Progetto “Appoggio al Servizio Sanitario della Regione di Ziguinchor”: relazione
dell’esperienza africana.
Dott. Diouf Alexandre
Dott.ssa Leoni Maria Chiara
Dott.ssa Visconti Chiara
Introduzione
In considerazione degli ottimi risultati raggiunti lo scorso anno - con la prima fase del Progetto
“Appoggio al Servizio Sanitario della Regione di Ziguinchor”- tanto in termini di esperienza
professionale e di arricchimento socio-culturale degli specializzandi partiti, quanto nel grado di
soddisfazione riportato dalla popolazione delle zone rurali - assistita dagli stessi medici in
formazione specialistica, durante le giornate medicali organizzate, direttamente nei villaggi (dove
solitamente la disponibilità di personale sanitario competente non è sufficiente a coprire le reali
esigenze della popolazione) - era doveroso proseguire con il conseguimento degli obiettivi del
Progetto stesso.
Dopo una preparazione di diversi mesi, sempre in collaborazione con il Comitato Pavia-AstiSenegal (CPAS), alcuni nostri colleghi protagonisti dell’esperienza africana 2009/10, il Direttore
della nostra Scuola di Specialità – Prof. G.L. Marseglia -, e il responsabile per la cooperazione
internazionale del nostro Ordine dei Medici, il Prof. G.B. Parigi, in data 26/03/11, abbiamo,
ufficialmente, dato inizio alla seconda fase del Progetto.
L’inizio
Partiti alle 18.55 dall’aeroporto di Milano Malpensa, siamo arrivati a Dakar verso mezzanotte; qui
abbiamo trascorso 48 ore in attesa del trasporto interno, via aereo, per Ziguinchor. Nella sera del
28/03 siamo quindi atterrati nel capoluogo della Casamance e abbiamo preso sistemazione presso
l’appartamento, affittato per il periodo del soggiorno, così composto: 2 camere da letto (di cui una
con bagno in camera) riservate alle nostre persone, 1 cortile con bagno esterno, cucina e
soggiorno in comune con la padrona di casa e un altro inquilino.
<< (LUNEDI’ 28 MARZO: PRIMO GIORNO A ZIGUINCHOR ) Tutto appare strano: le due notti trascorse a
Dakar sono state una sorta di passaggio dal mondo occidentale e consumistico, al quale siamo abituati, a
questa realtà di sole, polvere e gente. Ci hanno poi caricati su un mini aereo da circa 20 posti che in 45
minuti ci ha portati a Ziguinchor...e qui inizia la terra rossa e polverosa...povera...ci siamo trovati come gettati
in una realtà irreale, fatta di case inesistenti che danno su strade polverose, percorse da donne avvolte in teli
colorati accanto ad altre in jeans e t-shirt, spettatori di un film, colpiti dal frigo in casa come unico
rappresentante della tecnologia cui siamo abituati...dalla mancanza di asfalto...e dal buio vero della notte
che apre un cielo pieno di stelle! >>
(Dal “diario di viaggio”)
Il giorno successivo al nostro arrivo, abbiamo preso servizio presso la Divisione di Pediatria
dell’Ospedale Regionale, principale meta del nostro Progetto. Dopo la calorosa accoglienza del
Direttore Sanitario, il Generale Diame Bob, siamo stati affidati al nostro tutor, il Dott. François
Diouf, primario del Reparto pediatrico. Sin dal primo impatto abbiamo potuto constatare la perfetta
tenuta dei locali della Pediatria, reparto ristrutturato ed inaugurato lo scorso anno grazie ai fondi
della Regione Lombardia, divenuto ormai fiore all’occhiello dell’intero Ospedale.
<< (MARTEDI 29 MARZO…PRIMO GIORNO A L’HOPITAL!) …un po’ di stanchezza…fisica e mentale…con
entusiasmo che si alterna a confusione, in una realtà che di per sé è fatta di colori, odori,
sapori…diversi…assolutamente e completamente diversi…
Le mamme coi bimbi vengono chiamate in ordine d’arrivo: attendono sedute sulla panchina in mezzo al
cortile, avvolte nei drappi colorati con il bimbo legato sulla schiena, presentano la carte, sulla quale Erminia,
l’infermiera, ha già registrato età, peso, temperatura corporea e luogo di provenienza del bimbo.
