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“C’è un impedimento per la conoscenza, una prova contro tutte le argomentazioni che
basta da sola per tenere un uomo in perpetua ignoranza – è giudicare con sufficienza
prima di aver esaminato.” (Herbert Spencer, filosofo 1820-1903)
“La cosa importante è non smettere mai di porre domande.”
(A. Einstein)
Global Warming
Inganno globale
Dopo aver compiuto uno dei suoi miracoli più conosciuti, cioè la
moltiplicazione dei pani e dei pesci per sfamare una folla di oltre 5.000 uomini
(senza contare quindi le donne e i bambini), Gesù raccomandò che si
raccogliessero gli avanzi, perché nulla andasse perso, tanto che ne raccolsero
dodici ceste. Oltre a sottolineare l’assoluta “esagerazione” (Dio quando fa
miracoli non bada a spese, se così si può dire), questo particolare ci indica
anche una grande verità: anche se gratuiti e abbondanti, i doni di Dio non
vanno mai sprecati. Potremmo dire che Dio odia lo spreco. Il suo progetto per
noi è la felicità, l’abbondanza, la pienezza; ma questo non significa che siamo
autorizzati a buttare anche una sola briciola di quanto ci ha dato.
Faccio questa premessa perché nell’esporre la menzogna ambientalista si
rischia di passare per cinici, irrispettosi del Creato, fino a ricevere una delle
peggiori etichette che siano state coniate per i cosiddetti non allineati del nostro
tempo: “negazionista”. Il negazionista è, nell’accezione comune, colui che nega
l’olocausto, colui che rifiuta di credere che siano morti 6 milioni di ebrei nei
forni crematori, o che perlomeno chiederebbe si potesse dibattere, indagare,
discutere, verificare. Viene bollato come anti-storico, antiscientifico, e, di
recente (proprio dalla Chiesa) addirittura anti-cristiano: “Chi nega
l’olocausto non crede neanche al sacrificio di Cristo”. Insomma, una persona
con cui non si può e non si deve parlare, con la quale la discussione è bandita,
anzi, una persona bandita: per legge può essere incarcerata, anche se dubita
soltanto, anche se ritratta, come ha fatto David Irving: niente da fare,
171
condannato lo stesso, la sua ritrattazione non è stata convincente. Neanche con
Galileo la Chiesa era stata così intransigente.
Prima di illustrare alcuni elementi del credo ambientalista sottolineo pertanto
che il Creato è sacro, e sporcare, sprecare, non apprezzare ogni singola goccia
di rugiada che Dio ci regala è un’offesa al Creatore. Ciò detto, passiamo ad
analizzare la bugia di una delle ultime religioni ufficiali rimaste: il global
warming (riscaldamento globale).
§§§§§
Se chiedete un’offerta per un impianto fotovoltaico, nel documento che vi viene
presentato, oltre ad essere indicate condizioni economiche, caratteristiche
tecniche dell’impianto, tempi di consegna, ecc., vi troverete anche un altro
parametro importantissimo: le tonnellate di CO2 che il vostro impianto,
evitando di utilizzare energia dalla combustione di carburanti di origine fossile
(petrolio soprattutto) vi farà risparmiare (o meglio: farà risparmiare all’intera
umanità). Da qualche anno è una costante: in ogni pubblicità ci deve essere
qualcosa di verde; se la macchina consuma meno, sarà amica dell’ambiente; se
il frigorifero è più efficiente, sarà definito frigorifero verde, e così via. Fermo
restando quanto affermato all’inizio, sorge un piccolo dubbio su questa ondata
ambientalista, anche perché, nelle sue forme più estremiste (ma sempre più
diffuse), l’uomo è rappresentato come il nemico numero uno dell’ambiente,
addirittura un cancro di questa terra, un tumore maligno che, con la sua
espansione mette in crisi la sopravvivenza stessa dell’ecosistema.
Fino a qualche tempo fa (estate 2009) i dubbi che sorgevano in merito alla
genuinità e autenticità delle notizie in questo campo erano solamente a livello
personale. Veniva da pensare che sì, insomma, l’uomo inquina, ma tutto
sommato certe posizioni sembravano un po’ esagerate; fino a quando, anche
qui, puntuale, è arrivato “l’11 Settembre”, cioè il singolo evento che ha
gettato il dubbio sulla veridicità della teoria ufficiale. Tale evento è stato il
furto (copia da parte di hacker) di email dell’IPCC (Intergovernmental Panel
for Climate Change), l’organismo ONU sul cambiamento climatico. Cosa si
dicevano questi signori? Sostanzialmente che avevano dovuto usare dei
trucchi (“trick”) per nascondere i dati che in realtà negavano il
riscaldamento profetizzato. Su questo argomento riporto più avanti alcuni
articoli di dettaglio. Quello che però emerge prepotentemente è il tentativo di
ingannare, di falsificare i dati per un fine non dichiarato: evidentemente un
172
complotto degno di investigazione.
Qui è importante dire la verità, come affermata dalla comunità scientifica (per
gli articoli di dettaglio rimando alla fine di questo capitolo; in sintesi si può
affermare quanto segue).
La verità è venuta fuori dopo che i meccanismi di rilevazione della temperature
ad alte quote, sia con palloni aerostatici, sia con satelliti, hanno rilevato che ad
alte quote la temperatura aumenta meno che a livello del suolo,
contraddicendo la teoria dell’effetto serra, da sempre attribuito all’aumento
di CO2 (diossido di carbonio).
La verità è che il CO2 è uno degli elementi più diffusi in natura; e la quantità
di CO2 proveniente dall’attività umana è insignificante rispetto a quella
prodotta dai vulcani, dagli animali, dalle piante, dagli organismi viventi, e dagli
oceani.
La verità è che il CO2 è in minima parte presente fra i gas derivanti
dall’effetto serra (meno dell’1%).
E, se anche fosse il CO2 il responsabile della variazione di temperatura, questo
non sarebbe la spiegazione per tutte le variazioni di temperatura che ci sono
state nel passato, quando l’attività industriale umana non esisteva.
La verità è che la correlazione fra la quantità di CO2 e la temperatura esiste, sì,
ma analizzando le serie storiche si scopre che la quantità di CO2 segue
l’aumento delle temperature, non le precede: è in effetti una conseguenza
della variazione di temperatura, non una causa.
La verità è che il riscaldamento, in parte osservato, si osserva anche su altri
pianeti del sistema solare (dove l’attività dell’uomo non arriva). E le
osservazioni scientifiche delle variazioni di temperature anche su altri pianeti
del sistema solare fanno emergere un’evidente correlazione fra l’attività del
sole e il riscaldamento (o raffreddamento) dei pianeti.
