Prove di muslim marketing a Riccione e Francavilla al Mare
L’ULTIMA SPIAGGIA DEL MARKETING MULTICULTURALE
di Enzo Mario Napolitano e Fatima Edouhabi
Ci ha pensato Il Corriere della Sera del 3 agosto 2006 a sollevare lo scandalo dell’estate con
l’articolo firmato da Daniela Camboni e titolato
La richiesta degli sceicchi in vacanza. «Così potranno togliere il velo»
Riccione: spiaggia velata per le musulmane
Riccione, zone «chiuse» agli uomini. Il sì del Comune
Un titolo giornalistico che faceva immaginare chissà quali pressioni da parte dei facoltosi
musulmani ma che non corrispondeva a quanto riportato nell’inchiesta che si era limitata a dar
conto della disponibilità del Comune di Riccione ad autorizzare gli operatori turistici, che ne
avessero fatto richiesta, a installare spiagge riservate alle donne musulmane.
Alle stesse donne che sono diventate le migliori clienti degli operatori turistici della Riviera
Romagnola: le mogli dei finanziari arabi così descritte nell’articolo: Donne «che riescono a
spendere, in cinque minuti e senza battere ciglio, 700 mila euro per l'ultimo modello di orologio»,
raccontano le commesse delle gioiellerie di viale Ceccarini. Ma che non possono fare un bagno in
mare, restando confinate nelle piscine degli alberghi.
Clienti particolari ma profittevoli che, al contrario delle immigrate musulmane dotate di ben altro
potere d’acquisto, hanno già toccato la sensibilità degli albergatori come si legge sempre
nell’articolo del Corriere della Sera: «Ho riservato al loro uso esclusivo la nostra piscina termale
coperta. Certo, il bagno in mare è un'altra cosa», racconta Attilio Cenni del Grand Hotel Des
Bains che l'altra settimana ha ospitato il proprietario (con la sua corte di donne) della terza tv
commerciale dell'Arabia Saudita.
Dunque si trattava, in ipotesi, di una limitata azione di marketing multiculturale esclusivamente
finalizzata a servire un facoltoso target identitario ben consapevole di auto rinchiudersi in un ghetto
di lusso.
Un’azione che comunque segnalava l’esigenza di pensare strategicamente e politicamente allo
sviluppo turistico della Riviera Romagnola e al posizionamento competitivo rispetto ad altre località
balneari interessate ad attirare i turisti musulmani.
«Quando sono venuti i tedeschi, in fondo, non abbiamo imparato la lingua e abbiamo
riempito le edicole dei loro giornali? — dice l'assessore al Demanio Loretta Villa —.
Riccione è una città che vive di turismo, dobbiamo essere in grado di dare delle
risposte alle esigenze dei nostri ospiti. E qui i motivi non sono superficiali, ma di
cultura e di religione. Sulle spiagge separate abbiamo già avuto qualche domanda
indiretta: insomma, l'interesse c'è. Basterebbe che uno stabilimento balneare facesse
richiesta scritta per riservare un angolo di arenile, e noi prepareremo subito la
delibera di giunta per l'autorizzazione».
Una scelta che aveva sollevato immediate critiche da parte degli operatori turistici (alcuni di loro
non vorrebbero perdere il business ma decentrato in spiagge periferiche!), delle femministe, dei
politici di centro destra (infiltrazione islamica, proposta oscurantista, ultima spiaggia del turismo
romagnolo...).
Un’iniziativa in verità non proprio originale (da anni il Bagno Comunale La Lanterna di Trieste
propone un bagno per solo donne e bambini sino ai 12 anni di età) che pareva destinata a restare
sotto l’ombrellone e che invece è stata subito adottata da Roberto Angelucci, sindaco di Francavilla
al Mare, che ha dichiarato a Il Giornale del 29.08.06:
Viviamo in una società multirazziale ed anche Francavilla si sta adeguando alla tendenza.
Tutto questo, quindi, implica la presenza di persone con culture e religioni diverse. Ed è
proprio nel rispetto delle altre culture e religioni che ritengo opportuno prevedere nel nuovo
piano spiaggia 2007 un tratto di arenile riservato esclusivamente alle donne ed un altro agli
uomini.
Un’iniziativa che ora viene giudicata con favore anche dai parroci di Riccione (Stefania
Parmeggiani, I parroci benedicono i bagni per musulmane, Corriere Romagna-edizione di Rimini
18.9.06) tra cui Don Romano Nicolini della Mater Admirabilis che ha dichiarato alla giornalista
che lo ha intervistato:
Fermo restando che la spiaggia è un bene pubblico, e tale deve rimanere, non vedo che
problema ci sia ad attrezzare una zona per le esigenze dei turisti musulmani. Può sembrare
eccessivo, agli occhi della nostra cultura, la loro determinazione a salvare il pudore e a
coprire il corpo femminile, ma d’altra parte noi eccediamo in senso opposto. La Bibbia dice
chi semina vento raccoglie tempesta. Credo dovremmo ricordarlo ogni volta che
c’interroghiamo su determinati atti bestiali come le violenze sessuali. Invece di puntare il dito
solamente contro il branco, dovremmo interrogarci sulla morale di una società che espone e
mercifica il corpo femminile.
