Sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Con il Patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Direzione Generale per le biblioteche, gli istituti culturali e il diritto d’autore Comitato Nazionale per le celebrazioni del centenario della nascita di Giulio Carlo Argan 1909-2009 In collaborazione con il Dipartimento di Storia dell’Arte e Spettacolo Sapienza Università di Roma © G. Manzù, M. Marini by SIAE 2012 © Succession Picasso, by SIAE 2012 © 2012 by Comitato Nazionale per le celebrazioni del centenario della nascita di Giulio Carlo Argan © 2012 by Mondadori Electa S.p.A., Milano www.electaweb.com Sommario 97 Argan e il Museum of Modern Art in New York: un “mismatch” amichevole Marilyn Aronberg Lavin 109 Argan legge Lionello Venturi Laura Iamurri 117 Giulio Carlo Argan e l’eredità del Warburg Institute fra Europa e Stati Uniti Claudia Cieri Via Presentazioni 9 Messaggio del Presidente della Repubblica 10 Premessa e nota del curatore Argan nella cultura del suo tempo 15 “Una lunga amicizia intellettuale”. Giulio Carlo Argan e la critica d’arte nel Novecento Gillo Dorfles Intervista di Claudio Gamba 19 Prolusione per il centenario della nascita Maurizio Calvesi 29 Giulio Carlo Argan, un intellettuale europeo Antonio Pinelli 39 Il cannocchiale di Argan Andreina Griseri 42 Testimonianza su Giulio Carlo Argan e Hans Sedlmayr Christoph Luitpold Frommel 44 Testimonianza per un Maestro Augusta Monferini 47 Ricordanze Carlo Bertelli 49 Ricordi sull’attività politica e parlamentare Edoardo Vesentini 53 Argan e la tutela del paesaggio Andrea Carandini 129 Argan, una scrittura essenziale Silvana Macchioni 133 Giulio Carlo Argan e le strutture narrative della storia dell’arte Arturo Carlo Quintavalle 147 Argan, Brandi e l’estetica Massimo Carboni 156 Argan e la televisione: dibattiti, polemiche e video-lezioni di storia dell’arte Tommaso Casini 167 Presentazione del video con una selezione di interventi di Argan sulla storia dell’arte in programmi televisivi della Rai Anna Maria Cerrato 168 Riletture su Argan oggi. Giulio Carlo Argan e la storia dell’arte greca: alcune riflessioni Roberto Nicolai 177 Riletture su Argan oggi. Il sasso non piovuto dal cielo Bruno Toscano 183 Riletture su Argan oggi. Dalla “storia dell’arte” alle innumerevoli storie dell’arte Orietta Rossi Pinelli 186 Documenti inediti su Giulio Carlo Argan e il Warburg Institute a cura di Claudia Cieri Via Carteggi e novità dall’Archivio Argan 205 Presentazione della sezione “Materiali dall’archivio privato di Giulio Carlo Argan” Claudio Gamba 58 “Discendere alle cose”: Giulio Carlo Argan e i beni culturali Salvatore Settis 207 Scrittura e destino di un manuale di storia dell’arte per i licei: il carteggio di Argan con Pirro Marconi e l’editore Perrella (1936-38) Claudio Gamba 70 Argan e il museo Marisa Dalai Emiliani 223 Oltre la pura forma: la corrispondenza di Argan con Carlo Diano Katiuscia Quinci 80 Argan e il restauro come atto critico: un’idea innovativa per la creazione di un Istituto Centrale del Restauro Rosalia Varoli Piazza 234 “Quarant’anni di amicizia senza un’ombra”: le lettere di Vedova nell’archivio di Argan Nadia Marchioni 90 Argan e la contemporaneità Sandra Pinto 239 I carteggi di Giulio Carlo Argan con gli artisti: tessere sparse di un ampio mosaico da ricomporre (Manzù, il MAC, Fautrier) Paola Bonani Temi di Argan nella storia dell’arte: classico anticlassico, retorica e persuasione, l’arte moderna 249 Testimonianza su Argan e il classicismo/anticlassicismo del Cinquecento Paolo Venturoli 256 Argan’s rhetoric and the history of style (Retorica e barocco) Irving Lavin 264 Argan, il Barocco e il Centro di Studi su Roma presso l’Accademia Nazionale dei Lincei Marcello Fagiolo 276 Argan e Borromini Paolo Portoghesi 280 Giulio Carlo Argan: l’architettura nell’Europa delle capitali Giovanna Curcio 287 Argan e l’architettura del Seicento e del Settecento in Piemonte Bianca Tavassi La Greca 293 Argan e la pittura inglese dell’Illuminismo Giovanna Perini Folesani 302 Il Neoclassico di Argan Elisa Debenedetti 312 Giulio Carlo Argan: arte e tecnica Silvia Bordini 317 Oltre l’Idealismo, per una “nuova preistoria”: la congiuntura Metafisica nell’esperienza di Argan Maria Ida Catalano Seminari di storia dell’arte e di storia della critica d’arte 397 Giulio Carlo Argan, il barocco e l’Europa delle Capitali Introduzione ai lavori del Seminario di Storia dell’arte moderna Michela di Macco e Claudio Gamba 00 4 Relazione di sintesi dei lavori svolti dagli studenti del Seminario su “Argan e L’Europa delle capitali” Bruno Bevacqua, Silvia Maria Bellucci, Francesca Bove, Alessio Cellucci, Andrea Felici, Giulia Martinis, Maria Chiara Mascia, Simona Papagno, Sara Piselli, Stefania Russo, Stefania Ventra, Delia Volpe 409 Argan professore alla Sapienza attraverso i Verbali della Facoltà di Lettere e Filosofia (1959-67) Maria Chiara Mascia 418 Classico/Anticlassico nel pensiero di Giulio Carlo Argan Introduzione ai lavori del Seminario di Storia della critica d’arte Claudia Cieri Via 421 Classico/Anticlassico nel pensiero di Giulio Carlo Argan. Il Rinascimento da Brunelleschi e Bruegel Emilia De Marco 430 Classico e anticlassico nell’architettura del Manierismo Tancredi Farina 437 “Primitivi”, Neoclassico, Revival: il recupero della storia nella critica arganiana Matteo Piccioni 444 Classico/Anticlassico nell’arte moderna Valeria Canfarini 325 Le aperture di Argan ai problemi dell’Espressionismo architettonico Jolanda Nigro Covre 451 Documenti inediti dall’Archivio Storico della Sapienza a cura di Maria Chiara Mascia 331 Argan e “l’eretico precursore”: lettere inedite e scritti su Picasso (1947-1957) Caterina Zappia 342 Argan: “Studi e