Accademia dei Concordi Rovigo AFAM-MIUR Conservatorio Statale di Musica “Francesco Venezze” Rovigo Comune di Rovigo Assessorato alla Cultura LA DOMENICA AI CONCORDI MUSICA E POESIA SETTEMBRE - OTTOBRE 2013 V EDIZIONE … Ascolta, l’ininterrotto messaggio che dal silenzio si crea … R. M. Rilke Goethe sapeva che il compito della poesia è impossibile, perché è la lingua dell’inesprimibile, e più volte insigni musicologi del primo Novecento hanno posto l’accento sull’ineffabilità della musica. Allora, sorge spontanea la domanda: “esattamente, cosa ci vogliono dire il poeta e il compositore?”. È difficile formulare un’univoca risposta, certo è che possiamo affermare con certezza che ognuno dei rapsodi obbedisce, cioè ascolta (ob-audire) quell’irresistibile impulso e desiderio a esprimere il proprio mondo interiore e la personale esperienza, sensoriale ed emotiva, con la realtà che lo abbraccia, ora proteggendolo ora disorientandolo. Ma se la poesia e la musica rappresentano, ognuna, un universo di sensazioni in sé, cosa succede quando si uniscono in coro? Anche a questo interrogativo è assai arduo poter rispondere. Forse, l’atteggiamento migliore è il semplice abbandono alle infinite suggestioni che i suoni degli strumenti e delle parole creano intrecciando una trama sonora che si tesse e si disfa in gioco senza fine. Questi, i valori umani e sociali che il presente ciclo di “Musica e Poesia” intende offrire al suo pubblico. Questo, l’obiettivo che la Fondazione Banca del Monte di Rovigo, l’Accademia dei Concordi e il Conservatorio “F. Venezze”, si impegnano a raggiungere, per favorire e saldare uno stretto rapporto tra la cittadinanza e le istituzioni della città, e per valorizzarne quei luoghi di maggior prestigio, attraverso la condivisione di comuni esperienze culturali e di profondo respiro artistico. Nel concludere questa brevissima nota introduttiva dedicata alla Poesia e alla Musica, devo cedere alla tentazione di citare, con una mia piccola estensione, queste bellissime parole di Carlos Drummond de Andreade: “Ciò che pensi e senti, non è ancora poesia, non è ancora musica”. Vincenzo Soravia Solo la muerte - Federcio Garcìa Lorca 3 ACCADEMIA DEI CONCORDI - SALA DEGLI ARAZZI DOMENICA 8 SETTEMBRE 2013 - ORE 11 El Polifemo de oro García Lorca e la Chitarra Tra i poeti che hanno cantato la chitarra spicca il nome di Federico García Lorca, non solo per la quantità dei soggetti ma per la particolare bellezza dei suoi versi unita alla conoscenza tecnica della musica e dello strumento. Nessuno poteva cantare la chitarra meglio di un poeta chitarrista, spagnolo e andaluso. I. Albeniz Asturias E. Granados Andaluza M. De Falla Homenaje R. S. Brindle El polifemo de oro F. Tarrega Capriccio Arabo M. Llobet El testament de Amelia, Canço de lladre Giovanni Cenci chitarra Bruno Lovadina voce recitante Federico García Lorca 5 Dove le rose che profumavano di Gesucristo e di Satana? Potessero le mie mani sfogliare Pronunzio il tuo nome nelle notti scure, quando sorgono gli astri per bere dalla luna e dormono le frasche delle macchie occulte. E mi sento vuoto di musica e passione. Orologio pazzo che suona antiche ore morte. Povero involucro che opprimevi la mia stella fantastica! Grigia pergamena indolenzita di ciò che volli e ora [non amo più. Vedo in te embrioni di scienze, mummie di versi e scheletri di antiche mie innocenze e di miei romantici