La costruzione del database demografico

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COMUNE DI SEUI
Provincia d'Ogliastra
DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA COMUNALE
Numero 52 del 28-08-14
COPIA
Oggetto: Approvazione progetto "Sa.no Genìa – Interazione tra Genealogia,
Clinica, epidemiologia e Ricerca" e richiesta finanziamento
Assessorato Regionale dell'Igiene e Sanità e dell'Assistenza Sociale
- Fondi POR FSE 2014-2020. -
L'anno duemilaquattordici il giorno ventotto del mese di agosto, in Seui, Solita sala
delle Adunanze, alle ore 08:00, si è riunita la Giunta Comunale nelle persone dei
Signori:
CANNAS MARCELLO
LAI MANUELA
GAVIANO RAIMONDO
PUDDU MARCELLA
Totale presenti n. 3
SINDACO
VICESINDACO
ASSESSORE
ASSESSORE
P
P
P
A
Totale assenti n. 1
Assiste alla seduta il SEGRETARIO COMUNALE MURGIA MARIA CHIARA.
Assume la presidenza CANNAS MARCELLO in qualità di SINDACO.
LA GIUNTA MUNICIPALE
VISTO il progetto presentato dal Sig. Pino Ledda concernente la
ricostruzione genealogica della popolazione e l’analisi della componente genetica
delle patologie più diffuse sul territorio;
CONSIDERATO che trattasi di un progetto mutidisciplinare “identitario –
scientifico – culturale”, che si basa sullo studio capillare della comunità della
Barbagia di Seulo (Seui,Ussassai, Sadali, Esterzili e Seulo), della quale si intende
ricostruire l’intera vicenda storica attraverso il percorso demograficogenealogico – documentario di ciascuna famiglia;
VERIFICATA la volontà degli Amministratori dei Comuni di Ussassai,
Sadali, Esterzili e Seulo di aderire al progetto suddetto (ns. prot. n. 3272/2014,
3401/2014, 3676/2014, 3875/2014);
CONSIDERATO che il Comune di Seui fungerà da Comune capofila;
VISTO il D. lgs. N.267/2000;
RITENUTO opportuno provvedere in merito;
UNANIME DELIBERA
Di approvare il progetto “Sa.no Genìa – Interazione tra Genealogia, Clinica,
epidemiologia e Ricerca”;
Di richiedere in qualità di Comune capofila il finanziamento del progetto
all’Assessorato Regionale dell'Igiene e Sanità e dell'Assistenza Sociale - Fondi
POR FSE 2014-2020. Di dare atto che l’aggregazione dei comuni suddetti verrà costituita con atto
formale;
Di impegnarsi a fornire ulteriore documentazione concernente la proposta
progettuale presentata;
Di dichiarare la presente deliberazione immediatamente esecutiva.
#######
Istruttore Amm.vo Culturale
Dr.ssa Cannas Valeria
Responsabile dell’Area AA.GG
Dr. Cannas Marcello
Il presente verbale viene letto, approvato e sottoscritto.
IL SINDACO
IL SEGRETARIO COMUNALE
F.to CANNAS MARCELLO
F.to MURGIA MARIA CHIARA
L'ASSESSORE ANZIANO
F.to LAI MANUELA
CERTIFICATO DI PUBBLICAZIONE
Della presente deliberazione viene iniziata in data 28/08/2014 la pubblicazione all'Albo
Pretorio, per quindici giorni consecutivi.
Reg. Aff. n. 306
IL ISTRUTTORE AMMINISTRATIVO
F.TO LAI MARIA CARMINE
Copia conforme all'originale per uso amministrativo.
L' ISTRUTTORE AMMINISTRATIVO
LAI MARIA CARMINE
PARERE ex art. 49 del D. gs 18.08.2000 n.267, in ordine alla
Regolarità tecnica: FAVOREVOLE
Data 22/08/2014
IL RESPONSABILE
F.TO CANNAS MARCELLO
PARERE ex art. 49 del D. gs 18.08.2000 n.267, in ordine alla
Regolarità contabile: FAVOREVOLE
Data 27/08/2014
IL RESPONSABILE SERVIZIO FINANZIARIO
F.TO PODDA TIZIANA
Deliberazione della Giunta n. 52 del 28/08/2014
PROGETTO Sa.no Genìa
(Sa nostra Genìa)
Interazione tra Genealogia, Clinica,
Epidemiologia e Ricerca
“L’albero genealogico è uno straordinario affresco,
un’esplosione di colori che illumina il cammino e la storia
di ciascuna famiglia, senza distinzioni di razza, di ceto e di
censo. L’albero genealogico è un fantastico libro aperto!
Un libro prezioso, dove tutti i protagonisti si riprendono la
scena sul palcoscenico della loro esistenza tanto che, se
abbiamo la fortuna di saper ascoltare, sfogliandone le
ingiallite pagine, ci può capitare di sentirne quasi……la
voce ed il respiro!”
(Pino Ledda)
Il progetto Sa.no Genìa
L’esperienza maturata in questi anni non ha fatto altro che rafforzare in noi la convinzione
che la Sardegna, grazie alle sue peculiari ed arcaiche caratteristiche geo-morfologiche, storicodemografiche, socio-culturali e linguistiche sia strutturalmente tra le località più adatte al mondo
per gli studi genetici (ma non solo), come dimostrano, soprattutto negli ultimi anni, le importanti
iniziative intraprese sul territorio da parte di diversi gruppi di ricerca. La maggior parte di questi
hanno scelto di incentrare la propria attività limitatamente ad alcune zone geografiche della
Sardegna aprioristicamente ritenute più adatte per lo studio che si voleva intraprendere. E’
importante sottolineare, che tutti gli studi fin’ora condotti sul territorio hanno dimostrato che la
Sardegna tutta, grazie alle sue peculiarità, rappresenti di fatto nel suo complesso, un unico grande
isolato genetico estremamente omogeneo. Un dato che è direttamente confermato dall’analisi della
struttura genetica della popolazione e indirettamente dalla complessa situazione epidemiologica
dell’Isola che testimonia che gli elevati tassi d’incidenza che oggi si registrano per le varie
patologie, in particolare per quelle definite genetiche-multifattoriali, risultano equamente distribuiti
sull’intero territorio della Sardegna.
E’ proprio l’osservazione attenta di questa particolare distribuzione del complicato quadro
epidemiologico regionale, caratterizzato dalla massiccia presenza di patologie (molte delle quali,
ancora ad eziologia sconosciuta) determinate dall’interazione di fattori genetici predisponenti e
fattori ambientali, che ci ha indotto a ritenere che sia ormai indispensabile realizzare uno studio che
coinvolga l’intera popolazione di aree ben definite (isolato genetico modello) della Sardegna. Un
“progetto pilota” che abbiamo chiamato Sa.no Genìa (Sa nostra Genìa: ossia la nostra stirpe, le
nostre radici) che, partendo proprio dall’osservazione dell’attuale complesso quadro epidemiologico
della Sardegna, intende basarsi sullo studio capillare e multidisciplinare dell’intera struttura
demografica della popolazione (residente e non) di cinque comunità: Esterzili, Sadali, Seulo, Seui
e Ussassai. Cinque piccole comunità per un totale di circa 5000 residenti che nel loro insieme
costituiscono quella regione geografica, situata nel cuore della Sardegna, che prende il nome di
Barbagia di Seulo. Il presente progetto, nasce sulla base della volontà dell’ASSESSORATO
REGIONALE ALLA SANITA’ di voler destinare una parte dei FONDI POR FSE 2014-2020 per
uno studio genealogico delle popolazioni da affiancare alla ricerca. Un progetto scientifico proposto
attraverso la 4° ATTIVITA’: RICOSTRUZIONE GENEALOGICA DELLA POPOLAZIONE
PER L’ANALISI DELLA COMPONENTE GENETICA DELLE PATOLOGIE PIU’
DIFFUSE SUL TERRITORIO. Un progetto che a nostro avviso non potrà essere, naturalmente,
esteso a tutte le 377 comunità della Sardegna sia per i costi complessivi che tale lavoro
comporterebbe e, soprattutto, perché non tutte le comunità dell’Isola presentano le caratteristiche
genetiche adatte per tale studio.
E’ proprio sulla base di queste considerazioni che si è deciso di proporre all’Assessorato
Regionale competente, la messa a punto di un progetto pilota da realizzarsi nelle cinque comunità
che compongono la Barbagia di Seulo che per le loro caratteristiche storico-demografiche (secolare
isolamento geografico, alto indice di endogamia e consanguineità), sono senza dubbio tra le più
adatte al mondo per questo tipo di studi. Un progetto ambizioso che vuole mettere in evidenza,
attraverso la ricostruzione genealogica, tutti i vincoli familiari esistenti tra gli individui al fine di
facilitare l’individuazione della componente genetica delle patologie e la distribuzione delle stesse
nell’ambito familiare. Grazie alla capillare ricostruzione genealogica della popolazione, inoltre, sarà
possibile seguire gli spostamenti degli individui nel tempo e nello spazio. Una funzione, a nostro
avviso, fondamentale perché consentirà di mettere in stretta relazione il territorio con le diverse
patologie presenti facilitando, di fatto, l’individuazione dei fattori ambientali che intervengono
nell’eziopatogenesi delle stesse.
Noi siamo convinti che quanto abbiamo cercato di sintetizzare poc’anzi, possa davvero
concretizzarsi grazie al nostro progetto che punta alla realizzazione di un’unica grande struttura
informatica di base capace di contenere e gestire l’intera popolazione (attuale e passata), unita
attraverso le varie generazioni dalla capillare ricostruzione demografico-genealogica, fino a
giungere alla creazione di quello che possiamo definire: Albero Genealogico della Barbagia di
Seulo. Un lavoro abbastanza impegnativo e complesso che può rappresentare, senza dubbio, un
fondamentale ausilio per la comprensione del difficilissimo contesto epidemiologico che si osserva
oggi in Sardegna, oltreché uno strumento indispensabile per la ricerca e per la medicina, soprattutto
nell’ambito dell’attività di prevenzione.
La genealogia
Ma che cos’è la genealogia? Per definirla con le parole di uno dei massimi studiosi italiani, è
la disciplina che tratta storicamente dei vincoli familiari. La genealogia è una disciplina
antichissima (si pensi solo per es. alle discendenze citate nella Bibbia o alla stessa genealogia di
Gesù), che indaga e tende a stabilire la derivazione, la discendenza, la ramificazione e l’estinzione
delle famiglie e delle stirpi. Anche la genealogia naturalmente, al pari di altre discipline, può
presentare delle limitazioni in quanto utilizza dei dati che sono spesso lacunosi, il termine tratta,
pertanto, non indica affatto completezza ma solo l’ambito nel quale la disciplina stessa agisce: nulla
è mai perfetto, ma tutto deve tendere alla perfezione.
Essa è certamente una disciplina minore rispetto ad altre, ma di pari dignità se non di
maggior spessore di tante altre, da collocare indubbiamente tra le discipline storiche, quali l’araldica
e la biografia, anche se, soprattutto negli ultimi tempi, è uscita dall’ambito strettamente storico
rivelandosi validissimo sostegno anche per discipline scientifiche quali la demografia storica, la
genetica, la medicina e l’informatica. Il cardine della genealogia è certamente rappresentato dalla
famiglia della quale tratta i dati anagrafici di tutti i membri, ricostruendone per quanto possibile
l’albero genealogico. L’albero genealogico, come riportano i testi ufficiali di Genetica Medica,
fornisce un’immediata visione dei problemi o delle patologie nell’ambito delle famiglie e facilita,
generalmente, l’analisi dei modelli di ereditarietà, compresi il range ed il grado di affezione e la
variazione tra persone e generazioni. Anche se è necessario (e corretto) dire subito, che le malattie
multifattoriali rispetto a quelle monogeniche, non sono facilmente riconoscibili attraverso l’analisi
dell’albero genealogico dal momento che sono molti i fattori di suscettibilità che concorrono alla
manifestazione patologica.
E’ indubbio, però, che la ricostruzione della storia familiare dei soggetti rappresenta di fatto
uno strumento fondamentale per indirizzare qualunque studio che agisca nell’ambito della medicina
e della ricerca genetica. Sulla base di queste considerazioni appare oltremodo chiaro, che in una
popolazione omogenea come quella della Sardegna che presenta determinate peculiarità genetiche
(alto tasso di endogamia e consanguineità), grazie alla struttura informatica che abbiamo realizzato
e sperimentato, risulterà più facile lo studio e l’identificazione dei fattori di suscettibilità.
Probabilmente, siamo proprio noi i soggetti più autorevoli ed accreditati per dimostrare in questo
momento, quali enormi potenzialità scientifiche sono realmente emerse dalla stretta interazione
multidisciplinare tra la genealogia e le altre discipline. Vogliamo fare in modo, pertanto, che queste
potenzialità scientifiche non vengano vanificate ma poste al servizio del bene comune.
Le “raccomandazioni”di Francis Collins
Uno scienziato di fama mondiale del calibro di Francis S. Collins, il genetista americano che
ha guidato il team di ricercatori che hanno sequenziato il genoma umano, nominato nel 2009 da
Barack Obama direttore del National Institutes of Health, non perde occasione per sostenere che la
medicina del futuro non può prescindere dal mettere l’uomo al centro dei suoi studi ma, soprattutto,
non può assolutamente prescindere dalla conoscenza della sua storia familiare. Abbiamo abbastanza
chiari i concetti espressi in diverse occasioni da questo scienziato su tale argomento, soprattutto in
un articolo apparso qualche tempo fa sul THE NEW ENGLAND JOURNAL OF MEDICINE dal
titolo The Family History - More Important Than Ever. In quest’articolo il prof. Collins, tra le altre
cose dice:
“Fra le raccomandazioni da perseguire per realizzare un efficace prevenzione non c’è la
family history, cioè l’albero genealogico correttamente raccolto con le patologie che vi ricorrono.
E’ sicuramente l’approccio più semplice da perseguire anche a livello di cure primarie per un
mirato e tempestivo intervento preventivo”.
Il Pianeta Sardegna
Un laboratorio ideale
La Sardegna possiede delle caratteristiche davvero ideali per la ricerca (tutta la ricerca!),
rappresentate da un territorio con appena 69 abitanti per km2 (su un totale di 1.673.000), terz’ultima
tra tutte le regioni d’Italia meno popolate e dove, in particolare nelle zone interne, per diversi secoli
non si registrano rilevanti flussi demografici, meno che mai particolari fenomeni di immigrazione
e/o emigrazione. Questa secolare tendenza alla stanzialità, abbinata ad un’accentuata cesura
(l’atavica “diffidenza” dei sardi) verso l’esterno, è la principale causa dell’altissimo indice di
endogamia registrato, solo fino a pochi decenni fa era mediamente intorno all’80% (ma si è arrivati
a toccare picchi del 95%!) e del conseguente inevitabile aumento della consanguineità tra gli
individui. Se a tutto questo si aggiunge il ridotto numero di fondatori, con un’unica distribuzione di
alleli, ed i vari fattori di selezione (vedi la malaria) si può comprendere perché oggi la popolazione
sarda, per questa sua grande omogeneità genetica, rappresenti nell’insieme un modello di isolato
genetico unico nel suo genere. In Europa, secondo il grande genetista italiano L.L. Cavalli Sforza,
solo i lapponi avrebbero caratteristiche genetiche assimilabili a quelle presenti nei sardi, in quanto
entrambi caratterizzati da un lungo periodo di isolamento e da un ridotto numero di fondatori.
