione
commercializzazione.
Capitolo 3
3.4 il p
piano di marketing
g
Prezzo
Elemento fondamentale nella politica di marketing,
marketing per
essere correttamente determinato deve tenere in
considerazione i seguenti aspetti:
A livello
•
•
A livello
•
•
di prodotto
elasticità/rigidità della domanda
i
d ll componente
t prezzo
percezione
della
di azienda
struttura dei costi
piano delle vendite e livello di profitto atteso
Capitolo 3
3.4 il p
piano di marketing
g
Prezzo (segue)
Per il prezzo esiste un limite inferiore al di sotto del quale
l’azienda non dovrebbe spingersi se non vuole incorrere in
sicure perdite economiche. Ossia il costo variabile totale.
Tuttavia, si possono riscontrare casi estremi in cui l’impresa
evidenzi nel piano come intenda spingersi al di sotto di
questa soglia, ed operare così in perdita.
Ad esempio, per motivi di redditività complessiva (ossia
incorrere in perdite con un prodotto per spingere le vendite
di un altro prodotto ad offerta complementare),
complementare) o infine per
motivi strategici (innalzare barriere all’ingresso).
Capitolo 3
3.4 il p
piano di marketing
g
Pubblicità/promozione
Ossia la complessiva politica di comunicazione volta ad
influenzare le attitudini di consumo. Tra esse, il piano deve
esplicitare come l’impresa intende muoversi in termini di:
Pubblicità
che
P bbli ità diretta
di tt - ossia
i lla comunicazione
i i
h ha
h per
tema l’azienda e i suoi prodotti, e che sfrutta i media
(radio, Tv, giornali, riviste), i canali diretti (volantini,
t ttelefono)
l f
) o una fforma ib
id quale
l il Web.
W b
posta,
ibrida
Pubblicità indiretta - forma di comunicazione che si
indirizza all’oggetto da promuovere come riflesso di
un evento esterno (il caso classico è la
sponsorizzazione).
Capitolo 3
3.4 il p
piano di marketing
g
Promozione - circoscritta a tutte quelle forme di
i
incentivazione
ti i
non ordinarie,
di i qualili sconti
ti di lancio
l
i di
prodotto, coupon di acquisto, campioni gratuiti..
g - nell’accezione di strumenti volti a
Merchandising
valorizzare la visibilità dell’offerta e l’esposizione dei
prodotti in vendita.
Canali di distribuzione/vendita
Esplicitando non più la scelta del canale distributivo, ma
illustrando
ill t d come tale
t l scelta
lt sia
i coerente
t all target,
t
t alla
ll
politica commerciale e agli obiettivi economici prefissati.
Operazione possibile affrontando le seguenti tematiche:
Capitolo 3
3.4 il p
piano di marketing
g
Canali di distribuzione/vendita (segue)
Costo/benefici - ossia soppesando i benefici
commerciali di una determinata scelta con i relativi
costi;
Caratteristiche del prodotto - idoneità della soluzione
distributiva rispetto alla proprietà dei prodotti;
Caratteristiche del mercato - situazione di contesto e
verifica della disponibilità/accesso ad un canale;
Strategia di marketing-mix - coerenza della scelta
rispetto
alle
leve
di marketing.
i
ll altre
l
l
k i
Capitolo 3
3.4 il p
piano di marketing
g
3bis) Definire le leve di marketing-mix per le attività
Internet, riassunte in prodotto (servizio)
(servizio), assistenza
all’utenza, prezzo, promozione / pubblicità, accessibilità /
navigazione, personalizzazione / interazione.
Prodotto/servizio
Rispetto alle realtà off-line, in genere il peso delle
es i
componenti accessorie diviene più rilevante: per es.,
prodotti e servizi liberamente erogati per attrarre traffico o
per ottenere informazioni sui consumatori.
Assistenza
all’utenza
A i t
ll’ t
Occorre illustrare gli strumenti studiati per assistere in ogni
fase di interazione i clienti e i navigatori
g
(FAQ,
(
email,
numero verde o chat, formazione del personale..)
Capitolo 3
3.4 il p
piano di marketing
g
Prezzo
Verifica della strategia di prezzo rispetto alla sovraordinata
politica di marketing, alla luce di una elasticità media dei
p
g
p alta.
prodotti offerti in rete in genere
più
Promozione / pubblicità
Si tratta di esplicitare le azioni pubblicitarie on-line che si
all’impiego
intendono perseguire unitamente o meno all
impiego di
canali off-line. Per es., motori di ricerca, messaggi email,
link da siti web, segnalazione a comunità, pubblicità cartello
(banner).
(b
) Oltre
Olt ad
d eventuali
t li iniziative
i i i ti promozionali
i
li descritte
d
itt
in precedenza nelle leve off-line.
Capitolo 3
3.4 il p
piano di marketing
g
Accessibilità / navigazione
Studio della struttura del sito, livelli di accesso,
ambientazione e profili di navigazione, coerentemente ad
p
q
g /p
aspetti
quali
design/posizionamento
offerta e funzionalità.
Personalizzazione / interazione
L’imprenditore deve chiarire se e in che modo intende
dell’offerta
perseguire una politica di personalizzazione dell
offerta
(mediante la quale individuare profilo ed attitudini del
consumatore) offrendo leve di erogazione di servizio
taragettizzate.
se sarà
data
t
tti t IInoltre,
lt
àd
t lla possibilità
ibilità a chi
hi
naviga di interagire e di comunicare attivamente.
