dispensa locomozione e resistenze al motoB2_01

URBANISTICA – Corso di Infrastrutture di Trasporto
Dispensa: sostentazione e locomozione
Università Mediterranea di Reggio Calabria
Facoltà di Architettura
Corso di Laurea in Urbanistica
CORSO INTEGRATO
INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ TERRITORIALE
Corso di
Infrastrutture di Trasporto
Sostentazione e locomozione
F. CIRIANNI, G. LEONARDI
B - 02
URBANISTICA – Corso di Infrastrutture di Trasporto
Dispensa: sostentazione e locomozione
Un atto di trasporto richiede che venga realizzata la sostentazione e la locomozione del mezzo
utilizzato.
La sostentazione può essere assicurata:
a) senza fornire energia, da:
-
la reazione del terreno (veicoli terrestri ed aeromobili nei movimenti su pista),
-
la spinta idrostatica (natanti),
-
la spinta aerostatica (aerostati),
b) fornendo energia, da:
-la spinta idrodinamica (aliscafi),
-la spinta aerodinamica (aeromobili ad ala fissa o rotante),
-la spinta per reazione dell'acqua e del terreno (hovercraft) ottenuta per mezzo di getti
freddi opportunamente incanalati,
-la spinta a reazione dell’aria o dei gas combusti ottenuta per mezzo di getti caldi cui
partecipa il fluido ambiente (esoreattori aeronautici) o meno (endoreattori utilizzati
dai razzi).
La locomozione viene realizzata sempre mediante l'energia fornita da un motore ad un propulsore.
Un propulsore può essere definito come il sistema meccanico capace di trasmettere al veicolo sul
quale è installato la forza che ne provoca il moto.
I vari sistemi di propulsione possono riassumersi come segue:
a) traino con fune (funicolari, funivie, seggiovie, ecc.);
b) cremagliera (treni a cremagliera);
c) ruota motrice (autoveicoli, locomotori);
d) ruota trainata (veicoli stradali e ferroviari rimorchiati, funicolari);
e) elica (natanti, aeromobili);
f) esoreattore (aeromobili e missili);
g) endoreattore (razzi);
I sistemi a fune, a ruota, a cremagliera sfruttano l'aderenza (naturale o artificiale) sviluppata nel
contatto fra due corpi non in scorrimento tra loro; gli altri (sistemi a reazione) sfruttano, invece, la
variazione della quantità di moto del fluido ambiente (reazione indiretta: motore + propulsore
elica), della massa dello stesso sistema propulsore (reazione pura: razzo) o di entrambi (reazione
diretta: reattore con unico complesso motore-propulsore).
I sistemi a ruota, trainata o motrice, sono sempre basati su due coppie cinematiche: ruota di frizione
e perno-cuscinetto.
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Le forze agenti sul veicolo
Sistema di riferimento
Fissare un sistema di riferimento è utile per poter individuare e studiare le diverse componenti delle
forze che agiscono sul veicolo.
Le forze che agiscono su un veicolo possono essere distinte in:
– Forze di aderenza
– Forza peso
– Resistenze al moto (forze che si oppongono al moto del veicolo)
o resistenza al rotolamento
o resistenza in curva
o componente della forza peso che si oppone al moto (per moto in salita)
o resistenza aerodinamica
– Forze frenanti
– Forze di trazione
Aderenza
Lungo l’asse verticale (z), la sede stradale esercita una reazione uguale ed opposta alla risultante,
Fztot, di tutte le forze verticali scaricate dal veicolo (in generale la componente della forza peso
ortogonale alla pavimentazione).
Tale reazione, ancora pari a Fztot, è distribuita tra le superfici di impronta dei pneumatici:
Le pressioni superficiali medie (tensioni normali) che agiscono sulle aree di impronta dei
pneumatici sono date da:
σs = Fzi / spz i = Fz / spz (ipotizzando una distribuzione uniforme dei carichi)
Alle tensioni normali, σs, se il veicolo è in movimento, si accoppiano delle tensioni tangenziali, τs,
agenti nel piano xy, che dipendono dal tipo di contatto tra pneumatici e pavimentazione.
