I contratti del trasporto aereo marittimo e terrestre a

annuncio pubblicitario
A12
I contratti del trasporto aereo
marittimo e terrestre
a cura di
Francesco Morandi
Copyright © MMXII
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, 133/A–B
00173 Roma
(06) 93781065
ISBN
978–88–548–5403–1
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: novembre 2012
FRANCESCO MORANDI
I contratti del trasporto
aereo, marittimo e terrestre
GIANFRANCO BENELLI
DONATELLA BOCCHESE
CHRISTIAN CALIFANO
NICOLÒ CARNIMEO
ALESSIO CLARONI
LORENZO DEL FEDERICO
CINZIA INGRATOCI
ADELE MARINO
FRANCESCO MONTANARI
ANDREA NERVI
GIUSEPPE REALE
ALESSANDRA ROMAGNOLI
FRANCESCA SALERNO
CECILIA SEVERONI
GRETA TELLARINI
CHIARA TINCANI
SIMONE VERNIZZI
CATERINA VERRIGNI
ALESSANDRO ZAMPONE
INDICE
Parte I
I contratti del trasporto aereo
Capitolo I – CECILIA SEVERONI, I contratti di code sharing
9
Capitolo II – FRANCESCA SALERNO, Il contratto di handling
23
Capitolo III – ADELE MARINO, Il catering aeronautico
39
Capitolo IV – LORENZO DEL FEDERICO e FRANCESCO MONTANARI, I profili fiscali
dei contratti del trasporto aereo
49
Parte II
I contratti del trasporto marittimo
Capitolo V – ANDREA NERVI, La costruzione di nave
65
Capitolo VI – NICOLÒ CARNIMEO, La compravendita di nave
77
Capitolo VII – ADELE MARINO, Il rimorchio
85
Capitolo VIII – ALESSANDRO ZAMPONE, Il trasporto marittimo di persone
97
Capitolo IX – DONATELLA BOCCHESE, La crociera turistica
139
Capitolo X – CINZIA INGRATOCI, La raccomandazione marittima
169
Capitolo XI – LORENZO DEL FEDERICO e CHRISTIAN CALIFANO, I profili fiscali
dei contratti del trasporto marittimo
187
Capitolo XII – ALESSIO CLARONI, Il leasing di unità da diporto
201
Capitolo XIII – ALESSIO CLARONI, La “vendita” di posto barca
213
Capitolo XIV – NICOLÒ CARNIMEO, Le bandiere di convenienza nella navigazione
da diporto. Spunti in materia fiscale
223
Capitolo XV – LORENZO DEL FEDERICO e CATERINA VERRIGNI, I profili fiscali
della nautica da diporto
237
5
6
Indice
Parte III
I contratti del trasporto terrestre
Capitolo XVI – GIANFRANCO BENELLI, Il contratto di trasporto stradale di cose
255
Capitolo XVII – GRETA TELLARINI, La spedizione
311
Capitolo XVIII – SIMONE VERNIZZI, La vendita su documenti di merci in viaggio
327
Capitolo XIX – GIUSEPPE REALE, Il trasloco
339
Capitolo XX – CHIARA TINCANI, Assicurazione contro i danni e della responsabilità
civile in tema di trasporto
349
Capitolo XXI – GIUSEPPE REALE, Il noleggio di autoveicoli
363
Capitolo XXII – ALESSANDRA ROMAGNOLI, Il contratto di trasporto a fune
381
Capitolo XXIII – ALESSIO CLARONI, Il trasporto ferroviario di cose
405
PARTE I
I contratti del trasporto aereo
Capitolo I
I contratti di code sharing
di CECILIA SEVERONI
SOMMARIO: 1. Inquadramento del code sharing – 2. Le varie tipologie di code sharing presenti nella pratica – 3. Gli
accordi affini al code sharing – 4. La normativa interna e comunitaria di riferimento – 5. La qualificazione
dell’accordo di code sharing – 6. Code sharing ed effetti antitrust nell’ordinamento interno. Riflessi sulla
assegnazione degli slot
1. Inquadramento del code sharing
Il code sharing è un contratto, impiegato nella prassi degli accordi tra compagnie aeree, che ha
conosciuto una recente ed ampia diffusione, rappresentando nei fatti il portante delle esigenze
commerciali dei vettori stessi.
Nella sua forma più semplice il code sharing rappresenta un accordo tra due o più vettori aerei
per la messa in comune dei rispettivi codici identificativi, al fine di operare il servizio di
trasporto aereo sulle rotte individuate dall’accordo1. La prassi ha consentito di profilare una
ripartizione tra le competenze del vettore operativo2, che assume materialmente,
economicamente e sotto il profilo tecnico il servizio di trasporto aereo ed uno o più vettori
marketing, cui è affidato il compito della commercializzazione del servizio, fornito dal vettore
operativo, presso la propria clientela.
Nella sostanza il vettore contrattuale (marketing carrier) commercializza e vende i servizi di
trasporto di passeggeri e di merci di un’altra compagnia aerea (operating carrier), identificati
però con il proprio codice o con i codici identificativi di entrambe le compagnie, come se fossero
propri servizi.
L’ICAO ha identificato il code sharing come «the use of the flight designator code of one air
carrier on a service performed by a second air carrier, which service is usually also identified
(and may be required to be identified) as a service of, and being performed by, the second air
carrier3».
1
Secondo la disposizione della I.A.T.A. Passenger Service Conference Resolution n. 762 l’aviolinea è identificata
da un codice composto dalla combinazione di due o tre lettere mentre il volo è identificato da una sequenza di tre
numeri arabi. Sull’argomento del code sharing si vedano in termini generali SEVERONI, Il code sharing, Milano,
2010; FRANCHI, voce «Code sharing», in DEIANA (a cura di), Diritto della navigazione, Milano, 2010, 88-93; ID.,
Gli accordi di code sharing tra vettori aerei: inquadramento giuridico e relativi profili di responsabilità, in Resp.
civ. prev., 2007, 1013; DE GROOT, Code-sharing, United States’ policies and the lessons for, Europe, in Air and
Space Law, 1994, 62 ss.; BUSTI, Contratto di trasporto aereo, Milano, 2001, passim; CALLEGARI e PRATI, I nuovi
contratti di utilizzazione dell’aeromobile, in AA.VV., Il nuovo diritto aeronautico: in ricordo di Gabriele Silingardi,
Milano, 2002, 548; ANTONINI, Corso di diritto dei trasporti, Milano, 2008, 175; TULLIO, Contratto di noleggio,
Milano, 2006; ICAO Circular 269-AT/10, Implications of airline codesharing, Montreal, 1997; MASUTTI, Il diritto
aeronautico, Torino, 2009, 311; TOSORATTI, Gli accordi tra vettori aerei, in LO BIANCO, Compendio di diritto
aeronautico, Milano, 2009, 180; COLANGELO, Gli accordi di code sharing, in MORANDI (coordinato da), Trasporto,
Torino, 2004, 121 e 126; CHIAVARELLI, Code sharing: an appoach to the open sky concept?, in Ann. Air Sp. Law,
1995, 195 ss.
2
Al vettore operativo o vettore di fatto, inteso come colui che opera di fatto il volo, è estesa dalla Convenzione di
Montreal del 28 maggio 1999 per l’unificazione di alcune regole per il trasporto aereo internazionale (artt. 39-48) la
normativa sulla responsabilità del vettore contrattuale, inteso come soggetto che stipula il contratto di trasporto con
il passeggero. Per BUSTI, Contratto di trasporto aereo, cit., 518, il vettore di fatto è «chi, senza essere ausiliario o
preposto di quello contrattuale, esegue, dietro autorizzazione di quest’ultimo, in tutto o in parte, il trasporto
convenuto». L’argomento è stato affrontato compiutamente da ZUNARELLI, La nozione di vettore, Milano, 1987.