Una piattaforma epidemiologica
Bisogna anche dire, che la popolazione sarda ha da sempre suscitato un notevole interesse in
genetica umana sia per la peculiare distribuzione delle diverse varianti genetiche e sia per le
numerose malattie su base genetica particolarmente frequenti nell'Isola. La Sardegna si dimostra
essere una piattaforma epidemiologica straordinaria che deve essere, al più presto, messa al servizio
della medicina e della ricerca di tutto il mondo. Una piattaforma dove è possibile applicare nel
modo più efficace possibile tutte le varie branche dell’epidemiologia: descrittiva, analitica, clinica e
sperimentale. Crediamo di poter affermare senza paura di essere smentiti, anche in riferimento ai
criteri d’applicazione dell’epidemiologia analitica, che probabilmente non esistono al mondo altre
popolazioni che dimostrino, come nel caso di quella sarda, di possedere tutte quelle caratteristiche
ideali per effettuare efficaci studi di coorte, di caso-controllo e trasversali (o di prevalenza).
Caratteristiche genetiche tanto più ideali soprattutto se si considera, per esempio, che
l’analisi genetica di una patologia multifattoriale richiede indagini familiari e di popolazione, in
associazione con lo studio di larghi campioni, opportunamente raccolti e caratterizzati a livello
fenotipico, in un ambito strettamente multidisciplinare. L’eventuale mancanza di replica di
un’associazione emersa da una precedente indagine, infatti, può dipendere da un artefatto, un evento
casuale, oppure rappresenta un risultato falsamente positivo. Per questo è necessario effettuare una
replica di ogni risultato su campioni diversi. Il protocollo raccomandato per questi studi prevede il
confronto tra le frequenze alleliche, nei soggetti e nei controlli correlati (preferibilmente un migliaio
di casi per campione). Un risultato positivo ottenuto con l’analisi caso-controllo dovrebbe essere
verificato analizzando la trasmissione degli alleli dai genitori eterozigoti ai figli affetti e non affetti,
oppure, nel caso in cui i genitori non siano disponibili, con l’analisi della frequenza degli alleli nei
fratelli non affetti. Risulta chiaro, inoltre, che avere a disposizione l’intero albero genealogico di
una popolazione consente una rapida applicazione delle diverse analisi potendo eventualmente
suggerire, grazie alla maggiore visibilità del fenomeno, diverse applicazioni che oggi un semplice
protocollo magari non riesce ad immaginare.
Analogo discorso va fatto per quanto concerne il potenziale applicativo dell’epidemiologia
clinica e sperimentale, ma anche per l’applicazione delle diverse tecniche di follow-up (ossia
l'insieme degli esami clinici e strumentali periodici da effettuare dopo il trattamento iniziale della
malattia). Alcune varianti genetiche particolarmente frequenti in Sardegna sono rare o assenti in
altre popolazioni, mentre altre varianti comuni al di fuori della Sardegna sono rare nell'Isola. Queste
caratteristiche peculiari si spiegano solo attraverso un isolamento plurimillenario rispetto alle altre
popolazioni. Parrebbe del tutto logico, pertanto, che debba essere la Sardegna a rappresentare quel
terreno ideale per sviluppare in loco tutte le iniziative più avanzate possibili a corredo della ricerca,
della clinica e della farmacologia, per cercare di comprendere l’esatta eziopatogenesi della tante
malattie genetiche sia semplici che complesse che presentano un’incidenza tanto elevata in questo
territorio e prevedere, nel contempo, l’applicazione e la sperimentazione delle varie cure e delle
metodiche di prevenzione. A meno che, come molto spesso, purtroppo, ci capita di osservare, non si
vogliano studiare renne, pinguini e licheni all’Equatore e cammelli, coccodrilli ed ulivi al Polo
Nord! La Sardegna in generale, in particolare le popolazioni della Barbagia di Seulo, rappresenta
quindi, ormai indiscutibilmente, un isolato genetico ideale per la ricerca. Tutta la ricerca!
La Barbagia di Seulo è un isolato genetico modello
E’ ormai ampiamente dimostrato che lo studio di popolazioni isolate, dove è possibile
registrare, insieme all’isolamento geografico e linguistico, un numero ridotto di fondatori, un
elevato tasso di endogamia associato a scarsi fenomeni di migrazione ed emigrazione (almeno fino
agli ultimi decenni), costituisce uno strumento moderno e valido per lo studio delle basi genetiche
delle malattie complesse quali, per esempio, diabete, ipertensione ed osteoporosi. Gli isolati
geografici che presentano queste particolari caratteristiche vengono comunemente definiti: isolati
genetici.
Queste caratteristiche generali fanno sì che un isolato genetico sia caratterizzato da un
background genetico abbastanza uniforme dovuto a particolari fenomeni di deriva genetica, in
particolare, al cosiddetto effetto fondatore e all’elevata percentuale di endogamia tra la popolazione.
Un terreno favorevole per identificare la componente genetica (oggi si conosce poco o nulla) delle
malattie comuni, premessa indispensabile per la comprensione dei meccanismi patogenetici, e per la
messa in atto di misure preventive e possibili terapie eziologiche. Gli isolati genetici si dimostrano
importanti anche per la comprensione dei fattori ambientali più facilmente identificabili a causa
dell’habitat comune, le abitudini alimentari, l'attività fisica, il fumo etc. Un isolato genetico e
geografico come quello rappresentato dalla Sardegna in generale e dalle cinque comunità della
Barbagia di Seulo in particolare, insieme a qualche altra popolazione e/o micro-regioni con simili
caratteristiche (tant’è vero che in alcuni casi si è usata la definizione di micro-isolato), costituisce
pertanto un prezioso e forse irripetibile terreno di studio per le malattie multifattoriali, essendo
potenzialmente in grado di mettere a nudo almeno le componenti genetiche maggiori delle malattie
complesse e permettere la conoscenza di molti dei fattori ambientali coinvolti nell’eziopatogenesi.
Sono queste le principali motivazioni che hanno indotto diversi ricercatori nel mondo a concentrare,
soprattutto negli ultimi anni, la loro attenzione sugli isolati genetici.
In Italia un network tra gli isolati genetici
Che ci sia un attenzione particolare nei confronti degli isolati genetici lo dimostra il fatto che
in Italia, da qualche anno, alcuni ricercatori hanno deciso addirittura di consorziarsi in un network
specifico: il Network Italiano sugli Isolati Genetici. L’obiettivo principale di questo network è
quello di affrontare i problemi comuni ai progetti di ricerca sugli isolati genetici quali per esempio,
sviluppo di piattaforme informatiche comuni, sviluppo di idonei algoritmi, standardizzazione dei
criteri diagnostici, gestione di ampie genealogie, analisi epidemiologica, analisi statistica, tipo di
genotipizzazione fino ad immaginare la costituzione di un database federato. A questo network,
caratterizzato da un forte spirito di collaborazione, partecipano su base volontaria diversi gruppi di
ricerca italiani appartenenti a istituzioni pubbliche e private. Attualmente risulta composto dal
Progetto Carlantino, dal Progetto Parco Genetico del Cilento e Vallo di Diano, dal Progetto
Stoccareddo, dal Progetto Valli Borbera e Spinti e dal Progetto Parco Genetico del Friuli Venezia
Giulia. Altri studi sugli isolati genetici sono stati intrapresi di recente in Alto Adige e riguardano
alcuni villaggi sparsi in una vallata isolata della Val Martello.
In conclusione dobbiamo, nostro malgrado, sottolineare che leggendo i nomi dei vari
progetti che partecipano al network italiano, emerge un dato per noi certamente curioso, ossia la
constatazione che tra questi non ce n’è uno che riguardi la popolazione della Sardegna,
unanimemente ritenuta da tutti i ricercatori al mondo ideale per tali studi. Probabilmente…si tratta
di un’ulteriore conferma dell’atavica diffidenza dei sardi e della scarsa propensione nei confronti
dei network, una caratteristica che in qualche modo accomuna (forse) anche i ricercatori isolani.
La genetica dei Sardi
Sono i marcatori del cromosoma Y, ereditati per linea paterna, che consentono la
ricostruzione della storia naturale sulla base delle mutazioni via via acquisite. La genetica della
popolazione umana sarda consiste nello studio del pool genico degli attuali abitanti dell'Isola con
due principali obiettivi. Il primo, ha uno scopo prettamente scientifico e culturale ed è quello di
ricostruire la storia naturale della popolazione. Essa consiste nella comprensione dell'entità, dei
tempi e delle modalità della fondazione unitamente alle successive o concomitanti dinamiche
demografiche ed evolutive. L'altro è, invece, applicativo e ha la finalità di comprendere le cause
genetiche di alcune patologie sfruttando alcune peculiarità della popolazione che la rendono di
elezione per studi che prevedono l'utilizzo di isolati genetici. Entrambi gli obiettivi sono perseguiti
attraverso lo studio molecolare di marcatori del DNA di individui della popolazione mediante un
approccio multidisciplinare che vede coinvolti biologi, medici, naturalisti, statistici, bioinformatici,
biotecnologi, genealogisti, archeologi, antropologi e paleontologi.
Il numero di mutazioni accumulate in regioni cromosomiche non ricombinanti quali sono
quelle che riguardano gli alleli della regione non ricombinante del cromosoma Y (NRY) che sono
sempre associati a formare aplotipi, così come gli alleli del genoma mitocondriale (mtDNA), due
porzioni del genoma che non ricombinano, essendo ereditate con modalità uniparentali, paterna la
prima, materna la seconda, è stato impiegato come orologio molecolare. Per aplotipo si intende la
combinazione di varianti alleliche lungo un cromosoma o segmento cromosomico contenente loci in
linkage disequilibrium, cioè strettamente associati tra loro. L'associazione statistica tra i loci si
manifesta in assenza di una ricombinazione tra loro. Aplotipi differenti sono generati da un aplotipo
ancestrale per effetto della mutazione ai singoli loci. I prodotti di questo meccanismo evolutivo
possono essere correlati attraverso la filogenesi fino a desumere la forma ancestrale dell'aplotipo.
Spesso, quando la risoluzione molecolare di un aplotipo è molto elevata, può essere utile
raggruppare filogeneticamente aplotipi diversi sulla base di un comune progenitore definendo così
un aplogruppo. La popolazione sarda è inquadrata nel gruppo delle popolazioni che fanno
riferimento all’aplogruppo I.
Struttura genetica della popolazione sarda
La struttura genetica dei sardi si caratterizza per la presenza di alta variabilità genetica (o
polimorfismo) interindividuale, ma bassa variabilità tra subpopolazioni geografiche o linguistiche.
Questa particolarità, che potrebbe confermare l’assenza di una substruttura, rende la popolazione
della Sardegna ottimale per lo studio e la comprensione delle cause genetiche di patologie a
eziologia ancora ignota, in particolare di quelle malattie autoimmuni quali diabete di tipo 1 e
sclerosi multipla, che fanno registrare un’elevata incidenza nella popolazione. Una popolazione
geneticamente omogenea che si dimostra un terreno ideale per ottenere una casistica maggiore di
individui affetti. La conoscenza dell'assetto genetico di una popolazione, infatti, non solo permette
di capire la sua origine, ma diventa essenziale per la ricerca di quei geni coinvolti nella suscettibilità
nei confronti di determinate patologie ovvero in tutta una serie di importanti caratteristiche come la
risposta ai farmaci o le interazioni con la dieta e con altri fattori presenti dell'ambiente che ci
circonda. Aspetti davvero importanti per la ricerca, anche se bisogna riconoscere che la strada da
percorrere è abbastanza lunga.
La struttura genetica e lo studio delle malattie autoimmuni
L'attenzione dei gruppi di ricerca si è concentrata in particolare sullo studio delle malattie
autoimmuni comuni in Sardegna quali per esempio, il diabete di tipo 1, la sclerosi multipla e la
malattia celiaca, dal momento che è stato accertato che alla base del loro processo eziopatogenetico
sono presenti fattori genetici predisponenti. Lo studio delle basi genetiche di una determinata
malattia è basato sulle differenze esistenti tra le persone. Nel caso dello studio del diabete, per
esempio, è necessario confrontare la sequenza e la frequenza dei geni in persone non diabetiche con
quella di pazienti affetti. Con questi studi è possibile identificare quei geni più frequenti nei
diabetici che predispongono alla malattia, ma anche quei geni più frequenti nei non diabetici che
esercitano un ruolo protettivo. Lo studio del diabete di tipo 1 condotto nella popolazione sarda, ha
contribuito alla comprensione delle cause scatenanti la malattia. Alcuni geni che regolano le
risposte immunitarie e il processo di riconoscimento della proinsulina come costituente propria
dell'organismo, sono stati identificati come fattori chiave nel determinare il rischio di contrarre una
malattia autoimmune così frequente in Sardegna com’è il diabete di tipo 1. Alcune forme di questi
geni determinano predisposizione, altre protezione. C’è da chiedersi se alcune situazioni ambientali
presenti negli ultimi decenni, non abbiano “svegliato” parti apparentemente inattive del nostro
genoma che agiscono sui fattori predisponenti o su quelli protettivi o viceversa.
Del resto i risultati sorprendenti di un recente studio nell’ambito del progetto ENCODE,
hanno dimostrato che la maggior parte del DNA nelle nostre cellule è in qualche modo attiva,
mettendo così in discussione l'idea che il genoma sia costituito da geni attivi che codificano
proteine, circondati da una gran quantità di geni inattivi, noti come «DNA spazzatura». Inoltre,
molte di queste sequenze che non codificano proteine si sovrappongono alle sequenze codificanti
proteine. Molte aree che una volta erano ritenute spazzatura, si sono rivelate sequenze regolatrici,
che indicano cioè ai geni il modo e il luogo in cui essere attivi. Queste scoperte avranno
implicazioni anche nella medicina, in quanto molte mutazioni genetiche associate a patologie si
trovano in zone regolatrici.
Sappiamo che alcune delle principali varianti di predisposizione sono più frequenti nella
popolazione sarda rispetto alle altre popolazioni. Queste varianti sono antiche ed erano già presenti
in quegli individui che diverse migliaia di anni fa hanno popolato l'Isola. Sappiamo quindi che le
caratteristiche genetiche dei sardi, a seguito di questi eventi iniziali, denominati effetti fondatori,
conferiscono un aumentato rischio di contrarre il diabete e altre malattie comuni in Sardegna.
L'analisi genetica nell'uomo sta subendo, soprattutto in questi ultimi anni, una fortissima
accelerazione dovuta alla conoscenza e decodificazione della sequenza lineare del nostro genoma,
offrendo ai genetisti la possibilità di studiare le malattie molto più accuratamente di quanto sia mai
accaduto precedentemente.
A proposito di genoma e di malattie quali diabete e sclerosi multipla, è ormai dimostrato che
nella popolazione sarda sono frequenti alleli di suscettibilità nei confronti di entrambe le patologie.