segreti. Pronunzio il tuo nome in questa notte scura, e il tuo nome risuona più lontano che mai. Più lontano di tutte le stelle e più dolente della dolce [pioggia. T'amerò come allora qualche volta? Che colpa ha mai questo mio cuore? Se la nebbia svanisce, quale nuova passione [mi attende? Sarà tranquilla e pura? Potessero le mie mani sfogliare la luna! Lo sfondo un campo di neve. Il concerto interrotto Ha rotto l'armonia della notte profonda la corona gelata e sonnolenta della mezzaluna. I canali sordi protestano rivestiti di giunchi e le rane, muezzin dell'ombra, hanno taciuto. Nella vecchia taverna del paese è finita la triste musica e la stella più antica ha messo la sordina al suo [organetto. li vento si è seduto sulle doline della montagna buia e un pioppo solitario [il Pitagora della casta pianura vuole dare con la sua mano centenaria un cazzotto alla luna. Si riempirono di muffa I miei sogni infantili, il mio dolore tortile trapanò la luna. Lo sfondo un campo di neve. Adesso ammaestro grave L'alta scuola, il mio amore, i miei sogni (cavallucci senza occhi). O ti metterò sopra I pini -libro dolente del mio amoreperché tu conosca I trilli dell'usignolo all'alba? E lo sfondo è un campo di neve. Lo sfondo un campo di neve. Le mie mani erano ferri buoni per le incudini; il tuo corpo era il tramonto di un rintocco di campana. I pensieri annidati nelle tue rughe, dove sono? Addormentati senza affanni, ma svegliati quando morirà l'ultimo bacio delle mie labbra. Ti appenderò ai muri del mio museo sentimentale, vicino ai gelidi e oscuri gigli dormienti del muio male? Madrigale Il mio bacio era una melagrana, profonda e aperta; la tua bocca era una rosa di carta. Cuore nuovo Il mio cuore come una serpe si è spogliato della sua pelle e la tengo fra le mie dita piena di ferite e di miele. Nello sforacchiato Teschio blu Fecero stalattiti I miei ti amo. Lo sfondo un campo di neve. Ninnananna Dormi. Non temere lo sguardo errante. Dormi. Né la farfalla Né la parola Né il raggio furtivo Della serrature Ti feriranno. Dormi. Meditazione sotto la pioggia La pioggia ha baciato [il giardino provinciale con profonde cadenze [sulle foglie. L'aroma sereno della terra [bagnata inonda il cuore di tristezza [remota. Come il mio cuore, così tu, specchio mio, giardino dove l'amore mi aspetta. Si lacerano nubi grigie nel 6 7 muto orizzonte. Sull'acqua addormentata della fonte, le gocce cadono sollevando chiare perle di spuma. Fuochi fatui che spegne [il tremolio delle onde. mi aiuterà a lottare con la mia forma? E l'anima vera si sveglia nella morte? E ciò che ora pensiamo [lo inghiottirà l'ombra? O com'è tranquillo il giardino sotto la pioggia! Il mio cuore è trasformato dal casto paesaggio, in un rumore di idee umili [e tristi che dà nel mio petto un battito di colombe. La pena della sera raggela la mia pena. Il giardino si è riempito [di monotona tenerezza. Devo perdere tutta la mia [sofferenza. Mio Dio, come si perde il dolce suono delle fronde? Nasce il sole. Il giardino [sanguina giallo. C'è intorno una pena Tutta l'eco di stelle che c'è nella mia anima Manuel de Falla Francisco Tárrega 8 che soffoca, sento la nostalgia della [mia infanzia inquieta, il desiderio d'essere grande in amore, le ore passate come questa [a contemplare la pioggia con tristezza. delle fronde? Riprende a piovere. Il vento riporta le ombre. Indovinello Nel rotondo crocevia, sei