Courtesy: Andrea Bocelli e Muhammad Ali Associazione Italiana Disordini del Movimento e Malattia di Parkinson Parkinson2012 • Neuroriabilitazione e cadute • Biomarkers: misura del processo biologico ( ( Giornata • NovitÀ sulla terapia Conoscere ci avvicina • Attività fisica: prevenzione e miglioramento della qualità di vita Piede 24x4:Layout 1 14-09-2012 11:05 Pagina 1 Questo supplemento è stato realizzato da Fonema Comunicazione srl. Le Scienze non ha partecipato alla sua realizzazione e non ha responsabilità per il suo contenuto. (2) ( Parkinson Parkinson, terapie sempre più specifiche grazie ai progressi della ricerca S econdo l’ONU, al mondo ci sono circa 4 milioni di persone affette dalla malattia di Parkinson. Con l’aumento della speranza di vita e l’invecchiamento della popolazione si ritiene che tale cifra raddoppierà entro il 2040, ma aumentano anche i presidi terapeutici che diventano sempre più specifici in uno scenario sicuramente nuovo rispetto a soli 10 anni fa, uno scenario in cui la malattia di Parkinson viene considerata in tutta la sua durata: è una malattia cronica progressiva e quindi abbiamo fasi davvero iniziali della malattia che solo negli ultimi anni abbiamo imparato a riconoscere e fasi avanzate che già conoscevamo e per le quali abbiamo nuove misure terapeutiche. Ciò indica una diversificazione di obiettivi da raggiungere sia per il medico che per il ricercatore, anche perché inizialmente si pensava che la malattia di Parkinson fosse un disturbo prevalentemente motorio e invece oggi si sa che riguarda non solo il sistema motorio ma anche altri sistemi funzionali che fanno manifestare sintomi come depressione, perdita dell’olfatto, disturbi del sonno o costipazione e che oggi vengono individuati come marcatori iniziali della malattia. Tali sintomi possono comparire anche molti anni prima della conclamazione della malattia di Parkinson e oggi sappiamo che è così perché il processo parte da neuroni che non sono dopaminergici ma sono implicati in altre funzioni. Tuttavia questi sintomi non consentono di diagnosticare la malattia su larga anni ne sono stati sviluppati tanti con caratteristiche diverse ma tutti con una funzione unica comune che è quella di migliorare i sintomi motori e la qualità di vita del paziente. Invece nel terzo stadio della Prof. Giovanni Abbruzzese Presidente LIMPE Prof. Paolo Barone Presidente DISMOV-SIN scala ed oggi parte della ricerca è incentrata sui biomarcatori per poter effettuare una diagnosi veramente precoce della malattia. malattia, quando viene complicata dalle fluttuazioni motorie e da movimenti involontari c’è bisogno di terapie più complesse e qui la tecnologia ci è venuta incontro consentendo l’applicazione di moderne tecniche di chirurgia per cui grazie alla gastrostomia percutanea si possono utilizzare pompe per l’infusione continua di farmaci. Sempre nello stadio avanzato esistono infine le procedure di neurochirurgia funzionale rela- Le terapie dello stadio avanzato C’è poi la malattia di Parkinson come la conosciamo da sempre, ovvero quando si manifestano i sintomi motori, che vengono alleviati da farmaci classici e sintomatici. Negli ultimi 10 SOSTIENI LA RICERCA PUOI EFFETTUARE LA TUA DONAZIONE TRAMITE BONIFICO BANCARIO O Cc 649 intestato a LIMPE IT29D0100503288000000000649 tive alla stimolazione cerebrale profonda, un approccio innovativo e che richiede una forte valenza multidisciplinare. Neuroriabilitazione e Nutrizione A completamento dei presidi terapeutici classici o altamente tecnologici se ne associano altri che sono stati rivisitati in modo moderno e il primo è la neuroriabilitazione. Oggi sappiamo che questa migliora molto la qualità di vita del paziente parkinsoniano e può essere utilizzata nelle diverse forme del Parkinson oltre che in tutte le sue varie fasi: siamo oggi convinti che la neuroriabilitazione migliori la condizione globale del paziente. Accanto alla neuroriabilitazione c’è il capitolo della nutrizione che presenta due aspetti fondamentali e cioè alimentarsi bene per consentire ai farmaci di essere assorbiti dall’intestino in modo corretto e quindi di funzionare al meglio e poi c’è tutto un campo nuovo relativo al dato di fatto emergente che singoli nutrienti, come ad esempio le vitamine, potrebbero agire come agenti neuro-protettori, si tratta di un’ipotesi non ancora dimostrata ma si pensa che le vitamine assieme ad altri nutrienti ben bilanciati possano ritardare la progressione della malattia. Vanessa Salzano In questo numero • I sintomi non riconoscibili dal paziente • L'importanza della dieta mediterranea • Il ruolo del neurologo e il rapporto medico paziente • Trattamento in fase avanzata • Qualità di vita e fasi della malattia Irma D’Aria Iscritta all’Ordine dei Giornalisti dal 1992, si è specializzata nelle tematiche della salute, del benessere e dell’alimentazione. Collabora da anni per le testate del Gruppo L’Espresso e di recente anche per alcune riviste del Gruppo Mondadori. Vanessa Salzano Giornalista dal 2000 ha sempre scritto di Medicina e Salute. Ha collaborato con Il Mattino, Il Pensiero Scientifico Editore, il Dipartimento di Funzione Pubblica, Formez News. (3) Parkinson Dalla sedia di Charcot alla terapia genica: come sta cambiando la cura del Parkinson L ( Fabrizio Stocchi a prima terapia per il Par- bassi che si ripetono lungo l’arco kinson risale al 19° secolo, della giornata» spiega il profesquando il neurologo Jean sor Fabrizio Stocchi, direttore Martin Charcot, sviluppò una del Centro Parkinson e Disturbi “sedia a vibrazione” per alleviare del