Regione Toscana Diritti Valori Innovazione Sostenibilità Ugo e Lamberto Pignotti 6 giugno - 6 settembre Firenze, Museo Casa Siviero Coordinamento generale Regione Toscana, Settore Musei, Aree Archeologiche, Valorizzazione beni cutlturali, Cultura della Memoria Associazione Amici dei Musei Fiorentini Curatore della mostra Attilio Tori, Regione Toscana Organizzazione Roberto Santini, Associazione Amici dei Musei Fiorentini Ricerca d’archivio Angela Sanna Testi Ugo e Lamberto Pignotti di Angela Sanna Ugo e Lamberto Pignotti 6 giugno - 6 settembre 2009 Firenze, Museo Casa Siviero Museo Casa Rodolfo Siviero Ragionamenti con Lungarno Serristori, 1 Lamberto - Firenze Pignotti www.museocasasiviero.it di Attilio Tori [email protected] Prestatori delle opere Adriano e Lamberto Pignotti Grafica coordinata e stampa Centro stampa Giunta Regione Toscana Immagine di copertina Ugo Pignotti, Marina di Calambrone, (particolare) quarta di coperta Lamberto Pignotti, La storia continua, (particolare) Stampa giugno 2009 Regione Toscana Diritti Valori Innovazione Sostenibilità RODOLFO SIVIERO E UGO PIGNOTTI di Angela Sanna Oreste Zuccoli, Ritratto di Ugo Pignotti, 1939 c., olio su tela, cm 90x75 Collezione Adriano Pignotti La storia del sodalizio tra Rodolfo Siviero (1911-1983) e Ugo Pignotti (1899-1958) inizia a Firenze, intorno alla metà degli anni Trenta. Siviero, allora giovane critico d’arte e aspirante poeta, ancora lontano dal ruolo ufficiale che lo avrebbe portato, nel secondo dopoguerra, al recupero delle opere d’arte trafugate1, si lascia affascinare dalla pittura dell’esordiente Pignotti notandone la particolare attenzione rivolta alla natura e ai suoi paesaggi. In qualità di critico sensibile all’aspetto umano, oltreché culturale, degli artisti, Rodolfo avrà notato anche il temperamento benevolo e l’impegno di Pignotti, giunto alla pittura da autodidatta alternando l’arte con la sua professione di artigiano, e frequentando pittori, poeti, scultori, narratori e critici che a Firenze transitavano tanto negli studi di Via degli Artisti che in quelli del Conventino. Questo contesto, pullulante di iniziative, portò Pignotti a dialogare e a condividere attivamente le sue esperienze con un ambiente che, come ricorderà più tardi lo stesso Siviero, contava artisti come Alberto Caligiani, Giovanni Griselli, Mario Moschi, Giovanni Colacicchi, Dino Bausi, Silvio Pucci, Emilio Pozzi, Ugo Capocchini2, e ancora Oreste Zuccoli, Arnaldo Miniati, Mario Bucci, Ermanno Toschi, Francesco Pagliazzi e molti altri. In parallelo con le vicende di questi pittori e scultori si sviluppavano anche quelle, poetiche e letterarie, di personalità come Eugenio Montale, Alfonso Gatto, Alessandro Bonsanti, Romano Bilenchi, che circolavano nel milieu dei caffè fiorentini, come le Giubbe Rosse, frequentati tanto da Siviero quanto da Pignotti. È questo contesto ricco di sollecitazioni che permette all’artista di affacciarsi al mondo culturale della città e di partecipare a numerose manifestazioni collettive e personali, locali e non, documentate da una serie di recensioni e segnalazioni siglate da firme allora consuete della critica d’arte locale, da Aniceto Del Massa a Raffaello Franchi. In questa atmosfera, che tra le due guerre, nel clima del ‘ritorno all’ordine’, vedeva profilarsi un indirizzo artistico toscano, anche Siviero tenta di affermare le proprie scelte estetiche, sia come critico sia come collezionista 1 Per l’operato di Siviero in qualità di Ministro Plenipotenziario e capo della Delegazione per la Restituzione delle Opere d’arte cfr. L’arte e il nazismo. Esodo e ritorno delle opere d’arte italiane 1938-1963, a cura di M. Ursino, Firenze, Cantini Edizioni d’Arte 1984. 