Poi tocca al Dr. Francois: l’anamnesi patologica prossima viene raccolta da lui in una lingua che è un misto
tra francese e dialetto del luogo, le mamme tengono in braccio il bimbo, lo spogliano solo in parte, tu cerchi
di fare un esame obiettivo il più scrupoloso possibile, ma poi resti spiazzato da banalità…l’ittero cutaneo, in
un bimbo completamente nero, lo vedi solo a livello di sclere e mucose…e ovviamente il pallore, in una
bimba con 7 di emoglobina…pure!!! Arriva una bimba con gli orecchini che luccicano e le treccine nei capelli
che le incorniciano due grandi occhi neri, apparentemente in ottime condizioni generali, la cui madre riferisce
comparsa da venerdì di febbricola serotina associata a qualche episodio di vomito…e il Dr. Francois ti
guarda e ti dice che si tratta, ovviamente, di paludismo…e le prescrive la terapia appropriata associata
all’antiparassitario…una medicina nuova per noi, con le sue radici e la sua epidemiologia. L’approccio è
basato sulla concretezza: protocolli e linee guida prontamente disponibili per le infermiere sui più comuni
problemi da affrontare in acuto…ipoglicemia, disidratazione, iponatriemia, convulsioni, paludismo…
All’inizio resti come stordito da un’inesorabile sensazione di impotenza: di fronte alla bimba con anemia
grave, malnutrizione, distress respiratorio e, alla radiografia del torace (una delle poche Rx che abbiamo
visto prescrivere…), una cardiomegalia devastante, che quasi maschera il focolaio di polmonite, si attuano i
presidi terapeutici disponibili: ossigeno in maschera, doppia copertura antibiotica, infusione endovenosa; il
tutto viene gestito dalle infermiere con tranquillità e pacatezza quasi impressionanti, mentre la giovane
madre assiste seduta sul letto con apparente distacco. Il Dr. Francois si sposta, allora, nell’altra stanza e
prescrive l’aerosol ad un ragazzone con fischi e sibili all’auscultazione su tutto l’emitorace sinistro: l’aerosol
si fa in ospedale…e lui deve adattarsi ad una mascherina taglia enfant che gli copre appena il naso…
Torniamo a casa alle 14.00 circa, percorrendo a piedi la strada polverosa (tutto è terra rossa…), fa
caldissimo……ma la passeggiata tra le strade polverose con i bimbi che ti vedono e gridano “tubab”…i
bianchi…è impagabile…>>
Logistica
Come testimoniato dalle foto, l’Unità Pediatrica è, attualmente, così strutturata:
‐
2 stanzoni comuni per la degenza dei pazienti meno gravi;
‐
3 stanze singole per la cura dei pazienti affetti da patologia acuta o infettiva a carattere
contagioso;
‐
1 stanza ospitante tre isole neonatali, indipendenti, ai margini di un’area comune per le
culle destinate ai neonati affetti da sofferenza perinatale clinicamente stabilizzati;
‐
1 sala medicazioni;
‐
2 stanza adibite a studio medico/ambulatorio
ingresso
una delle due stanze di degenza
sala medicazioni
Ambulatorio per le prime visite e i controlli.
area neonatale: isole neonatali indipendenti e culle
Programmazione settimanale
L’attività ospedaliera settimanale dell’Unità Pediatrica nella quale abbiamo operato era così
organizzata:
‐
Lunedì: giro visite al mattino (neonatologia + degenza pediatrica), a seguire discussione di
casi clinici o lezione teorico pratica (principali tematiche affrontate: la malaria, esame clinico
del neonato, diarree e disidratazione; allattamento materno e artificiale; infezioni neonatali);
‐
Martedì: giro visite al mattino, a seguire attività ambulatoriale: prime visite e controlli;
‐
Mercoledì: giro visite al mattino, a seguire visite ambulatoriali per pazienti affetti da HIV;
‐
Giovedì: giro visite al mattino, a seguire attività ambulatoriale: prime visite e controlli;
‐
Venerdì: giro visite al mattino, a seguire attività ambulatoriale: prime visite e controlli.
<< (LA PEDIATRIA E L’OSPEDALE REGIONALE DI ZIGUINCHOR) Bertrand, lo specializzando che è
rimasto con noi la prima settimana, ci ha istruiti su compilazione cartelle (nell’anamnesi si scrivono solo le
cose importanti e significative…i vari “pas de” si possono tralasciare…), fogli di terapia, fiches di dimissione
con la data del prossimo rendez vous. Tutti insistono sulla clinica, sull’importanza dell’approccio semiologico,
basato sui sintomi: nel sospetto di infezione non si fanno esami ematochimici o strumentali, se non
strettamente necessario: si prescrive subito l’antibioticoterapia empiricamente! Ci spiegavano che il
rimandare una terapia di qualche giorno con la prospettiva che il ricovero divenga poi necessario in un
secondo momento è economicamente svantaggioso.
I neonatini sono in queste culline, più di uno per culla, avvolti nelle copertine blu; le infermiere nutrono a
turno, con le siringhe, i piccolini le cui mamme non possono fermarsi in ospedale. C’è una lampada per la
fototerapia e ci sono due incubatrici, che però non sono ancora utilizzabili perché manca l’attacco
dell’ossigeno al muro.