donzelle ballano. Tre di carne e tre d'argento. I sogni di ieri le cercano, ma le tiene abbracciate un Polifemo d'oro. La chitarra! Capuccetto rosso andava per il sentiero... Addio mie favole, oggi medito, confuso, davanti alla fonte torbida che dall'amore mi nasce. Dovrò perdere tutte [le mie sofferenze, mio Dio, come si perde il dolce rumore Enrique Granados Isaac Albéniz 9 Passati i rovi, i giunchi e gli spini, sotto la chioma dei suoi capelli feci una buca nella sabbia. Io mi levai la cravatta. Lei si levò il vestito. Io il cinturone con la pistola. Lei i suoi quattro corpetti. Né tuberose né chiocciole hanno la pelle tanto sottile, né cristalli sotto la luna risplendono con questa luce. Le sue cosce mi sfuggivano come pesci sorpresi, metà piene di fuoco, metà piene di freddo. Quella notte percorsi il migliore dei cammini, sopra una puledra di madreperla senza briglie e senza staffe. La sposa infedele E io me la portai al fiume credendo che fosse ragazza, invece aveva marito. Fu la notte di S. Giacomo e quasi per compromesso Si spensero i lampioni E si accesero i grilli. Dopo l’ultima curva toccai i suoi seni addormentati, e mi si aprirono subito come rami di giacinti. L’amido della sua sottana mi suonava nell’orecchio, come una pezza di seta lacerata da dieci coltelli. Senza luce d’argento sulle loro cime sono cresciuti gli alberi, e un orizzonte di cani latra molto lontano dal fiume. Music and mask - Federcio Garcìa Lorca 10 Non voglio dire, da uomo, le cose che lei mi disse. La luce della ragione mi fa essere molto discreto. Sporca di baci e sabbia, io la portai via dal fiume. Con l'aria si battevano le spade dei gigli. Mi comportai da quello che sono. Come un gitano autentico. Le regalai un tavolino da lavoro grande di raso paglierino, e non volli innamorarmi perchè avendo marito mi disse che era ragazza quando la portai al fiume. essere solo e non essere adagiato nei tuoi capelli. (poesie di Federico García Lorca) Vorrei sedermi vicino a te in silenzio Vorrei sedermi vicino a te in silenzio, ma non ne ho il coraggio: temo che il mio cuore mi salga alle labbra. Ecco perche’ parlo stupidamente e nascondo il mio cuore dietro le parole. Tratto crudelmente il mio dolore per paura che tu faccia lo stesso. Miguel Llobet Il mio cuscino mi guarda di notte con durezza come una pietra tombale; non avevo mai immaginato che tanto amaro fosse Manuel de Falla 11 ACCADEMIA DEI CONCORDI - SALA DEGLI ARAZZI DOMENICA 15 SETTEMBRE 2013 - ORE 11 Arpa Jazz & Poesia M. Amorosi “Rain” B. Andrès “Epicès - Muscade” Vanilla Pistacche Cannelle Kola P. Chertock “Around the Clock” Beige Nocturne Harpicide at Midnight The morning after B. Andrès “Duke” Paola Magosso arpa Barbara Chinaglia voce recitante Jacques Prévert 13 Pioggia È un’arpa la pioggia, infinita, fra terra e cielo sottesa. Con agili dita tra fili sottili di limpido argento trascorre il vento in brividi di seta in rapidi fruscii in lunghi mormorii. Nasce dall’aspro archetto di una fronda d’ulivo un vivo accordo di violino e dall’orlo del tetto una frangia di gocciole leggera strimpella sul canale di lamiera. (Lelia P. Mazzolai) Le piogge Al sole brillano coi loro lustrini coi fili d'argento le piogge sono biondi capelli di sposa fanciulla la tranquillità delle tegole molli mi penetra a poco a poco. (Azim Hikmet) La bottega delle Spezie Aromatiche essenze tra calde sfumature giallo ocra, afrodisiache