La popolazione sarda si configura adatta per la ricerca di tali alleli attraverso degli studi di
associazione estesi a tutto il genoma (Genome Wide Associations-GWA Studies). Una
predisposizione ancora più importante se si tiene conto del fatto che proprio il recente ricorso a tale
tipo di studi, basati sull’uso di centinaia di migliaia di marcatori polimorfici, ha permesso di
incrementare sensibilmente il potere di identificare le varianti di rischio per le malattie
multifattoriali. Grazie a tali progressi e alle nuove tecnologie di cui si dispone oggi (sistemi di
caratterizzazione molecolare ad alta efficienza e sistemi di calcolo veloci), non si è mai avuta
un'opportunità tanto grande di capire la genetica delle malattie.
Il contesto sanitario
La Sardegna, per le sue peculiarità genetiche dovute in primo luogo al suo secolare
isolamento, come affermano in coro i maggiori esperti al mondo di malattie cosiddette autoimmuni
(patologie causate dall’alterazione del sistema immunitario che reagisce specificamente verso
costituenti normali dell’organismo), si conferma, purtroppo, non solo una delle aree al mondo con
la più elevata frequenza di diabete mellito di tipo 1 (T1D), ma presenta anche un elevato rischio per
diverse altre malattie complesse autoimmuni quali la sclerosi multipla, la malattia celiaca, la,
tiroidite e l’artrite reumatoide, l’APECED, senza dimenticare la massiccia incidenza di molte altre
patologie genetiche ereditarie semplici quali la talassemia, la deficienza di G6PD, la malattia di
Wilson, o malattie neurodegenerative quali la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), Alzheimer,
Parkinson etc.
La prevenzione
Siamo convinti, che un quadro sanitario abbastanza allarmante come quello che osserviamo
oggi in Sardegna, dovrebbe convincere i responsabili della sanità pubblica (ma non solo) a prendere
seriamente in considerazione le potenzialità rappresentate dal nostro progetto pilota di ricostruzione
demografico-genealogica che, potendo contare su uno strumento informatico già sperimentato (da
implementare e perfezionare ulteriormente), avrebbe il grosso vantaggio di mettere a disposizione
della ricerca e della sanità uno straordinario database. Uno strumento capace di calcolare in tempo
reale, l’eventuale familiarità esistente tra individui diversi in base alla ricostruzione del loro grado
di parentela, di riprodurre l’intero pedigree dei soggetti di riferimento affetti (e non) potendo
evidenziare la presenza di una determinata patologia e seguirne la diffusione nell’ambito di una o
più famiglie nelle varie direzioni, compresi i percorsi patrilineari e matrilineari. E’ del tutto evidente
che una struttura informatica munita di questi strumenti d’indagine diventa, non solo fondamentale
e indispensabile per gli studi genetici e demografici in genere, ma straordinariamente importante
nell’ambito della ricerca, della medicina e della pratica clinica, soprattutto nell’ottica della tanto
sbandierata attività di prevenzione.
Del resto l’esperienza maturata in questi anni, ci ha insegnato che avere la possibilità di
seguire la distribuzione di una malattia lungo l’albero genealogico di una stirpe e/o di un’intera
comunità, diventa straordinariamente utile per la comprensione dell’eziopatogenesi, oltrechè, in
particolare per quanto riguarda le malattie più diffuse in Sardegna, di quei fattori che sono alla base
del complesso fenomeno dell’ereditarietà. Un dato analitico facilmente riscontrabile nel contesto
che si osserva oggi in Sardegna, dove l’alto grado di consanguineità tra i coniugi ed il valore medio
registrato sull’intero territorio, aumentano la probabilità per le malattie ereditarie semplici e
multifattoriali di manifestarsi e favoriscono, pertanto, l’individuazione delle famiglie e dei gruppi a
rischio.
Gli emigrati: una potenzialità per la ricerca
Quando parliamo di valore aggiunto per una regione come la Sardegna non possiamo
trascurare di certo quello rappresentato dalle tante migliaia di emigrati sardi sparsi nel mondo.
Inoltre, quando si parla della popolazione dei paesi della Barbagia di Seulo, non si può non
sottolineare che particolari dinamiche demografiche (fenomeno migratorio interregionale), che
hanno caratterizzato gran parte del secolo appena passato, hanno determinato, di fatto, la nascita di
grandi comunità ben definite in altre parti della Sardegna. Pensiamo, per esempio, alla vastissima
comunità dei “seuesi” a Cagliari che conta, nell’arco di almeno tre generazioni, diverse migliaia di
individui, oppure alla grande comunità che riguarda i “seulesi” a Dolianova (si parla di oltre un
migliaio di individui) e nell’Iglesiente (in particolare a Domusnovas).
Un valore aggiunto che riguarda gli aspetti economici, culturali e identitari di un popolo
antico come quello sardo ma che può diventare interessante, e non certo in ultimo, anche per gli
aspetti legati alla medicina e alla ricerca scientifica in generale. Importanti, soprattutto, quando si
provano ad esaminare malattie come il diabete e la sclerosi multipla o altre malattie importanti che
colpiscono la popolazione della Sardegna, patologie che hanno ancora nella maggior parte dei casi,
purtroppo, un eziologia largamente sconosciuta.
Molte di queste sono anche definite malattie multifattoriali, la cui eziopatogenesi dipende
cioè da una complessa interazione tra una componente genetica (predisposizione) e determinanti
immunologici ed ambientali. Se solo teniamo conto di quanto sia determinante l’interazione di
questi fattori per lo sviluppo o meno di una patologia, ci rendiamo conto anche di quanto possa
essere utile lo studio di una popolazione che, pur mantenendo intatte le sue peculiari caratteristiche
genetiche, vive fuori e lontano dal contesto ambientale d’origine. Uno studio veramente importante
che ci permetterebbe di osservare, per esempio, quale e quanta influenza abbiano eventualmente
esercitato nel tempo, gli svariati e differenti fattori ambientali su quelle peculiari caratteristiche
genetiche. Pertanto, non è solo la popolazione residente in Sardegna che si dimostra ideale per lo
studio di queste malattie, ma può diventare importantissima anche la sua popolazione esterna, ossia
quella rappresentata dalla migliaia di emigrati. (secondo recenti stime statistiche sarebbero ben
500.000, quasi un terzo della popolazione residente nell’Isola), di prima seconda e terza
generazione sparsi oggi per il mondo. A questa popolazione che ha varcato il mare, naturalmente, si
deve aggiungere la vastissima comunità (non meno interessante), che con una certa forzatura,
possiamo definire esterna interregionale, originatasi dall’emigrazione che ha caratterizzato gran
parte dei paesi della Barbagia di Seulo.
Il valore aggiunto rappresentato dalla biodiversità
La peculiare biodiversità (sia umana che naturalistica) della Sardegna in genere, e della
Barbagia di Seulo in particolare, deve diventare un valore aggiunto per le prospettive di sviluppo
dell’intero territorio. La sua posizione al centro della Sardegna può rappresentare il punto di
riferimento ideale per gli studi e per la comparazione della biodiversità dell’intera area. La
biodiversità dovrebbe rappresentare davvero il cardine di un progetto importantissimo per lo
sviluppo economico della Barbagia di Seulo che potrebbe concretizzarsi, per esempio, con la
realizzazione di un Centro di Ricerca Interdisciplinare per la sperimentazione delle svariate
applicazioni tecnologiche che abbracciano l’intera filiera della ricerca biotecnologica più avanzata,
da applicarsi nei campi scientifici più svariati: medicina, agraria, farmacia, veterinaria, scienze
naturali e fisiche etc.
Applicazioni tecnologiche che consentono lo studio della variabilità genetica di popolazioni
animali (uomo incluso), vegetali, e microbiche e la valorizzazione delle risorse naturali mediante
caratterizzazione molecolare delle specie che possono essere agevolmente sperimentate grazie ad un
territorio ed una popolazione dimostratisi ideali per tutta la ricerca in genere. La Barbagia di Seulo,
infatti, rappresenta senza alcun dubbio il contesto ideale per favorire la ricerca in campo
biotecnologico e la sperimentazione e lo sfruttamento di possibili applicazioni tecnologiche
avanzate mediante la messa a punto di sistemi di diagnosi molecolare di malattie da microrganismi
patogeni per l’uomo, gli animali e le piante o dannosi per le derrate alimentari. Un contesto davvero
ideale, inoltre, per giungere al perfezionamento di biotecnologie riproduttive per il mantenimento e
la diffusione della biodiversità sia animale che vegetale di quelle tante specie oggi a rischio di
estinzione.
Un contesto con una biodiversità genetica che fa della Barbagia di Seulo uno straordinario
laboratorio epidemiologico naturale, ideale per lo studio delle tante malattie che oggi fanno
registrare (come vedremo dopo), purtroppo, incidenze elevatissime nella popolazione della
Sardegna, in particolare quelle definite genetiche-multifattoriali che si caratterizzano cioè per
l’eziopatogenesi complessa legata anche all’autoimmunità, senza dimenticare le malattie rare (molte
delle quali, ormai, per l’elevata incidenza non possono più definirsi tali – es. la celiachia, l’artrite
reumatoide, la SLA etc.), compreso lo studio della predisposizione genetica per varie neoplasie che
sembrano presentare indici d’incidenza maggiori che nelle altre regioni. Un quadro epidemiologico
che pur apparendo indubbiamente preoccupante diventa nel contempo, quasi paradossalmente,
ideale per favorire la sperimentazione sull’intero territorio di svariati protocolli di prevenzione
anche mediante l’applicazione di nuove tecnologie terapiche predittive da abbinare, possibilmente,
alla sperimentazione di nuove tecniche per il biorisanamento ambientale di vaste zone degradate per
effetto dell'attività umana.
L’esperienza di Bolzano
L’idea di valorizzare la biodiversità di una regione (l’Alto Adige), è stata attuata a Bolzano
con la fondazione nel 1992 dell’EURAC (Accademia Europea di Bolzano). Un innovativo centro di
ricerca e di formazione impegnato in 5 differenti aeree scientifiche: Linguistica Applicata,
Minoranze e Autonomie, Sviluppo Sostenibile, Management e Cultura d’Impresa, Scienze della
Vita. Queste aeree di ricerca comprendono complessivamente ben 11 istituti con un totale di circa
90 addetti. L’attività di ricerca condotta da questi istituti presenta forti legami con il territorio:
prendendo spunto dalla realtà locale vengono condotti studi e analisi che si collocano in una più
ampia dimensione europea e internazionale. La presenza contemporanea nell’EURAC di linguisti,
giuristi, ingegneri, esperti di scienze naturali e genetisti che lavorano a progetti interdisciplinari a
diretto contatto con società e imprese, permette la ricerca e la sperimentazione di soluzioni concrete
per affrontare problemi di grande attualità. Il diversificato bakground scientifico e la flessibilità dei
collaboratori, permette un fattivo approccio multidisciplinare alle vari tematiche della ricerca e
rappresenta il vero punto di forza dell’Accademia, in quanto consente di analizzare le diverse
sfaccettature che caratterizzano ciascun fenomeno oggetto di studio.
A partire dal 2002, l’EURAC, considerato che l’Alto Adige offre ottime condizioni per la
scoperta di geni responsabili dell’insorgere di determinate malattie, dopo aver preso atto della
nostra esperienza in Sardegna (provando, per la verità, inutilmente anche a stabilire forme di
collaborazione diretta), ha deciso di istituire una linea di ricerca per lo studio della genetica sul
territorio. La regione, infatti, oltre a presentare un’isola linguistico-culturale con una popolazione
relativamente omogenea dal punto di vista genetico, vanta un sistema sanitario piuttosto sviluppato
e un archivio genealogico straordinario. L’approccio multidisciplinare intrapreso dall’Istituto di
Medicina Genetica comprende una vasta serie di settori: ricerca clinica, epidemiologia genetica,
statistica genetica, genetica molecolare, informatica biomedica, storia medica delle Alpi e bioetica.
Tutto quanto abbiamo fin’ora cercato di descrivere sembra suggerire, incontestabilmente,
che la Sardegna intera, ed alcune zone in particolare, rappresentano a tutti gli effetti, un grande ed
unico isolato genetico, un vero e proprio laboratorio naturale… a cielo aperto!
Il Progetto Sa.no Genìa e l’emergenza epidemiologica in Sardegna
Fin’ora abbiamo cercato di descrivere la validità del nostro progetto a partire dalla sua
genesi, provando a dimostrarne l’efficacia, sulla base del background maturato in quest’ultimo
decennio. Abbiamo provato a dimostrare, inoltre, che è possibile allargare l’orizzonte di questo
progetto fino ad abbracciare l’intera popolazione di un territorio ben definito che nel suo insieme
costituisce quello che abbiamo definito: “Pianeta Sardegna”.
Una popolazione ed un territorio che dimostrano di avere tutte le caratteristiche strutturali
necessarie tali da giustificare un progetto scientifico su vasta scala. D’ora in avanti, prima di entrare
nel merito delle varie fasi realizzative, proveremo ad illustrare quali possono essere le motivazioni
più importanti che giustificano un simile progetto, certamente impegnativo e dispendioso, e quali
possono essere, soprattutto, le eventuali ricadute scientifiche ed economiche per il territorio.
Diciamo subito, a scanso di equivoci, che la realizzazione materiale del progetto, pur nella
sua innegabile complessità, dovuta in parte anche a dei passaggi burocratici obbligati, è senz’altro
fattibile in tempi certi e con la garanzia di ottenere risultati altrettanto indubbi ed attendibili.
Abbiamo la fortuna, infatti, di poter disporre di dati preziosissimi pertinenti sia all’anagrafe civile
per il periodo 1866-2012 (dati che ci consentono di ricostruire agevolmente 5-6 generazioni), e sia
quelli che riguardano la cosiddetta “anagrafe ecclesiastica” che risalgono addirittura ai primi del
1600; dati che, nel loro complesso, consentono una ricostruzione genealogica attendibile che
comprende non meno di 15 generazioni. Bisogna sottolineare, però, che mentre i dati dell’anagrafe
civile sono pubblici, quelli dell’anagrafe ecclesiastica sono di esclusiva proprietà della Chiesa, ed in
quanto tali, potenzialmente più difficili da ottenere. L’argomento relativo alla raccolta e alla
gestione dei dati anagrafici e agli archivi, sarà affrontato dettagliatamente nel prossimo capitolo.
Riguardo all’interesse e alle possibili ricadute scientifiche ed economiche (fermo restando
che un risparmio rappresenta già ad una ricaduta economica) che potrebbero aversi dalla
realizzazione di un progetto di questa portata, crediamo sia sufficiente provare a rivolgere uno
sguardo attento sull’attuale stato di salute della popolazione della Sardegna. Forse sarebbe
opportuno (e serio) che iniziassimo a chiederci se ci sia ancora del tempo da perdere, o se invece
l’ormai drammatica situazione epidemiologica, non rappresenti già di per sé un validissimo motivo
per intensificare, pianificare e coordinare gli studi sul territorio (puntando possibilmente ad un vero
approccio multidisciplinare), per giungere in tempi brevi ad una seria programmazione che metta le
basi per un efficace e mirata campagna di prevenzione. Una situazione epidemiologica generale
certamente drammatica che può diventare, però, se si riesce a comprendere il valore delle molteplici
potenzialità contenute nella nostra proposta progettuale, una straordinaria occasione da perseguire
con la prospettiva di ricadute socio-economiche davvero inimmaginabili.
