C’è spazio per l’energia nella scuola secondaria di primo grado ? Leonardo Barsantini La didattica della fisica, e più in generale delle scienze nella scuola secondaria di primo grado, dovrebbe affrontare quei concetti che fanno riferimento a fenomenologie che non sono inquadrate in ambito teorico. Questo primo approccio, seppur relativo alle fenomenologie, non è banale ed è un prerequisito essenziale per affrontare le “teorie”. Tenendo conto del tempo a disposizione dedicato alla scienza nella scuola media, e della complessità nell’affrontare alcuni argomenti di base, si comprende la necessità di rimandare lo studio dei corpi teorici alla scuola superiore. L’energia, al pari della massa, è un concetto complesso che ha la sua giustificazione in un ambito che fa riferimento ad un paradigma meccanicistico. La storia della fisica dovrebbe farci riflettere. Nonostante i tanti precursori, si arriverà alla conservazione dell’energia soltanto alla metà dell’800, e Helmholz, che in Über die Erhaltung der Kraft (1847), fornisce una prima formulazione del principio di conservazione dell’energia meccanica, si esprime nei termini di “somma delle forze vive e di tensione” per riferirsi, rispettivamente, all’energia cinetica e all’energia potenziale. Nello stesso scritto riporta ad una matrice unitaria il termine calore e quantità di forza viva del movimento termico (con riferimento ai risultati di Joule del 1845), e analizza anche i fenomeni elettrici e magnetici. C’è quindi il tentativo, da parte di Helmholz, di individuare ciò che si conserva nei fenomeni naturali siano essi di tipo meccanico, termico o elettrico. E’ da sottolineare che, all’epoca, queste idee non furono accolte da tutti e la sua tesi non fu accettata dalla prestigiosa rivista Annalen. Le considerazioni storiche ed epistemologiche si rivelano essere una delle basi per la scelta dei percorsi didattici. Senza questa riflessione, da innestarsi anche su basi psicopedagogiche, l’insegnamento della scienza non può che rivelarsi fallimentare. I libri di testo e le definizioni Lo sviluppo dell’energia cinetica e potenziale, le considerazioni su calore e temperatura, come riportate in alcuni libri scolastici, sono tali da risultare difficilmente comprensibili. Una riflessione sull’energia non può trascurare i tanti luoghi comuni che circondano l’argomento. E’ un classico di alcuni testi riportare la seguente definizione: L’energia è la capacità di compiere un lavoro, e si aggiunge: “Per fare un lavoro un corpo deve avere a disposizione una certa energia. Per un atleta è energia muscolare, per il vento è energia di movimento dell’aria”. Anche i sussidiari della scuola elementare si lanciano disinvoltamente nel campo dell’energia o dei fenomeni termici. Da un punto di vista puramente didattico non si può che rilevare l’insensatezza di definire un nuovo concetto, non per mezzo di una definizione operativa costruita al termine di un percorso didattico, ma utilizzando una definizione da vocabolario ad introduzione di un nuovo argomento. La definizione precedente si utilizza indifferentemente in fisica, chimica e tecnologia, ma, inalterata, svolge il suo ruolo chiarificatore anche in educazione fisica. I problemi che si pongono sono di due tipi: 1. Come tutte le definizioni poste a fondamento di un percorso sono di scarsa o nulla utilità. E’ il percorso che deve aiutare a costruire dei concetti arrivando anche a degli enunciati definitori condivisi. 2. La definizione è discutibile anche dal punto di vista della fisica. 