misture di zenzero e chiodi di garofano a corroborar femminea euforia che il coriandolo dona. Anice e bacche di ginepro dilettano i sensi, 14 cupido sguardo sospeso su bastoncelli di cannella riversi accanto allo zafferano. Sensuali impulsi tra odor di menta e paprika vermiglia fiuto infiamma, seducente dimora di effluvi ove il desiderar s'accende. (Felice Di Giandomenico) Di spezie e sale C'era un qualcosa che sapeva di casa senza nome nè sostanza non vicina nè lontana la percezione di un profumo di un colore e il colore ispirato improvvisamente anche quando sola sapevo mi sarei ritrovata. Non so cosa altro è andato perduto in questo tratto in questo momento della mia vita se non la tua presenza. Così ti cerco anche tra le ante di una cucina tra i ricordi di spezie e tutto ciò mi hai tramandato dosando gioie e dolori con l'abilità di un amore racchiuso tra le mani e nel cuore. Ma sa di sale E a volte le lacrime si confondono con il vapore. (Paula Becattini) 15 Le palme e i rami Le palme e i rami i fusti e le foglie sono le eliche della terra che la fanno navigare nei mari del ciel Al centro un grande albero non smette di girare E la nave Terra gira nel tempo e durante il viaggio si vedono sulla sua scia valanghe di pesci volanti che nuotano nell'aria liquida e volano nello stesso tempo E la luna è il faro per le traversate notturne e il sole è il gran semaforo con i suoi trecentosessantacinque segnali per tutti i giorni multicolori. (Jacques Prévert) Come Jazz Sei musica d'amore sei come jazz che affascina la mente e il cuore le tue parole son come ottoni d'emozione che fan vibrare l'anima. (Franco Mastroianni) Non ha più che una vita da vivere Non ha più che una sola vita da vivere allora prende tempo e fa durare il piacere E' già vissuto sei volte ma non gli è servito di lezione Per lui la sofferenza che si sacrifica è la sorella del desiderio Perciò quando acconsente a riaccendere la lanterna magica delle sue vite anteriori è realmente per vedere danzare i loro più volluttuosi ricordi. (Jacques Prévert) Azım Hikmet 16 17 ACCADEMIA DEI CONCORDI - SALA DEGLI ARAZZI DOMENICA 22 SETTEMBRE 2013 - ORE 11 “Lasciami! Lascia ch’io respiri”…… musica e poesia di Francesco Paolo Tosti e Gabriele D’Annunzio Malinconia (1887) 1. 2. 3. 4. Dorme la selva Quand’io ti guardo L’ora è tarda Or dunque addio! Due piccoli notturni (1911) 1. Van gli effluvi de le rose 2. O falce di luna calante Gabriele D’Annunzio Quattro canzoni d’Amaranta (1907) 1. 2. 3. 4. Lasciami! Lascia ch’io respiri L’alba separa dalla luce l’ombra In van preghi Che dici, o parola del saggio? Luisa Giannini soprano Stefano Celeghin pianoforte Valeria Zanella violino Giacomo Cardelli violoncello Federica Santinello voce recitante Bruno Lovadina voce recitante Uno scorcio del Vittoriale degli italiani 19 Malinconia 1. Dorme la selva, e tra l’ombrose fronde scherza argentea la luna; un molle albore ne l’ampia solitudin si diffonde: Amore amore! E l’usignol non canta. Ei piega lento su ‘l curvo salcio la testina, e muore; pur l’estremo sospir gli strappa il vento: Amore amore! 2. Quand’io ti guardo con occhi ebbri, e stanco tu alfin sorridi, ma il tuo cor si frange; quando ridendo tu mi stringi a ‘l fianco, ma in fondo a te grave un’angoscia piange; un desiderio acuto di morire m’assal con voluttà tranquilla e mesta: vorrei porre la man su la tua testa e te sempre adorare e benedire; vorrei volare tra ‘l baglior che scende in pioggia d’oro su ‘l deserto lito, e per le nubi che ‘l tramonto accende dileguare con te ne l’infinito. 