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Accademia dei Concordi
Rovigo
AFAM-MIUR
Conservatorio Statale di Musica
“Francesco Venezze” Rovigo
Comune di Rovigo
Assessorato alla Cultura
LA DOMENICA AI CONCORDI
MUSICA E POESIA
SETTEMBRE - OTTOBRE 2013 V EDIZIONE
… Ascolta, l’ininterrotto messaggio che dal silenzio si crea …
R. M. Rilke
Goethe sapeva che il compito della poesia è impossibile, perché
è la lingua dell’inesprimibile, e più volte insigni musicologi del
primo Novecento hanno posto l’accento sull’ineffabilità della
musica. Allora, sorge spontanea la domanda: “esattamente, cosa ci
vogliono dire il poeta e il compositore?”. È difficile formulare
un’univoca risposta, certo è che possiamo affermare con certezza
che ognuno dei rapsodi obbedisce, cioè ascolta (ob-audire) quell’irresistibile impulso e desiderio a esprimere il proprio mondo interiore e la personale esperienza, sensoriale ed emotiva, con la
realtà che lo abbraccia, ora proteggendolo ora disorientandolo.
Ma se la poesia e la musica rappresentano, ognuna, un universo
di sensazioni in sé, cosa succede quando si uniscono in coro? Anche
a questo interrogativo è assai arduo poter rispondere. Forse, l’atteggiamento migliore è il semplice abbandono alle infinite suggestioni che i suoni degli strumenti e delle parole creano intrecciando
una trama sonora che si tesse e si disfa in gioco senza fine.
Questi, i valori umani e sociali che il presente ciclo di “Musica e
Poesia” intende offrire al suo pubblico. Questo, l’obiettivo che la
Fondazione Banca del Monte di Rovigo, l’Accademia dei Concordi
e il Conservatorio “F. Venezze”, si impegnano a raggiungere, per
favorire e saldare uno stretto rapporto tra la cittadinanza e le istituzioni della città, e per valorizzarne quei luoghi di maggior prestigio,
attraverso la condivisione di comuni esperienze culturali e di profondo respiro artistico.
Nel concludere questa brevissima nota introduttiva dedicata alla
Poesia e alla Musica, devo cedere alla tentazione di citare, con una
mia piccola estensione, queste bellissime parole di Carlos Drummond de Andreade: “Ciò che pensi e senti, non è ancora poesia,
non è ancora musica”.
Vincenzo Soravia
Solo la muerte - Federcio Garcìa Lorca
3
ACCADEMIA DEI CONCORDI - SALA DEGLI ARAZZI
DOMENICA 8 SETTEMBRE 2013 - ORE 11
El Polifemo de oro
García Lorca e la Chitarra
Tra i poeti che hanno cantato la chitarra spicca il nome di Federico
García Lorca, non solo per la quantità dei soggetti ma per la
particolare bellezza dei suoi versi unita alla conoscenza tecnica
della musica e dello strumento. Nessuno poteva cantare la chitarra
meglio di un poeta chitarrista, spagnolo e andaluso.
I. Albeniz
Asturias
E. Granados
Andaluza
M. De Falla
Homenaje
R. S. Brindle
El polifemo de oro
F. Tarrega
Capriccio Arabo
M. Llobet
El testament de Amelia, Canço de lladre
Giovanni Cenci
chitarra
Bruno Lovadina
voce recitante
Federico García Lorca
5
Dove le rose che profumavano
di Gesucristo e di Satana?
Potessero le mie mani
sfogliare
Pronunzio il tuo nome
nelle notti scure,
quando sorgono gli astri
per bere dalla luna
e dormono le frasche
delle macchie occulte.
E mi sento vuoto
di musica e passione.
Orologio pazzo che suona
antiche ore morte.
Povero involucro che opprimevi
la mia stella fantastica!
Grigia pergamena indolenzita
di ciò che volli e ora
[non amo più.
Vedo in te embrioni di scienze,
mummie di versi e scheletri
di antiche mie innocenze
e di miei romantici segreti.
Pronunzio il tuo nome
in questa notte scura,
e il tuo nome risuona
più lontano che mai.
Più lontano di tutte le stelle
e più dolente della dolce
[pioggia.