Il neonatino che la sera precedente avevamo visto arrivare itterico il mattino seguente è in opistotono: la
puntura lombare viene eseguita con una sterilità discutibile. I nostri occhi osservano quella creaturina che
esprime tutta la sua fragilità: non pare lottare, il suo respiro a tratti sembra assecondare quell’atteggiamento
di tacita consapevolezza e rassegnazione del non poter fare di più…perché qui non si può fare davvero di
più, mancano i mezzi... Mentre noi viviamo quest’atteggiamento con angoscia ci si accorge inesorabilmente
che per loro è la NORMALITA’.
Non si può non avvertire, in modo drammaticamente reale, tutta la fragilità della vita: ci sono esserini con
sembianze umane…che respirano…vivono…nel loro essere piccoli rappresentano tutta l’essenza e la forza
dell’essere umano, che lotta ma che sa anche rassegnarsi dignitosamente di fronte alla fine dell’esistenza:
ciò che ci è stato dato è un dono, che avrà fine…e che aprirà le porte ad Altro…e a quell’Altro quei piccoli
sono vicini…ne traspare tutta la potenza…i loro volti esprimono sofferenza, desideri, rassegnazione. Il tuo
essere medico si intreccia col tuo spirito umano, tocchi le loro dita, minuscole, con quelle unghie già
disegnate e formate con una precisione impressionante, ne evochi i riflessi arcaici e il più piccolo e fragile tra
loro li presenta…tutti…poi a fianco c’è il bimbo con macrocefalia, suture craniche stirate in modo devastante
dall’idrocefalo, cedevoli, itterico, con la bocca piena di mughetto: resti quasi stordito da tutta quella
sofferenza…i tuoi occhi osservano…ma non spiegano…
Quello che rimane a noi, giovani medici occidentali, abituati alla tecnologia e all’avere, è la piena
consapevolezza di aver conosciuto un popolo capace di rassegnazione: non è solo l’entusiasmo della gente
che ci ha colpiti, è la dignitosa rassegnazione di fronte ai limiti oggettivi, che suscita in noi anche
rabbia…perché non reagire? Perché non fare il massimo se già le risorse sono poche? …forse perché il fine
ultimo è sopravvivere in quel delicato equilibrio…
Resti impressionato da come questi bambini arrivino in Ospedale solo alla fine, quando la sintomatologia
clinica è espressa in modo eclatante: febbre significa rialzo della temperatura corporea pari almeno a 40°C,
varicella significa rash vescicolare diffuso, associato a scialorrea impressionante, congiuntivite e
sovrainfezione batterica, il sintomo tosse nasconde una cardiopatia devastante.
Spesso poi le risposte che ti vengono date sono le più inaspettate: si programma un’ecocardiografia…che
poi slitta di settimana in settimana perché il cardiologo (l’unico?) è a Dakar, la richiesta di una radiografia
della spalla per una ragazzina con sospetta febbre reumatica non può essere fatta perché è finita la
pellicola…
La consulenza in Pronto Soccorso…un luogo osceno…di una sporcizia e di una disorganizzazione enormi:
non solo i mezzi non ci sono, di misure igieniche non se ne parla e le strutture non sono adeguate, quello
che noti e che ti lascia turbato è un certo grado di confusione associato a disordine…>>.
Decorso
Dopo le prime settimane trascorse sotto la preziosissima guida del Dott. François Diouf, il contesto
in cui ci siamo trovati ad operare è stato modificato causa insorgenza di uno sciopero sanitario
indotto dal mancato pagamento dei salari degli ultimi 2 mesi del personale ospedaliero. Le
condizioni di lavoro createsi, hanno comportato l’impossibilità di garantire l’attività ambulatoriale e
la necessità di convergere ogni sforzo per la salvaguardia dell’ attività di Reparto e dei ricoveri
provenienti dal Pronto soccorso. La stessa gestione del Reparto ha subito importanti cambiamenti
costringendoci a basare il nostro operato quasi esclusivamente sulla clinica, data l’impossibilità
(per lo sciopero del Laboratorio e della Radiologia) di eseguire gli accertamenti diagnostici di
routine. Dopo circa 20 giorni, lo sciopero è rientrato e abbiamo potuto ripristinare l’ordinaria attività
ospedaliera ed ambulatoriale.
<< (MARTEDI 12 APRILE: PROSEGUE LA GREVE) Sono giorni un po' impegantivi: in ospedale la
situazione è difficile, per tutti…da lunedì greve, lo sciopero, che ha coinvolto tutto il personale, medico ed
infermieristico e anche il laboratorio. Una mattina ci troviamo di fronte al personale infermieristico seduto
fuori dall’ospedale, ordinatamente, sulle sedie, ai bordi della strada polverosa, di fronte alla sbarra…e
l’infermiera che ci vede arrivare ci sorride e ci spiega che sono due mesi che non vengono pagati…due
mesi che lavorano…gratis…e allora capisci…non ti puoi stupire della mancanza di motivazione e di
ottimismo che percepiamo in questi giorni >>.