3
International civil Aviation Organization (ICAO), Manual on the Regulation of International Air Transport (Doc.
9626). Parimenti il Department of Transportation statunitense, nel Code-share Safety Program Guidelines del 29
9
9
10
Cecilia Severoni
Sotto il profilo dell’impiego economico, gli accordi di code sharing possono essere utilizzati per
due tipologie differenti di servizio aereo: possono infatti essere impiegati sia nel collegamento
point to point tra due coppie di città o di aeroporti, intesi come punto di partenza e di arrivo della
rotta (c.d. city pair market), sia come parte di collegamenti più lunghi, in particolare nel caso di
accordo tra un vettore minore, impegnato in rotte nazionali o comunque a corto raggio, ed un
vettore che opera rotte a medio-lungo raggio o internazionali (feeding/defeeding). In questo caso
l’accordo di code sharing normalmente fornisce il collegamento con l’hub nazionale e con la rete
del vettore maggiore.
Soprattutto grazie agli accordi di code sharing del secondo genere le compagnie aeree
acquisiscono l’opportunità di offrire al passeggero servizi di trasporto che coinvolgono più di un
vettore (che nella prassi verrebbero considerati come interlining), come se gli stessi servizi
fossero forniti da una medesima compagnia (servizio on-line). In altri termini negli accordi di
code sharing i vettori partecipanti appongono il proprio codice al volo o ai voli operati dal
partner in code sharing.
Apponendo il proprio codice a entrambi i voli il partner in code sharing può vendere entrambi i
voli come se vi fosse una connessione con un volo operato dallo stesso vettore (on-line
connection), invece della connessione effettiva con il volo operato dall’altro vettore partner
[inter-(air)line connection].
2. Le varie tipologie di code sharing presenti nella pratica
Il code sharing si può presentare sotto varie forme.
Nel code sharing free flow non vi è alcuna predeterminazione del numero di posti o della
capacità messa a disposizione del vettore marketing. Questi può pertanto vendere tutti i posti che
è commercialmente in grado di allocare sul mercato, sulla base della disponibilità offerta dalla
capacità dell’aeromobile (in base al principio del last seat availability).
Lo stesso prevede condizioni economiche di particolare favore per il vettore marketing, che però
risulta condizionato dall’effettiva disponibilità di posti così come dichiarata dal vettore
operativo. Il meccanismo con cui opera il free flow è dunque questo: il vettore operativo si
obbliga a «cedere posti» al vettore marketing subordinatamente alla disponibilità di spazio
sull’aeromobile esercito ed in relazione alla capacità di posti richiesta da quest’ultimo senza
limiti di tempo. Il rischio dell’operazione è completamente in capo al vettore operativo, mentre
la disponibilità di posti sull’aeromobile rimane in questo caso condizionata alla sussistenza dei
posti al momento della richiesta, che può essere resa entro il termine finale che verrà notificato al
vettore marketing prima dell’esecuzione del volo.
Il vettore operativo mantiene infatti il controllo della capacità dell’aeromobile ed è pertanto a lui
che il vettore marketing trasmette le prenotazioni ricevute fino al termine ultimo dato dal
messaggio di chiusura delle vendite, così come concordato dalle parti. La disponibilità dei posti è
gestita dal vettore operativo.
Il code sharing può presentarsi inoltre nella tipologia soft block o c.d. misto, nel qual caso la
distribuzione dei posti tra i vettori è predeterminata, ma il vettore marketing può, entro un
termine determinato, rilasciare i posti invenduti, in modo da ridurre le perdite in caso di mancata
vendita dei posti messi a sua disposizione4.
Le parti possono dunque concordare un numero di posti determinato che il vettore marketing può
utilizzare con proprio codice e numero di volo o restituire se rimangono invenduti entro una
febbraio 2000, ha identificato la nozione di code sharing come «marketing arrangement in which an airline places
its designator code on a flight operated by another airline, and sells and issues tickets for that flight».
4
Precisano CALLEGARI e PRATI, I nuovi contratti di utilizzazione dell’aeromobile, in AA.VV., Il nuovo diritto
aeronautico: in ricordo di Gabriele Silingardi, cit., 548, che il termine ultimo entro cui rilasciare i posti non venduti
può variare nel soft block da 12 ore a un mese prima della partenza.
I contratti del code sharing
11
certa data, in genere fissata alcuni giorni prima del giorno del volo, senza alcun obbligo di
pagamento dei posti inutilizzati.
Il vettore operativo richiede allora al vettore marketing i nomi dei passeggeri, nel termine di un
numero fissato di giorni prima del volo, salva la facoltà di cancellare i posti non assegnati entro
questa data, come indicato in alcuni contratti utilizzati nella pratica: «operating partner is
authorized to request (...) days prior to departure and to cancel all seats without names after this
date».
Nel code sharing del tipo blocked seat (o block space o hard block) i vettori contraenti si
accordano reciprocamente, oppure il solo vettore operativo si accorda nei confronti del vettore
marketing, a seconda che vi sia intercambiabilità di funzioni o meno, affinché chi opera il volo
fornisca al partner marketing un numero predeterminato di posti sul proprio aeromobile sulle
rotte predeterminate, come indicato dai vari contratti esaminabili sul punto: «the operating
carrier will provide an agreed number of seats to the marketing carrier on specified services
between points in (...) and points in (...). (I due vettori) will buy to each other a number of seats
on the services/sectors under the scope of the agreement according to the details specified». La
fattispecie menzionata è spesso accompagnata dalla clausola che prevede che i vettori si
mantengono autonomi nella determinazione delle tariffe da applicare per i posti di propria
competenza e nella strategia di vendita da attuare.
Nella tipologia di code sharing in analisi i posti prenotati sono assegnati al vettore marketing e
dovranno in ogni caso essere retribuiti al vettore operativo anche se non utilizzati (c.d. principio
del vuoto per pieno). I contratti prevedono al riguardo che «blocked seats are not releasable and
all seats, utilized or not, will be paid for».
A differenza dell’ipotesi di code sharing free flow, in cui il controllo della capacità
dell’aeromobile e la responsabilità delle prenotazioni rimangono in capo al vettore operativo, nel
code sharing del tipo blocked seats concorre con la responsabilità del primo la responsabilità del
vettore marketing per le prenotazioni ed il controllo dei posti a questo assegnati. Nella tipologia
di contratto c.d. hard blocked space il rischio relativo al profitto si mantiene pertanto in capo ad
entrambi i vettori, poiché sia il vettore operativo che il vettore marketing sono responsabili della
vendita dei posti nella rispettiva disponibilità.
Inoltre, la predeterminazione dei posti assegnati al vettore marketing fa sì che quest’ultimo possa
disporre, controllare ed eventualmente rispondere della vendita di un numero di posti superiore a
quello assegnatogli.
Nell’ipotesi che il vettore marketing richieda dei posti aggiuntivi rispetto a quelli concordati con
il vettore operativo i contratti dispongono che la richiesta verrà soddisfatta previa verifica della
disponibilità esistente sull’aeromobile. In tale ipotesi i biglietti del vettore richiedente verranno
girati sull’altro vettore.
Se poi il vettore marketing, così come il vettore operativo, ha venduto un numero di posti
superiore allo spazio a questi spettante (overbooking) il vettore responsabile dovrà prendersi cura
dei passeggeri cui è stato negato l’imbarco, ed avrà l’obbligo di versare loro il risarcimento
forfetario ed ogni altro risarcimento o spesa derivante da eventuali contenziosi sul punto.