Si ha aderenza quando le due superfici a contatto “non scorrono” tra loro.
Si ha attrito quando, invece, le superfici a contatto “scorrono” tra loro.
Consideriamo le sole componenti secondo l’asse del moto delle tensioni tangenziali ed
indichiamone il valore medio con τs y; la forza tangenziale totale che la pavimentazione trasmette ad
ogni pneumatico è pari a:
Fy = τs y spz
Il rapporto tra Fy ed Fz è un coefficiente, pari evidentemente al rapporto tra τs y e σs (intesi sempre
come valori medi):
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Fy / Fz = τs y / σs = f
Fino ad un certo valore del rapporto Fy / Fz si rimane in condizione di aderenza (senza scorrimento
relativo tra le superfici a contatto), oltre un certo limite si è in condizioni di attrito (si ha
scorrimento relativo tra le superfici a contatto).
Il coefficiente di aderenza limite, fay, è il valore limite del rapporto Fy / Fz oltre il quale si passa in
condizioni di attrito.
Pertanto, per permanere in condizioni di aderenza si deve avere: Fy ≤ fay Fz
La quantità fay Fz è detta forza di aderenza massima, ed è il valore massimo della forza tangenziale
che la sede stradale può trasmettere al pneumatico
Se il pneumatico scorre rispetto alla sede stradale, la forza che si instaura tra i corpi a contatto è
detta forza di attrito ed è pari a:
Fa y = fatt Fz
dove:
fatt è detto coefficiente di attrito
Si ha sempre: fatt < fay
Entrambi i coefficienti si ricavano sperimentalmente e dipendono da diversi fattori:
–
natura e caratteristiche della superficie stradale
–
disegno del battistrada e pressione del pneumatico
–
velocità di avanzamento del veicolo
–
presenza di acqua, umidità, polvere ghiaccio
Valori indicativi del coefficiente di aderenza:
–
conglomerato bituminoso asciutto 0,4-0,6
–
“ “ umido 0,3-0,5
–
“ “ bagnato 0,1-0,3
-
conglomerato cementizio asciutto 0,6-0,8
–
“ “ umido 0,4-0,5
–
“ “ bagnato 0,2-0,4
–
strada oleosa 0,1-0,2
–
ghiaccio 0,05-0,1
Si noti come la forza massima trasmissibile, pari al prodotto del coefficiente di aderenza per la
risultante delle forze verticali, si dimezzi al passare da strada asciutta a strada bagnata.
Se si considera il veicolo nel suo insieme:
– in fase di moto la forza di aderenza massima è proporzionale al peso che il veicolo scarica sulle
ruote motrici (peso aderente, Fzad):
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Fy ≤ fay Fzad
– in fase di frenatura la forza di aderenza massima è proporzionale al peso che il veicolo scarica
sulle ruote frenanti (peso frenato, Fzfr):
Fy ≤ fay Fzfr
Per le autovetture, in generale, solo due ruote sono motrici, per cui il peso aderente è inferiore (circa
½) al peso totale; per le auto a trazione integrale (4x4) il peso aderente è pari al peso totale. Invece,
in generale, tutte le ruote sono frenanti, per cui il peso frenato è pari al peso totale.
