1
La Critica della ragion pratica
La fondazione dell’etica
interessi fondamentali della ragione (> filosofia) = tre domande:
I. Che cosa posso sapere?
2. Che cosa devo fare?
3. Che cosa ho diritto di sperare?
I. Che cosa posso sapere?
Critica della ragion pura > problema delle condizioni e dei
limiti della conoscenza teoretica, fondazione delle scienze del
mondo fenomenico e impossibilità della metafisica come scienza
2. Che cosa devo fare?
3. Che cosa ho diritto di sperare?
Critica della ragion pratica (già anticipata nella Fondazione
della metafisica dei costumi) > problema della natura e delle
condizioni di possibilità della vita morale.
“rivoluzione copernicana” in campo morale : l’uomo, come
soggetto etico, è posto al centro dell’universo morale.
La ragione pratica dell'uomo è infatti dichiarata fonte originaria e
autonoma della moralità,
tuttavia (…) la centralità dell'uomo come soggetto etico non
elimina i limiti costitutivi della sua natura sensibile,
essenzialmente passiva e recettiva, e non diminuisce quindi la
drammaticità di un’esistenza etica che implica impegno e sforzo
per essere realizzata.
Punto di partenza dell’etica di Kant è la convinzione della
presenza nell'uomo di una legge morale con valore universale e
necessario.
Convinzione parallela a quella circa il valore universale e
necessario delle leggi della fisica newtoniana
2
Scrive Kant nella Conclusione della Critica della Ragion Pratica:
“Due cose riempiono l'animo di ammirazione e venerazione
sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la
riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la
legge morale in me. Queste due cose io non ho bisogno di
cercarle e semplicemente supporle come se fossero avvolte
nell'oscurità, o fossero nel trascendente, fuori del mio orizzonte;
io le vedo davanti a me e le connetto immediatamente con la
coscienza della mia esistenza.”
L’etica non deve dimostrare l’esistenza della legge morale, ma
studiarne l’origine, la natura, le condizioni di possibilità.
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
RAGION PRATICA = la ragione in quanto determina la volontà,
cioé guida l’azione, dirige il comportamento.
Nella Critica della Ragion pratica Kant vuole dimostrare che solo
la Ragione pratica pura, non condizionata empiricamente, è la
sorgente della morale.
Quindi, mentre la ragione conoscitiva è limitata alla sfera
dell’esperienza e dei fenomeni, la ragion pratica può fondare la
legge morale proprio perché non è condizionata dall’esperienza.
Per Kant l’esistenza di una legge morale universale, valida per
tutti gli uomini e sempre, non deve essere dimostrata o
giustificata, ma semplicemente constatata, perché è un fatto
evidente, un fatto della ragione.
Infatti secondo Kant ogni uomo sa di dover agire in un certo modo
perché la sua ragione (potremmo anche dire: “la sua coscienza”)
gli dice che è giusto, che è bene. Il dovere dettato dalla ragione
non coincide in nessun modo con il vantaggio personale, con
l’istinto o con gli impulsi della sensibilità, con le pressioni sociali,
ambientali ecc.: infatti l’uomo avverte un contrasto fra ciò che la
3
Ragion pratica comanda e ciò a cui è spinto dalla sua natura
sensibile.
Secondo Kant questa voce della ragione (o della coscienza) che
comanda “devi agire così, anche se non ti conviene, anche se la
tua natura sensibile ti spinge ad altro ecc.” è sentita da ogni uomo
allo stesso modo. Quindi la legge morale dettata dalla Ragion
pratica è universale ed è diversa da tutti gli altri motivi (motivi
non universali, perché diversi da uomo a uomo, come impulsi
sensibili, sentimenti, utilità, condizionamenti sociali ecc.) che
determinano il comportamento.
Dunque la legge morale esiste: quali sono i suoi caratteri?