Capitolo 3
3.4 il p
piano delle vendite
4) Occorre a questo punto sviluppare un piano delle
vendite, operando una scelta in termini di
TECNICA di INDAGINE
e
LIVELLO di ANALISI
Capitolo 3
3.4 il p
piano delle vendite
Tecnica di indagine
Differenti metodologie di analisi utili al calcolo delle
previsioni di vendita, riassumibili nel seguente schema:
Tecniche
Estrapolazione
p
storica
Trend settoriale
Fattori di mercato
Ritorno di marketing
Indagini di mercato
Stime di manag., dip. e esperti
* prevalenti
Natura*
Qualitativa Quantitativa
x
x
x
x
x
x
Base di indagine*
Passato
x
x
x
x
x
Futuro
x
x
Capitolo 3
3.4 il p
piano delle vendite
Tecniche con base di indagine prevalente nel passato
Si tratta di metodi di stima che fanno riferimento
all’andamento passato di variabili interne o esterne, quali:
• i dati aziendali (estrapolazione storica), nella
considerazione
dei
id
i
d i tre
t elementi
l
ti di trend
t d di base
b ,
ciclicità e stagionalità;
• i dati di settore (trend settoriale), parametrando i
passati tassi di crescita del mercato dell’offerta allo
sviluppo atteso nel futuro (formula del CAGR);
• i fattori di mercato, ove si possa correlare il
fatturato a dati esterni acquisibili sul mercato;
• il ritorno di marketing, stimando i ricavi in
funzione del budget pubblicitario
pubblicitario.
Capitolo 3
3.4 il p
piano delle vendite
Tecniche con base di indagine prevalente nel futuro
Metodi alternativi possono basarsi più direttamente su dati
di stima futuri, come nel caso di:
• indagini di mercato, ove disponibili. Si tratta di
studi
possono essere già
t di ad
d hoc
h sull mercato
t dove
d
ià
presenti previsioni e scenari di evoluzione.
• stime e pareri di manager, dipendenti ed esperti,
nel caso in cui vi sia il coinvolgimento di personale
interno od esterno in grado di effettuare stime di
mercato basandosi sull’esperienza oltre che su
contatti e conoscenze personali con clienti /
fornitori (tecnica PERT).
Capitolo 3
3.4 il p
piano delle vendite
Livello di analisi
Una volta ottenute le stime di vendita per prodotto (o per
lotto minimo di vendita), occorre scegliere a quale livello di
indagine è utile schematizzarne i risultati: per esempio, per
prodotto / linea / lotto
lotto, classe merceologica
merceologica, area di affari,
affari
canale di vendita…. Oltre a decidere l’orizzonte temporale
ed il grado di periodicità.
Non dimenticando che,, ai fini di controllo,, il livello di
esposizione del dato di vendita deve coincidere con il livello
di cui si dispongono i dati di costo industriale, al fine di un
efficace
e
cace co
confronto
o to d
di costo
costo-ricavi.
ca
Capitolo 3
3.4 il p
piano delle vendite
4bis) Relativamente alle attività Internet, un modello diffuso
nella costruzione del piano delle vendite è quello che si
basa sulle tre fasi di
» attrazione
» conversione
i
» ritenzione
usando altresì come fonti di ricavo le tre leve di
» pubblicità
» transazione
» accesso
Capitolo 3
3.5 budget
g di marketing
g
In questo paragrafo, occorre esplicitare l’approccio adottato
nella determinazione del budget assegnato alle iniziative di
marketing. Tra le alternative, i metodi di:
vendite, correlando le risorse a una
• % sulle vendite
percentuale del volume (atteso o passato) delle
vendite
risorse semplicemente
• Disponibilità di risorse,
stanziando i capitali disponibili per questa area della
gestione
• Perseguimento degli obiettivi, calcolando il
volume delle risorse necessarie al perseguimento
degli obiettivi di marketing prefissati
Capitolo 4
4. Struttura e management
g
Sia per l’importanza della tematica nel processo di
pianificazione,
p
a ca o e, ssia
a pe
per la
a rilevanza
e a a asseg
assegnata
aaa
alle
e risorse
so se
umane da parte di interlocutori esterni, la definizione della
struttura aziendale e dell’organizzazione delle risorse umane è
parte fondamentale in un business plan.
Dividiamo questa sezione del piano in due aree:
» l’organizzazione
» la struttura
Capitolo 4
4.1 l’organizzazione
g
L’organizzazione
Viene qui presentato:
• il management della società, evidenziando expertise
e se del caso i passi ancora da compiere nella
preparazione,
e come il team
sii sia
i
t
i organizzato
i t per
raggiungere un elevato livello di know-how;
• l’organigramma,
con la definizione p
precisa di ruoli e
g g
responsabilità gestionali;
• il piano di motivazione, ossia di come la cultura
aziendale intenda agire per avvicinarsi ai bisogni e
le aspettative del suo personale interno e dei
collaboratori (es. piano degli incentivi).