Resistenze al moto
Sono tutte le forze esterne che si oppongono al moto di un veicolo
Resistenza al rotolamento
Durante il moto di un veicolo stradale, la reazione della pavimentazione, risultante degli sforzi
normali trasmessi alla ruota, è spostata dal lato del moto rispetto all’asse della ruota:
Nasce pertanto una “coppia resistente” pari a: Fz ef
L’eccentricità ef, e pertanto la resistenza, aumenta all’aumentare della velocità Sperimentalmente si
è visto che, per veicoli in moto rettilineo, la resistenza al rotolamento si può esprimere come una
forza pari a:
rr = m (c + b v2)
dove:
m è la massa del veicolo (kg)
c e b sono parametri sperimentali (m/sec2 ; 1/m)
v è la velocità del veicolo (m/sec)
Forza peso
E’ una forza che si somma alle resistenze solo per veicoli su di un piano inclinato; ha lo stesso
segno delle resistenze per moto in salita; ha segno opposto per moto in discesa. La forza peso è
diretta verso il centro della terra, è applicata al baricentro del veicolo ed è pari a:
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P=mg
dove:
m è la massa complessiva del veicolo (kg)
g è l’accelerazione di gravità (9,81 m/sec2)
Nel caso di un veicolo su un piano inclinato, la componente che si oppone al moto è:
P sen(γ) ≅ P tg (γ) = P i = m g i con “i” pendenza della livelletta (positiva se salita)
Resistenza in curva
E’ molto modesta per veicoli stradali. E’ dovuta al moto di deriva prodotto dall’azione della forza
centrifuga sul veicolo.
La forza centrifuga è una forza applicata al baricentro del veicolo, con direzione nel piano del moto
ed ortogonale alla tangente alla traiettoria, pari a:
Fc = m v2 / R
con:
m massa del veicolo (kg)
v velocità del veicolo (m/sec)
R raggio della curva (m)
Sperimentalmente si è visto che, per i veicoli stradali, la resistenza in curva è proporzionale alla
forza centrifuga:
rc = cc m v2 / R
dove cc vale 0,01-0,02.
Resistenza aerodinamica
E’ la resistenza che incontra un veicolo muovendosi in un fluido, in questo caso aria.
Si scompone in: Frontale
Posteriore
Laterale
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Per le autovetture, in generale, si trascurano i termini dovuti alla resistenza posteriore e laterale.t
La resistenza aerodinamica, nel verso del moto,si calcola con la seguente formula sperimentale:
ray = ½ cy sy ρ vry
2
dove:
cy è il coefficiente di forma del veicolo (si misura sperimentalmente nelle gallerie del vento; per
autovetture varia da 0,28 a 0,40)
sy è l’area della sezione maestra del veicolo (la più estesa delle sezioni trasversali del veicolo; 1,52,2 mq per le autovetture)
ρ è la densità dell’aria (circa 1,2 kg/m3)
vry è la velocità relativa del veicolo rispetto a quella del vento nella direzione del moto (m/sec)
Forza resistente complessiva
E’ la somma di tutte le resistenze al moto:
Ry = ± m g i + ½ cy sy ρ vry
2 + cc m v2 / R + m (c + b v2)
che si può sinteticamente scrivere (noti tutti i termini):
Ry = W + Z v2
Le resistenze al moto hanno, pertanto, andamento quadratico con la velocità.
Equazione generale del moto
La locomozione di un mezzo di trasporto richiede che un motore fornisca energia per la traslazione;
la forza di trazione T che risulta applicata al mezzo deve essere in grado di vincere le resistenze al
moto e di produrre accelerazione secondo l'equazione generale del moto:
T(v)=Rtot (v)+m(1+β) dv/dt
dove:
T(v) è la forza (o sforzo) di trazione, altrimenti definita come risultante delle forze attive;
β è un coefficiente di maggiorazione della massa per tenere conto della necessità di accelerare
anche le masse, rotanti e traslanti, che si muovono lungo traiettorie diverse da quella del veicolo;
Rtot è la somma delle resistenze al moto (forze passive).
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Forza di trazione
La funzione T(v) è chiamata caratteristica meccanica di trazione del mezzo e dipende dalla
caratteristica meccanica del motore C(n), dove C è la coppia fornita dal motore all’albero e n il
numero di giri dell'albero stesso.
La caratteristica meccanica ideale dovrebbe avere l'andamento di un'iperbole equilatera; in tale
situazione, infatti, una riduzione della velocità dovuta ad un aumento delle resistenze al moto
determinerebbe un aumento della forza di trazione e quindi il raggiungimento di un nuovo
equilibrio mantenendo costante la potenza di trazione (prodotto della forza di trazione per la
velocità).