La legge morale è:
1) UNIVERSALE E NECESSARIA;
2) CATEGORICA;
3) FORMALE;
4) LIBERA E INCONDIZIONATA;
5) AUTONOMA
1) UNIVERSALE E NECESSARIA
La legge morale (che scaturisce dalla ragione) è universale e
quindi, come abbiamo già detto, vale per tutti gli uomini e sempre,
perché la Ragione è uguale in tutti gli uomini.
E’ necessaria perché esige un’obbedienza incondizionata ad essa:
il comando della Ragion Pratica pura è “TU DEVI ...” (Tu devi
agire così, indipendentemente dai vantaggi e svantaggi...)
2) CATEGORICA
tipologia delle norme o delle prescrizioni della Ragion Pratica:
MASSIME: hanno un valore soggettivo, per esempio “Fai
ginnastica alla mattina” non può essere una norma per tutti, è una
norma solo per i soggetti che decidono di adottarla.
IMPERATIVI IPOTETICI (CONDIZIONATI): per esempio “per
rafforzare la muscolatura devi fare ginnastica ”: è una norma
oggettiva perché se si vuole ottenere un certo risultato è necessario
agire in un certo modo. Ma lo scopo è soggettivo (rafforzare la
muscolatura non è un dovere per tutti)
4
IMPERATIVI CATEGORICI: comandano qualcosa che si impone
come un dovere per tutti (legge universale e necessaria) e che non
è condizionato o finalizzato. “Tu devi … solo perché la ragione ti
dice che tu devi, non ci sono motivi, scopi, condizioni esterni alla
ragione”.
La legge morale è costituita da imperativi categorici, perché solo
gli imperativi categorici possono essere universali e necessari.
Le massime hanno un valore soggettivo, gli imperativi ipotetici
sottostanno a condizioni o a scopi soggettivi, quindi né le massime
né gli imperativi ipotetici possono costituire la legge morale.
problema: qual è questo imperativo categorico che costituisce la
legge morale? In altri termini “Tu devi…” che cosa?
Nella “Critica della Ragion pratica” Kant presenta una sola
formula dell’imperativo categorico:
I. Agisci in modo che la massima della tua volontà possa sempre
valere, nello stesso tempo, come principio di una legislazione
universale.
Nella “Fondazione della metafisica dei costumi” si leggono altre
due formule:
II. Agisci in modo da considerare l’umanità, sia nella tua
persona sia nella persona di ogni altro, sempre anche come
scopo, e mai come semplice mezzo.
III. Agisci in modo che la volontà, con la sua massima, possa
considerarsi come universalmente legislatrice rispetto a se
stessa.
La prima formula, che è quella più appropriata, non prescrive un
comportamento determinato (del tipo: “sii sincero”, “non
uccidere” ecc) ma ordina di agire in un modo che possa essere
condiviso dalla ragione di tutti gli uomini, ordina quindi di agire in
un modo universalmente valido. Esempio del prestito.
5
la 1a formula dell’imperativo categorico equivale al precetto
evangelico “non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a
te”.
la seconda formula deriva dalla prima perché un comportamento
che strumentalizzi l’uomo non può mai avere valore universale; la
terza formula chiarisce meglio l’autonomia della volontà, di cui
diremo più avanti)
3) FORMALE
L’imperativo categorico, come abbiamo visto, non comanda (e
non vieta) un comportamento determinato; esso ci dice come
dobbiamo volere, non cosa dobbiamo volere. Dobbiamo volere in
modo universale. Quindi l’imperativo categorico, cioé la legge
morale, non ha un contenuto, indica soltanto una forma, la forma
dell’universalità (FORMALISMO ETICO KANTIANO).
Kant spiega che se la legge morale avesse un contenuto
(comandasse cioé cose determinate) sarebbe il contenuto a
determinare la volontà, e non più la ragione. Si perderebbe così
l’universalità della legge morale (infatti tutte le norme che
comandano o vietano azioni determinate non sono universali,
perché ammettono sempre delle eccezioni ).
formalismo etico = traduzione filosofica del principio evangelico
secondo cui non è morale ciò che si fa, ma l’intenzione con cui lo
si fa; dal punto di vista morale conta solo l’intenzione, cioé la
volontà di agire in modo universalmente valido.
