Modulo 4: Descrivere ed ordinare le preferenze del

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Modulo 13: Modelli di concorrenza imperfetta
13.1. Oltre la concorrenza perfetta
Nel Modulo 9 siamo stati molto precisi nel definire la concorrenza perfetta, mentre spesso, nel
linguaggio di tutti i giorni il termine sembra usato (e abusato) in maniera molto meno
rigorosa; soprattutto in riferimento a mercati che, lista delle condizioni alla mano, non
potremmo definire tali. In molti settori dell’economia, le imprese sanno di rappresentare un
frazione del mercato talmente estesa da consentire loro di influenzare il prezzo con le proprie
decisioni. Sarebbe dunque assurdo poter pensare che queste imprese ignorino una simile
situazione, assumano che l’andamento dei prezzi fosse al di fuori delle proprie capacità di
controllo e si comportino quali concorrenti perfetti. È peraltro probabile che imprese
sufficientemente grandi da influenzare i prezzi, prestino molta attenzione alle decisioni
assunte da altre grandi imprese, di dimensioni simili, operanti nel contesto del loro stesso
settore. Si pensi ad esempio al settore automobilistico e al comparto dei cereali per la prima
colazione. Tutti questi grandi gruppi industriali imprese conducono intense campagne
pubblicitarie, la stessa “strategia” è adottata da quelle imprese (ristoranti, negozi, ecc.), che
sono soggette alla concorrenza di molti altri venditori che offrono beni e servizi simili, ma
non identici. Nessuna di queste situazioni, tecnicamente, presenta i requisiti di un mercato
perfettamente concorrenziale.
Nel corso della Lezione 3, abbiamo affrontato i principali aspetti che definiscono il
comportamento di offerta di una impresa. Abbiamo studiato, in particolare, le determinanti e
la rappresentazione analitica dei costi di produzione e ci siamo soffermati sui criteri attraverso
i quali l’impresa sceglie quanto produrre al fine di raggiungere il proprio obiettivo, ovvero la
massimizzazione del profitto. In quel frangente, primo e basilare presupposto su cui abbiamo
fondato ogni nostra considerazione, è stato il fatto che l’azienda operasse in un contesto di
concorrenza perfetta. Detto ciò, abbiamo definito le caratteristiche salienti secondo cui
possiamo affermare di essere in presenza di un mercato perfettamente concorrenziale. 1 Una
lunga lista di caratteristiche che, non può essere altrimenti, effettivamente possono apparire
molto teoriche e poco riscontrabili nella realtà. Sostanzialmente “pretendiamo” che le imprese
siano talmente piccole da non poter condizionare il prezzo di mercato con le loro decisioni di
offerta. Questo significa che, indipendentemente dalla quantità prodotta, l’impresa può
vendere l’intera produzione al prezzo di mercato, per cui non ha motivo di offrire i propri beni
a prezzi inferiori a quelli di mercato. D’altra parte, fissare per i propri beni prezzi più alti di
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Cfr. Modulo 9, pag. 2.
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quello di mercato significherebbe far crollare a zero le vendite, dato che i consumatori si
rivolgerebbero per intero alle imprese concorrenti.
Come abbiamo già accennato, se si dovesse rigorosamente riscontrare la presenza di queste
caratteristiche, ben pochi mercati sarebbero riconosciuti come perfettamente concorrenziali.
Vi sono molto prossimi alcuni “segmenti” del mercato agricolo, come ad esempio quello del
grano: operano molti produttori di un bene che è praticamente omogeneo, ciascuno dei quali
ha un controllo sul prezzo praticato pressoché nullo. Ma lungi da questa e da situazioni più o
meno simili, i mercati sono invasi da beni fortemente differenziati tra loro; sul cui prezzo i
produttori esercitano una qualche manovra. Basti pensare agli scaffali dei supermercati e ai
negozi da cui quasi quotidianamente ci serviamo. Oppure, basta rivolgere l’attenzione ad una
serie di beni tipo gli aerei, le automobili, le sigarette, l’energia per capire come nessuno di
questi beni sia in realtà venduto e acquistato all’interno di un mercato in cui i canoni della
concorrenza sembrano vacillare. Non fosse altro perché sappiamo che in ognuno dei mercati
menzionati esiste almeno una azienda le cui dimensioni sono tali, rispetto alle altre, da
consentire una certa influenza sulla determinazione del prezzo di mercato, variando la
quantità offerta. In altri termini, sono in grado, in un certo qual modo, di poter controllare il
prezzo della propria produzione. Un’impresa in grado di poter fare ciò si dice che opera in
condizione di concorrenza imperfetta.
