leggi, scrivi e condividi le tue 10 righe dai libri

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I edizione: novembre 2012
© 2012 Lit Edizioni Srl
Arcana è un marchio di Lit Edizioni
Sede operativa: Via Isonzo 34, 00198 Roma
Tutti i diritti riservati
www.arcanaedizioni.com
Ezio Guaitamacchi
RockFiles
500 storie
che hanno fatto storia
Indice
Una grande storia fatta di piccole storie
La musica in una scatola: il juke-box
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ANNI CINQUANTA
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Il debutto di Hank
Chitarre da leggenda
La canzone da cui tutto ha avuto inizio
Il primo concerto rock della storia
Il vero Moondog
Il ragazzo con le basette
Sammy e il mistero della benda nera
Blackboard Jungle: il rock sul grande schermo
Tutte pazze per Elvis
Un ladro di talento
Quel sapore di tutti frutti
Il coraggio di Rosa
Esplode la Elvismania
A un passo dalla morte
Be-bop-a-lula
Il quartetto da un milione di dollari
Little Richard e le prime groupie
Un ciuffo alla conquista del Regno Unito
Il giorno in cui John ha incontrato Paul
Il rock nelle case degli americani
Elvis al cinema
Muore il 78: lunga vita ai 33 e ai 45 giri
Folgorato dal Signore
Salvate il soldato Presley
Go Johnny Go
Il killer e la cuginetta
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Il colosso della musica nera
Buddy e l’arcano dei nastri scomparsi
Kingston trio: un volo fortunato
Una batteria in regalo
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ANNI SESSANTA
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Payola, lo scandalo delle bustarelle
Elvis nel Regno Unito
Un nome, una garanzia
La maledizione di Johnny Horton
I Platters sfidano la loro etichetta
Bob Dylan, buona la prima
James, Carole e… Happy Kootch
Like a Rolling Stone
I Beatles ad Amburgo
Jimi, paracadutista mancato
Prima degli Stones
Cipolle verdi sincopate
Little Eva, cameriera rock
James Brown sbanca l’Apollo
Little Richard e quattro scarafaggi
Beatles a 33 giri
I tempi stanno cambiando
I gioielli della regina
Elvis e il mazzo di rose rosse
Marsha e la beatlemania
Ring Of Fire al numero uno
La British Invasion
Bentornato Chuck
Can you pass the acid test?
Primo spinello Beat
You really got me
Paura da palcoscenico: il dramma di Brian Wilson
Un brutto natale per Pattie
Il talento di Jimmy
Bye bye Yardbirds: Clapton saluta tutti e se ne va
Scossa stonesiana
Il sogno di Keith
Una poesia nei juke-box
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I quattro baronetti
Dylan attacca la spina
La bizzarra storia del Red Dog saloon
Oltre le porte della percezione
Il sacrilegio di Newport
Il jet sound dell’aeroplano psichedelico
Meglio morire che diventar vecchi...
La signora dagli occhi tristi
Il ristorante di Alice
George, Eric e… Layla
Buone vibrazioni
Aftermath, la nuova invenzione degli Stones
Un sogno chiamato Buffalo Springfield
Più famosi di Gesù
Ike, Tina & Phil Spector
Dio solo sa...
Good lovin’
PET SOUNDS: il primo, “vero” lp della storia
Un fenomeno al Cafe Wha?
Ma chi si crede di essere?
Il debutto dei Cream
Una Woodstock dylaniata
The End
Basta concerti!
Hey Joe
Pubblicità rock
Il fenomeno Monkees
Mick, Marianne e la barretta incriminata
Banane psichedeliche
La banana di Andy
SGT. PEPPER’S, una copertina leggendaria
Jimi infiamma il pubblico
Nasce il traffico del rock
Elvis & Priscilla
L’album fantasma
Senza luce
California Dreamin’
Fuoco e fiamme a Monterey
Fab Four in mondovisione
Il debutto dei Floyd, pifferai lisergici
La bibbia del rock
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Crosby fatto fuori dai Byrds
Brian nella casa di Winnie-the-Pooh
Otis sul molo della baia
Baez, cartoline dall’italia
Jethro Tull, genesi di un mito
Una sigaretta di troppo
Simon & Garfunkel, i laureati
Goodbye India
Il musical hippie sbanca Broadway
Not very nice: Emerson brucia la bandiera
Nati per essere selvaggi
Album bianco
Arrivederci Cream
Il banchetto dei mendicanti
John & Yoko, “vergini” scandalose
Il concerto sul tetto
Johnny Winter, esordio d’oro
Dylan e Cash, insieme a Nashville
Paura e delirio a Miami
Lennon & Bowie, oggi sposi…
Licenziate gli MC5!