Siamo convinti, infatti, che è proprio a partire dall’analisi, certamente superficiale e parziale,
che proveremo a fare di alcune delle più importanti patologie, soprattutto riguardo alle complesse
manifestazioni patogenetiche che colpiscono la popolazione della Sardegna, che si potranno
cogliere le reali potenzialità scientifiche racchiuse nella nostra proposta. Un progetto che, come
abbiamo già avuto modo di dire, appare nel complesso impegnativo ed articolato, ma che contiene
straordinarie potenzialità applicative sia per gli studi epidemiologici e sia per i progetti di
prevenzione sul territorio: potenzialità che già rappresentano, di fatto, un validissimo strumento di
valutazione che ne giustifica, a nostro avviso, ampiamente la realizzazione.
Le malattie genetico-multifattoriali
Quando si fa riferimento alla difficile situazione epidemiologica della Sardegna, non si parla
solo di malattie tumorali e di anemia mediterranea, dal momento che si registra la progressiva
incidenza di diverse altre patologie di origine genetica, in particolare quelle definite geneticomultifattoriali (dovute cioè all’interazione fra una predisposizione genetica e uno o diversi fattori
ambientali), malattie di grande impatto sociale che, soprattutto nel corso degli ultimi anni, sembrano
preferire in modo particolare questa regione con percentuali ormai insostenibili e assolutamente non
più trascurabili. Alcune di queste, per le loro caratteristiche patogenetiche sono anche definite
multifattoriali autoimmuni (diabete mellito di tipo 1, sclerosi multipla, tiroidite di Hashimoto, artrite
reumatoide etc.), altre invece vengono definite malattie dismetaboliche (dette anche del ricambio),
causate cioè da processi metabolici alterati che determinano l'assimilazione o l'eliminazione di
sostanze (es. il diabete).
Un quadro epidemiologico assai “variegato” nella sua difficile complessità, dove non si
possono certo trascurare anche malattie monogeniche comuni quali la talassemia, la malattia di
Wilson o l’APECED. Per quanto concerne l’incidenza della maggior parti di queste malattie, si può
tranquillamente affermare che la Sardegna ha ormai superato da tempo il livello di guardia.
La costruzione del database demografico-genealogico
Dopo aver accennato, veramente a grandi linee, al complesso e difficilissimo quadro
epidemiologico in cui si trova la Sardegna, ed aver provato a far comprendere concretamente quali
possono essere le enormi potenzialità scientifiche racchiuse nel nostro progetto e nello strumento
informatico che intendiamo realizzare, proprio in virtù del sostegno che esso rappresenta per tutto il
mondo scientifico oggi impegnato nella medicina e nella ricerca in Sardegna, proviamo ora a vedere
che cosa s’intende per database demografico-genealogico e come si realizza materialmente una
struttura informatica di questa portata.
Definizione e funzioni del database demografico-genealogico
Definiamo database demografico-genealogico, una struttura informatica da noi ideata,
realizzata e sperimentata costituita dall’insieme dei dati anagrafici di più individui afferenti a un
determinato territorio, collegati tra di loro sulla base dei vincoli parentali mediante capillare
ricostruzione genealogica, munita di specifico software che consente il miglior utilizzo dei dati
compresa l’estrapolazione e la stampa degli alberi genealogici. Ecco perché abbiamo deciso di usare
la definizione di database demografico-genealogico.
Nel nostro progetto, il database rappresenta il nucleo centrale e/o l’asse portante che, munito
di appositi software, dovrà contenere dinamicamente tutta la popolazione della Barbagia di Seulo
(la struttura demografica), genealogicamente unita (dentro il database) attraverso i legami parentali
a formare gli alberi genealogici (struttura genealogica), che potranno essere visualizzati e/o
estrapolati a seconda delle esigenze contingenti. Gli alberi genealogici che, naturalmente,
risulteranno più o meno estesi a seconda della diramazione della stirpe che si vorrà evidenziare,
potranno essere visualizzati (o eventualmente stampati su cartaceo), sia in senso verticale (seguendo
le ascendenze e/o le discendenze), sia in direzione orizzontale da destra a sinistra o viceversa
(seguendo le parentele collaterali) mediante la semplice selezione di un individuo potendo, inoltre,
decidere il numero delle generazioni che si vogliono esplorare. La funzione principale del database
che intendiamo realizzare consiste, pertanto, nella gestione dinamica dei dati anagrafici dell’intera
popolazione (dati che dovranno essere raccolti e canalizzati dentro il database), che una volta linkati
tra loro costituiranno l’Albero Genealogico della Barbagia di Seulo che sarà messo a completa
disposizione, oltreché delle rispettive amministrazioni comunali, anche della ricerca e della
medicina.
All’interno del database, grazie ai vari applicativi appositamente creati, sarà possibile
osservare sia lo sviluppo ed il percorso delle varie patologie (facilitando l’identificazione della loro
componente genetica) attraverso le famiglie e le comunità, sia definirne l’incidenza e/o la frequenza
sul territorio sulla base degli eventuali spostamenti degli affetti (facilitando l’identificazione della
componente ambientale). Uno strumento che potrà rivelarsi fondamentale, soprattutto, nell’attività
di prevenzione grazie alla semplificazione della ricerca e individuazione dei soggetti a rischio per
determinate malattie, facilitando la definizione di particolari protocolli clinici, la predisposizione di
screening mirati e di altre eventuali metodiche che si vorranno applicare sul territorio.
L’Archivio dello Stato Civile
Iniziamo quindi col vedere quali sono questi registri custoditi, come abbiamo detto in
precedenza, c/o ciascun comune: registri di nascita, di matrimonio e di morte (abbiamo deciso di
escludere quelli relativi alla cittadinanza in quanto non ritenuti utili per la genealogia). Tutti gli atti
che costituiscono questi registri, afferiscono agli Uffici di Stato Civile di ciascun comune, e sono
custoditi in un settore apposito che è denominato Archivio dello Stato Civile. Alla fine di ogni
anno, tutti i registri formati dagli Uffici di Stato Civile in duplice copia, vengono rispettivamente
inviati una copia all'Archivio di Stato Civile, l'altra alla Prefettura. L’Archivio, oltre a custodire i
registri ed eseguire tutte le annotazioni derivanti da variazioni dello Stato Civile dei singoli soggetti,
rilascia tutte le certificazioni e le copie integrali degli stessi atti, che vengono richieste sia
dai cittadini che da altri Enti e/o dalle Forze dell’Ordine.
Per costruire un database demografico-genealogico, bisogna, pertanto far ricorso ai dati
contenuti nei registri d’anagrafe della popolazione istituiti nel lontano 1866. Lo Stato Civile è in
vigore a partire dal 1866 essendo stato istituito in Italia, insieme all’Anagrafe, con il Regio Decreto
n. 2026 del 15 novembre 1865; il suo funzionamento e organizzazione furono regolati da alcuni
decreti successivi. Esso, è composto di registri nei quali sono annotati in maniera minuziosa e
dettagliata, tutti i nomi dei nati, dei morti e di coloro che contraggono matrimonio, oltre a quello di
cittadinanza che, come abbiamo già detto, non viene preso in considerazione per la ricostruzione
genealogica. Dati registrati con cura che riportano, generalmente, il nome dell’individuo, la data
dell’evento, i nomi dei genitori, dei testimoni, la professione, l’indirizzo dove l’evento è avvenuto
etc. Dati che, come è facile comprendere, consentono di ricostruire, non solo la genealogia della
comunità, ma di evidenziare anche altri importanti aspetti sociali della vita e della storia della
stessa. Ciascuna registrazione rappresenta di fatto, solo una piccola tessera di un grande mosaico
rappresentato dalla comunità intera. Bisogna anche dire, che tutti questi registri nell’arco degli oltre
150 anni della loro esistenza, hanno subito varie modificazioni strutturali dovute alle naturali
dinamiche del processo evolutivo della società italiana.
Un processo evolutivo che riflette esattamente il percorso storico di una società civile con le
regole e le normative che ne hanno scandito le varie tappe. I registri dello Stato Civile furono
istituiti dal Regno d’Italia all’indomani del travagliato processo di unificazione del Paese e
dovevano servire ad unire materialmente tutte le regioni intorno ad un unico Stato. Essi hanno
rappresentato, pertanto, il trait-d’union tra lo Stato e la periferia. Attraverso l’anagrafe, infatti, i
cittadini italiani potevano sentirsi parte integrante dello Stato che, nello stesso tempo, poteva
esercitare il controllo sull’intero territorio. Possiamo dire che l’anagrafe ha di fatto rappresentato il
mezzo più efficace che ha consentito di realizzare materialmente l’Unità d’Italia. Il susseguirsi delle
varie normative statali vigenti (pensiamo, solo per esempio, che in questo lasso di tempo si è passati
dal Re alla Repubblica) in materia d’anagrafe e di stato civile, hanno determinato via via delle
modifiche (ultimamente la legge sulla privacy), che nel tempo hanno trasformato la struttura
dell’atto stesso. Ma ora vediamoli meglio nel dettaglio anche per comprenderne le potenzialità,
partendo dai registri di nascita.
Registro di nascita
In questo registro vengono indicati il nome, il cognome, il sesso del neonato, l’ora della
nascita, i nomi dei genitori e spesso la loro professione. Sino a tutta la prima metà del secolo scorso,
negli atti di nascita venivano indicati anche i nomi dei nonni, il nome della via (o del rione) in cui il
bambino risultava nato, oltre al nome e la professione dei testimoni che ne denunciavano l’evento.
Nel registro di nascita, fino agli anni sessanta circa del secolo passato, risultavano annottati solo i
nomi dei bambini nati in casa perché che era raro che nascessero (se non per gravi cause di forza
maggiore) in ospedale. Adesso la situazione è esattamente rovesciata, dal momento che quelli nati
in ospedale, risultano essere la maggioranza pressoché assoluta. Questo fatto, fino a qualche anno fa
creava dei veri problemi per così dire identitari, in quanto tutti i nuovi nati risultavano registrati c/o
gli uffici anagrafici dei maggiori centri che ospitano i presidi ospedalieri, determinando un anomalo
fenomeno demografico che portava questi centri a registrare elevati (e fasulli) indici di natalità e
determinando, nel contempo, indici di natalità pressoché uguali a zero nelle comunità d’origine del
neonato. Questo problema è stato risolto con il ricorso ad una doppia registrazione dell’atto di
nascita, cosicché il bambino, pur risultando nato nel comune dove esiste il presidio ospedaliero, è
contestualmente registrato c/o l’anagrafe della comunità di provenienza diventandone parte
integrante. La stessa procedura viene utilizzata anche per i bambini (figli d’emigrati) nati all’estero
che vengono iscritti nell’anagrafe dei comuni d’origine dei genitori (che godono della doppia
cittadinanza), in particolari liste denominate AIRE (Anagrafe Italiana Residenti all’Estero).
Registro di matrimonio
Nell’atto di matrimonio sono indicati i nomi degli sposi, il loro stato civile, i nomi dei
genitori e se si tratta di vedovi anche il nome del coniuge defunto. A partire dal 1972, si annotano
solo i nomi e la data di nascita degli sposi. L’annotazione dei matrimoni celebrati con il rito
religioso fu possibile solo dopo la firma del Concordato avvenuta nel 1929 tra la Chiesa e lo Stato
Italiano. Prima di questa data, infatti, il matrimonio veniva praticamente celebrato due volte: prima
in chiesa (generalmente), e successivamente in comune. Il registro dei matrimoni presenta una
prima parte dove vengono registrati i matrimoni celebrati nel comune e una seconda parte per la
registrazione di quelli celebrati fuori che, solitamente, riguardano almeno uno dei coniugi residente
nello stesso comune. Recentemente è stata istituita una terza parte riservata alle annotazioni dei
matrimoni avvenuti all’estero, che riguarda tutti coloro che hanno una qualche relazione con il
comune, sia diretta (nascita) o indiretta per discendenza (nascita dei genitori). Anche queste
annotazioni sono parte integrante dell’AIRE.
Registro dei morti
In questo registro sono annotate le generalità, lo stato civile ed il sesso del defunto, il nome
dell’eventuale coniuge (anche se già deceduto) ed il nome dei testimoni che ne denunciano la morte.
Talvolta, tra le annotazioni, si può trovare anche la data di nascita del defunto. Per tutto l’Ottocento
ed i primi anni del Novecento spesso si annotava anche la causa generica della morte. Bisogna tener
presente, inoltre, che ciascun atto di morte era necessariamente accompagnato dal certificato
necroscopico, compilato dal medico (quasi sempre il medico condotto) che ne attestava l’avvenuto
decesso, e veniva allegato all’interno del registro. Col tempo, probabilmente ragioni di opportunità
operativa, hanno determinato la separazione dei certificati necroscopici dai registri sono stati
conservati da un’altra parte. Questa separazione, purtroppo, ha fatto si che parte di questi documenti
risulti ormai scomparsa. Molti comuni però, per nostra fortuna, conservano ancora nei loro
polverosi archivi una buona parte di questi preziosi certificati. Crediamo risulti abbastanza facile
comprendere che sia i certificati necroscopici, così come le annotazioni sui registri di morte,
rappresentino una preziosa indicazione clinica ed una, sia pur parziale, traccia epidemiologica,
offrendoci talvolta anche delle testimonianza abbastanza insolite circa le cause di morte. Per
esempio ci è capitato d’imbatterci in registrazioni di morte che descrivono letteralmente: “morto
perché malmenato in campagna da un bue”; oppure: “morto annegato mentre cercava di guadare
un ruscello”; o ancora: “trovato morto in campagna a seguito di colpo apoplettico”.
Valore storico-sociale-culturale degli archivi comunali
Appare abbastanza evidente che le varie registrazioni dell’anagrafe ci permettono, non solo
di ricostruire agevolmente la genealogia di un’intera comunità, ma di avere a disposizione diversi
altri importantissimi dati demografici e sociologici che caratterizzano la comunità stessa; dati che
consentono un’analisi dettagliata dei vari fenomeni (natalità, mortalità, età media di matrimonio,
fertilità, longevità, parti gemellari, mestieri, alfabetizzazione etc.). Bisogna dire che gli stessi dati
rivestono, inoltre, un grande valore culturale e anche urbanistico in quanto si dimostrano di grande
aiuto per la ricostruzione toponomastica degli antichi quartieri e/o rioni, offrendo importanti
indicazioni per gli studi di riassetto e recupero funzionale del territorio urbano.
Per esperienza personale, dobbiamo anche dire, purtroppo, che molti di questi vecchi
registri, soprattutto quelli dello Stato Civile, nella gran parte dei comuni risultano (soprattutto a
causa del continuo utilizzo) ridotti in condizioni veramente disastrate. Ed è un vero delitto culturale
e antropologico perché questi preziosi manoscritti, talvolta vittime dell’incuria degli stessi operatori,
almeno nella loro parte più antica, tra le pagine ingiallite custodiscono l’anima della comunità
accompagnata da una straordinaria vitalità e da un fascino irresistibile. Sono pagine che trasudano
la dignità della storia personale di ciascun individuo, fino a diventare il compendio di tante piccole
storie personali che fanno la storia umana, civile e sociale di ciascuna comunità. Noi crediamo che
sia veramente un peccato mortale non intervenire per tempo per salvaguardare questo vero e proprio
patrimonio socio-culturale che oggi rischia materialmente l’estinzione. Un patrimonio che con un
modesto intervento finanziario potrebbe essere finalmente restaurato, messo in sicurezza (si
consideri che alcuni comuni a causa di eventi calamitosi, hanno perduto per sempre i loro archivi
anagrafici) e reso fruibile a disposizione della comunità.
