NOTA STORICA SU PALAZZO REALE
Palazzo Reale nacque con il nome di Palazzo del Broletto Vecchio e fu sede,
durante il periodo dei comuni, del Governo della città. A partire dal basso
Medioevo, il Palazzo rafforzò il ruolo di centro politico con l'avvento delle
signorie dei Torriani, dei Visconti e degli Sforza che avviarono un importante
intervento di ristrutturazione.
Nei primi decenni del Cinquecento, con i continui assedi al Castello Sforzesco,
la famiglia decise di trasferire la propria residenza principale a Palazzo,
adibendo il Castello a solo uso militare; forse fu proprio questa l’occasione per
alcuni significativi interventi come la creazione di affreschi da parte del
Bramantino.
Una nuova e lunga stagione si aprì nel 1546 con l’arrivo del Governatore
Ferrante Gonzaga: il Palazzo tornò ad essere a pieno titolo Corte Ducale, ma,
per renderlo realmente tale, vennero avviati numerosi lavori per realizzare,
innanzitutto, un appartamento nobile per la residenza del Governatore e le
sale di udienza. Venne scelto a questo scopo il corpo dell’edificio posto tra il
cortile e il giardino, che venne riformato dall’architetto Domenico Giunti. Il
lato del Palazzo rivolto alla piazza venne destinato prevalentemente al corpo
di guardia, mentre i due bracci laterali al Senato e ai Tribunali Regi. I locali
verso l’attuale via del Palazzo Reale vennero adibiti a cucine e a spazi per la
servitù. Altri locali per il Governatore e la sua famiglia furono ricavati
nell’area di fronte al giardino, oggi cortile maggiore. La vecchia struttura fu
teatro di una vivacissima vita di corte ed eventi memorabili come l’arrivo a
Milano di Filippo II nel 1548 o la recita delle commedie nella sala del Senato
che segnarono l’inizio di una stagione teatrale a Palazzo. Questo momento
d’oro venne bruscamente interrotto dall’arrivo di Carlo Borromeo, che non
amava le arti legate al teatro e alle feste.
Nel 1573, con il trasferimento a Milano del Governatore Antonio de Guzman y
Zuniga, Marchese di Ayamonte, la città nobile trovò una sorta di equilibrio
con Borromeo. Il Governatore intraprese, infatti, nuove opere di restauro con
l’aiuto dell’architetto Pellegrino Ribaldi. Riguardo a questo intervento non si
hanno molte notizie: è noto soltanto che, in questi anni, venne rifatta
completamente la decorazione pittorica degli appartamenti nobili, dei portici,
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della cappella privata e della Chiesa di S. Gottardo. Collaborarono a questa
impresa i maggiori artisti dell’epoca: Aurelio Luini, Ambrogio Figino,
Antonio Campi e lo stesso Pellegrino Tibaldi.
Nel 1598, in occasione della visita di Margherita d’Austria, in viaggio verso la
Spagna, la struttura del “Theatro di Legname” (1594), un’opera provvisoria
allestita nel cortile del Palazzo, venne sostituita con il più stabile “Salone a
riserva di Theatro”, da allora chiamato “Salone Margherita”. Le feste e le
rappresentazioni nei primi anni del Seicento furono sempre più animate e
fastose.
Nel 1616 il Governatore e il Cardinale Federico Borromeo concordarono la
demolizione di un pezzo del Palazzo per consentire l’avvio dei lavori volti al
completamento del Duomo. La facciata non subì altri cambiamenti fino al
1773, quando fu interamente demolita dal Piermarini.
È con la nomina di Bartolomeo Arese a Presidente del Senato che, verso la
metà del Seicento, si ebbe un altro ciclo di interventi sul palazzo: il Salone del
Senato ricevette maggiore attenzione con un importante ciclo di pitture e il
grande cortile, che fino a quel momento conservava l’aspetto trecentesco,
venne ristrutturato attraverso la trasformazione delle vecchie aperture gotiche
in più moderne finestre quadre, mentre sull’intonaco fu dipinto un finto
rivestimento di pietra.
Nella seconda metà del Seicento vennero fatte delle opere anche sugli altri
corpi di fabbrica, per esempio per nuove stalle e alloggi per la servitù, ma
furono realizzate con scarsi mezzi, e la manutenzione fu carente. Ciò
comportò il cattivo stato di conservazione del fabbricato, aggravato da due
incendi (1695 e 1708), che distrussero numerose stanze e decorazioni.
A seguito della Guerra di Successione Spagnola, la città di Milano passò sotto
il dominio asburgico; nel 1717 arrivò il primo Governatore austriaco, il
Loewenstein, che avviò immediatamente i lavori del nuovo teatro di corte più
grande e armonioso del precedente, il cui progetto è attribuito al Bibiena. Dato
che gli incendi avevano danneggiato il lato sud e nord del giardino, il
Governatore si rifugiò nel “Quarto dei potentati”, i locali del piano nobile
della manica corta che erano stati finora utilizzati come uffici.
L’incendio del 1723 distrusse invece l’ala più nobile del Palazzo con i saloni
delle Udienze e dei Festini. Pochi anni dopo si cercò di rendere più decoroso il
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palazzo facendo ridipingere il cortile in modo da eliminare quel cupo aspetto
che aveva assunto nel Seicento. Le pareti vennero dipinte di un colore chiaro e
le finestre furono incorniciate con finte cornici barocchette.