Dunque «ciascun vettore è responsabile per l’overbooking effettuato su blocco di posti
assegnato» come si deduce dalla clausola relativa alla «politica delle prenotazioni in eccesso al
numero di posti disponibili negli aeromobili» rinvenibile nei contratti in esame.
Inoltre il vettore marketing si mantiene responsabile per tutte le attività commerciali ed
amministrative collegate con la prenotazione del posto, in base al disposto per cui «the
marketing carrier shall be responsible for all reservations functions in respect of its blocked
capacity».
Il code sharing non deve essere confuso con la c.d. duplicazione controllata del codice di
identificazione (controlled duplication), che altro non è che una condivisione formale dello
stesso codice d’identificazione, non in virtù di uno specifico accordo tra compagnie ma a causa
della insufficienza delle combinazioni delle due lettere alfabetiche rispetto al numero delle
compagnie aeree presenti a livello mondiale. Affinché non si crei confusione, specie nei
12
Cecilia Severoni
confronti della clientela, l’assegnazione di un medesimo codice d’identificazione viene concessa
solo a vettori che operano in zone differenti del mondo e per differenti traffici.
3. Gli accordi affini al code sharing
Rientra tra gli accordi commerciali affini al code sharing il contratto di interline o intercarrier5,
mediante il quale è concesso ad una aerolinea di operare voli con personale proprio su linee di
un’altra compagnia, alla quale viene garantita la facoltà di utilizzare il volo per i propri
passeggeri o mittenti, rispettivamente nel trasporto aereo di passeggeri e merci, anche solo per
una parte della capacità di trasporto dell’aeromobile, in virtù di un blocked space agreement. In
termini generali mediante l’accordo di interline le compagnie s’impegnano ad accettare
reciprocamente merci, passeggeri e rispettivi bagagli della compagnia partner ed a predisporre
procedure uniformi nell’esecuzione dei servizi di trasporto.
L’accordo di interline prevede che ogni compagnia aerea partecipante mantenga il proprio
codice di designazione, nel senso che la compagnia che opera il volo (vettore di fatto) consente
all’altra compagnia (vettore contrattuale) di utilizzare il volo per i clienti di quest’ultima, che
rilascia direttamente i biglietti di passaggio ai propri clienti. Il cliente si vede emettere un
biglietto dalla compagnia charterer, ma utilizza il volo di un’altra compagnia, anche per solo una
parte del viaggio.
La principale differenza tra questo tipo di accordo ed il code sharing sta nel fatto che nel
secondo caso le compagnie aeree aderenti all’accordo possono non mantenere il proprio codice
di designazione.
Un’altra forma di accordo commerciale con caratteristiche simili all’accordo di code sharing è il
contatto di franchising, mediante il quale il franchisor si obbliga a condividere con il vettore
affiliato (franchisee) una serie di segni distintivi e di elementi della propria identità, quali il
codice di designazione, la livrea ed i simboli di commercializzazione, mentre il franchisee si
impegna contestualmente ad operare il servizio di trasporto aereo secondo gli schemi forniti dal
franchisor. Lo stesso esegue il servizio di trasporto identificandosi agli occhi del passeggero in
tutto e per tutto con il vettore franchisor, di cui impiega la livrea e gli altri elementi distintivi, tra
cui sovente anche il codice distintivo, e su rotte che vengono considerate sotto la gestione del
franchisor.
Il franchisee mantiene la gestione tecnica dell’aeromobile e dell’equipaggio che rimane alle sue
dipendenze, garantendo però gli standard qualitativi del vettore franchisor, il quale a sua volta
s’impegna di massima a fornire i servizi di «Yield and space management, vendite e marketing,
programma frequent flyers, servizio prenotazioni, revenue accounting, assistenza e supervisione
in tutti gli aeroporti, uniformi per il personale di cabina».
Al franchisee sono tradizionalmente attribuiti i costi dei servizi di trasporto da questi effettuati,
compreso il costo del carburante, i costi di navigazione, come pure i costi di handling negli scali
interessati.
Nei fatti il passeggero conclude un contratto di trasporto direttamente con il franchisor, oppure
con il franchisee, che però emette i biglietti a nome e per conto del franchisor, figurando nei fatti
quale rappresentante del primo6.
Ne consegue che, sotto la prospettiva del passeggero, il franchisor è il vettore contrattuale,
figurando con il proprio codice identificativo sul biglietto emesso, mentre il franchisee è il
vettore operativo che esegue il volo e la cui identità deve essere comunque rivelata al passeggero
trasportato in virtù di un preciso obbligo di informazione dettato, nel nostro ordinamento,
5
Su cui si veda BUSTI, Contratto di trasporto aereo, cit., 525. L’Autore aggiunge che i diritti di traffico rimangono
al vettore contrattuale (charterer), mentre l’aeromobile con cui è operato il volo conserva la livrea e la bandiera del
vettore di fatto (owner).
6
In questo senso In questo senso ANTONINI, Corso di diritto dei trasporti, cit., 175.
I contratti del code sharing
13
dall’art. 943 c. nav., la cui violazione comporta per il passeggero la facoltà di risolvere il
contratto, chiedere il rimborso del biglietto ed il risarcimento dei danni eventualmente subiti.
Così come nel code sharing, pertanto, anche nel franchising si assiste ad una dissociazione tra
soggetto che opera il volo e soggetto che figura come vettore contrattuale nei confronti del
passeggero. Nel secondo caso, tuttavia, il vettore operativo perde la propria identità verso la
clientela del vettore partner e opera un trasporto al servizio esclusivo di questa, non servendo
contestualmente con la sua vera identità e con proprio codice identificativo anche i propri
passeggeri. Il franchisee s’impegna, infatti, ad effettuare il servizio di trasporto richiestogli dal
franchisor con proprio personale e propri aeromobili, ma con livrea, segni distintivi e codice
d’identificazione del franchisor.
Nel code sharing, invece, si assiste ad una maggiore promiscuità nell’utilizzo dei codici
identificativi sui voli operati in esecuzione di un accordo che, in genere, ha una durata temporale
inferiore al contratto di franchising.
Un altro accordo affine al code sharing è il contratto di wet lease, la cui nozione, in assenza di
un’apposita disciplina nell’ordinamento interno o in ambito comunitario, è ricavata dalla pratica
dei numerosi contratti di questo genere stipulati tra vettori. In virtù della stessa possiamo asserire
che con il contratto di wet lease il lessor (esercente) si obbliga nei confronti di altra compagnia
aerea (lessee) a compiere i viaggi determinati (o determinabili) ovvero a mettere a disposizione
uno o più aeromobili con il proprio equipaggio nel periodo convenuto su linee servite dal lessee
nel contesto del traffico di linea7, mantenendo pertanto l’esercizio dell’aeromobile. L’equipaggio
viene solitamente fornito dal lessor, sia per la componente relativa all’equipaggio di condotta
(piloti e tecnici) che per la componente dell’equipaggio di cabina (ovvero gli assistenti di volo).
Nell’ipotesi in cui sia fornito il solo equipaggio di condotta il contratto prende il nome di damp
lease.