note”. L’arte contemporanea dal 1945 al 1955 Enzo Bilardello 352 Nota su Giulio Carlo Argan e l’Informale Claudio Zambianchi 357 Su Argan, il multiplo grafico e le ragioni di un Istituto per la grafica Luigi Ficacci 367 Giulio Carlo Argan: la militanza nel contemporaneo Simonetta Lux 387 Giulio Carlo Argan negli anni sessanta. Prospettive critiche, chiusure della storia Carla Subrizi Giulio Carlo Argan a cento anni dalla nascita: la mostra 461 Giulio Carlo Argan intellettuale e storico dell’arte a cento anni dalla nascita Mostra storico-documentaria a cura di Claudio Gamba 464 Cronologia della vita e dell’opera di Giulio Carlo Argan Claudio Gamba 529 Bibliografia essenziale e recente sull’opera di Giulio Carlo Argan a cura di Claudio Gamba 532 Attività del Comitato Nazionale per le celebrazioni del centenario della nascita di Giulio Carlo Argan 1909-2009 536 I Convegni dei Lincei e della Sapienza Argan e la televisione: dibattiti, polemiche e video-lezioni di storia dell’arte Tommaso Casini La storia dell’arte fece una comparsa sorprendentemente precoce nel panorama delle trasmissioni Rai delle sue origini. Abbiamo una data e un’ora esatta: 3 gennaio 1954 alle 19.00, giorno dell’inizio ufficiale dei programmi, fu trasmesso un documentario su Gianbattista Tiepolo, a cura dello storico dell’arte Antonio Morassi, in una rubrica intitolata Le avventure dell’arte, segnale di una promettente attenzione per la cultura artistica nella televisione italiana, che, progressivamente declinata ed emarginata, soprattutto negli ultimi vent’anni, rappresenta una testimonianza di valore storico di grande interesse su come i temi della cultura, e dell’arte in particolare, siano stati veicolati dai mezzi di comunicazione di massa nella seconda metà del Novecento1. Le apparizioni di Giulio Carlo Argan nella televisione italiana sono uno degli esempi concreti, e certamente tra quelli di più alto profilo, di queste testimonianze: un lungo percorso di immagini e parole che va dal 1958 al 1991, di cui si ebbe una prima selezione grazie al prezioso lavoro di recupero realizzato da Anna Maria Cerrato nel 20032. Otto anni fa il materiale delle Teche Rai era meno accessibile di quanto lo sia oggi e richiedeva complesse ricerche nella videoteca centrale della Rai. L’occasione del centenario di Argan ha offerto dunque la possibilità di vedere e studiare meglio questo materiale con occhi nuovi e con modalità più agevoli. Le testimonianze filmate coprono più di un trentennio della vita di Argan, costituendo un corpus documentario, in gran parte sconosciuto, di grande interesse per gli argomenti trattati. Nelle Teche Rai si contano – attualmente catalogati e digitalizzati, pertanto visibili on-line nella rete delle Teche Aperte Rai – oltre 60 interventi sulla storia dell’arte, la storia dell’architettura, l’urbanistica, la tutela dei beni culturali e il restauro, le recensioni e le presentazione di mostre e libri, sino a giungere ai numerosi altri documenti audiovisivi riguardanti la politica e la città, andati in onda durante il periodo in cui Argan fu sindaco di Roma, a cui vanno aggiunte brevi interviste di argomento vario concesse ai telegiornali. Un lavoro di catalogazione e digitalizzazione dei materiali radiofonici è in corso d’opera e promette di offrire molto altro materiale di grande interesse3. Le testimonianze audiovisive, che ammontano a molte ore di girato, restituiscono un ritratto di Argan in azione assai vivace per coloro i quali – per ragioni anagrafiche – non hanno avuto la possibilità di conoscerlo personalmente o ascoltarne le lezioni universitarie, e rappresenta nel suo complesso – in una veste mai soggiogata ai modelli televisivi odierni – una possibilità unica in grado di rivelare, in tutta la sua efficacia, la raffinata dialettica, la chiarezza, la precisione e acutezza di pensiero, accompagnate spesso da sottile ironia, nell’espressione della voce sempre sobria e decisa, a tratti solenne, del grande storico dell’arte. Affermare che la documentazione della storia della critica del Novecento non sia fatta solo di fonti scritte, risulta oggi evidente, tuttavia da ciò non sono state tratte tutte 156 le conseguenza che sarebbe lecito attendersi. Il documento audiovisivo fatica ancora a essere contemplato nelle bibliografie a fianco dei documenti che non siano libri o carte d’archivio. Eppure sono documenti che hanno tutti i crismi dell’attendibilità: ne conosciamo la data, fino al giorno e all’ora, nonché tutta la serie degli autori, e quando si tratta di interviste, il livello di corrispondenza fra le parole effettivamente pronunciate e quelle riportate è, pur facendo la tara di tagli e ricomposizioni, comunque molto superiore a quello garantito dalla carta stampata4. Le trasmissioni a cui Argan prese parte riflettono alcuni dei suoi principali interessi e furono realizzate spesso per eventi specifici: centenari, restauri, avvenimenti di cronaca legati all’arte ma anche programmi culturali ed educativi in cui ad Argan venne dato agio di fare vere e proprie brevi video-lezioni di storia dell’arte. Nel vedere questo materiale scorrono quindi davanti agli occhi dello spettatore di oggi interviste con giudizi storico-critici, seppur sintetici, che proprio per questo possono risultare particolarmente acuti, su Brunelleschi, Beato Angelico, Michelangelo, Borromini; i movimenti artistici dell’Ottocento e Novecento (Impressionismo, Bauhaus, Futurismo, Dadaismo, Surrealismo). Numerosi sono i programmi a cui Argan prese parte dedicati a singoli artisti del Novecento tra cui: Picasso, Ernst, Martini, Moore, Consagra, Mastroianni, Capogrossi, Vedova, Isgrò, talvolta montati con interviste agli stessi artisti. Parte consistente, forse