<< (GIOVEDI’ 12 MAGGIO…ASSURDO…) …è assurdo, davvero…morire così a nemmeno due anni…dopo
un intervento banale di asportazione delle adenoidi…morire senza che tutti gli accertamenti preliminari siano
stati fatti…forse perché qui non si possono fare…non una TC dei seni paranasali, non un test del
sudore…nulla…e lei respirava sempre peggio, piena di secrezioni che le ostruivano completamente il naso e
la bocca, con quella tumefazione dell’occhietto destro sempre più evidente, che le impediva pure di aprirlo.
Si decide per l’intervento. Quando torna in pediatria, portata in braccio dall’infermiera, la piccola Manet
viene messa nella sala di neonatologia, con l’ossigeno, i liquidi con gli elettroliti calcolati empiricamente
(nell’Ospedale Regionale di Ziguinchor non abbiamo mai visto utilizzare un PH-metro…non sappiamo
neanche se ce ne sia uno a disposizione…) e la copertura antibiotica. E’ febbrile, sofferente…poi un mattino
quel corpicino giace già inerte quando viene chiamato il Dr. Francois: lui si precipita accanto alla bimba, si
arrabbia….aveva convulso alle 7.00 e nessuno l’aveva chiamato…le avevano fatto il gardenale…prova a
ventilarla con l’Ambu…accenna un massaggio cardiaco…getta il fonendo e se ne va…e l’infermiera, con
metodica abitudine, toglie il sondino, stacca l’ossigeno, toglie l’accesso venoso…e avvolge il corpicino nel
telo blu…>>.
<< (LUNEDI’ 16 MAGGIO) E’ morto anche il piccolo Abdou Aziz, il bimbo con infezione respiratoria e grave
cardiopatia, al quale il cardiologo aveva fatto l’eco venerdì che evidenziava un difetto tipo ostium secundum,
dicendo che l’avrebbe ricontrollato martedì…il bimbo è morto sabato…è drammaticamente inutile, i bimbi
con grave distress respiratorio, che non possono essere rianimati e nemmeno intubati…qui muoiono…cara
la sua mamma, che sorrideva sempre mentre cercava di insegnarci qualche parola nel dialetto locale…>>
<< ...serata all'Alliance...sotto un cielo nero nero...a cercare di sorridere dell'assurdo che ci circonda... il tutto,
in ogni caso, diverrà un bagaglio da portare a casa, per il futuro...>>.
<< (IL SALUTO DEL DR. FRANCOIS) Un po’ di commozione: abbiamo avuto il privilegio di incontrare e
lavorare con un medico vero, che ama il suo lavoro e i suoi bambini, di impressionante capacità intuitiva che
completa un bagaglio di conoscenze scientifiche che si scontra, ogni istante, con difficoltà pratiche, ostacoli
insormontabili che limitano e circoscrivono la sua abilità clinica; quello che più colpisce è l’enorme chiarezza
di idee che trasmette: ragionamento clinico schematico e sicuro, basato su una formazione pragmatica di
stampo francese, rivissuta e rielaborata in una realtà che limita, che porta a scontrarsi con apparentemente
banali ostacoli…economici…pratici…(il reagente per la determinazione del gruppo sanguigno che è
finito…la pellicola per le radiografie che manca…l’unico cardiologo per fare un’ecografia che si trova a
Dakar…) >>.
Coubanao
L’attività medica che abbiamo svolto in Senegal ha previsto l’organizzazioni di giornate medicali, a
cadenza mensile, presso il villaggio di Coubanao, piccola realtà rurale situata a circa 22 km da
Ziguinchor che conta, approssimativamente, 4000 abitanti (è in corso il progetto di
informatizzazione dell’anagrafe, che permetterà un più facile accesso e una più precisa
quantificazione della popolazione).
<< (DOMENICA 3 APRILE COUBANAO: SOPRALUOGO IN PREVISIONE DELLA GIORNATA MEDICALE)
Gli occhi pieni di immagini, colori, luci: una giornata davvero indimenticabile, che fa pensare e che
sicuramente segna. Siamo andati al villaggio, Coubanao: ci si arriva dopo circa 45 minuti in taxi...prima si
attraversa il fiume Casamance, poi la svolta a destra, si abbandona la strada lastricata e si inizia a
percorrere la terra rossa...ti circondano paesaggi mozzafiato, fatti di paglia, di cespugli, di palme, di
acqua...mucche, capre, uccelli...e poi compaiono casupole quadrate, una ben isolata dall'altra, hanno le
pareti esterne spesso di cemento, ma dentro sono fatte di argilla...le finestre e le porte sono chiuse da lastre
di metallo, fuori i panni stesi, colorati, qualche animale e il recinto, ordinatissimo, fatto di pali di legno posti
uno accanto all'altro a delimitare un perimetro anch'esso quadrato o rettangolare.