A questo proposito dice Blondet:
Nel 2005 l'astrofisico danese Henryk Svensmark del Danish National Space
Center ha compiuto un esperimento che proverebbe l'azione dei
raggi cosmici nel cambiamento climatico - cosa furiosamente
negata dagli "scienziati" dell'ipotesi antropogenica. Ponendo un
recipiente contenente normalissima aria in un sotterraneo, egli dimostrò
173
che i raggi cosmici (che trapassano il suolo dall'alto) producevano la
formazione di goccioline microscopiche di acido solforico ed acqua,
insomma i "semi" della formazione di nuvole. La quantità di raggi cosmici
che giungono sulla Terra è in relazione inversa all'attività solare, perchè il
vento solare e il suo campo magnetico, quando è forte, li "spazza via":
meno raggi cosmici, dunque, meno nuvole, e quindi meno raffreddamento
del sistema-Terra, ipotizzò Svensmark.
Il fatto significativo della
malafede "scientifica" è che tutte le riviste scientifiche hanno
rifiutato per anni di pubblicare la sua relazione.
Quindi, la vera correlazione con le variazione di temperatura, nei secoli
scorsi, è stata scoperta e riguarda l’attività solare, misurabile grazie alla
presenza di macchie solari. Semplificando al massimo, scienziati di diverse
parti del mondo e diverse estrazioni hanno scoperto una correlazione diretta tra
l’attività del sole e la temperatura secondo questo schema:
Maggiore attività del sole Æ Maggiore presenza di macchie solari Æ Maggiori
emissioni elettromagnetiche (vento solare) Æ minore presenza di raggi cosmici
Æ minore formazione di nuvole Æ irradiazione del sole meno filtrata Æ
maggior temperatura.
Ecco stabilita la relazione tra l’attività del sole e la temperatura sulla terra.
Che scoperta. Se ci sono le nuvole c’è meno caldo. Lo sapevamo già, no?
Certo, solo che queste osservazioni riguardano serie storiche di secoli, ed hanno
una valenza scientifica un po’ maggiore delle semplici osservazioni personali
(comunque il buon senso non va mai trascurato). Ma allora perché tutto questo
accanimento ambientalista, e tutta questa attenzione alle emissioni di CO2?
Secondo alcuni giornalisti questo si può riportare ad una combinazione di
eventi, in parte (minima) casuale ed in parte voluta.
Tali eventi si possono riassumere così:
1) crisi petrolifera seconda metà anni ’70;
2) scioperi in massa dei minatori inglesi;
3) desiderio della Tatcher di liberarsi delle dipendenze di queste due fonti
energetiche (petrolio e carbone), e desiderio quindi di spingere il
nucleare (presupposta energia “pulita”)
4) In seguito al crollo del muro di Berlino, la caduta della
contrapposizione Est-Ovest, ed il “riciclo” di attivisti comunisti nei
nuovi movimenti ecologisti.
174
Si venne in qualche modo a formare una strana alleanza fra il governo di destra
inglese, che cavalcava l’ondata ecologista per i propri fini pro-nucleare, e vaste
frange della popolazione che riversarono nel movimento ecologista le loro
energie e le loro idee anti-sviluppo, anti modernità, anti capitalismo. Alleanza
strana perché da una parte c’era chi spingeva a fini pro-nucleare, dall’altra i
gruppi erano ispirati da ideologie anti moderniste, quasi di ritorno ad uno stile
di vita bucolico pre-industriale.
In realtà, come si è visto anche di recente, con l’ex vicepresidente degli Stati
Uniti Al Gore (film-documentario “An Unconvenient Truth”, una scomoda
verità), l’ondata ambientalista-ecologista viene cavalcata per imporre politiche
mondialiste, di limitazione dello sviluppo dei paesi poveri (mentre i ricchi
continuano allegramente a sperperare), e soprattutto per imporre limiti,
controlli e limitazioni della libertà che altrimenti non sarebbero accettate.
Un po’ come il terrorismo, insomma: se siamo sotto attacco, accettiamo una
limitazione delle libertà, in fondo è per il nostro bene. Problem-ReactionSolution: una metodologia ben collaudata (vedi capitolo sui False flag).
Riporto articolo del Corriere sulle email rubate all’IPCC, email in cui gli
“scienziati” affermano di essere dovuti ricorrere a dei trucchi per mascherare la
verità (che non c’era nessun riscaldamento).
Il giallo delle email rubate «Sul clima dati falsificati»
Corriere.it
23 novembre 2009
Hacker vìola un archivio. E scopre i trucchi degli scienziati. Scettici contro
catastrofisti
WASHINGTON — Gli scettici sul riscaldamento del clima sono in piena euforia.
Convinti di aver colto con le mani nella marmellata i profeti di sciagure e gli
sciamani del global warming. In pieno negoziato per non far fallire il vertice di
dicembre a Copenhagen, lo scandalo dei dati ritoccati rivelato ieri dal
New York Times fa riesplodere la disputa pubblica sui danni veri o presunti
causati dai gas serra alla sostenibilità climatica del pianeta. Gridano alla truffa
i negazionisti, rispondono con uguale veemenza i teorici della responsabilità
umana, invocando l’enorme quantità di dati a sostegno delle loro tesi. Qualche
dubbio sulla qualità della ricerca rimane. Soprattutto ora, che centinaia di email, rubate da pirati telematici dai computer della University of East Anglia, in
Gran Bretagna, rivelano che autorevoli ricercatori e scienziati inglesi e
175
americani hanno spesso «forzato» e in qualche caso alterato i dati in loro
possesso, per combattere gli argomenti degli scettici, concordando vere e
proprie strategie di comunicazione per convincere l’opinione pubblica. Non
mancano nella corposa corrispondenza riferimenti derisori e insulti personali
a quanti mettono in dubbio la tesi del global warming, che uno degli
autori delle mail definisce «idioti». «Questa non è una pistola fumante, è
un fungo atomico », ha detto al quotidiano newyorkese Patrick Michaels, un
esperto climatico che da tempo accusa il fronte del surriscaldamento di non
produrre prove certe e dati convincenti a sostegno delle tesi catastrofiste.