preponderante, degli interventi arganiani in TV, sono poi i richiami allarmati circa le condizioni e la tutela del patrimonio artistico nazionale, afflitto da furti, degrado e messo in serio pericolo dal mercato dell’antiquariato senza scrupoli. Per entrare nel merito della documentazione filmata mi limiterò in questa occasione a scegliere dei temi e riportare in trascrizione alcuni dei passaggi di maggiore interesse delle parole di Argan, seguendo un excursus cronologico dei documenti, privilegiando gli interventi sulla tutela del patrimonio e il tema della città. Le prime apparizioni di Argan in televisione risalgono alla trasmissione Arti e Scienze - Cronache d’attualità, nel biennio 1958-59, come video-recensioni della mostra di disegni di Francesco Borromini alla Farnesina5 e di quella bolognese intitolata Maestri della pittura del Seicento emiliano in occasione della Biennale d’arte antica6. A questa 157 1. Fotogramma da video mpeg: Giulio Carlo Argan, Arti e Scienze - Cronache d’attualità, trasmesso il 19 novembre 1958, 35 mm film, Teche RAI 2. Fotogramma da video mpeg: Giulio Carlo Argan, Arti e Scienze - Cronache d’attualità, trasmesso il 7 novembre 1962, 35 mm film, Teche RAI 3. Fotogramma da video mpeg: Giulio Carlo Argan, L’Approdo, trasmesso il 25 novembre 1965, 35 mm film, Teche RAI seguirono gli interventi su Picasso, per l’anniversario dei suoi ottant’anni, nel 1961, e l’anno seguente su Emilio Vedova, in occasione di una mostra di litografie (figg. 1-2)7. Nel 1965, all’interno della trasmissione L’Approdo, storico settimanale a cura di Leone Piccioni supportato da un comitato direttivo composto da Roberto Longhi, Giuseppe Ungaretti, Carlo Bo e altre personalità della cultura italiana, è la volta di un intervento polemico, il primo di una lunga serie in difesa del patrimonio artistico nazionale (fig. 3). L’argomento è la piaga del piccolo antiquariato. La posizione lapidaria di Argan assume toni apocalittici quando egli afferma che: “il diffondersi del piccolo antiquariato in Italia è peggio di un’invasione di termiti per la conservazione del patrimonio artistico nazionale” in grado di “logorare e distruggerne progressivamente il tessuto connettivo”. Prevedendo che “l’eliminazione di questo patrimonio minore ridurrà in breve tempo il nostro paese ad essere un paese di grandi musei e grandi gallerie ma senza quei segni di un’antica civiltà che lo distinguono dagli altri”8. Se questo fu il primo campanello di allarme che venne suonato con grande energia da Argan utilizzando la televisione, qualche anno dopo, in un’inchiesta trasmessa il 3 dicembre 1969, per la regia di Pietro Berengo Gardin, intitolata Il museo e la città. L’arte contemporanea e l’Italia, il tema fu quello della funzione del Museo dell’arte moderna quale centro di aggregazione delle diverse forme culturali. Insieme alla direttrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, Palma Bucarelli, al direttore del Museo d’arte moderna Ca’ Pesaro di Venezia, Guido Perocco, e al direttore della Galleria d’Arte Moderna di Torino, Luigi Mallé, Argan – a cui spettò il compito di concludere la lunga trasmissione – fece un acuto discorso sul rapporto tra città e museo. Lo scenario fu inconsueto: i rottami di uno sfasciacarrozze della periferia romana (fig. 4): Questo tipo di macabra esposizione potrebbe chiamarsi il museo della città com’è. Di una città urbanisticamente sbagliata che invece di armonizzare, esaspera fino alla violenza le forze agenti all’interno del suo tracciato. È la città deteriorata e degenerata per la mancanza di esperienza estetica, perché l’esperienza estetica, il cui centro naturale è il museo, non concorre alla struttura della città. […] La città non è più il mezzo principale dell’educazione estetica. Tutti sappiamo che l’educazione estetica non è un’educazione sovrapposta, è un’educazione di fondo, strutturale, il cui centro è ovviamente il museo, che quindi dovrebbe 158 4. Fotogramma da video mpeg: Giulio Carlo Argan, Il museo e la città: l’arte contemporanea e l’Italia, trasmesso il 3 dicembre 1969, 35 mm film, Teche RAI essere il nucleo dell’urbanistica. Dovrebbe essere il luogo della sperimentazione della città. […] Se si vuole che la città, la città come arte, sia il luogo della costruzione della società e della civiltà, è indispensabile che questa funzione si concentri nel museo e che il museo diventi non una specie di deposito di cose, di opere, di oggetti, come questo, sia pure in un’altra chiave, ma che diventi invece la scuola della formazione umana alla costruzione del proprio ambiente.9 Pur non essendo numerosi gli scritti teorico-critici di Argan sui temi della comunicazione audiovisiva, cinematografica o televisiva, tra di essi ve ne sono alcuni, pur distanti cronologicamente gli uni dagli altri, che sono di grande interesse e importanza. Il primo risale al 1950, intitolato Lettura cinematografica dell’opera d’arte, edito in un numero monografico della rivista “Bianco e Nero” dedicato ai rapporti tra Le belle arti e il film, uscito in un momento emblematico della stagione che vide un grande dispendio di energie per la nascita di una cinematografia documentaria dedicata all’interpretazione critica dell’opera d’arte, attraverso il cinema, e che coinvolse storici dell’arte e dell’architettura tra cui Longhi, Ragghianti, Fiocco, Lavagnino, Mariani, Zevi, e storici del cinema tra cui Aristarco, Verdone, Chiarini10. Qui Argan, ben prima dell’esordio della televisione italiana, riconobbe le grandi possibilità presenti nell’utilizzo a fine didattico e interpretativo della ripresa cinematografica delle opere d’arte: è un modo di presentare l’opera d’arte, una specie di architettura di spazio e di