Una caratteristica meccanica a forza costante od addirittura decrescente al diminuire della velocità
sarebbe instabile: una diminuzione della velocità per l'aumento delle resistenze al moto porterebbe
all'arresto del veicolo.
Inoltre, tanto la T quanto la v sono soggette ad alcuni limiti imposti:
per T dalla trasmissibilità dello sforzo di trazione da parte dell'organo propulsore (aderenza per le
ruote, avanzamento per l'elica), prima ancora che dalla stabilità e dalla resistenza meccanica del
veicolo;
per v dalle condizioni limite per il funzionamento del sistema motore-propulsore e per la sicurezza
di marcia.
In sostanza una caratteristica di trazione ideale dovrebbe avere l'andamento mostrato in figura
Per T = costante / v, la potenza netta al propulsore W risulta invariabile con la velocità:
W(v) = T(v) v = costante = W
Supponendo che il rendimento η (potenza utilizzata / potenza prodotta) non dipenda da v, allora
anche la potenza N prodotta dal motore, pari a:
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é un'invariante rispetto alla velocità.
In realtà il motore a potenza costante non esiste; si può, però, ricorrere ad accorgimenti tali che,
entro un campo di velocità sufficientemente ampio, risulti costante, con approssimazione più o
meno rigorosa, la potenza all'organo propulsore.
La potenza netta al propulsore necessaria a produrre un moto uniforme alla velocità v (solo
equilibrio con le resistenze al moto) è:
W(v) = R(v) v
Resistenze al moto
Nel compiere uno spostamento un qualsiasi veicolo (terrestre, acquatico o aereo) deve vincere delle
resistenze, ossia delle forze che si oppongono al suo moto.
Esse dipendono sia dalla natura del mezzo ambiente e dalle modalità di sostentazione e
locomozione, sia dalle caratteristiche cinematiche del moto (traiettoria, velocità ed accelerazione),
sia, infine, dalla massa del veicolo.
Riferendosi all'unità di massa (1 t) si parla di resistenze specifiche (r = R/P), espresse di norma in
kg/t o in N/kN.
Rispetto alle caratteristiche cinematiche, è possibile distinguere tra:
-
resistenze ordinarie (in moto piano, rettilineo ed uniforme) e pertanto dovute
o al rotolamento delle ruote sul terreno (prevalente per i veicoli stradali dove maggiore
è la deformazione al contatto) e degli assi rispetto al telaio del veicolo o dei carrelli
(prevalente per i veicoli ferroviari);
o all’attrito con il mezzo ambiente (aria o acqua)
o esistenze addizionali (di inerzia per moto vario, di rampa, in curva).
-
Le resistenze addizionali per tutti i veicoli terrestri sono dovute:
o alla salita (componente della forza peso lungo l’asse della traiettoria con verso
opposto a quello della velocità);
o all’inerzia (in conseguenza di ogni variazione positiva della velocità);
o alla percorrenza delle curve (inversamente proporzionale al raggio e direttamente
proporzionale allo scartamento).
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DIAGRAMMA ELEMENTARE DEL MOTO E PRESTAZIONI DEL VEICOLO ISOLATO
Condizioni di moto
Un ciclo standard di trasporto si compone essenzialmente di due fasi: sosta (o quiete) e movimento
(o moto).
La sosta è chiaramente caratterizzata da velocità nulla e dall’assenza di forze attive e resistenze.
Il movimento è, invece, caratterizzato da velocità diversa da zero, resistenze sempre presenti e forze
attive presenti o assenti nelle diverse fasi, esso si verifica fra due distinti momenti di sosta (velocità
nulla), pertanto devono esistere almeno due periodi a velocità variabile: uno di accelerazione ed uno
di decelerazione.
I periodi di accelerazione e decelerazione possono essere intervallati da uno o più periodi a velocità
costante (di regime).
Le fasi a velocità variabile, in forza dell’equazione generale del moto, possono avvenire solo in
condizioni di risultante non nulla delle forze applicate (attive + resistenti).
