BIT Milano, 16 febbraio 2004 Convegno BIT: “Turismo, risorsa di sviluppo e di armonia sociale” Intervento di MONS. CARLO MAZZA: “Valori e atteggiamenti etici dell’operatore del turismo” Nelle frequenti riflessioni etiche circa il fenomeno pluriforme del turismo ci si appella sovente agli operatori del settore perché promuovano, secondo una bella espressione invalsa nel linguaggio comune, un “turismo dal volto umano”. L’appello più precisamente è riferito alle modalità con cui si modella e si esibisce sul mercato l’“offerta turistica”, ai processi intenzionali che presiedono le scelte politico-amministrative inerenti alla gestione del territorio turistico, alle forme concrete con cui il turismo si attua secondo le più diverse destinazioni geografiche. Appare per altro del tutto evidente che la prospettiva di un “turismo umano” pone la questione del rapporto tra etica e turismo, tra l’essere e il dover essere dei molteplici soggetti che “producono” – ai diversi livelli decisionali, gestionali e commerciali – il fenomeno complesso e articolatissimo del turismo. In particolare, rispetto al tema che mi è stato proposto, mi domando: “Sussiste un profilo etico, valoriale, delle professioni turistiche? Le cosiddette “figure turistiche” sono sottoponibili ad un criterio di giudizio etico? La loro concreta e variegata attività risponde a criteri etici?”. Si tratta dunque, in buona sostanza, di individuare un’etica delle professioni e più ancora un quadro di valori e di virtù adeguato ad illuminare i comportamenti di soggetti tanto molteplici, agenti su postazioni differenziate non sempre ben definiti nella loro identità, in posizione intermedia nella strutturazione del fenomeno del turismo, quali sono appunto gli operatori del turismo. 1. La coscienza dei valori Non si può non fissare la nostra attenzione sul nucleo sorgivo dei valori che è rappresentato dalla coscienza. L’essere e il dover essere della persona trovano nella coscienza la loro appropriata abitazione. In ogni persona infatti si manifesta l’istanza della coscienza dove ci si rende consapevoli di ciò che è, cioè dove si attua in modo immediato e convincente “il rendersi interiormente consapevoli della verità”1. La coscienza è il luogo in cui si coglie, in modo gratuito, l’essere nella sua essenza, divenendo il referente primordiale dell’agire virtuoso. Il tragitto del procedimento interiore prende inizio dalla percezione della realtà – il soggetto agente “sente-avverte” l’oggetto in cui è immerso o di fronte al quale sta – e termina alla definizione della medesima, rispondendo alle domande “Che cos’è?” e “Cosa significa?”, componendo un giudizio sulla realtà percepita, conosciuta e valutata. Il valore nasce dal riconoscimento della verità, fatta emergere dalla realtà. La più alta percezione-conoscenza della realtà porta a considerarne il VALORE. Il valore si evidenzia da ciò che costituisce la diversità-differenza delle cose e da ciò che le destina secondo una gerarchia rispetto alla loro qualità, finalità, esclusività, universalità. Il valore si “sente” a secondo della capacità di valutazione, in un universo di significati, della realtà, e a secondo dell’essenza della realtà, del suo finalizzarsi a obiettivi superiori. Per questo i “valori” diventano essi stessi fonte e forma di conoscenza, criteri di giudizio e di comportamento, oggetto di desiderio e di possesso, volontà di dono, di trasmissione, per generare ulteriorità e ricchezza condivisa, per costruire una “storia” di umanità vera e redenta. I “valori” definiscono un uomo e una società. Afferma Romano Guardini: “Si potrebbe dire che la salvezza spirituale, la libertà, l’onore, la dignità di un’epoca o di una società dipendono in 1 Cfr. R. Guardini, Etica, ed. Morcelliana, Brescia, 2001, p. 113. 