Tommy in anteprima
Jimi, manette canadesi
Townshend, calci e pugni
L’orgoglio dei Creedence
Fede cieca
Mai più un Rolling Stone
Un blues fest in terra d’Albione
Sun Records, fine di una leggenda
Gli Stones a Hyde Park
Lo strano caso di Elliot Tiber
Tre giorni di pace, amore e musica
L’ira di “Tommy”
L’iguana: una performance sanguinosa
La dolce Toronto
Paul morto? No, è solo salsa al ribes
Un genio di nome Zappa
Le parolacce di Janis
I cagnolini di Diana
Capodanno con Jimi
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ANNI SETTANTA
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Keith Moon, svista fatale
Top Zep
Simon & Garfunkel numeri uno
L’eredità von Zeppelin
Charles Manson superstar
Diana ricomincia da sola
Tutti i guai di Country Joe
La grande trovata di Brinsley Schwarz
Lola e la Coca-cola
Ultimo tango a Seattle
L’ultima volta di Lou
Lacrime di Joni all’isola di Wight
Una verde corsa all’oro
Concerto per Greenpeace
Una preghiera americana
Morrison: ultima volta con i Doors
Bowie, prima volta in America
L’uomo che suona il flauto su una gamba sola
Rock song sulla lista nera
Dita appiccicose e linguaccia rossa
Un’amica di nome Carole
Concerto per il Bangladesh
Macca mette le ali
Nitty Gritty: quadratura del cerchio
Una “tarantola” firmata Dylan
Fumo sull’acqua
Frank Zappa e il fan geloso
American Pie: il destino del rock
Un cavallo senza nome
Siamo una band americana
Pietre esiliate
Il rock alieno di Ziggy Stardust
Macca nuovamente “on the road”
L’oro di Chicago
In manette l’Alice del rock
L’America di Cat
James & Carly, nozze casalinghe
Joan Baez in Vietnam
Chi sarà “il vanitoso”?
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Un tuffo al cuore per il Boss
“Derek” Clapton e i suoi Dominos dorati
Un fan vorace
Jerry Garcia, guida pericolosa
Uno Zeppelin alla conquista del west
Simon senza Garfunkel
Il tragico volo di Wyatt
Ziggy va in pensione
Everly Bros.: un brutto addio
Stevie Wonder in coma
Delta lady, donna di cuori
Santana e la svolta mistica
Billy Joel, piano man
Una dose da cavallo
L’avventura del CBGB
Fratelli “spinelli”
EL&P, nudi e osceni
Il decollo dell’astronave Jefferson
Bruce, il futuro del rock
Il giorno giusto per sposarsi
Il rock negli stadi
Un lupo rock non perde il vizio
Steve Miller e lo slancio infuocato
Pink fan scatenati
Elton di platino
Sonny & Cher, il divorzio
Marley al liceo
Nashville, l’altra America di Altman
Disco d’oro per Syd
Il Boss in prima pagina
Sulla tomba di Kerouac
Anarchia nel regno unito
La sacerdotessa del rock
La notte dell’uragano
Freddie e quella strana rapsodia
Dalla Svezia con amore
Genesi dei nuovi Genesis
L’irresistibile ascesa di Peter Frampton
Real Wonder: contratto miliardario
John & Paul, l’ultima volta
Un Boss nella villa del Re
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Miller in orbita
La volgarità e la rabbia
Sparatoria in casa Marley
Il fallimento di Mr. Shaft
La febbre del sabato sera
Alle soglie della pazzia
Declan diventa Elvis
Sting, Copeland & Summers: prima volta insieme
Dio salvi la regina
Patti Smith al CBGB
Il boa di Alice
Il pugno di Bonzo
Bowie ed Eno, eroi per un giorno
Elton, ultimo show?
Renaldo & Clara, il film di Dylan
Un chewing gum “biondo” per i Police
Tiro al piccione punk
Marley il pacifista
Alla maniera di Sid
Londra ai piedi di “His Bobness”
I sultani dello swing
Il mosaico dei Talking Heads
Flop al cinema per il Sergente Pepper
Television, fine delle trasmissioni
Gloria ed Emilio, cuore di Miami
I dolori dell’altro Elvis
Tropicana days
Clapton, party stellare
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ANNI OTTANTA
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Gli occhiali di Buddy
Patti & Fred, il matrimonio degli Smith
Un mattone nel muro del razzismo
Strummer e lo skinhead di Amburgo
L’ultimo volo dello Zeppelin
Un punk sindaco di San Francisco
No Nukes al cinema
Le fantasie di John & Yoko
Marley, battesimo cristiano
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Henley e la tv spazzatura
La ragazza degli Stones
Liberatevi di Neil Young
Led Zeppelin: fine di un’epoca
Il rock erotico di Wendy
Yes, fine della storia?
I mille guai di “papa” John
Addio Steely Dan…
Il video uccide le star della radio
Concerto a Central Park
Ozzy e il pipistrello maledetto
Skynyrd: la profanazione delle lapidi
Crosby in prigione
Rod Stewart, una Porsche in meno…
Sharon Osbourne, non solo moglie
Genesis pro Gabriel
Uno Zappa “classico”
La vendetta dei Toto
Nasce la favola di Bon Jovi
Bancarotta per Mr. Polpettone
Thriller al cinema
Tommy Lee, batterista geloso
Jim e Chrissie, matrimonio rock
Reagan e il Boss
Pioggia color porpora
Istigazione al suicidio
Buon Natale Africa!