1 E’ vero che si vuol dare un’idea della nuova grandezza energia, ed è anche vero che l’energia posseduta da un dato sistema può essere utilizzata per fare “qualcosa”, ma è nell’eccesso di specificazione che si commette l’errore confondendo “quello che un corpo può fare” con “quello che è stato fatto sul corpo”. Si ha l’impressione che si faccia confusione fra forze applicate a un corpo da altri corpi e forze che il corpo applica su altri corpi. Ad esempio la diminuzione di energia cinetica di un corpo A non è direttamente collegata con il lavoro compiuto sul corpo B, poiché vale esattamente il contrario: la diminuzione di energia cinetica di un corpo A è collegata al lavoro compiuto da qualcun altro sul corpo A. Considerazioni analoghe possono svolgersi per l’energia potenziale. Non è difficile obiettare che lo scopo di tali definizioni è quello di farsi capire con esempi semplici e che, ad esempio, un corpo posto più in alto, cioè dotato di maggiore energia potenziale, cadendo può provocare degli “effetti maggiori”. Ma per affermare questo era forse necessario scomodare la fisica? Meglio ricevere su un piede un peso da un chilo che cade da dieci centimetri, o che cade da un paio di metri? Queste idee di senso comune sono già presenti nei nostri studenti, e in tutti noi, e non saranno certo le formule per l’energia cinetica e potenziale a chiarire i dubbi Se a queste considerazioni dei libri di testo se ne fanno seguire altre su calore e energia termica, conservazione dell’energia nell’universo (l’energia non si crea né si distrugge) e classificazioni dei vari tipi di energia: potenziale, cinetica, potenziale elastica, elettrica e magnetica, chimica, “raggiante” e nucleare, ecco che il gioco è fatto e nessuno comprende più niente. Il discorso deve invece essere inquadrato da un diverso punto di vista che privilegia il percorso rispetto alla definizione, senza la pretesa di giungere a stabilire e determinare quadri conoscitivi tanto completi quanto effimeri. In una scuola secondaria di primo grado – scuola media, il rapporto con i fenomeni è ancora essenziale rispetto agli approcci teorici. Nella scuola secondaria di primo grado, gli studenti hanno i primi incontri con alcuni argomenti e non si può pensare di esaurire la classificazione di tutti i vari tipi di energia. Considerando le competenze degli studenti e, generalmente, il poco tempo a disposizione, si deve privilegiare l’intensione su pochi o pochissimi argomenti, rispetto all’estensione. E’ inoltre opportuno che gli argomenti trattati siano il più possibile ancorati fra loro, fino a formare una rete di percorsi e di concetti che si rafforzano a vicenda. L’energia dal punto di vista della meccanica e della termologia Le forze possono essere trattate e approfondite per quanto riguarda la correlazione che si può manifestare con le deformazioni provocate, ma non certo con le ben più astratte leggi della dinamica. Sono proprio le deformazioni che concretizzano la forza che, anche attraverso l’idea di vettore, permette di visualizzare i fenomeni con rappresentazioni grafiche. Altrettanto non vale per l’energia, poiché con questa grandezza l’astrazione richiesta è maggiore rispetto a quella che accompagna il concetto di forza. E’ quindi necessario affrontare un percorso sulle forze, senza definizioni da dizionario e senza inutili enunciazioni dei principi della dinamica, che chiarisca e definisca gli ambiti nei quali si può parlare correttamente di forza (anche se si tratta pur sempre di ambiti parziali, perché, ad esempio, la connessione fra forza e accelerazione è al di là della comprensione di molti studenti). Il percorso sulla forza, che deve legare la misurazione di questa grandezza al dinamometro, potrebbe aprire nuovi spiragli verso i limiti del campo di applicazione di questo concetto. Ad esempio è evidente che il “qualcosa o il danno” che un oggetto fa cadendo è maggiore se l’altezza di caduta è maggiore. Ma questa osservazione potrebbe essere interpretata nel senso, e talvolta lo è, che nella caduta il peso del corpo aumenta oppure che esistono delle forze di spinta. Molti studenti della scuola superiore interpretano il moto di un oggetto lanciato verso l’alto come conseguenza di una forza di spinta. Queste 2 interpretazioni proposte dagli studenti ricordano le medioevali teorie dell’impetus. Le conseguenze delle “forze di spinta” nell’apprendimento della fisica sono indagate dalle ricerche sulle concezioni degli studenti, e mostrano chiaramente come, ad esempio, il concetto di inerzia non sia presente, nella stragrande maggioranza dei casi, neppure al termine della scuola superiore fra gli studenti che si indirizzano verso le facoltà scientifiche. La confusione fra