Naturalmente gli archivi comunali non contengono solo i registri che costituiscono lo Stato
Civile, ma tantissimi altri documenti ugualmente importanti e di estremo interesse per i ricercatori.
Ci riferiamo, in particolare, ai vecchi registri che compongono l’Archivio della Leva Militare, alle
Deliberazioni di Giunta e di Consiglio Comunale, solo per citarne alcuni, che si dimostrano
ugualmente importanti per la ricostruzione storico-genealogica-sociale di una comunità. Assai
importanti ai fini della ricerca sono, soprattutto, i registri della Leva Militare (spesso presenti per
alcuni decenni a partire dalla seconda metà dell’Ottocento), che contengono le registrazioni dei
nomi dei coscritti (divisi per coorte di nascita) della comunità, sottoposti a visita medica per la
certificazione dell’idoneità al servizio militare. Del coscritto veniva indicato, infatti, oltre al nome e
cognome, data di nascita, paternità, peso ed altezza, segni particolari, anche le eventuali patologie
riscontrate e l’esito della visita. Crediamo sia del tutto inutile aggiungere nulla circa l’importanza
rappresentata da questi registri per la ricerca.
La meccanizzazione dell’Archivio dello Stato Civile
Ma torniamo a parlare dello Stato Civile che è quello che ci interessa maggiormente per il
nostro progetto di ricostruzione demografico-genealogica e che, a nostro avviso, dovrebbe essere al
più presto completamente meccanizzato. Un processo ormai indispensabile, che, una volta ultimato,
renderebbe più fruibile l’intero servizio, non solo in funzione del nostro progetto, ma soprattutto
nell’ottica di una moderna gestione dell’intero apparato della pubblica amministrazione con una
ricaduta che sarebbe a totale beneficio delle comunità e dei cittadini.
Anche la PA, infatti, con l’obbligo sempre più impellente della riduzione dei costi e con la
prospettiva, ormai non più remota, dell’accorpamento dei vari Enti Pubblici, soprattutto dei comuni
con meno di 1000 abitanti, avrà la necessita di meccanizzare al più presto tutto il proprio apparato
per consentire la rapida trasmissione dei dati dagli uffici periferici (dai comuni più piccoli che
verranno accorpati) verso quello che sarà diventato centrale (il comune di riferimento), onde
accorciare il più possibile le distanze geografiche sempre più grandi, ed i conseguenti disagi che
inevitabilmente si andranno a creare per i cittadini. Solo per avere un’idea delle possibili ricadute
negative che questo provvedimento potrà provocare si pensi che solo in Sardegna, sarebbero ben
118 i comuni al di sotto dei 1000 abitanti (su un totale di 377), quelli attualmente interessati.
Ricadute assai più negative se si considera l’aggravante che si tratta di comuni che, oltre a soffrire
gli effetti deleteri dello spopolamento, si trovano distribuiti su un territorio vastissimo.
Pertanto, diventerà più che mai indispensabile meccanizzare tutti i servizi d’anagrafe
(compreso lo Stato Civile) dei comuni per consentire il flusso e la centralizzazione dei dati dal
momento che è impensabile procedere all’accorpamento di tutti i vari Enti, trasferendo centinaia di
tonnellate di documenti cartacei dalla periferia. Documenti importanti che dovranno essere sempre
più tutelati e preservati anche nella loro stesura originaria, in quanto rappresentano il cuore pulsante
della comunità a cui appartengono e ne testimoniano l’esistenza e l’identità storica. Valori non certo
trascurabili, che caratterizzano sia le grandi e sia, soprattutto, le piccole comunità che non potranno
certamente essere cancellati con un decreto dello Stato. La necessità di giungere al più presto alla
completa meccanizzazione dell’archivio dello Stato Civile, è diventata, pertanto, un esigenza ormai
irrinunciabile sia per ragioni tecnico-amministrative (uniformare il servizio), sia per ragioni di
bilancio (razionalizzazione della spesa). Il tutto anche alla luce di un provvedimento del ministero
competente, che in data 1° luglio 2007 ha dato la possibilità ai comuni di aggiornare i propri archivi
storici su supporto informatico e quindi mandare in pensione i vecchi registri cartacei.
La Sardegna e la meccanizzazione parziale degli uffici comunali
Purtroppo, come accade spesso nel nostro Paese, le buone intenzioni non sempre sono
accompagnate dai fondi necessari che ne consentono l’attuazione. In Sardegna, infatti, la maggior
parte dei comuni a causa della ristrettezza dei loro bilanci, sono stati costretti a limitare la
meccanizzazione dei vari servizi solo all’essenziale. Molte amministrazioni locali, infatti, hanno
provveduto (esclusivamente con risorse proprie) a meccanizzare solo quei servizi ritenuti essenziali
per garantire la normale gestione corrente degli uffici. La gestione corrente riguarda, in linea di
massima, la possibilità di avere in rete tutti quei servizi essenziali, soprattutto Anagrafe e Stato
Civile, della popolazione residente (APR) per garantire le diverse certificazioni (talvolta anche online) richieste dagli utenti o da trasmettere agli uffici periferici collegati ed è limitata, solitamente,
ad un periodo storico che riguarda solamente gli ultimi 30-40 anni. Questo vuol dire, che buona
parte dei documenti a partire dal 1866, sono rimasti fuori da questa meccanizzazione e sono ancora
custoditi nei vecchi e polverosi registri. Pertanto, ogni volta che l’impiegato comunale ha la
necessità di consultare dei dati anagrafici antecedenti agli ultimi 3-4 decenni (cosa che capita assai
frequentemente nella compilazione di pratiche riguardanti atti di successione, eredità, estratti di
morte etc.) deve obbligatoriamente, con notevole dispendio di tempo, ricorrere alla consultazione
del vecchio cartaceo. Questa parte di documenti rimasta fuori dalla gestione corrente, abbracciando
un periodo di tempo abbastanza lungo (dal 1866 al 1970 circa), rappresenta la parte più consistente
e generalmente viene definita (compresi i registri dello Stato Civile): parte storica.
L’insieme di tutte queste ragioni che abbiamo descritto, che potremo anche definire tecnicoamministrative e/o socio-storico-culturali, sono, a nostro modesto avviso, già di per se sufficienti
per capire e giustificare la necessità di un immediato intervento che consenta a tutti i comuni della
Sardegna di poter meccanizzare l’intero servizio dello Stato Civile e renderlo fruibile on-line. La
completa meccanizzazione è, pertanto, diventata un’esigenza amministrativa (ma non solo) ormai
non più rimandabile, tant’è vero che moltissimi comuni italiani hanno già provveduto (o stanno
provvedendo) ad informatizzare i loro archivi storici (ivi compreso quello Stato Civile) mediante il
ricorso alla digitalizzazione. Un processo che non ha riguardato solo i piccoli comuni ma anche
grandi città e addirittura metropoli come Milano.
La meccanizzazione dello Stato Civile a Milano
L’amministrazione comunale di questa città, che ricordiamoci serve un bacino d’utenza di
circa 1.300.000 cittadini (appena poche centinaia di migliaia in meno dell’intera Sardegna), ha
provveduto, già da qualche tempo, a sostituire la vecchia documentazione relativa allo Stato Civile
(atti di nascita, morte, matrimonio), prima contenuti su microfiches e microfilm. Gli amministratori
si son resi conto, infatti, che questi due supporti, oltre a richiedere una gestione estremamente
onerosa in termini di personale dedicato, non permettevano di offrire al cittadino la documentazione
richiesta in tempi accettabili. Risultava preclusa, inoltre, la possibilità di ottenere certificati in una
sede diversa da quella in cui era situato l’archivio centrale. La soluzione al problema è stata trovata
grazie all’ausilio di un software (S.Im.A.- Sistema Immagini Atti), creato dalla IBM Software
Group, che gestisce l’intera certificazione dello Stato Civile e la produzione dei relativi atti, in
forma integrale ed in formato elettronico. Il ricorso a questo sistema, che contiene e gestisce circa 6
milioni di immagini di Stato Civile e circa 3 milioni di immagini di carta d’identità, ha consentito di
avere a disposizione in formato elettronico, gli atti di Stato Civile dal 1866 ad oggi.
Il livello del servizio offerto ai cittadini risulta notevolmente migliorato, riducendo il tempo
medio di attesa da trenta a pochi minuti con una maggiore efficienza media nella gestione delle
informazioni. Grazie alla gestione documentale realizzata a livello integrato è ora possibile erogare i
certificati oltre che dalla sede centrale anche dai 14 sportelli delle delegazioni decentrate, superando
le stringenti limitazioni alla circolazione dei certificati imposta dalla normativa vigente.
L’architettura di questo progetto è stata continuamente implementata e adeguata in base alle
esigenze via via emerse presso il comune e nei vari servizi gestiti dello Stato Civile, evolvendosi
gradualmente nel tempo soprattutto sulla base dei suggerimenti che sono arrivati direttamente dagli
utenti. Bisogna sottolineare, che il costo più consistente dell’intera operazione ha riguardato, più
che la infrastruttura IT relativa, il lavoro di digitalizzazione dell’immensa mole di documenti
cartacei pregressi, si consideri, però, che questa è una spesa una tantum.
Il comune di Verona, invece, ha ritenuto di dover curare la digitalizzazione dei Registri
dell’Anagrafe Austriaca (1836-1871) per un totale di 40.000 fogli digitalizzati, e di proporli on-line
ai propri cittadini. Mentre il comune di Bologna ha pensato bene di ottimizzare l’informatizzazione
del proprio Archivio Storico dello Stato Civile, offrendo ai propri cittadini la possibilità di
richiedere direttamente al servizio dell’ufficio preposto, uno schema del proprio albero genealogico
mediante un rimborso spese da corrispondersi per ogni nominativo contenuto nell’albero stesso. Nel
comune di Bergamo, invece, l’esigenza della meccanizzazione dell’Archivio Storico comunale si è
associata alla necessità di ottimizzare al meglio gli spazi destinati, tanto che per descriverne il
grande vantaggio ottenuto, è stato usato il termine “dematerializzazione”, essendo passati da un
totale di 553 metri quadri occupati a …..30 cm!
Sicuramente questo processo d’informatizzazione ha comportato per questi comuni uno
sforzo finanziario non trascurabile, ma gli evidenti vantaggi ottenuti, soprattutto nel lungo periodo,
giustificano abbondantemente l’investimento che, come detto in precedenza, rappresenta in tutti i
casi una spesa una tantum. Probabilmente non si tratta solamente di un mero discorso finanziario,
ma piuttosto di precise scelte politiche che dimostrano la lungimiranza di alcune amministrazioni;
scelte che testimoniano che quanto c’è veramente la consapevolezza e la volontà di ottenere dei
benefici, i soldi necessari si trovano comunque. Dalle nostre parti capita di osservare sovente,
purtroppo, soprattutto nelle realtà più piccole, che l’amministratore pubblico (forse per mancanza
proprio di lungimiranza o per calcoli di bottega) trovi più conveniente e più spendibile in termini di
visibilità politica, la realizzazione di una qualsiasi infrastruttura (magari del tutto inutile), piuttosto
che adoperarsi per completare la meccanizzazione di servizi essenziali come quelli dell’Anagrafe e
dello Stato Civile, erroneamente ritenuti secondari. Probabilmente, siamo di fronte ad un problema
che denota una mancanza generalizzata di sensibilità culturale che esigerebbe uno sforzo maggiore
da parte di tutti, affinché si possa finalmente comprendere l’importanza di questi interventi.
La struttura del database demografico-genealogico
Dopo aver parlato dei dati necessari per la costruzione del nostro database demograficogenealogico, ed aver provato ad illustrare alcuni possibili vantaggi procedurali che si possono
ottenere per i comuni dalla meccanizzazione del servizio dello Stato Civile (assai significativa
appare l’esperienza del comune di Milano), vediamo ora come si assemblano tutti questi dati per
realizzare materialmente il database alla base del nostro progetto. Un processo di costruzione che
avviene, come abbiamo già avuto modo di dire, mediante il ricorso ai dati anagrafici della
popolazione provenienti da due fonti distinte: archivio civile ed ecclesiastico.
La necessità di dover ricorrere a due diverse fonti ci ha consigliato di procedere alla
progettazione di due database distinti; uno per la gestione dei dati provenienti dai comuni e l’altro
per quelli della chiesa. Due database pressoché omologhi sia nella concezione che nella struttura
generale, capaci senz’altro di interagire tra loro ma distinti nei contenuti e nelle funzioni, tanto da
poter essere realizzati simultaneamente oppure in tempi diversi. Pertanto, abbiamo ritenuto
opportuno descrivere separatamente il processo di costruzione dei due database, fasi che solo per
convenienza descrittiva, chiameremo fase pubblica e fase ecclesiastica. Così come, sempre per
convenienza descrittiva, sulla base della provenienza dei dati, definiremo database demograficogenealogico pubblico il primo e database demografico-genealogico ecclesiastico il secondo.
La fase pubblica del database demografico-genealogico
Per fase pubblica intendiamo descrivere l’insieme dei procedimenti che iniziano con la
raccolta dei dati della popolazione contenuti nei registri dello Stato Civile, per proseguire con il loro
trasferimento nel database iniziale, dove, mediante un processo di linkage, saranno uniti tra loro per
formare gli alberi genealogici. Entriamo ora nel dettaglio dei diversi processi di questa fase che
conduce a realizzare un database che abbiamo definito demografico-genealogico in quanto risulta
costituito da due distinte sub-strutture: database demografico e database genealogico.
Il database demografico
Come è facile intuire dalla definizione, il database demografico gestisce i dati anagrafici
della popolazione provenienti dai registri dello Stato Civile dei comuni. Dati che si riferiscono alle
nascite, ai morti e ai matrimoni avvenuti nell’arco degli ultimi 150 anni di storia demografica di
ciascuna comunità. Il database demografico sarà materialmente costituito solo dai dati relativi alle
nascite (dati che possiamo definire “primari”), mentre quelli relativi ai matrimoni ed ai morti (dati
“secondari”), pur strettamente collegati al database, saranno contenuti in una struttura separata
(facilmente consultabile) in quanto necessari per la costruzione delle genealogie.
Abbiamo calcolato che il database demografico relativo ai 5 paesi della Barbagia di Seulo,
con i soli dati riferiti alle nascite per il periodo 1866-2013, dovrebbe poter contenere e gestire una
mole approssimativa pari a 30 mila. L’esperienza maturata e l’analisi dell’andamento demografico
degli ultimi 150 anni in Sardegna, suggeriscono, infatti, che il numero totale della popolazione ora
residente debba essere moltiplicato per circa 5-6 volte.
Ciascun dato anagrafico contenuto nel database demografico sarà collegato ad un codice
identificativo della persona e della comunità di origine. In questo modo si omogeneizzerebbe
interamente lo Stato Civile di ciascun comune e si metterebbe a disposizione degli uffici comunali,
mediante un collegamento telematico on-line; uno strumento capace di garantire, non solo un
servizio efficace ed immediato al cittadino per il rilascio allo sportello dei vari documenti
(certificati storici, successioni, eredità, estratti, varie ricerche etc.), ma anche per lo stesso ufficiale
d’anagrafe che, sempre per via telematica, potrà operare on-line tutte le annotazioni e le varie
procedure richieste dalle normative vigenti.