Arriviamo a Coubanao: la gente è accogliente, ci aspettano (il Comitato Pavia Asti Senegal per loro ha fatto
molto: elettricità, agricoltura, computer, assistenza sanitaria...). Restiamo impressionati dall'ordine: strade
ampie di terra rossa diritte, che si intrecciano perpendicolarmente le une con le altre, circondate dalle solite
case basse e quadrate, animate da volti vivaci.
Ci accompagnano dapprima in un'abitazione in cui si trovava il "Sindaco", in visita ad un malato che
visitiamo anche noi, poi la miniera, la scuola, il centro di cure sanitarie (con tutta l'esposizione dei
medicamenti naturali che usano...), la radio (ci intervistano: i medici italiani, dell’Ospedale San Matteo di
Pavia a Coubanao!)...e poi il pranzo: seduti attorno a un cilindro di latta sul quale viene appoggiato un
piattone con riso e pesce nel quale si mangia, tutti insieme...e si beve...il bissap e il pain de singe.
Alle 15.00 circa ripartiamo, col taxi che ci ha aspettati... ecco che all’improvviso ci appare, in mezzo alla
strada, una figura che cammina barcollando, completamente ricoperta da piume arancioni, che sventola due
spade, una per mano…e il vedere il taxista, uomo del posto, che rallenta intimorito e non sa bene che
fare...ti suscita un enorme senso di impotenza...è una sorta di Santone, che punisce e percuote coloro che
fanno qualcosa che non va e presiede ai riti del villaggio (tipo la mutilazione femminile...). Per fortuna,
vedendoci, si attorciglia intorno a un albero e il taxi, con noi sopra che, come consigliato dal nostro
conducente, cerchiamo di ignorare quell’inquietante personaggio, prosegue...e ci riporta a Ziguinchor, dove il
paesaggio cambia di nuovo ed in modo irreale tutto ti sembra familiarmente frenetico, caotico, "moderno" e il
pensiero che istantaneamente provi è che, a Coubanao, la gente vive piu’ serena ed appare indubbiamente
più felice..!!! >>
Il presidio sanitario in cui abbiamo operato è un “Post de Santè” molto semplice e modesto, gestito
per la maggior parte del tempo dall’infermiere e dall’ostetrica, valido aiuto per la più frequente
urgenza da affrontare, i parti e la gestione dei neonati. L’attività principale del centro, è quindi
rappresentata dalla gestione e sorveglianza delle donne gravide (screening infettivologici,
monitoraggio del benessere fetale) e dall’ educazione alla cura dei neonati (a partire dalla
disinfezione del cordone ombelicale sino all’allattamento materno).
La struttura è costituita da una “sala travaglio”, una stanza adibita a sala parto, ed altri due
ambulatori generali. Non è presente una sala operatoria né la possibilità di gestire neonati a
rischio; le condizioni dello stabile così come l’asepsi dei diversi locali sono assolutamente precari.
Esiste una piccola farmacia per lo più fornita di medicinali donati dalle associazioni, in particolare
qualche antibiotico ed antimalarici.
Corridoi del post de santè
Sala travaglio
<< (GIOVEDI’ 14 E VENERDI’ 15 APRILE: COUBANAO…GIORNATA MEDICALE!!!) Inizia la giornata: petit
dejuners con baguettes e crema di cacao al burro d’arachidi, nescafè e latte in polvere… Percorriamo circa
un chilometro sotto il sole, l’aria è ancora fresca al mattino, camminando nella sabbia, con le bimbe che ti
chiamano “Lulù…lulù!!! (Luoluomme un sinonimo di tubab, << bianchi >>, in dialetto locale). Raggiungiamo
il dispensario, struttura veramente di minima, dove ci attendono due traduttrici, l’ostetrica, l’infermiere. Ci
dividiamo, Maria Chiara e Chiara in una mini stanzetta soffocante e buia, con lettino e due sedie, Alexandre
insieme all’infermiere in uno stanzone più luminoso attrezzato con vecchi materassi di fortuna per la visita:
vengono esaminate una cinquantina di persone, bambini, donne e anziani...due ipertensioni gravi (180 di
sistolica…), sintomatiche, non note, che mandiamo all’ospedale di Ziguinchor per presa in carico...forse un
po’pochi i farmaci tra quelli che abbiamo a disposizione che si dimostrano effettivamente utili…finiamo alle
15.00, un po’stremati dal caldo…e dall’impegno fisico e mentale… si torna indietro sotto il sole
caldissimo…ci si ferma dal vecchietto visto la prima volta…lo visita Alexandre…tutto bene...affamati…pranzo
nel capannone della cena…stesso pollo piccante con riso e cipolle…e mango…taxi…Ziguinchor!!!>>.
