Incontri
Le piante, queste sconosciute
di Paola Cavallero
Stefano Mancuso è docente presso l’Università di Firenze, dove coordina il Dottorato in
Scienze Agrarie ed Ambientali e dirige il Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale (LINV), che riunisce ricercatori delle Università di Bonn, Paris VII, Kitakyushu, ed Accademia delle Scienze di Pechino. Recentemente, il laboratorio ha aperto una sede presso l’Università di Kitakyushu, in Giappone. È
Fellow Professor presso le Università di Paris
Diderot (Paris VII), Bonn, Kitakyushu (Giappone), Uppsala (Svezia), Palach (Olomuc, Rep.
Ceca). Co-Chair del panel Life Science del
Committee on Space Research (COSPAR). Il
COSPAR svolge attività di consulenza presso
i governi per la ricerca spaziale. Si occupa, inoltre, di attività di revisione di studi per agenzie
scientifiche di Francia, Grecia, Portogallo, Finlandia, Slovacchia, Giappone, organizzazioni
internazionali (ESA, FAO, COI), e fondazioni
(HSFP, Human Science Frontiers Programme).
Nel 2007 è stato nominato “International expert on traditional knowledge for sustainable
development” dal Segretariato dell’ONU per
la lotta alla desertificazione, United Nations
Convention to Combat Desertification
Stefano Mancuso
Professore Mancuso, il programma di esplorazione di Marte si fa sempre più complesso. Nel novembre 2013, dopo
dieci anni di sviluppo della tecnologia, la Nasa ha inviato
il nuovo veicolo spaziale MAVEN per raccogliere informazioni su come il pianeta ha perso la sua atmosfera e l’acqua, in preparazione dell’attesa missione umana nel 2030.
Lei, che è anche consulente dell’Agenzia spaziale Europea,
diffonde la sua conoscenza sull’intelligenza del mondo vegetale, di cui non possiamo fare a meno. Qual è il rapporto
tra la sopravvivenza dell’uomo e le piante?
“L’uomo che andrà su Marte dovrà portare con sé le piante. Le piante trasmettono a noi un sacco di influenze benefiche. Tant’è vero che, anche dal punto di vista psichico, l’ambiente dove ci sono delle piante risulta migliore. Capisco che qualcuno possa domandarsi: che cosa c’entra
lo spazio con le piante? C’entra moltissimo. Le piante non
sono solo fonte di alimentazione o di ossigeno. La presenza delle piante ci rende più sereni. Nel corso delle simulazioni del programma di formazione degli astronauti che
parteciperanno alla spedizione sul ‘Pianeta rosso’ è emer-
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(UNCCD). Coordina numerosi progetti di ricerca finanziati da UE ed European Space
Agency (ESA). È accademico ordinario dell’Accademia dei Georgofili. Editor in Chief di
“Plant Signaling and Behavior”, rivista internazionale di Landes Biosciences (USA), e della rivista “Advances in Horticultural Science”.
Co-fondatore di “International Society for Plant
Signalling and Behavior”. Ha vinto nel 2002
l’”European Award for Innovation & Research”, per il suo lavoro innovativo sulle tecniche di misurazione dei flussi ionici in cellule vegetali. Ha vinto nel 2003 il premio “Antico Fattore”, per il miglior lavoro scientifico sulla vite pubblicato nel corso del 2002. Dal 2005
collabora con le trasmissioni Geo & Geo e Geo
Scienza (RAI 3). Nel 2010, in qualità di cofondatore della Neurobiologia vegetale, è stato invitato, primo scienziato italiano, come speaker ad Oxford, dalla prestigiosa fondazione
americana TED. È autore di numerosi libri sulla vita delle piante. L’ultima opera, stampata
nell’aprile 2013, “Verde Brillante. Sensibilità
ed intelligenza del mondo vegetale”, scritta con
Alessandra Viola, è già un best-seller italiano
che presto sarà tradotto per l’estero.
so molto chiaramente che anche coloro che avevano superato le selezioni, e dunque già persone con qualità e nervi d’acciaio, non potrebbero convivere per il tempo necessario, pensiamo che il viaggio durerà tre anni, in uno spazio così ristretto. Nelle prove a terra si è visto che comparivano segni di squilibrio ‘importante’ dopo sette-otto mesi
di proiezione nell’ambiente della navicella. Si è provato di
tutto per prolungare la resistenza oltre questo periodo. Infine, che cosa ha funzionato? Mettere le piante all’interno
dello spazio vitale. L’uomo ha vissuto dentro le foreste, si
è evoluto in mezzo alle piante. E la presenza delle piante
viene in qualche modo riconosciuta dal nostro codice genetico come un elemento familiare dai primordi.”