Movimento dell’IRCCS San i sintomi della malattia. Poi fu la Raffaele di Roma. Per ovviare a volta della “cura bulgara” di Hit- questo problema, i ricercatori ler a base di radici con proprietà hanno studiato nuove strategie, anticolinergiche come la bella- in modo da continuare a usare la donna. E, infine, si arrivò negli levodopa, ma non più in monoanni ’60 all’introduzione della terapia. «Carbidopa, levodopa, levodopa che ancora oggi rap- entacapone: è una formulazione presenta la terapia di riferimen- che permette un miglior controlto per questa patologia. «Dopo lo dei sintomi ed ha una maggioaver subito la trasformazione re efficacia con una diminuzione all’interno dei neuroni, questa drastica del “fenomeno on-off”» sostanza viene rilasciata e va a aggiunge Stocchi. La continua risostituire la dopamina prodotta cerca di terapie che superassero i dall’organismo in quantità insuf- limiti della levodopa portò negli ficienti. Ma questa soluzione non anni ’80 all’introduzione dei doè priva di problemi. Con il pro- paminoagonisti, farmaci che migredire della malattia, l’effetto mano l’azione della dopamina, farmacologico tende ad accor- che nel Parkinson diminuisce. Le più recenti si somciarsi e si ADV presentano discinesie e formulazioni 28-06-12 NOVARTIS 240x165:Layout 1 28-06-2012 12:04 il cosiddetto “fenomeno on-off” ministrano solo una volta al giorche consiste in una serie di alti e no e sono a lento rilascio oppure in cerotto. «In generale, questa classe di farmaci ha una notevole efficacia sui sintomi della malattia e riduce la comparsa di fluttuazioni motorie e discinesie, ma può dare effetti collaterali particolari come il gioco d’azzardo, l’aumento dell’appetito e lo shopping compulsivo» prosegue il professor Stocchi. Un’altra novità riguarda il principio attivo IPX066. Si tratta in sostanza del levodopa, ma in una formulazione a rilascio controllato per fornire all’organismo livelli più stabili e duraturi della sostanza nel sangue. Ma l’evoluzione terapeutica ha percorso anche altre strade nel tentativo di rallentare il decorso della malattia con farmaci come la rasagilina. «Hanno l’effetto di modificare il decorso naturale della malattiaPagina rallentandolo» aggiunge il 1 professor Stocchi. «Inoltre la rasagilina e la selegelina essendo bloccanti di un enzima cerebrale che distrugge la dopamina permettono di avere più dopamina nel cervello». Infine, molta attenzione oggi si sta dando anche a terapie non dopaminergiche. In particolare, si sta studiando un bloccante dell’adenosina, il preladenant, che può ribilanciare il sistema attraverso un meccanismo d’azione diverso da quello della dopamina. Il vantaggio potrebbe essere quello di un miglior controllo dei sintomi con minori effetti collaterali. Nel futuro della cura del Parkinson ci sono anche le terapie geniche le cui sperimentazioni sono già in fase avanzata. «Si usa un virus della famiglia dell'HIV, che modifica l'Rna della cellula ospite inducendola a produrre la sostanza voluta come fattori di accrescimento o mediatori chimici» conclude il professor Stocchi. Irma D’Aria Direttore del Centro Parkinson e disturbi del movimento Istituto di Ricerca a Carattere Scientifico (IRCCS) San Raffaele, Roma Le terapie “complesse” Quando le terapie tradizionali non sono più sufficienti o causano troppi effetti collaterali, ci sono altre opzioni: oltre alla stimolazione cerebrale profonda (vedi articolo a pag.8), si ricorre all’apomorfina per infusione sottocutanea. «E’ una terapia efficace che si somministra mediante una piccola pompa infusionale con un ago posto nel sottocute» spiega il professor Stocchi. Altra opzione è la levodopa in gel per la quale è necessario un intervento. «Si pratica un piccolo foro nell’addome, dove inserire un catetere che è collegato a un infusore e permette di somministrare il farmaco direttamente nella prima parte dell’intestino sospendendo la terapia per bocca». LIMPE e DISMOV-SIN ringraziano Andrea Bocelli per la preziosa disponibilità ad essere anche quest’anno al loro fianco per la Giornata Parkinson. Ringraziano inoltre Veronica Berti, lo staff di Andrea Bocelli e la casa discografica Sugar per la collaborazione alla realizzazione dello spot promozionale della Giornata Parkinson. Un grazie particolare a Muhammad Ali che ha gentilmente concesso l’utilizzo della foto di copertina. INSIEME PER LA RACCOLTA FONDI GIORNATA PARKINSON & COLLEGATI AL SITO WWW.GIORNATAPARKINSON.IT Una pubblicazione realizzata da Fonema Comunicazione srl • Editorial manager: Giuseppe Burzo • Projet director: Ginevra De Fassi Negrelli • Redazione: Irma D’Aria,Vanessa Salzano - [email protected] • Contatti: www.fonemacomunicazione.com - [email protected] - Tel. +39 0692948749 - Fax +39 0692932720 Impaginazione e grafica: Ketch Studio • Stampa: RDS webprinting Srl • Distribuzione: Le Scienze • Carta Giornale Migliorato ISO 72° da 55 gr/mq. Innovazione e responsabilità, al servizio del paziente Leader mondiale nell’area della salute, Novartis è fortemente impegnata nella ricerca e nello sviluppo di farmaci e soluzioni d’avanguardia per curare le malattie, ridurre il carico delle sofferenze e migliorare la qualità di vita delle persone. Con l’obiettivo prioritario di soddisfare i bisogni dei pazienti, rispettando le attese e i diritti di tutti i suoi interlocutori, No- vartis si adopera per gestire le proprie attività in modo sostenibile dal punto di vista sociale, ambientale ed economico. Attraverso il suo costante orientamento all’innovazione e il suo approccio responsabile alle esigenze della salute, Novartis