forza, energia e lavoro è difficilmente superata. E’ necessario esser molto cauti. Anche per corpi che si muovono in orizzontale a velocità costante, associare la loro energia cinetica con un capitale di forza posseduta è ricorrente fra gli studenti. Si comprende, quindi, come forza, forza di spinta, forza posseduta, forza che dipende dalla velocità, energia cinetica e potenziale, corrano il rischio (e spesso accade proprio questo), di essere mescolate in un unico ammasso informe senza capo né coda. Anche in ambito termodinamico il concetto di energia è difficile da acquisire, ed è necessario procedere con cautela, ad esempio, il calore non è una sostanza che i corpi acquisiscono o perdono, e i tentativi di spiegazione portati da un punto di vista microscopico non sono sufficienti per far comprendere i meccanismi nascosti. I problemi connessi con la costruzione di significato del mondo microscopico, sono stati studiati sempre relativamente alla concezione degli studenti, e mostrano chiaramente i fraintendimenti nei quali incorrono gli studenti. Noi sappiamo che la temperatura è una grandezza indice di uno stato del sistema, il calore trasmesso è una grandezza di interazione fra due o più sistemi, il calore trasmesso influenza la temperatura raggiunta dal corpo. Il corpo assorbe energia e aumenta la sua temperatura: la temperatura è quindi un indice dell’energia interna del corpo, di tutta l’energia interna del corpo e non soltanto di quella assorbita. Occorre molto tempo affinché questi concetti si radichino nella testa dei ragazzi. Una prima distinzione fra temperatura e calore è però possibile, e sarà anche possibile che le idee che gli studenti si costruiscono sul mondo macroscopico possano servire come base per ipotizzare una conoscenza del mondo microscopico (non certo il contrario). Il calore dovrebbe sempre essere qualificato come calore trasmesso e non si dovrebbe parlare di calore posseduto da un corpo. Il calore è caratterizzato come tale soltanto nel transito da un corpo ad un altro. Ma anche in questo caso non si possono prendere scorciatoie. I fenomeni da analizzare devono essere semplici perché gli studenti, pur conoscendo il termometro, ragionano in termini di caldo e freddo mediato dalle sensazioni corporee. Temperatura e calore vanno caratterizzate come grandezze intensive e estensive. E’ necessario che gli studenti prendano coscienza di questa fondamentale differenza. Quando si opera con un dato procedimento su un sistema fisico, si ottiene un risultato descritto da una o più grandezze. Ad esempio il procedimento di porre un oggetto sulla bilancia fornisce un valore alla grandezza fisica peso. Il fatto è che le grandezze fisiche di base con le quali interagiscono gli studenti sono il peso, il volume, la lunghezza, la velocità e tutte hanno una caratteristica che le accomuna: sono grandezze estensive. Ma non tutte le grandezze sono estensive, alcune sono intensive e poiché gli studenti non hanno alcuna concezione di grandezze intensive ed estensive, è necessario portarli a riflettere su questa differenza perché, altrimenti, tutte le grandezze della fisica finiscono per essere interpretate, implicitamente, come estensive. Con i fenomeni termici, la differenza fra grandezze intensive e estensive, pur rimanendo in ambiti ragionevoli, può essere proposta come attività di riflessione nel tentativo di comprendere meglio la differenza fra la temperatura e il calore trasmesso. Tutte le grandezze che forniscono informazioni su ciò che accade localmente, all’interno del sistema, per la cui determinazione è sufficiente l’analisi di una piccola porzione del sistema, sono intensive. La temperatura è un indice di cosa accade 3 localmente all’interno del sistema, infatti, per determinarla, supponendo di essere all’equilibrio termico, è sufficiente portare il termometro a contatto con una qualunque porzione del corpo: in questo senso è una grandezza intensiva. Al contrario, le grandezze estensive si caratterizzano per la necessità di considerare tutto il sistema a disposizione, ad esempio, il peso di un corpo è determinato prendendolo tutto in