Risulta in pratica assimilato al wet lease il tipo di leasing definito Aircraft, Crew, Manteinance
& Insurance (ACMI), presente nella contesto degli accordi volti a concedere la disponibilità di
un aeromobile e del relativo equipaggio. Il biglietto di passaggio viene emesso dal lessee, mentre
i rischi e le responsabilità risultano variamente ripartiti fra le compagnie aeree nei singoli
contratti a tal scopo predisposti, per riscontrandosi di massima una maggiore assunzione di
responsabilità in capo al lessor, nei rapporti interni tra i due vettori. Anche lo schema
contrattuale in analisi ripropone la distinzione dei ruoli di vettore operativo (lessor) e di vettore
contrattuale (lessee). Il primo mantiene infatti la funzione di vettore di fatto, che esegue il
trasporto senza vantare rapporti contrattuali con il passeggero, mentre la compagnia aerea che
stipula il contratto di trasporto aereo con il passeggero e che emette a proprio nome il biglietto di
passaggio, risulta agli occhi della clientela come vettore contrattuale. Con la conseguenza che
nel regime della Convenzione di Montreal del 19998 il passeggero può vantare nei confronti del
vettore operativo gli stessi diritti azionabili nei confronti del vettore contrattuale.
I profili di affinità tra il contratto in analisi ed il code sharing sono molti.
In entrambi gli schemi contrattuali si riscontra infatti una dissociazione tra il soggetto che
effettua materialmente il trasporto e che assume generalmente la gestione tecnico nautica ed il
soggetto che stipula i contratti di trasporto con la clientela, emettendo biglietti a proprio nome9.
7
Si vedano al riguardo TULLIO, Contratto di noleggio, cit., 372; COLETTA, Il leasing di aeromobile, in MORANDI
(coordinato da), Trasporto, cit., 116.
8
Ci si riferisce alla Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999 per l’unificazione di alcune regole per il trasporto
aereo internazionale, richiamata anche come normativa applicabile nell’ordinamento interno al trasporto aereo di
persone, bagagli e merci in virtù del richiamo degli artt. 941 e 951 c. nav. La stessa prevede, in particolare per ciò
che concerne la presente trattazione, la responsabilità solidale tra i vettori dell’accordo (contracting carrier e actual
carrier) nei riguardi del passeggero leso (artt. 39 ss.).
9
Non sorprende al riguardo l’affermazione della ICAO per la quale «wet leasing (...) is usually equated to code
sharing, particularly when it is a long-term lease, as far as the requirement for providing information to the public
and the holding of traffic rights are concerned»: ICAO Circular 269-AT/10, Implications of airline codesharing,
Montreal, cit., 3.
14
Cecilia Severoni
Certamente nel wet lease si assiste ad una minore confusione sull’uso dei codici di designazione,
in relazione ai voli effettuati nel contesto dell’accordo. Tuttavia, non si può negare che anche nel
wet lease il lessee utilizza il codice proprio per pubblicizzare agli occhi della clientela un volo
operato di fatto dal vettore operativo. In questo caso, però a differenza del code sharing, il volo
viene generalmente pubblicizzato con il solo codice del lessee.
Sotto altro profilo il code sharing viene stipulato in genere (certamente ricorre questa ipotesi nel
block space agreement) per una parte soltanto della capacità dell’aeromobile, mentre il wet lease
conferisce la disponibilità totale della capacità al soggetto utilizzatore. La struttura essenziale del
code sharing e il suo funzionamento non presentano in ogni caso differenze rilevanti rispetto al
wet lease: la differenza può riguardare la parte dell’aeromobile messa a disposizione (una parte
solamente piuttosto che l’intera capacità dell’aeromobile), l’assunzione della qualifica di vettore
nei rapporti con la clientela da parte di entrambi i vettori coinvolti nell’accordo10, posto che i
vettori vendono il servizio di trasporto sul volo operato dal vettore di fatto ai rispettivi clienti, la
normale indeterminatezza dell’aeromobile che viene indicato dalle parti in termini di capacità e
tipologia richiesta.
4. La normativa interna e comunitaria di riferimento
Il code sharing rientra tra gli accordi commerciali che i vettori aerei stipulano comunemente al
fine di ottimizzare lo sfruttamento economico dell’aeromobile.
Il codice della navigazione, pur non disponendo di una disciplina organica volta a definire e
regolamentare in maniera compiuta l’accordo in analisi, autorizza tuttavia, in termini generali,
all’art. 780, la «combinazione di più trasporti aerei che utilizzano lo stesso codice di volo» ed
ogni forma di accordo commerciale, ma assoggetta gli stessi ad alcune regole comuni, che
riguardano il rispetto delle regole di concorrenza, dei requisiti di sicurezza nonché dell’obbligo
di informazione al passeggero così come previsto dall’art. 943 c. nav.11.
A tal riguardo occorre precisare che l’utilizzo promiscuo dei codici di designazione e dei numeri
di volo riscontrabile nel code sharing, ed in varia misura nei contratti sopra esaminati, può
ingenerare confusione agli occhi della clientela che viene a contatto, dal punto di vista negoziale
o sul piano di fatto, con differenti vettori per un medesimo servizio di trasporto.
Il legislatore italiano ha provveduto a porre termine a questa situazione di incertezza
sull’identificazione del vettore che opererà il volo con la norma richiamata, che prevede un
obbligo d’informazione sull’identità del vettore che effettua il volo, se differente rispetto a quello
indicato nel biglietto aereo, prima della emissione del biglietto. In caso di prenotazione, poi,
l’informazione deve essere data al momento della conferma della prenotazione (art. 943, 1° co.,
c. nav.). Il legislatore ha provveduto, inoltre, a fornire il passeggero di alcuni strumenti di
reazione di fronte all’inadempimento di questo specifico obbligo, conferendogli il diritto di
risolvere il contratto, richiedere il rimborso del biglietto e l’eventuale risarcimento dei danni
subiti (art. 943, 2° co., c. nav.).
Sul fronte della tutela del passeggero nei riguardi di possibili errori di identificazione del vettore
che opera il volo dobbiamo dare atto che esistono sistemi telematici di prenotazione
(Computerised Reservations Systems, CRS), che rappresentano dei meccanismi in grado di
fornire ai clienti informazioni in tempo reale sulla disponibilità di servizi di trasporto aereo e
sulle tariffe agli stessi applicate, e che hanno consentito al contempo lo sviluppo dei voli in code
sharing, poiché hanno permesso di considerare i collegamenti tra voli operati in code sharing
come voli offerti da un unico vettore agli occhi del passeggero.
10
COLETTA, Il leasing di aeromobile, in MORANDI (coordinato da), Trasporto, cit., 118.
Sui sospetti di abusività della clausola di sostituzione del vettore contrattuale con il vettore di fatto si vedano le
considerazioni espresse da SEVERONI, Il code sharing, cit., 60, e più nello specifico da Z AMPONE, Trasporto aereo e
clausole vessatorie, in AA.VV., Il nuovo diritto aeronautico: in ricordo di Gabriele Silingardi, cit., 691 ss., spec.
722.
11
I contratti del code sharing
15
La disciplina attuale in materia di sistemi telematici di prenotazione12, preso atto della esigenza
di tenere sempre informato il passeggero sull’identità del vettore effettivo, dà facoltà a ciascun
vettore che opera un servizio di trasporto in code sharing di visualizzare il volo con il proprio
codice identificativo, cosicché il volo risulta visualizzato sia con il codice del vettore operativo
che con il codice del vettore marketing. Il reg. CE 80/09 autorizza infatti i vettori aerei che
operano in code sharing a figurare separatamente nel sistema di visualizzazione con il proprio
codice di designazione: «Quando vettori aerei operano nel quadro di accordi di code sharing,
ciascun vettore interessato – due al massimo – è autorizzato a figurare separatamente nella
visualizzazione usando il proprio codice di designazione del vettore. Se i vettori interessati sono
più di due, la designazione dei due vettori spetta al vettore che opera di fatto il volo» (punto 10
dell’allegato I del reg. CE 80/09). Il Regolamento riproduce inoltre l’obbligo di identificare il
vettore che opera di fatto il volo agli occhi dei passeggeri (punto 5 dell’allegato al reg. CE 80/09)
e dispone che «Se i voli sono operati da un vettore diverso da quello contraddistinto dal codice di
designazione del vettore, il vettore che opera di fatto il volo deve essere chiaramente identificato.