Un database per la gestione dinamica di circa 25 mila dati
Si tratterebbe di digitalizzare e rendere on-line, escludendo i dati anagrafici relativi agli
ultimi 3-4 decenni gia meccanizzati e disponibili, un totale approssimativo di circa 25 mila dati
anagrafici. Questa mole di dati, perlopiù contenuta nei documenti cartacei, una volta digitalizzati ed
in parte trascritti (almeno quelli più antichi completamente registrati a mano e per questo forse
“illeggibili” anche per i potenti scanner utilizzati per questi lavori), andrebbero immagazzinati
all’interno di un server centralizzato per costituire la parte anagrafica del database. Questa porzione
di database, che potremo anche definire “parte storica”, andrebbe ad unirsi interfacciandosi, con la
porzione d’anagrafe già meccanizzata ora in uso agli uffici anagrafici per costituire il database
Anagrafico centrale da mettere a disposizione degli Uffici di Stato Civile dei comuni. Insieme ai
dati provenienti dai registri di nascita che andranno a formare il database demografico-genealogico,
bisognerà provvedere, inoltre, alla raccolta e alla meccanizzazione anche di quelli contenuti nei
registri di morte e di matrimonio.
Questo strumento informatico operando bidirezionalmente, risulterà sempre aggiornato in
quanto alimentato dal flusso continuo dei dati provenienti (nuove nascite, matrimoni e morte) dai
comuni collegati, e potrà essere messo a completa disposizione della P.A. Esso, infatti, grazie ai
vari applicativi necessari sia di controllo che gestionali, faciliterà l’attività amministrativa dei vari
Enti che già accedono ai dati dei cittadini (altri comuni, servizio sanitario, giudice di pace,
Ministero dell’Interno ed altri) gestiti dallo Stato Civile. Cosa che già avviene regolarmente, spesso
con il ricorso all’utilizzo del materiale cartaceo, dal momento che i dati meccanizzati, come già
detto, riguardano solamente gli ultimi due o tre decenni. Si tratterebbe, pertanto, di procedere alla
completa informatizzazione del servizio per consentire al database demografico, mediante
accorpamento della parte storica dello Stato Civile con quella degli ultimi 30 o 40 anni, di mettere
al servizio della PA l’insieme complessivo dei dati della popolazione con tutti i vantaggi che prima
abbiamo provato ad illustrare.
Il database genealogico
L’insieme dei dati di nascita dell’intera popolazione della Barbagia di Seulo,
opportunamente meccanizzati e immagazzinati all’interno del database demografico, mediante un
apposito software demografico, saranno pronti per essere uniti tra loro, sempre all’interno del
database, a formare gli alberi genealogici. L’insieme complessivo degli alberi genealogici costituirà
materialmente il database genealogico e rappresenterà quello che è il nucleo del nostro progetto:
l’Albero Genealogico della Barbagia di Seulo. Le due sub-strutture (demografica e genealogica)
che costituiscono il database, saranno tra loro opportunamente separate (per motivi tecnici relativi
alla sicurezza e alla fruizione) anche se manterranno la possibilità di dialogare per consentire,
attraverso il flusso dei nuovi dati, l’aggiornamento automatico degli alberi genealogici.
Gli alberi genealogici contenuti all’interno del database genealogico, mediante appositi
applicativi (tool), potranno essere estrapolati a seconda delle necessità, e messi a disposizione dei
comuni, della sanità pubblica (Servizio Sanitario Regionale), della ricerca, degli studiosi di diverse
discipline, degli emigrati ed di tutti gli eventuali altri soggetti che risulteranno regolarmente
autorizzati dall’organismo che sarà deputato alla sua gestione.
Il database demografico-genealogico pubblico
Le due sub-strutture (demografica e genealogica) saranno, pertanto, dinamicamente
collegate nelle gestione del flusso dei dati e costituiranno il database demografico-genealogico
pubblico che, mediante la dotazione di appositi software e tool informatici, sarà in grado di
“dialogare” agevolmente in più direzioni. Vedasi lo schema descrittivo
IL DATABASE DEMOGRAFICO-GENEALOGICO PUBBLICO
DATI DELLO
STATO CIVILE
Dati Anagrafici
meccanizzati
ultimi 30-40 anni
Dati digitalizzati
dello Stato Civile
nascita 1866-2014
COMUNI
Ministero
dell’Interno
(Forze
dell’Ordine)
Giudice
di Pace
Nome:
Antonio
x
Anagrafe
Sanitaria
Medicina
di
base
Sanità
Ricerca
Comuni
Altro
Digital
Library
Le “opportunità” dei fondi UE
Del resto non mancano i finanziamenti pubblici destinate alle imprese che intendono
investire nelle regioni ritenute “svantaggiate” (per es. i fondi regionali UE nell’ambito della
cosiddetta strategia Europa 2020). Probabilmente per attingervi bisogna avere idee chiare e
soprattutto progetti concreti, e se ci è consentito, la nostra idea progettuale, modestamente, ci
sembra molto concreta e degna della massima attenzione. A proposito di fondi pubblici, c’è da dire
che l’Unione Europea, soprattutto per bocca del commissario responsabile alla politica regionale
Johannes Hahn, non ha perso l’occasione di sollecitare con forza alcune regioni (tra queste la
Sardegna), all’utilizzo dei finanziamenti strutturali a loro destinati. Le regioni italiane, infatti,
risultano in Europa tra quelle meno capaci di spendere i soldi a disposizione tanto che rischiano,
concretamente, di perdere i fondi loro assegnati. Recentemente il commissario europeo ha diramato
una comunicazione che esorta le autorità nazionali e regionali ad elaborare, in tempi celeri, quelle
che ha definito “strategie di specializzazione intelligente”, per aiutare le regioni ad identificare i
loro principali punti di forza. Riuscire a concentrare le risorse su di un numero limitato di priorità
potrebbe garantire, infatti, un uso più efficace dei fondi pubblici e contribuire ad attrarre un maggior
numero di investimenti privati.
Sulla base di queste continue sollecitazioni, crediamo che bisognerebbe stabilire quale
potrebbe essere, allo stato attuale, in base al programma di innovazione della PA l’orientamento
della Regione Sardegna e quale eventualmente il margine per un intervento pubblico-privato di
grande respiro che possa contenere al suo interno anche il nostro progetto, oltre a prevedere la
creazione (o il potenziamento, qualora si decidesse di inserirlo all’interno dell’Osservatorio
Epidemiologico Regionale), dell’infrastruttura pubblica a cui affidarne la gestione. Un progetto che
con le potenzialità che abbiamo cercato di illustrare, potrebbe rappresentare per la Sardegna una
grandissima opportunità di sviluppo e di crescita economica, oltreché un vantaggio inestimabile per
la salute generale della sua popolazione.
Il potenziale ruolo della Regione Sardegna
Dovrebbe essere, a nostro avviso, la Regione Sardegna a patrocinare la digitalizzazione di
tutti gli “archivi storici” dello Stato Civile dei 377 comuni della Sardegna, perché, oltre ad essere
l’Ente più direttamente interessato e coinvolto, risulterebbe anche il primo beneficiario. Riteniamo,
altresì, che non dovrebbe essere difficile far recepire alla Regione Sardegna le enormi potenzialità
contenute in un intervento di questo tipo, anche perché ci risulta che il progetto di meccanizzazione
è in parte già contemplato tra le fitte pieghe del complesso ed importante programma di egovernment per la modernizzazione della PA, già avviato da qualche anno sul territorio regionale.
Un intervento che sarebbe davvero praticabile qualora venisse recepita l’importanza strategica e
politica di questo processo di meccanizzazione. Un processo strategico, che potrebbe diventare
propedeutico per un progetto generale più ampio, ricco di interessi e motivazioni assai lungimiranti,
alcune adeguatamente già rappresentate (storiche, sociali, culturali, identitarie, amministrative etc.)
che abbiamo cercato di descrivere in precedenza, ma che risulta fondamentale, soprattutto, di fronte
alla necessità di fronteggiare adeguatamente la complessa realtà sanitaria regionale da tutti i punti di
vista, in particolare per quello che attiene all’attività di prevenzione sul territorio.
Il nostro progetto, infatti, può, e deve diventare, parte integrante di un serio progetto di
programmazione che preveda, anche attraverso la meccanizzazione dell’anagrafe civile collegata
con quella sanitaria, la realizzazione di un duttile strumento informatico regionale (contenente
anche l’intera genealogia della Barbagia di Seulo), capace di dialogare in molteplici direzioni. Allo
stato attuale, in base alle direttive del progetto piramidale di integrazione e meccanizzazione di tutto
il Sistema Sanitario Regionale, si è provveduto ad uniformare l’anagrafe sanitaria con quella dei
comuni della Sardegna. Tutti comuni sardi, infatti, hanno accettato di condividere on-line con
l’Assessorato Regionale alla Sanità, i dati dell’archivio corrente della popolazione residente che
avevano precedentemente meccanizzato (dati relativi agli ultimi 3-4 decenni), dati che ora, di fatto
costituiscono la cosiddetta Anagrafe Sanitaria Regionale.
Con la completa meccanizzazione dello Stato Civile dei comuni della Barbagia di Seulo si
potrebbe, pertanto, completare, e soprattutto testare, una parte del sistema informatico sanitario
regionale che, sviluppato e collegato su base genealogica, potrebbe davvero concorrere a creare
nell’immediato futuro uno straordinario database demografico-genealogico regionale. Lo stesso
database, qualora fosse messo in relazione, naturalmente con gli opportuni applicativi, con i dati
epidemiologici, diventerebbe fondamentale per l’osservazione (grazie agli alberi genealogici)
dell’incidenza delle patologie sulla base della familiarità, potendo seguire, inoltre, la distribuzione
delle stesse sul territorio. Una struttura informatica di grande valore scientifico, che sarebbe di
fondamentale ausilio anche per le dinamiche costitutive ed applicative dei registri epidemiologici
regionali che si dovranno obbligatoriamente realizzare al più presto. Ci risulta, che nessuna regione
d’Italia sia stata fin’ora capace di dotarsi di uno “strumento scientifico” con queste straordinarie
potenzialità, anche perché nessun’altra regione, dimostra di possedere tutte quelle peculiarità che
abbiamo illustrato e che rendono davvero unica la Sardegna. La Regione Sardegna, e i comuni della
Barbagia di Seulo, qualora riuscissero a cogliere questa grande opportunità, oltre a poter sfruttare
direttamente le immense potenzialità del sistema, potrebbe diventare un modello da seguire per
molte altre realtà.
Il nostro compito, naturalmente, non è quello di entrare nel merito delle scelte politiche della
Regione e delle amministrazioni locali, però, dal momento che crediamo ciecamente nella validità
del progetto che stiamo proponendo e che vogliamo assolutamente riuscire a portare a compimento,
possiamo provare a suggerire quale potrebbe essere la strada da seguire. Probabilmente, mediante
precisi accordi di programma con altri enti pubblici e/o privati, si potrebbero davvero trovare le
risorse necessarie per realizzare questo grande progetto. Crediamo, per esempio, che non sia fuori
luogo la prospettiva di creare una sorta di joint venture tra la Regione Sardegna e altri gruppi
pubblici e/o privati che possano garantire, soprattutto nella fase iniziale, un’adeguata
capitalizzazione. Sarebbe opportuno riuscire a comprendere che la prospettiva di costituire un
sistema d’impresa misto pubblico-privato, potrebbe, per esempio, garantire alla Regione Sardegna
da un lato, la certezza di usufruire sul territorio (a costo zero per le sue casse) di tutta una serie di
servizi veramente innovativi e di prim’ordine e dall’altro, offrire agli altri soggetti compartecipanti
l’opportunità di poter sviluppare, testare, ed eventualmente commercializzare i propri prodotti. Si
pensi, solo per fare un esempio concreto, all’eventualità della compartecipazione (idea forse non del
tutto remota) di una primaria azienda informatica che “vedesse” nel progetto l’opportunità di
sperimentare, sviluppare, testare e commercializzare nuovi software e sistemi operativi veramente
innovativi, potendo naturalmente beneficiare della copertura di opportuni copyright, nel settore
della medicina e della ricerca.
Altre funzioni del database demografico-genealogico
Dopo aver fatto queste opportune considerazioni sia sui costi e sia sull’eventuale ruolo della
Regione Sardegna e delle amministrazioni nella realizzazione del progetto, e dopo aver illustrato a
grandi linee quali possono essere le potenzialità applicative per il settore della ricerca e della sanità,
soprattutto in riferimento all’attività di prevenzione sul territorio, oltre alle possibili applicazioni
nell’ordinaria attività della PA, vediamo di illustrare altre potenziali funzioni del database. Prima di
entrare nel merito di alcune funzioni tecnico-amministrative legate alle normative vigenti in tema di
gestione anagrafica dei dati, vogliamo evidenziare quello che potrebbe essere, a nostro avviso, il
grande valore sociale rappresentato da una simile struttura informatica, qualora fosse messa al
servizio dei cittadini, compresi naturalmente le migliaia di emigrati (compresi quelli presenti sul
territorio regionale), per i quali, soprattutto gli alberi genealogici, non possono che rappresentare il
fondamentale trait-d’union con le loro famiglie di origine.
Gli alberi genealogici, inseriti in una infrastruttura informatica come quella da noi creata,
munita di appositi software e, naturalmente, di tutti i possibili sistemi di controllo e di sicurezza,
costituirebbero di fatto una struttura dinamica capace di favorire molteplici interazioni tra loro e i
tutti cittadini residenti e non. Proviamo a pensare, per esempio, alla grande opportunità per così dire
“sociologico-affettiva” che tale struttura offrirebbe agli emigrati, che potrebbero da un lato integrare
la struttura genealogica regionale, inserendo i propri dati anagrafici e quelli dei loro discendenti
(nati fuori dalla Sardegna o in altri comuni lontani da quello d’origine), avendo, nel contempo,
l’opportunità di visualizzare, ed eventualmente estrapolare, i dati genealogici dei loro ascendenti.
Pensiamo, soprattutto, agli enormi vantaggi che gli stessi emigrati, potrebbero “offrire” alla
medicina e alla ricerca condotta in Sardegna, qualora avessero la possibilità, grazie alla stessa
struttura informatica, di mettere a disposizione (mediante apposito questionario sottoscritto), la
propria “storia sanitaria”. Un insieme di dati che, una volta immagazzinati e messi a disposizione,
diventerebbero fondamentali per la conoscenza dello stato epidemiologico generale della
popolazione, sia di quella residente ma anche di quella sviluppatasi al di fuori da quella d’origine.
Senza dimenticare le non trascurabili opportunità, che la stessa struttura informatica, potrebbe
offrire nel permettere, per esempio, la condivisione di immagini (fotografie, vecchi documenti etc.),
racconti e storie personali.