considerazione e non soltanto una porzione (una porzione, nel caso ci sia omogeneità, è invece sufficiente per il peso specifico). La quantità di calore trasmesso va ad aumentare l’energia del corpo, cioè aggiunge energia ad energia: siamo in presenza di una grandezza estensiva. Queste considerazioni sono ad un elevato livello di astrazione se rimangono delle pure enunciazioni verbali, ma tradotte in concrete attività di laboratorio, possono essere affrontate anche dagli studenti della scuola primaria di secondo grado e rivelarsi utili per affinare la concettualizzazione dei fenomeni termici. Non si tratta di definire cosa significhi intensivo e estensivo, piuttosto far riflettere gli studenti, con attività concrete e confronti, non soltanto sui fatti che osservano o sulle misurazioni prese in laboratorio, ma anche sugli strumenti, in questo caso le grandezze fisiche, utilizzate nello studio dei fenomeni fisici. Ecco due proposte sperimentali che possono portare gli studenti ad un prima valutazione della temperatura come grandezza intensiva: 1. Mescolare due uguali quantità d’acqua mantenute a temperatura differente e far prevedere la temperatura finale. 2. Separare una data quantità d’acqua in due parti uguali e far prevedere la temperatura finale. E’ necessario che agli studenti sia chiesta la previsione dei risultati prima di effettuare le prove. Non occorre fretta. E’ frequente che questi sommino o sottraggano le temperature nel mescolamento o che suddividano, assieme all’acqua, anche la temperatura trattandola alla stregua di una grandezza estensiva. Al termine delle prove è necessario riflettere sulle ragioni di tali risultati in un processo del tipo penso – agisco – penso. Le prove sono facili da eseguire e i risultati in buon accordo con le previsioni teoriche, ad esempio nel primo caso la temperatura finale è molto prossima alla media prevista teoricamente, ma è opportuno, nell’eseguire questi ragionamenti – esperimenti, non chiedere valori precisi, piuttosto intervalli possibili per non fuorviare l’attenzione verso precisioni numeriche inessenziali. Si ricordi che il risultato della misurazione, la misura, non è mai un valore preciso, ma sempre un intervallo. Si può ulteriormente approfondire il discorso mescolando due diverse quantità di acqua e riflettendo sul ruolo della media nel prevedere il risultato finale. Il laboratorio Il piano dei contenuti e quello delle metodologie sono strettamente collegati, in effetti sono lo stesso piano: non si può imparare senza conoscere e conoscere senza imparare. Non ha nessun senso privilegiare le metodologie senza una parallela riflessione sui contenuti, e questi ultimi, non sono tutti equivalenti. Leggendo certe proposte, si ha l’impressione che gli studenti debbano soddisfare il requisito di saper ragionare come uno scienziato, senza conoscere niente di scienza. Il laboratorio deve essere strettamente collegato al percorso, senza che si formi la classica separazione fra esperienza in laboratorio e spiegazione in classe. Per quanto il laboratorio scolastico sia importante, è necessario essere coscienti che il vero laboratorio è nella testa degli studenti: è lì che si costruiscono i concetti. Se il laboratorio non svolge la funzione di permettere la formazione dei concetti, è probabile che le attività sperimentali rendano ancora più confusi gli studenti. 4 Una prima riflessione sui fenomeni termici, può essere avviata scaldando dell’acqua contenuta in un recipiente posto su un fornello. Possiamo pensare che il fornello, molto caldo, abbia trasferito parte del proprio “esser caldo”, all’acqua. Gli effetti di quanto trasferito, cioè del calore trasmesso dal fornello al pentolino con l’acqua, non determinano uno stesso riscaldamento per qualunque quantità di acqua sia contenuta nel pentolino. Si può eseguire l’esperienza con due diverse quantità di acqua scaldate per lo stesso tempo con la stessa quantità di calore trasmesso. Si noti, che mentre è possibile eseguire una misurazione della temperatura per mezzo di un termometro, il calore trasmesso può soltanto essere regolato a priori, ad esempio