LA SCOPERTA - La scoperta dell’incursione è avvenuta martedì scorso, dopo
che gli hackers erano penetrati nel server di un altro sito, un blog gestito dallo
scienziato della Nasa Gavin Schmidt, dove hanno cominciato a scaricare i file
degli scambi di posta elettronica tra questi e gli studiosi di East Anglia. Due
giorni dopo, le prime mail hanno cominciato ad essere pubblicate su The Air
Vent, un sito dedicato agli argomenti degli scettici. La polizia ha aperto
un’indagine, anche se i primi dubbi sull’autenticità della posta sono stati sciolti
dagli stessi scienziati anglo-americani, che hanno confermato di essere gli
autori. «Il fatto è che in questo momento non possiamo dare una spiegazione
alla mancanza di riscaldamento ed è una finzione che non possiamo
permetterci», scriveva poco più di un mese fa Kevin Trenberth, del National
Center for Atmospheric Research di Boulder, in Colorado, in una discussione
sulle recenti variazioni atipiche della temperatura. Ancora, nel 1999, Phil
Jones, ricercatore della Climate Unit a East Anglia, ammetteva in un
messaggio al collega Michael Mann, della Pennsylvania State University, di
aver usato un «trick», un accorgimento per «nascondere il declino»
registrato in alcune serie di temperature dal 1981 in poi.
GIUSTIFICAZIONI - Mann ha cercato di sminuire il significato del termine trick,
spiegando che è parola spesso usata dagli scienziati per riferirsi a «un buon
modo di risolvere un de-terminato problema» e non indica una manipolazione.
Nel caso specifico, erano in discussione due serie di dati, una che mostrava gli
effetti delle variazioni di temperatura sui cerchi dei tronchi degli alberi, l’altra
che considerava l’andamento delle temperature atmosferiche negli ultimi 100
anni. Nel caso dei cerchi degli alberi, l’aumento della temperatura non è più
dimostrato dal 1960 in poi, mentre i termometri hanno continuato a farlo fino
a oggi. Mann ha ammesso che i dati degli alberi non sono stati più impiegati
per individuare la variazioni, ma che «questo non è mai stato un segreto».
Secondo Trenberth, le e-mail in realtà mostrano «l’integrità sostanziale della
nostra ricerca». Ma per Patrick Michaels, lo scandalo rivela l’atteggiamento
fondamentalista dei teorici del global warming, «pronti a violare le
regole, pur di screditare e danneggiare seriamente la reputazione di
chi vuole solo un onesto dibattito scientifico ».
Paolo Valentino
Corriere.it | 22 novembre 2009
Beh, il Corriere della Sera, organo di informazione allineato, non ha potuto fare
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a meno di dare la notizia ma, come vedete, l’ha opportunamente annacquata e
controbilanciata per nascondere la gravità dei fatti. Ma ad un’analisi un po’
meno di parte le cose appaiono ben più gravi. Ma non poteva questo essere uno
scoop per i mezzi d’informazione, sempre a caccia di qualcosa che faccia
vendere più copie? Macché!
Se più indizi fanno una prova, possiamo essere certi di avere le prove della
malafede dell’informazione nello spingere una certa idea:
Strategia dell’allarme
Maurizio Blondet
24/04/2007
«Allarme siccità»: non so se avete notato come tutti i TG e i giornali aprano lo
stesso giorno con lo stesso allarme.
Con le stesse immagini: il Rio delle Amazzoni in secca, il Po asciutto.
Non c’è dubbio, è l’allarme siccità.
Ma sono indubbie anche le seguenti citazioni, trovate in un sito internet:
«Alla ricerca di un nuovo nemico che ci unisse, giungemmo all’idea che
l’inquinamento, la minaccia del riscaldamento globale, la mancanza d’acqua,
la carestia e cose del genere fossero adatte…». Questa è una frase da una
pubblicazione del Club di Roma. (1) «Abbiamo bisogno, per ottenere un ampio
sostegno, di catturare l’immaginazione pubblica… sicchè dobbiamo offrire
scenari paurosi, fare dichiarazioni semplificate e drammatiche, e non
menzionare alcun dubbio…ciascuno di noi dovrà fare il giusto bilancio fra
l’essere efficace e l’essere onesto». Questo è Stephen Schneider, docente di
climatologia a Stanford, soprannominato «il super-venditore dell’effetto serra».
«Anche se la scienza del riscaldamento globale fosse tutta falsa… il
cambiamento climatico offre la più grande opportunità di portare nel
mondo uguaglianza e giustizia»: così Christine Stewart, ministro
dell’Ambiente canadese. (2) Sì, c’è siccità, e ne siamo tutti coscienti. Siamo
infinitamente meno coscienti di un «allarme manipolazione»: di essere
psichicamente influenzati, anzi soggiogati, da un vasto progetto.
Tale progetto è malthusiano: poteri forti mirano alla riduzione della
popolazione umana volute dall’alto.
…
L’ambientalismo oligarchico ci propone di credere al culto della dea-madre: la
chiama Gaia, il suo antico nome è Kali. La sola dea indù cui si fanno sacrifici di
sangue, e sacrifici umani. Migliaia di fisici, climatologi, meteorologi,
oceanografi ed ecologisti (nel senso proprio: studiosi delle nicchie ambientali)
hanno firmato una petizione («Global Warming Petition Project») in cui
prendono pubblicamente le distanze dalla teoria del «global warming» come
originato dall’industria umana.
177
Uno di essi, il fisico dell’atmosfera Fred Singer, ha scritto: «La terra si riscalda
e si raffredda continuamente. Il ciclo è innegabile, antico, spesso improvviso e
globale. E’ anche impossibile frenarlo. Gli isotopi nel ghiaccio e nei sedimenti
antichissimi, negli antichi anelli degli alberi, nelle stalagmiti, ci dicono che il
fenomeno è originato da piccoli mutamenti nell’irradiazione solare»
(«Unstoppable global warming», pagina 4).
Ma «gli scienziati che sono noti come scettici sul global warming trovano
difficile ottenere incarichi universitari e impossibile ricevere fondi per le loro
ricerche», ha scritto Paul Johnson in un articolo di Forbes («The menace of the
lobby»). Ciò è ovvio: questi sono eretici della nuova religione. E la nuova fede
è spietata, esige l’estremo sacrificio.
Ancora al Gore: «I piccoli mutamenti di politica, i moderati miglioramenti nelle
leggi e nei regolamenti, la retorica offerta al posto del vero cambiamento, sono
tutte forme di compromesso, volte a soddisfare il desiderio del pubblico che il
sacrificio, la fatica e la dolorosa (‘wrenching’, parola che indica uno ‘strappo’,
anche muscolare) trasformazione della società non saranno necessari».
(pagina 274).
Chi dice che il nostro tempo è scettico e relativista?