Dati che possono essere facilmente contenuti e gestiti da apposite schede interattive che,
mediante l’utilizzo di particolari sistemi applicativi, possono essere condivise dinamicamente con lo
stesso database. Una mole di dati che può benissimo essere gestita, per esempio, attraverso il ricorso
ad un “Hosting Service Provider”. Gli stessi alberi genealogici, una volta estrapolati dal database
genealogico centrale, potrebbero essere direttamente affidati in gestione agli stessi comuni
d’appartenenza, trovare un apposito spazio all’interno dei loro siti istituzionali utilizzando le attuali
infrastrutture della rete telematica che, in Sardegna, fanno capo al portale Comunas. Ogni comune,
sarebbe nelle condizioni, pertanto, di possedere e di gestire nel proprio sito (in formato fotografico)
tutte le genealogie inerenti la propria comunità. Un “privilegio” importante, che offrirebbe agli
stessi una notevole opportunità di “visibilità” dal momento che ogni dato genealogico cliccato
dall’utente, grazie ad un apposito codice identificativo, rimanderebbe automaticamente al paese
d’origine visualizzandone il sito web. Si potrebbe anche prevedere, nel caso di una richiesta
(autorizzata) di rilascio di un albero genealogico da parte di un privato cittadino, di fare in modo di
dotare i comuni di appositi software che, oltre a permetterne l’estrapolazione dei dati, possano
arrivare a calcolare una commissione (magari sulla base del conteggio dei dati che compongono
l’albero richiesto), da corrispondere (una sorta di royalty) alle casse del comune. Un servizio che ci
risulta già sperimentato con successo in alcuni comuni d’Italia, primo fra tutti quello di Bologna.
Il valore identitario dell’Albero Genealogico
Bisogna tener presente, inoltre, che un intervento strutturale di meccanizzazione di questa
portata, applicato alla dinamica demografica che ha interessato l’intera popolazione della Barbagia
Di Seulo negli ultimi 150 anni, diventerebbe uno straordinario strumento d’indagine capace di
consentire approfonditi studi in più direzioni a sostegno delle più svariate discipline quali la
demografia, la storia, la sociologia, l’antropologia, la medicina, la statistica, la social network
analysis ed altre ancora. Sempre in merito alle potenzialità del progetto che proponiamo, crediamo
che non si possa sottovalutare quello che potrebbe essere il vero valore culturale ed identitario,
rappresentato da un database (consultabile) che conterebbe i dati anagrafici originali (in formato
digitale) dell’intera popolazione, compresi i molti “grandi” e “piccoli personaggi” che hanno dato
lustro alla storia, alla cultura e alla civiltà di quest’angolo di Sardegna. Documenti che potrebbero
essere, naturalmente previa autorizzazione, riprodotti nella loro stesura originale e custoditi
all’interno di quell’immenso patrimonio culturale rappresentato dal sito della Digital Library,
attivato qualche anno fa dalla Regione Sardegna.
Vantaggi “giuridici” della meccanizzazione dello Stato Civile
La meccanizzazione dello Stato Civile rappresenta, un grandissimo vantaggio anche per
l’operatività degli uffici comunali, ed in particolar modo per l’espletamento di quelle pratiche
amministrative sempre più impegnative, che interessano generalmente tutto il sevizio d’anagrafe,
richieste oggigiorno dalla sempre più complessa normativa vigente in materia. Una normativa che,
in primis, non poteva non risentire degli effetti dirompenti provocati dai sempre più complessi
fenomeni sociali a cui stiamo assistendo in questi anni, in particolare, ai nuovi e grandi fenomeni
migratori di massa. Un fenomeno planetario che riguarda ormai tutti i Paesi più poveri del mondo,
dove fame e miseria spingono masse sempre più grandi (soprattutto giovani), a cercare lavoro e
futuro nei Paesi più ricchi. Non è certo nostra intenzione, in questa sede, addentrarci nell’analisi
sociologica di questo complesso fenomeno, possiamo solo osservare che non è certamente nuovo
dal momento che si ripresenta ciclicamente, anche se, stavolta, appare abbastanza diverso in quanto
riguarda alcuni Paesi che prima si caratterizzavano per un fenomeno migratorio in uscita, tra questi
l’Italia, mentre ora registrano il fenomeno inverso. Un fenomeno come sappiamo, considerata anche
la crisi economica che non risparmia neanche i Paesi fin’ora considerati più ricchi, abbastanza
sentito tanto da indurre diversi governi a “restringere”, anche attraverso la stipula di appositi trattati
internazionali, le maglie delle loro frontiere, oltrechè a dotarsi di leggi e normative specifiche per
regolamentare e arginare al meglio il fenomeno.
La cittadinanza e lo “jure sanguinis”
Uno dei problemi più importanti che si registrano in questo contesto, è certamente quello
che riguarda l’ottenimento della cittadinanza da parte dei cittadini stranieri presenti nel territorio
italiano. Diversi e spesso tortuosi, infatti, sono i percorsi legislativi per l’ottenimento di questo
diritto che deve essere richiesto agli uffici anagrafici dei comuni dove si sceglie la dimora. Uno
degli iter amministrativi seguito dai cittadini richiedenti riguarda il cosiddetto riconoscimento dello
“iure sanguinis”. Il cittadino straniero discendente da emigrato italiano, può rivendicare il possesso
della cittadinanza italiana, come dettato dalla Circolare del Ministero dell’Interno K 28.1 del
08/04/1999, facendo riferimento alla normativa dell’attuale legge n° 91/1992, dalla quale si evince
che è italiano per nascita il figlio di madre o di padre cittadino del nostro Paese, pertanto ai sensi
dall’art. 1 della legge sulla cittadinanza è nato italiano per diritto di sangue.
Sulla base di questa normativa, i discendenti dei nostri emigranti, non naturalizzati stranieri,
e i cui figli hanno avuto attribuita la cittadinanza alla loro nascita (jure soli) nei Paesi di antica
emigrazione, per esempio argentina, brasiliana, canadese, uruguaiana, australiana etc., qualora non
sia intervenuta nessuna interruzione nella trasmissione della cittadinanza, risultano in possesso di
doppia cittadinanza. Quest’ultima, risulta attribuita per nascita sul suolo straniero e italiana per
discendenza paterna fino al giorno 01/01/1948 e successivamente trasmessa anche dalla madre;
pertanto possono chiedere, seppure attualmente siano in possesso del passaporto straniero, il
riconoscimento della cittadinanza italiana jure sanguinis dalla nascita secondo le indicazioni della
citata Circolare K 28.1. Il richiedente deve essere in grado di dimostrare che l’avo emigrato sia
deceduto dopo il 17/03/1861 (data della proclamazione del Regno d’Italia) e che non acquistò la
cittadinanza del Paese estero di emigrazione anteriormente alla nascita del discendente; deve
presentare il relativo atto di nascita, matrimonio e morte, gli atti di nascita e matrimonio dei
discendenti in linea retta fino all’atto di nascita del richiedente, nonché attestazione/i (a secondo
della loro residenza in un territorio o più territori) rilasciata dall’Autorità italiana competente
(Ambasciata/Consolato) del loro Paese di appartenenza dalla quale risulti che né gli ascendenti, né
la persona rivendicante il possesso della cittadinanza italiana, vi abbiano mai rinunciato ai sensi
dell’art. 7 della legge n° 555/1912 e dell’art. 11 della legge n° 91/1992.
Abbiamo voluto analizzare l’iter per l’ottenimento della cittadinanza mediante il ricorso allo
jure sanguinis, innanzitutto, per evidenziare la sfilza di documenti che tale procedura richiede, ma
anche per provare a comprendere quali saranno le problematiche burocratiche cui dovranno far
fronte gli uffici anagrafici distribuiti sull’intero territorio, soprattutto se si tiene in considerazione
che gli stessi, vengono continuamente consultati dalle forze dell’ordine per l’espletamento di gran
parte dei loro servizi burocratici sul territorio. Diventerà sempre più pressante, d’ora in avanti,
l’esigenza generale di meccanizzare tutto il sistema che riguarda l’anagrafe perché appare evidente
che questi fenomeni che sono di portata planetaria, finiscono poi, inevitabilmente, per impattare con
la burocrazia incanalandosi nei “paludosi” meandri amministrativi che riguardano indistintamente le
grandi come le piccole realtà locali e che avranno, pertanto, la necessita di essere collegate in rete
tra loro per consentire una rapida trasmissione della documentazione. Regioni come la Sardegna,
all’apparenza immuni o poco interessate a questi fenomeni, rivestono invece un ruolo importante
perché, essendo state per oltre un secolo “terra d’emigrazione”, hanno in giro per il mondo migliaia
e migliaia di persone discendenti dai suoi emigrati. Si prevede, pertanto, che saranno sempre di più
le richieste di certificazione anagrafica (soprattutto quelle che riguardano la parte storica), che
perverranno agli uffici d’anagrafe dei comuni sardi. Questo è un ulteriore importante motivo che
dimostra quanto sia diventata impellente la necessità di procedere alla meccanizzazione dell’intera
anagrafe (compreso lo Stato Civile) dei comuni della Sardegna. Non dimentichiamo, inoltre, che la
digitalizzazione consentirebbe, soprattutto ai grandi comuni, di riorganizzare gli spazi dei propri
uffici, in particolare quelli riservati al pubblico, spesso angusti e poco accoglienti anche a causa
della presenza dei grossi, antiestetici e scomodi armadi metallici ora destinati a contenere al proprio
interno l’imponente mole di documentazione cartacea. Un meritorio processo “salvaspazio” che
consentirebbe, finalmente, la salvaguardia di quel prezioso patrimonio storico-sociale rappresentato
dagli antichi registri dello Stato Civile.
Le potenzialità del “turismo genealogico”
Un altro aspetto importante da non trascurare, indubbiamente collegato al crescente interesse
che si registra in questi ultimi anni intorno alla storia della famiglia riguarda le potenzialità insite
nel cosiddetto turismo genealogico. Noi crediamo che una realtà come quella della Sardegna non
debba trascurare nessuna opportunità di sviluppo, soprattutto se questa può essere in qualche modo
correlata con le offerte del settore turistico. Un settore, quello del turismo genealogico (forse ancora
non del tutto compreso), che potrebbe avere una sua valenza concreta qualora venisse unito (magari
con adeguati “pacchetti” da offrire nella cosiddetta bassa stagione), al già sperimentato turismo
congressuale. Una rete capace di catalizzare e coniugare il sempre più crescente interesse del
mondo scientifico intorno al peculiare patrimonio genetico dei sardi, con le opportunità offerte dal
clima, dall’ambiente, dalla gastronomia, dalle tradizioni e dalla cultura, compresa la rete museale da
potenziare e possibilmente mettere in collegamento con i “ricchissimi” archivi storici ed
ecclesiastici diffusi su tutto il territorio della Sardegna. Noi crediamo che anche queste potenzialità
rappresentino delle opportunità che non debbano essere trascurate, bensì approfondite e pianificate.
La ricerca in Italia e in Sardegna
Quando si parla di ricerca non si può, in generale, non constatare il ritardo del nostro Paese
nelle politiche a sostegno di questo fondamentale settore. Un ritardo cronico e sempre più evidente
dovuto, in primo luogo, ad una generale mancanza di prospettiva di lungo e medio periodo. Una
mancanza che non riguarda, purtroppo, solo la cosiddetta classe imprenditoriale ma anche la nostra
classe dirigente, con conseguenti tagli delle risorse finanziarie destinate a questo settore. Una
miopia politico/imprenditoriale che è responsabile del grave ritardo accumulato e che ha portato,
inevitabilmente, l’Italia ad occupare gli ultimi posti della graduatoria europea per gli investimenti
nella ricerca e nello sviluppo. Si calcola che gli investimenti in ricerca e sviluppo nel nostro Paese
non superino il 0,65% del PIL, contro una media UE dell’1,21%.
Le regioni che investono maggiormente in questo fondamentale settore (quasi il 90% del
totale della spesa) sono concentrate, come sempre accade, nel Centro-Nord del Paese (Lombardia,
Piemonte, Veneto, Emilia Romagna e Lazio), mentre il resto delle regioni del Sud (isole comprese)
contribuisce solo per una quota del 10,1%. Un dato abbastanza negativo per il nostro Paese che
testimonia, ancora una volta, il forte squilibrio esistente tra Nord e Sud, oltre all’assenza di una
seria strategia politica complessiva e l’incapacità di cogliere la vera forza innovativa che la ricerca
rappresenta per il proprio futuro. E’ molto difficile immaginare, infatti, che una politica che fin’ora
s’è dimostrata così distante, possa cambiare strategia e rilanciare in breve tempo il settore e riuscire
a diventare un interlocutore credibile nel promuoverne l’incentivazione anche con l’apporto di
eventuali capitali privati. Una prospettiva certamente auspicabile soprattutto per il miglioramento
delle difficili realtà del Sud Italia anche perché, gli investitori privati, essendo generalmente molto
attenti al “calcolo del rischio”, farebbero aumentare la credibilità stessa dell’investimento.
Risulta evidente che ci dovrà essere, in primo luogo, un cambio di passo da parte delle
istituzioni a cui dovrà seguire l’adeguamento delle attuali normative (sburocratizzare al massimo le
procedure) che regolano gli accordi tra pubblico e privato. Sarà necessario prevedere concreti e reali
incentivi fiscali per quelle imprese che intendono investire nelle attività di ricerca e di sviluppo, in
particolare al Sud; adeguato supporto e attento controllo per quelle iniziative miste pubblico-private
che intendessero ricorrere agli incentivi (spesso non utilizzati), messi a disposizione dall’UE per
l’innovazione industriale e la ricerca. Noi siamo convinti, infatti, che un maggior coinvolgimento
dei capitali privati anche nella ricerca, potrebbe rappresentare una vera opportunità per superare la
stagnazione economica in cui sembra finito il Paese. La disponibilità di maggiori investimenti da
parte del soggetto privato, dovendo obbligatoriamente far i conti, come detto in precedenza, con la
valutazione del rischio comporterebbe, innanzitutto, un preciso ed attento studio del mercato di
riferimento che obbligherebbe di fatto a puntare su investimenti che siano in linea con esso e con le
esigenze reali di un determinato territorio.
Gli orizzonti della ricerca
Gli investimenti mirati, eviterebbero in primo luogo le sovrapposizioni e lo spreco di quelle
tante risorse che potrebbero essere utilizzate per sostenere e potenziare una solida ricerca di base
attraverso un processo d’innovazione industriale che sia compatibile con l’ambiente e con il
contesto territoriale. Un investimento mirato e condiviso che eviti le molte e diffuse “cattedrali nel
deserto”, ma che punti piuttosto, ad un prodotto innovativo che sia in equilibrio tra la ricerca di base
e quella applicata fino a giungere allo sfruttamento economico e commerciale del prodotto finito.
La ricerca, infatti, non può permettersi il lusso di chiudersi nei propri laboratori, di essere per così
dire fine a se stessa, ma deve sempre coltivare il campo di un ambiente il più possibile adatto alla
propria esistenza. E’ necessario, pertanto, “ripensare” un rilancio del settore con nuovi modelli che
prevedano un rinnovamento complessivo di tutto il sistema a partire dalla formazione universitaria
proseguendo col processo di innovazione industriale, fino ad arrivare alla creazione del prodotto
finito da immettere sul mercato.
