introduzione Business plan… …uno uno strumento di pianificazione operativa e al contempo strategica necessario a: – definizione di visione e obiettivi imprenditoriali – comprensione ambiente esterno all’impresa – analisi della fattibilità economica e finanziaria del progetto – pianificazione delle strategie e determinazione del piano operativo – utilizzo del budgeting e analisi degli scostamenti per il controllo t ll dei d i risultati i lt ti dell’investimento d ll’i ti t – definizione dell’assetto organizzativo necessario – accesso a alle e fonti o t d di finanziamento a a e to accezione di un piano p Comprendere l’estensione e i citati ambiti applicativi di un piano p a o d’impresa d p esa ssignifica g ca a andare da e a al d di là à dell’accezione de acce o e ristretta che comunemente viene assegnata ad un business plan, ossia di… strumento di presentazione di un progetto finalizzata al reperimento dei capitali p p mentre t iin realtà ltà sii pone come strumento t t gestionale, ti l che h accompagna la vita di una impresa anche ben oltre le fasi di start-up fasi di un piano p Nella sua accezione allargata, infatti, il business plan ha al contempo co e po la a natura a u a di: d » Piano di fattibilità economico- Business Plan (accezione allargata) finanziaria fi i i » Piano di presentazione e sviluppo del progetto (accezione ristretta di business plan) » Piano operativo a chi si rivolge g Il business plan è strumento con due funzioni: 1 Valutazione V l t i delle d ll potenzialità t i lità di un progetto tt di investimento (per una start-up) o supporto alla gestione corrente del business (per aziende avviate). Misurando la sostenibilità ibili à finanziaria fi i i ed d economica i dell’attività, d ll’ i i à guidando l’implementazione del piano operativo d’impresa e stimolando il contributo e l’adesione alla mission aziendale di tutto il personale FUNZIONE INTERNA a chi si rivolge g 2 Presentazione P t i d dell progetto tt ad d iinterlocutori t l t i esterni t i per l’ottenimento dei fondi necessari all’avvio delle operazioni. Il concetto di “esterni” si riferisce a persone che seguito e che valutarlo h non hanno h i il piano i h devono d l l all fine di un apporto di capitali (può infatti capitare che gli interlocutori appartengano alla medesima impresa, come nei casi di sottoposizione di business plan “interni” al Consiglio di amministrazione di grandi società). FUNZIONE ESTERNA tipologie p g di business plan p Alla luce delle considerazioni su funzione e ambiti di applicazione, app ca o e, il business bus ess p plan a è sstrumento u e ou utile ea alle e segue seguenti attività di analisi aziendale: – – – – – – – Fattibilità F ttibilità di un investimento i ti t Richiesta di finanziamento Analisi di mercato (domanda e offerta) Valutazione di azienda Pianificazione strategica Budgeting Pianificazione operativa alcune regole di redazione g A prescindere dalla bontà del progetto, un business plan, che ssi rivolga o ga ad un u pubblico pubb co “interno” e o (strumento (s u e o di d guida gu da gestionale) o “esterno” (biglietto da visita di un progetto), deve rispettare alcune semplici regole di redazione: – uno stile semplice ed essenziale – un dosato impiego di grafici e tabelle – rimandare in allegato documenti che descrivono in modo esteso alcuni aspetti (in genere tecnici), sempre che la loro presenza sia ritenuta fondamentale – esplicitare sempre le li it l ipotesi i t i su cuii sii fonda f d il piano i – coinvolgimento diretto di imprenditore/manager – contenere informazioni veritiere, accurate ed utili la struttura di business plan p Un piano di impresa si compone di due macro-aree: la parte descrittiva desc a e que quella a eco economico-finanziaria. o co a a a Sezione descrittiva: oltre alla presentazione della natura e finalità del progetto, deve comprendere elementi quali la visione imprenditoriale di fondo, l’analisi del mercato e della concorrenza, la descrizione dei prodotti/servizi offerti, il piano strategico ed operativo dell’investimento;; g p Sezione economico-finanziaria: contiene le proiezioni di calcolo, ossia le stime di rendimento economico e di performance finanziaria del progetto. progetto In ultimo, ultimo il ritorno atteso del capitale investito sia per i promotori dell’iniziativa che per gli eventuali finanziatori. introduzione e mission E’ il modo corretto per partire. Descrivere la finalità del piano, ll’obiettivo obiettivo che si prefigge chi scrive nel presentare i risultati dello studio effettuato. Facendo seguire a questa breve introduzione quello che nei paesi anglosassoni si definisce mission statement, ossia il messaggio contenente natura e finalità dell’attività aziendale. Anche se non esiste una formula standard, questa definizione dell’obiettivo deve contenere: dell offerta (per il consumatore) • benefici dell’offerta • target di clientela • politica di pricing adottata 1. descrizione del business Capitolo 1 Obiettivo di questa sezione è quello di descrivere l’ambiente in cu cui l’azienda a e da opera ope a o andrà a d à ad operare ope a e da un u lato, a o, e di d come la stessa intenda posizionarsi nel mercato in termini di offerta e posizionamento competitivo. Affrontando, ordine, i seguenti temi: Affrontando in quest quest’ordine • • • • analisi dell’azienda analisi del prodotto/mercato analisi del settore g aziendali le strategie 1.1 analisi dell’azienda Capitolo 1 Qualora il piano sia riferito ad una impresa già operante sul mercato, occorre da subito introdurre il lettore alla sua storia, fornendo elementi quali l’anno di avvio, l’assetto proprietario (nel tempo), la forma legale, le competenze maturate, l attività tipica tipica, etc… maturate l’attività etc Non dimenticando altresì di citare eventi di carattere straordinario (cessioni, cambi direttivi…) che hanno interessato l’azienda l’azienda, e se e in che modi la stessa appartenga ad un gruppo industriale e/o finanziario. Nei casi invece di una nuova realtà, occorre descrivere i partecipanti all’iniziativa e lo stadio di sviluppo delle attività in corso. 1.2 analisi di p prodotto/mkt prodotto/ Capitolo 1 Dopo aver tracciato il profilo dell’azienda o dei promotori dell’investimento, dell investimento, si passa a descrivere l’l offerta alla base dell’idea di business. Occorre tuttavia associare i prodotti/servizi al target cui gli stessi sono indirizzati indirizzati. Con il vantaggio di considerare l’offerta come strumento di soddisfazione di un bisogno di mercato. Oltre a evitare una defocalizzazione della propria azione imprenditoriale, nel comune errore di considerare la propria offerta valida “per tutte le stagioni”. In altri termini, attrattiva per molti consumatori con caratteristiche e bisogni differenti tra loro. 1.2 analisi di p prodotto/mkt prodotto/ Capitolo 1 Occorre così procedere alla segmentazione della domanda, ossia analizzare il bacino dei consumatori ed individuare dei parametri utili ad una analisi dei loro bisogni e motivazioni di acquisto. Per i beni di consumo, si fa riferimento ad una classificazione basata sui quattro livelli: – socio-demografico, allorché siano considerate caratteristiche demografiche, quali età o sesso, econo-miche, quali il reddito, o geografiche, quali aree territoriali; – psicografico, se l’analisi del target si concentra su elementi quali bisogni, motivazioni di acquisto, valori; – vantaggi perseguiti, basata sulla valutazione dei vantaggi percepiti dal prodotto da parte del consumatore; – comportamentale, p , basa sul comportamento p di acquisto q manifestato dai diversi gruppi di consumatori. 1.2 analisi di p prodotto/mkt prodotto/ Capitolo 1 Il processo di analisi ed individuazione del target consente di sstudiare ud a e come co e la ap propria op a offerta o e a è in g grado ado di d soddisfare sodd s a e le e attese del mercato (la domanda) ed esattamente a chi è rivolta (il target). Dall’associazione di prodotti/servizi ad una determinata fascia di clientela nascono le aree di affari, ossia le aree con cui è possibile scomporre l’attività d’impresa. Per essere efficaci, tuttavia, è necessario che le stesse siano: • significative, ossia di dimensioni economiche tali da giustificare la focalizzazione aziendale; • accessibili, dire accessibili vale ale a di e efficacemente effi a emente (economicamente) raggiungibili dall’impresa. 