Partendo dalla ricerca scientifica, quali sono i punti di forza della teoria che ridimensiona la visione antropocentrica
dell’universo?
“Le piante sono probabilmente superiori all’uomo per capacità di sopravvivenza, ma non nel senso di intelligenza come la intendiamo riferita all’uomo. Anche se, ogni tanto, esco-
no sui giornali frasi attribuite a me, non arrivo ad affermare
tanto. Penso, però, che le piante sono dotate di cognizione
e coscienza. La coscienza non è la rappresentazione ‘alla Walt
Disney’ di Paperino, che ha su di sé da una parte l’angioletto e dall’altra il diavolo. Quanto piuttosto esse sono coscienti
del proprio posto e dell’ambiente in cui
vivono. È anche difficile definire la coscienza nell’uomo. Qualora si presti attenzione, ci si rende conto che ogni riflessione in proposito è nella forma di
negazione: la definizione ‘non siamo coscienti’, ad esempio, è usata ad indicare quando siamo sotto anestesia o dopo un grave trauma. Le piante sono perfettamente coscienti in quanto in grado di conoscere la propria posizione nell’ambiente e di ‘sentire’. Hanno sensi
propri, che se paragonati a quelli animali appaiono molto più sensibili. Si ritiene che le piante si parlino. Invece
usiamo la perifrasi ‘persona in stato vegetale’ quando non siamo in grado di
interagire. È una follia. Le piante sono
molto sensibili per un motivo abbastanza semplice: pur non muovendosi
molto, non riescono a correre via a differenza dagli animali che usano il movimento come risposta stereotipata, possono sopravvivere esclusivamente sentendo ogni minimo cambiamento attorno a sé. Sono in grado di percepire
con molto anticipo che qualcosa sta
cambiando e metter in atto strategie di modifiche sia anatomiche che fisiologiche.”
mi trovo, dentro l’armadio, ci fosse un quintale di nitrato di
ammonio, io non avrei alcuna capacità di accorgermente,
se non mi venisse detto. Nella stessa condizione, la pianta identifica un milligrammo di nitrato di ammonio attraverso
la radice nel terreno. In questo senso le piante sono molto più sensibili rispetto agli animali.”
“Come
possiamo
sapere
se una pianta
sta bene o male?
Allo stesso
modo in cui
lo capiamo
da qualsiasi
essere vivente.
Bisogna amarla”
Ne siamo sicuri? Anche degli animali si dice che abbiano
la capacità di prevedere catastrofi naturali...
“Gli animali sono molto più sensibili rispetto all’uomo.
Le piante sono ancora più sensibili degli animali. È una
scala su cui sono pronto a sostenere qualunque contraddittorio.”
Su quali basi?
“Pensi che la pianta non ha possibilità di spostarsi. Affinchè possa sopravvivere a cambiamenti climatici, oppure all’inquinamento, l’unico modo che ha a disposizione è percepire il prima possibile la variazione per modificare in modo sostanziale la propria anatomia. In gergo, usiamo l’espressione ‘è fenotipicamente flessibile’, che significa ‘modificare il proprio corpo’, abilità che pochi hanno. La pianta può fare tutto questo se sente in tempo. Una pianta ha
sensi che gli animali non hanno. Se nella stanza in cui io
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Un altro e diverso tipo di sensibilità?