Gli “ambulatori” di Coubanao
Nella vicinanze del post de santè è stato costruito un centro di medicina “tradizionale”, ristrutturato
su progetto dell’associazione CPAS, al fine di sorvegliare e regolamentare, il più possibile, il
ricorso ai “guaritori”, figure radicate nella storia dei villaggi, che per la cura dei diversi malanni,
sulla base della sola sintomatologia presentata dalla persona, fanno ricorso a preparati a base
vegetale. L’intento del Comitato è stato quello di intavolare una collaborazione con questi “santoni”
per cercare di indirizzare i casi più gravi o seri all’attenzione del medico. Infatti, se non gestita
correttamente, la medicina tradizionale (molto utilizzata dagli abitanti, per motivi culturali ed
economici) conduce a ritardi diagnostici gravi e ad effetti collaterali pericolosi per la vita stessa dei
pazienti.
Epidemiologia “all’Africana”
Durante il nostro soggiorno sono state organizzate due giornate medicali, in cui abbiamo utilizzato
i presidi medici forniti dall’associazione (in particolare antibiotici, antipiretici, analgesici,
antiparassitari ed antifungini, garze, bende e disinfettanti), risultati, nonostante gli sforzi fatti,
insufficienti a garantire a tutti una terapia completa e gratuita.
Data l’esiguità dei pazienti valutati rispetto al bacino di utenza, non è stato possibile realizzare una
raccolta dati con significativa evidenza statistica. Ciò nonostante, a testimonianza del lavoro svolto,
riportiamo in termini puramente descrittivi i “numeri” delle nostre “journées medicales”.
In ciascuna occasione sono state esaminate circa 50 persone. La maggior parte dell’utenza è
risultata costituita da adulti, con un’età media di 50 anni (range dei pazienti: da pochi mesi di vita
ad 80 anni), anche se i bambini hanno rappresentato circa ¼ delle visite.
Nella popolazione pediatrica abbiamo riscontrato un’alta incidenza di infezioni bronco-polmonari
che hanno necessitato terapia antibiotica (circa un terzo dei piccoli giunti alla nostra attenzione);
abbiamo inoltre riscontrato una forte prevalenza di allergie ad inalanti, rinite, congiuntivite allergica
e tosse cronica probabilmente in relazione all’elevata quantità di polvere che si respira per le
strade e nelle case. Frequenti anche le gastroenteriti e le parassitosi intestinali, associate a dolori
addominali, scarso accrescimento ponderale e disidratazione in particolare nei bambini più piccoli.
Per questo tipo di patologie, oltre all’approccio diagnostico-terapeutico, abbiamo cercato di
svolgere un’attività di prevenzione, compito di primaria importanza se si considera il tessuto
sanitario e sociale in cui ci siamo trovati. Alle madri è stata spiegata l’importanza della pulizia delle
prime vie aeree tramite frequenti lavaggi nasali con una soluzione salina, il monitoraggio della
temperatura corporea durante gli attacchi febbrili (localmente definiti “corps chaud”), la gestione
dei farmaci antipiretici, nonché la corretta somministrazione di soluzioni reidratanti orali
“casalinghe” per evitare la disidratazione durante gli episodi di gastroenterite, con l’utilizzo di acqua
portata ad ebollizione ed aggiunta di sale (come secondo le indicazioni dell’OMS per i paesi in via
di sviluppo).
Abbiamo osservato diversi casi di micosi e parassitosi cutanee, in particolare tinee capitis e
corporis; piuttosto numerosi anche i casi di scabbia, che spesso hanno riguardato interi nuclei
familiari.
Altra caratteristica rilevata con estrema frequenza in età pediatrica è stata l’ernia ombelicale,
presente in quasi la metà dei bambini visitati; in questo caso sono stati spiegati i segni indicanti
una gravità, quali l’irriducibilità, l’intasamento e lo strozzamento dell’ernia, per i quali è richiesto un
intervento urgente.
Abbiamo diagnosticato anche qualche caso di sovra infezione a carico di cute e tessuti molli
conseguenti all’applicazione di prodotti della medicina “tradizionale” utilizzati per la cura di traumi
maggiori o di piccoli traumatismi; in tale occasione abbiamo dovuto somministrare una terapia
antibiotica locale e sistemica ad ampio spettro.
A differenza di quanto osservato con frequenza nel Reparto di Pediatria dell’Ospedale di
Ziguinchor, durante le nostre giornate medicali non sono abbiamo riscontrato casi di malaria o di
malnutrizione severa.
Riguardo alla popolazione adulta la patologia di più frequente riscontro è stata l’ipertensione
arteriosa severa e mal controllata; spesso associata a cefalea, disturbi del visus e vertigine. Un
problema emerso sin dal principio, è stata la mancanza di una corretta presa in carico, sul
territorio, per quanto riguarda i pazienti con patologia cronica, che per distanze e limiti economici,
non possono sottoporsi a controlli medici regolari presso i centri specializzati, nè acquistare terapie
per trattamenti prolungati nel tempo. Basti citare, a titolo esemplificativo, il dramma di due pazienti
diabetici che a causa dello scarso controllo glicemico hanno riportato gravi complicanze quali
retinopatia e ulcere recidivanti. Abbiamo sperimentato come, attualmente, la scarsità delle risorse
renda difficilmente ipotizzabile, in loco, la gestione di una terapia insulinica ed il monitoraggio delle
complicanze acute e croniche legate all’iperglicemia.