Tale obbligo è applicabile in tutti i casi, ad eccezione degli accordi ad hoc a breve termine». Per
ciò che concerne più da vicino gli aspetti pubblicistici dell’accordo in analisi, la normativa
comunitaria di riferimento è data dal Regolamento del Consiglio 24 settembre 2008, n. 100813,
sui servizi aerei all’interno della Comunità Europea, che disciplina la concessione della licenza
di esercizio per l’attività aerea di linea in ambito comunitario. Il Regolamento contiene
specifiche previsioni sull’eliminazione delle restrizioni, ancora presenti, all’utilizzo del code
sharing, nei rapporti tra Stati membri e sulle rotte verso paesi terzi. Occorre infatti considerare
che la concreta esecuzione di un volo in code sharing presuppone, in linea teorica, la sussistenza
di specifiche autorizzazioni da parte dello Stato capolinea per la rotta considerata. Com’è noto,
infatti, gli Stati mantengono tradizionalmente ogni prerogativa sullo spazio aereo sovrastante il
territorio nazionale14, e subordinano a tutt’oggi la concessione delle libertà commerciali per i
traffici di linea al rilascio di un’autorizzazione preventiva mediante la conclusione di accordi
bilaterali con l’altro Stato capolinea interessato ad una determinata rotta. La situazione diviene
ancora più problematica se si considera che spesso i vettori partner del code sharing hanno
nazionalità diversa da quella dello Stato verso cui il volo è effettuato, e che uno dei due vettori,
ad esempio il vettore marketing, può non avere un diritto di traffico sul territorio dello Stato
considerato. Al riguardo, il reg. CE 1008/08 è stato adottato con la specifica finalità di eliminare
ogni restrizione ancora presente negli accordi aerei bilaterali tuttora vigenti, in modo da
eliminare ogni discriminazione in materia di code sharing da parte di vettori aerei comunitari su
collegamenti verso paesi terzi che prevedono scali in altri Stati membri. Il Regolamento in
analisi intende infatti «rimuovere le restrizioni ancora esistenti applicate tra gli Stati membri,
quali le restrizioni relative al code sharing sulle rotte verso i Paesi terzi» (decimo Considerando).
Pur nel rispetto della normativa sulla concorrenza, l’attuale art. 15, 4° co., reg. CE 1008/08 mira
inoltre a consentire ai vettori comunitari, per i servizi intracomunitari, di stipulare liberamente
accordi di code sharing: «Nell’effettuazione dei servizi aerei intracomunitari, ai vettori aerei
della Comunità è consentito di combinare più servizi aerei e di stipulare accordi di code sharing
fatte salve le norme comunitarie in materia di concorrenza che si applicano alle imprese».
Il processo di liberalizzazione nella stipulazione di contratti di code sharing tra vettori
comunitari è reso possibile anche dall’abrogazione delle limitazioni ancora contenute negli
accordi bilaterali tra Stati membri: «sono abrogate tutte le limitazioni alla libertà dei vettori aerei
12
Ci si riferisce al reg. CE, 19 gennaio 2009, n. 80, in G.U.U.E., 4 febbraio 2009, serie L 35.
Il reg. CE, 24 settembre 2008, n. 1008, ha sostituito i precedenti Regolamenti, nn. 2407, 2408 e 2409 del 1992
(c.d. terzo pacchetto di liberalizzazione del trasporto aereo comunitario) e dispone norme comuni per la prestazione
di servizi aerei nella Comunità europea. Sulla disciplina attuale sul code sharing contenuta nel recente reg. CE,
1008/08 si vedano le considerazioni di MASUTTI, Il diritto aeronautico, cit., 311.
14
La Convenzione di Chicago sull’aviazione civile internazionale del 1944 ha affermato il principio della piena ed
esclusiva sovranità degli Stati sullo spazio sovrastante il proprio territorio nazionale (art. 1). Ne consegue che è il
singolo Stato ad autorizzare il riconoscimento delle libertà dell’aria intese come libertà commerciali per i servizi
aerei registrati secondo una prassi consolidata di accordi bilaterali tra Stati capolinea.
13
16
Cecilia Severoni
comunitari di prestare servizi aerei intracomunitari derivanti da accordi bilaterali tra gli Stati
membri» (art. 15, 4° co.).
Viene dunque assegnata piena libertà ai vettori aerei comunitari di stipulare accordi di code
sharing, pur nel rispetto delle regole sulla concorrenza, anche in virtù dell’abrogazione di tutte le
limitazioni alla libertà per gli stessi di fornire servizi aerei intracomunitari derivanti da accordi
bilaterali tra Stati membri.
Agli Stati membri comunitari rimane poi la facoltà di consentire che i vettori aerei comunitari
possano stipulare accordi di code sharing con qualsiasi altro vettore anche verso aeroporti di
paesi terzi: «In deroga alle disposizioni contenute negli accordi bilaterali fra Stati membri, e fatte
salve le norme comunitarie in materia di concorrenza applicabili alle imprese, gli Stati membri
interessati consentono ai vettori aerei comunitari di combinare servizi aerei e di stipulare accordi
di code sharing con qualsiasi vettore aereo sui servizi aerei verso, da e attraverso qualsiasi
aeroporto del loro territorio da o verso qualsiasi punto nei paesi terzi». Tuttavia, lo Stato membro
può riservarsi il diritto di imporre limitazioni alla stipulazione di accordi tra vettori comunitari ed
extracomunitari se non sussistono condizioni di reciprocità: «Nell’ambito dell’accordo bilaterale
in materia di servizi aerei con il paese terzo interessato, uno Stato membro può imporre
limitazioni sugli accordi di code sharing tra vettori aerei comunitari ed extracomunitari specie se
il paese terzo interessato non consente analoghe opportunità commerciali ai vettori aerei
comunitari che operano dallo Stato membro interessato. Nel far ciò, gli Stati membri assicurano
che le limitazioni imposte in virtù di tali accordi non limitino la concorrenza e siano non
discriminatorie tra vettori aerei comunitari e che non siano più restrittive del necessario» (art. 15,
5° co., reg. cit.). Per ciò che concerne, infine, la previsione di accordi di code sharing tra vettori
comunitari e vettori statunitensi, gli Stati Uniti, da un lato, e la Comunità Europea ed i singoli
Stati membri, dall’altro, hanno raggiunto un accordo open skies sul trasporto aereo che consente
ai vettori delle due parti (Stati Uniti e Stati membri) di stipulare accordi di code sharing, non
solo tra sé, ma anche con vettori aerei di un paese terzo, per servizi da eseguirsi nei rispettivi
territori, a condizione che i partecipanti all’accordo di code sharing possiedano le necessarie
autorizzazioni e rispettino le normative disposte dai rispettivi Stati (art. 10, 7° co., dell’accordo
US-EU15).
5. La qualificazione dell’accordo di code sharing
15
Accordo sui trasporti aerei, in G.U.U.E. 25 maggio 2007, serie L 134, 4. I punti fondamentali dell’accordo, che si
pone in un’ottica di ulteriore liberalizzazione del traffico aereo, sono indicati dal Foglio informativo dell’US
Department of State, Bureau of Economic, Energy and Business Affairs, 9 marzo 2007 dal titolo U.S.-EU Air
Transport Agreement-Open Sky Plus, nella autorizzazione per tutti i vettori dei Paesi comunitari e per i vettori
statunitensi a: 1) operare tra ogni città della Comunità europea ed ogni città degli Stati Uniti; 2) effettuare servizi di
trasporto aereo senza limitazioni di numero di voli, aeromobili e rotte; 3) stabilire tariffe secondo le richieste del
mercato; 4) concludere accordi di cooperazione tra vettori quali in primo luogo code sharing, franchising e leasing.