Capitolo 4
4.2 la struttura
La struttura
In questa parte vengono esplicitate le scelte in termini di:
• forma giuridica, avendo cura di esplicitare gli
accordi sottoscritti dai soci (in genere vincolanti per
un certo
t periodo
i d di tempo),
t
) i riflessi
ifl i fiscali,
fi li
amministrativi e legali. Tutti aspetti rilevanti, con un
impatto sulla gestione corrente spesso
sottovalutato;
• servizi esterni, presentando i professionisti
collaboratori nell’iniziativa (g
(gestione attività on-line
ove non sia core-business, assistenza legale-fiscale,
assicurazione);
• Licenze,
Licenze concessioni e autorizzazioni
autorizzazioni.
Capitolo 5
5. Risorse di finanziamento
In questa sezione, l’imprenditore deve illustrare le forme di
finanziamento
a a e o co
con cu
cui intende
e de sos
sostenere
e e e l’attività.
a
à Affrontando
o a do
temi quali:
• il mix delle fonti finanziarie
• il capitale
it le iinvestito
e tito (il totale
t t l delle
d ll risorse
i
necessarie all’avvio e alla gestione del business);
• le fonti (ossia le forme di finanziamento previste);
• il piano di ammortamento e remunerazione del
capitale (come si prevede avverrà il rimborso dei
capitali di prestito e con quale ritorno economico);
• la valutazione del credito (una riprova indiretta
della validità del progetto basata sul confronto
capitali assorbiti-capitali
assorbiti capitali generati).
generati)
Capitolo 5
5.2 il mix delle fonti
La completa analisi della situazione finanziaria corrente
dell’impresa
de
p esa e la
a de
definizione
o e de
della
a natura
a u a de
dell’attività
a
à ese
esercitata
c aa
consentono di indirizzare l’imprenditore verso la scelta del
canale e della tipologia di finanziamento più appropriati.
La selezione delle fonti avviene sulla base dell
entità delle
dell’entità
risorse ritenute necessarie e delle caratteristiche delle fonti
stesse (in termini di rischio, di onerosità e dei sottostanti piani
rientro)
di rientro).
In genere, la scelta della struttura finanziaria ottimale si
ottiene con una composizione di più fonti.
Capitolo 5
5.2 il capitale
investito
p
Il capitale investito
Rappresenta il fabbisogno finanziario dell
dell’attività
attività, e al di là
del suo ammontare, è interessante anche alla luce di:
a
o ta e e co
pos o e de
att o, de
ta e
composizione
dell’attivo,
del cap
capitale
1)) ammontare
netto e del capitale di debito esistente o previsto
attività
ti
correnti
235
passività
correnti 130
passività
consolidate
220
attività fisse
400
Attivo
capitale
netto
285
Pa ssivo
Capitolo 5
5.2 il capitale
investito
p
Il capitale investito (segue)
2) tipologia dell’attività svolta, con i riflessi sulla
composizione del capitale investito (attività
industriali capital intensive,
intensive di servizi…)
servizi )
3) situazione del mercato, implicanti tutti quei fattori
socio/economici e politici a carattere esogeno che
impattano non solo sulla quantità ma anche qualità
dei capitali che è possibile raccogliere
Capitolo 5
5.3 le fonti
Si dividono in fonti interne e esterne a seconda della natura
(capitale di investimento v/s di debito) e di chi eroga il denaro
(socio v/s finanziatore). Sono ulteriormente disaggregabili in:
Fonti interne
• capitale sociale, utili e prestito soci
• modifiche alla struttura del capitale esistente
Fonti esterne
• finanziamento commerciale
• debiti verso banche e istituti finanziari
• collocamenti azionari/obbligazionari
• leasing e pagamenti rateali
• fondi pubblici ed agevolazioni finanziarie o fiscali
Capitolo 5
5.3 le fonti
Sulle fonti, una nota merita il tema degli investitori di rischio
cche
e posso
possono
oe
entrare
a e nella
e a co
compagine
pag e soc
sociale
a e pe
per sos
sostenere
e e e lo
o
sviluppo dei progetti imprenditoriali. Questi operatori possono
essere classificati sulla base della fase di sviluppo dell’azienda
target (seed, early stage, start-up,
start up, impresa), in base
all’approccio più o meno strutturato della loro azione e alle
caratteristiche dell’intervento operato. Tra di essi:
•
•
•
•
Business angels
Venture Capitalist
Merchant
M h t banks
b k
Incubatori
Capitolo 5
5.4 amm.
amm. e remun.
remun. capitale
p
L’imprenditore deve presentare i risultati circa la redditività
offerta garantita ai vari investitori e finanziatori,
finanziatori unitamente
ad una proposta del piano di rientro degli eventuali capitali
presi a prestito (modalità di rimborso).
Il primo punto si chiarisce evidenziando essenzialmente il
valore dell’impresa e delle sue quote da un lato, e dal tasso di
(es base annuale
interesse e il suo metodo di calcolo (es.,
annuale,
trimestrale…) dall’altro.
Il secondo, invece, si definisce attraverso un piano di rientro
del capitale,
capitale con ammontare e distribuzione di rate di
rimborso, in quota interessi e di capitale. Si può far
riferimento a due metodi alternativi diffusi, quello a rate
costanti
t ti (“alla
(“ ll francese”)
f
”) o decrescenti.
d
ti
Capitolo 5
5.5 valutazione del credito
Esistono alcuni metodi di calcolo che consentono di
verificare la validità economica e finanziaria del piano oggetto
di studio. Si basano sulla costruzione di indicatori il cui valore
“preditivo” non deve però essere interpretato prescindendo
dal contesto e dalla dimensione qualitativa del piano.
piano
Tra di essi:
• Indicatori di copertura finanziaria
• Modello zeta scoring
• Modello DRL
Capitolo 5
5.5 valutazione del credito
Indicatori di copertura finanziaria
– Autofinanziamento sul debito = Debiti finanziari / EBITDA
– Copertura degli interessi = EBIT / Oneri finanziari
Zeta scoring
Modello che rileva la solidità finanziaria dell’iniziativa
attraverso la determinazione di un valore dato dalla somma
di cinque
q indicatori.
