Attività commerciale Attività commerciali svolte da coop sociali ONLUS: le «condizioni» del Ministero di Maurizio Setti L’approfondimento Il Ministero dello Sviluppo Economico ha espresso, con risoluzione n. 6580/2013, la propria tesi in merito alla possibilità, da parte di una cooperativa sociale ONLUS di porre in essere, accanto alla sua peculiare (istituzionale) attività caratteristica, operazioni fortemente caratterizzate da valenza “commerciale” (per certi versi “speculativa” - attività di commercio su aree pubbliche nel caso di specie). Tali tesi saranno attentamente vagliate e, per quanto possibile, tradotte in pratica, secondo un filo logico che permetta di evidenziare i rischi inerenti alla gestione e conduzione di tali attività (“commerciali”). Riferimenti Ministero dello Sviluppo economico, risoluzione 15 gennaio 2013, n. 6580 Legge 8 novembre 1991, n. 381, art. 1 D.Lgs. 4 dicembre 1997 n. 460 La cooperativa sociale (ONLUS di diritto) è una forma giuridica adatta alla costituzione di imprese sociali che vogliano perseguire finalità non profit, con una organizzazione d’impresa e in condizioni di economicità della gestione. Essa è disciplinata oltre che dalle norme relative alle cooperative in generale, dalla legge 8 novembre 1991, n. 3811 “Disciplina delle cooperative sociali” e dal D.Lgs. 4 dicembre 1997 n. 460 “Riordino della disciplina degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale”. In base all’art. 1 della legge citata, le cooperative sociali hanno lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione e all’integrazione sociale dei cittadini attraverso le seguenti attività: a) la gestione dei servizi socio-sanitari ed educativi; b) lo svolgimento di attività diverse (agricole, industriali, commerciali o di servizi) finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate (invalidi fisici, psichici e sensoriali, ex degenti di istituti psichiatrici, soggetti in trattamento psichiatrico, tossicodipendenti, alcolisti, minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, condannati ammessi alle misure alternative alla detenzione prevista dagli artt. 47, 47-bis, 47-ter e 48 della legge 26 luglio 1975, n. 354). A partire dal 1° gennaio 2004, data di entrata in vigore del D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 (Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366) le disposizioni di carattere agevolativo previste dalle leggi speciali si applicano soltanto alle cooperative a mutualità prevalente (art. 2512 del codice civile) e le cooperative sociali sono riconosciute di diritto Maurizio Setti - Dottore Commercialista in Rovereto (TN) Nota: 1 In Banca Dati Big Suite, Ipsoa. n. 4/2013 23 Attività commerciale a mutualità prevalente, sempreché si tratti di cooperative in regola con le statuizioni della legge n. 381/1991 e, quindi, abbiano lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini attraverso le attività del tipo a) o b) sopra esposte. Dunque, a prescindere dal fatto che le cooperative sociali rispettino i requisiti contabili di prevalenza fissati dall’art. 2513 del codice civile, le stesse continuano ad essere destinatarie delle agevolazioni fiscali di seguito esposte, anche con l’entrata in vigore della riforma del codice, indipendentemente dal raggiungimento di tali parametri, a condizione che introducano nei propri statuti le clausole di cui all’art. 2514 del codice civile, ossia: a) il divieto di distribuire dividendi in misura superiore all’interesse massimo dei buoni fruttiferi postali, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato; b) il divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori in misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previsto per i dividendi; c) il divieto di distribuire le riserve fra i soci cooperatori; d) l’obbligo di devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell’intero patrimonio sociale, dedotto soltanto il capitale sociale e i dividendi maturati, ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione. Attività commerciale (ris. n. 6580/2013) Il Ministero dello Sviluppo Economico è stato chiamato ad affrontare il seguente quesito: una cooperativa sociale, ONLUS di diritto, svolgente, accanto alla propria tipica e peculiare attività istituzionale, un’altra attività a carattere prettamente commerciale (“speculativo”) può legittimamente porre in essere tale (ulteriore) attività, senza con questo rischiare di porsi contra legem (disciplina ONLUS e del Codice Civile per le società cooperative)? 