Abbiamo almeno due religioni che accettiamo senza discutere, e non
ammettono agnosticismo: quella dell’olocausto e quella dell’ambientalismo.
L’una e l’altra ci denunciano come macchiati da un peccato originale, e
ci bollano come peccatori «attuali», sia che pratichiamo «l’antisemitismo»
criticando Israele, sia che sprechiamo e sporchiamo l’ambiente.
L’una e l’altra ci offrono la via di salvezza nel pentimento e nel dolore, in uno
«strappo» doloroso. Al fondo del quale ci fanno balenare, come la ministra
canadese, «un mondo di uguaglianza e giustizia». D’accordo, la siccità esiste. I
ghiacciai si restringono. Ma esiste anche una strategia dell’allarme. Ed essa è
una menzogna, promossa da ben identificati poteri forti.
Di questo non siamo consapevoli.
La difesa è evidente: contro le nuove «fedi» dobbiamo accanitamente opporre
il nostro scetticismo, la nostra incredulità. Affermare il «relativismo» di chi
crede in Gesù e nella salvezza non in questo mondo. Abbiamo pochi mezzi
umani per resistere, i TG ci parlano tutti insieme, ad un giorno convenuto,
dell’allarme siccità, e non c’è voce contraria o dubbiosa che abbia spazio nei
media.
Per quanto mi riguarda, tengo memoria di ciò che mi disse un vecchio agente
della CIA che aveva operato in Vietnam. Nella nostra conversazione, alluse
e «cose orribili» che lui e i suoi colleghi avevano fatto, poi non volle
dire di più. Gli chiesi: «Se non vuol dirmi che cosa ha fatto, mi dica che cosa
ha imparato». Lui rispose: «Che cosa ho imparato? Questo: che niente in
questo mondo è come ti viene detto». Parlava di «questo mondo». Quello sui
cui domina il «Princeps huius mundi», il padre della menzogna.
Maurizio Blondet
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Un’esperienza penosa, soprattutto per la libertà di espressione, è stata la
conferenza di Copenhagen sul clima, dove anche pacifici obiettori sono stati
arrestati e trattenuti in carcere solo per le loro posizioni dissenzienti dalla
“religione del global warming”
Ambiente: cala il sipario sul teatrino di Copenhagen
21/12/2009
di Marco Cedolin
Centoventi capi di stato, diretta emanazione di banche e
multinazionali, rinchiusi in un fortino a disquisire dei disastri ambientali
prossimi venturi, determinati dal modello di sviluppo che loro stessi hanno
creato, al fine di garantire sempre maggiori profitti ai propri padroni.
Disastri che la maggior parte di loro non vedrà mai, dal momento che per
evidenti ragioni di età si sarà accomiatata da questo mondo prima che la barca
affondi.
Molte migliaia di giovani fuori al gelo, decisi a contestarne l’operato
presente e futuro. Giovani che con i disastri ambientali e le loro conseguenze
dovranno fare i conti, consapevoli del fatto che si tratterà di conti “salati”
perché qualcuno ha rubato loro la prospettiva di godere di un avvenire sereno.
A frapporsi fra i due contendenti qualche migliaio di poliziotti,
impegnati nell’esercizio di bastonare i giovani affinché non disturbino e serva
loro di lezione. Contornati da migliaia di giornalisti, gran parte dei quali
pennivendoli senza pretese, deputati raccontare menzogne di ogni sorta che
risultino funzionali alla fame di profitto futura dei padroni di cui sopra.
A ben guardare il vertice di Copenhagen sui cambiamenti climatici potrebbe
essere tutto raccolto in queste immagini, sospese fra l’inanità di chi ha
mangiato in maniera bulimica fino a scoppiare, depauperando le risorse del
pianeta e pregiudicando lo stato di salute della biosfera, e la volontà di reagire
di chi si è visto precipitare nella prospettiva di un futuro fatto di carestie, aria
irrespirabile, fiumi marcescenti e acqua imbevibile, all’interno del quale
“sopravvivere” per buona parte della propria vita.
Un confronto impari, perché i primi detengono il potere e continueranno a
venire rappresentati nell’immaginario collettivo come le “anime buone” che
vogliono salvare il mondo. I secondi non detengono un bel nulla e
continueranno a venire stigmatizzati come facinorosi e giovinastri che
protestano e non hanno voglia di lavorare, nonostante il progresso e lo
sviluppo abbiano ormai creato un posto al call center a 400 euro al mese per
179
tutti.
Nella commedia buonista e qualunquista del vertice di Copenhagen, di
curiosità se ne possono trovare anche altre, tutte a modo loro interessanti, da
leggere sullo sfondo della completa inutilità rappresentata da una kermesse di
questo genere.
Impossibile non sottolineare ancora una volta la mistificazione portata avanti,
avallando l’assurto in virtù del quale la CO2 sarebbe di gran lunga
l’agente inquinante più pericoloso e l’unico reale responsabile dei
mutamenti climatici presenti e futuri. Unita alla profonda omertà
manifestata nei confronti di tutti gli agenti inquinanti, diossina, metalli pesanti,
particolato, nanopolveri, benzene,elementi radioattivi, che le attività umane
producono in enorme quantità ogni giorno, avvelenando il pianeta e la
popolazione che lo abita.
Così come è impossibile non mettere in evidenza la contraddizione insita in un
vertice di questo genere, organizzato con il “nobile” scopo di combattere
l'inquinamento, ma che, come in molti hanno posto l’accento, ha inquinato
esso solo in due settimane tanto quanto un paese come il Marocco nel
corso di un anno. Grazie alla presenza, oltre ai 120 capi di stato con i loro
entourage, di oltre 50.000 persone solo fra delegati e giornalisti, con relativa
movimentazione di 1200 auto con autista, 140 jet privati e una quantità
enorme di spostamenti in taxi ed auto a nolo, viaggi in aereo e in treno e
soggiorni in hotel. Unitamente alla mobilitazione d’ingenti reparti di polizia con
relativi automezzi e perfino alla costruzione di un carcere temporaneo
all’interno di un deposito di birra dismesso.
Tutto il teatrino “impegnato” a combattere CO2 e mutamenti climatici si è
inoltre concentrato solo ed esclusivamente sull’aspetto economico della
questione, quasi l’essere umano non necessitasse di mangiare, bere e vivere in
un ambiente il quanto più possibile sano ed incontaminato, ma fosse simile ad
un androide che per sopravvivere deve “ingerire” qualche dollaro al giorno e
nulla più.
