12 12 LA RIVISTA DELLA SCUOLA INSERTO SPECIALE Anno XXXI, 1/31 maggio 2010, n.9 Origine storica e significato I presocratici; il naturalismo e l’ilozoismo; la tradizione omerica; l’orfismo; le colonie greche e la filosofia ellenica; Talete; Anassimandro; Anassimene; Eraclito; Pitagora e la sua scuola; la cosmologia; la metempsicosi di A ANTONIO FUNDARÒ ffrontando lo studio della filosofia, preliminarmente si pongono almeno due domande: una sull’origine e l’altra sul significato della filosofia. Alla prima domanda si può rispondere agevolmente, poiché è fin troppo noto che la filosofia, alla quale si richiama la tradizione della civiltà occidentale, è sorta nelle colonie greche dell’Asia minore, tra la fine del VII e l’inizio del VI secolo a.C. Alla seconda domanda, invece, è assai difficile dare risposta, poiché, trattandosi di una disciplina umanistica che, a differenza delle discipline scientifiche, non possiede un codice unico o unilaterale, non può essere definita a priori. Se si può stabilire che cos’è la matematica, la fisica, la chimica ed ogni altra disciplina scientifica, ancor prima di studiare i loro contenuti specifici, lo stesso non può avvenire con la filosofia e con nessun altra disciplina umanistica (la letteratura, l’arte, e così via). La pretesa di definire che cos’è la filosofia, la poesia, la pittura, ancor prima di cominciare a far filosofia, a scrivere un brano poetico o a realizzare un’opera d’arte, costituisce un luogo comune del tutto fuorviante e da fugare. Infatti, se ci si pone il problema di definire la filosofia, innanzitutto bisogna precisare che, come non esiste un solo genere poetico o un solo stile pittorico, così non esiste una sola filosofia, ma tanti tipi di filosofia, corrispondenti alle varie epoche storiche e alle varie aree geografiche; per non dire che ogni filosofo, dotato delle proprie capacità critiche e speculative, sa concepire ed elaborare una propria filosofia, anche se inserito in una determinata corrente di pensiero. Parlare di una sola filosofia (così come di una sola poesia o di una sola pittura), significherebbe sanzionare la morte della filosofia e di ogni altra componente della cultura umanistica; la vitalità e la specificità del pensiero dipendono dal fatto che non esiste una sola filosofia, ma tante filosofie; ovvero non è mai esistita e non potrà mai esistere una “Filosofia” al singolare e con la “F” maiuscola, bensì tante filosofie al plurale e con la “f” minuscola. Tra l’altro, riconoscendo la libertà di pensiero e la pluralità delle teorie filosofiche e delle idee, non si può pretendere che una filosofia valga più delle altre o si debba imporre sulle altre. La libertà della ragione sta alla base della filosofia che nasce nel momento in cui l’uomo ha avvertito l’esigenza di riflettere sul mondo e sulla sua esistenza nel mondo. Nel tempo l’uomo ha dato varie connotazioni al suo modo di pensare, che è dipeso, oltre che dalla sensibilità del singolo pensatore, dal contesto storico-sociale nel quale si è trovato ad operare. Evidentemente nessuno può ignorare che ciascun individuo, pur essendo dotato della facoltà di pensare e di agire liberamente, in qualche modo risulta pur sempre condizionato dall’ambiente nel quale è vissuto sin dalla nascita. Ciascun uomo, posto in un contesto familiare e sociale, pur essendo in grado di sprigionare e di realizzare le proprie capacità e le proprie genialità, non può sfuggire al condizionamento del proprio contesto storico e geografico; egli parlerà una determinata lingua, professerà una determinata religione, praticherà determinati costumi, rispetterà determinate leggi, subirà l’influsso di una determinata ideologia, in quanto si troverà a vivere in un determinato spazio in un determinato tempo. In tal modo si spiega il motivo per cui nell’ambito della civiltà occidentale si registrano tante filosofie, prodotte in diversi luoghi ed in diverse fasi storiche; e si spiega perché la filosofia coincida con la storia della filosofia, ovvero con il complesso delle filosofie che l’uomo ha saputo concepire. Così è accaduto che la filosofia sia stata intesa ed interpretata in tanti modi; ad esempio come naturalismo, materialismo, metafisica, storicismo e così via; ma, volendo esemplificare, si possono indicare due tipi di filosofia: quello che rifiuta il dialogo con le scienze positive e quello che invece predilige il dialogo con le scienze positive. Letteralmente il termine filo-sofia (filosofiva) sta a significare “amore per la sapienza”; si tratta di un termine composto dal verbo philéô (filevw) che significa amare (nel senso di “avere interesse” per qualcosa) e dal termine sophía (sofiva) che significa sapienza. Il primo ad avere usato il termine “filosofia” fu Pitagora; infatti, originariamente, i primi pensatori non vennero definiti filosofi, ma sapienti (sofoiv), in quanto erano considerati coloro