DRL
Al pari dello Zeta scoring, è modello che mira a indagare la
solidità della gestione finanziaria del progetto,
progetto con la
costruzione dell’indicatore
DRL = Potenziale di Cassa / Uscite Correnti
Capitolo 6
6. Schemi econ.econ.-finanziari
Passando alla seconda parte del piano, quella relativa agli
schemi economico
economico-finanziari
finanziari, occorre definire
contenuti ed obiettivi delle proiezioni, oltre che indicare una
metodologia efficace da adottare nella costruzione delle stime
economiche.
economiche Se per una guida analitica e dettagliata nella
redazione di questa sezione del business plan si rimanda al
libro, nelle successive slide ci limiteremo ad esporre i punti
piano ossia:
salienti di questa parte del piano,
• Obiettivi delle proiezioni finanziarie
• Ipotesi alla base dell’esposizione dei dati
• Sequenza logica nella costruzione degli
schemi
• Performance strategica
Capitolo 6
6. Obiettivi delle proiezioni
p
Il manager/imprenditore, con la costruzione degli schemi di
calcolo
ca
co o previsionali,
p e s o a , si
s prefigge
p e gge i segue
seguenti ob
obiettivi:
e
• Valutazione redditività attesa
• Analisi della sostenibilità finanziaria e
determinazione esatta del fabbisogno di capitale
necessario
D t
i
i
d l punto
t di pareggio
i economico
i e
• Determinazione
del
finanziario
• Valutazione della sensitività delle proiezioni
• Comprensione delle componenti della performance
(strategica) aziendale
Capitolo 6
6.1 ipotesi
alla base
p
Ipotesi alla base dell’esposizione dei dati
Occorre prima di introdurre il lettore ai calcoli
Occorre,
calcoli, comporre la
lista delle principali assunzioni che sono state decise per la
proiezione dei risultati economico-finanziari.
In
I realtà,
ltà ognii singolo
i
l calcolo
l l parte
t da
d una ipotesi;
i t i il fine
fi
tuttavia non è quello di elencare minuziosamente tutte le
assunzioni contenute nel piano, ma di evidenziare
li
t quelle
ll principali,
i i li che
h rivestono
i t
i è un
semplicemente
cioè
impatto significativo nei numeri.
In genere queste variabili coincidono con quelle che sono
alla base dell’analisi di sensitività (vedi in prosieguo).
Capitolo 6
6.2 Sequenza
logica
calcolo
q
g
A seguito delle redazione delle ipotesi, vengono suggerite le
seguenti fasi
segue
as nell’elaborazione
e e abo a o e deg
degli sc
schemi:
e
Piano delle vendite
Costi variabili (e magazzino)
Costi di struttura
Investimenti
Cash-flow*
Cash flow
Prospetti finanziari (Mutui, leasing)*
Conto economico*
Stati patrimoniali e indici
Performance strategica
*Il percorso non è sempre lineare, ma alcune volte iterativo (vedi testo).
Capitolo 6
6.2
Approfondimento:
il software
Approfondimento: il software di calcolo
Vi sono software in commercio che si dichiarano schemi
pronti fai da te per la costruzione di schemi di calcolo dei
business plan. E’ tuttavia molto difficile, infatti, rilevare una
loro
effettiva
sezioni
l
ff tti utilità:
tilità vii sono in
i realtà
ltà alcune
l
i i di
calcolo più o meno standard facilmente adattabili ai vari
business, ve ne sono altre la cui struttura è difficilmente
i i bil all’atto
ll’
f
ipotizzabile
di programmare un software
precostituito. Così il nostro consiglio è di costruire i fogli di
calcolo ex-novo, schema dopo schema, usando programmi
quali Microsoft Excel®. I software pronti all’uso, infatti, o
sono flessibili e in quanto tali troppo generici o per converso
approfonditi e specifici, e per questo rigidi e difficilmente
modificabili nel tentativo di adattarli al proprio caso.
Capitolo 6
6.2
Approfondimento:
la semplificazione
p
Approfondimento: la semplificazione degli schemi
Prima di partire nella elaborazione degli schemi,
schemi è meglio
soffermarsi nella valutazione e analisi delle effettive
necessità di calcolo, ossia dei costi/benefici sottostanti alla
scelta
lt del
d l grado
d di analiticità
liti ità dei
d i calcoli.
l li Infatti,
I f tti partire
ti con
entusiasmo nella costruzione di una distinta industriale o,
dall’altro lato, nella previsione troppo approssimata di una
i
i i da
d evitare.
i
voce di costo e di ricavo
sono operazioni
Si
ricordi che le proiezioni contengono necessariamente
assumptions, e che un alto grado di analiticità non innalza
necessariamente la qualità
à della stima (mentre per
converso, una stima troppo semplificata ne compromette
l’attendibilità). In sintesi, occorre applicare il principio di un
giusto grado di dettaglio e evitare la duplicazione di schemi.