1.3 analisi del settore Capitolo 1 Il focus dell’indagine si sposta ora sulle caratteristiche dell’offerta, de o e a, cioè c oè sui su co competitori, pe o , su sulla a sstruttura u u a dei de ca canali a distributivi e sul mercato di approvvigionamento. L’analisi deve svolgersi sia in chiave storica che prospettica: anzi è proprio lo studio dell evoluzione dell offerta (in dell’evoluzione dell’offerta relazione alla domanda) a fornire utili indicazioni sugli scenari competitivi attesi. I questo t senso, occorre iinnanzitutto it tt d d i iin quale l In domandarsi settore si opera o si va ad operare, per capirne il ciclo di vita. Come per i prodotti, infatti, anche i settori conoscono fasi di vita quali la nascita, lo sviluppo, la maturità e il declino. Ogni fase impone infatti logiche competitive differenti. differenti 1.3 analisi del settore Capitolo 1 In merito allo studio delle caratteristiche dell’offerta, occorre affrontare uno studio sul posizionamento delle imprese utilizzando: g q • variabili di analisi che segmentino in questo caso la struttura dell’offerta (specializzazione, marca commerciale, integrazione verticale, etc., si veda Paragrafo 1.3.2)) g • una matrice (pervasività tecnologica/valenza commerciale, riportata nella slide successiva) che chiarisca ll’impatto impatto delle nuove tecnologie sui player esistenti e sulle reali barriere di ingresso dell’arena competitiva. 1.3 analisi del settore Capitolo 1 Matrice V l Valenza commerciale (motivazioni di acquisto, fiducia, caratteristiche dell’offerta) Alta Bassa Internet companies Internet companies Bassa (produzione, (produzione logistica, logistica marketing, vendita) Alta Pervassività dellee tecnologgie Pervasività delle tecnologie Valenza commerciale Società tradizionali 1 4 2 3 Società tradizionali Società t adi ionali tradizionali 1.3 analisi del settore Capitolo 1 Dopo aver esaminato la struttura e le caratteristiche del settore, occorre passare all’analisi all analisi dei competitori, suddividendoli in funzione della vicinanza al mercato target della propria iniziativa. Avremo così: • concorrenti diretti / indiretti, a seconda che mirino a soddisfare esigenze di consumo simili o meno del target; g ; • concorrenti diretti primari, secondari… classificati in funzione della vicinanza al mercato di utenza; • concorrenti on o enti inter inte o intra-channel, int a channel ossia tra t a player pla e più o meno focalizzati su attività fisiche o digitali. 1.3 analisi del settore Capitolo 1 In ultimo, per completare l’analisi, bisogna concentrarsi sui mercati e ca d di app approvvigionamento o g o a e o da u un lato, a o, e que quelli d di sbocco dall’altro. Studiando in definitiva struttura e caratteristiche dei fornitori a monte e dei canali distributivi a valle. E’ possibile a questo punto procedere alla costruzione di mappe competitive, con la scelta di opportune variabili di classificazione in grado di determinare le caratteristiche della strategia di mercato dei concorrenti l’impresa può così verificare l’adeguatezza e l’efficacia di una determinata strategia, oltre all’esistenza di opportunità di mercato latenti 2.1 le strategie g Capitolo 2 Un’impresa, per il solo fatto di operare, sta seguendo una sstrategia a eg a “naturale”, a u a e , o qua quanto o meno e o app applicandola, ca do a, insita s a negli eg atteggiamenti e le volontà del management e del personale (“strategia emergente”, Minzberg, 1994). Il classico approccio promosso invece dalla dottrina economica economica, invece, invece presuppone un’analisi del contesto e la determinazione esplicita di un piano di sviluppo e di posizionamento imprenditoriale ((“strategia deliberata”)). Seguendo in realtà il concetto di pianificazione continua, le due strategie possono benissimo convivere. Infatti l’imprenditore imposta un business plan di e b l sulla ll base b d un percorso studiato d poi lo adegua sulla base dei risultati che riceve durante la sua azione imprenditoriale (“strategia deliberata evolutiva”). 2.1 le strategie g Capitolo 2 Un’impresa deve esplicitare in questa sezione l’insieme delle strategie s a eg e esplicite esp c e o implicite p c e cche e ado adotta a o intende e de adottare sul mercato come al suo interno (organizzazione). In genere, strategia più o meno implicita è quella che attiene ai valori, le idee e gli atteggiamenti del suo personale, ossia la cultura aziendale. Definita dalla dottrina come ORIENTAMENTO STRATEGICO DI FONDO 2.1 le strategie g Capitolo 2 L’orientamento strategico di fondo si compone di tre g aree interagenti: – Impostazione organizzativa: il peso assegnato alle risorse umane, la definizione di funzioni e ruoli organizzativi, i meccanismi organizzativi di riconoscimento; – Filosofia gestionale: la sfera di idee, atteggiamenti e motivazioni che guidano gli uomini d’impresa nelle relazioni aziendali interne ed esterne; – Obiettivi di fondo: ossia le ambizioni e aspirazioni in termini di performance qualitativa e quantitativa e il bilanciamento tra i due obiettivi aziendali di successo sociale e reddituale. Capitolo 2 2.1 le strategie g Le strategie aziendali sono individuate da quel connubio di azioni ed atteggiamenti volti a conseguire il successo aziendale in senso esteso (e dunque non solo in termini di profitto). Occorre così esplicitare il piano di impresa circa: • le strategie competitive, in termini di posizionamento rispetto ai competitori, di ricerca di leve di differenziazione, di ottenimento di vantaggi concorrenziali sostenibili e durevoli; • le strategie sociali, ossia fini ed obiettivi delle politiche di p relazioni interne ed esterne all’impresa. Capitolo 2 2.1 le strategie g Le strategie competitive, a loro volta, si dividono tra strategie a livello azienda e a livello di area di affari . Tra le prime abbiamo: • le strategie organizzative, attinenti alla definizione della struttura aziendale adeguata alle esigenze di mercato; • le strategie produttive, con scelte in tema di make or buy, tecnologia adottata, processi, logistica; • le strategie economico-finanziarie, miranti ad obiettivi di razionalizzazione patrimoniale, di ottimizzazione della p , bilanciamento finanziario;; struttura del capitale, • le strategie di comunicazione, consistenti nella strategia di comunicazione verso l’esterno, suddividibile tra comunicazione di azienda e quella di offerta (in realtà quest’ultima appartiene al livello di area di affari). Capitolo 2 2.1 le strategie g Coerentemente alla individuazione delle aree di affari, e dunque du que alla a a scomposizione sco pos o e dell’azione de a o e imprenditoriale p e d o a e a livello e o di sotto-unità di business, le strategie competitive devono essere “segmentate”. Occorre, termini, esporre in ultimo come ll’iniziativa iniziativa Occorre in altri termini intenda sviluppare la sovraordinata strategia competitiva aziendale nelle singole aree di affari, con il risultato di evidenziare le sue STRATEGIE DI AREE DI AFFARI utili per la traduzione della visione strategica in piani operativi concreti oltre che a porsi in grado di misurarne ll’efficacia efficacia Capitolo 2 2.1 le strategie g Le strategie di aree di affari, invece, si possono ricondurre alle seguenti strategie: • le strategie copertura del mercato, attinenti alla definizione dei confini dell’azione commerciale di ciascuna linea di business, business attraverso attività e scelte di segmentazione e presidio territoriale; • le strategie di offerta, che fa leva su due dimensioni dell’offerta, le funzioni di prodotto e il livello di servizio, attraverso le quali definire il livello di personalizzazione dell’offerta rispetto alle esigenze della clientela target. Capitolo 2 2.1 le strategie g Le strategie sociali appartengono alla dimensione sociale dell’impresa, dell impresa, ossia alla sua più o meno volontaria azione di sviluppo del benessere della società e della comunità, adottando una strategia integrata o opportunistica. Tali strategie si rivolgono ad un target interno od