Definizione 13.1: La concorrenza imperfetta prevale in una industria quando i singoli
venditori hanno un certo “potere di mercato”, ovvero capacità di controllo sul prezzo del
prodotto. Ciò non implica che il controllo esercitato da un’impresa sia assoluto, ma soltanto
che l’impresa può fissarlo entro certi limiti.
Il mercato della coca cola, ad esempio, o dei sistemi operativi supportati dai personal
computer sono esempi tipici di concorrenza imperfetta. Se il prezzo di mercato di una
bottiglia di coca cola è 2€, il Produttore X potrebbe comunque decidere di fissare un prezzo
pari a 2,3€ senza che questo comporti il crollo delle sue vendite (cosa che, al contrario,
abbiamo ipotizzato se l’azienda opera in regime di concorrenza perfetta). Certamente quello
che il Produttore X non può fare è fissare un prezzo della bottiglia pari a 0,1€ o 100€.
L’impresa dunque, dispone di una certa autonomia nella fissazione del prezzo, ma comunque
definita entro certi limiti. Il livello di discrezionalità nella fissazione del prezzo varia da
mercato a mercato. In alcuni, questo potere è molto limitato. Nel mercato dei personal
computer portatili, ad esempio, piccole variazioni di prezzo determinano notevoli
ripercussioni nelle vendite. Al contrario, nel caso dell’energia, variazioni del 10% o anche
superiori del prezzo dell’elettricità avrebbero effetti molto limitati sulle vendite dell’impresa.
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Figura 13.1: Curva di domanda della singola impresa
Concorrenza perfetta
Concorrenza imperfetta
p
p
p1
p2
pM
D
D
q1
q2
q
q1
q2
q
Si noti che l’esistenza della concorrenza imperfetta non preclude l’esistenza di rivalità tra
le imprese. Le imprese in concorrenza imperfetta spesso entrano in competizione per
incrementare le proprie quote di mercato, ma tale rivalità va distinta dalla concorrenza
perfetta. La rivalità si concretizza in una vasta gamma di comportamenti: dalla pubblicità, con
la quale si tenta di deviare una quota considerevole di domanda verso i propri prodotti, al
miglioramento della qualità dei prodotti stessi. La concorrenza perfetta non dice nulla sulla
rivalità, ma indica soltanto che ogni impresa nel mercato può vendere la quantità desiderata al
prezzo di mercato.
Sintetizzando il complesso di informazioni che abbiamo fin qui acquisito, possiamo dire
che una prima fondamentale differenza tra una impresa che opera in regime di concorrenza
perfetta e una in concorrenza imperfetta è la curva di domanda che fronteggiano. Infatti,
trattando della singola impresa concorrenziale, avevamo osservato per questa una curva di
domanda che, forti ora del Modulo 11, possiamo definire perfettamente elastica rispetto al
prezzo di mercato, che è considerato dato (Figura 13.1/sinistra). Allora, proponemmo due
grafici che non facciamo altro che riportare di seguito, a parti invertite. In effetti, la curva di
domanda che ora ci interessa è la tradizionale curva di domanda inclinata negativamente. Di
conseguenza, una impresa in concorrenza imperfetta che incrementa le vendite scende lungo
la curva di domanda determinando una riduzione del prezzo di mercato (Figura 13.1/destra).
Nei moduli successivi vedremo come questa circostanza risulta determinante per descrivere
cosa cambia nel comportamento delle imprese e per il sistema economico nel suo complesso.
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13.2. Tipi di concorrenza imperfetta
“Un’economia industriale moderna può essere paragonata a uno zoo che ospita specie
diverse di concorrenza imperfetta”.2 Le dinamiche che interessano l’industria dei personal
computer, animata da rapidi progressi tecnologici, è certamente diversa da quella
dell’industria delle casse da morto, senza dubbio molto meno vivace. Si può comunque
imparare molto su un’industria prestando particolare attenzione alla sua struttura di mercato,
soprattutto al numero e alle dimensioni dei venditori e alla quota di mercato controllata dai
principali venditori. Gli economisti suddividono la concorrenza imperfetta in tre diverse
tipologie di mercato.