Ecco perché, noi siamo convinti che la ricerca scientifica non sia mai troppa, a patto però
che non diventi un esercizio per pochi privati! Con questa provocazione non si vuole certo dire che
la ricerca condotta fino a questo momento in Sardegna sia priva di validità o che non abbia
raggiunto importanti risultati, dal momento che questi, sono sotto gli occhi di tutti. Saremmo
certamente degli ipocriti se negassimo questa evidenza, anche perché, tra l’altro, non abbiamo
neanche la patente scientifica per esprimere giudizi di merito tanto severi. Naturalmente bisogna
anche dire, che se le cose non vanno bene in questo Paese non è certo per colpa della ricerca, anzi
probabilmente è la ricerca (come diversi altri importanti settori), a risentire della generale situazione
di crisi in cui siamo precipitati. Questo, però, non ci deve esimere dall’avanzare alcune perplessità
circa le modalità di conduzione di almeno gran parte di quegli studi che, fino a questo momento,
hanno interessato la Sardegna.
Il nostro progetto a sostegno della ricerca
Noi siamo davvero convinti che le immense potenzialità, che fin’ora abbiamo cercato di
illustrare, racchiuse nel nostro progetto pilota, non appartengano alla fantascienza ma siano
effettivamente realizzabili e subito praticabili in tutto od in parte, e che rappresentino per la
Barbagia di Seulo in particolare, e per la Sardegna in generale, davvero una grande opportunità. Noi
crediamo di essere riusciti a far comprendere quali enormi potenzialità contenga un progetto che
prevede la capillare ricostruzione demografico-genealogica di una regione della Sardegna che
dimostra delle peculiarità uniche al mondo e che può davvero diventare, soprattutto nell’ambito
sanitario e in quello della ricerca, un formidabile esempio da seguire. Crediamo, pertanto, che sia
giunto il momento di fare un grande sforzo comune per cercare veramente il modo di far si che
queste peculiarità non rappresentino, purtroppo, solo un grandissimo tributo da pagare in termini di
salute pubblica, ma che possano invece diventare veramente un valore aggiunto per la crescita
economica e culturale di questa regione.
Quello che oggi può apparire, forse, solamente un sogno potrebbe divenire realtà qualora si
riuscisse a canalizzare i grandi vantaggi scientifici della ricerca in atto oggi in Sardegna, puntando
al miglioramento della salute generale della popolazione nell’ottica di una ricaduta economica sul
territorio, grazie soprattutto alla concreta valorizzazione dell’indotto che una ricerca simile potrebbe
e dovrebbe veramente creare. Le potenzialità ci sono tutte ed il terreno appare abbastanza “fertile”.
Le acquisizioni scientifiche degli ultimi decenni, hanno dato un notevole impulso alle conoscenze
delle basi biologiche di molte malattie ereditarie e la Sardegna, purtroppo, rappresenta lo scenario
ideale per “testare” tali acquisizioni. Del resto, è sotto gli occhi di tutti che il settore della ricerca,
quella condotta nell’Isola in particolare, dimostra sempre di più di avere enormi potenzialità
applicative in tutte le direzioni. Una precisa conferma di quest’analisi ce la forniscono direttamente
gli studi compiuti sul DNA in particolare, che hanno permesso di individuare i difetti molecolari di
numerose malattie neuromuscolari, consentendo la messa a punto di test genetici specifici per una
conferma diagnostica certa in epoca postnatale e per sfruttare le conoscenze ai fini di una più
precisa diagnosi prenatale. Ciò nonostante, risulta ancora numeroso il gruppo delle patologie
neuromuscolari per le quali le conoscenze sulle caratteristiche cliniche e le modalità di trasmissione
non sono confortate da una certezza molecolare, rendendo gli studi sul DNA tuttora incompleti e
approssimativi.
Si tratta quindi di incentivare la ricerca anche in questa direzione dal momento che, come
abbiamo detto tante volte, in Sardegna esistono tutte le condizioni più favorevoli. Esistono infine
molte malattie genetiche definite complesse, probabilmente quelle maggiormente diffuse nella
popolazione generale, in particolare in Sardegna, come il diabete, le malattie cardiovascolari, la
sclerosi multipla, che sono il frutto dell’interazione di più geni i quali, insieme a fattori ambientali,
contribuiscono allo sviluppo della malattia. Per molte di esse non essendo del tutto chiari i fattori
patogenetici, al momento, non sono disponibili cure adeguate e tanto meno eventuali test genetici
specifici. Un motivo in più per incentivare la ricerca e moltiplicare gli sforzi perché davanti a queste
ultime malattie, i pazienti affetti e i loro familiari a rischio hanno diritto alla migliore conoscenza
possibile delle basi molecolari della patologia, delle sue modalità di trasmissione e in quale modo
tutto ciò si rifletta sulle loro scelte di programmazione di vita e familiare. Tanti validissimi motivi
per tenere alta l’attenzione su tali patologie e implementare gli studi sul territorio ed in particolare
sulla popolazione della Barbagia di Seulo che si dimostra davvero “ideale”.
I limiti prospettici della ricerca
Se prendiamo in esame il settore che ci riguarda più direttamente abbiamo potuto osservare
che gran parte della ricerca condotta oggi in Sardegna, sembra non volersi accorgere delle
straordinarie potenzialità rappresentate da una popolazione che presenta le caratteristiche prima
descritte. La ricerca in generale, almeno quella condotta fino ad ora, è risultata avere evidenti limiti
prospettici essendosi sviluppata, per cosi dire, solo in senso “verticale” incentrandosi, talvolta con
stupidi atteggiamenti autoreferenziali, esclusivamente sullo studio della struttura genetica di una
parte limitata della popolazione.
Un approccio certamente rispettabile che avrebbe però la necessità, per essere serio fino in
fondo, di effettuare un approfondito studio preliminare conoscitivo sugli esseri umani che quella
stessa popolazione costituiscono, senza rinunciare aprioristicamente all’ausilio di discipline quali la
genealogia e la demografia (soprattutto quella storica), che pur agendo in senso “orizzontale” sulla
superficie di un piano apparentemente secondario, diventano propedeutiche per una ricerca seria e
mirata. Se ci è consentito ancora il ricorso ad un’altra metafora, diciamo che fin’ora abbiamo
assistito al continuo ricorso ad una “trivellazione indiscriminata” senza aver effettuato le necessarie
preliminari operazioni per così dire di “carotaggio” sulla superficie, ossia il ricorso a quelle
tecniche di sondaggio usate dai geologi, che sono indispensabili per comprendere la costituzione
geochimica del terreno che si è deciso di perforare.
L’uomo
Ma com’è possibile pensare d’intraprendere uno studio qualunque su una comunità umana,
prescindendo dalla conoscenza approfondita dell’elemento fondante? Ci si dimentica, o forse
presuntuosamente si vuole continuare ad ignorare, che al centro di queste ricerche c’è l’UOMO. A
pensarci bene, questo non dovrebbe essere un dettaglio di poco conto, ma è ormai da molto tempo
che la ricerca in genere, soprattutto la medicina tradizionale, anche per gli interessi stratosferici che
essa catalizza, sembra averci abituati a credere che l’uomo non rappresenti l’elemento principale
della sua funzione. Questo constatazione, però, non deve meravigliarci più di tanto dal momento
che, per interi secoli, il fulcro centrale della medicina tradizionale è stato indubbiamente la malattia
che, nella forma acuta, si poneva come punto focale dell’attenzione, dell’osservazione e
dell’intervento. Oggi, forse per caso, ma per fortuna, di fronte a nuovi fenomeni quali sono, per
esempio, l’allungamento dell’aspettativa di vita, la comorbilità e, soprattutto, la realtà delle tante
malattie croniche, finalmente al centro dell’osservazione scientifica c’è l’uomo, quell’essere umano
già idealizzato da Ippocrate sin dai primordi della medicina, con le sue molteplici e complesse
relazioni individuali, sociali ed ambientali. D’ora in avanti, la ricerca, la medicina di base e tutti
coloro che vi si dedicano, dallo scienziato fino all’ultimo operatore, dovranno sempre considerare
che sono il malato e la qualità di vita, e non piuttosto la malattia e la sopravvivenza, il metro che
stabilirà la differenza tra umanesimo e tecnologia.
L’approccio multidisciplinare
Oggi, nella pratica medica il semplice e superficiale ragionamento clinico, ha lasciato il
posto ad un complesso esame multidisciplinare che trova i suoi fondamenti direttamente
nell’eziopatogenesi stessa che il più delle volte è divenuta multifattoriale. Un nuovo approccio
multidisciplinare che riguarda anche la genetica ed altre importanti discipline demo-sociali quali per
esempio, solo per citarne alcune, la demografia, la genealogia e la sociologia. Per fortuna, inizia a
diffondersi anche nel mondo scientifico, la convinzione che non serve conoscere una malattia se
prima non si conosce l’uomo che ne è portatore. Conoscere l’uomo significa centrare il punto di
osservazione sulla persona, sia nelle sue parti di funzionamento biologico, sia in quelle legate al
funzionamento psichico (intellettivo, cognitivo, emotivo ed affettivo), sia in quelle determinate dal
funzionamento adattivo-relazionale o psico-sociale.
Apparentemente potrebbe sembrare un’indicazione assai facile da recepire ma la realtà
sembra mostrarci una situazione ben diversa, se è vero, come accade oggi nella maggior parte dei
casi, che la ricerca, o alcuni suoi importanti settori, continuano a prescindere dall’ausilio e dalla
complementarietà di alcune importanti discipline. Noi possiamo solo dire, sulla base della nostra
decennale esperienza, che qualsivoglia ricerca, men che meno quella che agisce nel delicato campo
della salute umana, se vuole definirsi tale e veramente seria fino in fondo, non possa assolutamente,
più prescindere da un nuovo approccio multidisciplinare rapportandosi attivamente e fattivamente
con altre discipline, vecchie e nuove: la demografia storica, l’informatica, la storia, la sociologia, la
genealogia, l’antropologia, la filosofia, la statistica etc. Discipline ausiliari, spesso considerate
secondarie, apparentemente anche distanti e per così dire meno nobili ma che, spesso e volentieri, si
rivelano essere utilissime, se non addirittura fondamentali, nel favorire una visione globale del
fenomeno che si vuole analizzare. A seguito di queste considerazioni, noi crediamo che sia giunto
davvero il momento che anche gli attori della ricerca in Sardegna, debbano sforzarsi di lasciar da
parte le divisioni, i pregiudizi di casta ed i notevoli interessi di bottega ed elaborare un serio e
condiviso protocollo operativo. Si eviterebbero in questo modo le “trivellazioni” indiscriminate, i
doppioni, gli sprechi e anche quei molteplici filoni di ricerca davvero insensati, soprattutto perché
finanziati con fondi pubblici, qualche volta quasi ridicoli, ora tanto di moda che fanno “sognare” la
scoperta dell’elisir di lunga vita ed altre amenità del genere.
A proposito della necessità di affrontare determinate malattie ricorrendo ad un approccio
multidisciplinare, il Consiglio Regionale della Sardegna, nell’affrontare il drammatico problema
rappresentato dall’incidenza del carcinoma mammario, ha ritenuto addirittura opportuno proporre
una legge (proposta N. 284 del 6 maggio 2011), per la costituzione di apposite strutture interforze
denominate Breast unit (BU). Si tratta in pratica, di strutture già da tempo sperimentate in altre parti
del mondo, che beneficiano dell’apporto costante di un team multidisciplinare di specialisti, dove la
donna (più che la malattia) è al centro dell’attenzione essendo seguita in tutte le varie tappe di
questa sua difficile esperienza. Vogliamo dire, in sintesi, che ben venga la Breast unit per
combattere il carcinoma mammario a patto però, che possa rappresentare un punto di partenza e si
avverta, finalmente, anche la necessità di istituire sul territorio altre strutture interforze per
affrontare le altre importanti patologie che oggi osserviamo…..anche a prescindere dall’emanazione
di leggi apposite. Sembra quantomeno curioso, infatti, osservare che si sia dovuta attendere una
decisione (certamente corretta e condivisibile) del legislatore, per determinare che il lavoro di
squadra sia diventato una necessità da stabilire per legge e non piuttosto una priorità elementare che
è insita nella complessità stessa della manifestazione patologica e delle implicazioni psico-sociali
che essa comporta, oltre che suggerita dalla moderna concezione che si dovrebbe avere della stessa.
Il nostro auspicio è che, a partire da questa decisione calata dall’alto, si possa realmente prendere in
considerazione l’intera situazione sanitaria della Sardegna e che a breve, si possa assistere anche
alla costituzione su base regionale di una Diabetes-unit, Multiple Sclerosis-unit, Amyotrophic
Lateral Sclerosis-unit, Autoimmune Thiroid Disease-unit e cosi via.
Una felice esperienza di attività multidisciplinare
Nel campo della medicina soprattutto, sono sempre di più i gruppi al mondo che in questi
ultimi decenni, hanno deciso di puntare sulla ricerca multidisciplinare; una ricerca, che vede agire in
stretta collaborazione un particolare team di ricercatori, basata sull’utilizzo combinato di dati
demografici, medici e sociali che riguardano alcune popolazioni che condividono determinate
caratteristiche genetiche e/o patologie. Importanti esperienze in tal senso, sono state state portate
avanti da gruppi che operano negli Stati Uniti (Salt Lake City, Houston, Massachusset), oppure in
Canada, in particolare nella regione orientale del Quebéc, dove un progetto di ricerca, inizialmente
proposto e diretto dal sociologo Gerard Bouchard, sulla popolazione di Saguenay e Charlevoix,
iniziato nel lontano 1971, continuamente integrato ed ampliato (ora si estende su un’area di 1,5
milioni di abitanti), prosegue tutt’oggi e vede impegnato un gruppo formato da una sessantina di
persone in associazione con l’Università del Québec a Chicoutimi, l’Università Mc Gill di Montréal
e l’Università Laval di Quebéc.
Studi che, soprattutto quest’ultimo, hanno potuto dimostrare come le particolari condizioni
in cui si sono sviluppate queste popolazioni regionali (origini comuni, alta frequenza di matrimoni
tra consanguinei, secolare isolamento geografico etc.), abbiano favorito la moltiplicazione di alcune
mutazioni relativamente rare, talvolta del tutto sconosciute in altre popolazioni bianche limitrofe. La
popolazione canadese, di origine francese, insediatasi in questa particolare regione già a partire dai
primi decenni del 1500, presenta diverse malattie distintive, molte recessive ed alcune dominanti,
come la tirosinemia, l’atassia spastica di Charlevoix-Saguenay, l’atresia intestinale, l’agenesia del
corpo calloso, la malattia di Steinert, la distrofia oculo-faringea, alcune particolari mutazioni della
lipoproteina lipasi e dell’ipercolesterolemia familiare. La conferma della diversa struttura genetica
e dell’origine e di questa popolazione, è data dal fatto che nelle altre regioni del Quèbec si
riscontrano diverse malattie (la malattia di Duchenne, la fenilchetonuria, la talassemia etc.), che
hanno una diffusione meno tipica, più vicina alla media generale che si riscontra in molte altre
popolazioni di origine europea. Un fattivo esempio di studio multidisciplinare che dura ormai da 40
anni, che ci dimostra quali potenzialità possono offrire alla ricerca e alla medicina, un territorio ed
una popolazione isolati da secoli, e soprattutto, quali risultati si possono ottenere quando diverse
discipline si trovano sinergicamente impegnate nel raggiungimento di un comune obiettivo.
Probabilmente in Sardegna dovremo iniziare a prendere in seria considerazione queste esperienze,
perché abbiamo tutte le risorse necessarie (comprese quelle scientifiche) per fare addirittura di più e
forse anche di meglio.
Pino Ledda
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