3. L’ora è tarda; deserto il mar si frange, e il gregge a ‘l pian calò: una tristezza grave in cor mi piange, e sovra il lito io sto. Io mi struggo d’amore e di desio ma tu non pensi a me: tu sei partito senza dirmi addio: perché, dimmi, perché? 20 4. Or dunque addio! Con le pupille ardenti che mi pioveano in cor fiamme ed oblio, con le dolci pupille ancor mi tenti inutilmente: addio! Or che l’autunno muore, or che di noia pallido è il cielo, e lugubre il cipresso regna su ‘l colle inseminato, or muoia, muoia l’amore anch’esso! Ahi! Senza te sarà un’atroce smania la vita mia; ma nel mio freddo aspetto non vedrai quanto spasimo dilania il mio superbo petto. Oh! potess’io, freddissima ed inerte come l’inverno che avviluppa il mondo, trascorrere le lunghe ore deserte in un oblio profondo; e dileguarmi inconsciamente, al pari di rotta nave abbandonata a l’onda, che a poco a poco pe ‘i silenti mari dilungasi e sprofonda. 5. Chi sei tu che mi parli ove non s’ode respiro di viventi, oh! chi sei tu? Perché, invisibil démone custode, t’ho sempre al fianco, e non mi lasci più? Perché una cupa, inesorata, immane malinconia su ‘l mio cervel piombò? Perché più nulla, ahi! nulla, mi rimane del divin sogno che il mio cor sognò? 21 Due piccoli notturni 1. Van li effluvi de le rose da i verzieri da le corde van le note de l’amore, lungi van per l’alta notte piena d’incantesimi. Quattro canzoni d’Amaranta 1. Lasciami! Lascia ch’io respiri, lascia ch’io mi sollevi! Ho il gelo nelle vene. Ho tremato. Ho nel cor non so che ambascia… Ahimè, Signore, è il giorno! Il giorno viene! L’aspro vin di giovinezza brilla ed arde ne le arterie umane: reca l’aura a tratti un tepor voluttuoso d’aliti feminei. Ch’io non lo veda! Premi la tua bocca su’ miei cigli, il tuo cuore sul mio cuore! Tutta l’erba s’insanguina d’amore. La vita se ne va, quando trabocca. Spiran l’acque a i solitari lidi; vanno, van li effluvi delle rose da i verzieri, van le note de l’amore lungi e le meteore. Trafitta muoio, e non dalla tua spada. Mi si vuota il mio petto, e senza schianto. Non è sangue? Ahi, Signore, è la rugiada! L’alba piange su me tutto il suo pianto. 2. O falce di luna calante che brilli su l’acue deserte, o falce d’argento, qual mèsse di sogni ondeggia a ‘l tuo mite chiarore qua giù! 2. L’alba sepàra dalla luce l’ombra, e la mia voluttà dal mio desire. O dolci stelle, è l’ora di morire. Un più divino amor dal ciel vi sgombra. Aneliti brevi di foglie di fiori di flutti da ‘l bosco esalano a ‘l mare: non canto, non grido, non suono pe ‘l vasto silenzio va. Pupille ardenti, o voi senza ritorno stelle tristi, spegnetevi incorrotte! Morir debbo. Veder non voglio il giorno, per amor del mio sogno e della notte. Oppresso d’amor, di piacere, il popol de’ vivi s’addorme, O falce calante, qual mèsse di sogni ondeggia a ‘l tuo mite chiarore qua giù! Chiudimi, o Notte, nel tuo sen materno, mentre la terra pallida s’irrora. Ma che dal sangue mio nasca l’aurora e dal sogno mio breve il sole eterno! 3. In van preghi, in vano aneli, in van mostri il cuore infranto. Sono forse umidi i cieli perché noi abbiamo pianto? 