“No, ha i sensi che consentono di percepire l’interazione, le molecole chimiche dell’equivalente funzione del gusto. Facciamo un altro esempio: non
si deve pensare che la pianta abbia
naso, orecchie, bocca, perchè le
piante sono costruite in modo completamente diverso anche rispetto ad
un animale. Noi associamo alcune funzioni importanti del nostro corpo ad alcuni organi, il gusto alla bocca, l’olfatto
al naso, e così via... Le piante non hanno organi specifici che raccolgono funzioni. Gli animali hanno gli occhi e cogli occhi vedono. Le piante utilizzano
tutte le cellule che le ricoprono per percepire la luce. Noi ascoltiamo con le
orecchie. Le piante ascoltano attraverso tutto il ‘corpo’. Si capirà subito
che una pianta è molto diversa dagli
animali. Le funzioni sono diffuse su tutta la pianta. Associare una funzione
ad un organo è molto pericoloso. Se
qualcuno ci toglie il fegato, noi esseri umani moriamo. Una
pianta non può permettersi di avere degli organi, si è evoluta per essere soggetta alla predazione animale. Una pianta sa che sarà mangiata dagli animali. Le piante hanno scelto di restare ferme ed utilizzare il sole come fonte energetica. Gli animali vengono a valle di questa grande scelta,
perchè possono sopravvivere solo attraverso la predazione.
Le piante si sono evolute per quattrocento milioni di anni
per soffrire il meno possibile il problema dell’immobilità. La
pianta non ha organi vitali tali che, una volta rimossi, portano alla morte, ma è costruita attraverso una ripetizione
continua di moduli che sono molto simili. Se io la taglio, ricrescerà. Se io taglio un organo umano, non metto in moto un analogo meccanismo di rigenerazione. Mette in atto
i concetti di ‘resilienza’ di cui oggi si parla spesso. Possiamo togliere il novantacinque per cento di una pianta ed essa continuerà a vivere.”
Ma anche le piante muoiono.
“Certo tutte le piante muoiono. Gli animali sono individui,
dal latino ‘individuum’ indivisibile. Se io vado in un bosco
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e taglio mezzo cespuglio di more, l’altra metà continuerà
a vivere.”
scopici, nell’ordine di diversi centimetri. Una foglia, ad esempio, si muove, e tanto, e poi torna nella posizione iniziale.”
Ci sono tecniche di potatura...
Che cosa le dirige a muoversi?
“Le tecniche ci sono, ma non stiamo parlando di interventi
umani.”
“Un sacco di motivi. Per competere con le piante circostanti,
per muovere le proprie foglie nella posizione più consona
a ricevere una buona qualità di luce, per dormire. Le piante cambiano posizione tra giorno e notte, e nella notte si
mettono a riposo. Come per gli animali, ognuno ha una propria posizione di sonno, così per le specie vegetali, ognuna adotta la posizione migliore, che può essere visibile anche ad occhio nudo dalle foglie: piegate verso il basso, attorcigliate, rivolte verso l’alto.”
Se facciamo una potatura senza perizia, la pianta non rischia
di morire?
“Abbiamo presente le potature che vengono fatte agli alberi in città? Praticamente resta un palo. Nonostante l’orribilità e la staticità di questo intervento, essi non muoiono. Proviamo a fare altrettanto con un animale... Le potature fatte nei viali sono opera di ‘pazzi sadici’, non affatto
corrette. Le potature classiche in città sono fatte in quella
maniera atroce perchè, nella maggior parte dei casi, il legno che si ottiene può essere trattenuto dal potatore, che
tende a tagliare il più possibile. In natura, le piante sono
in grado di riparare il taglio. Questo ci fa capire che le piante fanno tutto quello che gli animali fanno ma in modo diverso, un modo a noi forse meno evidente. A non tutti noi
per lo meno. Noi tendiamo ad associare la presenza di una
funzione ad un organo. Nelle piante, non essendoci gli organi, le equivalenti funzioni sono distribuite.”
Qualora stimolate, le piante comunicano una risposta agli
esseri umani?
“Non abbiamo molto da fornire alle piante. Le piante percepiscono perfettamente anche il tocco. Il tipo di risposta
è molto diverso da quello che ci immaginiamo. Una pianta ferita emette una sostanza che emana messaggi volatili per avvertire altre piante del pericolo, e questo avviene
anche durante gli incendi. Normalmente sono messaggi associati ad attacchi da parte di animali, come il bruco che
arriva su una foglia. Lo scopo è di comunicare alle altre piante che è il momento di attuare delle difese.”
Come viene misurata l’intelligenza delle piante?
Per esempio?