Capitolo 7
7. Dal p
piano all’azione
Il piano è studiato e analizzato in ogni sua parte. A questo
punto
pu
o l’imprenditore/manager
p e d o e/ a age deve
de e a
attuare
ua e tutta
u a una
u a serie
se e di
d
attività che possono sintetizzarsi in:
•
•
•
•
•
•
Strutturare
St tt
l’l’organizzazione
i
i
Assegnare gli obiettivi
Funding
g
Avviare gli investimenti
Entrare sul mercato
Monitorare la
l performance
f
Capitolo 8
8. Il controllo gestionale
g
Un progetto di investimento deve prevedere sin dalle sue
origini meccanismi di controllo in grado di fornire
informazioni di performance con l’obiettivo di un costante
miglioramento gestionale.
Oltre alla natura del controllo (qualitativo
(qualitativo, quantitativo),
quantitativo) il
livello di indagine può riferirsi ad una dimensione:
all’esame
• strategica
strategica, indirizzata all
esame dell’andamento
dell andamento
dell’impresa, delle aree di affari o dei prodotti /
servizi;
• operativa,
mirata
delle
ti
i t all’esame
ll’
d ll aree gestionali
ti
li o
delle leve manageriali.
Capitolo 8
8. Il controllo gestionale
g
Inoltre, le due tipologie di controllo sono:
• controllo operativo, ossia legato ai risultati delle
azioni gestionali correnti;
finanziario, il cui obiettivo consiste
• economico
economico-finanziario
nell’analisi della complessiva performance
reddituale e finanziaria dell’impresa e della sua
origine
origine.
A sua volta, il controllo operativo si divide in controllo:
– dei costi
– della qualità
– commerciale.
Capitolo 8
8.1 controllo commerciale
Una parte rilevante del controllo operativo è rappresentata
dal controllo commerciale, che mira a misurare il ritorno
delle politiche di marketing. In particolare attraverso:
il ritorno informativo
– la
e l’analisi
l raccolta,
lt la
l rielaborazione
i l b
i
l’
li i delle
d ll informazioni
i f
i i di
natura qualitativa provenienti dal mercato (consumatori,
distributori, agenti, studi sul comportamento di acquisto,…)
il controllo del budget
– analisi della performance conseguita rispetto al budget
delle vendite,
efficacia degli
vendite volto a determinare altresì ll’efficacia
investimenti di marketing scomponendo il risultato di ogni
singola azione commerciale (profitto di marketing)
Capitolo 8
8.1 controllo commerciale
Relativamente al ritorno informativo per le imprese
Internet, esistono strumenti di indagine e metodologie di
analisi caratteristiche della rete.
Dati quali…numero di accesi, pagine viste, percorsi di
navigazione,
navigazione tempi di collegamento,
collegamento etc…
etc forniscono
informazioni quali atteggiamento, profilo, bisogni espressi
degli utenti che possono efficacemente indirizzare la politica
i l dell’azienda
d ll’ i d
commerciale
l’imprenditore deve tuttavia chiarire non tanto la quantità e la
qualità dei dati che saranno disponibili, quanto quelle su cui si
concentrerà l’indagine
g
e la finalità di questo
q
utilizzo
Capitolo 8
8.2 controllo econecon-finanz
finanz..
La performance economica e finanziaria dell’impresa e unità
di business
d
bus ess viene
e e invece
ece indagata
daga a co
con l’ausilio
aus o d
di sstrumenti
u e
interpretativi quali gli indicatori di bilancio. Tra di essi:
Indicatori
liquidità
I di t i di li
idità
liquidità primaria
(Att. Corr. - Magazzino) / Pass. Corr.
liquidità secondaria
Att. Corr. / Pass. Corr.
Indicatori del ciclo commerciale
rotazione dei crediti
(Crediti netti/Vendite) * 360
rotazione del magazzino (Magazzino/Vendite) * 360
rotazione debiti comm.
(Debiti vs fornit./Acq. beni e serv.) * 360
Capitolo 8
8.2 controllo econecon-finanz
finanz..
Indicatori di indebitamento
debt ratio
Totale Indebit. / Cap. Investito
q y ratio
debt equity
long term debt ratio
p Netto
Totale Indebit. / Cap.
Pass. Consolidate / Cap. Investito
à
Indicatori di redditività
Roi
Reddito operativo / Cap. Investito
Roe
Reddito netto / Cap.
Cap proprio
Capitolo 9
9. Valutaz
Valutaz.. investimenti
Scopo di questa sezione è quella di esporre alcuni strumenti
cche
e consentano
co se a o d
di integrare
eg a e co
con metodi
e od d
di ca
calcolo
co o l’analisi
a a s
sulla redditività e solidità finanziaria del progetto. Ossia
supportando il processo valutativo con tecniche di analisi
degli investimenti.