esterno all’impresa: • socialità interna: attraverso politiche di valorizzazione delle risorse umane, di coinvolgimento organizzativo e di condivisione negli obiettivi perseguiti; • socialità esterna: p per il tramite di azioni volte a creare benessere per la comunità locale, tutela dei clienti, protezione dell’ambiente, equità e trasparenza nei confronti di tutti gli interlocutori te ocuto este esterni. Capitolo 2 2.2 posizionamento p Una volta definite le strategie, è possibile costruire delle mappature appa u e in cu cui viene e e visualizzata sua a a la a pos posizione o e de dell’azione a o e imprenditoriale dell’azienda rispetto a quello dei concorrenti. Si tratta non tanto di una posizione attuale, quanto di quella desiderata, impresa. desiderata ossia rientrante negli obiettivi dell dell’impresa Si costruiscono così degli schemi grafici a due variabili, operazione durante la quale bisogna assicurarsi che le i bili selezionate l i t siano i il ti (ossia ( i identifichino id tifi hi le l vere variabili rilevanti leve differenziali tra i competitors) e che non siano correlate tra di loro. Capitolo 2 2.3 analisi del rischio L’analisi del rischio dei progetti d’impresa può essere scomposta sco pos a in qua quattro oa aree, ee, co corrispondenti spo de a d differenti ee tipologie di rischio: • di contesto o te to • di business • economico • finanziario Per rischio le h intendiamo d l probabilità b b l à di d insuccesso dell’iniziativa, ossia di non adeguato ritorno del capitale investito. Capitolo 2 2.3 analisi del rischio Esistono diverse tecniche di analisi ed indicatori in grado di rilevare e a e tali a tipologie po og e d di rischio. sc o Si consideri in ogni caso che solo l’analisi congiunta di più variabili correttamente ill profilo b l consente di d valutare l f l di d rischio h dell’iniziativa imprenditoriale. Capitolo 2 2.3 rischio di contesto Per rischio di contesto ci si riferisce al rischio legato ai fattori a o macro-economici, ac o eco o c , ossia oss a legati ega a ai mercati e ca finanziari a a e al quadro politico del paese di riferimento. Si tratta di componenti esogeni, che posso agire favorevolmente (opportunità) o sfavorevolmente (minacce) nei confronti dell’iniziativa, e sono identificabili attraverso un’attenta analisi della domanda e del settore. Q t tipo ti di indagine, i d i ffi d Questo per essere efficace, deve contemplare lo scenario evolutivo e non limitarsi alla comprensione della situazione corrente. Capitolo 2 2.3 rischio di business Il rischio di business attiene invece alla validità intrinseca del modello de ode o di d business bus ess sottostante so os a e l’iniziativa. a a In a altri termini, e , la capacità di attrazione nei confronti della domanda della proposta commerciale del progetto e delle caratteristiche funzionali dei prodotti e servizi (al fine di rendere conveniente e accessibile il loro utilizzo). In questo tipo di analisi si determinano i punti di forza e di dell’azione debolezza dell azione del proprio progetto rispetto ai competitors. Una verifica che può essere fatta sia a livello concettuale (ossia attraverso l’analisi strategica) che operativo (attraverso test di mercato) mercato). Capitolo 2 2.3 rischio economico Tra gli strumenti per la valutazione del rischio economico, riveste es e pa particolare co a e importanza po a a il metodo e odo de del b break-even ea e e economico. Sia all’imprenditore (per la verifica della sostenibilità economica delle scelte operate) che all interlocutore esterno all’interlocutore (per un giudizio sui valori attesi di ritorno economico) è importante determinare il break-even operativo, ossia il punto di pareggio tra costi totali e ricavi totali dato dalla formula: Q = Cf / (Pr - Cvt) Capitolo 2 2.3 rischio economico Break even-operativo Ricavi Area di utile Costi e Costi Variabili Ricavvi C ti Fissi Costi Fi i Area di perdita 1 000 1.000 2 000 2.000 3 000 3.000 4 000 4.000 5 000 5.000 6 000 6.000 Quantità prodotte Capitolo 2 2.3 rischio economico Valgono alcune considerazioni: • nel procedimento di calcolo la capacità teorica va confrontata con le stime di vendita e la capacità effettiva; • nell caso in ad i cuii cii sii riferisca if i d una azienda i d multiprodotto (a vendite non correlate), occorre adottare soluzioni basate sul punto di pareggio: – per scelte di produzione, selezionando i prodotti a margine di contribuzione assoluto più alto – per competenza, ripartendo i costi fissi per prodotto e attuando analisi separate – temporale, determinando il tempo di BEP sulla base delle stime di vendita effettuate Capitolo 2 2.3 rischio finanziario I progetti di investimento in nuove attività o quelli inerenti la ccrescita esc a de del bus business ess d di a aziende e de a avviate, a e, a affrontano o a o tipicamente un rischio finanziario particolarmente elevato (in genere, ben superiore a quello economico). Così, Così è molto importante che il manager/imprenditori monitori la performance della liquidità e verifichi la sostenibilità finanziaria del progetto attraverso la costruzione di prospetti di entrate e uscite monetarie e l’ausilio l ausilio interpretativo di indicatori di sintesi. Capitolo 2 2.3 analisi di sensitività Una analisi trasversale del rischio, più in generale, è attuabile con la tecnica di sensitività che cerca di individuare le variabili critiche alla performance reddituale o finanziaria di un progetto. p è quello q p scenari economici Lo scopo di costruire più assegnando a queste variabili valori di massima e di minima al fine di verificare lo scostamento nella performance imprenditoriale indotta da tali cambiamenti. Si indaga così la sensibilità del business al variare di alcune ipotesi di calcolo, e dunque, indirettamente, l’attendibilità (o rischiosità) dei risultati economico-finanziari esposti. Inoltre, è utile che l’individuazione delle variabili critiche anteceda la costruzione di fogli elettronici di calcolo, affinché il management abbia a disposizione una visione organica di queste t iipotesi t i di base. b Capitolo 3 3. Il p piano operativo p Completata la presentazione ed analisi dello studio sulla propria p op a offerta, o e a, su sul se settore, o e, su sulle ep proprie op e sstrategie, a eg e, il p piano a od di impresa deve ora abbandonare la dimensione strategica per passare alla dimensione operativa. In pratica, pratica deve esplicitare le modalità concrete del suo piano di sviluppo sul mercato su temi quali: » localizzazione » produzione & macchinari » logistica » piano di marketing » break-even operativo » budget di marketing Capitolo 3 3.1 la localizzazione A seconda dell’attività, l’impresa deve esporre le scelte di localizzazione commerciale e produttiva, sottolineando le motivazioni che hanno determinato la soluzione adottata. Tra queste possiamo annoverare, rispettivamente: • scelte commerciali - vicinanza al mercato di consumo, coerenza con le esigenze del target, pubblicità indotta, etc.. • scelte produttive - esigenze di approvvigionamento approvvigionamento, disponibilità di manodopera, vicinanza ad infrastrutture di comunicazione o a fonti di know-how, etc.. Precisando che questa analisi deve considerare, oltre alla situazione esistente, anche la prevedibile evoluzione dei fattori esterni in grado di modificare il contesto. Capitolo 3 3.2 la produzione p Altro tema è quello della produzione, in cui l’obiettivo di analisi si deve soffermare su aspetti quali: • Macchinari, con la descrizione del processo di trasformazione adottato e dei macchinari necessari al raggiungimento degli obiettivi • Processi, riportando le caratteristiche in termini di benefici e di complessità (ed eventuale rischiosità) della lavorazione e del lay-out produttivo • Capacità, con la scalabilità del sistema adottato Magazzino in termini di beni fisici impiegati • Magazzino, • Qualità, in termini di qualità dell’output e di controllo di prodotto • Know-how, K h di tipo i tecnico i o intellettuale i ll l Capitolo 3 3.3 la logistica g Altro tema che deve essere affrontato è la logistica, in una analisi che dovrà concentrarsi su aspetti quali: – la movimentazione, ossia i mezzi impiegati nel p , le risorse