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Torino
Aula Magna
del Politecnico
Martedì 06.IX.2011
ore 17
Piñeiro Nagy
MikroDuo chitarre
Colla
Turina
Falla
Granados
Piazzolla
Albéniz
MITO SettembreMusica
Quinta edizione
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realizzati in paesi in via di sviluppo.
con la creazione e tutela
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e la piantumazione lungo il Naviglio Grande
nel Comune di Milano.
En el silencio de la noche
omaggio a Isaac Albéniz *
Alberto Colla
(1968)
En el silencio de la noche per tre chitarre
Prima esecuzione italiana
Joaquín Turina
(1882-1949)
Danzas gitanas per due chitarre
Zambra
Danza de la seducción
Danza ritual
Generalife
Sacro-Monte
MikroDuo
Manuel de Falla
(1876-1946)
Homenaje, pour le “Tombeau de Debussy” per chitarra
Piñeiro Nagy, chitarra
Enrique Granados
(1867-1916)
Oriental da Danzas españolas, n. 2
Intermezzo da Goyescas
trascrizione per tre chitarre di Piñeiro Nagy
* En el silencio de la noche sono le prime parole del testo poetico
che Albéniz ha scritto sulla prima pagina del manoscritto di Córdoba.
Astor Piazzolla
(1921-1992)
Tango Suite per due chitarre
Allegro
Andante
Allegro
MikroDuo
Isaac Albéniz
(1860-1909)
Quattro pezzi
trascrizione per tre chitarre di Piñeiro Nagy
Mallorca
Asturias
Cádiz
Córdoba
Piñeiro Nagy,
MikroDuo (Pedro Luís, Miguel Vieira da Silva), chitarre
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’è un ricordo particolarmente vivido che Joaquín Turina racconta della
sua giovinezza: nel 1908, quando viveva a Parigi, dove si era recato per
C
approfondire i suoi studi musicali, frequentava la casa di Isaac Albéniz. Qui
ebbe modo d’incontrare i più importanti musicisti francesi dell’epoca,
come Fauré e Dukas. Ma una sera «apparve Angel Barrios con due altri granadini. Avevano con sé chitarre, liuti e bandurrie. Suonarono meravigliosamente alcuni pezzi della produzione giovanile di Albéniz: Córdoba, Granada, Preludio. Albéniz difendeva a spada tratta quelle sue prime creature:
«È indiscutibile che questi pezzettini contengono qualcosa di buono. Non li
rinnego, assolutamente». Infatti Albéniz aveva fissato in quei brani, risalenti alla fine degli anni Ottanta dell’Ottocento, un’immagine della Spagna
che è ancora viva oggi. Egli, pur essendo catalano di nascita e di formazione, amava evocare l’Andalusia e le sue danze, ricche di inflessioni moresche
e gitane. L’aneddoto narrato da Turina ci ricorda che all’inizio del Novecento circolavano in Spagna e all’estero gruppi formati da tre o più strumenti a pizzico (Angel Barrios aveva fondato il suo Trio Iberia nel 1900),
che eseguivano un repertorio assai vario, comprendente anche i lavori pianistici di Albéniz. Ci colpisce la naturalezza con cui l’autore accoglie queste
trascrizioni come versioni del tutto equivalenti a quella pianistica, a conferma del continuo interscambio di modi e stilemi fra la chitarra e il pianoforte. Per primo Albéniz aveva saputo trasporre efficacemente sulla
tastiera le tecniche e le sonorità tipiche della chitarra popolare spagnola
(rasgueados, accompagnamenti ritmici per la danza). E saranno proprio i
grandi chitarristi che si affermano nel primo Novecento, Miguel Llobet e
Andrés Segovia, a decretare il successo mondiale di queste opere. Allo stesso modo oggi si possono trascrivere le musiche pianistiche di Albéniz, Granados e Turina per trio di chitarre, senza il timore di tradirne lo spirito. Tali
trascrizioni, oltre a ricollegarsi a una tradizione ormai centenaria, hanno
anche il pregio di esaltare i tratti coloristici di queste musiche, grazie a una
varietà di dinamiche e di sonorità impensabili sulla tastiera.