T'amerò come allora
qualche volta? Che colpa
ha mai questo mio cuore?
Se la nebbia svanisce,
quale nuova passione
[mi attende?
Sarà tranquilla e pura?
Potessero le mie mani
sfogliare la luna!
Lo sfondo un campo di neve.
Il concerto interrotto
Ha rotto l'armonia
della notte profonda
la corona gelata e sonnolenta
della mezzaluna.
I canali sordi protestano
rivestiti di giunchi
e le rane, muezzin dell'ombra,
hanno taciuto.
Nella vecchia taverna del paese
è finita la triste musica
e la stella più antica
ha messo la sordina al suo
[organetto.
li vento si è seduto sulle doline
della montagna buia
e un pioppo solitario [il Pitagora
della casta pianura vuole dare con la sua mano
centenaria
un cazzotto alla luna.
Si riempirono di muffa
I miei sogni infantili,
il mio dolore tortile
trapanò la luna.
Lo sfondo un campo di neve.
Adesso ammaestro grave
L'alta scuola,
il mio amore, i miei sogni
(cavallucci senza occhi).
O ti metterò sopra I pini
-libro dolente del mio amoreperché tu conosca I trilli
dell'usignolo all'alba?
E lo sfondo è un campo di neve.
Lo sfondo un campo di neve.
Le mie mani erano ferri
buoni per le incudini;
il tuo corpo era il tramonto
di un rintocco di campana.
I pensieri annidati
nelle tue rughe, dove sono?
Addormentati senza affanni,
ma svegliati
quando morirà l'ultimo
bacio delle mie labbra.
Ti appenderò ai muri
del mio museo sentimentale,
vicino ai gelidi e oscuri
gigli dormienti del muio male?
Madrigale
Il mio bacio era una melagrana,
profonda e aperta;
la tua bocca era una rosa
di carta.
Cuore nuovo
Il mio cuore come una serpe
si è spogliato della sua pelle
e la tengo fra le mie dita
piena di ferite e di miele.
Nello sforacchiato
Teschio blu
Fecero stalattiti
I miei ti amo.
Lo sfondo un campo di neve.
Ninnananna
Dormi.
Non temere lo sguardo
errante.
Dormi.
Né la farfalla
Né la parola
Né il raggio furtivo
Della serrature
Ti feriranno.
Dormi.
Meditazione sotto la pioggia
La pioggia ha baciato
[il giardino provinciale
con profonde cadenze
[sulle foglie.
L'aroma sereno della terra
[bagnata
inonda il cuore di tristezza
[remota.
Come il mio cuore,
così tu,
specchio mio,
giardino dove l'amore
mi aspetta.
Si lacerano nubi grigie nel
6
7
muto orizzonte.
Sull'acqua addormentata della
fonte, le gocce
cadono sollevando chiare perle
di spuma.
Fuochi fatui che spegne
[il tremolio delle onde.
mi aiuterà a lottare con la mia
forma?
E l'anima vera si sveglia nella
morte?
E ciò che ora pensiamo
[lo inghiottirà l'ombra?
O com'è tranquillo il giardino
sotto la pioggia!
Il mio cuore è trasformato dal
casto paesaggio,
in un rumore di idee umili
[e tristi
che dà nel mio petto un battito
di colombe.
La pena della sera raggela la
mia pena.
Il giardino si è riempito
[di monotona tenerezza.
Devo perdere tutta la mia
[sofferenza. Mio Dio,
come si perde il dolce suono
delle fronde?
Nasce il sole. Il giardino
[sanguina giallo.
C'è intorno una pena
Tutta l'eco di stelle che c'è nella
mia anima
Manuel de Falla
Francisco Tárrega
8
che soffoca,
sento la nostalgia della
[mia infanzia inquieta,
il desiderio d'essere grande in
amore, le ore
passate come questa
[a contemplare la pioggia
con tristezza.
delle fronde?
Riprende a piovere. Il vento
riporta le ombre.
Indovinello
Nel rotondo
crocevia,
sei donzelle
ballano.
Tre di carne
e tre d'argento.
I sogni di ieri le cercano,
ma le tiene abbracciate
un Polifemo d'oro.
La chitarra!