2 Cfr. R. Siviero, datt. inedito datato <<Roma - sabato 19 ottobre 1964 ore 3,30 del mattino>>, p. 11. 4 5 All’evento fa riferimento anche l’Inventario di casa Siviero che rimanda a un quadro con dedica, intitolato Paese, che, stando al documento, sarebbe stato donato dall’autore a Siviero dopo una sua conferenza sulla prima mostra di Pignotti “alla Società delle Belle Arti di Firenze”6. A questa mostra è correlato altresì uno scritto di Siviero dedicato alla pittura di Pignotti7, di cui non è stata ancora ritrovata la potenziale versione a stampa, e che costituisce di sicuro il discorso pronunciato dal critico in occasione dell’esposizione. Il testo, dove l’autore si cala nell’analisi poetica e formale della pittura dell’amico, costituisce una delle pochissime testimonianze scritte, e certo la più significativa, dei rapporti tra Siviero e Pignotti. In questo foglio, dal quale si evince la vicinanza umana e culturale tra il critico e il pittore, Siviero ammira in partiUgo Pignotti, Paese 1939 olio su tela, cm 91x118 Collezione Museo Casa Siviero esordiente3, privilegiando una produzione che elude i linguaggi modernisti di rottura a vantaggio della figurazione e del riesame della tradizione. Questo orientamento, esplicitato nella pur breve attività critica di Siviero, rappresentata in quel periodo dalla collaborazione al giornale “Il Bargello”, fra altre testate locali, lo porta a difendere, accanto ai nomi più assodati del panorama artistico, quali Ardengo Soffici, Felice Carena, Giorgio De Chirico, giovani creatori avulsi dagli ambienti ufficiali e per certi versi distanti dalle correnti allora in voga del ‘novecentismo’. Primo fra tutti Pignotti, che nel carnet di Siviero occupa fin dagli inizi un posto privilegiato. Tale interesse si concretizza specificamente nel 1936, in occasione di una mostra dell’artista alla Società delle Belle Arti di Firenze4, che Rodolfo presenta con una sostanziosa prolusione. Una breve segnalazione dell’evento apparsa su “L’Avvenire d’Italia” il 31 marzo 1936, informa che la presentazione di Siviero aveva “rivelato un artista quasi del tutto nuovo al pubblico”, destando l’attenzione di alcuni fra i “più noti artisti fiorentini e italiani”5. Ugo Pignotti, Paese 1936 olio su tela, cm 60x82 Collezione Museo Casa Siviero 6 Mss. Inventario dei mobili e degli oggetti di casa, 1956, p. 35, n. 202. Il documento è conservato presso l’archivio del Museo Casa Rodolfo Siviero di Firenze. 7 Il dattiloscritto, La mostra del pittore Ugo Pignotti alla Società di Belle Arti, è conservato nell’archivio di Adriano e Lamberto Pignotti, figli del pittore. Tale documento reca la dedica autografa “28 III 36 XIV all’amico Pignotti con cordialità e tanti auguri”. 3 La collezione di Siviero, ubicata nel Museo Casa Rodolfo Siviero, a Firenze, è raccolta e catalogata nei seguenti volumi: F. Paolucci, Catalogo del Museo Casa Rodolfo Siviero. La raccolta archeologica, Firenze, Olschki 2003; A. Sanna, Catalogo del Museo Casa Rodolfo Siviero di Firenze. La raccolta novecentesca, Firenze, Olschki 2003; A. Sanna, Catalogo del Museo Casa Rodolfo Siviero. Pitture e sculture dal Medioevo al Settecento, Firenze, Olschki 2006. 4 Mostra personale del pittore Ugo Pignotti, Società delle Belle Arti di Firenze, 28 marzo - 6 aprile 1936. 