2 ultima analisi dal fatto che vi siano uomini appassionati dei valori e capaci di porre la realizzazione di essi al di sopra di tutto, ma prescindendo da se stessi in tale impegno”2. Sono i valori che producono le condizioni atte a far vibrare le corde intime dell’uomo, scongiurando la serpe dell’invidia e del risentimento, e suscitando partecipazione, stima, emulazione. I valori si nutrono di passioni, sviluppano energia, connotano il senso della vita. La ragione di questo insostituibile dinamismo “valoriale” consiste nel fatto che i valori toccano l’anima, il centro vitale dell’uomo, generano e ridestano ciò che è “bello” dentro la coscienza. Di conseguenza, al di sopra di tutto, deve dominare non l’intenzione della volontà di potere, ma l’intenzione del bene oggettivo, il valore appunto che illumina e dà senso autentico all’agire, che “arde nell’incandescenza” dello spirito e del cuore e accende la speranza della vita. La coscienza, come sintesi dello spirito, è l’ambito recondito e unico della percezione di sé, dell’intelligenza di sé di fronte a se stessi e di fronte alla realtà. La coscienza è protagonsita attiva del continuo combattimento tra libertà e subalternità, tra responsabilità e gregariato, tra il bene e il male. Se la “coscienza dei valori” è condizione previa per fondare un’etica, c’è poi bisogno di un uomo disponibile a renderla effettiva attraverso l’esercizio delle virtù. Ma le virtù sono ancora attuali? E il turismo può rappresentare il luogo delle virtù e dunque dei valori vissuti? Oggi circola grande diffidenza (o insofferenza?) verso le virtù. Si ritiene di vivere e di vincere senza il paziente e sacrificante impegno virtuoso. In ogni campo del vivere emerge la crisi dei valori in quanto dispersi nelle culture egoistiche del profitto immediato, dell’indifferentismo e del nichilismo etico. Tutto questo registra la crisi dell’uomo, sollecitato da cambiamenti tanto rapidi e disordinati da impedire una visione 2 Cfr. R. Guardini, o.c., p.116. 3 progettuale e finalistica, ma altresì rilancia l’urgenza di una rinnovata coscienza personale e sociale dei valori. Ecco perché occorre considerare le cose alla radice, al loro fondamento intenzionale e motivato dove il bene è cercato in quanto è bene, in quanto fa bene a se stessi e agli altri, visti come prossimo a sé e di sé. Il bene in sé contiene la ragione sufficiente perché sia adempiuto per il fatto che proprio nel suo compiersi si adempie l’essere della persona, la “disposizione profonda del soggetto”. Il bene adempiuto verso l’altro realizza l’essenziale relazione positiva che sostiene l’altro nel suo sforzo di perfezione. Questo atteggiamento qualifica l’azione e la rende portatrice di benessere. 2. L’etica della professione Il turismo si identifica con la sua capacità di essere offerta di umanità, di cultura, di civiltà tale che sia acquisita, accolta e vissuta. E’ un’offerta che assume un particolare rilievo per la spiccata valenza di qualità. In essa si rispecchia in sintesi il grado di cultura e quella che si chiama la “deontologia” delle professioni turistiche. Cultura ed etica rappresentano il riferimento congruo per il corretto svolgersi delle diverse funzioni e dei diversi servizi nella realtà del turismo. Questa conclamata esigenza di qualità diffusa si fonda sulla rilevanza del profilo etico degli operatori dell’impresa turistica considerata nelle sue diverse tipologie. Tale profilo induce a riflettere su tre ordini di problemi: la qualità etica dell’offerta turistica, l’etica propria degli operatori turistici, la valenza etica del servizio reso nel turismo. 1. Riguardo all’ etica dell’offerta turistica. Non v’è dubbio che trovi la sua vistosa espressione nella corrispondenza veritiera di quanto si immette nei circuiti commerciali del mercato turistico, nelle modalità di pubblicizzazione dei “prodotti turistici”, nella coerenza intrinseca tra domanda e offerta, nell’adeguatezza del rapporto qualità e prezzi, secondo le regole di un’economia che rispetti i principi di giustizia e di equità. 4 La valenza etica dell’offerta turistica e dunque della sua intrinseca qualità riguarda il plesso del cosiddetto “pacchetto turistico”, nel senso che sia conforme ai requisiti oggettivi delle mete offerte e corrisponda alle legittime attese del cliente. Tra gli elementi dell’etica dell’offerta sono da annoverare lo stile e il metodo di riferimento al rispetto della natura, delle culture locali, dell’ambiente di destinazione, in quanto indicatori di valore che si integrano nell’offerta generale. 