è un punto di riferimento affidabile per milioni di persone, in Italia e nel mondo. www.novartis.it ( 4 ) Parkinson ( 5 ) Parkinson ( dieta vegetariana a pranzo, proteica a cena A tavola con il Parkinson: Michela Barichella Responsabile Medico dell’U.O. Dietetica Centro Parkinson Clinica ICP Milano Presidente Brain and Malnutrition in Chronic Diseases Association Onlus P er la salute di tutti, ma ancor più per quella dei pazienti affetti da Parkinson, l’alimentazione svolge un ruolo cruciale. Può essere di grande aiuto sia per la gestione di alcuni sintomi, come la disfagia e la stipsi, sia per aumentare l’efficacia della terapia. La dieta mediterranea è unanimamente riconosciuta come quella più indicata. A dimostrarlo è stato anche un gruppo di ricercatori dell’università di Firenze che ha messo a confronto dodici studi internazionali. Si è visto che c’è una diminuzione del 12% dell’incidenza del Parkinson in chi segue con rigore le regole dell’alimentazione mediterranea. «Il vero segreto della dieta mediterranea» dichiara Michela Barichella, Responsabile Medico dell’U.O. Dietetica – Centro Parkinson Clinica ICP Milano e Presidente Brain and Malnutrition in Chronic Diseases Association Onlus «sta nell’insieme dei vari alimenti. Non bisogna consumare solo uno dei numerosi cibi che compongono questo regime dietetico, ma è piuttosto la varietà a garantire un effetto salutare». Perciò, sì alle cinque porzioni di frutta e verdura e ai cereali, pane e pasta. «Uno o l’altro, devono esserci a ogni pasto, colazione compresa. Meglio ancora se sono integrali, perché sono più ricchi di fibre» raccomanda l’esperta. Semaforo verde anche per il bicchiere di vino (tendenzialmente rosso) ai pasti e anche al caffè che sembra avere un effetto positivo: se ne possono bere fino a tre tazzine al giorno. Ma la dieta è importante anche per il successo della terapia a base di levodopa, farmaco di riferimento per la cura del Parkinson che, tra l’altro, ha un’origine alimentare essendo stata scoperta nei fagioli. «Proprio la levodopa» spiega Barichella «non deve essere assunta con alimenti ricchi in proteine come carne, uova, latte e derivati, affettati e legumi perché ne riducono l’efficacia e di conseguenza aumentano il rischio dei blocchi motori dopo i pasti». Per questo motivo, la dietoterapia per il Parkinson prevede la limitazione o l’eliminazione delle proteine a mezzogiorno per evitare di bloccarsi durante la giornata. I cibi proteici vanno semplicemente spostati alla cena della sera. Salumi, uova e formaggi non vanno consumati più di una volta alla settimana, ma soprattutto vanno mangiati di sera per evitare interferenze con l’assorbimento della levodopa. «Per alcuni pazienti più sensibili, i medici prescrivono anche dei cereali aproteici. Si tratta di prodotti che hanno ottenuto l’autorizzazione e il riconoscimento del Ministero della Pasta regina con capperi e pangrattato Chef Filippo La Mantia Ristorante Filippo La Mantia Via V. Veneto 50 Roma - Italia LE RICETTE Dopo aver messo l’acqua sul fuoco preparate la padella con un goccio di olio buono. Fate sciogliere nell’olio caldo le acciughe e aggiungete i capperi dissalati, i pistacchi i pinoli e l’uvetta. Prendete una scorza di arancia e di limone e tagliatela sottile. Quando il condimento sarà ben cotto, aggiungete le scorzette e, spegnendo il fuoco, coprite la padella con un coperchio. Contemporaneamente, tostate il pangrattato in un padellino con dell’olio e rigirate con una forchetta di legno. Quando si sarà tostato spegnete il fuoco. Colate la pasta al dente, tenendo una tazzolina di acqua di cottura da parte. Versate il condimento in un contenitore, aggiungete la pasta, l’acqua di cottura e il pangrattato. Servire ben calda. Insalatina di cetrioli, carote, fagiolini e papaia Togliete la buccia a 4 cetrioli e 4 carote, tagliateli a julienne e metteteli a riposare in acqua con qualche cubetto di ghiaccio, in modo che restino croccanti. Lessate circa 400 gr di fagiolini privati del picciolo in acqua salata. Tagliate a cubetti le 2 papaie mature sbucciate. In un contenitore dai bordi alti versate 2 cucchiai di olio extravergine di oliva, il succo di un’arancia e di un limone e montare con un frustino fin quando sarà un po’ più denso. A questo punto unire tutti gli elementi rimescolando dolcemente, aggiustare con sale e pepe e servite in piccoli contenitori monoporzione. Trofie spigola e limone Mettere in padella l’olio extravergine di oliva, qualche foglia di basilico fresco e la spigola precedentemente sfilettata a crudo. Sfumare con succo di limone e aggiungere poca acqua di cottura delle trofie. Scolare le trofie al dente, e mantecare il tutto con un filo di olio extravergine di oliva. Servire con una grattata di buccia di limone e foglia di basilico. Chef Franco Bloisi Ristorante Assunta Madre Via Giulia Roma - Italia Filetti di triglia Mettere in padella l’olio extravergine di oliva, l’aglio e il peperoncino; unire qualche oliva nera di Gaeta denocciolata, i pomodorini a pezzetti (datterini o ciliegini), basilico e sale. Scottare velocemente i filetti di triglia precedentemente preparati a crudo, se necessario aggiungere poco fumetto di pesce, e servire con crostini di pane ed un filo di olio extravergine di oliva. Salute e che in etichetta recano la scritta “per malati di Parkinson in terapia con levodopa”» spiega la nutrizionista. È fondamentale anche l’idratazione sia per combattere la stipsi che per evitare la disidratazione che può peggiorare i sintomi motori. «Vanno bene acqua, spremute o centrifugati di verdura