Sono state così permutate in dollari le previsioni delle potenziali sciagure
imminenti, in dollari i potenziali milioni di vittime delle stesse, in dollari gli
eventuali rimedi, che sempre attraverso i dollari dovrebbero essere in grado di
ripristinare gli equilibri naturali perduti.
E anche la conclusione ingloriosa del vertice, terminato con l’accordo di
rinnovare la penosa kermesse il prossimo anno a Città del Messico, ha
prodotto come unico risultato un movimento di denaro, sotto forma della
promessa di 100 miliardi di dollari da stanziare in favore dei paesi poveri, sotto
la gestione di quelle stesse banche e multinazionali che hanno diretto i lavori
del vertice e con tutta probabilità avevano come unico obiettivo di travasare
nelle loro tasche nuove quantità di denaro dei contribuenti, a fronte di una
sceneggiata di sicuro effetto mediatico.
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Marco Cedolin
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E' gelo sul riscaldamento globale
Di William Engdahl - Global Research
Tratto da http://www.comedonchisciotte.org
La bufala del riscaldamento globale smascherata da un freddo da
record mondiale
Il battage pubblicitario governativo e mediatico sul pericolo del riscaldamento
globale che starebbe già causando lo scioglimento delle calotte polari e
minacciando una catastrofe climatica planetaria, assume sempre di più i
connotati di propaganda politica. Finora le nevicate di quest’anno in Nord
America, Siberia, Mongolia e Cina sono state le più abbondanti dal 1966.
Per il Centro Climatico Nazionale dei Dati degli USA (NCDC), a gennaio e inizio
febbraio molte città americane hanno sofferto un freddo record. Secondo il
NCDC, la temperatura media di gennaio “è stata di 0.3 gradi Fahrenheit
inferiore alla media riscontrata nel periodo 1901-2000”.
La Cina sta subendo l’inverno più rigido da un secolo a questa parte. Nel sud
del Paese, dove in genere le temperature sono più miti, il freddo è stato così
intenso, e così a lungo, che alcune città medio-piccole hanno dovuto fare a
meno dell’elettricità per settimane, perché era impossibile riparare i guasti per
il troppo freddo o per il ghiaccio.
Nell’Ontario e nel Quebec i due mesi scorsi ci sono state così tante bufere di
neve e ghiaccio che persino il mercato immobiliare ne ha sofferto dato che le
persone preferivano starsene tappate in casa. Soltanto nelle prime due
settimane di febbraio a Toronto sono caduti 70 cm di neve, battendo il record
del 1950 di 66.6 cm per l’intero mese.
I ghiacciai si ricompattano
Tra i più drammatici risultati del freddo polare su gran parte del pianeta è il
capovolgimento di quella che era la notizia più frequentemente ripetuta: lo
scioglimento dei ghiacci delle calotte polari. L’autunno scorso il mondo fu
scioccato dalle dichiarazioni di alcuni climatologi, secondo cui lo strato di
ghiaccio ai poli aveva raggiunto il “livello più basso mai registrato”. Avevano
però cautamente omesso di dire che il controllo dello spessore dei ghiacciai era
iniziato soltanto nel 1972, e che ci sono prove geologiche di scioglimenti ben
più importanti nel passato.
Adesso, a risultato della rigidità delle recenti temperature, il ghiaccio è tornato.
Secondo Gilles Langis, membro del servizio canadese delle previsioni del
tempo ad Ottawa, l’inverno polare è stato così gelido che il ghiaccio non solo è
stato recuperato, anzi, in molte zone è più spesso dello scorso anno di 10-20
centimetri.
Pochi sanno, e i sostenitori del Riscaldamento Globale sembrano volerlo
nascondere a tutti i costi, che ci sono notevoli variazioni stagionali sulla
quantità di ghiaccio presente sull’oceano artico. Inoltre, gran parte del ghiaccio
181
è coperto di neve per circa 10 mesi all’anno, e i mesi di marzo e aprile sono
quelli con più neve, con variazioni dai 20 ai 50 centimetri. Lo spessore non è
sempre costante, non lo è mai stato.
Anomalie del Modello Climatico
Molti tra i climatologi culturalmente onesti ammettono che le loro previsioni
contengono irregolarità. Robert Toggweiler, del Laboratorio di Dinamica dei
Fluidi dell’Università di Princeton e Joellen Russell, vice professore di
Dinamiche Biogeochimiche all’Università dell’Arizona, due importanti fautori del
Modello Climatico in discussione, di recente hanno ammesso che le previsioni
basate su test computerizzati che mostrano come lo scioglimento dei ghiacciai
raffreddi gli oceani, fermando la circolazione dell’acqua calda equatoriale a
latitudini nordiche con il possibile innesco di un’altra Era Glaciale (come nel
film del 2004 “L’alba del giorno dopo”) sono sbagliate. In un’intervista
rilasciata di recente, Russell ha detto: “Non è lo sciogliersi del ghiaccio che
porta le correnti oceaniche verso nord dai tropici, ma piuttosto la circolazione
dei venti. I modelli climatici finora studiati non hanno tenuto ben conto degli
effetti del vento sulle correnti oceaniche, per cui i ricercatori hanno pareggiato
i conti riversando sull’uomo la responsabilità dell’aumento delle temperature e
dello scioglimento dei ghiacciai.” Beh, questo è molto interessante.
Quando i professori Toggweiler e Russell riprogrammarono il loro modello
includendo il ciclo quarantennale dei venti da e verso l’equatore, notarono che
le correnti oceaniche che portano acqua calda dal sud al nord avevano un
ovvio ruolo nel recente riscaldamento del circolo polare artico.
Climatologi russi ritengono che i recenti cambiamenti climatici riscontrati a
livello globale siano il risultato dell’attività solare, e non di emissioni causate
dall’uomo. Un membro dell’Accademia Russa di Scienze Naturali, Oleg
Sorokhtin, definisce l’incidenza dell’uomo sul riscaldamento globale come “una
goccia nel mare”. Le sue ricerche dimostrano che la recente attività solare è
entrata in una fase di inerzia, per cui ha suggerito alla gente di “munirsi di
cappotti”.
Kenneth Tapping, del Consiglio Nazionale della Ricerca canadese, che
supervisiona un gigantesco radiotelescopio puntato sul sole, è convinto che se
l’attività delle macchie solari non riprende presto, entreremo in un lungo
periodo di clima freddissimo. L’ultima volta che il sole è stato così inerte,
infatti, la terra subì una Piccola Era Glaciale che durò all’incirca cinque secoli,
finendo nel 1850. I raccolti vennero meno per colpa di gravi gelate e siccità.