2. Riguardo all’etica dell’operatore nel turismo. L’oggettività del suo lavoro, la sua capacità relazionale, l’efficiente e puntuale approntamento di servizi, richiedono che siano commisurati alla dignità della persona e alle sue competenze professionali. La figura dell’operatore non solo incide sulle modalità di presentare l’immagine turistica, ma determina il vissuto complessivo dell’esperienza turistica. Perciò tende ad assumere una funzione dominante di interprete del turismo, di profondo conoscitore dei meccanismi di persuasione, di acuto osservatore dei bisogni vitali delle persone. Di conseguenza l’operatore non è un semplice produttore ma si costituisce come referente imprescindibile e autorevole di proposte turistiche che premia e valorizza lo stesso operatore e determina le scelte esistenziali dei turisti. Questo profilo si raggiunge attraverso una oggettiva competenza, una provata conoscenza, un’esperta abilità e una vigilata attenzione ai limiti invalicabili della giustizia, dell’onestà e dei valori connessi alla bellezza del creato e dell’opera umana. 3. Riguardo all’ etica del servizio nel turismo. Non si può non annotare la sua importanza nell’ordinato e giusto compiersi delle attività turistiche da parte degli operatori. In particolare l’attenzione etica si manifesta nel rispetto delle normative di lavoro, nella salvaguardia dei diritti e dei doveri degli operatori, nelle forme concrete di relazione, di accoglienza e di affidabilità delle prestazioni. In tal senso la valenza etica non si riduce alla diligente e corretta funzionalità delle “strutture” e dei servizi, ma tocca la qualità 5 intrinseca delle relazioni d’impresa tra le persone, le tipologie umane coinvolte nel servizio prestato, il rapporto tra gli addetti al turismo e i turisti. 3. I valori spirituali nel turismo La identificazione di un’etica delle professioni non può bastare in se stessa, ma ha bisogno di un necessario rimando a ciò che è la sorgente dell’etica stessa, che è lo “spirito dell’uomo”. La persona umana non si realizza totalmente nel lavoro o nell’attività che produce tecnologie o nella trasformazione della materia o nella manualità dei servizi. Ogni persona custodisce e coltiva in sé la dimensione spirituale, parte integrante e distintiva della stessa persona umana. Si suppone dunque come necessitante un’adeguata coerenza tra attività lavorativa e impegno spirituale personale, tra professione e scelte di vita più profonde. Nel turismo si esplicano diverse attività professionali che qualificano il loro diretto impatto con le persone concrete, con i “turisti”, provenienti da culture e da situazioni personali e sociali molto differenziate. Questa specificità prevede una particolare attitudine relazionale, a volte tanto esigente da essere prova virtuosa, e chiede di essere animata da un valore superiore e trascendente. Tale referenza cambia il modo di servire il turista, aggiungendo un plus-valore al lavoro professionale, e configura il servizio nella linea espressiva di una tensione spirituale, rendendo trasparente il rapporto con il turista non solo in vista di una maggiore qualità del servizio ma di un’attenzione all’essere profondo della persona, sempre sorprendente mistero. In tal modo servire l’ospite non corrisponde solo ad una obbligazione pattuita da un contratto ma si rivela essere manifestazione di un animo educato da sani principi umanistici e sorretto da convincimenti non convenzionali e non dettati dalla semplice “buona civiltà”. L’opera che viene espletata si arricchisce di 6 valore aggiunto comunicando un messaggio di vita che allieta la persona ospite e si deposita nel suo spirito. Da qui discende l’urgenza di trasformare la semplice prestazione d’opera in “diaconia”, secondo uno spirito di gratuità e di benevolenza, secondo uno stile di paziente sopportazione, di generosa apertura alle necessità degli ospiti, di cordiale accompagnamento di chi si sente “forestiero”. E’ evidente che questa caratura virtuosa non è prevista dalla normativa professionale. Il Santo Padre ha voluto consegnare agli operatori turistici un compito preciso: «Anche voi, nel compiere il vostro prezioso servizio in favore di tanti ospiti, fatelo con spirito di cristiana dedizione e con gentile prontezza, sapendo vedere in quanti si rivolgono a voi, per qualsiasi necessità, dei fratelli, e non dimenticando mai, al di sopra di ogni considerazione economica, i più bisognosi e i più deboli, con i quali il Signore Gesù ha voluto identificarsi (cfr. Mt 25,40)»3. La valenza etica del comportamento appartiene alla persona. Si riferisce all’essere del soggetto che nell’attività esterna esprime esattamente la soggettività interna. Vi è effettivamente un’etica che inerisce originariamente alla soggettività, della quale si è direttamente titolari e responsabili. E vi è un’etica “pubblica” che evidenzia come l’etica personale debba esercitarsi coerentemente negli ambiti del lavoro e della convivenza sociale. In tal modo l’etica della vita pubblica si rivela come risultato di una profonda e coerente unità della persona che vince la tentazione dualistica, quella di separare nel giudizio etico il privato dal pubblico. 