Una Rolls psichedelica
Live Aid: il rock benefico
Bimbi d’Africa e agricoltori d’America
Suicidio in nome dei Judas Priest
Simon, da Soweto a New York
Nugent, il cacciatore
Self Aid: l’Irlanda si aiuta da sola
Benvenuti a Dollywood!
Genesis superstar
Il deserto di Giosuè
La cospirazione della speranza
Whitney, vera primadonna
Sting incontra Gil Evans
Astbury come Morrison
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Zz Top sulla luna
Lenny e la “Denise” dei Robinson
The Dalton Brothers: U2 in maschera
Prince e l’album fantasma
Tina a Rio nel Guinness dei primati
Gli amici dei Melvins
L’olimpiade di k.d.
40 anni di Atlantic
Bruce e Patti colti in flagrante
La rivoluzione di Tracy
Diventa nonno il coguaro del rock
Enya, fascino celto-new age
Pink Floyd nello spazio
James Brown, il fuggitivo
Una Madonna blasfema
Il ritorno di “The Big O”
Wyman e la popstar teenager
Izzy, pazzie in cielo
Mtv stacca la spina
Mtv sul muro di Berlino
Chuck il guardone
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ANNI NOVANTA
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Billy Idol e lo stop mancato
Willie Nelson, un anno sfortunato
Tom Waits e le patatine
Viva Mandela
Un teenager contro Madonna
THE WALL a Berlino
Il fenomeno Garth Brooks
Gol nella porta sbagliata
Townshend è gay?
Una truffa chiamata Milli Vanilli
Guns n’ bottles…
I cospiratori della pace
Clash in blue jeans
Largo alla nazione alternativa
Nel nome della rosa…
Le malefatte del re del punk-funk
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Il video finisce in rivolta
Un twist contro i McDonald’s
Annie, diva solitaria
Goodbye, Freddie
Corvi neri in tv
Paul Simon: io e le donne
Billy Ray, dal country alla tv
I guerrieri dell’arcobaleno
Frances Bean, vittima innocente
Sinéad la blasfema
Bobfest
Van “the man” snobba la Hall of Fame
Clinton: party presidenziale in musica
Le verità di Michael
Lenny il rubacuori
Il destino in un simbolo
Che c’entra l’amore con tutto ciò?
Bono contro gli ayatollah
Nirvana unplugged
Vedder e i fumi di New Orleans
Shania e Mutt, armonia (im)perfetta
Cobain: l’incidente di Roma
Il ritorno delle aquile
Grace, una pistola di troppo
Due rocker al congresso
Tragedia sfiorata a Earls Court
Tupac, vivo per miracolo
The voice: l’ultimo acuto
Il ciclone Alanis
Lyle & Julia: è divorzio
L’hotel del rock
College rock milionario
Gahan, tentativo di suicidio
Il museo del rock
Il ritorno dei Fab Four (meno uno)
Presley-Jackson, il divorzio annunciato
Björk e la rissa in Tailandia
Jarvis vs. Jacko
Tommy Lee e Pamela a luci rosse
In fuoco le chitarre di Clapton
Charlie Watts, nonno rock
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U2, prima volta on line
Ben & Jerry’s, gelati hippie
Un negoziante batte Elvis
Le vicissitudini di mamma Joni
Oasis vs. Internet
Un ingorgo chiamato U2
In Mississippi un giorno di troppo
Radiohead, dalle mele ai computer
Elton e le bionde morte
Pearl Jam e il video incriminato
Il Papa e il profeta
La sinfonia agrodolce dei Verve
Bill Berry: addio R.E.M.
La gonna dei Chumbawamba
No alla pena di morte
Aerosmith infuocati
Non sparate sul dj
La rabbia del reverendo
Cyndi, cartone animato per un giorno
Una stella per lo Zio Tom
Woodstock, fine di un sogno
George Michael e la clip dello scandalo
Macca torna al Cavern Club
ANNI
2000
Melissa e il seme del rock
Sting: sciopero di protesta
La notte di Carlos
Metallica contro Napster
Madonna e il boyfriend violento
Il cuore d’oro di Robbie Williams
Pelle (afro) americana
Un museo per Jimi
La mamma di Eminem
La casa delle star
Il pianoforte di Imagine
La cospirazione degli Offspring
Gilmour: furto in Rete
Oasis e compagnie aeree: convivenza difficile
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Un’aquila maltrattata
Robbie, volo d’angelo
Gli esordi del boss valgono milioni
Peter Buck alza il gomito
Marillion: i fan finanziano il nuovo disco
Le bugie di Jack & Meg
Ron Wood, pittore rock
Alicia, ragazza da record
In Israele, vietati i peperoncini
Tributo agli eroi
iPod, un nuovo modo di ascoltare musica
Le disavventure di Arthur Lee
Lennon statuario
Avril, la persecuzione dei fan
Macca e il caso dell’anello scomparso
Il fantasma di Elvis
The Edge si sposa
Harrison e la villa maledetta
Freddie Mercury e i pesci giapponesi
Dave Matthews al numero uno
Bruce Dickinson prende il volo
Jagger generoso
Muse vs. Celine
Liam Gallagher, kung fu fighter
Diana Ross, guida alcolica
Townshend: accuse di pedofilia
Un blues per John, Mick & Ringo
Courtney: violenza verbale
Niente più Doors
Beatles: i nastri rubati
Norah Jones sbanca il Grammy
La sfida delle pollastrelle
White Stripes primi in classifica
La strana storia di Ricky Rock
Adam Ant dà i numeri
Sheryl, I love you!