umane dedicate,, la gestione g trasporto, dei flussi informativi, la velocità di consegna,… – il magazzino, tra cui descrizione e caratteristiche dei stoccata la capacità residua locali dedicati e della merce stoccata, in ipotesi di crescita… – la distribuzione, ossia la scelta dei canali distributivi adottata. adottata Capitolo 3 3.4 il p piano di marketing g In questa sezione, compito di chi effettua questo processo di pianificazione p a ca o e è que quello od di dimostrare d os a e co come e intende e de tradurre adu e le e strategie competitive in un concreto piano delle vendite. Per ottenere questo risultato, occorre affrontare le seguenti fasi: 1) Esplicitare gli obiettivi di marketing, ossia chiarire gli obiettivi quali-quantitativi della politica commerciale, anche al fine di utilizzarli come dati comparativi per il rilevamento della performance di mercato (in questo senso dovrebbero essere esplicitati a livello di area di affari). Nelle Internet companies companies, obiettivi di marketing critici al raggiungimento delle economie di scala (della rete) sono la dimensione dell’attività e il tasso di fidelizzazione della clientela. clientela Capitolo 3 3.4 il p piano di marketing g 2) Verificare la coerenza delle strategie commerciali correnti non solamente con la politica di marketing ma soprattutto con le complessive strategie aziendali, da quella competitiva a quella sociale. 3) Definire le leve di marketing-mix, dal prodotto (servizio) al prezzo, promozione / pubblicità e canali di distribuzione / vendita. Vediamole distintamente. Prodotto/servizio Al di là di quanto enucleato circa ll’offerta offerta nel capitolo 1, 1 si tratta di approfondire aspetti quali la produzione fisica, la creazione degli accessori di prodotto (es., assistenza postvendita) e la commercializzazione commercializzazione. Capitolo 3 3.4 il p piano di marketing g Prezzo Elemento fondamentale nella politica di marketing, marketing per essere correttamente determinato deve tenere in considerazione i seguenti aspetti: A livello • • A livello • • di prodotto elasticità/rigidità della domanda i d ll componente t prezzo percezione della di azienda struttura dei costi piano delle vendite e livello di profitto atteso Capitolo 3 3.4 il p piano di marketing g Prezzo (segue) Per il prezzo esiste un limite inferiore al di sotto del quale l’azienda non dovrebbe spingersi se non vuole incorrere in sicure perdite economiche. Ossia il costo variabile totale. Tuttavia, si possono riscontrare casi estremi in cui l’impresa evidenzi nel piano come intenda spingersi al di sotto di questa soglia, ed operare così in perdita. Ad esempio, per motivi di redditività complessiva (ossia incorrere in perdite con un prodotto per spingere le vendite di un altro prodotto ad offerta complementare), complementare) o infine per motivi strategici (innalzare barriere all’ingresso). Capitolo 3 3.4 il p piano di marketing g Pubblicità/promozione Ossia la complessiva politica di comunicazione volta ad influenzare le attitudini di consumo. Tra esse, il piano deve esplicitare come l’impresa intende muoversi in termini di: Pubblicità che P bbli ità diretta di tt - ossia i lla comunicazione i i h ha h per tema l’azienda e i suoi prodotti, e che sfrutta i media (radio, Tv, giornali, riviste), i canali diretti (volantini, t ttelefono) l f ) o una fforma ib id quale l il Web. W b posta, ibrida Pubblicità indiretta - forma di comunicazione che si indirizza all’oggetto da promuovere come riflesso di un evento esterno (il caso classico è la sponsorizzazione). Capitolo 3 3.4 il p piano di marketing g Promozione - circoscritta a tutte quelle forme di i incentivazione ti i non ordinarie, di i qualili sconti ti di lancio l i di prodotto, coupon di acquisto, campioni gratuiti.. g - nell’accezione di strumenti volti a Merchandising valorizzare la visibilità dell’offerta e l’esposizione dei prodotti in vendita. Canali di distribuzione/vendita Esplicitando non più la scelta del canale distributivo, ma illustrando ill t d come tale t l scelta lt sia i coerente t all target, t t alla ll politica commerciale e agli obiettivi economici prefissati. Operazione possibile affrontando le seguenti tematiche: Capitolo 3 3.4 il p piano di marketing g Canali di distribuzione/vendita (segue) Costo/benefici - ossia soppesando i benefici commerciali di una determinata scelta con i relativi costi; Caratteristiche del prodotto - idoneità della soluzione distributiva rispetto alla proprietà dei prodotti; Caratteristiche del mercato - situazione di contesto e verifica della disponibilità/accesso ad un canale; Strategia di marketing-mix - coerenza della scelta rispetto alle leve di marketing. i ll altre l l k i Capitolo 3 3.4 il p piano di marketing g 3bis) Definire le leve di marketing-mix per le attività Internet, riassunte in prodotto (servizio) (servizio), assistenza all’utenza, prezzo, promozione / pubblicità, accessibilità / navigazione, personalizzazione / interazione. Prodotto/servizio Rispetto alle realtà off-line, in genere il peso delle es i componenti accessorie diviene più rilevante: per es., prodotti e servizi liberamente erogati per attrarre traffico o per ottenere informazioni sui consumatori. Assistenza all’utenza A i t ll’ t Occorre illustrare gli strumenti studiati per assistere in ogni fase di interazione i clienti e i navigatori g (FAQ, ( email, numero verde o chat, formazione del personale..) Capitolo 3 3.4 il p piano di marketing g Prezzo Verifica della strategia di prezzo rispetto alla sovraordinata politica di marketing, alla luce di una elasticità media dei p g p alta. prodotti offerti in rete in genere più Promozione / pubblicità Si tratta di esplicitare le azioni pubblicitarie on-line che si all’impiego intendono perseguire unitamente o meno all impiego di canali off-line. Per es., motori di ricerca, messaggi email, link da siti web, segnalazione a comunità, pubblicità cartello (banner). (b ) Oltre Olt ad d eventuali t li iniziative i i i ti promozionali i li descritte d itt in precedenza nelle leve off-line. Capitolo 3 3.4 il p piano di marketing g Accessibilità / navigazione Studio della struttura del sito, livelli di accesso, ambientazione e profili di navigazione, coerentemente ad p q g /p aspetti quali design/posizionamento offerta e funzionalità. Personalizzazione / interazione L’imprenditore deve chiarire se e in che modo intende dell’offerta perseguire una politica di personalizzazione dell offerta (mediante la quale individuare profilo ed attitudini del consumatore) offrendo leve di erogazione di servizio taragettizzate. se sarà data t tti t IInoltre, lt àd t lla possibilità ibilità a chi hi naviga di interagire e di comunicare attivamente. Capitolo 3 3.4 il p piano delle vendite 4) Occorre a questo punto sviluppare un piano delle vendite, operando una scelta in termini di TECNICA di INDAGINE e LIVELLO di ANALISI Capitolo 3 3.4 il p piano delle vendite Tecnica di indagine Differenti metodologie di analisi utili al calcolo delle previsioni di vendita, riassumibili nel seguente schema: Tecniche Estrapolazione p storica Trend settoriale Fattori di mercato Ritorno di marketing Indagini di mercato Stime di manag., dip. e esperti * prevalenti Natura* Qualitativa Quantitativa x x x x x x Base di indagine* Passato x x x x x Futuro x x Capitolo 3 3.4 il p piano delle vendite Tecniche con base di indagine prevalente nel passato Si tratta di metodi di stima che fanno riferimento all’andamento passato di variabili interne o esterne, quali: • i dati aziendali (estrapolazione storica), nella considerazione dei id i d i tre t elementi l ti di trend t d di base b , ciclicità e stagionalità; • i dati di settore (trend settoriale), parametrando i passati tassi di crescita del mercato dell’offerta allo sviluppo atteso nel futuro (formula del CAGR); • i fattori di mercato, ove si possa correlare il fatturato a dati esterni acquisibili sul mercato; • il ritorno di marketing, stimando i ricavi in funzione del budget pubblicitario pubblicitario. Capitolo 3 3.4 il p piano delle vendite Tecniche con base di indagine prevalente nel futuro Metodi alternativi possono basarsi più direttamente su dati