P167 SINDROME DI KLINEFELTER E TROMBOFILIA GENETICA 1 2 2 2 3 2 2 3 2 C. Barone , A. Cataliotti Del Grano , L. Indaco , C. Ettore , N. Cutuli , B. Barrano , C. Barone , G. Milana , S. Bianca 1 Genetica Medica Dipartimento Materno Infantile, ARNAS Garibaldi Nesima, Catania - Scuola di Specializzazione in Genetica Medica Università degli Studi Messina - Catania 2 Genetica Medica Dipartimento Materno Infantile, ARNAS Garibaldi Nesima, Catania 3 Laboratorio Genetica Molecolare AOU Policlinico-OVE, Catania Introduzione: La sindrome di Klinefelter è caratterizzata generalmente da un cariotipo 47,XXY esistono forme più rare con differenti assetti cromosomici. L’incidenza è di circa 1/1000 nati maschi. I segni clinici sono caratterizzati da un interessamento prevalente a carico della sfera sessuale con segni clinici più evidenti dopo la pubertà dati da ipoplasia testicolare, sterilità, statura elevata, ginecomastia, e raramente ritardo mentale caratterizzato prevalentemente da disturbi comportamentali e di adattamento. In letteratura sono stati riportati alcuni casi con presenza di eventi vascolari trombotici ed associate mutazioni trombofiliche genetiche. Caso clinico: Riportiamo due casi di TVP poplitea femorale in due soggetti affetti da SK con cariotipo 47,XXY. In entrambi i casi la TVP si è verificata durante terapia ormonale sostitutiva. L’esame per trombofilia genetica evidenziava nel primo probando, 35enne, una eterozigosi per la mutazione G1691A-Leiden del fattore V della coagulazione, una doppia eterozigosi per le mutazioni C677T ed A1298C del gene MTHFR ed una eterozigosi del profilo polimorfico 455G>A del gene FGB. Nel secondo paziente, 32enne, si evidenziava una eterozigosi per la mutazione G20210A del gene fattore II della coagulazione, una omozigosi per la mutazione C677T del gene MTHFR ed una eterozigosi del profilo polimorfico 455G>A del gene FGB. Conclusioni: I casi clinici da noi riportati sottolineano l'importanza di eseguire lo screening per l'esame trombofilico genetico nei pazienti con SK prima dell’inizio di terapia ormonale per la valutazione del rischio tromboembolico e per l’eventuale attuazione di terapia di profilass