Il concerto prende l’avvio da un brano contemporaneo, ispirato al quadro evocato da Albéniz in una frase apposta sul manoscritto di Córdoba:
«En el silencio de la noche, que interrumpe el susurro de las brisas aromadas por los jazmines, suenan las guzlas acompañando las Serenatas y
difundiendo en el aire melodías ardientes y notas tan dulces como los
balanceos de las palmas en los altos cielos» (Nel silenzio della notte,
interrotto dal sussurro della brezza profumata di gelsomino, suonano le
gusle che accompagnano le serenate e propagano nell’aria melodie
ardenti e suoni dolci come l’ondeggiare delle palme su nel cielo). Questa
è l’immagine dell’Andalusia moresca vagheggiata da Albéniz. Una notte
romantica, ricca di suggestioni esotiche (le gusle, strumenti musicali
orientali, evocano qui il retaggio moresco), fa da sfondo alla serenata
rivolta a una dama invisibile.
Tutto ciò viene trasposto da Alberto Colla, compositore alessandrino
assurto a fama mondiale con la sua opera Il Processo nel 2002, in una
musica estremamente fluida, ricca di sonorità trasparenti, su cui
emergono melodie dolci e melanconiche. Questa serenata è stata composta
nel 2009 per Dulce e Piñeiro Nagy, in occasione del centenario della
morte di Albéniz.
Nella riscoperta delle radici popolari spagnole, i ritmi di danza occupano
ovviamente una posizione centrale. Joaquín Turina era nato a Siviglia,
quindi aveva una conoscenza diretta delle danze andaluse. Ma egli non
intende riprodurle in modo fedele nelle sue Danzas gitanas; piuttosto
vuole ricrearne lo spirito impiegando un linguaggio musicale moderno.
Granada, la città dei gitani e del flamenco, fa da sfondo all’intero ciclo:
non a caso l’autore riprende due danze della tradizione flamenca, il polo
e la farruca, proprio negli ultimi due pezzi, intitolati al palazzo del Generalife, monumento moresco immerso in un parco in cui zampillano mille
fontane, e al quartiere di Sacromonte, scavato nella roccia e tradizionalmente abitato dai gitani. I rasgueados delle formule d’accompagnamento
delle chitarre ritrovano nella trascrizione il loro sapore originario.
Le prime tre danze sono caratterizzate da una tinta moresca, derivante
dalle scale arabeggianti che evocano le improvvisazioni dei cantaores.
Una di queste dà vita alla melodia tortuosa della sezione centrale della
Zambra, che Turina riprende in Sacro-Monte, quasi a suggellare la circolarità del ciclo.
Scritte fra il 1929 e il 1930 per la casa editrice parigina Lerolle, queste danze
furono presentate dal pianista José Cubiles, cui sono dedicate, il 15 gennaio
1932 al Teatro de la Comedia di Madrid. Ottennero subito uno strepitoso
successo, che indusse il compositore a comporne una seconda serie. Turina
dimostrò grande interesse per la chitarra. Conobbe all’inizio degli anni
Venti il giovane Andrés Segovia che gli chiese di scrivere per il suo strumento. Sevillana, del 1923, fu uno dei primi brani originali del repertorio
segoviano; seguiranno a ruota Fandanguillo (1925), Ráfaga (1930), la Sonata (1931) e Homenaje a Tárrega (1932). Egli intuì anche le potenzialità del
quartetto di strumenti a pizzico spagnoli: per il celebre quartetto dei fratelli Aguilar (Ezequiel, José, Elisa e Francisco) compose nel 1925 la Oración del
torero, uno dei suoi brani più celebri, oggi eseguito in altre versioni. Il quartetto Aguilar lo suonò in tutto il mondo, persino a Torino, dove fu presentato al Teatro di Torino di Riccardo Gualino il 16 novembre 1928.