Hawkins: criminale o rockstar?
Whitney, relazioni pericolose
Lauryn Hill contro la chiesa
Il grande bluff di Kevin
Ryan Adams, un uomo di polso
Dal punk al reality
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Nipplegate: il capezzolo scandaloso
La stellina della Stax
MJ in maschera al supermarket
Un Coldplay troppo nervoso
La chitarra più cara della storia
Catturate Cat Stevens!
Clapton, pilota incosciente
Love or hate?
Liza e il bodyguard aitante
Compleanno con gli Stones
Caccia a Doherty
Kid Rock e il dj dello strip-tease
Cocaine Kate e il pinguino fumato
Neil Young, aneurisma al cervello
Cream, una reunion fantastica
Michel Jackson assolto
Il mondo si ferma per i Pink Floyd
Rock in Rete: il caso Arctic Monkeys
Robbie, virilità confermata
Le nozze di Sir Elton
La palma alle Fiji e le ceneri di papà
Dylan e un sogno scozzese
Into the Wild
Radiohead a offerta libera
Boy George e il sequestro del gigolò
Un’ossessione di nome Blake
La reunion del secolo
Beatles in orbita
Amy e il crac(k) ai Grammy
Gli Stones e i vinili da collezione
John Lennon e la medaglia ritrovata
Bono contestato dai colleghi
Gli Smiths e la Gibson rubata
Slowhand, chitarre all’asta
Ozzy, automobilista pericoloso
Le strisce pedonali più famose del mondo
Dire Straits: il caso canadese
L’ugola di “Tommy”
Laurea in beatleslogia
La resurrezione di Tupac
Credits
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rockfiles
UNA GRANDE STORIA
FATTA DI PICCOLE STORIE
Woodstock, New York – 15 agosto 2012
Sono le 17:07. Proprio qui, dove mi trovo adesso, c’era il palco del Festival. Ed
esattamente a questa stessa ora, ma 43 anni fa, faceva il suo ingresso in scena
Mr. Richie Havens dando il via alla più famosa “tre giorni di pace, amore e musica” della storia del rock.
Havens saliva per primo perché la scaletta era stata scombussolata: l’enorme
(e non previsto) afflusso di pubblico aveva creato un gigantesco ingorgo sulla route 17B, la strada principale che portava alla sede del Festival, la fattoria di Max
Yasgur nei pressi di Bethel.
Tutta la contea di Sullivan era bloccata da centinaia di migliaia di evicoli. Neppure i musicisti riuscivano a raggiungere il luogo del concerto, tanto che gli organizzatori avevano dovuto affittare dei piccoli elicotteri che trasportavano solo
tre persone alla volta: giusto Richie Havens, il suo fido partner chitarristico Paul
“Deano” Williams e il percussionista Daniel Ben Zebulon giunti in anticipo
sull’orario stabilito.
“Per questo è toccato a noi aprire Woodstock”, mi ha confermato Havens,
qualche anno fa, durante un ’intervista,
“abbiamo suonato per oltre due ore e mezza ma Chip Monk, responsabile di palco,
continuava a dirmi di andare avanti: non
c’erano altri artisti pronti a salire dopo di
noi… avevo terminato il repertorio e così
è nata l’improvvisazione di Freedom”.
Indistintamente, tutti coloro che hanno
visto il film/documentario di M ichael
Wadleigh sono rimasti scioccati dalla sua
performance: dall’intensità di quella voce
roca e dall’incalzare ritmico di una chitarra acustica suonata in modo straordinariamente percussivo (accompagnata da un
altresì efficacissimo stomping) ma anche
23
UNA GRANDE STORIA FATTA DI PICCOLE STORIE
dal suo caftano esotico, madido di sudore, o da quel sorriso simpaticamente
“sdentato”.
Insomma, anche (o forse soprattutto) per la sua apparizione a Woodstock,
Richie Havens è diventato un’icona del rock.
Ora, lo immagino qui, di fianco a me, con mezzo milione di persone davanti… la platea più grande e colorata che la musica rock aveva avuto fino ad allora.
Oggi, quella collinetta (che nel film appariva sterminata ma che dal vivo ti
sembra cento volte più piccola) è vuota ma ciò nonostante fa capire la bontà
dell’intuizione di Michael Lang e Artie Kornfeld, i due “papà” di Woodstock:
identificare in quel luogo (sorta di anfiteatro naturale) il posto ideale per costruirci il palco e ospitare l’evento.
Nel 1997 Alan Gerry, ricchissimo imprenditore televisivo, ha acquistato questi terreni per costruirci Bethel Woods, un centro polifunzionale con due zone per
concerti, un’area per eventi e convegni e un bellissimo museo multimediale interamente dedicato al mito di Woodstock.
La zona dove si è realmente svolto il Festival (protetta da staccionate) è rimasta intatta. Per ricordare l’evento, è stato eretto un monumento in pietra con, scolpiti sul frontone, l’immancabile logo, con la colomba bianca sul manico della chitarra, e i nomi dei partecipanti.