Un’azione può essere legale se è esteriormente conforme alla
legge, ma perché sia morale occorre un’adesione interiore, della
volontà, dell’intenzione, all’imperativo categorico (quindi
dall’esterno non è possibile valutare la moralità di un’azione).
4) LIBERA E INCONDIZIONATA
Se la legge morale, per essere veramente universale, deve scaturire
esclusivamente dalla ragione, allora la ragione deve essere libera
da qualsiasi condizionamento.
6
La ragione pratica, nel determinare la volontà, può essere
condizionata dalla natura sensibile dell’uomo, da cui provengono
impulsi, passioni, desideri ecc, oppure può essere condizionata da
pressioni esterne (che comunque faranno sempre leva sulla natura
sensibile dell’uomo), ma in questo caso essa non può generare la
legge morale universale, perché la natura sensibile dell’uomo è
sempre egoistica e quindi soggettiva.
La Ragion pratica può generare la legge morale universale solo
quando è “pura”, vale a dire quando è libera da qualsiasi
condizionamento e pressione interna od esterna; in particolare
quando è libera dalla natura sensibile dell’uomo. Si pone quindi il
problema del rapporto tra la Ragione dell’uomo e la natura
sensibile, fenomenica dell’uomo, problema su cui torneremo più
avanti.
La necessaria purezza della ragion pratica da qualsiasi
condizionamento della sensibilità induce Kant ad affermare il
“rigorismo etico”: l’azione morale deve scaturire esclusivamente
dall’imperativo categorico, non deve essere “inquinata” da
emozioni e sentimenti, che, per quanto nobili, scaturiscono
comunque dalla natura sensibile (così, per esempio, un’azione
buona fatta “per pietà” non è perfettamente morale).
5) AUTONOMA
Da quanto detto fin qui risulta chiaro che la Ragion pratica, come
fonte dell’imperativo categorico e della moralità, è e deve essere
autonoma. Questa è la “rivoluzione copernicana” etica: l’uomo
non deve più adeguarsi a una legge morale che esista fuori di lui
(per esempio nella volontà di Dio o nelle Idee-valori di Platone),
l’uomo deve obbedire a una legge morale che scaturisce da lui
stesso, dalla sua ragione umana.
7
LA CRITICA DELLE MORALI ETERONOME
Kant critica le filosofie morali che pongono l’origine della legge
morale non nella ragione umana ma in altro, e che quindi vengono
definiti eteronomi (autonomo = ha la sua legge in sé; eteronomo =
riceve la sua legge da altro).
L’UTILITARISMO e l’EDONISMO: l’utilità e il piacere sono
soggettivi, quindi non si può in alcun modo fondare su di essi una
legge universale. Inoltre una legge morale fondata sulla ricerca del
piacere e dell’utilità non è incondizionata, infatti non prescrive
“tu devi ...”, ma “agisci così se è utile per te”, “agisci così se ti
procura piacere”
L’EUDAIMONISMO (ricerca della felicità, per es. la morale
socratica), anche in questo caso la legge morale è condizionata
(“agisci così se ti rende felice”) e non è universale, perché anche
la percezione della felicità è soggettiva.
La MORALE RELIGIOSA (la legge morale è dettata da Dio)
la ragione pratica umana non è autonoma, poiché riceve la legge
da Dio, e inoltre non è incondizionata, perché si segue la legge
morale dettata da Dio per ottenere la salvezza eterna, quindi si
cade in una forma di utilitarismo.
Inoltre, poiché l’esistenza di Dio non può essere conosciuta
razionalmente, una legge morale fondata sulla volontà di Dio
avrebbe un fondamento assai dubbio e precario. Per Kant la
religione non può essere il fondamento della morale, al contrario,
come vedremo, è la morale il fondamento più valido della fede
religiosa.