Tuttavia, prima di passare ad alcuni dei più diffusi metodi di
valutazione, occorre chiarire natura ed elementi di una
variabile che sta alla base di queste tecniche di analisi
IL TASSO DI SCONTO
Capitolo 9
9.1 il tasso di sconto
Il profilo finanziario di una operazione di investimento
viene giudicato in base a:
– entità dei flussi associati all’investimento
g
p
gg flusso di entrate”
“migliore
l’investimento che produce
il maggior
– la loro distribuzione temporale
“migliore l’investimento che produce flussi finanziari più a breve termine”
Tuttavia, nell’ipotesi in cui due alternative di investimento
producano risultati controversi (una migliore distribuzione
temporale
o viceversa),
l e una minore entità
à dei
d flussi
fl
) ill
parametro di valutazione diviene il
valore finanziario del tempo
p
Capitolo 9
9.1 il tasso di sconto
Secondo il principio del valore finanziario del tempo, il
valore
ao e d
di una
u a somma
so
ad
di de
denaro
a o dec
decresce
esce nel
e tempo,
e po, e cciò
òa
causa del concorrere di tre fattori:
» Inflazione
» Preferenza
per lla liliquidità
P f
idità
» Rischio del progetto
Inflazione
Ossia l’incremento generale dei prezzi che diminuisce il potere
di acquisto del denaro, che induce l’investitore a desiderare
un rientro dei capitali investiti nel più breve tempo possibile
Preferenza per la liquidità
Al di là dell’effetto inflattivo, veloci rientri di capitale
consentono l’impiego in continue opportunità di investimento
Capitolo 9
9.1 il tasso di sconto
Rischio del progetto
Fattori di varia natura che possono costituire una minaccia
per la remunerazione del capitale se non il capitale stesso:
• inflazione (già considerata come variabile indipendente)
• congiuntura economica (andamento espansivo v/s recessivo)
• caratteristiche del settore (ciclo di vita, azioni della
d di evoluzione
l i
t
l i
)
concorrenza, grado
tecnologica,…)
• posizione dell’impresa (punti di forza e di debolezza)
g
(g
p
•p
profilo del p
progetto
(grado di innovatività,, capacità
del
management..)
• rischio paese (stabilità istituzionale e socio-economica del paese di
investimento)
Capitolo 9
9.1 il tasso di sconto
Rischio del progetto (segue)
Tutti i fattori citati vengono espressi nella valorizzazione di un
tasso di interesse, che equivale al tasso di remunerazione
ritenuto soddisfacente da parte degli investitori. L’operazione
avviene attualizzando i flussi finanziari di un investimento
attraverso la formula:
Valore dei flussi (al tempo 0) =  Flusso n * 1/ (1+i n)
dove i è pari al tasso di interesse richiesto.
Capitolo 9
9.1 il tasso di sconto
Rischio del progetto (segue)
Nella formula del wacc,
wacc considerazioni e metodi di calcolo
particolarmente complessi valgono per la determinazione del
tasso Ke, o costo del capitale di rischio.
Alcuni
Al
i dei
d i metodi
t di impiegati
i i
ti sono:
• Capital Asset Pricing Model (CAPM)
• tasso di distribuzione / ritenzione degli utili
• costo opportunità
Capitolo 9
9.1 il tasso di sconto
Capital Asset Pricing Model
Secondo il CAPM,
CAPM il costo del capitale viene determinato dalla
formula
Ke = Rf + MPR * 
Rf = rendimento di titoli privi di rischio
MPR = premio per il rischio di mercato
 = sensibilità del titolo dell’impresa
p
al rischio medio di
mercato
Capitolo 9
9.1 il tasso di sconto
Tasso di distribuzione /ritenzione degli utili
E’ un approccio adatto a calcolare Ke nell
E
nell’ipotesi
ipotesi di emissione
di nuovo capitale o di utilizzo del capitale derivante dal
reinvestimento degli utili. Nella prima ipotesi:
Ke = Do * (1+g) / P (1-f) + g
Do = dividendo (supposto costante nel tempo)
g = tasso di crescita attesa del dividendo
f = costo % di collocamento di nuove azioni
Nella seconda ipotesi, la formula rimane identica con l’unica
eccezione della omissione del fattore (1-f) al denominatore.
Capitolo 9
9.1 il tasso di sconto
Costo opportunità
Metodo empirico che suggerisce di adottare nella selezione
del tasso ke il saggio di remunerazione ottenibile da
investimenti alternativi.
Alla
il fatto
All semplicità
li ità di questo
t metodo
t d fa
f da
d contrappeso
t
f tt
che non prende in considerazione gli aspetti peculiari di
rischio del progetto oggetto di valutazione. In pratica, non
f
d un giudizio
i di i sulla
ll effettiva
ff tti redditività
dditi ità
fornendo
dell’investimento.
Capitolo 9
9.2 metodi di valutazione
Tra metodi di valutazione di un progetto di
investimento che possono efficacemente integrare l’attività
l attività di
business planning con risultati di performance finanziaria,
considereremo i seguenti:
» Valore Attuale Netto
» Indice di Rendimento Attualizzato
» Tasso Interno di Rendimento
» Valore Economico Aggiunto
» Break-even finanziario
Capitolo 9
9.2 metodi di valutazione
Valore Attuale Netto (1/2)
Metodo che determina il valore di un investimento attraverso
la somma algebrica dei flussi finanziari in entrata e in uscita
generati dall’investimento stesso. Flussi che vengono
debitamente attualizzati al tasso di sconto o remunerazione i:
VAN ((al tempo
p 0)) =  Flusso n * 1// ((1+i n) - C
C = costo dell’investimento iniziale (al tempo 0)
Progetti con un VAN positivo sono giudicati remunerativi.