24 n. 4/2013 Con la risoluzione n. 6580 del 15 gennaio 20132 il Ministero ha affrontato la questione dando parere positivo, a condizione che la cooperativa sociale (ONLUS) persegua, grazie a tale attività aggiuntiva, il “lucro oggettivo” e non il “lucro soggettivo”. In considerazione della novità di questi concetti, ci proponiamo di enuclearli e, successivamente, di discuterne le implicazioni. a) Lucro soggettivo Consiste nel conseguimento di un profitto (inteso in termini di differenza algebrica fra i ricavi derivanti dall’attività di speculazione - lucrativa e i correlativi costi: sicuramente da tale sommatoria vanno pertanto esclusi i ristorni ai soci, nella misura e con le limitazioni di legge). Questo “lucro”, per il Ministero, isolatamente considerato, si pone in contrasto con il principio della mutualità prevalente (ancorché spettante di diritto alla cooperativa). Orbene, tale grandezza aziendale può trasformarsi, sempre secondo il Ministero, in un “lucro oggettivo”, nel momento in cui è indirizzato a consentire alla cooperativa sociale il conseguimento del “pareggio di bilancio”. b) Lucro oggettivo Consiste, come appena detto, nel concorso del lucro soggettivo al ripianamento del deficit di bilancio della cooperativa sociale (“equilibrio di bilancio”, adottando la stessa locuzione usata dal Ministero). In sintesi, quindi, il “lucro soggettivo” è un concetto astratto che tende a scomparire nella misura in cui viene utilizzato al conseguimento del pareggio di bilancio da parte della cooperativa (sociale ONLUS nel nostro caso). Secondo il Ministero risulta “pericolosa”, ai fini del mantenimento della qualifica di ONLUS (e di cooperativa sociale) l’esistenza (si aggiunge, in termini abituali) di tale componente di reddito (“lucro soggettivo”). Nota: 2 In Banca Dati Big Suite, Ipsoa. Attività commerciale Le ipotesi Si discutono ora le varie ipotesi (riportando le conclusioni da esse scaturenti) allo scopo di operare un ragionato confronto fra esse, per meglio comprendere la portata del pensiero del Ministero dello Sviluppo Economico. quelli (necessariamente istituzionali) conseguiti nei confronti dei soci; in “RNS” quelli istituzionali conseguiti nei confronti dei soggetti “non soci”, dovrà valere la seguente disuguaglianza: Prima ipotesi La prima fattispecie è sintetizzabile dal seguente rapporto: ≤ dove con “RC” si sono indicati i ricavi commerciali conseguiti dalla cooperativa sociale diversi da quelli istituzionali tipici; con “CC” i costi specifici sottesi mentre con “RI” si denotano i ricavi conseguiti nella sfera di azione tipica della società cooperativa e, parimenti, con “CI”, i correlativi costi. Le espressioni sono assunte in termini di “valori assoluti” (cioè valori positivi) e sono da considerare, per comodità espositiva, al netto dei ristorni di cui all’articolo 2545-sexies c.c., nel rispetto comunque di quanto statuito dall’art. 10, comma 6, lettera e) del D.Lgs. n. 460/1997. I ristorni in questione si manifesterebbero, ad esempio, sottoforma di maggiori retribuzioni al personale, oppure sottoforma di minori ricavi a fronte della effettuazione di prestazioni di servizi nei confronti dei soci. L’ipotesi sulla quale è costruita la disuguaglianza di cui sopra è che si sia in presenza di un deficit tendenziale nella sfera dell’attività caratteristica della società cooperativa (RI - CI < 0). Tale deficit sarebbe ripianato mediante gli opportuni introiti (eccedenza rispetto ai costi) afferenti l’esercizio dell’attività commerciale diversa da quella tipicamente caratterizzante l’attività dell’ente (con RC > CC). La relazione deve essere accostata al legame di “tenuta” del concetto di “mutualità prevalente”, nel senso che, posto in “R” l’ammontare complessivo dei proventi dell’ente; in “RS” con: RS + RNS + RC = R Resta inteso che la circolare del Ministero dello Sviluppo Economico, nella fattispecie che stiamo analizzando, consente di ritenere sussistente il “lucro oggettivo” “a prescindere dal raggiungimento o meno dei parametri di prevalenza espressi dal bilancio...” (e sanciti dall’articolo 2512 del codice civile). Non va infatti sottaciuto che per effetto della crescita RC, il rapporto di cui alla citata norma risulta influenzato (e modificato nel tempo) sulla scorta