che possedevano il sapere. I famosi sette sapienti dell’antica tradizione greca sono coloro che, a partire da Talete, vennero riconosciuti tali, in quanto determinarono il passaggio dalla fase mitologica a quella positiva del sapere; non solo sul piano umanistico e filosofico, ma pure sul piano scientifico. A questo punto bisogna sottolineare che, tra la fine del VII e l’inizio del VI secolo a.C., non si determina solo l’origine della filosofia, ma più propriamente l’origine di quel sapere che è riuscito a transitare dalla fase primordiale del mito (proprio delle prime teogonie e delle prime cosmogonie) a quella matura della cultura occidentale, successivamente articolata nella componente umanistica e scientifica. Si trattò di un sapere, unico, non ancora scisso nelle varie e singole discipline. Non a caso Talete fu, più che filosofo, sapiente (sofovı) in senso lato, che si occupava anche di matematica, di astronomia e di fisica. La filosofia dei presocratici: naturalismo e ilozoismo Presocratici o preplatonici? Quando si parla di filosofi presocratici, non si deve pensare che ci troviamo di fronte ad un solo tipo di filosofia, bensì dinanzi ad una serie di filosofi che vissero ed operarono nella vasta area della civiltà greca tra il VI ed il V secolo a.C., cioè dalle origini a Socrate. Per questo motivo la definizione (di tipo esclusivamente cronologico) può essere quella di preplatonici, se, come punto di arrivo, anziché Socrate, si considera Platone. Naturalismo e ilozoismo Indubbiamente non si può nascondere che questi filosofi nutrirono un certo interesse per un certo tipo di filosofia e, precisamente, per la filosofia della natura. Infatti, se volessimo chiederci da dove nasce la filosofia, dovremmo rispondere che la sua origine dipende dalla curiosità che questi primi pensatori provarono dinanzi alla natura; essi non si chiesero chi avesse creato la materia dal nulla (come farà la teologia cristiana in seguito), ma come si sviluppasse la vita nella natura; erano convinti che la materia esistesse da sempre (ab aeterno) e che il problema fosse quello di spiegare come si fosse determinata la vita nella materia inerte. Per questo motivo, più che filosofi, vanno definiti, ancora una volta, sapienti; non si possono definire filosofi in senso stretto, perché, osservando la natura e la vita che scorre in essa, cercarono di darne una spiegazione che non trova una valenza solo teorica, bensì pure scientifica. E per questo motivo la loro filosofia, più che altro, è da intendere, come sapienza σοφιϖα), cioè come un sapere unico non ancora scisso nella componente umanistica e scientifica della cultura moderna. La fisiologia Non a caso la filosofia di questi primi pensatori greci è stata considerata come una forma peculiare di fisiologia (φυσιολογιϖα), cioè di investigazione (λογιϖα) sulla natura (φυϖσι⌡), che è propria sia del filosofo che dell’uomo di scienza; è stata considerata, oltre che naturalismo, ilozoismo, proprio perché indaga sulla vita (ζωηϖ) della materia (υ{λη). La materia, di per sé, è priva di vita; e quindi il problema che si pone è quello di spiegare come la vita sorga nella materia inerte; in una teologia creazionistica, dio è considerato colui che crea dal nulla (ex nihilo) la materia e con essa ogni forma di vita; ma, in una concezione della natura evoluzionistica e, comunque, non creazionistica, il problema è di spiegare il divenire e l’evoluzione della vita nella natura. Se la natura è costituita da una materia, priva di vita, allora bisogna pensare ad una parte di essa, cioè ad un elemento (στοιχει∼ον), che ne determini il divenire; oppure a forze distinte dalla materia e tra loro contrapposte, ad esempio quelle di attrazione e repulsione, pur sempre immanenti la natura. Nel primo caso (ad esempio l’acqua di Talete o l’aria di Anassimene) si parla di principio (αϕρχηϖ), cioè di un elemento che consente a tutta la restante materia di avere un proprio divenire; nel secondo caso (ad esempio le forze di amore e odio di Empedocle) si parla di forze che agiscono sulla materia di per sé inerte. Non si tratta di una filosofia o di una teologia primitiva, ma di un modo di concepire la realtà, che ancora oggi suscita interessi sia dal punto di vista propriamente filosofico che dal punto di vista propriamente scientifico. I primi pensatori greci sono importanti, non solo perché rappresentano l’esordio della filosofia occidentale, ma pure perché hanno detto cose che, ancora oggi, per noi contemporanei, rappresentano il fondamento di tutta la cultura occidentale. Stupore e pathos A questo punto risulta interessante la matrice, che accomuna tutti i filosofi presocratici, consistente nel fatto che i Greci furono i primi a provare stupore (θαυµα) dinanzi alla natura e ai suoi misteri, che cercarono di chiarire, non più ricorrendo al mito, ma indagando sui principi stessi che regolano il