5 Adolfo (sic) Siviero alla Società di Belle Arti, “L’Avvenire d’Italia”, 31 marzo 1936, ritaglio, n.n. 6 7 Ugo Pignotti, Paesaggio con cascata, 1937 olio su tela, cm 74x96 Collezione Museo Casa Siviero colare l’ispirazione sofferta e malinconica che sottende l’intera poetica del compagno: “È l’uomo Pignotti, più che il pittore, chiuso in un intimo profondamente addolorato che si esprime in un tono grigio di razza fiorentina, pieno di poesia, senza quel sorriso fatto per la gente che non ha mai chiesto nulla alla vita”8. In questa sottile inquietudine, trasmessa al colore, Siviero ritrova anche “un senso leopardiano che ci porta a considerare le sensibilità pure di quest’uomo [...] La stessa toscanità altrove rende la nota del colore in un inverno che soffre sensibilizzato nello spasimo di un’anima”9. Parole, queste di Siviero, che trent’anni dopo sarebbero state rimembrate da Jolanda Pelagatti in un articolo in contrasto con l’opinione del critico, in cui si definisce la ‘tavolozza’ di Pignotti non “pessimistica, non è negazione di vita. Se mai è il Leopardi del Sabato del villaggio”10. Un guizzo di gioia, seppur diverso da quello evocato dalla Pelagatti, lo ritrova tuttavia anche Siviero notando, nei paesaggi del pittore, la vibrazione di un “verde freschissimo di campi di Toscana”, dove transitano, evocando “la vastità dell’anima”, dei “bianchi riottosi in cumuli di terra o di schiuma”11. Tali caratteri, scaturiti dal rapporto tra l’artista e la sua terra, estremamente sentito anche da Rodolfo, riflettono quanto il critico amava ritrovare nei paesaggi di Ugo Pignotti: la “tradizione nostra conservata più dall’istinto che da una scuola vera e propria”12. Con queste parole Rodolfo ribadiva il sentimento profondo della pittura di Pignotti risolta in un naturalismo semplice ed essenziale volto alla salvaguardia delle risorse pittoriche tradizionali. In questa riflessione si esplicita anche la sua predile8 Ivi, p. 1. 9 Ivi, pp. 2-3. 10 J. Pelagatti, Ugo Pignotti, in “Firme nostre”, dicembre 1966. 11 R. Siviero, datt. La mostra del pittore Ugo Pignotti, cit., pp. 1-2. 12 Ivi, p. 1. 8 zione per il genere preferito dallo stesso artista, il paesaggio, di cui Rodolfo, proprio in quegli anni, andrà a fregiare anche il primo nucleo della sua collezione novecentesca. La successione di acquisti di opere di Pignotti che contraddistingue questa parte della raccolta è documentata nell’inventario della famiglia Siviero13. Qui si legge che tra il 1936 e il 1937 Rodolfo ottiene in dono o acquista, con cifre comprese tra le cento e le duecentocinquanta lire, Paesaggio con cascate, Via San Vito, un ‘paesaggio’ non specificato, due Paesi, Villa la meridiana e infine la Selva oscura14, sulla quale torneremo più avanti. Tra il 1954 e il 1955 seguiranno altri acquisti di opere di Pignotti, non segnalate nell’inventario, ancora incentrate sulla campagna toscana e su Firenze. I paesaggi acquisiti da Siviero racchiudono tutto il significato della pittura di Pignotti, realizzata en plein air all’insegna di un rapporto diretto e vissuto con la natura. Nel Paesaggio del 1936, che inaugura il gruppo di sette dipinti di Pignotti confluiti nella collezione, l’ampia veduta evidenzia una tavolozza sobria ed essenziale, coerente con l’intonazione malinconica di certe opere “con ombre tristi di alberi: come spiriti malati”15, cui allude Rodolfo nel citato dattiloscritto del 1936. Il Paesaggio con cascata, del 1937, acquistato “dall’autore