posizionando l’indice del fornello su posizioni diverse. Nel primo caso si ha una misurazione, nell’altro una regolazione: questi sono due modi diversi di agire su un sistema. L’esperienza mette in evidenza che si opera con due grandezze diverse, come si comprende anche dal fatto che, a parità di calore trasmesso per lo stesso tempo, le temperature di due diverse quantità di acqua sono differenti. Le temperature prese ad intervalli regolari, ad esempio ogni minuto, riportate in grafico tempo - temperatura forniscono, con buona precisione, una retta. Al variare della quantità di acqua riscaldata e mantenendo costante la regolazione del fornello, cioè il calore trasmesso, il grafico tempo – temperatura fornisce una retta con pendenza diversa. Il confronto e l’interpretazione dei grafici rinsalda l’uso di strumenti matematici creando una retroazione positiva fra matematica e scienza. Si può approfondire lo studio considerando che a parità di tempo trascorso, cioè di calore trasmesso, e di uguali temperature iniziali, una quantità di acqua doppia di un’altra dovrebbe raggiungere una temperatura che è la metà. Ciò non accade perché nel trasmettere calore non si scalda soltanto l’acqua ma anche il contenitore. La cessione di energia non è responsabile soltanto del riscaldamento dei corpi, ma di tanti altri fenomeni, alcuni dei quali sono delle vere e proprie trasformazioni. Continuando a scaldare l’acqua, ad un certo punto la temperatura non sale più. Accade qualcosa di diverso: l’energia fornita è utilizzata per acquisire una “maggiore libertà”. Un fenomeno analogo può essere associato alla fusione del ghiaccio. Si possono scaldare anche altre sostanze, per alcune di queste è facile mettere in evidenza una dilatazione. E’ partendo da questa nuova fenomenologia che si può avviare una riflessione sui termometri. La comprensione dei fenomeni termici è fortemente condizionata dall’interpretazione “corporea” spontanea che ci guida normalmente. Le forme delle nostre sensazione, per noi assolutamente coerenti e spontanee, sono spesso in contraddizione con l’interpretazione scientifica. Più che affrontare questioni ben al di là della possibile comprensione degli studenti, potrebbe essere opportuno indagare alcuni di questi aspetti. L’attività non è semplice, ma iniziare a smontare alcune (certamente non tutte) preconcezioni può essere importante. La semplice, ma istruttiva esperienza, di porre le mani a contatto con acqua tiepida dopo che, ad esempio, la mano destra è stata immersa in acqua calda e quella sinistra in acqua fredda, mostra, per la diversa sensazione corporea rilevata da ciascuna mano nel contatto con l’acqua tiepida, i limiti delle mostre percezioni e la necessità di sviluppare e utilizzare strumenti di misura. Altre sensazioni corporee, sviluppate dal contatto con alcuni materiali (legno e metallo), che ci portano a caratterizzare corpi “caldi e freddi”, potrebbe fornire la base, ad esempio in ambito tecnologico, per avviare un discorso sui modi con cui si può facilitare o ostacolare la trasmissione del calore con materiali conduttori e isolanti, riflettendo anche sulle sorgenti primarie (che mantengono inalterate la loro temperatura pur trasferendo calore) e secondarie. Siamo in un contesto, che pur essendo attinente alla scienza, ha forti valenze tecnologiche permettendo un’integrazione fra i due campi di studio. 5 L’esperienza di far sciogliere un cubetto di ghiaccio posto su una tavoletta di metallo e su, ad esempio, una di legno, fa riflettere gli studenti sul fatto che la velocità di scioglimento del ghiaccio non è in rapporto con le sensazioni che si hanno toccando i due materiali. Le sensazioni ingannevoli possono portare a conflitti concettuali utili nello studio dei fenomeni termici. Se la lana “fa caldo”, allora un cubetto di ghiaccio avvolto in un maglione dovrebbe sciogliersi molto rapidamente, ma l’esperienza dimostra che la velocità con cui si scioglie un pezzo di ghiaccio avvolto in un maglione di lana è inferiore rispetto al caso di un cubetto di ghiaccio lasciato all’aria. Avviare il passaggio dai ragionamenti sui “corpi caldi