che forniscono minerali e vitamine. Meglio, invece, evitare le bevande zuccherate» suggerisce Barichella. Altro fattore importante è la necessità talvolta di ricorrere a degli integratori. «Spesso i pazienti si muovono molto a causa dei movimenti involontari tipici della malattia. Ciò può causare un dimagrimento che va contrastato con una dieta ipercalorica ma ipoproteica con l’aggiunta di supplementi nutrizionali che forniscono energia, ma sono aproteici» spiega Barichella. Irma D’Aria ( Caccia alle “spie” del Parkinson con i biomarkers M igliorare la diagnosi, monitorare la progressione della malattia e dimostrare l’efficacia dei trattamenti grazie ai biomarkers, cioè un parametro medico che aiuta a misurare un processo biologico. I markers possono essere predittivi della malattia, indicatori della progressione o della risposta ai farmaci. Oggi sappiamo che alcuni segni clinici, come la depressione, la perdita dell’olfatto, i disturbi comportamentali nel sonno e la stipsi, possono essere marcatori precoci. «Nessuno di questi sintomi è specifico per una diagnosi di Parkinson, ma, insieme aumentano il rischio che si possa ammalarsi di Parkinson nei successivi 10-15 anni» spiega Paolo Barone, Professore Ordinario di Neurologia dell’Università di Salerno e presidente dell’associazione DISMOVSIN. Ecco perché la ricerca si pone l’obiettivo di screenare larghe fasce di popolazioni per questi fattori di rischio e di vedere, nel tempo, quanti individui svilupperanno la malattia. Sull’individuazione dei marcatori predittivi e di quelli di risposta alle terapie punta anche la Michael J. Fox Foundation che ha organizzato il primo studio internazionale proprio per cercare biomarkers associabili al rischio di Parkinson. Anche l’Italia, insieme a 23 centri tra Stati Uniti ed Europa, è coinvolta nello studio con un gruppo guidato dal Centro per le Malattie Neurodegenerative (Cemand) dell’Università di Salerno. “Con i biomarkers per la progressione della malattia di Parkinson nelle nostre mani, sarà possibile stabilire degli obiettivi per le sperimentazioni cliniche. Senza dati concreti come un biomarker, è molto più difficile dimostrare se una terapia funziona o fallisce nel rallentare il decorso della malattia, al contrario del semplice trattamento dei sintomi” dichiara il professor Barone. Attualmente disponiamo già di qualche marcatore diagnostico. «Anche se la diagnosi è prevalentemente clinica, siamo in grado di misurare la perdita di neuroni dopaminergici anche prima della comparsa dei sintomi motori con metodiche scintigrafiche. Questa tecnica da sola non è in grado di dare diagnosi certa ma serve a rinforzare il sospetto clinico diagnostico» racconta l’esperto. Un capitolo ancora tutto aperto è quello dei markers di risposta ai farmaci che non sono ancora disponibili. Al momento i ricercatori stanno cercando di capire se alcuni dei biomarkers già noti possano essere utili anche per valutare l’efficacia delle terapie. «Fino ad oggi sono state sperimentate molte molecole, come i dopaminoagonisti e gli inibitori della MAO-B, farmaci con poten- ziale effetto neuroprotettivo che si sono dimostrate, sia in vitro che sugli animali, capaci di arrestare la morte dei neuroni dopaminergici» dichiara il presidente della Dismov-Sin. «Tuttavia per la maggior parte di questi farmaci, quando testati sull’uomo, non è stato possibile provare la loro efficacia neuroprotettiva anche per la mancanza di biomarcatori». Ma quando si tratta di Parkinson e altre forme di demenza, non si può ignorare neppure il ruolo della genetica. «Sappiamo che il 5 e il 10% di parkinsonismi è dovuto a mutazione genetica con una trasmissione familiare. La malattia di Parkinson che nella maggior parte dei casi è sporadica e con assenza di familiarità, può avere come fattore favorente la mutazione di particolari geni che sono attualmente sotto studio» conclude Barone. Irma D’Aria Paolo Barone Professore Ordinario di Neurologia dell’Università di Salerno Presidente DISMOV-SIN www.zambongroup.com VALORI: LE NOSTRE RADICI NEL FUTURO L’impegno di Zambon nel miglioramento della vita dei pazienti è un tratto del DNA del gruppo che dal 1906 opera affinché ogni sua attività si integri nel raggiungimento di tale obiettivo. Oggi Zambon conferma questa visione stringendo un accordo strategico con Newron intervenendo nell’area terapeutica CNS, focalizzandosi sulla malattia di Parkinson. Il cammino compiuto sino ad oggi, muove un nuovo passo verso una sempre maggiore qualità della vita. ( 6 ) Parkinson ( 7 ) Parkinson Postura, equilibrio e rischio di caduta: intervenire per non lasciarsi fermare dalla paura Tapis roulant, Tai Chi e tango per rallentare la progressione del Parkinson M uoversi fa bene! Fa bene a tutte le età e in particolare alle persone che soffrono di Parkinson, malattia che impoverisce il movimento. Numerose evidenze scientifiche lo dimostrano. Uno studio condotto alla Harvard University su 48.000 uomini e 77.000 donne non colpiti dalla malattia ha dimostrato una riduzione del rischio del 50% di svilupparla in chi svolge un’attività fisica. Un altro studio del National Institute of Environmental Health Sciences ha dimostrato che un regolare esercizio fisico nella sala pesi offre una protezione contro l’insorgenza di questa malattia. Il movimento naturalmente fa bene anche a chi ha già avuto una diagnosi. «L’attività fisica è molto importante per i malati di Parkinson perché aiuta a contrastare la rigidità muscolare e a dare fluidità ai movimenti del corpo, a ridurre i problemi a carico dell’equilibrio e