4. Agire secondo coscienza Il vero problema per una complessiva valutazione del profilo etico della figura dell’operatore turistico consiste nel suo “agire secondo coscienza”, come è stato detto. Questa istanza primaria e previa richiede di essere formata, istruita, illuminata. Essa è la sede 3 GIOVANNI PAOLO II, Discorso ad un gruppo di ‘maìtres’ italiani, 12 novembre 1981. 7 della decisione, dalla quale prende consistenza la qualità delle forme dell’agire virtuoso e del vivere buono. Significa allora che per “formare” una coscienza “istruita” sarà necessario partire dalla sorgente della verità dell’uomo, dal riflesso della parola di rivelazione e dall’insorgere delle attese di bene diffuse nella comunità degli uomini. Di qui nascono almeno tre semplici raccomandazioni morali: * “Agisci sempre secondo un’intenzione razionale”. Ciò che muove l’azione, il suo contenuto immediato e finale, non può che essere un bene di ragione, effettivo, concreto, visibile e consapevole. E’ un’intenzione riflessa, ponderata, valoriale, che tiene conto della complessità della realtà in cui si opera e sulla quale si investe intelligenza e prudenza. * “Agisci sempre secondo il bene dell’altro ”. L’altro non è da spellare, da dominare nell’inganno, ma da soddisfare e da servire. La lezione viene dal patto di una dignitosa e rispettosa convivenza, segnata dal principio: “Tutto quello che vorresti fosse fatto a te, fallo anche tu agli altri”, e dalle “opere di misericordia”. Oggettivamente la lezione insegna a “prendersi cura” del prossimo e a creare le condizioni per un vero benessere. * “Agisci sempre secondo giustizia ed equità”. E’ l’imperativo che più pone interrogativi dal momento che non si è così ben disposti a rispettare le regole, le pattuizioni, le esigenze di perequazione, come fossero atteggiamenti nativi. Occorre strutturare in noi una “mentalità” di giustizia per essere giusti, una trasparenza dello spirito per essere equi, una capacità di valutazione che tenga conto della tavola dei diritti e dei doveri. Il discorso morale non è dunque un discorso sulla “morale delle opere”; non è un discorso sulla morale dei “buoni sentimenti”. Le “forme dell’agire” non si riferiscono alle “opere buone” né ai “sentimenti buoni”, ma alla loro radice che consiste nella assoluta dignità dell’essere-uomo e alla loro “conformazione” all’essere dell’uomo nella socialità delle persone. 8 Perciò i valori e le virtù non sono atteggiamenti immaginari o “virtuali”, ma attività attinenti l’essere stesso della persona. Il rischio è di “immaginarsi” (o “credersi”) buoni, piuttosto che esserlo o diventarlo4. La coscienza vigila perché sussista la reciprocità “tra la buona qualità delle opere e la buona qualità del soggetto”. Anche qui l’insegnamento del Signore è illuminante quando ricorda che “un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni” (Mt 7,18), o quando suggerisce: “Se prendete un albero buono, anche il suo frutto sarà buono; se prendete un albero cattivo, anche il suo frutto sarà cattivo: dal frutto infatti si conosce l’albero …” (Mt 12,33-37). 5. Conclusione Il “volto umano” del turismo richiede non certamente una procedura di cosmesi facciale, ma un costante investimento etico e spirituale. E’ necessaria una cultura propria del turismo che sia sintesi di economia, di scienze umane, di etica e di antropologia. In tal modo l’operatore assume un ruolo centrale nella strutturazione del movimento turistico e gli conferisce una identità ricca di valori. Il processo dell’acquisto dei valori e degli atteggiamenti etici conseguenti domanda tempi lunghi, una diuturna determinazione della volontà e una forte tensione morale. Non cessa mai di interpellarci e di inquietarci. Ciò vale per tutti e dunque anche per gli operatori del turismo. Per questo, a forte incoraggiamento, facciamo nostra l’esortazione di san Paolo: “Tutto ciò che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri” (Fil 4,9). Mons. Carlo Mazza Direttore Ufficio Nazionale CEI per la Pastorale del tempo libero, turismo e sport 4 Cfr. G. Angelini, Le virtù e la fede, ed. Glossa, Milano, 1994, p. 16. 9