Il resto è fatto di ricordi, di storie.
Come quella di George che viene dalla Florida e che pensa che anch’io fossi lì
nell’estate del 1969.
“Dove avevi piantato la tua tenda?”, mi domanda mentre sta cercando il posto in
cui, nell’agosto del 1969, aveva campeggiato con i suoi amici. George vuole anche
sapere da che parte si trovi il lago… sono certo che parli del Filippini pond (immortalato in diverse scene del film dalle cineprese di Wadleigh) che sta alle spalle del palco, oltre la zona boscosa. “Mica l’ho fatto, il bagno”, ci tiene però a precisare, “l’acqua era troppo fredda… io sono abituato al tepore del Golfo del Messico”.
Proprio a fianco del monumento commemorativo s’è piazzato un certo Paul.
Su un tavolino ha sistemato un sacco di foto del Festival (in una, lo si scorge sullo sfondo o almeno così lui sostiene…): racconta a chi lo avvicina diversi particolari “inediti”. Si è portato persino una tenda canadese gonfiabile, color arancio. “Ce n’erano a migliaia”, dice montandola per i curiosi, “costavano pochi
dollari e sono state utilissime. Io l’ho conservata”.
Jim è di New York. Aveva 16 anni nel 1969.
“Ero venuto qui insieme a mio fratello più grande”, racconta, “allora, con i
nostri genitori, facevamo spesso weekend in questa zona. Conoscevamo molte
stradine secondarie e così siamo riusciti a evitare l’ingorgo e a parcheggiare non
troppo distanti. Sono sicuro di aver dormito la prima notte in tenda, poi non ricordo altro”.
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UNA GRANDE STORIA FATTA DI PICCOLE STORIE
“La musica? Sì, si sentiva bene ma solo se eri di fronte al palco… appena ti spostavi sui lati non si sentiva più nulla”.
Quella di Woodstock è una storia emblematica, una delle tante che hanno
attraversato quasi 60 anni di rock. Non soltanto perché è talmente curiosa, originale e straordinaria che neanche il miglior sceneggiatore hollywodiano avrebbe saputo inventarsi di meglio.
Come tutte le piccole storie di cui è fatta la grande S toria del rock, quella di
Woodstock è a sua volta composta da centinaia di racconti, migliaia di ricordi,
milioni di sensazioni.
Ognuno ha la “sua” Woodstock.
Come George, Paul o Jim.
Ma anche come Richie Havens.
Già, perché pure lui ha una bella storia da raccontare.
E poco importa se la memoria (anche nel suo caso) risulta un po’ sbiadita.
Come può infatti aver suonato, come dice lui, quasi tre ore filate se ha iniziato
alle 17:07 e a Woodstock, nel mese di agosto, il sole tramonta intorno alle 20 e
c’è una documentazione (foto e film) che mostra almeno altri tr e artisti/gruppi
esibirsi venerdì 15 agosto 1969 alla luce del sole?
Per anni, Country Joe McDonald (altra leggendaria icona del Festival) ha
raccontato di essere salito sul palco proprio dopo Richie Havens. Gli organizzatori non sapevano come proseguire nel programma, non c’erano gli altri artisti
previsti in scaletta. Country Joe, che era nel backstage, si è mostrato disponibile
e collaborativo.
“Mi hanno dato una chitarra acustica Yamaha”, ricorda, “con uno spago mi sono fatto una tracolla rudimentale e sono andato in scena da solo, senza la mia band
”.
Solo tre anni fa, qualcuno gli ha fatto notare che esiste una registrazione audio dalla quale si evince che lui ha suonato (il suo solo set) al sabato e non al venerdì.
Ma, 40 anni dopo, credete che Joe abbia modificato i suoi racconti?
“Non rovinate mai una bella storia con la verità”, diceva qualcuno più saggio
(e più furbo) di me. Che, invece, da sempre ho deciso di dire (e di scrivere) la
verità. O almeno la “verità” di queste storie che ho chiamatoRockFiles. Molte delle quali mi sono state raccontate dagli stessi protagonisti o da chi le ha vissute da
vicino (e che quindi, vedi sopra, potrebbero essere a rischio…).
Spero che la mia ricerca della verità (stavolta senza virgolette) non abbia rovinato la bellezza delle storie. Che ho selezionato proprio in virtù della loro valenza
narrativa. Certo, tra questi “500 momenti” ce ne sono tanti che hanno davvero
cambiato il corso della musica degli ultimi 60 anni. Molti invece sono fatti curiosi, eccentrici, originali, a volte anche oltraggiosi o scandalistici, perfetti però per
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UNA GRANDE STORIA FATTA DI PICCOLE STORIE
far capire qual è stato l’impatto del rock e dei suoi protagonisti sulla storia e sulla
cultura del Ventesimo secolo e dei primissimi anni del Ventunesimo.
Questa dunque non è un’enciclopedia.
E neppure una canonica storia del rock.