delle posture e può ritardare il peggioramento dei sintomi» spiega Claudio Pacchetti, Responsabile Unità Operativa Parkinson e Disordini del Movimento presso l’Istituto Neurologico Nazionale Fondazione C. Mondino di Pavia. Cosa fare dipende dalla fase della malattia in cui si trova il paziente. Per chi è in una fase iniziale e ha sintomi lievi, possono essere sufficienti una generica attività di fitness presso la palestra più vicina con esercizi di stretching e di tonificazione muscolare, cyclette e tapis roulant purché la persona sia seguita da un personal trainer consapevole dei problemi posti dalla malattia. «Per queste persone credo si debba accantonare l’idea della terapia riabilitativa medica in senso stretto e lasciare invece che l’attività in palestra sia perce- pita come momento ludico. In questo modo, il paziente avrà la sensazione di non essere così malato con un impatto sia sulle capacità motorie che sul piano emotivo» suggerisce Pacchetti. In questi casi, la scelta del tipo di attività può essere libera ma per chi vuole qualcosa di non convenzionale, ci sono i corsi di Tai Chi. «E’ una disciplina efficace nel Parkinson perché rinforza il meccanismo di controllo posturale e migliora l’equilibrio prevenendo le cadute» chiarisce l’esperto. Vanno bene anche il Nord Walking, la bicicletta su strada e la danza per la ritmicità del movimento. In particolare, una ricerca della Washington University School of Medicine ha dimostrato che i parkinsoniani che hanno seguito lezioni di tango hanno ottenuto miglioramenti molto più significativi nella mobilità di chi si esercita convenzionalmente. «Un altro aspetto molto importante è l’impatto psicologico. Qualunque attività fisica determina un aumento del benessere percepito, ma quelle che uniscono coinvolgimento motorio, cognitivo ed emozionale sono quelle più significative specie se si svolgono in gruppo, come la musicoterapia e la biodanza» suggerisce il professor Pacchetti. Attività fisica anche per i pazienti in stadio avanzato? Sì, ma in un ambiente più medicalizzato come le Riabilitazioni Neurologiche. «In questi casi in genere ci sono problemi locomotori più seri come il freezing della marcia, l’instabilità posturale o la deviazione della postura del tronco (sindrome di Pisa) che causa dolore cronico e perdita dell’equilibrio, sintomi impegnativi che devono avere una significativa risposta medica» conclude il professor Pacchetti. Irma D’Aria ( FOCUS Claudio Pacchetti Responsabile Unità Operativa Parkinson e Disordini del Movimento presso l’Istituto Neurologico Nazionale Fondazione C. Mondino di Pavia za a cadere. «Già gli anziani in generale tendono a cadere più frequentemente perché i riflessi posturali invecchiano. Ma questo fenomeno si aggrava nei parkinsoniani per i quali sia il rischio che le cadute effettive sono assai più frequenti» sottolinea Abbruzzese. Recenti studi hanno stimato che circa il 20% degli anziani sopra i 65 anni cade almeno una volta l’anno e di questi il 6% riporta una frattura ossea. Questa situazione diventa significativamente più importante proprio nei pazienti parkinsoniani (in cui l’incidenza annuale delle cadute è stimata tra il 60-80%) a causa di un elevato numero di fattori di rischio strettamente legati alla malattia di Parkinson (deficit cognitivi, ipotensione ortostatica, presenza di movimenti involontari). «Il problema è che sia le alterazioni posturali, sia le cadute non rispondono né ai trattamenti farmacologici, { Ma perché si verificano così tante cadute? Si tratta di un fenomeno complesso che include meccanismi neurologici perché i riflessi posturali sono più compromessi nei pazienti parkinsoniani. «Ma ci sono molti altri fattori che condizionano le cadute: le alterazioni posturali, le terapie inadatte, il cosiddetto “freezing of gait”. di Genova e Presidente LIMPE. Un primo grande problema dei malati di Parkinson è la postura con la tendenza a sviluppare due specifiche alterazioni. La più frequente è la camptocormia, ovvero la postura flessa in avanti che li rende via via sempre più incapaci di stare diritti. L’altro fenomeno, più raro, è la cosiddetta sindrome della Torre di Pisa, un’alterazione laterale della postura che pregiudica l’equilibrio e la stabilità. In entrambi i casi, una conseguenza è l’aumentata tenden- le conseguenze fisiche delle cadute come fratture del femore, o a carico degli arti superiori, traumi cranici e altro che peggiorano in modo drammatico il quadro clinico del paziente né alla stimolazione cerebrale profonda e ciò inficia notevolmente la qualità di vita dei pazienti e dei loro familiari» dice l’esperto. Il parkinsoniano che cade, infatti, sviluppa una paura che può essere paralizzante e perciò tende a muoversi il meno possibile, a chiudersi in casa, a ridurre la mobilità al minimo con sentimenti di angoscia e d’insicurezza (considerati importanti fattori di rischio per ulteriori cadute). Ne deriva un isolamento sociale che non fa bene alla malattia. «Poi ci sono esce a muoversi, non riesce a girarsi o a passare attraverso spazi ristretti. Questo fenomeno facilita le cadute perché il paziente incosciamente sposta il peso in avanti e cade». Dunque, si tratta Giovanni Abbruzzese Direttore Clinica Neurologica 2 Dipartimento D.I.N.O.G.M.I. dell’Università di Genova Presidente Limpe IN BREVE Recenti studi hanno stimato che circa il 20% degli anziani sopra i 65 anni cade almeno una volta l’anno e di questi il 6% riporta una frattura ossea. Questa situazione diventa significativamente più importante proprio nei pazienti parkinsoniani a causa di