Il primo punto segna un importante passo avanti nel processo di liberalizzazione dei servizi aerei a favore dei vettori
comunitari, poiché permetterà loro di effettuare servizi aerei da ogni città dell’Unione Europea verso gli Stati Uniti,
e non più solamente dalle città dello Stato di bandiera del vettore, come accadeva in base gli accordi bilaterali finora
esistenti. Mentre finora, ad esempio, i vettori britannici o francesi potevano effettuare voli verso gli Stati Uniti che
partissero o comunque fossero connessi con servizi rispettivamente in Gran Bretagna o in Francia, in base al nuovo
Open Sky Plus tra Stati Uniti da un lato e Comunità europea e Stati membri dall’altro, ogni vettore, attualmente
presente o da costituire, può effettuare servizi da ogni punto nell’Unione Europea in base ad esigenze legate
solamente ad indicazioni di carattere economico ed a strategie commerciali. Il venire meno della clausola di
nazionalità o di proprietà – che imponeva allo Stato partner degli Stati Uniti di riservare le rotte verso questi ultimi
alle compagnie aeree designate dallo Stato a condizione che le stesse fossero di proprietà o sotto il controllo – apre
dunque un nuovo scenario di acquisizioni e di alleanze ai vettori comunitari, senza il pericolo, come era avvenuto
fino ad oggi, di dover rinunciare ai diritti di traffico verso gli Stati Uniti.
I contratti del code sharing
17
Sul problema della qualificazione del contratto di code sharing sono individuabili differenti
orientamenti della dottrina italiana, che ricostruiscono lo stesso alternativamente come contratto
di trasporto o invece come contratto di noleggio o più in generale come appalto di servizi.
Nel primo gruppo s’inserisce l’orientamento che ha di recente escluso la configurazione del code
sharing come contratto di noleggio in base alla considerazione che nel noleggio in genere
risultano distinte la figura dell’esercente (owner) da quella dell’utilizzatore dell’esercizio nautico
(charterer), mentre nello schema del contratto di code sharing entrambe le compagnie coinvolte
risulterebbero esercenti la linea aerea operata in comune16. L'Autore richiamato, cui si affianca la
più recente dottrina17, ricostruisce il rapporto che lega i due vettori (vettore operativo e vettore
marketing) in termini di subtrasporto che accede ad un contratto di trasporto tra vettore
marketing e passeggero per l’esecuzione del trasferimento del passeggero stesso.
La menzionata ricostruzione del contratto di code sharing in termini di subtrasporto, ha il pregio
di connotare la prestazione del vettore operativo nei termini esatti di obbligo di trasferire i
passeggeri del vettore marketing; non chiarisce però perché il code sharing non segua, ma al
contrario preceda la successiva stipulazione di contratti con i passeggeri del vettore marketing,
rappresentando nei fatti un accordo di carattere generale tra due vettori avente ad oggetto
l'esecuzione di una pluralità di voli per una o più stagioni IATA, al fine di trasferire i passeggeri
che il vettore marketing dovrà indicare, nonché i passeggeri del vettore operativo. La
ricostruzione nei termini di subcontratto dovrebbe infatti presupporre che un contratto di
trasporto con il passeggero è già stato stipulato, e che la sua esecuzione viene assegnata causa
solvendi ad un altro vettore.
Per un recente orientamento, peraltro18, non sarebbe neppure configurabile un subtrasporto nel
trasporto di persone, poiché nel trasporto di persone il rapporto giuridico si presenta tra un
vettore ed un passeggero che assume la funzione di parte del contratto e di oggetto del
trasferimento. Secondo la menzionata ricostruzione il vettore contraente non può assumere la
qualità di subpasseggero, né il vettore effettivo assume l’obbligo di trasferimento e di vigilanza
verso il vettore contraente, che non ha in nessuna fase la posizione di oggetto del trasferimento.
Il vettore effettivo assume invece l’obbligo di trasferimento ed il connesso obbligo di protezione
nei confronti del passeggero nel caso che si configuri lo schema del contratto di trasporto, mentre
se il legame giuridico che lo impegna nei confronti del vettore marketing è sussumibile sotto lo
schema del noleggio viene meno per il vettore operativo l’obbligo di protezione e di
trasferimento nei confronti del passeggero. L'orientamento menzionato ricostruisce il code
sharing in termini di contratto di noleggio o invece di appalto in ipotesi di accordi più complessi,
in relazione alle differenti tipologie di accordo presenti nella pratica.
In relazione alla tematica in oggetto, riteniamo che debba escludersi che si tratti d’ipotesi di
subtrasporto tra un precedente contratto di code sharing ed un successivo contratto di trasporto
tra vettore marketing e passeggero. Si ritiene infatti che la fattispecie qui analizzata non preveda
che le vicende di uno dei due rapporti, con oggetto solo in parte coincidente, possano interferire
con le vicende dell'altro19.
16
BUSTI, Contatto di trasporto aereo, cit., 576. Il rilievo riteniamo voglia chiarire che il volo operato in code
sharing non è a servizio esclusivo del vettore marketing, venendo invece impiegato da entrambe le parti per
trasportare propri passeggeri. Tuttavia, non si può dimenticare al riguardo che chi di fatto opera il volo è solo uno
dei due vettori stipulanti, mentre il vettore marketing, che agli occhi del passeggero figura come vettore contrattuale,
provvede alla sola commercializzazione dei posti allo stesso assegnati.
17
Così ANTONINI, Corso di diritto dei trasporti, cit., 177; FRANCHI, Gli accordi di code sharing tra vettori aerei,
cit., 1013; TOSORATTI, Gli accordi tra vettori aerei, in LO BIANCO, Compendio di diritto aeronautico, cit., 182, che
riporta i due inquadramenti sopra prospettati; C OLANGELO, Gli accordi di code sharing, in MORANDI (coordinato
da), Trasporto, cit., 121 e 126; conforme a quest’ultimo Autore anche P IPPIA, Gli accordi di code sharing, in Dir.
turismo, 2007, 113 e 121.
18
TULLIO, Contratto di noleggio, cit., 277.
19
La giurisprudenza ritiene infatti che «caratteristica del collegamento negoziale è la reciproca riversione degli
effetti di un contratto sull'altro, che si estende non soltanto all'invalidità, ma ad ogni altra vicenda, compresa quella
sospensiva, idonea a incidere nella fase esecutiva ed attuativa del complesso regolamento contrattuale, inscindibile
nella volontà delle parti»: Coll. arb., 3 ottobre 1991, in Dir. e giur., 1992, 601.
18
Cecilia Severoni
In altri termini, l’invalidità del contratto di code sharing non potrà ripercuotersi sul contratto di
trasporto del passeggero, né viceversa l'invalidità, la risoluzione, ecc. di quest'ultimo può avere
effetti sul contratto di code sharing. Né si può, inoltre, asserire che il code sharing rappresenti
un’ipotesi di subtrasporto derivante dal contratto di trasporto tra vettore marketing e passeggero
(contratto base), atteso che si presenta come accordo generale antecedente la stipulazione di
futuri contratti di trasporto tra vettore marketing e passeggeri20. Al riguardo risulta di ostacolo
alla citata ricostruzione, oltre alla considerazione che i due contratti hanno un oggetto in parte
differente, la valutazione della scansione temporale che vede sempre precedere la stipulazione
del contratto di code sharing alla conseguente stipulazione, in esecuzione dello stesso, dei
contratti di trasporto con i passeggeri del vettore marketing.