La vicenda della (per ora ipotizzata) spiaggia velata per le musulmane o spiaggia del burka ha
fatto scrivere a Magdi Allam su Corrieredellasera.it del 3.9.06 un articolo sulla falsa integrazione e
sulla ghettizzazione identitaria e richiede alcune riflessioni e pone alcuni quesiti sull’applicazione
del relativismo culturale nel marketing.
È etico progettare una spiaggia per sole donne (musulmane)?
Dando così risposta a esplicite e consapevoli richieste di auto-isolamento?
È un diritto civile delle donne musulmane prendere il sole (per quanto possibile) in un ghetto di
lusso senza uomini?
Quesiti che, in verità, dovremmo porci anche per tutte le altre realtà economiche a forte contenuto
identitario, religioso o spirituale come ad esempio le mense induiste vegetariane, quelle ebraiche
kasher o quelle steineriane biodinamiche.
Una polemica che ri-propone con forza i limiti, le opportunità e i rischi del marketing multiculturale
(o etnico) che individua nei clienti portatori di bisogni speciali dei diversi da servire con prodotti e
servizi ad elevata specializzazione, utilizzando personale appartenente o contiguo al target, e con
cui avviare relazioni di lungo termine attraverso testimoni, mediatori linguaggi, messaggi, media e
momenti comunicativi
idonei a confermare l’appartenenza alla cultura/target o la sincera
attenzione nei suoi confronti.
Clienti profittevoli proprio perché diversi.
E sempre più diversi perché accompagnati nel processo di progressiva auto ghettizzazione.
Mentre il marketing monoculturale pretende di offrire la stessa spiaggia ai normodotati e ai
portatori di handicap, ai giovani e agli anziani (ecc.) il marketing multiculturale, se portato alle
estreme conseguenze, porterebbe a una spiaggia per musulmani, una per gay, una per portatori di
handicap e così via (quasi) all’infinito.
Ghetti, anche quando sono di lusso.
Quantomeno in linea teorica è invece opportuno progettare i prodotti e i servizi con la dichiarata
finalità di servire al meglio tanti target differenti che possono utilizzare lo stesso prodotto o servizio
sentendosi rispettati, serviti con attenzione e messi in condizione di avviare relazioni con i clienti
appartenenti ad altre etnie, culture o religioni.
Una spiaggia interculturale dovrebbe essere in grado di servire al meglio bambini e nonni,
normodotati e portatori di handicap, eterosessuale e omosessuali, ecc.
Ma non tutte le identità possono essere completamente ricondotte a questo modello (per ora in gran
parte teorico) ed è il caso delle donne musulmane che rispettano rigorosamente i precetti coranici
ma che non intendono rinunciare al lusso, alla bellezza e alle comodità come dimostra il successo
nei paesi anglosassoni della rivista di moda Emel, il primo muslim lifestyle magazine.
Ma si può almeno tentare di avvicinarsi all’ideale interculturale pensando a una spiaggia per donne
senza barriere religiose, etniche, culturali o di orientamento sessuale.
Si potrebbero così creare forme spontanee d’interazione e scambio culturale che abitualmente non
avvengono, sia perché le donne musulmane non frequentano le spiagge italiane sia perché gli
sguardi “premurosi” dei mariti spesso e volentieri le scoraggiano dall’esplorare nuove filosofie di
vita.
L’iniziativa di Riccione (di Francavilla al Mare, ecc.) non è quindi criticabile perché tenta di
sviluppare un marketing territoriale multiculturale dando risposta a bisogni espliciti e ben definiti
nella loro diversità (business is business!) né tanto meno perché dimostra interesse verso il muslim
marketing (ricordiamo che in campo bancario la finanza islamica è stata paragonata alla finanza
etica da autorevoli ricercatori italiani non musulmani).
L’iniziativa diventerebbe, secondo noi, criticabile se si limitasse a cogliere l’opportunità di avviare
stabilimenti balneari Islam friendly riservati ai turisti stranieri e facoltosi senza pensare anche alle
esigenze delle musulmane italiane e senza tentare di avviare un progetto di marketing interculturale
in grado di estendere l’accesso delle spiagge riservate e tutte le donne.
Non ci vorrebbero molto impegno e creatività.
Basterebbe organizzare serate di divulgazione della cultura islamica attraverso i vettori
interculturali più diretti ed efficaci: cinema, letteratura, arte, danza, musica, cucina da alternare a
serate in cui la cultura italiana viene divulgata, con uguali modalità, al target islamico.
Serate da tenersi negli stessi stabilimenti balneari di giorno riservati alle donne.
Il Comune di Riccione (il Comune di Francavilla al Mare, ecc.) potrebbe così cogliere l’occasione
per abbandonare l’egualitarismo antidifferenzialista che tuttora domina incontrastata e, senza
fermarsi al marketing multiculturale o nel caso specifico il muslim marketing, avviare una strategia
di marketing territoriale interculturale..
Che non è una definizione vuota ma l’occasione per pensare a un luogo in cui servire e far divertire
tutte le persone tenendo conto delle identità, delle esigenze e delle sensibilità differenti.
Enzo Mario Napolitano e Fatima Edouhabi
Etnica_il network per l’economia interculturale
www.etnica.biz