nel 1937 per lire duecentocinquanta”16, riflette ancora l’incontro tra le ricerche di Pignotti e le propensioni estetiche di Siviero. Questi, in quegli anni, e anche successivamente, è attratto da un tipo di paesaggio toscano vicino alla lezione dei macchiaioli e anche, talvolta, alle soluzioni di artisti come Ottone Rosai e Ardengo Soffici. Tali suggestioni trovano un certo riscontro nella predetta opera di Pignotti, nella quale la rappresentazione della campagna toscana si vale di motivi figurativi allora in auge come le colline, i sentieri e i caseggiati immersi nei cipressi. Sono questi gli elementi che Pignotti 13 Cfr. mss. Inventario, cit., p. 35, n. 202. 14 Le acquisizioni di cui sopra sono riportate nell’inventario rispettivamente ai nn. 68, 70, 124, 202, 203, 204, 93. Nei documenti inventariali di Casa Siviero sono registrati quattro dipinti di Pignotti, facenti parte un tempo della collezione, che vennero poi dati via da Imelde Siviero, sorella di Rodolfo: i due precitati Via di San Vito e Villa La Meridiana (o La Meridiana di Via Barbacane), Veduta di Scandicci e un ‘paesaggio toscano con ulivi e cipressi’ (cfr. Verbale d’inventario dell’eredità del Prof: Rodolfo Siviero, Pretura di Firenze n. 515/83, novembre 1983 - febbraio 1984. Copia di questo inventario è conservata presso il Settore Musei della Regione Toscana). 15 R. Siviero, datt. La mostra del pittore Ugo Pignotti, cit., pp. 1-2. 16 Mss. Inventario, cit., p. 15, n. 68. 9 Ugo Pignotti, Il mulino alle Sieci, 1941, olio su tavola di compensato, cm 39x61 Collezione Adriano Pignotti coniuga con le proprie costanti stilistiche, rivelando anche una certa attenzione a tendenze di più vasto raggio. Siviero si sofferma su questa apertura di Pignotti notando, in un dattiloscritto giovanile non datato, che nella sua opera tutto diviene “più accennato, più leggero rispetto alla pittura di Soffici”. E, avanzando una analogia con l’amico e collega di Pignotti, Dino Bausi, egli soggiunge che nei lavori dell’uno e dell’altro “si ha un impressionismo che ritrae contemporaneamente il corpo e la parte appariscente delle cose, la pittura viene a sostenersi per una leggerezza di materia riproducendo una desolata tristezza della natura”17. A questi anni risale ancora un altro paesaggio, e specificamente un Paese del 1939, che Siviero acquistò dall’autore “nel 1939 per lire trecento”18. Nell’opera, che perpetua la pittura ‘sul campo’ già praticata dagli amati maestri della ‘macchia’, l’artista ci restituisce la visione sommessa e solitaria di un borgo fiorentino, dominato da caseggiati estremamente semplificati, e da una natura vegetale abitata da poche evanescenti presenze umane. Pignotti fonde armoniosamente tali elementi attraverso una luminosità chiara e serena che si pone in lieve contrasto con quella, più malinconica e opaca, di altri numerosi lavori compiuti in quel periodo. Caratteri, questi, che possiamo certo ritrovare anche nei paesaggi degli anni trenta e quaranta esposti in mostra e non appartenenti alla collezione di Siviero, come Sull’Arno a Rovezzano (1931), Venezia (1935 c.), Paesaggio con un gruppo di case (1937), Il mulino alle Sieci (1941), Giardino dello studio in Via degli Artisti (1941). Firenze e i suoi dintorni, ma anche Venezia, che Pignotti dovette frequentare soprattutto attraverso la sua musa ispiratrice, appaiono tra tocchi fugaci, tra forme accennate eppure intense che sfrondano l’immagine di ogni orpello decorativo e superfluo. Così anche le sue rare nature morte, talora luminose, silenziose ed equilibrate nei pochi e semplici elementi che le compongono. Proprio tra queste spicca una natura morta atipica, conservata gelosamente da Siviero nella Ugo Pignotti, Sull’Arno a Rovezzano, 1931, olio su tavola di compensato, cm 44x63 Collezione Adriano Pignotti Ugo Pignotti, Venezia, 1935 c., olio su tavola di cartone, cm 32x42 Collezione Adriano Pignotti, 17 R. Siviero, datt. “A”, s.d., p. 66. 