Un altro disturbo rilevato con spiccata frequenza è stata l’epigastralgia riportata sotto forma di
sintomatologia sospetta per patologia ulcerosa o per reflusso gastroesofageo (circa 15 pazienti).
Nei soggetti più anziani, con maggiore incidenza per il sesso femminile, abbiamo riscontrato dolori
articolari di tipo artrosico, sciatalgie e dolori al rachide in particolare a livello lombo-sacrale
(evidente la correlazione con la provante vita rurale, il carico dei grossi pesi sorretti
quotidianamente, per svariati chilometri di strada percorsa rigorosamente a piedi e spesso con
bambini portati sul dorso…)
Anche per la popolazione adulta si è resa evidente l’importanza di un’attività di tipo preventivo,
volta a modificare abitudini alimentari scorrette e molto frequenti quali l’utilizzo smodato di
zucchero, sale, spezie e peperoncino, possibili fattori di rischio (o comunque aggravante) per
malattie difficilmente controllabili e gestibili a livello di villaggio.
Terminata la nostra attività al post de santè, abbiamo eseguito circa una ventina di visite
domiciliari, riservate ai pazienti più anziani o allettati; anche in questo caso la patologia di più
frequente è risultata essere l’ipertensione, associata, in due casi ad esiti di pregresse ischemie
cerebrali e demenza senile; in questi ultimi casi i malati erano gestiti, con grande difficoltà, solo
dalle famiglie.
Considerazioni finali
A fronte di un’esperienza sicuramente costruttiva dal punto di vista della nostra crescita
professionale, avendo avuto la possibilità di approfondire patologie poco frequenti nel “mondo
occidentale” e soprattutto, la possibilità di entrare in contatto con un approccio diagnostico e
terapeutico improntato sulla clinica (<< qual è la strategia migliore per curare la patologia che
affligge quel paziente? >>) e ancor più su contesto socio-familiare “paziente-specifico” (<< qual è il
trattamento piu’ efficace che la famiglia di quel paziente è in grado di garantirgli? >>), siamo rimasti
segnati da un fatto per noi inaccettabile, ovvero le “coupure” (“tagli”) dell’elettricità con le sue
gravissime ripercussioni sulla salute dei piccoli pazienti del Reparto di Pediatria, al momento non
dotato di gruppo elettrogeno funzionante. Infatti, per risparmiare carburante, è abitudine
dell’amministrazione locale sospendere, anche per diverse ore e senza preavviso, la fornitura di
elettricità ad interi quartieri compreso quello dell’Ospedale. Lasciamo immaginare quale sia stato
l’esito per alcuni neonati, ospitati presso le isole neonatali del “nostro” Reparto, con necessità di
supporto respiratorio in termini di ossigeno (garantito da un apparecchio portatile a funzionamento
esclusivamente elettrico) dopo un black-out della corrente protrattosi per gran parte della notte.
Sorte analoga per neonati o lattanti sottoposti a reidratazione intensiva regolata da pompe a
siringa.
Per quanto riguarda Coubanao, invece, il rammarico più grande resta l’impossibilità di garantire
cura e assistenza continua a pazienti, per i quali un intervento “una tantum” non può risolvere le
problematiche relative ad una patologia cronica che si ripercuotono impietose sulla qualità del loro
vivere quotidiano; non da meno l’impossibilità di poter offrire gratuitamente, a tutti gli assistiti,
l’intera terapia necessaria alla cura (terminati i farmaci a nostra disposizione, infatti, ci siamo trovati
costretti a prescrivere medicinali da acquistare in farmacia, cosa non sempre alla portata dei
malati).
A contrastare le nostre frustrazioni, si sono però opposte la grande semplicità, pazienza e
gratitudine delle persone che abbiamo assistito, tutte consapevoli degli sforzi compiuti per
migliorare (anche se solo in minima parte..!) la loro salute.
Ad avvalorare il nostro operato, è giunto, infine, lo sguardo alla propria esistenza. Terminata
questa incredibile esperienza, infatti, siamo tutti consapevoli che, nonostante le fatiche, le difficoltà
e i sacrifici affrontati per espletare al meglio il nostro dovere, abbiamo ricevuto in termini di
umanità, molto più di quanto dato, e tutto ciò, per il cuore e per la mente ha un valore inestimabile.