L’Homenaje di Manuel de Falla inaugura la letteratura per chitarra del
Novecento. Fu scritto nell’agosto del 1920, come omaggio a Claude
Debussy, che Falla aveva conosciuto e frequentato durante il suo soggiorno
parigino (1907-1914). Il critico musicale Henry Prunières, fondatore della
«Revue musicale», aveva proposto ai più importanti compositori internazionali di creare un Tombeau de Claude Debussy, sul modello dei clavicembalisti barocchi. Il fascicolo, stampato nel dicembre dello stesso anno,
conteneva, fra gli altri, il primo tempo della Sonata per violino e violoncello di Ravel, un abbozzo delle Symphonies pour instruments à vent di
Stravinsky e un pezzo pianistico di Béla Bartók (confluito poi nelle Otto
improvvisazioni su canti paesani ungheresi op. 20). Vari fattori contribuirono alla scelta della chitarra da parte di Falla: egli si era da poco trasferito a
Granada, dove aveva ripreso a frequentare Angel Barrios, il chitarrista che
abbiamo visto irrompere gioiosamente nella casa parigina di Albéniz. Ma
soprattutto Falla attribuisce a Debussy il merito di aver trasfigurato la musica spagnola, incorporando nelle sue opere numerosi stilemi chitarristici.
L’Homenaje è una danza lenta, che impiega il ritmo di habanera, definita
da Falla un “tango andaluz”. La melodia è arcaica e ripetitiva, ispirata al
cante jondo, la versione più antica del canto dei gitani. Le corde a vuoto
dello strumento sostengono il canto, conferendo al pezzo una risonanza
naturale. Nella coda Falla riprende un passaggio della Soirée dans Grenade
di Debussy, poi il canto si spegne nel silenzio. La versione stampata nel
Tombeau de Claude Debussy fu rivista da Angel Barrios, che seguì tutta la
gestazione del brano. Invece quando Prunières organizzò la prima audizione dell’intero Tombeau, il 24 gennaio 1921, non si trovò a Parigi un chitarrista che fosse in grado di suonarlo. Un anno dopo, il 12 gennaio 1922,
Andrés Segovia lo presentò a Granada, al Circolo Artistico. Il chitarrista lo
eseguì anche in occasione del concorso di cante jondo che Falla e Lorca
organizzarono a Granada il 13 e 14 giugno 1922: in quell’occasione l’Homenaje si trovò accostato a quel genere di canto che ne era stato il principale motivo ispiratore.
Enrique Granados condivide con Isaac Albéniz il merito di aver creato una
musica spagnola moderna. Nato a Lerida, in Catalogna, si recò a Parigi,
dove cercò di entrare al Conservatorio ma dovette desistere per motivi di
salute. Quindi rientrò a Barcellona, contribuendo ad animare la vita musicale della città, che all’epoca era un centro culturale vivacissimo. Rimase
costantemente in contatto con gli altri musicisti catalani residenti a Parigi,
in particolare con Ricardo Viñes, amico di Ravel e Debussy, che contribuì
a far conoscere la sua musica in Francia. Oriental appartiene alla prima
raccolta di Danzas españolas, pubblicata nel 1893. Forse in essa possiamo
ritrovare un’eco delle danze giavanesi che Granados può aver scoperto nel
1889 all’Esposizione Universale di Parigi. L’impressione di staticità, che
caratterizza questa danza, è dovuta all’impiego di alcuni ostinati melodici.
L’Intermezzo, originariamente composto per violoncello e orchestra, deriva dal più ambizioso progetto realizzato dal compositore: trasformare un
ciclo di pezzi pianistici ispirati ai quadri di Francisco Goya in un’opera lirica. L’opera, intitolata Goyescas, andò in scena al Metropolitan di New York
nel 1916 riscuotendo un grande successo. Ma nel viaggio di ritorno la nave
su cui egli viaggiava insieme alla moglie venne colpita da un sommergibile tedesco ed entrambi persero la vita nel naufragio.