18 Mss. Inventario, cit., p. 24, n. 124. 10 11 Ugo Pignotti, La selva oscura 1937 olio su tela, cm 62x47 Collezione Museo Casa Siviero propria collezione, che riconduce a un evento molto importante della giovinezza di quest’ultimo: la pubblicazione, nel 1936, della sua raccolta di poesie La selva oscura19. La realizzazione del volume rappresentò per l’autore un momento tormentato sia per la lunga elaborazione dei versi, improntati a un forte pessimismo giovanile, sia per la travagliata ricerca di un editore20; e proprio l’importanza che Siviero attribuiva a questo libro dà la misura dell’affetto da lui nutrito nei confronti dell’amico Pignotti. Al pittore, infatti, fu affidata la realizzazione del dipinto intitolato La selva oscura, nel quale si raffigura, su uno sfondo laconico di paesaggio, il volume di Rodolfo21. Nel quadro, il libro si colloca accanto a una pianta spoglia, sul davanzale di una finestra, e si staglia su uno sfondo dominato dal portale di un cimitero. L’atmosfera sottilmente mesta di questo scenario evidenzia un versante inedito dei paesaggi di Pignotti, suggerendo una trasposizione pittorica di alcune poesie di Siviero, talora di ambientazione notturna, nelle quali si diffonde un senso di morte e di tormentata solitudine: Cade la notte alla mia vita e via/ s’attorce il cuore sopra a un fil di suono/ che mi tormenta; o, ancora: Muore la calma atroce d’una sera/ come il pensiero e come muore l’uomo 22. Se la temperie dei versi si ricollega solo ipoteticamente a quella del quadro, la folta vegetazione e l’attiguo cimitero dipinti da Pignotti sembrano una plausibile interpretazione della selva oscura e del regno dell’oltretomba evocati da Siviero nel ricordo della Commedia dantesca. Rodolfo fonde questi soggetti con immagini spesso legate alla natura, avvicinandosi a temi amati dallo stesso Pignotti 19 R. Siviero, La selva oscura, Firenze, Le Monnier Editore 1936. 20 Sulla questione cfr. A. Sanna, Giovanni Papini e Rodolfo Siviero: un sodalizio, “Nuova Antologia”, Fondazione Giovanni Spadolini, gennaio-marzo 2008, n. 143, Felice Le Monnier Editore, Firenze 2008, pp. 5- 19. 21 L’opera è citata da Siviero nell’inventario di famiglia, dove si riporta che gli fu venduta da Pignotti “per lire cento nel 1936” (mss. Inventario, cit., p. 19, n. 93). A dispetto di quanto scritto nel documento, crediamo che l’opera risalga al 1937, riferendoci alla data, più attendibile, indicata sul dipinto dall’autore. 22 R. Siviero, La selva oscura, cit., pp. 7, 17. 12 come i tramonti, la malinconia, l’aurora, l’Arno, presenti in lavori come Alba, Argine d’Arno, Sera d’inverno, Triste sera. La calibrata misura di questi paesaggi non condivide, certo, la tensione formale delle poesie di Siviero, ma proprio per questo dovette incontrare i gusti del giovane poeta, tanto articolato nei componimenti poetici quanto proteso verso la chiarezza in pittura. Sono plausibilmente queste affinità che inducono Siviero a regalare il suo prezioso volume a Pignotti, consegnandoglielo a mano, come si legge