6 Italia IL GIORNALE DI VICENZA Giovedì 30 Gennaio 2014 Illeoneruggisceancora «PeterO’Tooleèstatoilpiù grandeattoredelsecolo.Quando litigòconLaurenceOlivier, chiamaronomeperprendere ilsuopostoall’OldVic» Ilracconto diun maestro edi unacarriera a tutte stelle ILPERSONAGGIO. Questaseradebutta ilsuo nuovospettacolo ALBERTAZZI «Chegrande vita sulpalcoscenico» Anovant’anniè l’ebreoShylock a teatro. Intervista sullesue interpretazionilungo60anni: da Amleto recitatoa Londrafinoalla “Leggerezza” di Calvino Antonio Di Lorenzo ROMA Il Leone ha novant’anni. Ma Giorgio Albertazzi è ancora e sempre sul palcoscenico. Il suo fisico ne dimostra venti di meno. La mente è lucida come quella di un giovanotto. Unica concessioneall’anagrafe è il bastone cui si appoggia. La conversazione - affascinante, per la ricchezza di riferimenti e la profondità del pensiero - si svolge nel foyer del teatro Ghione, dove la compagnia sta provando Il mercante di Venezia. Il maestro accompagna i giovani con decisione e grazia. Corregge, suggerisce, magari insiste. Ma non alza la voce. Chi è stato secondo lei il più grande attore di questo secolo? Peter O’Toole. Più di Laurence Olivier? Nonc’è paragone. Anchese Olivier era mio amico. Quando li incrociò nella sua vita? Il 1964 fu dichiarato l’anno scespiriano, era il quadricentenario della nascita. Laurence Olivier dirigeva l’Old Vic, il teatro nazionale inglese. Aveva allestito un Amleto, lui regista e Peter O’Toole protagonista. Forse un po’ perché O’Toole beveva, forse perché non si presentava alle prove, tra i due scoppiò una lite pazzesca. Si presero quasi a botte. Olivier bloccò lo spettacolo. E chi andò a interpretare l’Amleto a Londra, con tutti gli Amleti che c’erano nel mondo? Albertazzi. Con la regia di Zeffirelli. Fu un Amleto che restò nella storia. E adesso ancora Shakespeare: perché? Perché è l’autore che ho frequentato di più: ho interpretato 15 lavori suoi. Quasi tutti. Quelli che non ho fatto interi li ho fatti per scene, come l’Otello per esempio. Non amo Otello, ma in un recital l’ho recitato. Macbeth lo stesso. Di Amleto sono stato protagonista in tre edizioni. PerchélaaffascinaShakespeare? Perché è un autore pieno di leggerezza, contrariamente a quanto ci hanno fatto pensare i mattatori della fine dell’Ottocento e inizio Novecento, che lo vedevano tetro, tragico, perché muoiono tutti alla fine. za non è superficialità. Come dice Valery: leggero come un uccello non come la piuma. La piumacade a terra, l’uccello vola. Lei ha portato anche la Leggerezza di Calvino in teatro. L’abbiamo concluso da poco a Stresa. Poi lo porteremo a Parigi,dov’ènato. Fu un’ideadi Scaparro, quando dirigeva Le theatre des italiens a Parigi, anche se poi non curò lui la regia. Doveva restare cinque giorni, recitammo per quindici. Ci sono, però, molti suoi inserti in scena Io sono come Duke Ellington e i suoi professori d’orchestra: quano assistetettero a un festival scespiriano nel 1955 a Ontario, in Canada, ridevano tutti come matti a ogni tragedia. Perché muoiono tutti in scena, sì, ma poi si rialzano. Il teatro esorcizza la morte. Shakespeare è più vicino a questo gioco scenico che alla tragicità intesa in senso cupo. Certo, perché se Calvino cita Dante io in scena recito il quinto canto dell’inferno; se cita Montale prendounasuapoesia; se cita D’Annunzio recito La pioggia nel pineto. Direi che è molto lucreziano, atomista. Ovunque siamo andati i teatri erano tutti esauriti, sempre. Anche in quelle città in cui di solito i teatri non sono pieni. Perché ha parlato di leggerezza? Come lo spiega: bellezza del testo o dell’interprete? E lei? Perché ha ragione Calvino: Shakesperare è la magìa rinascimentale, anche quando parla di cose tragiche. La leggerez- «Dasempre sonounattore scespiriano Hointerpretato 15ruolietradotto tuttiitesti» Anche. Però mi ha pure colpito l’intelligenza del pubblico. Lo spettacolo è tutta una citazione: se non hai ben chiari gli studi liceali o universitari perdi molto. È quando è silenzio è una specie di silenzio udibile, perchéèquello il teatro.Il silenzio non è mutismo ma trasmissione di valori che vanno al di là della lingua parlata. Ho visto signori piangere perché avevano avuto come una rivelazione. Questo dev’essere il teatro: non si va a teatro per digerire. • «La“Leggerezza”diCalvinoèun testodifficile,riccodicitazioni.Ma ovunquelorappresentiamoi teatrisonopieni,anchequelli incittàchedisolitosonovuoti» DopoRoma