Capuccetto rosso andava per il
sentiero...
Addio mie favole, oggi medito,
confuso,
davanti alla fonte torbida che
dall'amore mi nasce.
Dovrò perdere tutte
[le mie sofferenze, mio Dio,
come si perde il dolce rumore
Enrique Granados
Isaac Albéniz
9
Passati i rovi,
i giunchi e gli spini,
sotto la chioma dei suoi capelli
feci una buca nella sabbia.
Io mi levai la cravatta.
Lei si levò il vestito.
Io il cinturone con la pistola.
Lei i suoi quattro corpetti.
Né tuberose né chiocciole
hanno la pelle tanto sottile,
né cristalli sotto la luna
risplendono con questa luce.
Le sue cosce mi sfuggivano
come pesci sorpresi,
metà piene di fuoco,
metà piene di freddo.
Quella notte percorsi
il migliore dei cammini,
sopra una puledra di
madreperla
senza briglie e senza staffe.
La sposa infedele
E io me la portai al fiume
credendo che fosse ragazza,
invece aveva marito.
Fu la notte di S. Giacomo
e quasi per compromesso
Si spensero i lampioni
E si accesero i grilli.
Dopo l’ultima curva
toccai i suoi seni addormentati,
e mi si aprirono subito
come rami di giacinti.
L’amido della sua sottana
mi suonava nell’orecchio,
come una pezza di seta
lacerata da dieci coltelli.
Senza luce d’argento sulle loro
cime
sono cresciuti gli alberi,
e un orizzonte di cani
latra molto lontano dal fiume.
Music and mask - Federcio Garcìa Lorca
10
Non voglio dire, da uomo,
le cose che lei mi disse.
La luce della ragione
mi fa essere molto discreto.
Sporca di baci e sabbia,
io la portai via dal fiume.
Con l'aria si battevano
le spade dei gigli.
Mi comportai da quello che
sono.
Come un gitano autentico.
Le regalai un tavolino da lavoro
grande di raso paglierino,
e non volli innamorarmi
perchè avendo marito
mi disse che era ragazza
quando la portai al fiume.
essere solo
e non essere adagiato nei tuoi
capelli.
(poesie di Federico García Lorca)
Vorrei sedermi vicino a te
in silenzio
Vorrei sedermi vicino a te
in silenzio,
ma non ne ho il coraggio: temo
che
il mio cuore mi salga alle
labbra.
Ecco perche’ parlo
stupidamente e nascondo
il mio cuore dietro le parole.
Tratto crudelmente il mio
dolore per paura
che tu faccia lo stesso.
Miguel Llobet
Il mio cuscino mi guarda di
notte
con durezza come una pietra
tombale;
non avevo mai immaginato che
tanto amaro fosse
Manuel de Falla
11
ACCADEMIA DEI CONCORDI - SALA DEGLI ARAZZI
DOMENICA 15 SETTEMBRE 2013 - ORE 11
Arpa Jazz & Poesia
M. Amorosi
“Rain”
B. Andrès
“Epicès - Muscade”
Vanilla
Pistacche
Cannelle
Kola
P. Chertock
“Around the Clock”
Beige Nocturne
Harpicide at Midnight
The morning after
B. Andrès
“Duke”
Paola Magosso
arpa
Barbara Chinaglia
voce recitante
Jacques Prévert
13
Pioggia
È un’arpa la pioggia, infinita,
fra terra e cielo
sottesa.
Con agili dita
tra fili sottili
di limpido argento
trascorre il vento
in brividi di seta
in rapidi fruscii
in lunghi mormorii.
Nasce dall’aspro archetto
di una fronda d’ulivo
un vivo
accordo di violino
e dall’orlo del tetto
una frangia di gocciole leggera
strimpella sul canale di lamiera. (Lelia P. Mazzolai)
Le piogge
Al sole brillano coi loro lustrini coi fili d'argento
le piogge sono biondi capelli di sposa fanciulla
la tranquillità delle tegole molli
mi penetra a poco a poco. (Azim Hikmet)
La bottega delle Spezie
Aromatiche essenze
tra calde sfumature
giallo ocra,
afrodisiache misture
di zenzero e chiodi di garofano
a corroborar femminea
euforia che il coriandolo dona.
