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SOLUZIONE.
Affascinata dall’immagine della molecola del DNA utilizzata in un contesto prezioso,
eccezionale.Questo mi è successo. Come a tanti/e.
E’ stata difatti proprio Doppia Elica che, in intreccio di saperi, riusciva magistralmente a dare
l’idea di una nuova figura di danno.Il danno esistenziale. La Doppia Elica di Crick e Watson
molecola della vita, danno esistenziale; vita-esistenza e poi conseguenze-comportamenti
“due nastri avvitati fra loro, che si inseguono l’un l’altro, che non si perdono mai di vista”
Dicevo a me stessa che volevo sapere tutto di quell’intuizione, capire, carpire il segreto di
quell’insolito accostamento utilizzato per spiegare la nuova specie di danno, nel 1999 alla
Sapienza, e che era opera di giuristi.
In quei mesi, presa dalla immagine della Doppia Elica, ho riletto persino l’autobiografia dei
fortunati eroi Crick e Watson scopritori della molecola del DNA.
Ed è stato solo un bel po’ di tempo dopo che, grazie alla mia genuina passione per
“l’emersione della persona” leggi oggi e leggi domani, ecco che pure Rosalind Franklin è
apparsa ai miei occhi colpevoli.
Da allora sono andata in cerca di Rosalind.
I
risultati
di
questa
ricerca
erano
però
amari
per
me.
Alla radice del danno esistenziale, nei giorni ricchi e luminosi nell’intreccio di saperi si era
consumata un’offesa involontaria. In danno di Rosalind Franklin dimenticata, ancora una
volta inesistente. Che ironia!
Per chi volesse saperne di più.
L’articolo “Donne in scienza” pubblicato nel settebre 2007 da Valeria Palumbo, sempre nel
sito Persona e Danno.
E poi qualche colorito assaggio dal web.
D a approfondire, a seconda di quanto la storia raccontata vi avrà intrigato.
Un’accoppiata vincente.
James Watson e Francis Crick: sono due giovani e intraprendenti ricercatori inglesi che
lavorano insieme in un laboratorio della prestigiosa università di Cambridge, J. Watson ha 24
anni ed é¨ un ragazzo vivace e geniale mentre F. Crick ha 36 anni con un passato di fisico
presso l’università.
La scoperta della natura tridimensionale delle molecole di DNA avviene a febbraio, due mesi
prima della sua rivelazione pubblica, ma al momento non desta particolare interesse da parte
della comunità scientifica di biochimici. Apparentemente non viene considerata
fondamentale dato che in quel periodo ancora non si attribuisce molta importanza al DNA.
Molti scienziati degli anni 50 ritengono che il DNA sia solo una molecola accessoria rispetto
ai meccanismi della vita e riconoscono invece un ruolo fondamentale alle proteine. In effetti
solo in seguito si é¨ scoperto che l’ informazione genetica è contenuta e trasmessa grazie al
DNA che permette di costruire le proteine e che le proteine non contengono informazioni per
fare altre proteine.
Quindi in un primo momento, solo pochi ricercatori dell’ambiente in cui lavorano J. Watson
e F. Crick, capiscono e arricchiscono la scoperta epocale che i due hanno rivelato con una sola
paginetta e una foto. Infatti anche la nascita stessa del rivoluzionario articolo pare abbia avuto
un inizio casalingo. Odile, la moglie di Crick, ha costruito il famoso modellino
tridimensionale composto di palline e bastoncini del DNA che compare nella foto insieme ai
due ricercatori che lo osservano. Mentre Elizabeth, la sorella minore di Watson, ha rinunciato
a un sabato pomeriggio di svago per scrivere a macchina le 900 parole dettate dai due
scienziati da mandare a Nature.
J. Watson e F. Crick sono stati in grado di rivelare per primi la struttura spaziale del DNA sia
grazie ad un intuitivo e proficuo lavoro di lettura e rielaborazione di molti studi compiuti
prima del 1953 da diversi scienziati, sia per merito indiretto di un'altra ricercatrice che,
parallelamente a loro é¨ stata in grado di fotografare ai raggi X la struttura del DNA. Questa
fondamentale foto, scattata da Rosalind Franklin, viene loro mostrata da un professore all’
insaputa dell’ autrice. J. Watson e F. Crick analizzano l’ immagine e intuiscono quello che la
Franklin ha esitato a ipotizzare, cioé¨ che la molecola di DNA ha una struttura
tridimensionale.
Quindi potremmo definire Watson & Crick un’accoppiata vincente, come si direbbe oggi,
immersi come siamo nello spirito competitivo della nostra epoca. In effetti mai termine è più
appropriato di questo per sintetizzare la storia della scoperta del DNA.
Watson era statunitense e zoologo mentre Crick era inglese e fisico: davvero una strana
coppia.