un elevato numero di fattori di rischio strettamente legati alla malattia di Parkinson. { L a malattia di Parkinson evolve poco a poco e i sintomi cambiano con il tempo con un progressivo peggioramento della qualità di vita del malato. Nella fase iniziale, i sintomi sono soprattutto di tipo motorio (rigidità, tremore, rallentamento dei movimenti) e rispondono positivamente ai trattamenti farmacologici. In seguito, compaiono altri sintomi tra cui le alterazioni della postura e le cadute. «Grazie alle maggiori conoscenze acquisite e alle cure oggi i pazienti hanno un’aspettativa di vita di gran lunga maggiore, ma purtroppo non è migliorata di molto la loro qualità di vita perché man mano che la malattia avanza compaiono sintomi sempre più invalidanti che sono dovuti alla progressione del Parkinson» spiega Giovanni Abbruzzese, Direttore della Clinica Neurologica 2 del Dipartimento D.I.N.O.G.M.I. dell’Università ( e che rappresentano un grande costo sanitario» fa notare Abbruzzese. La maggior parte degli accessi dei parkinsoniani al pronto soccorso è legata, infatti, proprio alle cadute con tutto ciò che consegue per i bilanci sanitari. Ma perché si verificano così tante cadute? Si tratta di un fenomeno complesso che include meccanismi neurologici perché i riflessi posturali sono più compromessi nei pazienti parkinsoniani. «Ma ci sono molti altri fattori che condizionano le cadute: le alterazioni posturali, le terapie inadatte, per esempio perché si tratta di anziani che prendono già altri farmaci per altre patologie che magari provocano cali della pressione arteriosa o che modificano la lucidità mentale destabilizzandoli ulteriormente con un incrementato rischio di caduta». Un altro fattore è che spesso i pazienti presentano il cosiddetto “freezing of gait”, fenomeno che può essere presente persino nella fase iniziale della malattia. «Il paziente quando cammina rimane con i piedi incollati per terra, non ri- di un fenomeno importante sia dal punto di vista del paziente, che da quello dei bilanci della sanità. Per questo vale la pena concentrare risorse e impegno per la ricerca di una soluzione al problema. «L’unico contributo concreto, al momento, è la realizzazione di protocolli riabilitativi che rieduchino il paziente ad un diverso controllo dell’equilibrio attraverso l’utilizzo di strumenti come tapis roulant o pedane posturografiche che allenano appunto la postura e l’equilibrio» suggerisce il professore. Protocolli da applicare nelle strutture ospedaliere ma anche sul territorio lì dove esistono servizi di riabilitazione, ma con l’indispensabile requisito di poter contare su personale che abbia una formazione specifica. Progetto nel quale si stanno impegnando a fondo la Lega italiana per la lotta contro la Malattia di Parkinson, le Sindromi Extrapiramidali e le Demenze (Limpe) e l’Associazione Italiana Disordini del Movimento e Malattia di Parkinson (Dismov). «In occasione della prossima giornata della malattia di Parkinson abbiamo lanciato una campagna di fund raising volta a finanziare anche un progetto di coorte sulle cadute indirizzato a studiare un campione di circa un migliaio di pazienti parkinsoniani con appositi questionari per fotografare i fattori di rischio più frequenti associati alle cadute. Così sarà possibile proporre correttivi proponendo linee guida e mettendo a punto specifici protocolli». Nel frattempo, alcuni piccoli accorgimenti da adottare a casa possono aiutare a ridurre i rischi. Per esempio, se il paziente ha il problema del freezing ed è incline alle cadute, bisogna eliminare i tappeti per evitare che inciampi, sistemare i mobili in modo che non ci siano strettoie e piazzare dei segnali luminosi che possano guidare il paziente nel cammino. «La cosa più importante» ribadisce Abbruzzese «è non farsi fermare dalla paura della caduta perché così peggiorano sia i sintomi del Parkinson che il benessere psicologico». Irma D’Aria ( ( 8 ) Parkinson Le terapie innovative nel Parkinson avanzato Dalla terapia orale al metodo infusionale. Gran parte delle problematiche riscontrate nel trattamento con levodopa sono dovute al fatto che la somministrazione orale provoca un assorbimento irregolare del farmaco che ne limita l’efficacia. In cosa consiste invece la terapia infusionale? “E’ una nuova formulazione di levodopa per infusione intestinale continua che – risponde Leonardo Lopiano, Professore Ordinario di Neurologia, Dipartimento di Neuroscienze – AOU San Giovanni Battista-Molinette di Torino - permette di erogare la levodopa in modo continuo, direttamente a livello intestinale attraverso una gastrostomia percutanea (PEG) e consiste in una soluzione gelificata, contenuta in una cartuccia da 100 cc, con una elevata quantità di farmaco in un piccolo volume. La cartuccia viene inserita in un sistema di infusione portatile e maneggevole, collegato alla PEG con un sondino che consente di erogare il farmaco in modo continuo”. Ma quando è consigliato un simile trattamento? “La Duodopa è indicata nel trattamento della malattia di Parkinson idiopatica in stadio avanzato responsiva alla levo- dopa, con gravi fluttuazioni motorie e discinesie, quando – afferma Leonardo Lopiano - le combinazioni disponibili di farmaci non danno più risultati soddisfacenti e può essere indicata anche in pazienti oltre i 70 anni di età in buone condizioni generali”. DBS: procedura in evoluzione. È una procedura di neurochirurgia funzionale il cui primo intervento risale al 1993. “Questa procedura consiste nella stimolazione elettrica ad alta frequenza, mediante elettrodi posizionati