Infatti se la risultante di tali forze è nulla, si ha dv/dt = 0 e T = R.
Soluzioni dell’equazione generale del moto
Nota la T(v) e la R(v) l'equazione del moto può essere utilmente riscritta:
T(v) −R(v) dvm(1 +β) dt
=
Per integrare ed ottenere l'andamento del moto nel tempo (diagramma del moto), occorre separare le
variabili:
m(1 +β)dv
dt =
T(v) −R(v)
L'integrazione è analiticamente difficile per la presenza delle funzioni di v al denominatore; si
integra quindi di norma per differenze finite oppure, per calcoli approssimati, graficamente.
Sovrapponendo alla caratteristica meccanica T la curva delle resistenze al moto R (figura 5.1) è
facile ricavare, per differenza delle ordinate, l'andamento degli sforzi acceleratori T - R.
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Metodo ∆V
E’ il metodo più semplice e quindi più usato.
Si assume come indipendente la variabile velocità e si presuppone la conoscenza delle funzioni
T(V) e R(V) sotto forma di grafico continuo o di tabella discontinua, dalla quale è comunque
sempre possibile ricavare dei valori intermedi tramite metodi di interpolazione lineare.
Partendo dal grafico della caratteristica di trazione e tenendo conto che, in un tratto in cui non
intervengono variazioni planoaltimetriche, la caratteristica resistente è abbastanza piatta, occorre
scegliere l’intervallo ∆V in modo che la differenza T(V) – R(V) non vari troppo e quindi, per
esempio, che non ci siano discontinuità (cuspidi) nel grafico T(V), riducendo l’ampiezza
dell’intervallo stesso quando la variabilità di questa differenza sia elevata (per esempio sul tratto
riguardante la caratteristica di trazione naturale del motore).
Sono pertanto note le caratteristiche iniziali:
Vi = velocità iniziale dell’intervallo;
Vf = velocità finale dell’intervallo = Vi + ∆V;
Vm = velocità media nell’intervallo = Vi + ∆V/2;
Può essere allora ricavato il valore medio dell’accelerazione
nell’intervallo:
∆VT(Vm ) −R(Vm )
=a=
m
∆t m(1+β)
da cui si ricava, con ∆V espresso in km/h:
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∆V∆t=[s]3,6am
che rappresenta l’intervallo temporale necessario perché la velocità
vari di ∆V.
L’intervallo di spazio ∆s necessario perché la velocità vari di ∆V è allora espresso tramite la:
V ∆t
m
∆s = [m]
3,6
Per ciascun intervallo, sia esso di velocità, di tempo o di spazio, i valori
finali trovati sommando l’ampiezza dell’intervallo imposta o calcolata, diventano
valori iniziali per l’intervallo successivo.
La somma di tutti gli intervalli di tempo così calcolati a partire da un
istante iniziale ed analogamente la somma di tutti gli intervalli spaziali a partire
da una posizione iniziale consentono di trovare l’istante finale di tempo e la
posizione finale nello spazio in corrispondenza della quale viene raggiunta la
velocità finale data dalla somma di tutti gli intervalli di velocità considerati:
tf = ti +∑∆t
sf = si +∑∆s
Naturalmente il controllo della posizione effettiva del veicolo rispetto a variazioni planoaltimetriche
delle resistenze (cambio di livelletta, insorgenza di una curva o di una galleria) va fatto man mano
che si avanza con il calcolo dello spazio finale sf.
Se ci si accorge di aver superato il limite di cambiamento, occorre riprendere l’ultimo passaggio
effettuato riducendo per tentativi il valore fissato per il ∆V fino ad avere una buona coincidenza
della posizione finale del veicolo con la posizione del limite di cambiamento.
Analogo discorso va fatto per quelli che sono i cambiamenti di caratteristica imposti dall’esercizio,
per esempio i rallentamenti o la necessità di passare dalla fase di trazione a quella di frenatura
perché è da prevedersi una sosta.