Anice e bacche di ginepro
dilettano i sensi,
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cupido sguardo sospeso
su bastoncelli di cannella
riversi accanto
allo zafferano.
Sensuali impulsi
tra odor di menta
e paprika vermiglia
fiuto infiamma,
seducente dimora di effluvi
ove il desiderar s'accende. (Felice Di Giandomenico)
Di spezie e sale
C'era un qualcosa
che sapeva di casa
senza nome nè sostanza
non vicina nè lontana
la percezione di un profumo
di un colore e il colore
ispirato improvvisamente
anche quando sola
sapevo mi sarei ritrovata.
Non so cosa altro
è andato perduto in questo tratto
in questo momento della mia vita
se non la tua presenza.
Così ti cerco
anche tra le ante di una cucina
tra i ricordi di spezie
e tutto ciò mi hai tramandato
dosando gioie e dolori
con l'abilità di un amore
racchiuso tra le mani
e nel cuore.
Ma sa di sale
E a volte le lacrime
si confondono con il vapore. (Paula Becattini)
15
Le palme e i rami
Le palme e i rami
i fusti e le foglie
sono le eliche della terra
che la fanno navigare nei mari del ciel
Al centro un grande albero
non smette di girare
E la nave Terra
gira nel tempo
e durante il viaggio
si vedono sulla sua scia
valanghe di pesci volanti
che nuotano nell'aria liquida
e volano nello stesso tempo
E la luna è il faro
per le traversate notturne
e il sole è il gran semaforo con
i suoi trecentosessantacinque segnali per
tutti i giorni multicolori. (Jacques Prévert)
Come Jazz
Sei musica d'amore
sei come
jazz
che affascina
la
mente e il cuore
le
tue parole
son come
ottoni d'emozione
che
fan vibrare
l'anima. (Franco Mastroianni)
Non ha più che una vita da vivere
Non ha più che una sola vita da vivere
allora prende tempo
e fa durare il piacere
E' già vissuto sei volte
ma non gli è servito di lezione
Per lui
la sofferenza che si sacrifica è la sorella del desiderio
Perciò
quando acconsente a riaccendere la lanterna magica delle
sue vite anteriori è realmente per vedere danzare i loro
più volluttuosi ricordi. (Jacques Prévert)
Azım Hikmet
16
17
ACCADEMIA DEI CONCORDI - SALA DEGLI ARAZZI
DOMENICA 22 SETTEMBRE 2013 - ORE 11
“Lasciami! Lascia ch’io respiri”……
musica e poesia di Francesco Paolo Tosti e Gabriele D’Annunzio
Malinconia (1887)
1.
2.
3.
4.
Dorme la selva
Quand’io ti guardo
L’ora è tarda
Or dunque addio!
Due piccoli notturni (1911)
1. Van gli effluvi de le rose
2. O falce di luna calante
Gabriele D’Annunzio
Quattro canzoni d’Amaranta (1907)
1.
2.
3.
4.
Lasciami! Lascia ch’io respiri
L’alba separa dalla luce l’ombra
In van preghi
Che dici, o parola del saggio?
Luisa Giannini
soprano
Stefano Celeghin
pianoforte
Valeria Zanella
violino
Giacomo Cardelli
violoncello
Federica Santinello
voce recitante
Bruno Lovadina
voce recitante
Uno scorcio del Vittoriale degli italiani
19
Malinconia
1.
Dorme la selva, e tra l’ombrose fronde
scherza argentea la luna; un molle albore
ne l’ampia solitudin si diffonde:
Amore amore!
E l’usignol non canta. Ei piega lento
su ‘l curvo salcio la testina, e muore;
pur l’estremo sospir gli strappa il vento:
Amore amore!
2.
Quand’io ti guardo con occhi ebbri, e stanco
tu alfin sorridi, ma il tuo cor si frange;
quando ridendo tu mi stringi a ‘l fianco,
ma in fondo a te grave un’angoscia piange;
un desiderio acuto di morire
m’assal con voluttà tranquilla e mesta:
vorrei porre la man su la tua testa
e te sempre adorare e benedire;
vorrei volare tra ‘l baglior che scende
in pioggia d’oro su ‘l deserto lito,
e per le nubi che ‘l tramonto accende
dileguare con te ne l’infinito.