Carestie, pesti e guerre si moltiplicarono. I porti gelarono, come anche i fiumi,
per cui i commerci cessarono.
Geopolitica del riscaldamento globale
L’isterismo circa il surriscaldarsi della terra è essenzialmente una trovata
geopolitica delle élite planetarie, per far sì che i popoli accettino di buon grado
drastici tagli al loro stile di vita che, se fossero pretesi dai politici senza un
buon motivo, potrebbero innescare scioperi e proteste. Il resoconto dell’IPCC
commissionato dalle Nazioni Unite sul riscaldamento globale raccomanda che
un enorme 12% del Prodotto Interno Lordo mondiale sia indirizzato a
“prevenire gli effetti dannosi dei cambiamenti climatici”, e stima che la spesa
per la riduzione di certe emissioni arriverebbe a 2.750 dollari all’anno per
182
famiglia, sotto forma di costo energetico.
Esistono oggi due principali opzioni politiche che il potere dell’establishment
anglo-americano può adottare per continuare a controllare un mondo che gli
sta sfuggendo rapidamente di mano. Le chiameremo Piano A e Piano B.
Piano A è quella del duo Bush-Cheney e delle grandi compagnie petrolifere e
militari da loro rappresentate. Cheney e il suo grande amico, Matt Simmons,
divulgarono il mito del Picco del Petrolio per far sì che la gente accettasse
l’inevitabilità dell’aumento del prezzo al barile a 100 dollari e oltre. Nel
frattempo il potere delle grandi compagnie petrolifere e delle forze militari ad
esse correlate cresceva con l’incremento del prezzo del greggio.
La Guerra Globale al Terrorismo fornì un pretesto per giustificare il controllo
militare sulle maggiori riserve di petrolio e suoi transiti nel mondo. Dall’Iraq
all’Afghanistan, al Kossovo, il piano degli USA e della NATO era il controllo
futuro degli straordinari poteri emergenti, dalla Russia alla Cina, all’India, al
Brasile al Venezuela e oltre. L’efficace lavoro diplomatico della Cina in Africa ha
fatto sì che molti Paesi africani siano sul punto di allontanarsi dal controllo USA
o britannico per affidare le loro risorse petrolifere ai cinesi oppure a gestirsele
da soli.
Se John McCain sarà scelto come presidente dalle élite di potere americane,
significherà che quel programma militare e petrolifero si accentuerà,
specialmente ora che gli USA stanno per affrontare una grave depressione
economica.
La seconda opzione per mantenere il controllo su gran parte dell’economia
mondiale, il Piano B, vede nel Riscaldamento Globale e nei “poteri deboli” delle
Nazioni Unite, del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, un
veicolo più adatto per convincere la gente ad accettare di buon grado
cambiamenti drastici al loro stile di vita.
Barack Obama, che sembra essere la scelta delle stesse élite, la loro “ventata
d’aria fresca” per rimettersi in sesto dopo il fallimento degli anni del duo BushCheney, tenderebbe ad adottare l’opzione del Riscaldamento Globale
dell’establishment anglo-americano, il “Piano B”, per abbassare il tenore di
vita. In un suo intervento durante la campagna presidenziale a Wallingford in
Pennsylvania, Obama rispose ad una domanda circa Al Gore, l’eroe del
Riscaldamento Globale. Come presidente, Obama disse che avrebbe valutato
l’opportunità di assegnare ad Al Gore una posizione ministeriale – o più
rilevante, dicendo: “Mi premurerò di avere Al Gore seduto al tavolo di
discussione, con un ruolo centrale per risolvere questo problema. Gli parlo
spesso e già mi sto consultando con lui circa il da farsi, ma il cambiamento
climatico esiste.”
Due grandi fazioni
Sono due i raggruppamenti principali all’interno dei poteri politici
dell’establishment occidentale, e a grandi linee condividono gli stessi fini
elitari, pur divergendo sul come raggiungerli. Il loro scopo principale è quello di
controllare la crescita economica e demografica del pianeta.
Il primo gruppo è definito come il gruppo di Rockefeller. Ha una base di potere
183
estesa su tutto il globo ed oggi è ben rappresentato dalla famiglia Bush, che ha
iniziato proprio come braccio destro della potente macchina di Rockefeller, la
cui fazione da più di un secolo basa il suo potere e prestigio sul controllo del
petrolio usando interventi militari per ottenerlo. La fazione è personificata
dall’uomo che dal 2001 è in effetti il presidente per quanto riguarda le
decisioni da prendersi, Dick Cheney. Cheney è stato direttore generale della
Halliburton Corp., che è sia la più grande società al mondo di assistenza per i
giacimenti petroliferi, sia il maggior costruttore di basi militari.
Il secondo gruppo si potrebbe chiamare “la fazione dei poteri deboli”, la cui
filosofia può essere riassunta in una frase: “si prendono più mosche con una
goccia di miele che con un barile di aceto”. La strada che hanno scelto di
percorrere per contenere il processo demografico e per abbassare il tasso delle
nascite in Cina e altrove è quella di promuovere l’inganno del riscaldamento
globale e di un’imminente catastrofe climatica. Al Gore appartiene a questa
fazione, come la sostiene il Primo Ministro inglese Gordon Brown, i due vedono
nelle istituzioni come le Nazioni Unite un buon veicolo per propagandare il
periodo di vacche magre.
L’IPCC (Pannello Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici) è stato ideato
dalle Nazioni Unite nel suo Programma per l’Ambiente. Nonostante sia
dimostrato che la metodologia scientifica usata per stilare i suoi dossier sul
clima è alquanto imprecisa, essi sono sbandierati come verità sacrosante dai
potenti mezzi di comunicazione che hanno alle spalle. Fanno parte di questa
fazione anche il faccendiere miliardario George Soros, alcuni membri della
famiglia reale inglese e diverse vecchie famiglie di ereditieri europei.
La prova ambientale del riscaldamento globale sta rapidamente sciogliendosi
come ghiaccio al sole, per cui non ci sorprenda che notizie sul raffreddamento
delle calotte polari ed altre contrarie a quanto asseriscono i profeti del
malaugurio non siano trasmesse dai media internazionali.