di stima futuri, come nel caso di: • indagini di mercato, ove disponibili. Si tratta di studi possono essere già t di ad d hoc h sull mercato t dove d ià presenti previsioni e scenari di evoluzione. • stime e pareri di manager, dipendenti ed esperti, nel caso in cui vi sia il coinvolgimento di personale interno od esterno in grado di effettuare stime di mercato basandosi sull’esperienza oltre che su contatti e conoscenze personali con clienti / fornitori (tecnica PERT). Capitolo 3 3.4 il p piano delle vendite Livello di analisi Una volta ottenute le stime di vendita per prodotto (o per lotto minimo di vendita), occorre scegliere a quale livello di indagine è utile schematizzarne i risultati: per esempio, per prodotto / linea / lotto lotto, classe merceologica merceologica, area di affari, affari canale di vendita…. Oltre a decidere l’orizzonte temporale ed il grado di periodicità. Non dimenticando che,, ai fini di controllo,, il livello di esposizione del dato di vendita deve coincidere con il livello di cui si dispongono i dati di costo industriale, al fine di un efficace e cace co confronto o to d di costo costo-ricavi. ca Capitolo 3 3.4 il p piano delle vendite 4bis) Relativamente alle attività Internet, un modello diffuso nella costruzione del piano delle vendite è quello che si basa sulle tre fasi di » attrazione » conversione i » ritenzione usando altresì come fonti di ricavo le tre leve di » pubblicità » transazione » accesso Capitolo 3 3.5 budget g di marketing g In questo paragrafo, occorre esplicitare l’approccio adottato nella determinazione del budget assegnato alle iniziative di marketing. Tra le alternative, i metodi di: vendite, correlando le risorse a una • % sulle vendite percentuale del volume (atteso o passato) delle vendite risorse semplicemente • Disponibilità di risorse, stanziando i capitali disponibili per questa area della gestione • Perseguimento degli obiettivi, calcolando il volume delle risorse necessarie al perseguimento degli obiettivi di marketing prefissati Capitolo 4 4. Struttura e management g Sia per l’importanza della tematica nel processo di pianificazione, p a ca o e, ssia a pe per la a rilevanza e a a asseg assegnata aaa alle e risorse so se umane da parte di interlocutori esterni, la definizione della struttura aziendale e dell’organizzazione delle risorse umane è parte fondamentale in un business plan. Dividiamo questa sezione del piano in due aree: » l’organizzazione » la struttura Capitolo 4 4.1 l’organizzazione g L’organizzazione Viene qui presentato: • il management della società, evidenziando expertise e se del caso i passi ancora da compiere nella preparazione, e come il team sii sia i t i organizzato i t per raggiungere un elevato livello di know-how; • l’organigramma, con la definizione p precisa di ruoli e g g responsabilità gestionali; • il piano di motivazione, ossia di come la cultura aziendale intenda agire per avvicinarsi ai bisogni e le aspettative del suo personale interno e dei collaboratori (es. piano degli incentivi). Capitolo 4 4.2 la struttura La struttura In questa parte vengono esplicitate le scelte in termini di: • forma giuridica, avendo cura di esplicitare gli accordi sottoscritti dai soci (in genere vincolanti per un certo t periodo i d di tempo), t ) i riflessi ifl i fiscali, fi li amministrativi e legali. Tutti aspetti rilevanti, con un impatto sulla gestione corrente spesso sottovalutato; • servizi esterni, presentando i professionisti collaboratori nell’iniziativa (g (gestione attività on-line ove non sia core-business, assistenza legale-fiscale, assicurazione); • Licenze, Licenze concessioni e autorizzazioni autorizzazioni. Capitolo 5 5. Risorse di finanziamento In questa sezione, l’imprenditore deve illustrare le forme di finanziamento a a e o co con cu cui intende e de sos sostenere e e e l’attività. a à Affrontando o a do temi quali: • il mix delle fonti finanziarie • il capitale it le iinvestito e tito (il totale t t l delle d ll risorse i necessarie all’avvio e alla gestione del business); • le fonti (ossia le forme di finanziamento previste); • il piano di ammortamento e remunerazione del capitale (come si prevede avverrà il rimborso dei capitali di prestito e con quale ritorno economico); • la valutazione del credito (una riprova indiretta della validità del progetto basata sul confronto capitali assorbiti-capitali assorbiti capitali generati). generati) Capitolo 5 5.2 il mix delle fonti La completa analisi della situazione finanziaria corrente dell’impresa de p esa e la a de definizione o e de della a natura a u a de dell’attività a à ese esercitata c aa consentono di indirizzare l’imprenditore verso la scelta del canale e della tipologia di finanziamento più appropriati. La selezione delle fonti avviene sulla base dell entità delle dell’entità risorse ritenute necessarie e delle caratteristiche delle fonti stesse (in termini di rischio, di onerosità e dei sottostanti piani rientro) di rientro). In genere, la scelta della struttura finanziaria ottimale si ottiene con una composizione di più fonti. Capitolo 5 5.2 il capitale investito p Il capitale investito Rappresenta il fabbisogno finanziario dell dell’attività attività, e al di là del suo ammontare, è interessante anche alla luce di: a o ta e e co pos o e de att o, de ta e composizione dell’attivo, del cap capitale 1)) ammontare netto e del capitale di debito esistente o previsto attività ti correnti 235 passività correnti 130 passività consolidate 220 attività fisse 400 Attivo capitale netto 285 Pa ssivo Capitolo 5 5.2 il capitale investito p Il capitale investito (segue) 2) tipologia dell’attività svolta, con i riflessi sulla composizione del capitale investito (attività industriali capital intensive, intensive di servizi…) servizi ) 3) situazione del mercato, implicanti tutti quei fattori socio/economici e politici a carattere esogeno che impattano non solo sulla quantità ma anche qualità dei capitali che è possibile raccogliere Capitolo 5 5.3 le fonti Si dividono in fonti interne e esterne a seconda della natura (capitale di investimento v/s di debito) e di chi eroga il denaro (socio v/s finanziatore). Sono ulteriormente disaggregabili in: Fonti interne • capitale sociale, utili e prestito soci • modifiche alla struttura del capitale esistente Fonti esterne • finanziamento commerciale • debiti verso banche e istituti finanziari • collocamenti azionari/obbligazionari • leasing e pagamenti rateali • fondi pubblici ed agevolazioni finanziarie o fiscali Capitolo 5 5.3 le fonti Sulle fonti, una nota merita il tema degli investitori di rischio cche e posso possono oe entrare a e nella e a co compagine pag e soc sociale a e pe per sos sostenere e e e lo o sviluppo dei progetti imprenditoriali. Questi operatori possono essere classificati sulla base della fase di sviluppo dell’azienda target (seed, early stage, start-up, start up, impresa), in base all’approccio più o meno strutturato della loro azione e alle caratteristiche dell’intervento operato. Tra di essi: • • • • Business angels Venture Capitalist Merchant M h t banks b k Incubatori Capitolo 5 5.4 amm. amm. e remun. remun. capitale p L’imprenditore deve presentare i risultati circa la redditività offerta garantita ai vari investitori e finanziatori, finanziatori unitamente ad una proposta del piano di rientro degli eventuali capitali presi a prestito (modalità di rimborso). Il primo punto si chiarisce evidenziando essenzialmente il valore dell’impresa e delle sue quote da un lato, e dal tasso di (es base annuale interesse e il suo metodo di calcolo (es., annuale, trimestrale…) dall’altro. Il secondo, invece, si definisce attraverso un piano di rientro del capitale, capitale con ammontare e distribuzione di rate di rimborso, in quota interessi e di capitale. Si può far riferimento a due metodi alternativi diffusi, quello a rate costanti t ti (“alla (“ ll francese”) f ”) o decrescenti. d ti Capitolo 5 5.5 valutazione del credito Esistono alcuni metodi di calcolo che consentono di verificare la validità economica e finanziaria del piano oggetto di studio. Si basano sulla costruzione di indicatori il cui valore “preditivo” non deve però essere interpretato prescindendo dal contesto e dalla dimensione qualitativa del piano. piano Tra di essi: • Indicatori di copertura finanziaria • Modello zeta scoring • Modello DRL Capitolo 5 5.5 valutazione del credito Indicatori di copertura finanziaria – Autofinanziamento sul debito = Debiti finanziari / EBITDA – Copertura degli interessi = EBIT / Oneri finanziari Zeta scoring Modello che rileva la solidità finanziaria dell’iniziativa attraverso la determinazione di un valore dato dalla somma di cinque q indicatori. DRL Al pari dello Zeta scoring, è modello che mira a indagare la solidità della gestione finanziaria del progetto, progetto con la costruzione dell’indicatore DRL = Potenziale di Cassa / Uscite Correnti Capitolo 6 6. Schemi econ.econ.