3.
L’ora è tarda; deserto il mar si frange,
e il gregge a ‘l pian calò:
una tristezza grave in cor mi piange,
e sovra il lito io sto.
Io mi struggo d’amore e di desio
ma tu non pensi a me:
tu sei partito senza dirmi addio:
perché, dimmi, perché?
20
4.
Or dunque addio! Con le pupille ardenti
che mi pioveano in cor fiamme ed oblio,
con le dolci pupille ancor mi tenti
inutilmente: addio!
Or che l’autunno muore, or che di noia
pallido è il cielo, e lugubre il cipresso
regna su ‘l colle inseminato, or muoia,
muoia l’amore anch’esso!
Ahi! Senza te sarà un’atroce smania
la vita mia; ma nel mio freddo aspetto
non vedrai quanto spasimo dilania
il mio superbo petto.
Oh! potess’io, freddissima ed inerte
come l’inverno che avviluppa il mondo,
trascorrere le lunghe ore deserte
in un oblio profondo;
e dileguarmi inconsciamente, al pari
di rotta nave abbandonata a l’onda,
che a poco a poco pe ‘i silenti mari
dilungasi e sprofonda.
5.
Chi sei tu che mi parli ove non s’ode
respiro di viventi, oh! chi sei tu?
Perché, invisibil démone custode,
t’ho sempre al fianco, e non mi lasci più?
Perché una cupa, inesorata, immane
malinconia su ‘l mio cervel piombò?
Perché più nulla, ahi! nulla, mi rimane
del divin sogno che il mio cor sognò?
21
Due piccoli notturni
1.
Van li effluvi de le rose da i verzieri
da le corde van le note de l’amore,
lungi van per l’alta notte
piena d’incantesimi.
Quattro canzoni d’Amaranta
1.
Lasciami! Lascia ch’io respiri, lascia
ch’io mi sollevi! Ho il gelo nelle vene.
Ho tremato. Ho nel cor non so che ambascia…
Ahimè, Signore, è il giorno! Il giorno viene!
L’aspro vin di giovinezza brilla ed arde
ne le arterie umane: reca l’aura a tratti
un tepor voluttuoso
d’aliti feminei.
Ch’io non lo veda! Premi la tua bocca
su’ miei cigli, il tuo cuore sul mio cuore!
Tutta l’erba s’insanguina d’amore.
La vita se ne va, quando trabocca.
Spiran l’acque a i solitari lidi; vanno,
van li effluvi delle rose da i verzieri,
van le note de l’amore
lungi e le meteore.
Trafitta muoio, e non dalla tua spada.
Mi si vuota il mio petto, e senza schianto.
Non è sangue? Ahi, Signore, è la rugiada!
L’alba piange su me tutto il suo pianto.
2.
O falce di luna calante
che brilli su l’acue deserte,
o falce d’argento, qual mèsse di sogni
ondeggia a ‘l tuo mite chiarore qua giù!
2.
L’alba sepàra dalla luce l’ombra,
e la mia voluttà dal mio desire.
O dolci stelle, è l’ora di morire.
Un più divino amor dal ciel vi sgombra.
Aneliti brevi di foglie
di fiori di flutti da ‘l bosco
esalano a ‘l mare: non canto, non grido,
non suono pe ‘l vasto silenzio va.
Pupille ardenti, o voi senza ritorno
stelle tristi, spegnetevi incorrotte!
Morir debbo. Veder non voglio il giorno,
per amor del mio sogno e della notte.
Oppresso d’amor, di piacere,
il popol de’ vivi s’addorme,
O falce calante, qual mèsse di sogni
ondeggia a ‘l tuo mite chiarore qua giù!
Chiudimi, o Notte, nel tuo sen materno,
mentre la terra pallida s’irrora.
Ma che dal sangue mio nasca l’aurora
e dal sogno mio breve il sole eterno!
3.
In van preghi, in vano aneli,
in van mostri il cuore infranto.
Sono forse umidi i cieli
perché noi abbiamo pianto?
22
23
Il dolor nostro è senz’ala.
Non ha volo il grido imbelle.