Monopolio. Quanto può essere “imperfetta” la concorrenza? Il monopolio rappresenta il caso
estremo in cui un unico venditore ha il controllo totale di un mercato. Il monopolista è
l’unico produttore nel mercato e non ne esiste un altro in cui è scambiato un bene sostituto.
Oggi i veri monopolisti sono rari e la loro esistenza è quasi sempre legata a qualche forma di
protezione statale: una società farmaceutica che scopre un nuovo farmaco miracoloso, per
esempio, riceve un brevetto che le garantisce l’esclusiva delle vendite per un determinato
numero di anni. Altri esempi tipici di monopolio erano rappresentati dalle concessioni di
servizi locali prima che si desse avvio ai processi di liberalizzazione (nel caso italiano non
ancora completamente realizzati); come il telefono, le frequenze televisive, il gas e l’energia
elettrica.
Oligopolio. Il termine oligopolio significa “pochi venditori”. In questo contesto, per “pochi”
si intende un numero che può variare dalle 2 alle 10, alle 15 imprese.3 A prescindere da quanti
soggetti ne facciano esattamente parte, ciò che contraddistingue i mercati oligopolistici è la
capacità da parte delle imprese di influire sugli equilibri di mercato attraverso l’interazione
delle singole strategie adottate. Nell’industria di trasporti aerei, ad esempio la decisione di
un’impresa di abbassare le tariffe può scatenare una guerra dei prezzi che riduce le tariffe di
tutti i concorrenti. I mercati oligopolistici sono abbastanza numerosi, soprattutto nei settori
manifatturiero, dei trasporti aerei e delle comunicazioni. Esistono ad esempio soltanto pochi
produttori di automobili anche se l’industria automobilistica offre numerosi modelli diversi.
Lo stesso vale per il settore degli elettrodomestici. Nei negozi si vendono vari modelli di
frigoriferi e lavastoviglie, tutti forniti da un numero ristretto di produttori. Può sorprendere il
fatto che, nonostante l’esistenza di moltissimi tipi di cereali per la prima colazione,
quest’industria sia un oligopolio dominato da poche imprese. Parlare dell’oligopolio consente
di precisare che un regime di concorrenza imperfetta non implica necessariamente assenza di
2
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Samuelson e Nordhaus (1996).
Samuelson e Nordhaus (1996).
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concorrenza. In molti mercati oligopolistici la competizione è molto energica e, in effetti,
alcune delle rivalità più accese che contraddistinguono i sistemi economici si ritrovano
proprio in mercati costituiti da poche imprese in concorrenza. Un'altra fattispecie di mercato
in cui si mescolano potere di manovra sul prezzo e competizione è la successiva.
Concorrenza monopolistica. Nel caso di monopolio ed oligopolio, la violazione dei principi
della concorrenza perfetta si sostanziano fondamentalmente nel numero ristretto di soggetti
operanti all’interno del mercato. Nella terza categoria, solitamente definita concorrenza
monopolistica, la caratteristica che viene meno è l’omogeneità dei prodotti. In questo caso
infatti siamo in presenza di un mercato in cui si muovono molti venditori ma offrono prodotti
differenziati. Questa struttura di mercato assomiglia alla concorrenza perfetta, in quanto i
venditori sono numerosi e nessuno possiede una grande quota di mercato; ma si differenzia da
questa per il fatto che i prodotti venduti dalle varie imprese non sono appunto identici. Dato
che le imprese offrono prodotti leggermente differenziati, sono comunque in grado di venderli
a prezzi leggermente diversi, riservandosi quindi un certo spazio di manovra nella
determinazione del prezzo. Certamente un primario elemento su cui si basa la differenziazione
tra i prodotti è la qualità e le caratteristiche che questi posseggono. Tuttavia si pensi ad un
classico esempio di concorrenza monopolistica, ovvero il mercato della benzina al dettaglio.