in un documento del suo archivio23, e siglandolo con una dedica assai eloquente: “Al mio amico Pignotti, una di quelle poche persone per cui è stato scritto questo libro”24. Negli anni successivi a questi scambi le tracce documentarie dell’amicizia tra Pignotti e Siviero si diradano notevolmente. Poco prima degli eventi bellici, che si scatenano di lì a breve, Rodolfo, allora uno dei numerosissimi sostenitori di Mussolini, seppure sinceramente avverso al nazismo, si allontana momentaneamente da Firenze, alla volta della Germania, nella veste di agente segreto del SIM, il Servizio Informazioni Militari. Successivamente al rientro in città, una svolta ideologica lo porta ad allontanarsi vieppiù dall’iniziale simpatia verso il fascismo e, dopo l’otto settembre, a collaborare con l’Intelligence alleata. Su queste basi viene a cooperare, in casa dello storico dell’arte Giorgio Castelfranco, che diventerà poi la sua dimora25, alla salvaguardia clandestina delle opere d’arte italiane richieste illecitamente dai tedeschi. Pignotti, dal canto suo, fu richiamato alle armi e “inquadrato nella Croce Rossa, dove visse il passaggio del fronte e la battaglia di Firenze”26, per poi far parte come partigiano, dal primo agosto al sette settembre 1944, della Divisione Giustizia e Libertà. Nonostante i rispettivi impegni e il precipitare dei fatti bellici, le vite di Siviero e di Pignotti continuano a incrociarsi. Uno dei compiti di Rodolfo come collaboratore dei servizi segreti alleati era infatti quello di tenere i contatti tra gli anglo-americani e i partigiani. In questo contesto viene dunque a situarsi un emblematico gesto d’amicizia 23 In questo documento dell’archivio Siviero, che elenca i numerosi destinatari del volume, Pignotti figura con la nota: “Copia a mano il 27.11. 37”. 24 Il libro è conservato nell’archivio di Lamberto Pignotti, a Roma. 25 Nel 1944 Siviero acquisterà uno degli appartamenti dei Castelfranco situati sul Lungarno Serristori, a Firenze. Nel 1962 Rodolfo sarà compratore di altri quartieri dei Castelfranco, collocati nel medesimo edificio. 26 Intervista dell’autrice a Lamberto Pignotti, aprile 2009. 13 Ugo Pignotti, Lungarno Serristori, Maggio 1954, olio su tela, cm 28x72 Collezione Museo Casa Siviero Ugo Pignotti, Giardino dello studio in Via degli Artisti, 1941, olio su cartone, cm 24x30 Collezione Adriano Pignotti di Pignotti nei confronti di Siviero il quale, ricercato dai fascisti, da cui fu poi imprigionato a Villa Triste nella primavera del 194427, ottenne dal pittore la possibilità di nascondersi in un suo studio28. Se, peraltro, come detto poc’anzi, i giovanili entusiasmi di Siviero furono momentaneamente indirizzati verso il Duce29, è pur vero che l’esaurirsi di questa infatuazione lo porterà a condividere le stesse posizioni antifasciste di Pignotti. Per dirla con Lamberto Pignotti, “da un punto di vista politico e ideologico potrei parlare di una certa sintonia tra mio padre e Siviero: anche lui ha partecipato alla resistenza contro i fascisti sul fronte fiorentino, avendo sopportato gli anni del fascismo come un insulto alla ragione, alla fantasia, alla concezione stessa dell’esistenza quotidiana”.30 All’indomani della guerra l’amicizia tra Pignotti e Siviero procede su binari diversi. Il primo prosegue sulla strada dell’arte e del lavoro che gli è ormai consueta; il secondo, assoldato nel Ministero degli Affari Esteri a capo della Delegazione per la restituzione delle opere d’arte, vive a Roma alternando