Piangi e prega! Qual dio cala
pel cammino delle stelle?
Abbandònati alla polve
E su lei prono ti giaci.
La supina madre assolve
d’ogni colpa chi la baci.
di gioia non ha più ghirlande:
ha dato il cipresso all’Amore
e il mirto a Colei ch’è più grande,
il mirto alla Morte che odo
rombar sul mio capo sconvolto.
Non tremo. I capelli in un nodo
segreto per sempre ho raccolto.
Ho terso con ambo le mani
l’estreme tue lacrime, O Vita.
L’amante che ha nome Domani
m’attende nell’ombra infinita.
In un Ade senza dio
dormi quanto puoi profondo.
Tutto è sogno, tutto è oblìo:
l’asfodèlo è il fior del Mondo.
4.
Che dici, o parola del Saggio?
“Conviene che l’anima lieve,
sorella del vento selvaggio,
trascorra le fonti ove beve.”
Io so che il van pianto mi guasta
le ciglia dall’ombra sì lunga…
O Vita, e una lacrima basta
a spegner la face consunta!
Ben so che nell’ansia mortale
si sfa la mia bocca riarsa…
E un alito, o Vita, mi vale
a sperder la cenere scarsa!
Tu dici: “Alza il capo; raccogli
con grazia i capelli in un nodo;
e sopra le rose che sfogli
ridendo va incontro all’ignoto.
L’amante dagli occhi si sfinge
mutevole, a cui sei promessa,
ha nome Domani; e ti cinge
con una ghirlanda più fresca.”
M’attende: lo so. Ma il datore
Francesco Paolo Tosti
24
25
ACCADEMIA DEI CONCORDI - SALA DEGLI ARAZZI
DOMENICA 6 OTTOBRE 2013 - ORE 11
Violino e violoncello con poesia
Z. Kodály
Duo per violino e violoncello op. 7 (1914)
Allegro serioso non troppo
Adagio
Maestoso e largamente,
ma non troppo lento
M. Ravel
Sonata per violino e violoncello
M. 73 (1920-22)
Allegro
Très vif
Lent
Vif, avec entrain
Federico Guglielmo
violino
Luigi Puxeddu
violoncello
Saida Puppoli
voce recitante
Zoltán Kodály
27
se mi tirassi cento volte,
cento volte da te tornerei. (Endre Ady)
L'arrivo del Signore
Quando mi hanno abbandonato
quando sotto il peso
dell'anima crollavo,
d'improvviso mi abbracciò Dio.
Non arrivò con suono di trombe
ma con abbraccio muto, vero, forte,
non venne una mattina bella, infuocata,
ma durante una buia notte di guerra.
E i miei occhi vanitosi
si sono accecati,
e la mia gioventù morì, ma Lui,
magnifico e splendente,
lo vedo per sempre. (Endre Ady)
Dammi i tuoi occhi
Dammi i tuoi occhi,
per il mio viso che avvizzisce
che io mi possa veder fiorire.
Dammi i tuoi occhi,
lo sguardo celeste che sempre
perdona, erige, abbellisce.
Dammi i tuoi occhi:
assassini e bramanti, ardenti,
splendente riescono a vedermi.
Dammi i tuoi occhi,
amo me stesso amandoti
e t'invidio per i tuoi occhi. (Endre Ady)
Come un sasso
Come un sasso tirato in alto,
piccola patria mia,
da te torna sempre tuo figlio.
La curva dei tuoi occhi intorno al cuore
La curva dei tuoi occhi intorno al cuore
ruota un moto di danza e di dolcezza,
aureola di tempo,arca notturna e sicura
e se non so più quello che ho vissuto
è perchè non sempre i tuoi occhi mi hanno visto.
Visita terre lontane, si abbaglia,
si deprime e cade nella polvere,
da cui è stato preso.
Desidera andar via, ma non può,
pieno di desideri che si calmano
per poi risvegliarsi di nuovo.
Sono sempre tuo nella mia rabbia,
nell'infedeltà, nell'amorevole pensiero,
sempre magiaro.