La disamina del contenuto delle prestazioni delle parti nei contratti di code sharing,
sintetizzabile nel contenuto del contratto, indicato come oggetto del contratto qualificato da un
causa, ci consente di rimarcare le affinità rispetto all'oggetto del contratto di trasporto, inteso
come obbligo di trasferire un passeggero determinato o determinabile verso un corrispettivo, cui
consegue l'obbligo di protezione dello stesso. L'oggetto della prestazione del vettore operativo si
presenta, infatti, come obbligo d’immettere il vettore marketing nella disponibilità di una serie di
posti sull’aeromobile (che eseguirà il trasporto anche nei riguardi dei passeggeri del vettore
operativo) e contestualmente come obbligo di trasferire il passeggero, che il vettore marketing
vorrà designare, sulla rotta operata. Al riguardo, è già emerso in precedenza che oggetto
precipuo della prestazione del vettore operativo è l’obbligo di mettere a disposizione dell’altra
parte una certa capacità di posti, che può risultare direttamente dal contratto (block space),
oppure venire determinata entro il termine ultimo di notifica della chiusura delle vendite,
secondo le richieste e le esigenze del vettore marketing (free flow). Le clausole contrattuali
disponibili nella pratica uniformemente prevedono infatti che «ciascun vettore operativo fornirà
al vettore marketing su ognuno dei voli operati nell’ambito del presente contratto il numero dei
posti che saranno periodicamente concordati e specificamente indicati negli annessi stagionali»
oppure, in ipotesi di intercambiabilità delle rispettive posizioni, che «le parti (…) si obbligano,
ciascuna sui propri aeromobili, a rendere disponibili all’altra parte dei posti». Il contenuto della
prestazione del vettore operativo non si esaurisce, tuttavia, nell’obbligo di mettere a disposizione
del vettore marketing una quantità di posti, ma è costantemente completato dall’obbligo di
operare il volo indicato, anche a favore dei passeggeri del vettore marketing: «il vettore
operativo fornirà ed opererà gli aeromobili che effettueranno i servizi oggetto del presente
contratto nelle idonee condizioni di operatività ed aeronavigabilità, nonché gli equipaggi e le
attrezzature adeguati, che rimarranno sotto il diretto controllo tecnico/operativo del vettore
operativo». Dall’affermazione qui riportata risulta chiaro che l'operatività dell'aeromobile non è
mai fine a sé stessa, ma, al contrario, gli aeromobili individuati «effettueranno i servizi» oggetto
del contratto di code sharing, cioè trasferiranno contestualmente passeggeri del vettore operativo
ed anche del vettore marketing. In altri termini, il trasferimento dell'aeromobile avviene per
intero; in più, in virtù del contratto in analisi, viene messa a disposizione di un altro vettore una
parte dello stesso. Ma la messa a disposizione del mezzo di trasporto non è mai neutra, bensì è
finalizzata al trasferimento di persone.
In questo senso chi opera il volo, e trasferisce di conseguenza i passeggeri, è uno solo dei due
vettori contraenti. In altri termini, si mantiene netta la posizione dell’esercente, che mantiene il
controllo dell’aeromobile («il vettore operativo sarà responsabile del controllo totale della
20
Al riguardo la dottrina (ROPPO, Il contratto, Milano, 2001, 600) afferma che «il subcontratto implica un
preesistente diverso contratto (contratto base)». Parimenti B IANCA, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1987, 691
ritiene che «il subcontratto può essere definito come il contratto mediante il quale una parte reimpiega nei confronti
di un terzo la posizione che gli deriva da un contratto in corso, detto contratto base». Per BUSTI, Contratto di
trasporto terrestre, Milano, 2007, 113, il subtrasporto è da intendersi come «l’unitaria risultante di due distinti
contratti di trasporto, di cui il secondo stipulato autonomamente dal vettore, originario e contraente, in proprio nome
ed interesse, con un altro soggetto per l’esecuzione dell’intero trasporto o di una frazione di esso, in favore
dell’identico, sostanzialmente e giuridicamente, destinatario delle merci, o del passeggero». Per un maggiore
approfondimento di questo tema si rinvia in ogni caso a SEVERONI, Il code sharing, cit., 127 ss.
I contratti del code sharing
19
capacità disponibile sugli aeromobili») ed assume oneri e costi di revisione, riparazione e
manutenzione dell’aeromobile che effettua il servizio di volo in code sharing.
Il code sharing rappresenta inoltre un’ipotesi di contratto a titolo oneroso stipulato tra due
vettori, ma con effetti giuridici prodotti a favore di un terzo, legato al soggetto stipulante da un
sottostante rapporto contrattuale (contratto di trasporto), in relazione all’interesse dello stipulante
a consentire il trasferimento del proprio passeggero da un luogo ad un altro, verso un
corrispettivo. In questi termini lo schema in analisi può essere ricondotto alla figura generale del
contratto a favore di terzo, in cui però il diritto del terzo passeggero ad essere trasportato,
acquisito in virtù di un separato contratto di trasporto, trova attuazione per effetto dell'esecuzione
del contratto di code sharing. Si avranno, pertanto, due distinti rapporti contrattuali, ovvero un
rapporto di provvista tra promittente e stipulante (rispettivamente vettore operativo e vettore
marketing), in cui la prestazione del promittente trova la sua giustificazione causale all’interno
del rapporto stesso, ed un autonomo rapporto di valuta, dato dal contratto di trasporto tra vettore
marketing e passeggero, in cui l’interesse è dato da una prestazione che il primo rende, a mezzo
dell’operato del vettore promittente, nei confronti del passeggero terzo, verso una
controprestazione di quest’ultimo sorta dallo stesso distinto rapporto.
Il complesso schema che scaturisce dalla stipulazione di un contratto di code sharing risulta,
dunque, sorretto dall’interesse del vettore marketing stipulante a che il passeggero-terzo acceda
al servizio di trasporto effettuato dal vettore operativo, interesse che si concretizza nella
stipulazione di successivi contratti di trasporto con propri passeggeri, verso i quali il vettore
operativo effettua la propria prestazione. Il terzo passeggero acquista un diritto ad essere
trasportato dal vettore operativo. A tal riguardo i vari contratti esaminati, chiariscono in primo
luogo che il servizio di trasporto reso nei confronti del passeggero debba essere esatto e
puntuale: nel caso di ritardo, infatti, «il vettore operativo (...) dovrà provvedere alla sistemazione
alberghiera, ai pasti ed al trasporto dei passeggeri di entrambi i vettori», così come, in caso di
cancellazione di voli con meno di ventiquattro ore di preavviso, o di dirottamento su altri
aeroporti o interruzione dei voli «il vettore operativo (...) porrà in atto tutte le azioni necessarie
per trasportare i passeggeri a destinazione»; lo stesso risponderà per «any liability for the
services on the routes in relation to (...) claims or actions for delay and cancellation in the
carriage of passengers and/or baggage», restando inteso, sotto altro profilo, che il vettore
operativo «si assume ogni e qualsiasi responsabilità derivante da (...) danni ai passeggeri, bagagli
trasportati», impegnandosi a sollevare e tenere indenne «il vettore marketing, i suoi agenti e
preposti da qualsiasi reclamo, azione, pretesa comunque avanzati in relazione ed in conseguenza
dei citati danni». Dunque, il contratto prevede un obbligo a carico del vettore operativo di
eseguire esattamente la prestazione indicata nei confronti del passeggero del vettore marketing
trasportato, che, inoltre, in virtù del menzionato richiamo alla disciplina sul contratto di trasporto
prevista dalle convenzioni internazionali (segnatamente dalla Convenzione di Montreal del 1999,
agli artt. 39 ss.) e dalle condizioni generali di trasporto applicabili, potrà adire lo stesso vettore
operativo a tutela del proprio diritto. Il terzo, a cui viene comunicato che il trasporto sarà
effettuato da un vettore differente dal vettore marketing, acquista nei confronti del primo il
diritto ad essere trasferito nei tempi convenuti, il diritto ad usufruire dei servizi accessori (pasti,
bevande, ecc.) ed il diritto ad essere protetto per tutta la durata del servizio; lo stesso può agire,
ove il suo diritto venga leso dal contegno del vettore operativo, direttamente nei confronti di
quest’ultimo, che si assume ogni responsabilità non solo per ritardo o cancellazione del volo, ma
anche per danni occorsi al passeggero o al suo bagaglio nell’esecuzione del trasporto, secondo le
previsioni dei contratti di code sharing esaminati21.