tempo, in cui l’opera ritrova una possibilità di agire immediatamente sulla sensibilità contemporanea, una sorta di museografia ideale per quel museo interiore che costituisce l’indispensabile esperienza dell’uomo moderno.11 Degli inizi degli anni settanta è invece un testo inedito, verosimilmente utilizzato per una conferenza dal titolo Televisione e cultura visiva, da considerarsi probabilmente l’unico scritto teorico di Argan specificamente dedicato alla televisione, se si eccettua una breve e acuta recensione di un libro di Berger sul medesimo argomento alla metà degli anni settanta12. Nel testo in questione Argan rifletté, con forti argomentazioni – di tutt’altro tenore rispetto a quanto detto sul rapporto tra il cinema e le altre arti 159 visive – circa il medium televisivo, esprimendosi con grande durezza anche nei confronti di chi, in quegli anni, era ai vertici di governo della televisione pubblica in Italia. Alcuni passi particolarmente illuminanti del testo meritano di essere citati e commentati: Premesso che tutti i mezzi di comunicazione di massa esigono un apparato industriale e che per conseguenza la televisione, oltre che un pubblico servizio, è necessariamente una industria, sarebbe davvero dissennato pretendere che si mettesse al servizio dell’alta cultura. La comunicazione di massa è tutt’altra cosa dalla comunicazione alla massa e la cultura di massa non è la scienza spiegata al popolo: infine, la televisione non ha il compito di diffondere o divulgare una cultura data, ma di produrre cultura.13 Tra tutte le forme di programmi televisivi che Argan elenca, salva solo quelli d’inchiesta, linguisticamente e metodologicamente innovativi, “impegnati – egli afferma – nella problematica storica e sociale, soddisfacenti anche dal punto di vista visivo”. Il metodo della comunicazione televisiva – continua – è ancora metodo dedotto e applicativo: in pratica la televisione, dice Argan, è “ancora cinematografo da camera”, che “esclude l’esteticità della comunicazione televisiva, che si classifica ancora come sotto-teatro, sotto-cinematografo”. Durissimo Argan si pronuncia contro la presenza della pubblicità, di cui scrive: “l’impegno problematico [nella pubblicità] è minino o nullo e, dal punto di vista della comunicazione visiva, semplicemente scandalosa”, riconoscendo però che “per quanto possa essere fastidiosa, non serve soltanto a far quadrare i bilanci dell’industria televisiva, elemento ineliminabile, strutturale della comunicazione. Nel contesto di un programma di trasmissioni è una pausa necessaria, ma le pause dovrebbero essere distensive e preparatorie, non scoraggianti e disgustose”. Nello scritto vi è poi un accenno di grande interesse circa il rapporto mancato tra la televisione e gli artisti: Non si rimpiange né si domanda, beninteso, che i canali della televisione siano disponibili alla divulgazione della ricerca estetica […] non si capisce però perché gli artisti non lavorino sistematicamente per la televisione. Molti di loro, i più avanzati, hanno ormai abbandonato le tecniche tradizionali dell’arte e si valgono, per la ricerca estetica, della macchina fotografica e della cinepresa. […] La componente estetica deve agire alla radice: concorrere insomma alla fondazione di quel linguaggio o, più precisamente, di quella semantica televisiva che dovrebbe esserci e senza dubbio ci sarà un giorno, ma per il momento non è che nel pensiero e nei voti di pochi.14 Come sappiamo, nonostante siano passati quasi quarant’anni dall’epoca di queste parole, anche il barlume più flebile di una ricerca estetica nel linguaggio televisivo, che auspicava Argan, era destinata purtroppo in gran parte a naufragare. A seguito di queste impressionanti e attualissime parole sulla natura della televisione, databili, ricordo, agli inizi degli anni settanta, che mostrano il pesante giudizio di Argan, non avrebbe sorpreso un’interruzione della disponibilità a intervenire negli studi televisivi, ma non fu così. Argan, spinto probabilmente dalle molte richieste e dalla consapevolezza della popolarità del mezzo, continuò a partecipare alle trasmissioni culturali di qualità quali L’approdo, e soprattutto, tra il 1974 e il 1975, fu spesso ospite della trasmissione Settimo giorno, discutendo in studio con Enzo Siciliano di argomenti vari: 160 5. Fotogramma da video mpeg: Giulio Carlo Argan, Settimo giorno, trasmesso il 24 novembre 1974, 35 mm film, Teche RAI 6. Fotogramma da video mpeg: Giulio Carlo Argan e Giovanni Spadolini, AZ: un fatto come e perché, trasmesso il 15 febbraio 1975, 35 mm film, Teche RAI 7. Fotogramma da video mpeg: Giulio Carlo Argan, ON OFF, trasmesso il 4 maggio 1991, 35 mm film, Teche RAI Picabia, Surrealismo15, dell’Impressionismo in occasione del centenario16 e di molto altro ancora (fig. 5). Del 1975 è un lungo e bellissimo documentario-intervista su Capogrossi dal titolo La Realtà ed il segno artistico17. In quello stesso anno Argan partecipò in due occasioni alla trasmissione AZ: un fatto come e perché18 (fig. 6), a seguito dei furti della Madonna di Senigallia, della Flagellazione di Piero della Francesca e del ritratto della Muta di Raffaello, sottratti dalla Galleria Nazionale di Urbino. In studio, a commentare l’accaduto, insieme ad Argan, vennero chiamati Aldo Falivena, Salvatore Accardo, Rodolfo Siviero, Giovanni Spadolini, nelle vesti quest’ultimo di neo-Ministro dei Beni Culturali. Argan parlò, senza mezzi termini di un furto gravissimo causato dalla fragilità del sistema museale italiano: non di una mutilazione ma quasi di una decapitazione del Patrimonio culturale italiano. Opere nelle quali si compendia tutta la filosofia del Rinascimento. Il danno è incomparabile. Come se scomparissero