-finanziari Passando alla seconda parte del piano, quella relativa agli schemi economico economico-finanziari finanziari, occorre definire contenuti ed obiettivi delle proiezioni, oltre che indicare una metodologia efficace da adottare nella costruzione delle stime economiche. economiche Se per una guida analitica e dettagliata nella redazione di questa sezione del business plan si rimanda al libro, nelle successive slide ci limiteremo ad esporre i punti piano ossia: salienti di questa parte del piano, • Obiettivi delle proiezioni finanziarie • Ipotesi alla base dell’esposizione dei dati • Sequenza logica nella costruzione degli schemi • Performance strategica Capitolo 6 6. Obiettivi delle proiezioni p Il manager/imprenditore, con la costruzione degli schemi di calcolo ca co o previsionali, p e s o a , si s prefigge p e gge i segue seguenti ob obiettivi: e • Valutazione redditività attesa • Analisi della sostenibilità finanziaria e determinazione esatta del fabbisogno di capitale necessario D t i i d l punto t di pareggio i economico i e • Determinazione del finanziario • Valutazione della sensitività delle proiezioni • Comprensione delle componenti della performance (strategica) aziendale Capitolo 6 6.1 ipotesi alla base p Ipotesi alla base dell’esposizione dei dati Occorre prima di introdurre il lettore ai calcoli Occorre, calcoli, comporre la lista delle principali assunzioni che sono state decise per la proiezione dei risultati economico-finanziari. In I realtà, ltà ognii singolo i l calcolo l l parte t da d una ipotesi; i t i il fine fi tuttavia non è quello di elencare minuziosamente tutte le assunzioni contenute nel piano, ma di evidenziare li t quelle ll principali, i i li che h rivestono i t i è un semplicemente cioè impatto significativo nei numeri. In genere queste variabili coincidono con quelle che sono alla base dell’analisi di sensitività (vedi in prosieguo). Capitolo 6 6.2 Sequenza logica calcolo q g A seguito delle redazione delle ipotesi, vengono suggerite le seguenti fasi segue as nell’elaborazione e e abo a o e deg degli sc schemi: e Piano delle vendite Costi variabili (e magazzino) Costi di struttura Investimenti Cash-flow* Cash flow Prospetti finanziari (Mutui, leasing)* Conto economico* Stati patrimoniali e indici Performance strategica *Il percorso non è sempre lineare, ma alcune volte iterativo (vedi testo). Capitolo 6 6.2 Approfondimento: il software Approfondimento: il software di calcolo Vi sono software in commercio che si dichiarano schemi pronti fai da te per la costruzione di schemi di calcolo dei business plan. E’ tuttavia molto difficile, infatti, rilevare una loro effettiva sezioni l ff tti utilità: tilità vii sono in i realtà ltà alcune l i i di calcolo più o meno standard facilmente adattabili ai vari business, ve ne sono altre la cui struttura è difficilmente i i bil all’atto ll’ f ipotizzabile di programmare un software precostituito. Così il nostro consiglio è di costruire i fogli di calcolo ex-novo, schema dopo schema, usando programmi quali Microsoft Excel®. I software pronti all’uso, infatti, o sono flessibili e in quanto tali troppo generici o per converso approfonditi e specifici, e per questo rigidi e difficilmente modificabili nel tentativo di adattarli al proprio caso. Capitolo 6 6.2 Approfondimento: la semplificazione p Approfondimento: la semplificazione degli schemi Prima di partire nella elaborazione degli schemi, schemi è meglio soffermarsi nella valutazione e analisi delle effettive necessità di calcolo, ossia dei costi/benefici sottostanti alla scelta lt del d l grado d di analiticità liti ità dei d i calcoli. l li Infatti, I f tti partire ti con entusiasmo nella costruzione di una distinta industriale o, dall’altro lato, nella previsione troppo approssimata di una i i i da d evitare. i voce di costo e di ricavo sono operazioni Si ricordi che le proiezioni contengono necessariamente assumptions, e che un alto grado di analiticità non innalza necessariamente la qualità à della stima (mentre per converso, una stima troppo semplificata ne compromette l’attendibilità). In sintesi, occorre applicare il principio di un giusto grado di dettaglio e evitare la duplicazione di schemi. Capitolo 7 7. Dal p piano all’azione Il piano è studiato e analizzato in ogni sua parte. A questo punto pu o l’imprenditore/manager p e d o e/ a age deve de e a attuare ua e tutta u a una u a serie se e di d attività che possono sintetizzarsi in: • • • • • • Strutturare St tt l’l’organizzazione i i Assegnare gli obiettivi Funding g Avviare gli investimenti Entrare sul mercato Monitorare la l performance f Capitolo 8 8. Il controllo gestionale g Un progetto di investimento deve prevedere sin dalle sue origini meccanismi di controllo in grado di fornire informazioni di performance con l’obiettivo di un costante miglioramento gestionale. Oltre alla natura del controllo (qualitativo (qualitativo, quantitativo), quantitativo) il livello di indagine può riferirsi ad una dimensione: all’esame • strategica strategica, indirizzata all esame dell’andamento dell andamento dell’impresa, delle aree di affari o dei prodotti / servizi; • operativa, mirata delle ti i t all’esame ll’ d ll aree gestionali ti li o delle leve manageriali. Capitolo 8 8. Il controllo gestionale g Inoltre, le due tipologie di controllo sono: • controllo operativo, ossia legato ai risultati delle azioni gestionali correnti; finanziario, il cui obiettivo consiste • economico economico-finanziario nell’analisi della complessiva performance reddituale e finanziaria dell’impresa e della sua origine origine. A sua volta, il controllo operativo si divide in controllo: – dei costi – della qualità – commerciale. Capitolo 8 8.1 controllo commerciale Una parte rilevante del controllo operativo è rappresentata dal controllo commerciale, che mira a misurare il ritorno delle politiche di marketing. In particolare attraverso: il ritorno informativo – la e l’analisi l raccolta, lt la l rielaborazione i l b i l’ li i delle d ll informazioni i f i i di natura qualitativa provenienti dal mercato (consumatori, distributori, agenti, studi sul comportamento di acquisto,…) il controllo del budget – analisi della performance conseguita rispetto al budget delle vendite, efficacia degli vendite volto a determinare altresì ll’efficacia investimenti di marketing scomponendo il risultato di ogni singola azione commerciale (profitto di marketing) Capitolo 8 8.1 controllo commerciale Relativamente al ritorno informativo per le imprese Internet, esistono strumenti di indagine e metodologie di analisi caratteristiche della rete. Dati quali…numero di accesi, pagine viste, percorsi di navigazione, navigazione tempi di collegamento, collegamento etc… etc forniscono informazioni quali atteggiamento, profilo, bisogni espressi degli utenti che possono efficacemente indirizzare la politica i l dell’azienda d ll’ i d commerciale l’imprenditore deve tuttavia chiarire non tanto la quantità e la qualità dei dati che saranno disponibili, quanto quelle su cui si concentrerà l’indagine g e la finalità di questo q utilizzo Capitolo 8 8.2 controllo econecon-finanz finanz.. La performance economica e finanziaria dell’impresa e unità di business d bus ess viene e e invece ece indagata daga a co con l’ausilio aus o d di sstrumenti u e interpretativi quali gli indicatori di bilancio. Tra di essi: Indicatori liquidità I