calore, calorico, caloria

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CALORE, CALORICO, CALORIA …
Nelle scorse edizioni di questa rubrica avete trattato di entropia, di motori termici e quindi di
calore. Ma mi è rimasto un dubbio … Cos’è il calore?
Cos’è il calore? Per lungo tempo una folta schiera di scienziati ha cercato di dare una
risposta a questa questione non semplice. Tentiamo, come loro, di formarci un’idea partendo dai
fatti che sono davanti agli occhi di tutti, poiché fanno parte della nostra esperienza quotidiana.
Innanzitutto, esaminiamo gli effetti del calore (usiamo questo termine anche se, per ora, non lo
abbiamo definito, così come facevano gli scienziati due secoli or sono). Supponiamo di riscaldare
dei corpi (ma il discorso è ovviamente analogo se parliamo di raffreddamento): essi si dilatano (in
generale succede così), cambiano di stato (ossia passano da solido a liquido, da liquido a vapore), ci
danno sensazioni termiche (avvicinando una mano possiamo sentire “caldo”) ed anche visive (un
ferro portato ad alta temperatura diventa prima rosso e poi incandescente), variano inoltre altre
proprietà meno intuitive come la conducibilità elettrica, la viscosità…
In secondo luogo, esaminiamo come si può riscaldare un corpo. Immaginiamo di volerci
scaldare le mani: possiamo sfregarle una contro l’altra, possiamo avvicinarle al fuoco,ad un
termosifone acceso, ai raggi del sole, possiamo toccare un corpo più caldo delle nostre mani.
Le ultime osservazioni ci possono far nascere l’ipotesi che vi sia “qualcosa” che passa da un
corpo all’altro. Questo “qualcosa” venne interpretato alla fine del settecento come un insieme di
particelle di peso trascurabile (detto “fluido calorico”). L’ipotesi del fluido calorico venne dibattuta
per vari decenni, finché non venne sviluppata una vasta e approfondita ricerca sull’argomento,
grazie all’impeto dovuto alla nascente rivoluzione industriale. Fu solo a metà del secolo XIX che il
fisico tedesco Rudolph Clausius decretò la morte del fluido calorico con le parole “il calore non è
una sostanza…”
L’idea chiave per l’interpretazione della natura del calore è dovuta a vari scienziati, fra cui il
fisico e industriale inglese James Joule. Il punto
di partenza per comprendere la sua idea è
semplice: se per scaldarmi le mani posso sia
strofinarle l’una contro l’altra sia metterle
davanti al fuoco, questo significa che il lavoro
(in questo caso di tipo meccanico) prodotto dallo
strofinio è equivalente (nel senso che produce lo
stesso effetto) al calore proveniente dal fuoco. È
noto che il lavoro è dato da una variazione di
energia (si pensi, ad esempio, al lavoro di
un’automobile a spese dell’energia della
benzina), così deve essere anche per il calore: il
calore è dunque un modo di trasferire l’energia.
Questo significa che quando l’energia di un certo
sistema (le nostre mani, ad esempio) aumenta, su
questo sistema è stato compiuto un lavoro (lo
strofinamento), oppure è stato fornito calore al
sistema (la vicinanza al fuoco), od anche una
combinazione dei due (strofinamento più
vicinanza al fuoco). Il risultato, l’effetto finale è lo stesso in tutti i tre casi: le mani si sono scaldate.
Il tutto avviene ovviamente nel rispetto del principio di conservazione dell’energia, leit-motiv della
fisica e quindi anche di questa rubrica, come il lettore avrà notato….
Ma poiché la fisica è una scienza che si basa anche sulla misura, è necessario capire come si misura
il calore. Poiché abbiamo detto che il calore è un modo di trasferire l’energia, per misurare il calore
devo poter misurare l’aumento (o la diminuzione) dell’energia del sistema. Il valore della misura
viene espresso dai fisici in Joule, pur essendo ancora in uso la “caloria”, unità di misura che è un
retaggio della vecchia teoria del fluido calorico.
Come possiamo fare per misurare la suddetta variazione di energia? Viene naturale
ragionare sulla seguente osservazione: se un corpo riceve calore, la sua temperatura aumenta. La
variazione di temperatura è legata al calore assorbito o ceduto. Poiché esistono strumenti per
misurare la temperatura (i termometri), il problema della misura del calore sembra risolto. Tuttavia,
non sempre si verifica un aumento di temperatura quando c’è un assorbimento di calore. Basti
pensare, ad esempio, all’acqua che bolle: benché sotto la pentola vi sia la fiamma, la temperatura
dell’acqua rimane costante durante tutto il processo di ebollizione. Se la fiamma si spegnesse,
cesserebbe subito l’ebollizione. La stessa cosa accade quando il ghiaccio diventa liquido (e in
generale per tutti i passaggi di stato). Si verifica però anche il contrario, ovvero, la temperatura può
aumentare senza che il sistema assorba calore: si pensi a quando si utilizza una pompa per gonfiare
lo pneumatico di una bicicletta. In quel caso, si percepisce che la temperatura della pompa è
aumentata, pur non avendo ricevuto calore. Responsabile dell’aumento di temperatura è il lavoro
meccanico speso dal ciclista (così come lo è nello strofinamento delle mani). La temperatura,
dunque, non è una misura del calore, come spesso si sente dire. La temperatura risulta essere,
invece, proporzionale all’energia posseduta da un certo sistema, o per meglio dire, all’energia del
moto delle particelle che compongono il sistema. Gli atomi (o le molecole) che costituiscono i corpi
sono in continuo movimento (libero nei gas, più “legato” nei liquidi e nei solidi). Se il sistema
assorbe energia, le molecole si muoveranno con maggior velocità e corrispondentemente si alzerà la
sua temperatura (nel caso del passaggio di stato prima citato, l’assorbimento di calore produce un
altro effetto, per cui la temperatura rimane inalterata: qui è necessario ricorrere ad altre misure,
come la variazione di volume dell’acqua). A questo punto, se abbiamo capito che l’effetto del
calore è, in generale, quello di aumentare l’oscillazione delle molecole, possiamo anche capire uno
degli effetti da cui hanno preso il via le nostre osservazioni: cioè, che i corpi aumentano di volume
quando riscaldati.
[a cura di Silvia Defrancesco]
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