È un elenco di fatti e misfatti che mi hanno stupito, affascinato o colpito (ce
ne sono davvero a migliaia…) ma da cui ho quasi del tutto eliminato date di nascita, compleanni, morti (se siete interessati a quest’ultimo soggetto suggerisco
la lettura dei miei Delitti Rock).
Allo stesso modo ho volutamente tralasciato (salvo rari casi) storie su canzoni
e concerti, entrambi argomenti di altri due miei libri.
Potete leggere questi RockFiles come meglio credete.
Di fila, in ordine cronologico, per apprezzare i cambiamenti di tempi ed epoche; oppure seguendo i vostri gusti musicali, cercando gli artisti che preferite o,
infine, semplicemente in modalità random, lasciando che il caso vi faccia scoprir
e
(o rivivere) storie, aneddoti, leggende, curiosità.
Sperando di fare cosa gradita, alla fine di ogni f“ile” ho suggerito un brano musicale, una piccola didascalia sonora che costituisce un compendio acustico ad hoc
per ciascuna delle storie raccontate. Ma anche, nel complesso, un bel tragitto attraverso alcune delle più entusiasmanti rocksong di sempre.
Alcune delle storie raccolte in questo libro le ho raccontate ai microfoni di
LifeGate Radio, scritte sulle pagine di «Jam» o narrate dal palco durante i miei
spettacoli in cui gli aneddoti si mescolano a immagini e filmati d’epoca, a brani
live e a piccole opere d’arte che un formidabile ritrattista rock, il Maestro Carlo
Montana, fa nascere nel corso dello show.
“Happiness is real only when shared” (la vera felicità esiste solo quando la si
condivide con qualcuno) diceva Christopher McCandless, il protagonista di Into The Wild.
Mi piace pensare che questo stesso concetto valga anche per le storie. Specie
per quelle belle, sane e rigeneranti come il rock’n’roll.
Buona lettura e buon divertimento,
Ezio Guaitamacchi
P.S.: sarò grato a tutti coloro che mi aiuteranno a correggere eventuali errori
o imprecisioni. E anche a chi vorrà suggerire altre storie da inserire, perché no,
in una prossima edizione di questo volume.
Scrivete pure a: [email protected]
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LA MUSICA IN UNA SCATOLA: IL JUKE-BOX
San Francisco, California - 23 novembre 1889
Siamo al 303 di Sutter Street, nella sala
del Palais Royal Restaurant.
Fred Mergenthaler, il proprietario del
locale, ha concesso a Louis Glass (presidente della Pacific Phonograph Company)
e al suo socio Willam Arnold di fare una
dimostrazione pubblica della loro nuova
creatura.
Si tratta di un fonografo Edison classe
M installato all’interno di un mobile di legno di quercia. Inserendo una moneta da cinque cent, il cliente può selezionare
una canzone a sua scelta di quelle contenute in quella macchina delle meraviglie. L’audio è ancora da perfezionare: si sente poco e male ma l’invenzione è assolutamente rivoluzionaria. Mergenthaler non ha dubbi e la acquista all’istante
entrando diritto nella storia: quello del Palais Royal di San Francisco è, infatti, il
primo juke-box a operare in luogo pubblico. E, solo nei primi sei mesi di servizio, il magic box di Sutter Street incassa più di mille dollari.
Da quel momento, Glass e Arnold moltiplicano in modo esponenziale il loro
volume di affari anche se, solo nella seconda metà degli anni Quaranta (con i
magnifici modelli della Wurlitzer con coloratissime luci al neon e il classico mobilone di legno) il juke-box diventa un oggetto famigliare per gli appassionati di
musica in America.
Associato agli Happy Days del rock’n’roll, il juke-box esplode con l’avvento del
45 giri diventando una moda, anche in Italia, negli anni Sessanta.
Oggi è diventato oggetto di culto per collezionisti e amanti del modernariato
che, per i modelli come il Wurlitzer 1015 (proprio quello immortalato nei telefilm di Fonzie), sono pronti a sganciare decine di migliaia di euro.
k FATS DOMINO – I’m Ready
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anni cinquanta
IL DEBUTTO DI HANK
Nashville, Tennessee - 11 giugno 1949
Sul palco del Ryman Auditorium sta per
iniziare una nuova puntata del Grand Ole
Opry, lo show radiofonico musicale più
longevo e popolare d’America.
Andato in onda per la prima volta il 5
ottobre del 1925 sulle fr equenze della
WSM, il vecchio Opry ha diffuso country
music su tutto il territorio americano decretando il successo delle più luminose star
del genere.
Dal 5 giugno del 1943, lo show viene ospitato nel Ryman Auditorium, il teatro più prestigioso della città.
Stasera, nel cast c’è una nuova stella: ha 26 anni, viene dall’Alabama, si chiama Hiram King Williams ma, per tutti, lui è Hank. Ha già incantato l’America
con brani come Move It On Over e Honky Tonkin’. La sua è una forma di country più moderna ed essenziale, con testi poetici venati di cupa malinconia.
Nato con la spina bifida, Hank Williams accusa da sempre forti dolori che cerca
di lenire con la morfina e l’alcol, i suoi più fedeli compagni di viaggio. Commentando questi vizi scellerati, uno dei suoi più grandi ammiratori, il violinista/compositore Roy Acuff (autentico padre della moderna country music) una volta gli ha
detto: “Hai una voce da un milione di dollari e un cervello da dieci centesimi”.