F. William Engdahl è autore del libro di prossima pubblicazione, “Seeds of
Destruction: The Hidden Agenda of Genetic Manipulation” (”I semi della
distruzione, l’agenda segreta della manipolazione genetica”), Global Research
Publishing, e autore di “ A Century of War: Anglo-American Oil Politics and the
New World Order” (“Un secolo di Guerra: la politica petrolifera angloamericana”), Pluto Press. Può essere contattato presso il suo sito web,
www.engdahl.oilgeopolitics.net
Titolo originale: " Global Warming gets the Cold Freeze "
Fonte: http://www.globalresearch.ca/
Tradotto per www.comedonchisciotte.org da Gianni Ellena
Riscaldamento Globale
Non è colpa dell'uomo
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Furio Stella - "EfferveScienza" inserto del mensile Biolcalenda, anno XX, nr. 2 febbraio 2010, www.labiolca.it
Piccolo esperimento: chiudete gli occhi e pensate al «Riscaldamento Globale».
Che cosa vi viene in mente? Se l’immagine che si sta formando nella vostra
mente è quella di enormi ciminiere che buttano in cielo nuvoloni neri densi di
fumo, avete risposto giusto. Sono, quelle, le stesse immagini che vengono
utilizzate quotidianamente dalla vostra tv per accompagnare i notiziari sul
«Global Warming». Ora, siccome quel che leggiamo o ci viene detto passa
attraverso il vaglio della nostra coscienza critica, mentre le immagini no, la
morale è semplice: che ci crediate o no, che ne siate consapevoli o no, state
accettando completamente l’equazione «riscaldamento globale uguale opera
dell’uomo». Che è quanto esattamente l’ortodossia scientifica - quella delle
Nazioni Unite, di Al Gore, dei premi Nobel, di Kyoto e del recentissimo
supervertice di Copenhagen - vi sta suggerendo. Senza che questa verità
ufficiale, questo paradigma scientifico, venga minimamente messo in
discussione dai fatti.
Quali fatti? Be’, per esempio che i modelli climatici usati dagli scienziati
dell’I.P.C.C., il potentissimo Panel Intergovernativo sul Cambiamento Climatico
che lavora sotto l’egida dell’ONU, premiato nel 2007 addirittura con un premio
Nobel e i cui dati costituiscono «verità assoluta» sul tema, non sono condivisi
da migliaia di loro colleghi nel mondo non meno bravi o qualificati di loro
(anzi). Un esempio arriva dall’N.I.P.C.C., l’organismo «non governativo» che
ha prodotto una stroncatura scientifica delle teorie secondo cui la
responsabilità del riscaldamento globale sarebbe solo e unicamente
dell’uomo: il suo rapporto di 700 pagine pubblicato nel 2009 («Climate
change reconsidered», il cambiamento climatico ripensato) è stato firmato
difatti da oltre 31.000 scienziati, tra cui 3.800 geologi e scienziati
dell’atmosfera, ma anche matematici, chimici, fisici, medici e ingegneri.
Qualche nome di spicco? Tra i primi firmatari Frederick Seitz, già presidente
dell’American Pysical Society e della National Academy of Sciences, scomparso
nel 2008. Oppure Kary Mullis, il geniale premio Nobel che già aveva
denunciato negli anni ’90 la falsità dell’equazione «H.I.V. uguale A.I.D.S.».
«Variazioni naturali legate al sole o all’acqua, l’uomo non c’entra», assicurano.
CLIMAGATE
Sulla «scientificità» dei dati prodotti dal Panel ci sarebbe da interrogarsi da qui
fino a Pasqua. Specie dopo che a metà novembre scorso è saltato fuori lo
scandalo «Climagate». Ne avete sentito parlare? In pratica un gruppo di
hacker ha rubato dal server della East Anglia University oltre mille e-mail
scritte tra il 1996 e il 2009 da vari scienziati dell’I.P.C.C. e del Climatic
Research Unit (C.R.U.) che ci lavora a tempo pieno, e le ha diffuse su Internet.
In quelle mail gli scienziati esprimono dubbi sulla teoria del riscaldamento
globale che loro stessi portano avanti e, cosa ancora più grave, ammettono
allegramente di aver manipolato le prove scientifiche. Sul serio. In uno
scambio di e-mail del 1999, tanto per citarne una, il capo del C.R.U., il
185
professor Phil Jones, racconta di aver usato un «trick», cioè un trucco, per
nascondere il calo nelle temperature.
«Ho appena completato il trucco fatto da Mike (Michael Mann, un altro
ricercatore) su Nature - scrive - aggiungendo le temperature reali a ogni serie
per gli ultimi vent’anni così che quello di Keith (un altro ricercatore) possa
nascondere il declino». E lo stesso Mann: «Sappiamo tutti che qui non si tratta
di stabilire la verità, ma di prepararsi a respingere le accuse in modo
plausibile». E così via.
Trucchi, dunque. Dati manipolati ad arte, persino articoli pubblicati sulle più
prestigiose riviste scientifiche del pianeta. Uno scandalo, il Climagate, che ha
travolto con sé anche l’ex vicepresidente americano Al Gore, autore del
documentario ecologista «An inconvenient truth», una verità scomoda,
premiato con due Oscar per la denuncia sui rischi del nostro pianeta. Oscar
che la destra di Hollywood ha proposto subito di togliergli, visto che le
informazioni del film coincidevano con quelle «false» denunciate dalle mail dei
ricercatori.
Al contrario delle informazioni «vere» che vengono invece sistematicamente
taciute o derubricate. Per esempio che la terra ha già vissuto periodi in cui i
livelli di CO2, il temibile biossido di carbonio ritenuto responsabile dell’effetto
serra, erano gli stessi di adesso. Anche nell’Eocene, parliamo di 20 milioni di
anni fa, quando dell’uomo non v’era nemmeno traccia.
GAS SERRA
Colpa dei gas serra, dicono oggi. Vero. Peccato che la stragrande maggioranza
di tutte le emissioni sia, secondo gli scienziati «negazionisti», di origine
naturale e non umana. Cioè una posizione diametralmente opposta a quella dei
loro colleghi dell’I.P.C.C., i cui dati propagandati da giornali e tv indicano
invece che la causa del riscaldamento globale è provocata invece al 92,5% dai
gas serra di origine antropica. Tesi strana, visto che il rapporto tra i livelli di
CO2 e l’aumento delle temperature non indica sempre una diretta
proporzionalità. Al contrario. Il crollo di Wall Street del 1929, per esempio,
fece scendere la produzione di tutte le industrie del mondo del 30%. Per
tornare ai livelli precedenti, toccò aspettare la fine della Seconda guerra
mondiale
e
gli
anni
della
ricostruzione
1945-50.