8
PROBLEMA DEL RAPPORTO TRA MORALE E NATURA
La libertà non esiste nel mondo naturale (fenomenico), e l’uomo
fa parte di questo mondo, è un essere naturale.
Ma la legge morale, proprio perché incondizionata, implica la
libertà: non avrebbe senso il “TU DEVI!” della Ragion pratica, se
non esistesse la libertà, vale a dire la possibilità di obbedire al TU
DEVI sottraendosi al determinismo naturale.
Quindi l’esistenza della legge morale pone l’uomo al di sopra del
mondo naturale, fenomenico; la ragione dell’uomo, da cui
scaturisce la legge morale, è collocata in un mondo soprasensibile,
noumenico, in cui è libera e incondizionata (questo mondo
soprasensibile è chiamato da Kant “il regno dei fini”).
Ciò non contraddice la Critica della Ragion Pura perché essa non
negava l’esistenza del mondo soprasensibile, ma solo la possibilità
di conoscerlo.
Quindi l’uomo è bidimensionale: come essere dotato di una
ragione pratica libera e incondizionata fa parte del mondo
soprasensibile, noumenico, fa parte del “Regno dei fini”; come
essere naturale, dotato di corpo e di sensibilità, fa parte del
“Regno della natura”, fenomenico, deterministico.
L’uomo è bidimensionale: la legge morale nasce dalla ragion
pratica libera e incondizionata, ma deve realizzarsi nel mondo
sensibile, la volontà umana è spinta dalla ragion pratica pura ad
agire in un certo modo, ma è sottoposta anche ai condizionamenti
della natura sensibile dell’uomo.
C’è quindi una lotta fra la ragion pratica pura e gli impulsi
naturali: la legge morale si presenta come “TU DEVI” proprio
perché incontra una resistenza.
9
Se l’uomo non fosse bidimensionale?
se l’uomo fosse solo un essere naturale agirebbe sempre per istinto
e non sentirebbe mai il contrasto tra i suoi impulsi naturali e il
“dovere”se l’uomo invece fosse solo pura ragione agirebbe in modo morale
sempre e senza sforzo, il suo comportamento sarebbe adeguato
alla legge morale automaticamente, spontaneamente; l’uomo
allora sarebbe santo, cioé moralmente perfetto, ma la santità è
impossibile all’uomo bidimensionale.
N.B. L’affermazione della libertà dell’uomo, con la conseguente
affermazione di una dimensione soprasensibile dell’uomo, non
esprime una conoscenza scientifica . Per Kant si tratta di un
POSTULATO = affermazione non dimostrabile, presupposta
necessariamente dalla vita morale e che ha esclusivamente un “uso
pratico”, cioè ha valore soltanto nella e per la vita morale.
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
DIALETTICA DELLA RAGION PRATICA
è la parte della Critica della Ragion Pratica in cui viene esaminata
la ANTINOMIA DELLA RAGION PRATICA.
La nostra natura tende inevitabilmente al SOMMO BENE = unità
di felicità e virtù (moralità)
ATTENZIONE!!! Non agiamo in modo morale (o virtuoso) per
essere felici, tuttavia sentiamo l’esigenza che alla virtù
corrisponda la felicità > la persona virtuosa è degna della felicità.
L’ANTINOMIA della Ragion Pratica consiste nel fatto che questa
esigenza di SOMMO BENE, di unità tra Virtù e Felicità, non è
soddisfatta, perché nella vita terrena la Felicità e la Virtù sono
distinte e spesso opposte. E’ vano ogni tentativo di sciogliere
questa antinomia nella vita presente (per esempio dicendo che
l’uomo virtuoso è felice anche nelle sofferenze, che “la virtù è
premio a se stessa”)
10
L’unico modo per risolvere l’antinomia è postulare un mondo
soprasensibile in cui alla virtù corrisponda la felicità e in cui
pertanto sia soddisfatta l’esigenza del Sommo Bene.
POSTULATI DELLA RAGION PRATICA = proposizioni non
evidenti né dimostrabili, ma condizioni dell’esistenza e pensabilità
della vita morale.