James Dewey Watson laureato in zoologia era poi passato alla genetica sotto la guida del
nobel italiano Salvador Luria. Quest’ultimo gli aveva consigliato un periodo di studio in
Europa e così Watson passò per Copenaghen e Napoli, dove, come ricorda egli stesso, passò
la maggior parte del tempo “a camminare per le strade e visitare templi e castelli”, ma fece
anche una importante conoscenza: Maurice Wilkins, cristallografo del King’s college di
Londra che si stava occupando della struttura del DNA.
Che combinazione!
Dopo avere ascoltato una sua conferenza decise che il suo futuro sarebbe stato sulla ricerca
genetica e sempre sotto i buoni uffici di Luria si fece trasferire a Cambridge. Qui avvenne il
fatidico incontro con l’altro protagonista: Francis Harry Compton Crick, inglese di
Northampton. Era un fisico che durante la guerra si era specializzato in uno dei settori top
secret della ricerca militare e cioè lo sviluppo delle ricerche sul radar. Particolare interessante,
vero? Infatti è piuttosto insolito che un pur meritevole ricercatore di sistemi elettro-magnetici
top-secret venga quasi catapultato ad occuparsi di genetica, aspetto curioso che meriterebbe
ampi approfondimenti fedeli al motto: “dimmi con chi vai e ti dirò chi sei!”
I due, menti acute, erano complementari e il loro lavoro procedette molto spedito in quegli
anni, poi i diversi caratteri li portarono ad una profonda inimicizia e le loro strade si
separarono per sempre. L’unione di questi due cervelli eccezionali portò a molti importanti
risultati quasi esclusivamente sulla base di un esercizio di pura logica e speculazione mentale,
ottenendo velocemente ciò che altri colleghi trovavano dopo duro e noioso lavoro di verifiche
sperimentali in laboratorio. Anche questo modo di procedere poco scientifico, francamente
poco ortodosso, è singolare e meriterebbe maggiori ricerche e chiarimenti!
In realtà la premessa basilare alla scoperta della molecola fu attuata nel ’44 da un ricercatore
americano, un certo Avery, che rivelò al mondo che i geni, ovvero quelle perle componenti i
cromosomi erano costituiti da molecole di acido desossiribonucleico (il DNA appunto). Non
era stato per niente facile arrivarci ma questa scoperta non portò alcun riconoscimento al suo
scopritore: chissà perché? A questo punto mancava ancora la comprensione di come fosse
strutturato nello spazio il DNA e chi l’avesse scoperto avrebbe aperto la strada alla sua
possibile manipolazione o modificazione: il potere sulla vita, per l’appunto! Almeno questo
era quello che si sperava di ottenere in certi ambienti e avrebbe coronato decenni di
finanziamenti enormi, profusi con larghezza e generosità a qualsiasi centro di ricerche senza
alcuna distinzione di razza o paese o cultura o religione. La posta in gioco era evidentemente
troppo importante per rischiare di ritardarne l’acquisizione con sciocche remore etiche: in
fondo il fine giustifica il mezzo, non è così?
Ecco allora che la gara era aperta e diversi laboratori nel mondo stavano puntando tutte le
energie al medesimo obbiettivo, anche perché tutti erano finanziati generosamente per lo
stesso scopo. Ora, senza togliere nulla a Watson & Crick, va detto che non sarebbero arrivati
per primi se qualcuno non li avesse passato dati fondamentali provenienti da ricerche fatte da
altri! Proprio così, le loro ricerche erano a buon punto ma mancava ancora la spintarella
giusta. Essa si concretizzò, quando il Wilkins, sì, quello conosciuto a Napoli da Watson,
direttore del King’s College di Londra, passò loro il brillante lavoro di Rosalind Franklin
all’insaputa dell’interessata. In realtà esisteva già una collaborazione ufficiale tra la coppia
Watson & Crick e l’istituto con a capo il Wilkins, ma tra Rosalind Franklin e il trio non
correva buon sangue. Particolarmente duri erano i rapporti tra la ricercatrice ed il suo capo
Wilkins che si ostinava a non riconoscerle il valore professionale ed umano di cui era invece
abbondantemente dotata. Fu proprio Wilkins a copiare, di nascosto, le immagini del DNA
ottenute con la diffrazione a raggi X fatte dalla Franklin e passarle a Watson & Crick. La
cosa fu basilare per consentire al duo di bruciare tutti sul filo di lana. Watson, nelle sue
memorie ricorda: “Come vidi le fotografie, rimasi a bocca aperta ed il cuore prese a battermi
forte”. Fu così che poche settimane dopo elaborarono la famosa e bellissima struttura del
DNA a doppia elica che srotolandosi ed aprendosi consentiva il passaggio della informazione
genetica: il tutto in 200 milionesimi di millimetro! (Scoperta del DNA e sua manipolazione P.
Girotto, "DNA ed Eugenetica: chi vuole il potere sulla vita?")
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