permanentemente in un target intracerebrale – spiega il prof. Lopiano continuando - la DBS è una metodica reversibile, può essere eseguita bilateralmente e consente di regolare i parametri di stimolazione nella fase post-operatoria in relazione al quadro clinico del paziente. I dati suggeriscono che la DBS del nucleo subtalamico sia la Leonardo Lopiano Professore Ordinario di Neurologia Dipartimento di Neuroscienze AOU San Giovanni Battista Molinette di Torino più efficace per il trattamento della malattia di Parkinson in fase avanzata, complicata da fluttuazioni motorie e discinesie. Anche i dati relativi al tremore essenziale (DBS talamica) e alle sindromi distoniche (DBS globo pallido interno) suggeriscono l’efficacia significativa della DBS sui sintomi motori e sulla qualità della vita”. Si tratta di un’attività di eccellenza, a forte valenza multidisciplinare (neurochirurgica, neurologica, neurofisiologica, neuropsicologica) che può fornire un rilevante miglioramento del quadro clinico: il paziente riconquista un’autonomia soddisfacente e la terapia farmacologica viene ridotta in modo significativo dopo l’intervento. La DBS è una procedura in evoluzione: sono allo studio differenti modalità di stimolazione in relazione a determinati quadri clinici (presenza di sintomi assiali non levodopa responsivi), nuovi target e nuovi stimolatori in ( Angelo Antonini Professore Ospedale IRCCS San Camillo UO Parkinson e Disturbi del Movimento grado di adattare la stimolazione alle fluttuazioni del quadro clinico. Anche da un punto di vista della procedura chirurgica vi sono promettenti sviluppi per migliorare il posizionamento degli elettrodi e per ridurre il più possibile il disagio del paziente durante l’intervento. Vanessa Salzano Cod. CNS-PRM-011425 S oltanto nei primi anni della malattia di Parkinson la terapia farmacologica è in grado di consentire un discreto controllo della sintomatologia, ma nelle fasi avanzate i pazienti manifestano grave disabilità motoria. Ciò è dovuto sia alla normale progressione della malattia che alla terapia farmacologica stessa, per quanto la levodopa sia tuttora il farmaco più efficace. Terapia infusionale e Stimolazione Cerebrale Profonda (Deep Brain Stimulation – DBS) sono oggi gli approcci più innovativi da poter utilizzare nelle fasi avanzate della malattia di Parkinson. Connecting with science “UCB è dedicata a creare connessioni innovative tra le scienze, in particolare la chimica e la biologia, così come a scoprire i pathway biologici connessi alle gravi patologie” Il valore della tecnologia medica per migliorare la vita Medtronic sviluppa soluzioni terapeutiche innovative in grado di coniugare benefici clinici per i pazienti con efficienza e sostenibilità per il sistema sanitario. Da lungo tempo UCB è impegnata con passione nella ricerca di trattamenti più efficaci per patologie specifiche del sistema nervoso centrale e disordini immunitari. La nostra sfida è aiutare i pazienti e i loro famigliari a vivere con il carico fisico e sociale delle patologie gravi. Questo si accompagna alla promessa di terapie di nuova generazione che permetteranno loro di condurre una vita quotidiana più normale. ©2011 Medtronic, Inc. All Rights Reserved. www.ucb.com Innovazione per la vita. Aspiriamo ad essere un’azienda biofarmaceutica d’eccellenza con il paziente al centro della nostra attenzione ( 10 ) Parkinson (( 11 11 )) Parkinson Neurologia ( non riferiti dal paziente S ono molti i segnali “nascosti” che può presentare la malattia di Parkinson, sia in fase iniziale che in fase avanzata. Si tratta di sintomi che il paziente non riferisce al medico in quanto non ritenuti tali o comunque non correlati alla patologia, ma che il clinico deve conoscere e riconoscere sia all’inizio della malattia per fare la diagnosi, sia ‘‘ risponde Ubaldo Bonuccelli, del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Pisa . Il paziente è ben consapevole del tremore anche molto lieve, che però è presente in meno dell’80% dei casi; di rado si rende conto del rallentamento motorio e della rigidità. Al contrario, disturbi quali anosmia ed iposmia, stipsi, sogni molto vivaci e talvolta agitati e mali definiti discinesie. I pazienti non si accorgono di questi movimenti involontari? “Le discinesie lievi spesso non sono riferite perché si manifestano durante il massimo effetto terapeutico della levodopa; sono i familiari che – spiega il prof. Bonuccelli - disturbati dalla vista di un dondolio e di movimenti del capo o delle estremità li fanno notare al precoci rispetto a quelle motorie non sono riconosciute dal paziente: riferisce genericamente di star male, di sentirsi disperato o angosciato, piangendo o lamentandosi, ma non collega questi disturbi alla riduzione dell’effetto del farmaco”. Ma esistono anche disturbi psichici e del comportamento che non vengono facilmente riconosciu- Ubaldo Bonuccelli Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Pisa Spesso sono i familiari a notare alcuni segnali ed a riferirli nelle fasi avanzate per identificare problemi legati alla terapia, effetti collaterali e complicazioni. Quali sono i sintomi non riconoscibili dal paziente nelle prime fasi della malattia? “Sono molti sintomi definiti icasticamente non motori, in contrasto con i tre sintomi motori classici (tremore, rigidità e bradicinesia) – al paziente ed al medico depressione, spesso precedono i sintomi motori anche di anni ma il paziente non ne parla perché non li collega ad alcuna malattia e in particolare al Parkinson”. Dopo qualche anno di terapia con