la Divina Commedia, le Rime del Petrarca, comprese le riproduzioni.19 Nell’autunno del 1975 Argan tornò sulla questione, ampliando la riflessione, intervistato nel programma Il giardino d’Europa: Si dice che l’arte italiana costituisce il complesso più importante qualitativamente e quantitativamente dell’arte nel mondo, non è esattamente vero. Il patrimonio artistico di altri paesi, di paesi più ricchi del nostro, si è andato straordinariamente accrescendo negli ultimi cent’anni, mentre il nostro, anche per ragioni sociali ed economiche non ha avuto lo stesso sviluppo. Tuttavia c’è qualcosa che ha l’Italia e gli altri paesi non hanno, non si tratta soltanto di opere particolarmente illustri ma si tratta di una struttura del Patrimonio artistico, una struttura stratificata, per cui in Italia si possono leggere successive civiltà figurative. Da quella preistorica, naturalmente, fino a quella fioritura unica al mondo che è stata la fioritura italiana dell’arte del Rinascimento ed il periodo barocco successivo, da cui è partita, si può dire, quella che è la concezione artistica moderna che si è diffusa in tutto il mondo, in tutta l’Europa.20 Alla fine degli anni settanta Argan apparve in televisione in numerose occasioni durante il suo incarico di sindaco della capitale, oltre che per un importante documentario 161 scelta di assegnare ad Achille Bonito Oliva l’ultimo capitolo del volume L’Arte moderna (fig. 7). La risposta fu occasione per una toccante riflessione sul concetto di contemporaneità nell’arte: oggi io non mi sento più un contemporaneo dei giovani che cominciano ora la loro attività artistica, anche se il mio giudizio dovesse essere favorevole e non dico qua se lo sia o non lo sia, favorevole. Ma quand’anche fosse favorevole non lo sarebbe per dei motivi o delle giustificazioni che siano accettabili ed utili per loro. Mi sembrerebbe una prevaricazione illecita anche il parere favorevole, anche se fosse entusiastico su dei contemporanei molto più giovani di me.24 Per concludere con cupa amarezza: realizzato dalla Rai, volto a celebrare i seicento anni dalla nascita di Brunelleschi, nel 1978. Uno dei temi più sentiti in quegli anni, e su cui Argan viene spesso intervistato, è il recupero dei centri storici e del fondamentale rapporto tra il centro e la periferia. È soprattutto con un programma intitolato Vent’anni al 200021 che Argan intervenne estesamente su alcuni temi di grande rilevanza: il mercato dell’arte, l’architettura tra passato e presente, il rapporto tra la città e le arti, la storicità della città, il futuro e l’organizzazione della città a livello globale. Ne emerge un discorso denso, quasi una summa del suo pensiero, a tratti profetico, sul rischio dello sviluppo delle megalopoli, il destino già segnato dei centri storici con il progressivo spopolamento e invecchiamento della popolazione, il rischio della speculazione immobiliare a cui si sarebbe dovuto far fronte con un forte impegno di riqualificazione in centri culturali e politici. Alla domanda: vivremo meglio o peggio rispetto a oggi, tra vent’anni? Argan rispose: come storico la mia previsione non può essere che pessimista […] Vivremo peggio, anche se non è solo colpa delle città. Non credo che sia facile rimediare a cento anni di errori nella gestione della città. Noi abbiamo sulle spalle delle città costruite con puri e semplici criteri di profitto. Anche a voler essere ottimisti i guai combinati in questi ultimi cento anni continueranno a pesare per molto tempo, molto al di là del 2000 e anche se si riuscirà a correggerli, prima che se ne possano vedere i vantaggi, troppo tempo deve passare.22 Io ritengo che in una società dei consumi o dell’informazione, l’arte, che è comunicazione intersoggettiva, non abbia più possibilità di essere. Dobbiamo renderci conto che la guerra del Golfo ha chiuso il sistema dei consumi, istituito il principio del consumo assoluto e totale di vite, di beni, di memorie storiche, di tutto […]. In una società del consumo totale credo che non possano sopravvivere dei valori che sarebbero soltanto delle remore al consumo.25 L’ultima testimonianza televisiva, prima della morte di Argan, che andò in onda il 21 settembre 1991 riguarda la città di Roma. Alla domanda di un giornalista: “Prof. Argan, secondo lei è colpa della storia se Roma oggi vive nel caos?”, Argan rispose: Se oggi Roma vive nel caos dipende dalla cattiva urbanistica fatta da quando Roma è capitale dello Stato italiano. Roma è una città in cui la speculazione immobiliare è stata padrona accettata, incoraggiata, protetta e lo sfruttamento privato dei suoli ha evidentemente impedito di svilupparne la funzione di utilità pubblica. Questo è il grande male di Roma.26 Concludendo però con un barlume di speranza che andrebbe raccolto: “Roma è stata molte volte derelitta e depressa, si è sempre ripresa e quindi non voglio escludere questa possibilità per l’avvenire”27. Numerosi altri interventi si alternarono nella seconda metà degli anni ottanta: sull’attualità e le novità emerse durante i restauri della Cappella Sistina, sulle conseguenze del terremoto in Irpinia e a Napoli, sui rischi della libera vendita dei beni artistici a causa della caduta delle barriere doganali dei paesi CEE e della libera circolazione delle merci, per concludersi con la sventurata vicenda della nota beffa di Livorno e delle false teste di Modigliani23. Si giunge così agli inizi degli anni novanta e alle ultime due testimonianze di Argan in televisione che assumono il carattere di emozionanti congedi. Nella trasmissione ON OFF, del 4 maggio 1991, Duccio Trombadori intervistò Argan sul motivo della 162 163 Un testo inedito di Giulio Carlo Argan Televisione e cultura