delle seguente argomentazioni: Rapporto di prevalenza = Supponendo, per semplicità, ma senza perdita di generalità, che la cooperativa sociale ONLUS ponga in essere due attività: una nei confronti dei soli soci e l’altra puramente commerciale, il rapporto di cui sopra si configurerebbe nei seguenti termini, ipotizzando che all’inizio della valutazione RC sia pari a zero: Rapporto di prevalenza = Ipotizzando ora l’esistenza di RC (RC > 0), il rapporto muterebbe, in funzione della presenza di RC, come segue: Rapporto di prevalenza = n. 4/2013 25 Attività commerciale Variazione Rapporto di prevalenza = È istruttivo vedere cosa succeda alla variazione percentuale di tale rapporto. Dopo tediosi conteggi, si trova: Variazione percentuale del rapporto = [-RC/RI(soci)]*R2 In pratica, quindi, la variazione percentuale del rapporto (misura sotto sorveglianza dalla norma civilistica di cui all’articolo 2512 del codice civile) è data dalla divisione dei ricavi commerciali rispetto al valore dell’attività nei confronti dei soci, il tutto applicato all’entità del rapporto di cui all’articolo 2512 ante inizio operazioni commerciali. Questa variazione, che è negativa, nulla fa temere comunque alla società solo per il fatto di essere “sociale” e ONLUS, anche se, come anticipato nella premessa, la locuzione utilizzata dal Ministero dello Sviluppo Economico “....Qualsiasi attività di lucro che vada al di fuori di questa dizione deve essere considerata contraria allo scopo di mutualità prevalente e quindi contro legge…”. L’affermazione (del Ministero, beninteso), in sé considerata (cioè alla luce del suo tenore letterale), porterebbe a ritenere altamente rischioso il mancato rispetto, nelle sue linee evolutive, del rapporto di cui sopra della percentuale del 50% (tendenza al ribasso). Tuttavia la disposizione di legge di cui all’articolo 2512 del C.C. dovrebbe essere preminente rispetto ad una valutazione altamente opinabile, ancorché autorevole. Seconda ipotesi In questa ipotesi, infatti, l’espressione RI - CI potrebbe essere negativa (deficit di bilancio) perché: – “RI” è stato contenuto a causa dell’addebito (contenuto) di prestazioni in capo ai soci; – “CI” si è accresciuto per effetto della corresponsione di maggiori compensi/stipendi ai soci dipendenti. A questo punto, se il differenziale (deficit) di bilancio si è originato per effetto della presenza dei ristorni ai soci, esprimibile secondo la seguente comparazione: RI+rist.no su ricavi–(CI–rist. su stipendi) = 0 ciò significa che: rist.no su ricavi+rist.no su stipendi=deficit fra RI– CI Tale divergenza sarebbe quindi sì pareggiata a fronte della copertura del deficit in osservazione, ma sotto il profilo soggettivo essa è stata originata a fronte della retrocessione, ai soci di una parte del risultato della gestione caratteristica della cooperativa. Per la verità la normativa in materia di ristorno non consentirebbe, entro tale contesto, la retrocessione di una parte del risultato in parola. L’ipotesi seconda ci appare pertanto puramente teorica. Terza ipotesi La terza ipotesi da considerare è sintetizzabile nella seguente formula: ≥ senza l’esistenza di ristorni. In questa ipotesi si possono individuare le seguenti sub-fattispecie: La seconda ipotesi è così sintetizzabile: ≥ a seguito dell’esistenza di ristorni. 26 n. 4/2013 Entro questa cornice la fattispecie tende a col- Attività commerciale limare con quella di cui all’ipotesi prima (si otterrebbe cioè, grazie a RC, un “mero riequilibrio di bilancio”, come auspicato dalla risoluzione n. 6580 del 15 gennaio 2013). La fattispecie in rassegna, proprio in considerazione del fatto che non esistono ristorni a favore dei soci, dovrebbe essere consentita per il seguente ordine logico di argomentazioni: • l’eccedenza di cui sopra viene (di regola), nelle cooperative a mutualità prevalente, e quindi in seno alle cooperative sociali, accantonata a riserva indivisibile, come tale reinvestita a favore del perseguimento del fine mutualistico (non lucrativo), genericamente quindi a favore del settore cooperativistico; • sull’eccedenza in questione si applica il prelievo del 3% a favore del fondo mutualistico; • sconta la tassazione di legge (ancorché attenuata); • se fosse utilizzata (in futuro) a copertura perdite, dovrebbe essere ripristinata, e questo avverrebbe solamente a presidio del mantenimento della riserva