levodopa, il farmaco più potente, si osserva la comparsa delle cosiddette fluttuazioni e di movimenti involontari anor- paziente stesso o li riferiscono al medico. Alcuni pazienti identificano il fenomeno dell’esaurimento di fine dose, la forma più semplice di fluttuazione, cioè il riemergere soggettivo/oggettivo dei sintomi motori caratteristici, 3-4 ore dopo l’assunzione della compressa di levodopa. Le fluttuazioni non motorie, spesso ti. “Si, ma non perché il paziente non ne è consapevole, piuttosto non li attribuisce né alla malattia né alle terapie dopaminergiche: si tratta di allucinazioni visive, gelosia patologica, disturbi del controllo degli impulsi come il gioco d’azzardo patologico e la shopping syndrome. Oltre il 40% dei pazienti va incontro ( Una priorità: la qualità di vita del paziente ‘‘ Ecco i sintomi ad un deterioramento cognitivo fino ad una vera e propria demenza. In questi casi – conclude Ubaldo Bonuccelli - è raro che il paziente riferisca di avere problemi di memoria o altri disturbi cognitivi e sono sempre i familiari che fanno notare al medico l’evoluzione del quadro”. Irma D’Aria L a malattia di Parkinson è l’altro la depressione è proprio un problema importante e può una sfida non solo per i ri- uno dei sintomi iniziali di que- diventare una specie di ossessiocercatori che indagano per sta malattia)”. Andando avanti ne, i problemi motori possono trovare trattamenti più effica- nel tempo le problematiche più accentuarsi con comparsa di ci, ma anche per il malato che importanti sono multiformi per- deficit dell’equilibrio e cadute e vede ridursi le proprie funzioni ché questa malattia che una vol- il timore di cadere può suscitare motorie e cognitive; per i suoi ta era considerata unicamente ansia e paure. Sul versante cognifamiliari a cui spesso spetta il motoria si arricchisce di una se- tivo compaiono i disturbi della compito dell’assistenza; per il rie di problematiche che hanno memoria, sul versante neuropsiServizio Sanitario che deve met- grande impatto sull’andamento chiatrico possono manifestarsi tere a punto modelli di assisten- della vita quotidiana. “Sì, come allucinazioni e deliri, manifestaza adeguati. “La qualità di vita l’abbassamento del tono dell’u- zioni che rendono difficile la vita del paziente può essere valutata more – prosegue il Ricercatore non solo al paziente ma anche in rapporto alle fasi della malat- - una depressione strisciante, e forse più a chi gli sta vicino”. tia perché la sintomatologia e il caratterizzata più da apatia e Qual è il ruolo del neurologo? carico stesso della malattia va- disinteresse che da senso di di- “Il medico deve essere in grado riano nel corso degli anni. Nella sperazione, una sorta di minor di spiegare sia al paziente che fase iniziale – spiega Giovanni forza di volontà che ha una rica- al familiare la possibile origine Fabbrini, Ricercatore Neurologo duta importante nel quotidiano di questi fenomeni, deve acpresso il Policlinico Umberto I di perché significa fare meno cose compagnare il paziente nel suo Roma - l’aspetto più importante e chiudersi in se stessi; un altro percorso nella malattia senza che vive il paziente, così come elemento è il senso di fatica sia minimizzare e senza allarmare il familiare, è la consapevolezza mentale che fisica, una sorta di – risponde Giovanni Fabbrini. di avere una malattia neurolo- incapacità di recupero che viene Il rapporto medico-paziente è gicadegenerativa, una patologia alimentata da un sonno agitato e fondamentale, la capacità del Mezza pag GSK 240x165:Layout 1 25-07-2012 10:31 Pagina neurologo 1 di far accettare deriposante, spesso interrotnon guaribile, e nella maggior poco parte dei casi si assiste ad una to dall’aumento della frequenza terminati sintomi, di sapersi reazione di tipo depressivo (fra delle minzioni. La stitichezza è accontentare anche di un certo Migliorare la qualità della vita umana per consentire alle persone di essere più attive di stare meglio di vivere più a lungo grado di disabilità fa instaurare un clima di fiducia ed affrontare meglio le situazioni. Anche le strutture socio-sanitarie grazie a cui i pazienti possono fare fisioterapia e terapia occupazionale giocano un ruolo fondamentale sia per il malato stesso che per i suoi parenti, che possono sentirsi più sollevati dal carico di lavoro generato dalla malattia. Infine molto utili sono le associazioni dei pazienti, anche se va considerato che non tutti i pazienti sono pronti a condividere i propri disagi: infatti molti hanno paura di incontrare altri pazienti soprattutto se in fase avanzata di malattia, ma chi se la sente trae sicuramente vantaggio nel condividere difficoltà ed esperienze”. Questi aspetti relativi a come vive il paziente i suoi anni di malattia sono sempre più rilevanti anche in relazione all’efficacia degli interventi terapeutici. “Per anni abbiamo usato scale cliniche che però non ave- Giovanni Fabbrini Ricercatore Neurologo Policlinico Umberto I di Roma vano un riscontro oggettivo nella vita del malato, oggi usiamo anche strumenti che misurano altre variabili, quali proprio la qualità di vita, perché – conclude Fabbrini - il nostro intervento deve soprattutto essere utile a far vivere meglio il paziente”. Vanessa Salzano se anche il ritmo cambia, la melodia continua PARKINSON: io mi informo! In occasione della Giornata della Malattia di Parkinson Sabato 24 Novembre 2012 Medici specialisti saranno a tua disposizione per fornirti spiegazioni. Per conoscere le strutture, visita il sito www.giornataparkinson.it 800-149626 Un'iniziativa promossa da: IP