22 23 Il dolor nostro è senz’ala. Non ha volo il grido imbelle. Piangi e prega! Qual dio cala pel cammino delle stelle? Abbandònati alla polve E su lei prono ti giaci. La supina madre assolve d’ogni colpa chi la baci. di gioia non ha più ghirlande: ha dato il cipresso all’Amore e il mirto a Colei ch’è più grande, il mirto alla Morte che odo rombar sul mio capo sconvolto. Non tremo. I capelli in un nodo segreto per sempre ho raccolto. Ho terso con ambo le mani l’estreme tue lacrime, O Vita. L’amante che ha nome Domani m’attende nell’ombra infinita. In un Ade senza dio dormi quanto puoi profondo. Tutto è sogno, tutto è oblìo: l’asfodèlo è il fior del Mondo. 4. Che dici, o parola del Saggio? “Conviene che l’anima lieve, sorella del vento selvaggio, trascorra le fonti ove beve.” Io so che il van pianto mi guasta le ciglia dall’ombra sì lunga… O Vita, e una lacrima basta a spegner la face consunta! Ben so che nell’ansia mortale si sfa la mia bocca riarsa… E un alito, o Vita, mi vale a sperder la cenere scarsa! Tu dici: “Alza il capo; raccogli con grazia i capelli in un nodo; e sopra le rose che sfogli ridendo va incontro all’ignoto. L’amante dagli occhi si sfinge mutevole, a cui sei promessa, ha nome Domani; e ti cinge con una ghirlanda più fresca.” M’attende: lo so. Ma il datore Francesco Paolo Tosti 24 25 ACCADEMIA DEI CONCORDI - SALA DEGLI ARAZZI DOMENICA 6 OTTOBRE 2013 - ORE 11 Violino e violoncello con poesia Z. Kodály Duo per violino e violoncello op. 7 (1914) Allegro serioso non troppo Adagio Maestoso e largamente, ma non troppo lento M. Ravel Sonata per violino e violoncello M. 73 (1920-22) Allegro Très vif Lent Vif, avec entrain Federico Guglielmo violino Luigi Puxeddu violoncello Saida Puppoli voce recitante Zoltán Kodály 27 se mi tirassi cento volte, cento volte da te tornerei. (Endre Ady) L'arrivo del Signore Quando mi hanno abbandonato quando sotto il peso dell'anima crollavo, d'improvviso mi abbracciò Dio. Non arrivò con suono di trombe ma con abbraccio muto, vero, forte, non venne una mattina bella, infuocata, ma durante una buia notte di guerra. E i miei occhi vanitosi si sono accecati, e la mia gioventù morì, ma Lui, magnifico e splendente, lo vedo per sempre. (Endre Ady) Dammi i tuoi occhi Dammi i tuoi occhi, per il mio viso che avvizzisce che io mi possa veder fiorire. Dammi i tuoi occhi, lo sguardo celeste che sempre perdona, erige, abbellisce. Dammi i tuoi occhi: assassini e bramanti, ardenti, splendente riescono a vedermi. Dammi i tuoi occhi, amo me stesso amandoti e t'invidio per i tuoi occhi. (Endre Ady) Come un sasso Come un sasso tirato in alto, piccola patria mia, da te torna sempre tuo figlio. La curva dei tuoi occhi intorno al cuore La curva dei tuoi occhi intorno al cuore ruota un moto di danza e di dolcezza, aureola di tempo,arca notturna e sicura e se non so più quello che ho vissuto è perchè non sempre i tuoi occhi mi hanno visto. Visita terre lontane, si abbaglia, si deprime e cade nella polvere, da cui è stato preso. Desidera andar via, ma non può, pieno di desideri che si calmano per poi risvegliarsi di nuovo. Sono sempre tuo nella mia rabbia, nell'infedeltà, nell'amorevole pensiero, sempre magiaro. Foglie di luce e spuma di rugiada canne del vento, risa profumate, ali che coprono il mondo di luce, navi cariche di cielo e di mare, caccia di suoni e fonti di colori, profumi schiusi da una cova di aurore sempre posata sulla paglia degli astri, come il giorno vive di innocenza, così il mondo vive dei tuoi occhi puri e tutto il mio