L’Intermezzo fu scritto il giorno precedente alla prima dell’opera per
coprire il tempo necessario per il cambio di scena fra il primo e il secondo quadro. Eppure è una delle pagine più ispirate del compositore: intensamente lirica, è intrisa di quella sorta di fatalismo che traspare dai quadri di Francisco Goya.
La Tango Suite di Astor Piazzolla ci offre l’occasione di ampliare la nostra
prospettiva, rimanendo saldamente ancorati alla danza. Il tango nasce infatti in Argentina ai primi del Novecento dalla mescolanza di elementi eterogenei. Sono soprattutto gli immigrati, in particolare gli italiani, a
ballarlo, spesso fra uomini. Con l’andar del tempo questa danza assume i
caratteri sensuali e malinconici che ben conosciamo. Piazzolla rinnova il
tango argentino contaminandolo con altri generi musicali moderni. Anche
lui si reca a Parigi a perfezionarsi con Nadia Boulanger, punto di riferimento per i giovani compositori stranieri, che lo incoraggia a dedicarsi alla
danza tipica della sua nazione. È grazie a questi studi che Piazzolla raggiunge una padronanza tecnica che gli permette di variare all’infinito gli
stilemi tipici del tango. La Tango Suite, composta nel 1984 per il duo Assad,
sfoggia una brillantezza di scrittura tipica della piena maturità del compositore. I due movimenti estremi esaltano l’aspetto ritmico della danza,
sfruttando tutte le potenzialità timbriche e percussive della chitarra, mentre nel movimento lento s’innalza un canto languido e sensuale.
Arriviamo infine a Isaac Albéniz. Egli aveva avuto una giovinezza irrequieta: abile virtuoso di pianoforte, aveva girato il mondo suonando, per
poi stabilirsi prima a Londra e poi a Parigi. Qui aveva cercato di piegare
la sua ispirazione alle nuove tendenze della musica francese, creando il
ciclo di pezzi pianistici intitolato Iberia, la sua opera più ambiziosa.
Come abbiamo visto questo non lo portava a rinnegare le sue opere giovanili, che lo avevano reso famoso. Egli predilige un’ambientazione notturna: Mallorca e Córboba (come dimostra la frase scritta sul manoscritto e ripresa da Alberto Colla) colgono il fascino di luoghi magici immersi nella notte. Il ritmo di barcarola di Mallorca, stampata a Londra nel
1890, evoca il movimento del mare, sul quale s’innalza un canto sensuale. Asturias risale al 1888, ma il titolo originale era Prélude (così
viene citato ancora da Turina): infatti era il primo numero dei Chants
d’Espagne, pubblicati a Barcellona nel 1892. È una delle composizioni
più famose per chitarra, trascritta e incisa da Andrés Segovia. Il carattere di preludio si riflette nella scrittura toccatistica della prima parte.
Anche questo brano, contrariamente a quanto potrebbe far intendere il
titolo successivo Asturias, riprende elementi del flamenco andaluso: la
prima parte rispecchia il ritmo di bulerías, la seconda è una copla, che
riproduce le inflessioni arabeggianti del canto improvvisato, intercalato
a passi di malagueña. Tutte queste inflessioni andaluse, ispirate al flamenco, balzeranno ancora più in evidenza nella versione per tre chitarre. Anche Córdoba fa parte dei Chants d’Espagne (n. 4). In questo brano
Albéniz contrappone l’elemento cristiano, rappresentato dal rintocco di
campana iniziale, seguito da un canto che evoca il gregoriano accompagnato dall’organo, all’elemento moresco, con la serenata accompagnata
dalle gusle, o meglio dalle chitarre. Infatti le formule di accompagnamento sono incalzanti e trasformano presto la serenata in una danza,
scandita dai rasgueados delle chitarre. Cádiz fa parte invece della Suite
Española, pubblicata nel 1888, ed è una spiritata malagueña.