Hank Williams, che spesso va in scena ubriaco, anche stasera è su di giri. Sua
moglie Audrey (che è anche il suo manager) fatica a tenerlo sotto controllo.
Eppure, quando salgono sul palcoscenico del Grand Ole Opry, Hank e suoi
Drifting Cowboys lasciano il segno.
Il pubblico è in delirio: sono ben sei i bis richiesti, roba mai successa prima di
allora. La trionfale esibizione di Nashville apre a Williams le porte del successo.
Che, però, dura poco.
La notte di capodanno del 1953, dopo aver suonato a Canton in Ohio, Hank
Williams muore sul sedile posteriore della sua Cadillac dopo aver scolato una bottiglia di whisky ed essersi iniettato l’ennesima dose di morfina.
Neanche quattro mesi prima, aveva compiuto 29 anni.
k HANK WILLIAMS – Cold Cold Heart
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ANNI CINQUANTA
CHITARRE DA LEGGENDA
Fullerton, California – Estate del 1949
Clarence Leonidas Fender (per tutti, semplicemente Leo) è un ingegnoso quarantenne da sempre attratto dall’elettronica.
Suo padre, agricoltore tosto che coltiva
arance nel Southern California, gli ha inculcato l’etica del lavoro. “Figliolo, ricordati che l’unica cosa importante nella vita
è ciò che realizzi con le tue mani”, gli diceva sempre, “se non lavori sei un pigro.
E la pigrizia è peccato”.
Da allora, Leo applica alle persone quel detto.
A se stesso in primis.
Così, agli studi di ragioneria, affianca la passione per cavi e cir cuiti elettrici.
Apre un emporio a Fullerton nel 1939 e comincia a sperimentare sulla novità musicale dell’epoca: la chitarra lap steel, uno strumento di origine hawaiiana (si
suona appoggiata sulle ginocchia e sulle corde viene fatta scorrere una barretta
d’acciaio che rende il suono suadente e “liquido”). A essa vengono attaccati
pickup elettro-magnetici poi connessi a piccoli amplificatori.
Nel giro di poco, Fender crea la sua piccola azienda. Sviluppando le ricerche
di un’altra marca californiana (la Rickenbaker) Leo inventa infatti la sua prima
“solid body”, una chitarra cioè con cassa piena che viene elettrificata tramite gli
stessi pick-up usati sulle lap steel. La chiama Esquire, poi Broadcaster e infine
Telecaster.
Nello stesso periodo, dall’altra parte dell’America, un chitarrista jazz di discreta
fama (Les Paul) sta facendo uno strano esperimento per cercare di amplificare
in modo rudimentale il suono della sua chitarra semiacustica.
Nei weekend, si reca nella fabbrica vuota della Epiphone a New York per giocare con quella che lui chiama “log guitar”. Il nomignolo deriva dal pezzo di tronco (log) di legno di pino che il chitarrista ha inserito tra due metà segate di una
sei corde smantellata in precedenza. Les Paul monta un manico al tronco di pino e poi inserisce due rudimentali pick-up che ha costruito lui stesso. Quindi,
modifica una seconda e una terza Epiphone (i suoi “rottami”, come li chiama lui),
spaccando le casse per aggiungere incatenature in metallo e, di nuovo, montandoci sopra i pickup.
Gibson (costruttore di chitarre semiacustiche) dopo qualche anno chiede a Les
Paul di sviluppare quel suo stravagante progetto: ha deciso di entrare in concor32
ANNI CINQUANTA
renza con Fender che con la Telecaster prima e con la nuovissima Stratocaster
poi si è assicurato la leadership del mercato delle chitarre elettriche.
Nel 1952 nasce la Gibson Les Paul, che (insieme alla Tele e alla Strato) diventa sinonimo di chitarra rock.
k LES PAUL & MARY FORD – Tiger Rag
LA CANZONE DA CUI TUTTO HA AVUTO INIZIO
Memphis, Tennessee - 5 marzo 1951
Senza l’incisione di questo brano il rock’n’roll (forse) non sarebbe mai esistito. O,
molto più probabilmente, sarebbe stato
diverso. Scritto dal diciannovenne Ike Turner e messo a punto da lui stesso insieme
ai Kings Of Rhythm presso il Riverside
Hotel di Clarksdale, Mississippi, Rocket 88
dà il via a un nuovo genere musicale.
A produrre il pezzo e a coordinarne le
session d’incisione (presso il Memphis Recording Service al 706 di Union Avenue) è il proprietario di quegli stessi studi,
Sam Phillips, futuro boss della Sun Records.
Phillips sta cercando di creare un sound in cui convivano musica e cultura sia
bianca che nera incarnando così lo spirito della nuova America.
Il brano di Ike Turner lo convince: per Phillips rappresenta un ottimo esempio di quella sintesi artistica e culturale che sta cercando.
Dato che Ike non è ancora maggiorenne, il pezzo viene accreditato a Jackie
Brenston (il sassofonista di Turner che è anche la voce solista della canzone) e ai
suoi Delta Cats, una band che, in realtà, non esiste.