visiva dattiloscritto, cc. 5. (Archivio Giulio Carlo Argan)28 Premesso che tutti i mezzi di comunicazione di massa esigono un apparato industriale e che per conseguenza la televisione, oltre che un pubblico servizio, è necessariamente una industria, sarebbe davvero dissennato pretendere che si mettesse al servizio dell’alta cultura. La comunicazione di massa è tutt’altra cosa dalla comunicazione alla massa e la cultura di massa non è la scienza spiegata al popolo: infine, la televisione non ha il compito di diffondere o divulgare una cultura data, ma di produrre cultura. E non si scambi per devozione sincera l’ossequio servile e traditore tributato all’alta cultura; è ancora reverenza al potere, e nasconde il dispregio per l’inferiorità culturale media degli spettatori. Seguitando ad essere spaccio e non fabbrica d’immagini, la televisione potrà forse diminuire il dislivello delle conoscenze scientifiche e letterarie tra i membri delle comunità, ma non riuscirà mai ad uniformare il modo dell’esperienza o, se si vuole, del consumo culturale. Poiché l’apparato si serve di mezzi visivi, è chiaro che la comunicazione dovrebbe stimolare, sviluppare e coordinare i processi dell’esperienza visiva. Invece è proprio il messaggio visivo che, nel fatto, si dimostra fiacco, incoerente, empirico e sgrammaticato, sempre noioso e non di rado fastidioso o repellente: in ogni caso privo di stile e dunque, alla radice, di metodo. Prende a prestito, soltanto sommariamente adattandole, le procedure di comunicazione del teatro, del cinematografo, del réportage giornalistico; ed applicandole ine­ vitabilmente le deprime, dando luogo a quel pro­ cesso di degradazione culturale di cui si vede il primo stadio nelle riduzioni per il video delle grandi opere letterarie e l’ultimo ed infimo nei giochi sul tipo di “Lascia o raddoppia” e di “Rischiatutto”. Dacché la televisione, come mezzo di co­mu­ni­ cazione di massa, non è ancora uscita dall’età evolutiva, vediamo che cosa accade nel cine­ma­ tografo, che l’ha superata da un pezzo. Na­tu­ ralmente ci sono film buoni e film cattivi, nella proporzione, diciamo, di uno a cento. Tuttavia i buo­ni e i cattivi hanno in comune un linguaggio, forse soltanto una grammatica. Lo stesso codice con cui si decifra un messaggio di elevata qualità estetica serve a decifrare il messaggio esteticamente scadente. Poiché non è tanto la qualità del messaggio quanto la struttura del medium che ci aiuta a formare il nostro modo di recepire e comunicare, anche il film esteticamente povero finisce per esserci utile. Analizzando il sistema della comunicazione filmica, indipendentemente dal suo livello estetico, troviamo che consiste in un certo modo di presentare gli eventi secondo una certa scansione spazio-temporale; e che questo modo corrisponde [al modo] con cui, nella vita di ogni giorno, prendiamo notizia o facciamo esperienza degli eventi. Non si vuol fare questione d’uovo e di gallina; non interessa sapere se il cinematografo abbia determinato quel modo di esperienza o se si sia limitato a precisarlo ed 164 organizzarlo secondo una tecnica: sta di fatto che, se non collochiamo più gli eventi in uno spazio omogeneo o prospettico ed in un tempo unitario o storico, ma in uno spazio-tempo in cui l’evento è rottura del continuo, la causa non è la definizione dei concetti relativi di spazio e tempo nella filosofia di Bergson di Heidegger o nella fisica di Einstein, ma l’esperienza concreta dello spazio e del tempo frammentari che si è fatta utilizzando i mezzi tecnici della fotografia e del cinematografo. Né poi sorprende che una civiltà tecnologica abbia dello spazio e del tempo una concezione tecnologica. Fatta eccezione per taluni settori (forse soltanto per quello delle “inchieste”) il metodo della co­ municazione televisiva è ancora un metodo de­ dotto e applicativo: in pratica, la televisione è an­cora cinematografo da camera, e la stessa ri­ duzione delle scariche emotive alla misura del con­sumo individuale è ancora affidata, sem­ plicemente, alla minor grandezza dello schermo. Bisogna dunque escludere dalla ricerca della possibile esteticità della comunicazione televisiva tutto ciò, che è molto, che si classifica ancora come sotto-teatro e sotto-cinematografo, nonché ov­ viamente, gli spettacoli-quiz, in cui inten­zio­ nalmente si sfrutta la denigrazione e la pro­sti­ tuzione della cultura come elementi di immediato successo presso un pubblico ritenuto a priori ignorante. Rimangono i due estremi della gamma: le inchieste seriamente impegnate nella pro­ blematica storica, come quelle di TV 7, e al suo polo opposto, le comunicazioni senza alcun im­pegno problematico (e quindi potrebbero essere pu­ ramente visive) come la pubblicità. È signi­ficativo che le inchieste, il cui interesse è preva­lentemente nei contenuti, siano generalmente soddisfacenti anche dal punto di vista visivo; e che invece la pubblicità, dove l’impegno problematico è minimo o nullo, dal punto di vista della comunicazione visiva sia, obiettivamente, scandalosa. Dico subito che la pubblicità, per quanto possa essere fantasiosa, non serve solo a far quadrare i bilanci nell’industria televisiva: è un elemento ineliminabile, strutturale, della comunicazione. Nel contesto di un programma di trasmissioni è una pausa necessaria; ma le pause dovrebbero es­sere distensive e preparatorie, non scoraggianti e disgustose. Funzionalmente, la pubblicità te­ levisiva raccorda gli interessi quotidiani e privati degli spettatori all’informazione di raggio ben più largo che gli è stata poco prima o gli sarà tra poco fornita dal video: in una società dei consumi l’automobile, la lavatrice, l’abito fatto, il dentifricio ecc. sono altrettanti fili che