“Semplicemente. Tutti possiamo notare che le piante si muovono, e nonostante la condizione di ‘immobilià’, ossia l’essere radicate al terreno. È il normale risultato di questa conoscenza che abbiamo sul mondo vegetale affermare che le piante hanno una propria forma di intelligenza. Quando lo dico
ricevo incredulità: ‘com’è possibile che una pianta sia intelligente se sta in un punto fermo e fa nulla?’, mi chiedono. Mi
torna in mente un telefilm di Star Strek, che vidi da ragazzino. Ad un certo punto il capitano Kirk arriva su un pianeta
dove tutti gli spostamenti sono prossimi alla velocità della luce. Ebbene, queste forme di vita, velocissime, non riuscivano a percepire i movimenti degli umani. E quindi li ritenavano inorganici, fermi, come noi possiamo considerare le piante. È lo stesso atteggiamento che noi abbiamo verso le piante. Io rispondo esortando a cercare banalmente online informazioni sulle tecniche di ‘time lapse’, fotografia intervallata,
ed i relativi programmi, gratuiti, per la visione. La maggior parte delle fotocamere digitali ha la funzione per fare scatti secondo un intervallo programmato. Se uno prende un cavalletto, appoggia la macchina fotografica davanti ad una qualunque pianta, imposta la macchina per prendere uno scatto ogni cinque minuti, e così di seguito per due giorni, nell’osservare la sequenza finale si accorgerà che le piante si danno un gran daffare. E, prima di tutto, si muovono tantissimo
in assenza di vento, di loro sponte. Sono movimenti mascro-
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“Ci sono molte difese. Uno dei meccanismi più semplici è
produrre sostanze che rendano il proprio corpo o indigeribile o tossico. Sennò esistono strategie molto più complesse.
Quando la pianta viene aggredita da un insetto erbivoro,
attira i nemici di questo insetto, secondo il principio che
noi uomini conosciamo ‘il nemico del tuo nemico è tuo amico’. Le piante fanno la stessa cosa: mentre il bruco mangia la foglia, emettono molecole che attirano le vespe che
attaccono il bruco. Hanno una coscienza elaborata dal loro codice di evoluzione, codificata nel genoma, che permette queste risposte sofisticate.”
Come si fa a capire una pianta?
“La regola principale che si dovrebbe seguire è: rispettarle.
Le piante dovrebbero avere diritti come gli animali, ed ovviamente come l’uomo. La storia dell’uomo e dei diritti che l’uomo ha dato a sé e, poi, anche agli animali si evolve. Se pensiamo che un tempo moglie e figli erano considerati alla stregua di qualcosa di cui si poteva disporre... Credo che si arriverà a riconoscere anche i diritti delle piante. Le piante hanno una vita sociale, mettono in atto strategie sofisticate. Le
piante possono fare a meno degli animali, non viceversa. Se
le piante scomparissero, scomparirebbe la vita dal pianeta.
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Dico che le piante sono fondamentali alla vita, anzi di più: le
piante sono la vita stessa. Come si fa a non dotare di diritti
ciò che rappresenta la vita del pianeta? Disboscando foreste
stiamo commettendo un grande delitto. Se vogliamo capire
le piante che stanno nei nostri giardini o nelle nostre case dobbiamo affidarci alla conoscenza ed al buonsenso. Come possiamo sapere se una pianta sta bene o male? Allo stesso modo in cui lo capiamo da qualsiasi essere vivente. Bisogna amarle. Se il grado di percezione delle persone ritiene che le piante non le riguardano o siano quasi soprammobili, il risultato
sarà quello che anche la nostra vita sarà meno tutelata. Bisogna affinare la nostra intelligenza per capire che nei confronti di un animale siamo finalmente arrivati a sgridare il bambino che lo maltratta, ma non ho mai sentito ai giardini una
mamma che corregge il bambino che sta strappando le foglie ad una pianta, e questo normale non è. Le piante sono
organismi complessi, non dimentichiamolo. Nessuno di noi
penserebbe di curare un familiare con superficialità. Spesso
le piante hanno esigenze particolari, ma ci si limita ad annaffiarle, come se questo fosse il rimedio generale. Molte volte, l’acqua non solo non risolve, ma peggiora la condizione.
E basterebbe avere l’accortezza di tastare la terra col dito, qualche centimetro sotto la superficie, per verificare se c’è umidità oppure è davvero il momento di intervenire con l’acqua.