divenire di tutti i fenomeni. I Greci furono i primi a provare questo particolare stato d’animo, questo pathos (παϖθο⌡), dinanzi allo scorrere delle cose che costituiscono la totalità e la complessità della realtà. Il fatto sorprendente, che conduce i Greci dalla mitologia alla filosofia, consiste Ric hiedeteci il ca talo g o dei v olumi ancor a disponibili delle Collane “Scuola Duemila” ed “ Ag g ior nar si” Per visionare il catalogo delle collane collegarsi al nostro sito: www.girgenti.it Ricordiamo che il nuovo contratto del personale della scuola prevede il rimborso delle spese per l’autoaggiornamento proprio nella capacità di essere colpiti da questo desiderio irrefrenabile di togliere i veli alla realtà esterna, circostante; per questo motivo i primi sapienti furono pure uomini di scienza, spinti dalla curiosità e dalla ingenuità di chi muove i primi passi sul terreno dell’imprevisto e dell’imprevedibile. Non avendo alcuna tradizione alle spalle, ciascuno di loro elaborò dal nulla un proprio modo di pensare semplice e schietto. Bisogna pervenire a Platone, per trovarsi di fronte al primo filosofo sistematico, che rielabora ciascun pezzo del mosaico che i suoi predecessori, singolarmente, avevano saputo elaborare e tessere. La tradizione omerica ed esiodea Anche se i presocratici rappresentano i primi filosofi della civiltà occidentale, bisogna tener conto del fatto che le prime espressioni di tale civiltà sono più antiche e, almeno presso i Greci, risalgono alla tradizione di Omero e di Esiodo. I poemi omerici contengono la prima espressione di una cultura, rappresentata dal mondo eroico dell’Iliade e dell’Odissea; un mondo epico, pieno di eroi e di divinità, che rispecchia la civiltà del tempo; la situazione politica (la monarchia nell’Iliade e la polis nell’Odissea), la religione ufficiale, i costumi. Anche se Omero (probabilmente vissuto intorno al IX secolo a.C.) non è mai esistito, i poemi a lui intestati sono lo specchio di un periodo storico, che originariamente possedeva una tradizione orale, gradualmente trasferita nei testi scritti sino al punto di essere codificata e di rappresentare la cultura ufficiale di un popolo. Esiodo (vissuto tra la fine dell’VIII e l’inizio del VII secolo a.C.) rappresenta una fase più recente rispetto a quella di Omero; fu autore di una Teogonia, un poema di 1022 versi, in cui si narra dell’origine dell’universo e degli dei; le tre generazioni degli dei corrispondono alle tre età del cosmo: di Urano, di Crono e di Zeus. Nell’altro poema, le Opere, espone il lavoro umile dei campi, posto a simbolo del sacrificio che impone la vita di ogni giorno, che non prescinde da una profonda sapienza popolare, che nulla ha da invidiare a quella aristocratica. A questo proposito è da sottolineare che le profezie dell’oracolo di Delfi rappresentavano dottrine di carattere etico, esposte sotto forma di detti e le sentenze; di solito venivano scritte nelle colonne o in luoghi visibili, perché si comprendesse la punizione o la ricompensa in esse presupposte. L’origine dell’esametro è collegato all’antica sapienza popolare, incarnata dall’oracolo, così come ci testimonia lo stesso Esiodo: "Il dare è un bene, è un male, invece, la rapina datrice di morte" (Opere, v. 356). Tra le massime più famose, attribuite ai sette sapienti, si possono ricordare: “conosci te stesso” (attribuito a Chilone di Sparta), “la maggior parte degli uomini è malvagia” (attribuito a Briante di Priene), “dominare l’ira” (attribuito a Periandro di Corinto) e così via. L’orfismo Accanto alla religione ufficiale, rappresentata dagli dei dell’Olimpo, così come narrata nei poemi di Omero e nella teogonia di Esiodo, bisogna ricordare la tradizione religiosa e letteraria dell’orfismo, che troviamo presente in Pitagora, Eraclito, Empedocle, Platone. Orfeo era un musico di origine tracia, legato alla tradizione religiosa del dio tracio Dioniso, ricordato per due episodi fondamentali che si attribuivano alla sua esistenza; primo, la discesa negli inferi per tentare di salvare Euridice; secondo, la morte avvenuta per squartamento, così come capitato a Dioniso. L’orfismo rappresenta un perfezionamento della originaria religione dionisiaca, imperniata sul principio della giustizia e della legalità, che si sovrappone alla tradizione della vecchia aristocrazia, cantata da Omero nell’Odissea ed esaltata dai riti della religione olimpica. L’orfismo, che nella civiltà greca cominciò a circolare intorno al VI secolo a.C., rappresenta l’anelito alla libertà e alla liberazione, non solo in questo mondo, ma pure nell’al di là; era imperniato sulla contrapposizione tra anima e corpo, sottolineando la peculiarità dell’anima immortale rispetto a quella del corpo mortale; la prima era ritenuta la parte immateriale che solo momentaneamente si trova imprigionata nella parte materiale dell’uomo, a causa di una colpa commes-