sangue va in quegli sguardi. (Paul Éluard) Come un sasso tirato in alto, voglio o non voglio, mio piccolo paese, a te somiglio. Nonostante ogni desiderio, 28 29 Quei tuoi capelli d'arance nel vuoto del mondo Quei tuoi capelli d'arance nel vuoto del mondo, nel vuoto dei vetri grevi di silenzio e d'ombra ove a mani nude cerco ogni tuo riflesso, Chimerica è la forma del tuo cuore e al mio desiderio perduto il tuo amore somiglia. O sospiri di ambra, sogni, sguardi. Ma non sempre sei stata con me, tu. La memoria m’è oscurata ancora d’averti vista giungere e sparire. Ha parole il tempo, come l’amore. (Paul Éluard) Nel tuo corpo dischiuso trionferà l'amante... Lou, se muoio laggiù, ricordo che s'oblia, Qualche volta ricordati gli istanti di follia, Di giovinezza e amore e d'inesausto ardore, Il mio sangue è la fonte ardente della gioia! E sii la più felice perché sei la più bella, O mio unico amore e mia grande follia! La luce langue Ora presento Un lungo, lungo destino di sangue. (Guillaume Apollinaire) Che mai divieni tu... Che mai divieni tu perchè questi capelli bianchi e rosa Perchè questa fronte questi occhi straziati strazianti Il grande equivoco delle nozze di radium La solitudine mi incalza con il suo livore. (Paul Éluard) Di te, da tanto tempo, io non ho più notizie Di te, da tanto tempo, io non ho più notizie. Ma che dolci ricordi son quelli in cui ti vedo, o mio lontano amore, o mia divina Lou, accetta che il devoto la tua bellezza adori! È proprio questo d'oggi il giorno d'ispezione, Poco dopo, mia Lou, ce ne saremo andati. È questione di giorni. Non ti vedrò mai più, non torneranno più quei bei giorni passati... Come posso saperlo se tu mi ami ancora? Le trombe della sera gemono lentamente. Davanti alla tua foto, o cara Lou, t'adoro e tu sembri sorridere al tuo lontano amante. Non so nulla di te! Se sei morta o sei viva. Cosa sei diventata? E sono ancora vere le promesse d'amore che hai fatto al cannoniere? Come vorrei morire su quell'ignota riva! Come vorrei morire nel fulgore d'oriente, quando a Costantinopoli entrerò da crociato. Il tuo ritratto in mano morire sorridendo davanti al dolce mare verde azzurro smaltato! ...O Lou, mia immensa pena, Lou mio cuore spezzato, come il suono d'un corno la tua voce risuona, io rivedo lontano, stupefatto e lontano, quel tuo tenero sguardo col quale m'hai stregato. (Guillaume Apollinaire) Se morissi laggiù sul fronte dell'armata Se morissi laggiù sul fronte dell'armata, Tu piangeresti un giorno o mia adorata Lou, E dopo il mio ricordo cadrebbe come muore Una granata esplosa sul fronte dell'armata, Una granata che sembra una mimosa in fiore. E poi questo ricordo scoppiato nello spazio Con il mio sangue il mondo ricoprirebbe intero: Mare, montagne, valli, e la stella che passa, I soli che maturano stupendi nello spazio come quei frutti d'oro attorno a Baratier. Appassito ricordo, vivente in ogni cosa, Arrosserei le punte del tuo bel seno rosa Bacerei la tua bocca e; i capelli fiammanti. E non invecchieresti, ogni tua bella cosa Rifiorirebbe intatta negli incontri galanti. Il fatale zampillo del mio sangue sul mondo Farebbe dono al sole di più luce accecante Di più colore aliiore, di più impeto all'onda, Un amore incredibile scenderebbe sul mondo, 30 31 Paul Éluard Endre Ady Guillaume Apollinaire Isaac Albéniz Maurice Ravel con Geroge Gershwin Enrique Granados Il bagno di Gabriele D’Annunzio