Albéniz ebbe la capacità di creare mirabili “ritratti di città”: grazie a lui
Granada, Córdoba o Cádiz sono entrate nell’immaginario comune, associate a un canto o a una danza.
Carlo Lo Presti
Chitarrista spagnolo allievo di Emilio Pujol, Piñeiro Nagy è specializzato
nel repertorio del ventesimo secolo. Ha eseguito per la prima volta in Portogallo molti brani di compositori contemporanei, in particolare alcuni
lavori di Fernando Lopes-Graça, molti dei quali dedicati a Nagy stesso. L’attività didattica svolta in Portogallo dal 1968 gli ha permesso di formare
molti giovani musicisti che costituiscono oggi una nuova generazione di
grande successo. È spesso in giuria in diversi concorsi nazionali e internazionali, oltre a essere direttore delle Settimane Musicali di Estoril e fondatore, nel 1975, del Festival di Estoril. I concerti e le masterclass tenute in
Svizzera, Bulgaria, Ungheria, Stati Uniti, Cina e Corea sono stati un successo, così come la partecipazione a prestigiosi festival e trasmissioni televisive e radiofoniche. Nel 1990 è stato invitato dalla Escola Superior de
Música di Lisbona in qualità di responsabile del dipartimento di chitarra ed
è membro del direttivo dell’European Festival Association.
Il governo brasiliano gli ha assegnato la Medaglia “Heitor Villa-Lobos”
per l’interpretazione delle sue opere per chitarra e nel 2005 il Presidente della Repubblica portoghese Jorge Sampaio lo ha insignito della
Comenda da Ordem do Infante D. Henrique.
Dal 2007 è impegnato nelle trascrizioni per tre chitarre e archi di brani
di Isaac Albéniz ed Enrique Granados. Dopo la prima esibizione alla
Victoria Hall di Ginevra con MikroDuo e la Camerata Lysy diretta da
Alberto Lysy, tale repertorio è stato ampliato con le trascrizioni del giovane compositore portoghese Tiago Derriça ed eseguito nei festival internazionali di Santander, Lubiana, Emilia Romagna, Dubrovnik. Gli impegni del 2011 prevedono tournée in Europa, Cina, Giappone e Stati Uniti
insieme a MikroDuo.
MikroDuo è stato creato nel 2004 da Pedro Luís e Miguel Vieira da
Silva, quando entrambi stavano studiando con Piñeiro Nagy e Fernando
Fontes alla Escola Superior de Música di Lisbona. Il nome del duo è ispirato ai Micropiezas di Leo Brouwer, i primi brani suonati insieme. Successivamente hanno ottenuto la laurea superiore in chitarra con Ricardo
Gallén a Cáceres. Nel 2007 MikroDuo si è esibito al XXXIII Festival di
Estoril e il violinista Alberto Lysy li ha invitati a prendere parte, insieme
a Piñeiro Nagy, ai Rencontres Musicales Internationales alla International Menuhin Music Academy di Blonay (Svizzera) e a suonare in trio
insieme alla Camerata Lysy al tradizionale concerto alla Victoria Hall di
Ginevra, dove sono tornati nel 2008.
Il loro ampio repertorio spazia dal classicismo alla musica sudamericana del XX secolo, oltre a comprendere una serie di brani di Pedro Figueiredo, Manuel Durão, Mario Castelnuovo-Tedesco, Joaquín Turina e Radamés Gnattali, eseguiti per la prima volta in Portogallo.
Dal 2009 il trio formato da MikroDuo e Piñeiro Nagy suona nei più prestigiosi festival musicali europei e nelle sale più rinomate, tra cui la Sala
Čajkovskij della Filarmonica di Mosca, che per la prima volta ha ospitato un trio di chitarre. Gli impegni del 2011 includono concerti con orchestra e recital in Europa, Stati Uniti (prima mondiale di Nocturnal di Alberto
Colla per tre chitarre e orchestra), Cina, Giappone.
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