di t i di li idità liquidità primaria (Att. Corr. - Magazzino) / Pass. Corr. liquidità secondaria Att. Corr. / Pass. Corr. Indicatori del ciclo commerciale rotazione dei crediti (Crediti netti/Vendite) * 360 rotazione del magazzino (Magazzino/Vendite) * 360 rotazione debiti comm. (Debiti vs fornit./Acq. beni e serv.) * 360 Capitolo 8 8.2 controllo econecon-finanz finanz.. Indicatori di indebitamento debt ratio Totale Indebit. / Cap. Investito q y ratio debt equity long term debt ratio p Netto Totale Indebit. / Cap. Pass. Consolidate / Cap. Investito à Indicatori di redditività Roi Reddito operativo / Cap. Investito Roe Reddito netto / Cap. Cap proprio Capitolo 9 9. Valutaz Valutaz.. investimenti Scopo di questa sezione è quella di esporre alcuni strumenti cche e consentano co se a o d di integrare eg a e co con metodi e od d di ca calcolo co o l’analisi a a s sulla redditività e solidità finanziaria del progetto. Ossia supportando il processo valutativo con tecniche di analisi degli investimenti. Tuttavia, prima di passare ad alcuni dei più diffusi metodi di valutazione, occorre chiarire natura ed elementi di una variabile che sta alla base di queste tecniche di analisi IL TASSO DI SCONTO Capitolo 9 9.1 il tasso di sconto Il profilo finanziario di una operazione di investimento viene giudicato in base a: – entità dei flussi associati all’investimento g p gg flusso di entrate” “migliore l’investimento che produce il maggior – la loro distribuzione temporale “migliore l’investimento che produce flussi finanziari più a breve termine” Tuttavia, nell’ipotesi in cui due alternative di investimento producano risultati controversi (una migliore distribuzione temporale o viceversa), l e una minore entità à dei d flussi fl ) ill parametro di valutazione diviene il valore finanziario del tempo p Capitolo 9 9.1 il tasso di sconto Secondo il principio del valore finanziario del tempo, il valore ao e d di una u a somma so ad di de denaro a o dec decresce esce nel e tempo, e po, e cciò òa causa del concorrere di tre fattori: » Inflazione » Preferenza per lla liliquidità P f idità » Rischio del progetto Inflazione Ossia l’incremento generale dei prezzi che diminuisce il potere di acquisto del denaro, che induce l’investitore a desiderare un rientro dei capitali investiti nel più breve tempo possibile Preferenza per la liquidità Al di là dell’effetto inflattivo, veloci rientri di capitale consentono l’impiego in continue opportunità di investimento Capitolo 9 9.1 il tasso di sconto Rischio del progetto Fattori di varia natura che possono costituire una minaccia per la remunerazione del capitale se non il capitale stesso: • inflazione (già considerata come variabile indipendente) • congiuntura economica (andamento espansivo v/s recessivo) • caratteristiche del settore (ciclo di vita, azioni della d di evoluzione l i t l i ) concorrenza, grado tecnologica,…) • posizione dell’impresa (punti di forza e di debolezza) g (g p •p profilo del p progetto (grado di innovatività,, capacità del management..) • rischio paese (stabilità istituzionale e socio-economica del paese di investimento) Capitolo 9 9.1 il tasso di sconto Rischio del progetto (segue) Tutti i fattori citati vengono espressi nella valorizzazione di un tasso di interesse, che equivale al tasso di remunerazione ritenuto soddisfacente da parte degli investitori. L’operazione avviene attualizzando i flussi finanziari di un investimento attraverso la formula: Valore dei flussi (al tempo 0) = Flusso n * 1/ (1+i n) dove i è pari al tasso di interesse richiesto. Capitolo 9 9.1 il tasso di sconto Rischio del progetto (segue) Nella formula del wacc, wacc considerazioni e metodi di calcolo particolarmente complessi valgono per la determinazione del tasso Ke, o costo del capitale di rischio. Alcuni Al i dei d i metodi t di impiegati i i ti sono: • Capital Asset Pricing Model (CAPM) • tasso di distribuzione / ritenzione degli utili • costo opportunità Capitolo 9 9.1 il tasso di sconto Capital Asset Pricing Model Secondo il CAPM, CAPM il costo del capitale viene determinato dalla formula Ke = Rf + MPR * Rf = rendimento di titoli privi di rischio MPR = premio per il rischio di mercato = sensibilità del titolo dell’impresa p al rischio medio di mercato Capitolo 9 9.1 il tasso di sconto Tasso di distribuzione /ritenzione degli utili E’ un approccio adatto a calcolare Ke nell E nell’ipotesi ipotesi di emissione di nuovo capitale o di utilizzo del capitale derivante dal reinvestimento degli utili. Nella prima ipotesi: Ke = Do * (1+g) / P (1-f) + g Do = dividendo (supposto costante nel tempo) g = tasso di crescita attesa del dividendo f = costo % di collocamento di nuove azioni Nella seconda ipotesi, la formula rimane identica con l’unica eccezione della omissione del fattore (1-f) al denominatore. Capitolo 9 9.1 il tasso di sconto Costo opportunità Metodo empirico che suggerisce di adottare nella selezione del tasso ke il saggio di remunerazione ottenibile da investimenti alternativi. Alla il fatto All semplicità li ità di questo t metodo t d fa f da d contrappeso t f tt che non prende in considerazione gli aspetti peculiari di rischio del progetto oggetto di valutazione. In pratica, non f d un giudizio i di i sulla ll effettiva ff tti redditività dditi ità fornendo dell’investimento. Capitolo 9 9.2 metodi di valutazione Tra metodi di valutazione di un progetto di investimento che possono efficacemente integrare l’attività l attività di business planning con risultati di performance finanziaria, considereremo i seguenti: » Valore Attuale Netto » Indice di Rendimento Attualizzato » Tasso Interno di Rendimento » Valore Economico Aggiunto » Break-even finanziario Capitolo 9 9.2 metodi di valutazione Valore Attuale Netto (1/2) Metodo che determina il valore di un investimento attraverso la somma algebrica dei flussi finanziari in entrata e in uscita generati dall’investimento stesso. Flussi che vengono debitamente attualizzati al tasso di sconto o remunerazione i: VAN ((al tempo p 0)) = Flusso n * 1// ((1+i n) - C C = costo dell’investimento iniziale (al tempo 0) Progetti con un VAN positivo sono giudicati remunerativi. Capitolo 9 9.2 metodi di valutazione Valore Attuale Netto (2/2) Tuttavia soprattutto negli start-up Tuttavia, start up imprenditoriali imprenditoriali, la fase di impianto, in cui gli investimenti vengono realizzati, è spesso superiore al periodo di avvio, il che rende più corretta ll’applicazione applicazione della formula che contrappone il valore attuale delle entrate e delle uscite considerate separatamente: Fn(entrate) Fn(uscite) VAN = (1 i ) (1 i ) n n Capitolo 9 9.2 metodi di valutazione Indice di Rendimento Attualizzato (1/2) Concettualmente simile al metodo del VAN, VAN se ne discosta semplicemente perché il confronto fra esborso iniziale e flussi futuri non avviene per somma algebrica ma attraverso il rapporto fra i valori: IRA = [ Flusso n * 1// ((1+i n) ] / C Progetti con un IRA maggiore all’unità sono giudicati remunerativi. remunerativi A differenza del VAN, VAN che classifica i progetti per valore assoluto di remunerazione, l’IRA li classifica per tasso % di redditività (ossia di rendimento del capitale). Capitolo 9 9.2 metodi di valutazione Indice di Rendimento Attualizzato (2/2) Tuttavia analogamente a quanto avviene per il VAN, Tuttavia, VAN anche la formula dell’IRA si modifica nelle ipotesi di periodi di impianto successivi al tempo iniziale t0: N F n IRA = 1 (1 i ) n C Capitolo 9 9.2 metodi di valutazione Tasso Interno di Rendimento (1/2) Il TIR è quel tasso di sconto r che che, nella formula del VAN, VAN rende la sommatoria dei flussi di ritorno pari all’investimento iniziale C: C = Flusso n * 1/ (1+r n) In pratica r è il tasso lordo (rispetto agli oneri finanziari) di rendimento complessivo dell’investimento, che deve essere confrontato con il tasso di remunerazione richiesto i al fine di pervenire alla valutazione del progetto: per valori superiori ad i il progetto è positivo, per valori inferiori invece non assicura il tasso t di redditività dditi ità richiesto i hi t dagli d li investitori. i tit i Capitolo 9 9.2 metodi di valutazione Tasso Interno di