Foglie di luce e spuma di rugiada
canne del vento, risa profumate,
ali che coprono il mondo di luce,
navi cariche di cielo e di mare,
caccia di suoni e fonti di colori,
profumi schiusi da una cova di aurore
sempre posata sulla paglia degli astri,
come il giorno vive di innocenza,
così il mondo vive dei tuoi occhi puri
e tutto il mio sangue va in quegli sguardi. (Paul Éluard)
Come un sasso tirato in alto,
voglio o non voglio,
mio piccolo paese, a te somiglio.
Nonostante ogni desiderio,
28
29
Quei tuoi capelli d'arance nel vuoto del mondo
Quei tuoi capelli d'arance nel vuoto del mondo,
nel vuoto dei vetri grevi di silenzio e
d'ombra ove a mani nude cerco ogni tuo riflesso,
Chimerica è la forma del tuo cuore
e al mio desiderio perduto il tuo amore somiglia.
O sospiri di ambra, sogni, sguardi.
Ma non sempre sei stata con me, tu. La memoria
m’è oscurata ancora d’averti vista giungere
e sparire. Ha parole il tempo, come l’amore. (Paul Éluard)
Nel tuo corpo dischiuso trionferà l'amante...
Lou, se muoio laggiù, ricordo che s'oblia,
Qualche volta ricordati gli istanti di follia,
Di giovinezza e amore e d'inesausto ardore,
Il mio sangue è la fonte ardente della gioia!
E sii la più felice perché sei la più bella,
O mio unico amore e mia grande follia!
La luce langue
Ora presento
Un lungo, lungo destino di sangue. (Guillaume Apollinaire)
Che mai divieni tu...
Che mai divieni tu perchè questi capelli bianchi e rosa
Perchè questa fronte questi occhi straziati strazianti
Il grande equivoco delle nozze di radium
La solitudine mi incalza con il suo livore. (Paul Éluard)
Di te, da tanto tempo, io non ho più notizie
Di te, da tanto tempo, io non ho più notizie.
Ma che dolci ricordi son quelli in cui ti vedo,
o mio lontano amore, o mia divina Lou,
accetta che il devoto la tua bellezza adori!
È proprio questo d'oggi il giorno d'ispezione,
Poco dopo, mia Lou, ce ne saremo andati.
È questione di giorni. Non ti vedrò mai più,
non torneranno più quei bei giorni passati...
Come posso saperlo se tu mi ami ancora?
Le trombe della sera gemono lentamente.
Davanti alla tua foto, o cara Lou, t'adoro
e tu sembri sorridere al tuo lontano amante.
Non so nulla di te! Se sei morta o sei viva.
Cosa sei diventata? E sono ancora vere
le promesse d'amore che hai fatto al cannoniere?
Come vorrei morire su quell'ignota riva!
Come vorrei morire nel fulgore d'oriente,
quando a Costantinopoli entrerò da crociato.
Il tuo ritratto in mano morire sorridendo
davanti al dolce mare verde azzurro smaltato!
...O Lou, mia immensa pena, Lou mio cuore spezzato,
come il suono d'un corno la tua voce risuona,
io rivedo lontano, stupefatto e lontano,
quel tuo tenero sguardo col quale m'hai stregato.
(Guillaume Apollinaire)
Se morissi laggiù sul fronte dell'armata
Se morissi laggiù sul fronte dell'armata,
Tu piangeresti un giorno o mia adorata Lou,
E dopo il mio ricordo cadrebbe come muore
Una granata esplosa sul fronte dell'armata,
Una granata che sembra una mimosa in fiore.
E poi questo ricordo scoppiato nello spazio
Con il mio sangue il mondo ricoprirebbe intero:
Mare, montagne, valli, e la stella che passa,
I soli che maturano stupendi nello spazio
come quei frutti d'oro attorno a Baratier.
Appassito ricordo, vivente in ogni cosa,
Arrosserei le punte del tuo bel seno rosa
Bacerei la tua bocca e; i capelli fiammanti.
E non invecchieresti, ogni tua bella cosa
Rifiorirebbe intatta negli incontri galanti.
Il fatale zampillo del mio sangue sul mondo
Farebbe dono al sole di più luce accecante
Di più colore aliiore, di più impeto all'onda,
Un amore incredibile scenderebbe sul mondo,
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Il bagno di Gabriele D’Annunzio
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