<< (SCORCI DI VITA AFRICANA) Poi, ovviamente, ci sono stati i momenti “extra lavorativi”, in cui abbiamo
assaporato attimi di vita africana: in piroga sul fiume Casamence, il mercato dove abbiamo acquistato la
stoffa per i vestiti in stile senegalese, i due giorni sull’isola di Carabane (isola tra fiume e oceano, acqua
salata, spiaggia bianchissima, circondata dalle palme…e il villaggio è ordinato, spazi ampi con numerose
abitazioni coi tetti spioventi di paglia…bimbi ovunque…mentre sei in spiaggia ti corrono incontro divertiti, ti
prendono per mano, ti accompagnano sul bagnasciuga, si fanno prendere in braccio…e in cambio delle foto
ti chiedono “bon-bon”), Diembering, il villaggio sull’oceano, il Bar de la Mer di Cap Skirring e la Pasqua al
villaggio di Sedhiou.
Una Pasqua sicuramente indimenticabile: occhi pieni di colori, volti e voci che riempiono il cuore di gioia,
l’accoglienza calorosa della vera gente africana, che ti riceve in famiglia, che condivide con estrema
gioia…tutto quello che ha. Abbiamo avuto anche l’occasione di fare visita all’ospedale di Sedhiou,
accompagnati dal custode: ordine meraviglioso e inaspettato, si respira pulizia ed organizzazione in ogni
settore. Al centro un cortile, con marciapiedi bianchi panche e rari alberi, che dà sul fiume Casamance;
visitiamo i vari settori, la radiologia, il laboratorio e soprattutto la sala d’accouchement…tutto di un ordine
sconvolgente…le pareti sono tappezzate di manifesti: alcuni sono messaggi del Ministero della Sanità…su
HIV, poliomielite, tubercolosi, paludismo, altri sono veri e proprio disegni, come quelli che avevamo trovato a
Coubanao, disegni per spiegare ai pazienti, spesso analfabeti o in grado di parlare solo il dialetto e non il
francese, ad esempio il parto, le modalità di medicazione del cordone ombelicale…>>
<< (PENSIERI) …piano piano l’Africa sta davvero entrando dentro di noi….ci si deve adattare, in modo
imprevisto forse, ma questo adattamento deve avvenire…e richiede tempo…ed è tutt’altro che banale…è un
adattamento fisico ma soprattutto mentale…tutto, anche le cose più semplici e banali, qui diventano una
conquista…ci potevamo aspettare di non averle proprio certe cose…eravamo pronti alla rinuncia…ma la
sensazione è differente…le cose necessarie alla fine ci sono…ma è completamente diverso il modo di
ottenerle, farle tue, viverle…però piano piano…doucement come direbbe Jams, questo spirito ti entra dentro,
lo fai tuo, ti ci abitui…e siamo certi che tutto ciò ci mancherà…ci mancheranno i volti scuri circondati dai
capelli finti, i vestiti colorati, i bimbi legati sulla schiena delle mamme, la polvere, la terra rossa, il cielo nero
nel quale intravedi ad una ad una le stelle…con una nitidezza impressionante…i piccoli “nouveau-né” nella
sala di neonatologia, emblema della vita che lotta ben consapevole dei propri limiti in un contesto di pacata
rassegnazione…il sole caldo che ti opprime quando fai la strada del ritorno dall’ospedale nel primo
pomeriggio, stanco e assetato…è un essere come divisi tra un’esasperata nostalgia del nostro mondo, fatto
di certezze, modernità, ordine, speculazione scientifica…e questa realtà, DIVERSA davvero, in tutte le
accezioni che questa parola racchiude…ma ti accorgi ben presto che in quella che definisci diversità si
svolge quotidianamente la vita di un popolo: vivono i bambini accanto agli anziani, di un’età sempre difficile
da definire…la vita si esprime davvero in mille sfaccettature nel mondo; …la conoscenza di ciò che è diverso
può solo che arricchirci…per quanto il desiderio di sentirsi legati e radicati alla cultura che ci ha formato è
rimasto tangibile, per noi, ogni giorno e in ogni momento… ora ti senti diverso e ne sei costantemente
consapevole; …timore e attrazione…irrazionalità ed eccessiva razionalizzazione… questa esperienza si vive
in continuo equilibrio, apparentemente precario, con la natura e l’essere umano…>>.
Conclusione
Orgogliosi per il lavoro svolto e per quanto appreso in un’esperienza inestimabile sia dal punto di
vista umano e socio-culturale che professionale, abbiamo potuto constatare che tante cose sono
state fatte (e fatte bene..!) ma che tante altre restano da fare! Conclusosi il periodo a nostra
disposizione, cediamo il testimone ai colleghi che partiranno nei prossimi mesi perché con il loro
operato possa continuare questo scambio bidirezionale tra l’Africa e l’Europa basato sulla
solidarietà e il reciproco rispetto, valori così preziosi e fondamentali per ogni uomo e ancor più per
ogni medico per rendere autentica la propria e l’altrui esistenza.
Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri
della provincia di Pavia
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