Rendimento (2/2) Sempre sulla base di una dinamica di flussi in uscita in periodi temporali estesi (in contrapposizione all’ipotesi di un unico investimento C effettuato al tempo t0) , modifichiamo la formula nel seguente modo: Σ Flusso (uscite) n * 1/(1+i) n = Σ Flusso (entrate) n * 1/(1+r) n Capitolo 9 9.2 metodi di valutazione Valore Economico Aggiunto (EVA©) A differenza dei metodi esposti in precedenza precedenza, focalizzati su valori finanziari, EVA è un approccio che valuta la performance economica di una impresa o di un singolo progetto. progetto In sintesi, sintesi misura il ritorno di un investimento attraverso la formazione nel tempo di un sovrareddito che supera il costo medio del capitale secondo la formula: Valore prodotto = EVA n * 1/ (1+c)n EVA = NOPAT - (Cap. Investito Netto * c) c = costo medio del capitale Capitolo 9 9.2 metodi di valutazione Break-even finanziario Si quantifica nel numero di periodi (in genere anni o mesi) necessari ad arrivare al punto di equilibrio finanziario, ossia il break-even tra i flussi in uscita e in entrata generati da un investimento. investimento Coerentemente al principio della preferenza per la liquidità espressa dagli investitori, il break-even finanziario fornisce lt i i f i tt che h integra, i t iù cosìì una ulteriore informazione sull progetto, più che sostituire, il giudizio sulla validità finanziaria ed economica degli altri indicatori. Al fine di considerare il valore finanziario del tempo, è utile, soprattutto per progetti con piani lunghi di rientro, attualizzare i flussi (break-even finanziario attualizzato)). Capitolo 9 9.3 valutazione d’azienda I metodi di valutazione di capital budgeting sono in genere legati alla valutazione di sintesi di p progetti g di investimento ben definiti ed identificati. La valutazione dei flussi finanziari attualizzati prodotti da un’impresa è altresì uno dei metodi maggiormente diffusi d u nella a determinazione d a o del d valore a o di d un’azienda, u a da, il Discounted Cash Flow Model (DCF), dato da: DCF = ((Somma flussi finanziari positivi p e negativi) g )+ Terminal Value – Posizione Finanziaria Netta Altro metodo diffuso, soprattutto per la sua semplicità di calcolo, è la valorizzazione di un’impresa sulla base di un multiplo del suo EBITDA (multiplo che varia da settore a settore e dalle caratteristiche dell’impresa). dell impresa). Anche a questo valore va detratta la posizione finanziaria netta dell’impresa. allegati g Costituiti da tutta quella serie di documenti utili a descrivere desc e e ca caratteristiche a e s c e e natura a u a de del p progetto, oge o, fornendo o e do elementi ed informazioni che supportano o integrano quanto viene esplicitato nel piano. Alcuni esempi: • piantine dei locali commerciali e/o produttivi • curricula del management • profilo dei collaboratori principali • documenti legali (statuto, atto costitutivo, licenze..) • struttura del sito Internet • demo del prodotto (ove riproducibile o raffigurabile) p ) • informazioni economiche consolidate ((bilanci es. precedenti) APPENDICE Business Plan & Co. p Gli strumenti di valutazione e presentazione dei progetti d’impresa executive summaryy In genere un business plan è accompagnato da un documento docu e o sintetico s e co (due/ (due/tre e pag pagine) e) cche ea anticipa c pa le e linee ee essenziali di contenuto e finalità del business plan: definito executive summary, costituisce la prima “vetrina” del progetto e ha dunque il delicato compito di trasmettere una immediata impressione positiva o negativa al progetto d’investimento. Inoltre Inoltre, poiché ha l’obiettivo di riportare i tratti salienti del business, nel caso la sua bozza sia redatta in via anticipata rispetto al business plan, può servire come una sorta di indice da del d usare durante d t lla stesura t d l piano. i investment memorandum E’ il secondo documento di sintesi di un business plan, di maggior agg o estensione, es e s o e, co con u una a lunghezza u g e a che c e ssi agg aggira a su sulle e 15 5 / 20 pagine. L’investment memorandum ha i medesimi contenuti di un Executive Summary, che vengono però esposti con un maggior grado di approfondimento. approfondimento E così sia quelli di natura descrittiva (domanda & offerta, posizionamento, strategia, piano operativo) che economica (vendite costi, costi conti economici e flussi di cassa), cassa) anche se (vendite, questi ultimi sono espressi in modo estremamente sintetico. E nella sezione dedicata alla esposizione dei numeri, viene in genere effettuata una proposta di investimento precisa e circoscritta in termini di quote e valore delle transazioni di investimento e/o finanziamento richiesto. . studio di fattibilità Lo studio di fattibilità è uno studio volto ad indagare, senza entrare in un’analisi un analisi troppo approfondita, la validità di un progetto, attraverso un approccio schematico e di valutazione di sintesi dei principali dati di mercato e di settore, settore di un generale piano di vendita e delle relative entrate e uscite finanziarie previste. E’ una forma embrionale di business plan, e ne costituisce un primo livello di struttura e contenuti contenuti. Obiettivo primario della redazione del documento è quello di verificare la reale attrattività di un progetto, effettuando una valutazione del per verificare le l t i d l modello d ll di business b i ifi l potenzialità attese del progetto alla luce del contesto e una contrapposizione delle principali voci di ricavo e di costo per avere una prima i analisi li i della d ll redditività ddi i i à attesa. marketing plan gp Il marketing plan è documento che esplicita le strategie di ingresso o sviluppo di un un’azienda azienda sui mercati target, con una esposizione analitica delle ipotesi alla base del piano commerciale, il tipo di offerta, i canali distributivi che verranno utilizzati, utilizzati e il relativo piano di comunicazione e pubblicitario a supporto della pianificata azione commerciale. In sintesi, il Marketing Plan, ha natura sia di valutazione interna (la definizione della strategia di vendita e comunicazione da intraprendere) che di presentazione (obiettivi e contenuti dell’azione commerciale), e può essere più o meno sviluppata in uno di questi due contenuti, contenuti a seconda delle finalità e degli obiettivi del documento. financial plan p Il financial plan invece è documento che si concentra sulla sezione economico-finanziaria economico finanziaria di un piano di business, ossia sulla elaborazione e stesura delle proiezioni di fatturato e di costi diretti e indiretti di un progetto imprenditoriale, ed è propedeutico alla valutazione della redditività e liquidità attesa dei flussi sottostanti all’investimento che si intende effettuare. project presentation p j p Il project presentation ha esclusivamente la valenza di documento di presentazione di un progetto, e dunque tutto, dal formato (slide), al contenuto, è ottimizzato ai fini espositivi. In taluni casi il documento accompagna o introduce un documento master (es., (es il business plan), plan) in altri casi invece è l’unico strumento di sintesi di un’analisi effettuata ma non strutturata in un documento separato. Di questo documento documento, non esiste una struttura standard standard, anche se in genere affronta questi punti: oggetto dell’iniziativa, modello di business, obiettivi perseguiti, modalità capitale d lità di sviluppo, il it l investito, i tit risultati i lt ti attesi. tt i I contenuti variano in ultimo dalla funzione della natura del progetto, dalle esigenze di esposizione e dalla finalità della presentazione. i company profile p yp Il company profile rappresenta una fotografia dell’azienda al momento dell dell’analisi, analisi, con una breve presentazione della sua offerta, della sua storia, del suo piano di crescita e degli obiettivi estrapolati dal suo piano strategico di sviluppo. E’ un valido strumento che consente ad interlocutori esterni, esterni che non sono a conoscenza della società, di averne una visione di insieme, comprendendone il business, la sfera delle sue attività la direzione del suo sviluppo e le dimensioni in attività, termini di performance economica.