indivisibile. Ricostituzione delle riserve Non si è considerato il fatto (se non per breve accenno) riguardante la ricostituzione delle riserve, imposte dall’articolo 3 della legge 18 febbraio 1999 n. 28 qualora una parte delle riserve indivisibili della società cooperativa (pregresse) siano state utilizzate a copertura di perdite di esercizio. La cooperativa sociale potrebbe, in questa fattispecie, mirare al conseguimento di un’eccedenza di bilancio positiva tale da ricostituire le riserve “intaccate” per effetto della citata copertura di perdite. Si reputa che in tale eventualità non sia censurabile il conseguimento di eccedenze positive di reddito (con origini prettamente commerciali dell’attività a monte) rispetto a quanto vi- sto, proprio perché volte a tutelare il patrimonio della società cooperativa. … e per le imprese sociali? La tesi del Ministero appena discussa potrebbe trovare generalizzazione al comparto delle imprese sociali? Si reputa di no, nella misura in cui sono rispettati i parametri dei proventi e ricavi previsti dalla normativa specifica ma comunque un approfondimento apposito in futuro sulla questione andrebbe svolto. Osservazioni conclusive Dalla disamina condotta emerge come la tesi espressa dal Ministero dello Sviluppo Economico si presti ad applicazioni concrete che presentano aspetti di problematicità (e di opinabilità) giacché molteplici sono gli elementi peculiari della realtà cooperativa in disamina da introdurre nel ragionamento: origine del deficit da appianare, presenza di ristorni, di perdite pregresse coperte con riserva indivisibile ecc. Certamente il conseguimento di una eccedenza positiva (ricavi meno costi) dalla cooperativa richiederà una indagine specifica in merito alla sua origine, enucleandovi gli aspetti corroboranti del mantenimento del “lucro oggettivo” secondo l’interpretazione fornita dal Ministero dello Sviluppo Economico. n. 4/2013 27 Attività commerciale In sintesi - Risoluzione 15 gennaio 2013, n. 6580 L’esercizio di un’impresa commerciale non può definirsi aprioristicamente “inconciliabile” con lo scopo mutualistico dell’impresa cooperative, che può assumere graduazioni diverse che non appare corretto valutare in sede di autorizzazione allo svolgimento dell’attività. Di diverso rango è invece la questione se l’esercizio di attività commerciale possa incidere negativamente sui requisiti che consentono di classificare una società cooperativa come ONLUS o come cooperativa sociale, ovvero che consentano a quest’ultima di beneficiare del regime fiscale riservato alle cooperative a mutualità prevalente. Per dirimere questa seconda questione, occorre considerare la disciplina di settore in rapporto alle concrete modalità con cui l’attività commerciale è posta in essere. Nel dettaglio, occorrerà fare riferimento ai criteri oggettivi per il calcolo della mutualità prevalente fissati dal codice civile e ai vincoli statutari da adottare ai sensi degli artt. 2513 e 2514. Il requisito della mutualità prevalente, ricorda infatti il ministero, viene meno laddove per due esercizi consecutivi non venga raggiunto il parametro del 50% dell’attività svolta nei confronti o attraverso i soci, qualora non vengano rispettati i requisiti mutualistici o ancora, laddove (anche per esplicita volontà della cooperativa) le clausole mutualistiche non vengano espresse esplicitamente a statuto. Le cooperative sociali, in particolare, sono sempre considerate a mutualità prevalente a prescindere dal raggiungimento o meno dei parametri di prevalenza espressi a bilancio. In definitiva - prosegue la risoluzione - si ritiene che una società cooperativa sociale ONLUS non possa avere come fine ultimo quello di ingenerare un profitto dalla propria attività commerciale (c.d. lucro soggettivo) ma che possa perseguire esclusivamente un “lucro oggettivo”, ossia diretto al mero equilibrio di bilancio, dovendosi qualificare come “contraria alla legge” qualsiasi attività di lucro che vada al di fuori di questa dizione. In conclusione, deve pertanto ritenersi che i vincoli imposti dalla normativa possano essere rispettati anche svolgendo un’attività commerciale, tanto è vero che lo stesso art. 1, comma 1, lett. b) della legge n. 381/1991 individua espressamente come cooperative sociali anche quelle esercenti attività commerciale “finalizzata all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate”. 28 n. 4/2013