3 POSTULATI: ESISTENZA DI DIO, IMMORTALITA’
DELL’ANIMA, LIBERTA’
corrispondenti con le 3 Idee della metafisica (la libertà era una
delle tesi contrapposte nell’idea del Mondo come totalità)
ESISTENZA DI DIO = credenza in una volontà santa e
onnipotente che fa corrispondere la felicità alla virtù. L’unità di
virtù e felicità deve essere realizzata da Dio.
IMMORTALITA’ DELL’ANIMA = solo la santità rende degni
del Sommo Bene e la santità non è conseguibile nella vita terrena,
occorre perciò pensare un tempo infinito in cui l’uomo possa
conseguire la santità e rendersi degno del Sommo bene
I primi 2 postulati si fondano su un’esigenza morale: non
costituiscono una conoscenza e neppure sono indispensabili per
l’agire morale che dipende solo dal “TU DEVI” della Ragion
pratica; tuttavia la vita morale, senza i postulati, risulterebbe
segnata da una grave contraddizione, assurda, e quindi
difficilmente sostenibile.
Per questo Kant dice che i postulati hanno solo un uso pratico =
non sono utili per la conoscenza “scientifica”, ma per la vita
morale.
11
Anche la Libertà è un Postulato , e non una conoscenza, anche se
ha un fondamento più solido dei precedenti postulati, perché non
si fonda solo su una esigenza della Ragione (l’esigenza del
Sommo Bene), ma si fonda sul fatto stesso della Ragion Pratica
pura (per Kant l’esistenza di una legge morale universale e
necessaria è un fatto da constatare).
Non c’è contraddizione tra i risultati della Critica della Ragion
Pura e i risultati della Critica della Ragion Pratica: infatti la
Critica della Ragion Pura negava la possibilità di conoscere Dio,
Anima e Mondo, ma non escludeva che potessero esistere al di là
dei limiti della nostra conoscenza fenomenica. La Critica della
Ragion Pratica postula Dio, l’immortalità dell’anima e la libertà
ma non attribuisce valore conoscitivo a questi postulati.
IL RAPPORTO MORALE - RELIGIONE
l’unica via di accesso a Dio e all’immortalità dell’anima è offerta
dalla morale, anche se questa via non ha un valore conoscitivo.
Insomma la morale costituisce il fondamento della religione e non
viceversa. Naturalmente se la religione risulta fondata sulla
morale, allora l’aspetto essenziale della religione è costituito dal
suo insegnamento morale, mentre tutti gli altri aspetti (dottrinali,
ritualistici, ecc.) sono marginali e superflui. Fra tutte le religioni il
cristianesimo è la religione perfetta perché il suo messaggio
morale corrisponde completamente alla morale universale e
necessaria espressa dall’imperativo categorico kantiano, e Gesù
Cristo viene visto come il più grande maestro di morale; tutti gli
aspetti salvifici e redentivi della vita di Gesù Cristo vengono
eliminati.
12
IL PRIMATO DELLA
RAGION PURA
RAGION
PRATICA
SULLA
la Ragion Pratica ha un primato sulla Ragion Pura, la Morale è più
importante della Conoscenza Scientifica.
Ciò è giustificato dal fatto che la Ragion Pratica colloca l’uomo in
quella dimensione noumenica e soprasensibile che è preclusa alla
conoscenza scientifica. Insomma se l’uomo avesse solo una
Ragione conoscitiva e non avesse una Ragion pratica pura (una
coscienza morale) potrebbe concepirsi solo come un essere
naturale totalmente soggetto alle leggi della natura, alla pari di
tutti gli altri esseri naturali.
Inoltre non è indispensabile che ogni uomo abbia una conoscenza
scientifica della natura: si può essere “uomini” anche ignorando le
leggi della natura; invece è indispensabile che ogni uomo abbia
una ragion pratica pura (una coscienza morale) per vivere
un’esistenza “umana”.