21
Delle conseguenze di questa ricostruzione non è possibile in questa sede dar conto. Per approfondimenti sulla
configurazione del code sharing come contratto di trasporto a favore di terzo si fa rinvio a SEVERONI, Il code
sharing, cit., 145 ss.
20
Cecilia Severoni
6. Code sharing ed effetti antitrust nell’ordinamento interno. Riflessi sulla assegnazione
degli slot
Gli accordi di code sharing rappresentano una grande opportunità per le compagnie aeree di
espandere la propria presenza sul mercato, con una contestuale riduzione dei costi di esercizio ed
un potenziale ampliamento dell’offerta di servizi di trasporto aereo. Tuttavia, deve essere dato
atto che gli accordi in esame si presentano come accordi orizzontali, potendo formare oggetto di
accordo tra imprese che si situano allo stesso livello del mercato, e sono pertanto in grado di
falsare potenzialmente il settore del trasporto aereo con una politica di concentrazione e di
predeterminazione dei prezzi che può portare all’esclusione degli altri operatori sulle singole
tratte operate in code sharing. Ciò produce effetti anticoncorrenziali per i quali si pongono
problemi di conciliabilità con la disciplina antitrust dei vari ordinamenti nazionali22.
Nel nostro ordinamento gli accordi di code sharing rappresentano delle intese rilevanti ai sensi
dell’art. 2, 1° co., l. 10 ottobre 1990, n. 287, come accordi orizzontali in grado di ridurre
potenzialmente la concorrenza tra i vettori coinvolti in virtù di apposite clausole di
coordinamento commerciale, quali le clausole che incidono sulla fissazione coordinata delle
frequenze e degli orari dei voli o le clausole di ripartizione dei posti disponibili (free flow, give
back o soft block space, hard block)23.
La presenza di effetti anticoncorrenziali è, d’altro canto, bilanciata dal riscontro di benefici
effetti per i consumatori nelle ipotesi in cui il maggiore coordinamento commerciale si traduca
contestualmente nell’attivazione di nuovi servizi maggiormente coordinati o nella diminuzione
dei costi con ricadute benefiche in termini di tariffe più basse. La ricaduta in termini di effetti
favorevoli per i consumatori non consente una valutazione negativa a priori dell’accordo in
parola, che deve invece essere valutato nella sua specificità, ovvero caso per caso, in relazione al
suo oggetto o agli effetti che produce nel mercato24.
Sotto altro profilo, gli accordi di code sharing possono in astratto avere un effetto
anticoncorrenziale anche nelle procedure di assegnazione degli slot nei singoli aeroporti che
presentano una situazione di contingentamento e che pertanto necessitano di apposito
coordinamento da parte dell’Assoclearance (Associazione italiana gestione clearance e slot),
l’autorità preposta all’assegnazione degli slot. In questa materia è intervenuto l’attuale
regolamento CE, 21 aprile 2004, n. 793, di modifica del precedente regolamento in materia di
norme comuni per l’assegnazione delle bande orarie negli aeroporti della Comunità.
22
Sul problema degli effetti anticoncorrenziali del code sharing ai sensi della disciplina comunitaria si rinvia a
SEVERONI, Il code sharing, cit., 216 ss.
23
La normativa nazionale antitrust considera, infatti, intese tra gli altri «gli accordi e/o pratiche concordati tra
imprese» (art. 2, 1° co.) e dispone il divieto di predisporre intese restrittive della libera concorrenza «che abbiano
per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza
all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante» (art. 2, 2° co.).
24
La rilevanza dell’accordo di code sharing sotto il profilo della disciplina antitrust è stata oggetto di una serie di
pronunce del giudice amministrativo in relazione a posizioni di intese segnalate dall’Autorità garante per la
concorrenza ed il mercato, tra cui il provvedimento dell’Autorità Garante per la concorrenza ed il mercato n. 6793 in
Bollettino n. 2 del 1° febbraio 1999, 5. Il menzionato provvedimento ritiene che l’illiceità delle intese valutate debba
essere rilevata sulla base del riscontro di specifici accordi di coordinamento commerciale tra i vettori interessati
all’accordo, individuabili ad esempio nella programmazione coordinata degli orari e dei giorni dei voli operati in
comune e nella ripartizione predeterminata dei posti disponibili: tale scelta delle fasce orarie rappresenta per
l’Autorità Garante «uno degli strumenti concorrenziali utilizzati dai vettori», cosicché «il coordinamento
determinato dagli accordi di code sharing è suscettibile di alterare la concorrenza sulle rotte interessate». Avverso il
provvedimento in analisi si sono espresse C. Stato, sez. VI, 18 dicembre 2002, n. 7028 in Dir. trasp., 2004, 155, con
nota di LO BOSCO, Code sharing e concorrenza, ed in primo grado T.A.R. Lazio, 7 settembre 1999, in TAR, 1999, I,
3749, che aveva ritenuto che la criticata posizione dell’Autorità garante «si risolva in un addebito di illiceità
dell’accordo di condivisione dei codici a causa della mera esistenza dell’accordo stesso, che pertanto è ritenuto, in
quanto tale, ostativo o riduttivo della concorrenza, in contrasto con la premessa (…) che se ne dovesse accertare in
concreto la lesività del principio tutelato dalla legge». Conformi al giudizio espresso dal giudice amministrativo
sono i provvedimenti dell’AGCM del 24 ottobre 2002, n. 11330, in Boll. n. 43 del 2002 ed il conseguenze
provvedimento di chiusura dell’istruttoria del 10 luglio 2003, n. 12185, in Boll. n. 28 del 2003.
I contratti del code sharing
21
Ad ovviare alla situazione di sperequazione prodotta dal ricorso ai criteri di assegnazione delle
bande orarie previsti dalla precedente regolamentazione in materia, che assegnava gli slot ai
singoli vettori aderenti all’accordo considerati come titolari di licenza di esercizio,
indipendentemente da forme di concentrazione instaurate tra gli stessi, l’art. 2, lett. g) del nuovo
testo normativo prevede attualmente una definizione di «gruppo di vettori aerei» relativa
all’ipotesi che due o più vettori provvedano «ad operazioni in comune, in franchising o in code
sharing, al fine di operare uno specifico servizio aereo». Nella ipotesi di servizio operato da un
gruppo di vettori aerei l’art. 10, (° co., nella nuova formulazione dispone che «solo uno dei
vettori aerei associati può far domanda delle bande orarie necessarie», mentre le bande orarie
assegnate al singolo vettore aereo possono essere utilizzate dagli altri vettori aerei associati, a
condizione che il codice del vettore aereo a cui gli slot risultano assegnati continui a
contraddistinguere il volo per finalità di coordinamento e di controllo. Infine, al termine
dell’esercizio in comune dell’attività gli slot restano di pertinenza del vettore cui erano assegnati.
Scarica