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BARTOLO CATTAFI
NEL CENTRO DELLA MANO
EDIZIONI DELLA MERIDIANA
MILANO 1951
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DOMANI
Domani apriremo l’arancia
il mondo arancia nel verde domani,
si poserà la nuvola lontana
con le zampe guardinghe di colomba
sopra il tetto di tegole vecchie
sopra il tempo piovuto rugginoso,
serberò al tuo petto quell’odore
d’arancia viva, di verde domani.
SE VUOI ASCOLTARE
Se vuoi ascoltare la roccia incrinarsi
il riso scrosciato impallidire
i tuoi occhi fermarsi consapevoli,
guardiamo dentro alla crosta del cuore
al tempo grigio e vero che ci arena
sopra i banchi lunghissimi a percorrere
con i piedi che camminano in silenzio,
nella sabbia insensibile che copre
le carcasse spolpate delle cose,
le secche bucce di feste favolose.
BRUGHIERA
La stagione finisce in questo suono
di eriche e di vento. Vai amore,
o macchia della mente, rosa triste
desisti dal dominio.
Là in esilio riluce il vagabondo
frammento d'una stella, l’altra sorte
travolta in altri cieli.
(Danza ancora allo specchio
col piede smuovi la cipria
d’un raggio invernale, e piega il collo
piega il collo al solletico
d’un topo impaziente.)
La stagione è finita; ancora vivono
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il dente infisso nel centro della mano,
ciò che la spina lentissima ci scrisse.
Una lampada gracile, l’allodola
rientra incerta, s’addentra sull’immoto
colore di brughiera.
NEI SECOLI
Il mare avrà vette nemiche,
fermenti grifagni; sarà futura stagione
sovrano di meduse silenziose.
O ci è dato mutare
abiti ed occhi, mani con oroscopi maturi
ciecamente bruciare sotto l’astruso piede delle stelle
assieme a un suono antico sopra i monti,
ad una rauca vela di naufragio.
L’autunno arrossa le squamme della luce
pesci vischiosi astri albatri striduli
gl’idoli che girano nel freddo.
Ancora fuoco nei secoli,
negli antri, negli abeti.
DAL CUORE DELLA NAVE
Così è il sole divelto dallo zenit
corpo stanco in viaggio alla deriva
come la rosea memoria già lontana.
Puoi cogliere dal cuore della nave
alga e antracite, i fiori dell’abisso
gli occhi verdi del prato e del mare,
e qui in petto ho una macchia a sinistra
come di nafta che non lascia il golfo,
in più i simmetrici polmoni, ancora ansiosi e sudati,
quasi due gigli estivi.
Il nostro sangue nel gracile topo
come vibra impazzito, come un intimo uccello
un pensiero irreale
quando il cielo s’approssima e al battello
le campane s’inclinano nel freddo.