IlMercante diVenezia anche aThiene Il“Mercante diVenezia” di WilliamShakespeare che debuttastaseraal teatro GhionediRoma(Ghione produzioni)ha come protagonistaGiorgio Albertazzi,cheinterpreta naturalmentel’ebreoShylock. Il registaè GiancarloMarinelli, scrittore,giornalista e regista teatrale,chesi è avvalsodella consulenzastorico-letterariadi SergioPerosa. L’aiuto regista è FedericaSoranzio. Glialtri interpreti sono: Stefania Masala(Porzia), SergioBasile (Antonio), FrancescoBiscione (ildoge), FrancescoMaccarinelli (Bassanio),Ivana Lotto (Jessica),Cristina Chinaglia (Job),MarioScerbo (Lorenzo), VaninaMarini (Nerissa),Diego Maiello (Graziano)e nel ruolo delleancelle Alice Massei e SofiaVigliar.Le scenesono di PaoloDore, icostumidi Daniele Gelsi,le foto diTommaso Le Pera. ARomaresterà in cartellonesinoal 16 febbraio, poiinizierà un tourinItaliache toccherà ancheil Comunaledi Thiene,dove lo spettacolo andràin scenail 4, 5e 6marzo. L’opera, scrittada Shakesperaretra il 1598e il 1597,è una dellevariecheil Bardoambienta nelVeneto, assiemea Romeo& Giulietta,I duegentiluominidiVeronae Otello(anchese la scena si svolge a Cipro).Il “Mercante” ha avutoinnumerevoli interpretazioni,a teatroe al cinema.Il filmpiùrecente, del 2004,è diMichael Radfordcon protagonistaAlPacino nel ruolodiShylock, mentre JeremyIrons è Antonio. Alcune scenesonostate giratea Vicenzae nelcastello diThiene. GiorgioAlbertazziprotagonista de “Ilmercante di Venezia”. FOTO TOMMASO LE PERA ILRECORD. «È iltestocuisono piùlegato.Loabbiamo replicato870volteperché il pubblicolo sente sempre attuale» «Leincredibili Memorie diAdriano» Lei ha curato anche il testo di questo “Mercante”? Certo. Tradotto e adattato. Come tutti quelli che ho recitato di Shakespeare. A volte il curatore della traduzione metteva in parentesi quadra le mie “invenzioni”. E come si caratterizza il suo testo? Il “Mercante” l’ho visto diverse volte in teatro, anche a Londra. E in Italia sono stato spettatore di un’edizione meravigliosa, quella di Memo Benassi. In questo “Mercante” volevo sfuggire all’idea dell’ebreuccio che presta i soldi. Secondo me Shylock è sì un signore che fa il banchiere privato, ma è soprattutto un uomo solo. Gli è morta la moglie, questa Lea che lui invoca come un essere superiore, ed è rimasto con la figlia che lui ama di un amore un po morboso. Non nel senso dell’incesto, ma nel senso che cristallizza su di lei - come direbbe Stendhal - tante cose positive: la bellezza, l’onestà, il tenere bene la casa. Diventa un po’ la figlia compagna... ma lei diventa un altro essere da quello che lui si aspetta. E noi ce ne rendiamo conto. Per questo il personaggio di Jessica è molto interessante: ha una doppia natura. Questa è la grandezza di Shakespeare: non fa mai affermazioni definitive, non chiude mai. Neanche con la morte, che è soltanto una necessità della vita. Come la leggerezza e la pesantezza. Condizioni l’una dell’altra. Ma poi lei se ne va. Sì, lo abbandona, fugge con un cristiano, gli ruba i soldi, che perde un po’ per terra... Insom- Albertazzinelle “Memoriedi Adriano” nel 2003aTivoli C’è una novella di Borges incredibile. Un uomo beve da una fonte e diventa immortale. E in questo modo non riesce a godere più di niente, perché tutto è ripetibile. Cerca disperatamente di morire. Meravigliosa. C’è uno spettacolo, tra i mille che ha recitato, che le è rimasto maggiormente nel cuore? Le memorie di Adriano, certamente. Oltre ad Amleto e ai monologhi. Lei ha sostenuto che Adriano è uno di noi. Perché tutti i grandi personaggi teatrali sono nostri contemporanei. Che sia vero lo prova il fatto che di Adriano ho fatto 870 repliche, da Madrid ad Atene: è lo spettacolo più visto nella storia del teatro contemporaneo. Lo comprendono tutti perchè è attualissimo. Lo stesso vale per Shakespeare: c’è un saggio di Jan Kott intito- lato Shakespeare nostro con- temporaneo. Leisisentepiùregista,piùattore o più scrittore? Più scrittore. Ho scritto quindici libri, qualcuno assieme ad altri per generosità. Però quando morirò ne troverete ancora da pubblicare. Non sarà presto. Lei ha detto: “Romperò ancora per molto, la nonna è morta a 101 anni e sua mamma a 107”. Vero. Mi ricordo che da bambino vedevo questa signora, a Natale, alle feste, da una parte. Era vestita di bianco, seduta su una sedia. Chiedevo: chi è quella signora? Era la nonna, mi rispondevano. In realtà era la bisnonna. Nata, credo, attorno al 1850. •