Capitolo 9
9.2 metodi di valutazione
Valore Attuale Netto (2/2)
Tuttavia soprattutto negli start-up
Tuttavia,
start up imprenditoriali
imprenditoriali, la fase di
impianto, in cui gli investimenti vengono realizzati, è spesso
superiore al periodo di avvio, il che rende più corretta
ll’applicazione
applicazione della formula che contrappone il valore attuale
delle entrate e delle uscite considerate separatamente:
Fn(entrate)  Fn(uscite)


VAN =
(1  i )
(1  i )
n
n
Capitolo 9
9.2 metodi di valutazione
Indice di Rendimento Attualizzato (1/2)
Concettualmente simile al metodo del VAN,
VAN se ne discosta
semplicemente perché il confronto fra esborso iniziale e flussi
futuri non avviene per somma algebrica ma attraverso il
rapporto fra i valori:
IRA = [  Flusso n * 1// ((1+i n) ] / C
Progetti con un IRA maggiore all’unità sono giudicati
remunerativi.
remunerativi A differenza del VAN,
VAN che classifica i progetti
per valore assoluto di remunerazione, l’IRA li classifica per
tasso % di redditività (ossia di rendimento del capitale).
Capitolo 9
9.2 metodi di valutazione
Indice di Rendimento Attualizzato (2/2)
Tuttavia analogamente a quanto avviene per il VAN,
Tuttavia,
VAN anche la
formula dell’IRA si modifica nelle ipotesi di periodi di impianto
successivi al tempo iniziale t0:
N
F
n
IRA =
1
(1  i )
n
C
Capitolo 9
9.2 metodi di valutazione
Tasso Interno di Rendimento (1/2)
Il TIR è quel tasso di sconto r che
che, nella formula del VAN,
VAN
rende la sommatoria dei flussi di ritorno pari all’investimento
iniziale C:
C =  Flusso n * 1/ (1+r n)
In pratica r è il tasso lordo (rispetto agli oneri finanziari) di
rendimento complessivo dell’investimento, che deve essere
confrontato con il tasso di remunerazione richiesto i al fine di
pervenire alla valutazione del progetto: per valori superiori ad
i il progetto è positivo, per valori inferiori invece non assicura
il tasso
t
di redditività
dditi ità richiesto
i hi t dagli
d li investitori.
i
tit i
Capitolo 9
9.2 metodi di valutazione
Tasso Interno di Rendimento (2/2)
Sempre sulla base di una dinamica di flussi in uscita in periodi
temporali estesi (in contrapposizione all’ipotesi di un unico
investimento C effettuato al tempo t0) , modifichiamo la
formula nel seguente modo:
Σ Flusso (uscite) n * 1/(1+i) n = Σ Flusso (entrate) n * 1/(1+r) n
Capitolo 9
9.2 metodi di valutazione
Valore Economico Aggiunto (EVA©)
A differenza dei metodi esposti in precedenza
precedenza, focalizzati su
valori finanziari, EVA è un approccio che valuta la
performance economica di una impresa o di un singolo
progetto.
progetto In sintesi,
sintesi misura il ritorno di un investimento
attraverso la formazione nel tempo di un sovrareddito che
supera il costo medio del capitale secondo la formula:
Valore prodotto =  EVA n * 1/ (1+c)n
EVA = NOPAT - (Cap. Investito Netto * c)
c = costo medio del capitale
Capitolo 9
9.2 metodi di valutazione
Break-even finanziario
Si quantifica nel numero di periodi (in genere anni o mesi)
necessari ad arrivare al punto di equilibrio finanziario, ossia il
break-even tra i flussi in uscita e in entrata generati da un
investimento.
investimento
Coerentemente al principio della preferenza per la liquidità
espressa dagli investitori, il break-even finanziario fornisce
lt i
i f
i
tt che
h integra,
i t
iù
cosìì una ulteriore
informazione
sull progetto,
più
che sostituire, il giudizio sulla validità finanziaria ed
economica degli altri indicatori.
Al fine di considerare il valore finanziario del tempo, è utile,
soprattutto per progetti con piani lunghi di rientro,
attualizzare i flussi (break-even finanziario attualizzato)).
Capitolo 9
9.3 valutazione d’azienda
I metodi di valutazione di capital budgeting sono in genere legati
alla valutazione di sintesi di p
progetti
g
di investimento ben definiti
ed identificati. La valutazione dei flussi finanziari attualizzati
prodotti da un’impresa è altresì uno dei metodi maggiormente
diffusi
d
u nella
a determinazione
d
a o del
d valore
a o di
d un’azienda,
u a
da, il
Discounted Cash Flow Model (DCF), dato da:
DCF = ((Somma flussi finanziari positivi
p
e negativi)
g
)+
Terminal Value – Posizione Finanziaria Netta
Altro metodo diffuso, soprattutto per la sua semplicità di calcolo,
è la valorizzazione di un’impresa sulla base di un multiplo del
suo EBITDA (multiplo che varia da settore a settore e dalle
caratteristiche dell’impresa).
dell impresa). Anche a questo valore va detratta
la posizione finanziaria netta dell’impresa.
allegati
g
Costituiti da tutta quella serie di documenti utili a
descrivere
desc
e e ca
caratteristiche
a e s c e e natura
a u a de
del p
progetto,
oge o, fornendo
o e do
elementi ed informazioni che supportano o integrano quanto
viene esplicitato nel piano.
Alcuni esempi:
• piantine dei locali commerciali e/o produttivi
• curricula del management
• profilo dei collaboratori principali
• documenti legali (statuto, atto costitutivo, licenze..)
