Gli strani casi della dottoressa Eve E le emergenze mediche nello studio odontoiatrico? Eve Beneguardo è una giovane odontoiatra trentottenne che opera nella provincia di Pavia. Esercita un’attività esclusivamente liberoprofessionale e lo fa con attenzione e responsabilità, consapevole dell’importanza della salute orale. Il suo studio è simile a molti altri: 90 metri quadri, due sale operative, una sala sterilizzazione, un piccolo magazzino, un ufficio privato e due bagni. ottoressa, venga subito! La signora Tagliaferri non si sente bene» le parole pronunciate da Paola, mitica assistente dello studio di Eve, sono cariche di ansia e preoccupazione. E Paola non è una che si allarma per una banalità. Eve entra nello sala operativa che ha lasciato da pochi minuti, in attesa che un’anestesia locale fatta per procedere a un restauro occlusale su un 44 abbia fatto il suo effetto e interroga la paziente cercando nel contempo di tranquillizzarla: «Cosa succede signora Tagliaferri? Cosa si sente». La Tagliaferri è una paziente storica: 78 anni e da venti, da quando Eve ha aperto il suo studio, è sua paziente. «D «Mi sento» dice la Tagliaferri «che la testa non è normale, mi rimbomba, è diventata d’improvviso pesante» si porta poi le mani al torace e aggiunge: «Faccio anche fatica a respirare e le gambe sono strane». Certo, 78 anni non sono pochi e come la maggior parte delle persona a quella età la Tagliaferri qualche acciacco ce l’ha: diabete senile e ipertensione. Il diabete va molto meglio da quando ha perso peso, ma l’ipertensione no, e viene a mala pena controllata dai farmaci, in particolare con lisonopril 10 mg/die e una compressa da 20 mg Anno V - n°4 - ottobre 2011 5 Gli Una crisi ipertensiva a 78 anni può essere davvero pericolosa. strani casi della dottoressa Eve di pantoprazolo generico. Eve non è tranquilla, la paziente è molto agitata, si porta le mani al petto e ora sembra anche avere un chiaro impaccio nel parlare. «Mi è già successo qualche cosa di simile un paio d’anni fa» dice la paziente «sono andata al pronto soccorso e mi hanno detto che era una crisi ipertensiva». Eve misura immediatamente la pressione della paziente: 128 di minima su 215 di massima. «Accidenti, non aveva mai rilevato valori così alti». Il polso è tachicardico, 160 pulsazioni al minuto. Eve cerca di concentrarsi sul poco in suo possesso: grave stato ipertensivo, tachicardia, fastidio al petto, difficoltà all’eloquio. Certo che può essere di tutto, una nuova crisi ipertensiva, una sindrome coronarica acuta, una lesione vascolare cerebrale. Meglio, molto meglio chiamare il 118 e affidare la paziente a mani più competenti. Eve chiama il 118 dando le prime informazioni sul problema della paziente e ricevendo l’assicurazione di un rapido intervento. Che fare mentre si aspetta l’arrivo del 118? Sicuramente stare vicino alla paziente e tranquillizzarla: l’ansia può fare brutti scherzi. Farla stendere, a patto che non aumenti il fastidio, e somministrare ossigeno. Deve cercare d’intervenire sui valori pressori? Con una pressione così alta e avendo in passato già avuto una crisi ipertensiva potrebbe esserle d’aiuto un antipertensivo? Eve ricorda bene che durante la sua frequenza nel reparto di cardiologia di un grosso ospedale della provincia milanese le crisi ipertensive venivano inizialmente gestite con nifedipina in gocce somministrata sublinguale. «Paola per cortesia, prendi l’Adalat dalla cassetta dei farmaci di pronto soccorso». Paola esegue con facilità: la cassetta dei farmaci per il pronto soccorso è ben organizzata, con farmaci in vista e costanti controlli per verificarne la data di scadenza. «Apra la bocca signorara Tagliaferri e porti la punta della lingua al palato per cortesia». Eve deposita sul pavimento orale otto gocce di nifedipina. Quindici minuti dopo arriva l’equipaggio dell’ambulanza. Eve è soddisfatta perché alla sua guida c’è un anestesista rianimatore che dopo aver raccolto le informazioni di base su quanto accaduto e sulla paziente effettua subito un elettocardiogramma . «Per ora è negativo» dice «non ci sono al momento modificazioni che possano far pensare a un evento coronarico. È meglio, comunque, che la 6 Anno V - n°4 - ottobre 2011 Il caso tagliaferri portiamo in ospedale per accertamenti, faremo gli esami del caso e una TC del cranio. Quest’impaccio nel parlare va valutato con attenzione dallo specialista». La Tagliaferri nel frattempo sembra stare meglio, è meno agitata. La presenza del medico del 118 l’ha ulteriormente rassicurata. La pressione ore è scesa a 190 su 110. «Dottore mi sento meglio, non voglio andare in pronto soccorso». «Non si preoccupi signora, faremo semplicemente qualche esame e la faremo subito tornare a casa» le spiega il medico. Gli infermieri pongono la paziente sul lettino e si avviano all’ambulanza. «Sei stato molto gentile ed efficiente,» dice Eve con un sorriso tranquillo al rianimatore. Mi sembra che anche quelle poche gocce di nifedina abbiano fatto un buon effetto». «Ricordati per il futuro che la nifedipina sublinguale in queste situazioni non è indicata» replica sorridendo il medico». «Non è indicata?» «Ma come? È una procedura che usavamo in cardiologia e che molti miei colleghi adottano in caso di crisi ipertensive». «Hai ragione, è una pratica molto diffusa. Ma sappiamo già da qualche anno che la nifedipina sublinguale può far scendere troppo improvvisamente i valori pressori e causare una riduzione di flusso sia a livello coronarico sia a livello cerebrale. Le linee guida sono molto chiare a riguardo» si commiata il medico che sorridendole le stringe la mano e si avvia a raggiungere l’ambulanza. La nifedipina può abbassare i valori pressori troppo improvvisamente. Eve è sconcertata. L’abbiamo sempre usata... «Devo verificare» dice fra se e se dirigendosi verso il suo computer. Come è abituata a fare apre google e digita “crisi ipertensive terapia” il motore di ricerca le rimanda numerosi collegamenti ed Eve decide di aprire il primo prodotto dalla società italiana di medicina di urgenza-emergenza del Piemonte (http://www.simeu.it/piemonte/NUOVI/Crisi%20ipertensive%20in%20OBI.pdf) Il Collega aveva ragione, l’uso della nifedipina sublinguale in queste situazioni, sebbene pratica comune, non è da prescrivere a causa di effetti collaterali importanti legati alla sua rapidità d’azione. Eve vuole avere un’ulteriore conferma e per questo interroga Pub Med (http://www.ncbi.nlm.nih. gov/sites/entrez?db=pubmed) introducendo come parole chiave “Hypertensive crisis and treatment” e leggendo le linee guida della Società Olandese di Medicina Interna ottiene la conferma sulla controindicazione dell’uso della nifedipina sublinguale. Ha fatto la cosa sbagliata, pensa Eve, ho messo a rischio la salute della mia paziente soggiunge fra se e se «certo che se oltre a tutti i corsi di aggiornamento nelle discipline operative qualcuno offrisse la possibilità di aggiornarsi su queste tematiche, non sarebbe affatto male». Anno V - n°4 - ottobre 2011 7