Caratterizzata da sonorità nuove e da un’energia formidabile, la canzone (pubblicata su etichetta Chess) va in vetta alle classifiche di Rhythm And Blues. Per
la prima volta, nel genere, si parla di status e ambizioni legate più all’apparire
che all’essere. Il titolo, Rocket 88, è infatti riferito a un modello di Oldsmobile,
macchinone prodotto dal 1949 con un motore super: il pezzo esprime proprio
il desiderio di possedere e guidare un’auto di questo tipo. Non a caso, per ringraziare della pubblicità gratuita, la General Motors ne regala un esemplare a
Brenston mentre il povero Turner non riceve compenso alcuno.
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ANNI CINQUANTA
Curiosità: durante il trasporto agli studi di registrazione, uno degli amplificatori di Ike cade dal tetto dell’auto. La riparazione non è perfetta e il suono rimane leggermente gracchiante: nasce così, seppur in modo inconsapevole, il primo
esempio di chitarra elettrica distorta.
Nel 1991, la Rock and Roll Hall of Fame stabilisce ufficialmente che Rocket
88 è “la prima canzone rock’n’roll mai incisa”.
k JACKIE BRENSTON – Rocket 88
IL PRIMO CONCERTO ROCK DELLA STORIA
Cleveland, Ohio - 21 marzo 1952
Questa sera migliaia di persone si sono radunate davanti all’arena cittadina. In cartellone ci sono il sassofonista Paul Williams e i suoi Hucklebuckers, Tiny “Mac”
Grimes and The Rockin’ Highlanders,
Dominos, Danny Cobb, Varetta Dillard.
Organizzatori dell’evento sono Alan
Freed (dj della stazione radiofonica WJW),
il discografico Leo Mintz e il promoter locale Lew Platt.
Si dice sia stato proprio Freed a coniare il termine “rock and roll”.
In realtà, agli inizi delVentesimo secolo, la locuzione rocking and rolling (“dondolare e rotolare”, originariamente riferita alle navi in preda ai marosi) comincia
a essere sporadicamente associata alla musica nera. Sia a quella densa di rituali (gospel) che a quella con ammiccamenti sessuali (hokum blues). A volte, il termine
viene anche utilizzato nello swing degli anni Trenta e Quaranta o soprattutto
(vedi le recensioni di Maurie Orodenker su «Billboard») per descrivere alcuni brani di rhythm and blues. Proprio quest’ultimo, specie nella sua fase evolutiva di
fine anni Quaranta/primi anni Cinquanta, è il genere preferito di Alan Freed
che nel suo show The Moondog House manda in onda la créme della black music contemporanea definendola sempre più spesso rock and roll.
Con questo escamotage, Freed riesce a promuovere in modo diverso ed efficace la nuova musica presso un pubblico di giovani bianchi e, al tempo stesso, evitare possibili censure in un’epoca conservatrice e razzista.
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ANNI CINQUANTA
I suoi ascoltatori sono gli stessi che s’identificano nei film di James Dean e Marlon Brando e che passano il tempo libero ascoltando musica dai juke-box nei bar.
Gli stessi che, stasera, si sono dati appuntamento alla Cleveland Arena.
Già, perché il furbissimo Freed ha battezzato questo evento Moondog Coronation Ball parafrasando il titolo del suo programma di successo.
Nonostante il palazzetto dello sport possa ospitare un massimo di diecimila
persone, il dj e il suo staff hanno fatto stampare (illegalmente) un numero esorbitante di biglietti. Fuori dall’impianto si contano oltre ventimila presenze….
Al primo brano di Williams la Cleveland Arena si trasforma in una bolgia.
La folla va in subbuglio, esplodono tafferugli dentro e fuori per via dell’euforia e dell’alcol ma anche perché ci sono migliaia di persone che ancora cer cano
di entrare. La polizia è costretta a intervenire e il concerto viene interrotto. Il
sindaco di Cleveland dichiara fuori legge la stampa dei biglietti in eccesso e i
giornali accusano Alan Freed di aver alimentato la rivolta. Ma ormai la fama del
dj è inattaccabile e ilMoondog Coronation Ball passa alla storia come il primo concerto rock di sempre.
k PAUL WILLIAMS – The Hucklebuck
IL VERO MOONDOG
New York, New York - marzo 1954
L’amicizia tra Alan Freed e Leo Mintz, proprietario del negozio di dischi Record Rendezvous, esce ulteriormente rafforzata dall’enorme successo del Moondog Coronation
Ball. Alan continua a scegliere da Leo la
musica da far ascoltare nella sua trasmissione su Radio WJW. D’altronde, a indirizzarlo verso il Rhythm And Blues era stato proprio Mintz che, agli inizi dell’attività
discografica, cercava qualcuno che lo aiutasse a promuovere i suoi prodotti.
Alan, quando annuncia i dischi nel suo show, imita il tipico accento del Sud
utilizzando varie trovate per incuriosire il pubblico e ormai The Moondog House
è il programma radiofonico più seguito di Cleveland.
Lui lo sa e ne trae profitto. Un po’ come aveva fatto qualche anno prima,
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