IN CORSO DI PUBBLICAZIONE SU BULLETTINO SENESE DI STORIA PATRIA, 116, 2009 RICCARDO PIZZINELLI, DUCCIO PASQUI, ANTONIO SIGILLO, Rilievi ottocenteschi delle architetture rinascimentali di Montepulciano, introd. Di Marco Bini, Siena, Thesan e Turan, 2008, pp. 141 Il volume, che fa parte della collana editoriale della Società storica poliziana, si presenta interessante non solo per il contenuto ma anche perché fornisce una interpretazione sul successo “critico” e turistico, sull’immagine che oggi abbiamo di Montepulciano, localmente definita “perla del Cinquecento”: il motivo di questo successo penso debba essere inteso non tanto per la struttura urbanistica e per le singole architetture, pur pregevoli entrambi, ma, in particolare e soprattutto per la presenza di quella perla dell’architettura rinascimentale che è il tempio di San Biagio, che a buon ragione Riccardo Pizzinelli definisce come una dei più noti edifici a pianta centrale del Rinascimento. Sappiamo che una delle ricerche architettoniche più impegnative di questo periodo è stata quella sugli edifici a pianta centrale come espressione spaziale della centralità dell’uomo, del suo essere protagonista della storia e dell’arte, di fronte a Dio, non in alternativa od opposto come sarà per gran parte della cultura e della scienza dei secoli successivi. La tematica della chiesa a pianta centrale si sviluppa anche per la forte simbologia cristiana di questo modello: mentre la pianta longitudinale significa il progressivo cammino verso Dio, quella centrale, dove prevale la dimensione verticale, significa l’immersione, il rapimento mistico in Dio, con l’occhio guidato verso l’alto dalla cupola e dalla luce della lanterna. Tutti i più grandi architetti del Quattrocento e del Cinquecento rifletteranno e si eserciteranno su questo tema, partendo dalla riscoperta degli antichi edifici romani, in particolare il Pantheon, il tempio di Minerva Medica e i ninfei, e delle architetture cristiane antiche come Santa Sofia di Costantinopoli o i battisteri: ricordo quelli bizantini di Ravenna e il classicheggiante, seppur romanico, battistero di Firenze. Pensiamo alle esperienze pionieristiche di Filippo Brunelleschi, la sacrestia vecchia di San Lorenzo, la cappella Pazzi a Santa Croce, la non finita Rotonda, alla stessa immensità della cupola della cattedrale fiorentina, sorretta da tre grandiose esedre che fanno del duomo un felice innesto fra tipologie architettoniche diverse fra loro, la pianta longitudinale e la pianta centrale. Pensiamo al grande teorico dell’architettura Leon Battista Alberti, alle esperienze di Michelangelo, del Bramante, di Giuliano e di Antonio da Sangallo; al tentativo, che tale rimane, di pensare la nuova S. Pietro come enorme edificio a pianta centrale, forse con riferimenti alla costantinopolitana Santa Sofia, trasformata in moschea dopo l’occupazione ottomana. Giustamente Riccardo Pizzinelli (p. 24) ipotizza l’inserimento del tempio poliziano all’interno del dibattito della elite architettonica sulla ricostruzione di San Pietro, “quasi che San Biagio possa aver rappresentato una sorta di ‘modello’ in scala gigante della più grande basilica della cristianità”. Pizzinelli mette in evidenza come il ridottissimo lasso di tempo fra il miracolo, che fornisce al Comune e ai poliziani l’input per la costruzione della nuova chiesa, e l’inizio del lavori (pochi mesi, dalla tarda primavera all’autunno del 1518) induca a pensare che il Sangallo “abbia potuto utilizzare una progettazione già avviata, almeno schematicamente, o abbia applicato sul campo una ipotesi costruttiva concepita su modello teorico” (p. 23). Sappiamo che tanta riflessione sulla pianta centrale, come del resto quella sulla città ideale, si tradusse in pochi seppur importanti esempi, perché la pianta centrale non è la più idonea come chiesa, crea problemi non solo statici ma anche funzionali, per accogliere il popolo o per l’acustica. San Biagio, appunto, è una delle più significative e importanti realizzazioni a pianta centrale dell’Umanesimo e del Rinascimento. La dimensione verticale prevale all’esterno, con l’alta cupola e il campanile, che si eleva per 47 m circa, come un grattacielo di 16 piani, e all’interno, accentuata dalle scanalature della cupola che guidano l’occhio verso la luminosa lanterna. Il volume potrebbe essere definito come un volume su San Biagio, con una appendice su altre pur nobili e belle architetture rinascimentali, in particolare palazzi, poliziani: a San Biagio sono dedicati ben 41 disegni, più otto alla Canonica, metà delle pagine del libro, indici e introduzioni comprese. Ma veniamo all’impostazione del libro. Il testo è un volume di architettura e l’architettura è una organizzazione dello spazio per l’uomo e per la società. Il protagonista del libro è il disegno di rilievo, eseguito da vari autori e per scopi diversi, ma sostanzialmente riconducibili a due: abbiamo un disegno di studio, per la comprensione dell’opera, dei suoi principi distributivi e decorativi, delle intenzioni del progettista e della varianti eseguite in corso d’opera o nel tempo. Questo fine prevale nei rilievi ottocenteschi, da inserirsi nella cultura dell’accademia e nell’architettura eclettica del periodo. Per Montepulciano ricordo, in particolare, l’album stampato a Firenze nel 1829 con i disegni di Giuseppe Lussino, fortunosamente ritrovato e acquistato dalla fondazione della Biblioteca Calamandrei in una libreria antiquaria di Mantova. O l’album di André Lambert del 1884, stampato a Stuttgart nel 1884. Esiste poi un disegno di rilievo finalizzato al ripristino o al restauro dell’edificio, finalità che prevalgono nel secolo passato, con l’istituzione e la crescente organizzazione delle Soprintendenza per la tutela dei beni artistici e architettonici: abbiamo un interessante esempio nei rilievi del tempio di San Biagio eseguiti nel 1928 e conservati nell’archivio della Soprintendenza per i beni architettonici di Siena. Il libro si apre con un saggio di Marco Bini, professore di Restauro dei monumenti all’Università di Architettura di Firenze, che propone una rivisitazione del disegno architettonico e delle sue funzioni, dalla scoperta della prospettiva scientifica codificata dal Brunelleschi alle nuove tecniche di scanner laser, passando per le novità del Settecento che codificano le proiezioni ortogonali e la geometria descrittiva. Seguono le schede architettoniche, curate da Riccardo Pizzinelli, che accompagnano e spiegano i designi di rilievo: oltre San Biagio e la sua Canonica abbiamo cinque schede di palazzi monumentali, palazzo Avignonesi storico, palazzo Avignonesi del ramo cadetto, palazzo Cocconi, detto del Pecora, palazzo Cervini e palazzo Nobili oggi Tarugi. Segue una scheda dedicata ad altri edifici monumentali: la chiesa di San’Agostino, il duomo, il Gesù e il palazzo del Monte. Duccio Pasqui e Antonio Sigillo propongono delle schede bibliografiche e documentarie sugli album o le pubblicazioni da cui sono tratti i rilievi e sui loro autori e su una relazione del capomastro Angelo Barchi del 1914, conservata presso l’archivio comunale. Carlo Prezzolini