Eppure, come ha dimostrato nel 2001 il professor Martin Hertzberg,
meteorologo dell’U.S. Navy, nonostante il crollo industriale il CO2 ha continuato
a salire. Il 21% in più nell’ultimo secolo. «Com’è possibile - si domanda
Hertzberg – se negli ultimi cent’anni, dal 1880 al 1980, le temperature sono
salite di solo mezzo grado?».
IL CALDO MEDIOEVO
186
Dicevamo delle epoche storiche. Tutti gli scienziati ammettono l’esistenza di
un «periodo caldo» (addirittura tre gradi in più rispetto a oggi) compreso fra il
950 e il 1450. Ne fanno fede anche i resoconti del 1421 di una spedizione nel
Mare Artico di una flotta dell’imperatore cinese che «non aveva incontrato
ghiaccio in nessuna zona». La stessa Groenlandia (da «groenland», terra
verde) prese il nome dai primi insediamenti vichinghi che la trovarono
evidentemente ben coltivabile dopo la sua scoperta avvenuta nel 985 da parte
del navigatore Erik il Rosso.
Non solo. Dopo il periodo caldo medievale, ben documentato anche da un
rapporto O.N.U. del 1996, salvo poi essere cancellato «misteriosamente»
nell’analogo rapporto del 2001, che cosa ti arriva? Un periodo freddo, anzi una
vera e propria «piccola era glaciale». Circa trecento anni, con il suo apice
compreso fra il 1550 e il 1700 provocato, secondo gli studi del ricercatore
danese Henrik Svensmark finanziati dalla Royal Society britannica, «dalla
ridotta attività solare e dalla maggiore irradiazione di raggi cosmici che ha
ridotto la nuvolosità del clima». Le temperature in Europa calarono di 1,5° solo
nel giro di un secolo per poi abbassarsi ancora durante il periodo più freddo, e
rialzarsi infine verso il 1750. Un rialzo che continua ai giorni nostri. Sono
dunque circa 400 anni che il pianeta si sta riscaldando, e non 150 come
sostenuto dalle teoria degli ambientalisti.
GHIACCI E CO2
E i ghiacci che si sciolgono? «Variazioni periodiche», dicono gli scettici del
riscaldamento. Ai quali si è aggiunta nel mese scorso la clamorosa scoperta
dell’E.T.H., l’Istituto federale svizzero per la Tecnologia di Zurigo, secondo cui
non è vero che lo scioglimento dei ghiacciai sulle nostre Alpi sia un fenomeno
del tutto nuovo. Anzi, secondo i glaciologi elvetici, negli anni ‘40 del secolo
scorso i ghiacciai si ritiravano molto più velocemente di oggi a causa della
maggiore quantità di radiazione solare (circa l’8% in più). Al punto che, in
paragone, ai giorni nostri la loro estensione è addirittura aumentata del 4%. E
questo - aggiungono - «nonostante le temperature di 70 anni fa fossero più
basse di quelle odierne». Non solo i ghiacci, purtroppo. Più si sale in alto, più i
dati si discostano da quelli decantati dall’I.P.C.C. La teoria del riscaldamento
globale prevede difatti un aumento delle temperature anche nella troposfera
equatoriale, cioè della fascia che sta a 10 chilometri dalla superficie terrestre:
peccato che in questa zona si registri invece un rinfrescamento.
GOVERNO MONDIALE
Colpa del sole, allora. O colpa dell’acqua, se volete. Molti studi indicano come
l’aumento del biossido di carbonio abbia sempre fatto seguito a un
riscaldamento del clima. «É il riscaldamento degli oceani che provoca
l’aumento di CO2 nell’atmosfera, non il contrario», dicono Hertzberg e le
migliaia di scienziati dell’N.I.P.C.C. «L’uomo non c’entra nulla», ribadisce
anche il professor Antonino Zichichi, membro (tra l’altro) della Pontificia
187
Accademia delle Scienze, secondo cui «l’intervento delle attività umane
influisce per meno del 10% sui cambiamenti climatici» e questi ultimi sono
determinati soprattutto «dall’energia del sole e dalle attività vulcaniche».
Attività vulcaniche come quelle scoperte recentemente sotto i ghiacci del Mare
Artico da una spedizione scientifica finanziata anche dalla NASA: decine di
vulcani a 4.000 metri sotto il fondo marino che sparano getti di materiali
caldissimi alla velocità di 500 metri al secondo.
Decine di vulcani sottomarini in piena attività. Già ce l’immaginiamo l’effetto
sui ghiacci. Ma allora perché dei vulcani sotto il Polo Nord non si è sentito
parlare? Per lo stesso motivo per cui vengono veicolate solo le notizie coerenti
con le «verità scientifiche». Ci sono, dietro le teorie ufficiali, fior di professori
che su quelle «verità» hanno costruito prestigio, cattedre e carriere. Ci sono,
naturalmente, enormi interessi economici in ballo. E ci sono organizzazioni
mondiali, vere e proprie elites a cui si accede per nomina e non per elezione
democratica, che sembrano pendere da tutte le parti fuorché da quella dei
cittadini. Come si è visto con l’O.M.S., l’Organizzazione Mondiale della sanità, e
le sue previsioni terroristiche e sballate (ma lucrose invece per le case
farmaceutiche produttrici dei vaccini) in fatto di pandemia da influenza di tipo
A.
No, di loro forse è il caso di non fidarsi troppo. Né, tornando a bomba sui
cambiamenti climatici, dell’«impegno a spendere» l’1% del PIL mondiale preso
a Copenhagen anche dal presidente Usa Barack Obama (domanda: con i soldi
di chi?). Una politica dalle conseguenze sociali imprevedibili, tanto più in un
periodo di spaventosa depressione economica come questo. C’è già difatti chi
grida al pretesto per l’istituzione di un unico «governo mondiale», con
organismi di controllo sovranazionali, gli stessi già intravisti all’opera durante
l’allarme pandemico dell’O.M.S., limitazioni alle libertà personali; e magari
anche un bel po’ di politiche di «pianificazione familiare» per ridurre la
popolazione del pianeta (in fin dei conti la colpa del riscaldamento è nostra,
no?) come invoca persino il «Profeta Verde» degli ambientalisti Lester Brown.
Ecco perché nelle immagini tv si vedono le ciminiere che buttano fumo.
Perché «con sufficiente ripetitività e conoscenza psicologica delle persone
coinvolte non sarebbe difficile dimostrare loro che un quadrato in realtà è un
cerchio».
Non l’ha scritto uno scienziato dell’I.P.C.C. o dell’O.M.S., ma Joseph Goebbels,
il ministro della propaganda di Adolf Hitler.
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