e freddi” o sui “materiali che fanno caldo o freddo”, verso l’interazione fra i corpi e ai modi di facilitare o ostacolare la trasmissione del calore, permette di approfondire l’indagine sui fenomeni termici. L’energia In precedenza si parlava dell’energia come della capacità di fare qualcosa (di fare lavoro). E’ evidente che una definizione di così ampia genericità può andar bene per tutto (anche le forze sono in grado di far qualcosa), ed anche il calore trasmesso è in grado di fare qualcosa, e questo qualcosa consiste nell’aumentare la temperatura. Iniziando a restringere il campo, si può affermare che la temperatura aumenta, non perché agisce una forza (che è una delle grandezze sulle quali si può lavorare nella scuola secondaria di primo grado), ma perché il corpo più caldo ha ceduto del calore al corpo più freddo. Storicamente, questo “qualcosa” ceduto, è stato indicato col termine calore, ma oggi potremmo benissimo chiamarlo “energia”. L’energia è un concetto, come già detto, astratto: non vediamo l’energia, ma gli effetti che essa produce. Questi effetti si spiegano bene con l’introduzione della nuova grandezza. In realtà, più che delle trasformazioni di energia, dovremmo parlare delle trasformazioni dei sistemi, spiegate per mezzo del parametro energia. Dovremmo fare il possibile affinché il concetto di energia sia visto come unitario e non come tanti sottoelementi che si trasformano l’uno nell’altro: energia chimica, termica, meccanica, nucleare e poi cinetica, potenziale, elastica…. Questa proliferazione di energie, di gran moda, è, secondo me, assolutamente da evitare perché sposta l’attenzione degli studenti verso la memorizzazione della catalogazione dei vari tipi di energia, alcuni dei quali al di fuori di un indagine possibile a scuola, piuttosto che verso la spiegazione dei fenomeni. Al contrario di quanto avviene con l’onnipresente classificazione dei vari tipi di energia, quest’ultima deve essere costruita come un concetto unitario: non mi sorprenderei, visto i tempi che corrono, se qualcuno aggiungesse alla lista l’energia mentale. Le difficoltà incontrate da tanti scienziati, nel campo della termologia, ci devono far riflettere su quanto sbrigativa sia, talvolta, la presentazione e l’interpretazione di nuovi fenomeni. E’ ovvio che non si possa ogni volta ripercorrere il lungo cammino della scienza per arrivare a chiarire e condividere le spiegazioni dei fenomeni naturali, ma certe presentazioni, per la loro eccessiva sinteticità, finiscono per spostare l’attenzione degli studenti verso la memorizzazione piuttosto che verso la comprensione. Ad esempio, la taratura dei termometri ha richiesto una riflessione durata circa centocinquanta anni, durante i quali non soltanto si sono sviluppate le tecniche costruttive, ma soprattutto sono stati posti i presupposti per la taratura con due punti fissi: alcuni scienziati non ritenevano necessario tarare i termometri fissando due punti, per molti bastava un solo riferimento, ma la stessa idea di punto fisso era ben lontana dalla nostra se si pensa che le proposte del tempo prendevano in considerazione, come temperatura campione, quella di caverne, la massima attività dei raggi solari in una bella giornata estiva o la temperatura del corpo umano. 6 In conclusione si tratta di porre le basi per spiegare alcuni fenomeni attraverso procedimenti che, operando su sistemi fisici, possano fornire risultati descritti da nuove grandezze. Per far questo è necessario riflettere non soltanto sui procedimenti, diciamo le attività che si possono compiere in laboratorio, ma anche sui sistemi, cioè i corpi, i materiali, le loro proprietà e i modi con cui interagiscono, e sulle grandezze fisiche, temperatura e calore – energia. L’insieme di queste prospettive deve permettere agli studenti la possibilità di una vista d’insieme (ovviamente, da maturare nel tempo) che, se anche non definisce in modo rigoroso il concetto di energia, svolge un suo ruolo nello studio sia per l’acquisizione di procedimenti d’indagine utilizzabili in altri ambiti, sia in funzione dello sviluppo di capacità di pensiero astratto. 7