assicurano la coesione di massa. È anche noto che in nessun caso la pubblicità deve costituire un impegno intellettuale, un problema: sarebbe contrario allo scopo perché la pubblicità si presenta sempre come la soluzione ovvia e immediata di un problema che magari non sappiamo neppure di avere. La notizia pubblicitaria deve essere ricevuta distrattamente, senza in­te­ resse e senza critica; la si accantona per quando servirà, in quella dubbia zona dell’inconscio da cui riemergerà ben presto come motivazione di un atto, l’acquisto e il consumo. I teorici del­ l’informazione pubblicitaria, pur studiandola dal punto di vista psicologico e sociologico in rapporto alla sua efficacia, sono giunti alla conclusione che la qualità estetica del messaggio è un elemento ancora più necessario che coadiuvante. È dunque possibile fare della pubblicità commercialmente utile senza imbrattare e degradare lo spazio urbano (anzi animandolo e qualificandolo). Analogamente è possibile fare della pubblicità televisiva senza inquinare lo spazio-tempo visivo degli spettatori, anzi predisponendoli (e non indisponendoli) alle trasmissioni “serie” a cui assisterà dopo la pausa. Lungi da noi l’idea di infilare l’arte dove non ha ragion d’essere; il fatto è che la pubblicità televisiva è sbagliata come pubblicità. È ovvio che una notizia di per sé irrilevante come quella della bontà di un sapone (notizia dubbia, poi, data la fonte inte­ ressata) ha bisogno di essere comunicata con una certa forza d’urto. A livello civile si ricorre allo choc visivo: all’immagine, al segno, alla sigla gra­ fica, al colore che stampano la notizia. La pubblicità televisiva, molto al disotto del livello civile, riposa ancora sul decrepito trucco della storiella a sorpresa: lo sketch distrae, la notizia pubblicitaria finale viene data quasi a tradimento. Ora: o non si esercita alcun controllo, e allora serve solo al profitto dell’azienda (quindi è quasi una truffa ai danni degli utenti), o un controllo si esercita, ed allora è segno che non si ha coscienza del­l’im­ portanza della pubblicità come comunicazione visiva. Né del fatto che proprio questo della pub­ blicità potrebbe essere il terreno più propizio per la sperimentazione di nuove metodologie della comunicazione televisiva. Ritornando dal caso particolare al generale, la mancanza di una metodologia di base è provata dal fatto che i tecnici della comunicazione per mezzo d’immagine, gli artisti, non vengono chia­ mati a collaborare al sistema se non occasio­ nalmente e saltuariamente, per la scenografia o la regia di qualche spettacolo d’eccezione: non, co­ munque, alla funzione principale, che rimane la formazione di una cultura di massa. Non si rim­ piange né si domanda, beninteso, che i canali della televisione siano disponibili per la divulgazione dei risultati della ricerca estetica come per quelli della ricerca scientifica; non si capisce però perché gli artisti non lavorino sistematicamente per la televisione. Molti di loro, i più avanzati, hanno ormai abbandonato le tecniche tradizionali del­ l’arte e si valgono, per la ricerca estetica, della mac­china fotografica e della cinepresa. Il loro pro­blema non consiste più nell’invenzione delle immagini, ma nella formazione di serie ritmiche di immagini prelevate “tecnologicamente” dalla realtà. Si comportano cioè come l’architetto che costruisce servendosi di elementi prefabbricati. Poiché il ritmo è struttura, il ritmo intrinseco della serie definisce il significato qui-ora, qualifica le singole unità-immagini che la compongono. La comunicazione di massa non è lo sbocco a cui l’artista si rivolge in mancanza di meglio; è l’Ap­ parato culturale in cui la ricerca estetica deve necessariamente situarsi, il quadro di riferimento in cui si giustifica. Inseriti nel sistema della visione come puri tecnici dell’immagine in serie, gli artisti non avrebbero alcun diritto o interesse di inter­ ferire nei contenuti dei messaggi, ma soltanto nei processi di comunicazione, nella costituzione serrata delle sequenze visive. La loro competenza e la loro responsabilità non dovrebbero, per ragioni di principio, andare al di là dell’intelligenza e del­ l’intelligibilità visiva della comunicazione: evitare ch’essa sia, com’è oggi, confusa, incon­clu­dente, balbettante, scorretta, alinguistica. Ma dovrebbe esplicarsi in tutto il suo arco, perché la qualità este­ tica di un messaggio è una condizione della sua perspicuità e della sua efficacia: anche quando si tratti di informazioni politiche, sportive, d’at­tua­ lità. O, a maggior ragione, di pubblicità. Ciò di cui sembrano (o forse, scelti come sono se­condo criteri più politici che tecnici) non pos­ sono rendersi conto i responsabili del “potere” te­levisivo, è che la comunicazione di massa non può avere due livelli, di cui uno estetico ed uno no. Può essere, in blocco, esteticamente giusta o sbagliata; oggi, per i nove decimi, è sbagliata. Si pone il problema estetico in termini dilettanteschi, di gusto; subito aggiungendo, a mo’ di alibi, che il gusto dei molti deve “democraticamente” prevalere sul gusto di pochi. Invece il problema non è di gusto, è di metodo; ed il discorso dei molti e dei pochi non regge più. Non si desidera né si chiede una televisione più “artistica”, lo è anche troppo: non c’è trasmissione che non sia adorna di fronzoli “artistici” da mettere in stato d’inferiorità la produzione di almanacchi e di cartoline postali. La componente estetica deve agire alla radice: concorrere insomma alla fon­ dazione di quel linguaggio o, più precisamente, di quella semantica televisiva che dovrebbe esserci e senza dubbio ci sarà un giorno, ma per il momento non è che nel pensiero e nei voti di pochi. 