Con l’arrivo del Pallavicini a Milano (intorno alla metà del ‘700), come
Ministro plenipotenziario prima e Governatore poi, si assistette a un
rinnovamento delle cultura che ebbe ripercussioni anche sulle vicende del
Palazzo: si dispose un rinnovo degli arredi, si intervenne sulle austere sale, le
sale dei Festini e degli Imperatori vennero unificate in un’unica enorme Sala
da Ballo di circa 46 metri per 17 e si creò una nuova Salle à manger, destinata
esclusivamente ai pasti, secondo l’ultima moda francese.
Nel 1771 venne nominato nuovo Governatore della Lombardia austriaca
Ferdinando d’Asburgo, sposato a Maria Beatrice d’Este. Sotto la loro guida si
assistette a un’importante rinnovamento del palazzo: sotto la direzione del
Piermarini, affiancato da Leopoldo Pollack inviato da Vienna per controllare
le spese, i lavori iniziarono nel 1773.
Il Piermarini eliminò il vecchio corpo di fabbrica verso la piazza, trasformò il
cortile in un grande piazzale con una nuova facciata a due grandi braccia
laterali. Poiché queste braccia o “maniche” erano molto diverse tra loro,
vennero adottati accorgimenti architettonici atti ad armonizzare le differenze
tra i due fronti. Il centro della facciata principale fu inoltre rinforzato con
quattro semicolonne giganti e da un triplice portale che regge una balconata.
Anche all’interno il Palazzo subì molte trasformazioni che portarono ad una
distribuzione dei locali rimasta in seguito quasi invariata fino ad oggi.
Ebbe grande rilievo la realizzazione della Sala delle Cariatidi, decorata, tra gli
altri, da il Franchi, il Calani e Giocondo Albertolli. Altra importante novità
apportata dall’intervento piermariniano fu il grande scalone costruito in
fondo al cortile.
Nel corso dei lavori, la notte del 26 febbraio 1776, il Teatro di Corte bruciò,
determinando così la nascita del nuovo Teatro della Scala.
Nel 1796 l’arrivo di Napoleone sconvolse Milano: ne porta le tracce anche il
Palazzo che venne privato dello stemmone che troneggiava sulla facciata, e
che divenne prima il Palazzo Nazionale e sede del comando militare, poi del
Direttorio. Palazzo Reale venne utilizzato come dormitorio per le truppe
francesi e, alla fuga di queste ultime (1799), lasciato in balia dei saccheggi.
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Vennero persi e venduti oggetti di valore. Con la proclamazione della
Repubblica Italiana e poi del Regno d’Italia, il Palazzo, ora sede di un vasto
regno comprendente tutta l’Italia settentrionale, raggiunse il suo apogeo:
vennero riparati i danni e acquistati nuovi sontuosi arredi.
Tra il 1809 e il 1812 venne ampliato nella parte posteriore da Luigi Canonica,
con nuove scuderie, un ampio maneggio e molti locali per uffici. Ad Andrea
Appiani fu affidato il completamento degli affreschi nei saloni di
rappresentanza (quasi tutti i suoi affreschi vennero distrutti durante il
bombardamento del 1943).
La caduta di Napoleone nel 1814 segnò l’inizio di una progressiva decadenza
del palazzo. Durante la Restaurazione fu Corte Regia ed ospitò il vicerè del
Regno Lombardo-Veneto.
Nel 1837, per celebrare l’incoronazione di Ferdinando I, si dette il via ad un
nuovo ciclo di affreschi commissionato all’Hayez (il Trionfo di Ferdinando sulla
volta della Sala delle Cariatidi) e di tele commissionate all’Arienti (Fasti di
Maria Teresa e dei suoi successori).
La perdita d’importanza del palazzo si ravvisò dal 1848, quando si decise di
demolire una parte della manica corta allo scopo di dare al Duomo una più
ampia zona di rispetto. Questo fu il primo intervento di una serie di
smantellamenti che porteranno il Palazzo all’attuale configurazione.
Nel 1859, con l’annessione della Lombardia al Piemonte, il Palazzo passò ai
Savoia, ma il Re soggiornò prevalentemente nella Villa Reale di Monza.
L’ultimo ricevimento a Palazzo risale all’aprile del 1906 per l’inaugurazione
dell’Esposizione Internazionale al Parco Sempione.
Nel 1919 i Savoia cedettero l’edificio allo Stato assieme ad altre loro proprietà.
Il Palazzo venne così assegnato in parte al Ministero dell’Istruzione Pubblica,
che lo destinò a Museo d’Arte Applicata all’Industria, in parte restò a
disposizione dei Savoia ed in parte al Comune (l’area verso via Larga).
Nel 1925 venne demolito il corpo verso via Larga per far spazio ad un nuovo
palazzo per uffici, in occasione di questo intervento vennero portate alla luce
le antiche finestre gotiche su via Rastrelli. Con la costruzione dell’Arengario
venne inoltre sacrificata gran parte della manica lunga, fino alla Sala delle
Cariatidi. Durante la demolizione rispuntarono gli arconi del portico di
Azione Visconti con affreschi del periodo di Francesco Sforza.
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I bombardamenti dell’agosto del 1943 fecero enormi danni, distruggendo tutti
gli affreschi sulle volte dei saloni. Si salvarono invece gli arredi che erano stati
trasferiti altrove.
Il 6 aprile 1967 fu perfezionato il contratto di permuta tra Milano e
l’Amministrazione finanziaria dello Stato per cui il nostro Comune è divenuto
proprietario dell’edificio.
Nel 1984 iniziarono i lavori di ristrutturazione che si concludono con l’attuale
terzo lotto che restituisce, tra l’altro, le stanze del vecchio appartamento di
Riserva, in cui sono ampiamente documentati e conservati i modi dell’abitare
regale ottocentesco.
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