Un consumatore può fare il pieno a un dato distributore, anche se il prezzo è leggermente
superiore rispetto ad altri, semplicemente perché si trova sulla strada che egli percorre per
recarsi al lavoro, ma se il prezzo aumenta ulteriormente, il consumatore preferirà servirsi ad
un distributore poco più lontano. Questo esempio mostra che, oltre alla qualità, la
differenziazione dei prodotti può basarsi anche su altri fattori, tra cui, ad esempio, il grado di
raggiungibilità che hanno rispetto al consumatore. In effetti gli individui desiderano
risparmiare sul tempo impiegato per recarsi in banca, al supermercato o dal barbiere, per cui
generalmente scelgono quelli più vicini. Per questo motivo, gran parte delle piccole imprese
al dettaglio operano in mercati di concorrenza monopolistica. Non è da escludere, come
elemento di differenziazione dei prodotti, anche il modo in cui i prodotti vengono percepiti
dai consumatori. Ad esempio, l’industria dei PC è in concorrenza monopolistica perché
ciascun produttore “sostiene” che i modelli che offre sono i più affidabili, veloci o di
dimensioni più ridotte.
13.3. Cause di imperfezione del mercato
Per quale motivo il sistema economico è caratterizzato da mercati molto vicini alla condizione
di concorrenza perfetta, mentre altri sono dominati da un numero limitato di grandi imprese?
In generale uno dei principali “vizi” che presentano i mercati a concorrenza imperfetta è la
difficoltà (in alcuni casi l’impossibilità) di consentire una agevole entrata di soggetti
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all’interno del mercato. Questo fatto è causato da due motivi fondamentali, che di seguito
sono sviluppati:
Rendimenti di scala e struttura dei costi. Le grandi industrie tendono ad essere
caratterizzate da pochi venditori in presenza di importanti economie di produzione su vasta
scala, sostenendo di conseguenza costi decrescenti. In queste condizioni le grandi imprese
possono produrre a costi inferiori e quindi applicare prezzi più bassi di quelli applicabili dalle
piccole imprese, impedendone la sopravvivenza. La tecnologia e la struttura dei costi di
un’industria contribuiscono a determinare quante imprese possono farvi parte e quali devono
essere le loro dimensioni.
Il punto chiave consiste nel verificare se sono presenti economie di scala crescenti. Se è
così, le imprese possono diminuire i loro costi medi unitari incrementando la produzione.4
Questo significa che, per quanto riguarda i costi, le imprese più grandi sono avvantaggiate
rispetto a quelle di dimensioni più modeste. Quando prevalgono queste strutture di rendimenti,
una o poche imprese incrementano il livello di output fino a produrre una parte significativa
dell’output totale del mercato, determinando quindi una situazione di concorrenza imperfetta.
È possibile che un unico monopolista domini l’industria o, più spesso, che pochi grandi
venditori controllino gran parte della produzione dell’industria; in altri casi ancora numerose
imprese possono fornire prodotti leggermente diversi. Indipendentemente dal risultato, è
inevitabile ritrovare qualche tipo di concorrenza imperfetta piuttosto che un regime di
concorrenza perfetta in cui un numero molto elevato di imprese minuscole accettano il prezzo
come un dato di fatto.
Barriere all’ingresso. Oltre alla struttura dei costi, che non consente di stare al passo di
poche grandi imprese, l’accesso ad un mercato può essere ostacolato da vere e proprie barriere
all’ingresso. Queste possono derivare da leggi o regolamentazioni che limitano il numero di
concorrenti, mentre in altri casi l’ingresso in un mercato è semplicemente troppo costoso per
un nuovo concorrente. Sebbene le differenze di costo siano le principali determinanti della
struttura di un mercato, anche le barriere all’ingresso sono fattori che ostacolano l’accesso di
nuove imprese nel mercato: quando sono elevate, è evidente che i mercati possono essere
caratterizzati da poche imprese e da un livello di concorrenza limitato. Le economie di scala
possono essere considerate come un tipo di barriera all’ingresso, ma ne esistono altre. In
alcuni casi, infatti, i mercati possono essere caratterizzati da barriere di carattere legale. I
policy maker possono talvolta limitare la concorrenza in alcuni mercati. Tra le più diffuse
restrizioni di tipo legale si ricordano:
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Cfr. Modulo 8.
