Corte di cassazione, Sez. Unite, sentenza n. 9140 del 2016 (dep. 6 maggio 2016) CONDIZIONI GENERALI DI CONTRATTO – CONTRATTO DI ASSICURAZIONE – CLAUSOLE c.d. CLAIMS MADE Nel contratto di assicurazione della responsabilità civile la clausola che subordina l'operatività della copertura assicurativa alla circostanza che tanto il fatto illecito quanto la richiesta risarcitoria intervengano entro il periodo di efficacia del contratto o, comunque entro determinati periodi di tempo, preventivamente individuati (clausola claims made c.d. mista o impura), non è vessatoria ai sensi dell’art. 1341 c.c.. Tuttavia non é precluso al giudice di vagliare in concreto la meritevolezza della clausola anzidetta all’interno dell’assetto negoziale e la possibilità di dichiararne per tale ragione la nullità. Inoltre, laddove tale clausola sia inserita in un contratto dei consumatori, in base della disciplina del d.lgs. 206 del 2005, questa potrà essere dichiarata nulla ove determini a carico della parte debole un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto. Caratteristica del contratto di assicurazione con clausola claims made (“a richiesta fatta”) è che la copertura assicurativa è condizionata alla circostanza che il sinistro venga denunciato nel periodo di vigenza della polizza (o anche in un delimitato arco temporale successivo, ove sia pattuita la c.d. sunset close) e opera in relazione a tutte le condotte, generatrici di domande risarcitorie, insorte nel periodo di durata del contratto (c.d. loss occurence o “insorgenza del danno”). Il vantaggio della claims made, che circoscrive l'operatività della assicurazione ai soli sinistri per i quali nella vigenza del contratto il danneggiato richieda all'assicurato il risarcimento del danno subito e quest'ultimo ne dia comunicazione alla propria compagnia perché provveda a tenerlo indenne, é quello di consentire alla società assicuratrice di conoscere con precisione sino a quando sarà tenuta a manlevare il garantito e ad appostare in bilancio le somme necessarie per far fronte alle relative obbligazioni. Nella prassi sono frequenti due tipi di clausole claims made: le clausole claims made c.d. miste o impure, che prevedono l'operatività della copertura assicurativa quando il fatto illecito e la richiesta risarcitoria avvengono nel periodo di efficacia del contratto e che talvolta sono accompagnate dalla retrodatazione della garanzia alle condotte poste in essere anteriormente (come nel caso sottoposto al vaglio delle Sezioni Unite), e le clausole claims made c.d. pure, destinate alla manleva di tutte le richieste risarcitorie inoltrate dal danneggiato all'assicurato nel periodo di efficacia della polizza a prescindere dalla data di commissione del fatto illecito. La Cassazione analizza la validità delle clausole anzidette sotto varie angolazioni. In primo luogo, si esclude che l'art. 2865 c.c., norma imperativa sulle decadenze fissate convenzionalmente, possa applicarsi rispetto alla previsione che limita l'operatività della garanzia in dipendenza dell'iniziativa del danneggiato, terzo estraneo al contratto, in quanto la pretesa risarcitoria del terzo non incide sulla sorte di un già insorto diritto all'indennizzo quanto piuttosto sulla nascita del diritto stesso. Le SSUU, inoltre, sulla scia dell'indirizzo già espresso da precedenti sentenze (nn. 7273 del 2013 e 3622 del 2014) affermano che le clausole claims made, pur comportando talvolta l'assicurazione del rischio pregresso non entrano in contrasto con l'art. 1895 c.c. per mancanza dell'alea richiesta per il contratto di assicurazione. Infatti, non viene meno l'alea se entrambe le parti al momento della stipula non erano a conoscenza dei fatti fonte di responsabilità (salvo poi poter invocare la responsabilità del contraente per le dichiarazioni inesatte e reticenti ex art. 1892 e 1893 c.c.). Si evidenzia che il rischio dell'aggressione del patrimonio dell'assicurato per un sinistro verificatosi nel periodo contemplato dalla polizza si concretizza progressivamente perché non si esaurisce con la condotta materiale, ma occorre anche la manifestazione del danneggiato di esercitare il diritto al risarcimento, ragion per cui, la garanzia pregressa é lecita perché afferisce alla sola condotta colposa già posta in essere e peraltro ignorata, restando impregiudicata l'alea dell'avveramento progressivo degli altri elementi. La Suprema Corte, poi, esclude la paventata contrarietà di tali tipi di clausole con la struttura propria dell'assicurazione e in particolare con l'art. 1917, che pure si conforma al modello di loss occurence (in base al quale sono coperti tutti e solo i sinistri intervenuti nel periodo di vigenza della polizza). La Cassazione non accoglie la tesi secondo cui la clausola con rischio putativo è nulla in quanto la sua apposizione vanificherebbe la causa del contratto di assicurazione (individuata nel trasferimento del rischio, derivante dall'esercizio dell'attività, dall'agente all'assicuratore), poiché lo stesso art. 1917, comma primo, c.c. non è menzionato tra le norme inderogabili ex art. 1932 c.c., di conseguenza le parti possono modulare questi aspetti del contratto tipo di assicurazione come meglio credono. La Cassazione, infine, ritiene non applicabile a tale tipo di clausole l’art. 1341 c.c., il cui secondo comma dispone l’inefficacia delle clausole limitative della responsabilità non specificamente sottoscritte dalla controparte. Secondo la Corte, infatti, le clausole in esame non sono limitative della responsabilità bensì delimitative dell'oggetto del contratto (per gli effetti dell'art. 1341 c.c.) dato che sono volte in definitiva a stabilire quali siano, rispetto all'archetipo fissato dall'art. 1917 c.c., i sinistri indennizzabili. Una volta ritenuta inoperante la tutela, peraltro formale, assicurata dall'art. 1341 c.c., il giudice può ugualmente estendere il sindacato di meritevolezza al singolo patto atipico inserito nel contratto tipico. La Corte precisa che, sotto questo punto di vista, non può darsi una risposta definitiva e univoca circa la validità di una clausola che esclude la copertura assicurativa di un sinistro realizzato nel pieno vigore del contratto la cui domanda risarcitoria era stata proposta per la prima volta dopo la scadenza della polizza, ma occorrerà valutare sempre caso per caso il concreto assetto negoziale adottato dalle parti. In precedenti sentenze, la Corte aveva affermato che a causa di tali clausole mancherebbe il rapporto di corrispettività fra il pagamento del premio e il diritto all'indennizzo, tuttavia, nell’attuale pronuncia, rileva più opportunamente che il sinallagma contrattuale dei contratti di assicurazione con clausole c.d. impure, che estendono la garanzia al rischio pregresso, che nell'ultimo periodo di vita del rapporto é destinato a funzionare in maniera assai ridotta quanto alla copertura delle condotte realizzate nel relativo arco temporale, continuerà ad operare con riferimento alle richieste risarcitorie per comportamenti dell’assicurato antecedenti alla stipula. Fatte tali considerazioni la paventata mancanza di corrispettività tra pagamento del premio e diritto all'indennizzo non può dirsi così scontata.