• struttura del sito Internet
• demo del prodotto (ove riproducibile o raffigurabile)
p
)
• informazioni economiche consolidate ((bilanci es. precedenti)
APPENDICE
Business Plan & Co.
p
Gli strumenti di valutazione e presentazione
dei progetti d’impresa
executive summaryy
In genere un business plan è accompagnato da un
documento
docu
e o sintetico
s e co (due/
(due/tre
e pag
pagine)
e) cche
ea
anticipa
c pa le
e linee
ee
essenziali di contenuto e finalità del business plan: definito
executive summary, costituisce la prima “vetrina” del
progetto e ha dunque il delicato compito di trasmettere una
immediata impressione positiva o negativa al progetto
d’investimento.
Inoltre
Inoltre, poiché ha l’obiettivo di riportare i tratti salienti del
business, nel caso la sua bozza sia redatta in via anticipata
rispetto al business plan, può servire come una sorta di indice
da
del
d usare durante
d
t lla stesura
t
d l piano.
i
investment memorandum
E’ il secondo documento di sintesi di un business plan, di
maggior
agg o estensione,
es e s o e, co
con u
una
a lunghezza
u g e a che
c e ssi agg
aggira
a su
sulle
e 15
5
/ 20 pagine. L’investment memorandum ha i medesimi
contenuti di un Executive Summary, che vengono però
esposti con un maggior grado di approfondimento.
approfondimento E così sia
quelli di natura descrittiva (domanda & offerta,
posizionamento, strategia, piano operativo) che economica
(vendite costi,
costi conti economici e flussi di cassa),
cassa) anche se
(vendite,
questi ultimi sono espressi in modo estremamente sintetico. E
nella sezione dedicata alla esposizione dei numeri, viene in
genere effettuata una proposta di investimento precisa e
circoscritta in termini di quote e valore delle transazioni di
investimento e/o finanziamento richiesto.
.
studio di fattibilità
Lo studio di fattibilità è uno studio volto ad indagare,
senza entrare in un’analisi
un analisi troppo approfondita, la validità di
un progetto, attraverso un approccio schematico e di
valutazione di sintesi dei principali dati di mercato e di
settore,
settore di un generale piano di vendita e delle relative
entrate e uscite finanziarie previste. E’ una forma embrionale
di business plan, e ne costituisce un primo livello di struttura
e contenuti
contenuti.
Obiettivo primario della redazione del documento è quello di
verificare la reale attrattività di un progetto, effettuando una
valutazione
del
per verificare
le
l t i
d l modello
d ll di business
b i
ifi
l
potenzialità attese del progetto alla luce del contesto e una
contrapposizione delle principali voci di ricavo e di costo per
avere una prima
i
analisi
li i della
d ll redditività
ddi i i à attesa.
marketing
plan
gp
Il marketing plan è documento che esplicita le strategie di
ingresso o sviluppo di un
un’azienda
azienda sui mercati target, con una
esposizione analitica delle ipotesi alla base del piano
commerciale, il tipo di offerta, i canali distributivi che
verranno utilizzati,
utilizzati e il relativo piano di comunicazione e
pubblicitario a supporto della pianificata azione commerciale.
In sintesi, il Marketing Plan, ha natura sia di valutazione
interna (la definizione della strategia di vendita e
comunicazione da intraprendere) che di presentazione
(obiettivi e contenuti dell’azione commerciale), e può essere
più o meno sviluppata in uno di questi due contenuti,
contenuti a
seconda delle finalità e degli obiettivi del documento.
financial plan
p
Il financial plan invece è documento che si concentra sulla
sezione economico-finanziaria
economico finanziaria di un piano di business, ossia
sulla elaborazione e stesura delle proiezioni di fatturato e di
costi diretti e indiretti di un progetto imprenditoriale, ed è
propedeutico alla valutazione della redditività e liquidità
attesa dei flussi sottostanti all’investimento che si intende
effettuare.
project
presentation
p
j
p
Il project presentation ha esclusivamente la valenza di
documento di presentazione di un progetto, e dunque tutto,
dal formato (slide), al contenuto, è ottimizzato ai fini
espositivi. In taluni casi il documento accompagna o introduce
un documento master (es.,
(es il business plan),
plan) in altri casi
invece è l’unico strumento di sintesi di un’analisi effettuata
ma non strutturata in un documento separato.
Di questo documento
documento, non esiste una struttura standard
standard,
anche se in genere affronta questi punti: oggetto
dell’iniziativa, modello di business, obiettivi perseguiti,
modalità
capitale
d lità di sviluppo,
il
it l investito,
i
tit risultati
i lt ti attesi.
tt i I
contenuti variano in ultimo dalla funzione della natura del
progetto, dalle esigenze di esposizione e dalla finalità della
presentazione.
i
company
profile
p yp
Il company profile rappresenta una fotografia dell’azienda
al momento dell
dell’analisi,
analisi, con una breve presentazione della
sua offerta, della sua storia, del suo piano di crescita e degli
obiettivi estrapolati dal suo piano strategico di sviluppo. E’ un
valido strumento che consente ad interlocutori esterni,
esterni che
non sono a conoscenza della società, di averne una visione di
insieme, comprendendone il business, la sfera delle sue
attività la direzione del suo sviluppo e le dimensioni in
attività,
termini di performance economica.