165 1 Le avventure dell’arte in Tv: quarant’anni di esperienze italiane, a cura di L. Bolla, F. Cardini, Rai-Nuova ERI, Roma 1994; L. Bolla, F. Cardini, V. Emiliani, La Rai i beni culturali e l’ambiente. Cinquant’anni di programmazione televisiva, Rai Eri, Roma 1999; Schermi d’autore. Intellettuali e televisione 1954-1974, a cura di A. Grasso, Rai Eri, Roma 2002. 2 A.M. Cerrato, Anticipazioni su una filmografia di Argan, in Giulio Carlo Argan: progetto e destino dell’arte, atti del convegno (Roma 2003), a cura di S. Valeri, “Storia dell’arte”, supplemento al n. 112, N.S. 12, 2005, p. 199. 3 A. Sferrazza, F. Visconti, A. Mugnai, Memoria e cultura per il 2000. Gli anni de L’Approdo, con CD-ROM, Rai Eri, Roma 2001. 4 M.V. Marini Clarelli, Franco Simongini: l’arte in diretta attraverso il documentario televisivo, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma, 19.2-19.3 2006, cura della rassegna: M. Gargiulo, CC Editore, Roma 2006, p. 5. 5 Arti e Scienze - Cronache d’attualità, trasmessi il 19 novembre 1958 e il 6 gennaio 1959, Teche Rai. 6 Arti e Scienze - Cronache d’attualità, trasmesso il 10 giugno 1959, Teche Rai. 7 Arti e Scienze - Cronache d’attualità, Omaggio a Picasso, trasmessa il 26 ottobre 1961; Litografie di Emilio Vedova, trasmessa il 7 novembre 1962, Teche Rai. 8 L’Approdo, trasmesso il 25 novembre 1965, Teche Rai. 9 P. Berengo Gardin, Il museo e la città: l’arte contemporanea e l’Italia, trasmesso il 3 dicembre 1969, Teche Rai. 10 Si vedano anche G.C. Argan, L’arte figurativa diventerà cinema?, in “Cinema nuovo”, 1969, XVIII, 200, p. 257; Id., Il Film e la critica, in “Filmcritica”, 1971, XXII, 215, pp. 226-227. 11 G.C. Argan, Lettura cinematografica dell’opera d’arte, in “Bianco e Nero”, 1950, 8-9, p. 44. 12 Ringrazio Claudio Gamba che mi ha gentilmente segnalato e fornito lo scritto inedito e Paola Argan che ne ha concessa la pubblicazione. La trascrizione integrale compare in appendice a questo contributo. La recensione di Argan è intitolata Raffaello non parla in Tv sul volume di R. Berger, La télé-fission. Alerte à la Télévision, in “L’Espresso”, XXII, 16, 18 aprile 1976, riedito in G.C. Argan, Occasioni di critica, a cura di B. Contardi, Editori Riuniti, Roma 1981, pp. 93-95 (tit. La telefissione). 13 G.C. Argan, Televisione e cultura visiva, dattiloscritto, c. 1. 14 Ibid., c. 3. 15 Settimo giorno, trasmesso il 2 giugno 1974, Teche Rai. 16 Settimo giorno, trasmesso il 24 novembre 1974, Teche Rai. 17 Si tratta del primo documentario a colori con Argan, trasmesso il 4 gennaio 1975, Teche Rai. 18 AZ: un fatto come e perché, trasmessi il 6 febbraio 1975 e il 15 febbraio 1975, Teche Rai. 19 AZ: un fatto come e perché, 15 febbraio 1975, Teche Rai. 20 Il giardino d’Europa, trasmesso il 12 ottobre 1975, Teche Rai. 21 Vent’anni al 2000, trasmesso il 6 maggio 1981, Teche Rai. 22 Ibid. 23 Speciale TG1, trasmesso il 10 settembre 1984; TG2 Dossier, La svendita, trasmesso il 23 ottobre 1990, Teche Rai. 24 ON OFF, trasmessa il 4 maggio 1991, Teche Rai. 25 Ibid. 26 TGR Ambiente Italia, Interventi per la Capitale italiana, trasmesso il 21 settembre 1991, Teche Rai. 27 Ibid. 28 La datazione del dattiloscritto può essere riferita ai primi anni settanta, perché Argan cita tra i quiz (oltre Lascia o raddoppia) anche il Rischiatutto che andò in onda dal 1970 al 1974. Presentazione del video con una selezione di interventi di Argan sulla storia dell’arte in programmi televisivi della Rai Anna Maria Cerrato Il Comitato Nazionale per le celebrazioni del centenario della nascita di Giulio Carlo Argan mi ha invitato a realizzare per il convegno un video con una selezione degli interventi televisivi di Argan, conservati nelle Teche Rai. Ho lavorato ai programmi culturali della Rai, principalmente d’arte, per tanti anni e ho una specifica conoscenza dei materiali che sono conservati nelle Teche della Rai. Tra l’altro sono stata allieva di Argan alla Scuola di Specializzazione in Storia dell’arte all’Università di Roma e ho seguito i suoi interventi televisivi con un interesse, e direi un affetto, particolari. Argan ha partecipato a molti programmi soprattutto con interviste su vari argomenti e su varie epoche, dal Rinascimento all’arte moderna. Tralasciando la grande quantità di materiali inerenti la sua attività di sindaco, si trattava di operare una selezione, in quanto una selezione è stata richiesta, relativa ai materiali d’arte, che potesse dare un’idea del vasto campo dei suoi interessi. È stata un’operazione “sofferta” dovendo rinunciare a documentare tutta la produzione televisiva, di grande rilevanza e valore storico. Ho scelto e operato il montaggio cercando una campionatura di epoche e di argomenti a prescindere dall’anno di produzione del programma. In questo modo vediamo nel video Argan giovane che si alterna a un Argan più maturo, contrariamente a un montaggio tradizionale in ordine cronologico. Video: “Argan nelle teche Rai” Realizzazione: Anna Maria Cerrato Il video contiene materiali dai seguenti programmi: 1978 - Filippo Brunelleschi fiorentino (Argan parla in esterno di Brunelleschi) 166 1974 - Settimo giorno (Argan in studio su impressionismo: 3 interventi) 1974 - Settimo giorno (Argan intervistato sul surrealismo) 1961 - Arti e scienze (Argan su opera e influenza di Picasso) 1978 - Filippo Brunelleschi Viaggio dentro la cupola (Argan parla in esterno del Duomo di Firenze) 1962 - Arti e scienze (Argan su EmilioVedova a mostra litografie) 1984 - Speciale TG1 (Argan sul colore di Michelangelo dopo il restauro della Cappella Sistina) 1965 - L’approdo (Argan su danni ad arti minori per antiquariato) 1958 - Arti e Scienze (Argan parla di Borromini) 1988 - Primissima (Argan su tutela patrimonio artistico) 167