‘Motus in rebus’, è sempre necessario agire di conseguenza. Il consiglio che mi sento di dare è osservare le piante e
cercare di comprenderle. A volte un malinteso amore, sia chiaro, porta allo stesso risultato. Gli uomini tendono a non annaffiare, le donne ad annaffiare troppo spesso. Le piante sono un mondo talmente vasto da comprendere, che va dall’esemplare di 6500 tonnellate di massa che vive per tremila-quattromila anni, sino alla Arabidopsis, la più facile da coltivare, la ‘star’ di qualunque laboratorio di fisiologia vegetale
e che ha un ciclo vitale di poche settimane. Sono tutt’e due
piante, ma con lunghezza della vita completamente diversa.
Anche le piante muoiono. Sono più resistenti degli animali,
ma se arriva un bulldozer e spiana mezza Amazzonia, o quando manca l’acqua in una zona dove è sempre piovuto..., le
piante non possono reagire. In termini più ampi posso dire
che quando una pianta muore c’è sempre un ‘interesse’ a
che muoia. Quando si mantiene lo stress in limiti accettabili, la pianta è in grado di resistere.”
Il suo amore per le piante è nato con un colpo di fulmine?
“Mica tanto. Se mi si chiede se la mia convinzione sulle
capacità delle piante era già tale da ragazzo rispondo di no,
è frutto di un percorso di studi e ricerche. Dopo la laurea,
precisamente durante il dottorato. Io studiavo la radice delle piante, come rispondeva a determinati parametri, ai fenomeni di stress. Lì ho capito l’incredibile capacità delle
piante di muoversi, di trasformarsi, di interagire in maniera molto brillante. Ho cominciato ad osservare le piante con
altri occhi, se si inizia a pensare alle piante come organi-
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smi intelligenti, ed ovviamente accompagnando questa filosofia con lo studio, perchè solo guardare non basta, appaiono creature eccezionali. Salta agli occhi che sono esseri particolarmente interessanti.”
Ci si immagina che lei abbia un personale successo sulle
piante, grazie alla sua conoscenza.
“Crescono molto bene, ne ho tante in ufficio, in laboratorio, ed anche a casa, in interno ed esterno. Il mio approccio può sembrare semplicistico, ma ripeto: bisogna amarle. Io le guardo e sono contento che stiano lì, vicine. Quando mi accorgo che c’è qualcosa che non va cerco di immaginarmi, che cosa può essere accaduto. Certo, si comincia
sempre dal controllo dell’acqua che hanno a disposizione,
se la luce è rimasta invariata.”
È vero che alle piante ‘piace’ la musica?
Non è che le piante siano in grado di ascoltare la musica,
ma è vero che sono sensibili alla frequenza sonora, per cui
quella bassa, diciamo attorno ai 100 Hz è gradita dalle piante, non si sa ancora bene come. Se facciamo germogliare
un fagiolo, vediamo la piccola radice. Dopodichè lo esponiamo ad una sorgente sonora, che emette frequenze particolari. Ci accorgeremo che la radice cresce verso la fonte sonora che ha una bassa frequenza. Se usiamo una sorgente sonora ad alta frequenza vedremo che la radice crescerà allontanandosi dalla sorgente. Poi, certo, ci sono anche evidenze sperimentali sulla vite, che esposta a bassa
frequenza sonora matura più in fretta ed è anche più ricca di polifenoli, composti antiossidanti.”
Com’è arrivato a scrivere un libro sulle piante di grande successo che sarà tradotto in tedesco ed inglese?
“La mia attività scientifica è legata anche ad un aspetto divulgativo, ma in Italia non abbiamo una grande tradizione
in questo senso. Per anni mi sono sentito chiedere da chi
ascoltava i miei discorsi sulle piante ‘professore, ha scritto un libro?’. La risposta era no. O meglio, ho scritto diversi libri scientifici che sconsiglio a chiunque di comprare perchè non ci si capisce nulla. Io ritengo che uno scienziato
deve essere in grado anche di divulgare il proprio lavoro al
di fuori del laboratorio. Se non sei in grado di spiegare in
modo molto semplice la tua materia vuol dire che non ce
l’hai molto chiara.”
Concludendo, viene in mente la figura di San Francesco D’Assisi: nel creato siamo tutti fratelli e sorelle.
“Precisamente. San Francesco aveva capito tutto. Era stato un pioniere, gli studi scientifici nelle epoche successive
hanno confermato la sua intuizione.”
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