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


I brevetti. Un brevetto viene riconosciuto nel momento in cui si ritiene di dover
proteggere i risultati di una opera di ingegno. Il meccanismo di protezione consiste
nel garantire, per un determinato periodo di tempo, l’utilizzo esclusivo del particolare
prodotto o processo “che è stato inventato”. Nella legislazione italiana (a meno che
rispetto al 2005 non sia cambiata la normativa…), la copertura del brevetto si estende
per 20 anni. Una eccezione può essere concessa alle case farmaceutiche, per le quali
la durata può essere prorogata coprendo anche i termini trascorsi per ottenere le
necessarie autorizzazioni da parte delle autorità sanitarie. I brevetti generalmente
hanno la finalità indiretta di stimolare l’attività di invenzione: se manca la prospettiva
di godere di una simile protezione, una impresa non sarà incentivata ad investire
risorse in ricerca e sviluppo, con tutto ciò che questo comporta al sistema produttivo
nel suo insieme ;
Le concessioni pubbliche. Come anticipato in apertura, molti servizi che ora stanno
gradualmente aprendo i battenti alle dinamiche concorrenziali, operavano
precedentemente in regime di monopolio in concessione per la fornitura di servizi in
determinate zone del paese. Si pensi ad esempio ai servizi telefonici, televisivi ed
energetici. In questi casi la singola impresa ottiene il diritto esclusivo di fornire il
servizio specifico e si impegna a limitare i profitti e a rifornire tutti i clienti;
Le restrizioni alle importazioni. Questi strumenti possono essere adottati dai
Governi per limitare la concorrenza dei prodotti esteri. Può verificarsi, ad esempio
che nel mercato nazionale di un determinato prodotto, siano sufficienti due o tre
imprese e che il mercato mondiale possa invece ospitare un gran numero di produttori.
Una politica protezionistica potrebbe quindi modificare la struttura dell’industria. Al
contrario, l’ampliamento dei mercati in seguito all’abolizione dei dazi doganali, in
una vasta zona di libero scambio, determina un rafforzamento della concorrenza, per
cui i monopoli tendono a perdere il loro potere. Uno degli esempi più evidenti di
rafforzamento della concorrenza, è fornito dalla costruzione dell’Unione Europea, la
quale, fin dalle iniziali forme di aggregazione tra Stati dalle quali si è evoluta, ha
provveduto progressivamente ad eliminare ostacoli al libero commercio tra i membri,
creando mercati più vasti per le imprese e determinando quindi condizioni di minore
concentrazione su pochi soggetti;
Oltre alle barriere imposte per legge, esistono anche barriere di carattere economico.

Elevati costi di ingresso. In alcune industrie, gli investimenti da sostenere per
l’accesso, possono essere semplicemente insostenibili. Nell’industria aeronavale, ad
esempio, gli elevati costi sostenuti per la progettazione ed il collaudo di nuovi velivoli
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
scoraggiano le imprese che potrebbero essere in grado di partecipare al mercato al
mercato. A questo proposito, si pensi che i costi complessivi associati al progetto
Airbus A380, il nuovo aereo che, pare, dovrà dominare le tratte intercontinentali, si
aggirano attorno alle decine di miliardi di euro (qualcuno dice 12);
Pubblicità e differenziazione dei prodotti. Talvolta le imprese creano barriere
all’ingresso per ostacolare i potenziali rivali tramite la pubblicità e la differenziazione
dei beni. La pubblicità fornisce ai consumatori maggiori informazioni sui prodotti e fa
in modo di creare forme di fedeltà nel consumo alle marche più note. Anche la
differenziazione dei prodotti, in quanto tale o in combinazione con vaste campagne
pubblicitarie, può costituire una barriera all’ingresso e incrementare il potere di
mercato dei produttori. In numeroso industrie, come per esempio quelle dei cereali
per la prima colazione, delle automobili e degli elettrodomestici e delle sigarette, è
normale che un ristretto numero di produttori fornisca una vasta gamma di marche,
modelli e prodotti diversi. In parte, è proprio la varietà che attira il maggior numero di
consumatori e, al tempo stesso, il gran numero di prodotti differenziati contribuisce a
scoraggiare i potenziali concorrenti.
Nelle pagine successive osserveremo come la presenza di una o più imprese che detengono
un certo potere di mercato, e la consapevolezza di ciò, determini cambiamenti determinanti
nello schema di comportamento e nei meccanismi di equilibrio in cui ci siamo imbattuti fin
qui.
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