la sua permanenza nella capitale con brevi soggiorni a Firenze. Sebbene i numerosi quanto Ugo Pignotti, Lungarno Serristori, 1954, olio su tavola, cm 28x70 Collezione Museo Casa Siviero gravosi impegni ne avessero rallentato le frequentazioni amichevoli, Siviero continua a coltivare i sodalizi con le persone care e a ricevere ospiti graditi nella sua dimora. Così l’amico Pignotti, che trova accoglienza nella casa di Lungarno Serristori, divenuta ormai proprietà di Siviero dopo essere stata sede dell’attività clandestina contro il trafugamento delle opere d’arte. Due quadretti compiuti nel 1954, conservati nella raccolta di Rodolfo, perpetuano l’affettuoso ricordo di Pignotti della casa di Siviero. Il primo, Paesaggio con Lungarno, mostra una veduta dell’Oltrarno fiorentino nel quale si staglia la Piazza Giuseppe Poggi, riconoscibile dalla Torre di San Niccolò, e il Lungarno Serristori. Nel piccolo bozzetto, ripreso in versione definitiva nel secondo dipinto con Lungarno, Pignotti impiega le risorse pittoriche di sempre, impreziosendo lo scenario con i giochi di luce, i riflessi d’acqua, le sinfonie cromatiche della vegetazione, la delicata fusione di verismo e poesia. Nella versione definitiva del dipinto, che avvolge la veduta fiorentina in un velo di foschia mattutina, viene anche sancita, con una dedica, l’amicizia tra i due, ancora viva in quegli anni: “Ugo Pignotti/all’amico Rodolfo Siviero in ricordo della sua casa di Firenze! 30 maggio 954”. A riprova di questo prezioso sodalizio, Siviero acquisterà in quel periodo un altro Paesaggio, del 1955, compiuto dall’artista pochi anni prima della prematura scomparsa. Rodolfo, sempre 27 Cfr. L’arte e il nazismo. Esodo e ritorno delle opere d’arte italiane 1938-1963, cit., pp. 39-41, 59. 28 Testimonianza di Adriano e Lamberto Pignotti. 29 Su questo argomento cfr. il volume A. Sanna, Catalogo del Museo Casa Rodolfo Siviero di Firenze. La raccolta novecentesca, cit., capitolo L’idea critica di Siviero nell’età giovanile. 30 Intervista dell’autrice a Lamberto Pignotti, cit. 14 15 Ugo Pignotti, Paesaggio con strada e alberi, 1950 c. olio su tavoletta di legno, cm 19x27 Collezione Adriano Pignotti più assorbito da impegni professionali metropolitani, avrà apprezzato il dipinto per quel casolare di campagna toscana illuminato da una luce chiara e diffusa, e, forse, per quello stile quasi “arruffato” che si distingue dal consueto universo naturalistico di Pignotti. Uno stile che richiama quanto avrebbe scritto nel 1960 il pittore Giovanni Colacicchi, in occasione di una mostra su Pignotti tenutasi all’Accademia delle Arti del Disegno due anni dopo la morte dell’artista: “certi suoi quadri danno quasi l’impressione d’un frettoloso diverbio. La sua mano ha appena formato la chioma d’un albero, che subito la scarruffa o la strappa; appena arrotondato il dorso d’una collina, e subito ne spezza il profilo, lo rompe quasi in precipiti frane”31. Nella mostra che celebrava l’amico Pignotti Siviero avrà di certo rivisitato i momenti d’amicizia, di scambio e d’affetto, e ricordato il temperamento “umanamente vivo e sincero” di Pignotti, come descritto da Colacicchi. Negli anni che seguono la scomparsa del pittore Siviero non scorderà mai l’amico Pignotti. Il suo nome, infatti, ritornerà a più riprese nei suoi scritti e memorie, spesso segnati da una profonda nostalgia per i tempi andati. In un suo dattiloscritto datato “Roma - sabato 19 ottobre 1964 ore 3,30 del mattino”, in particolare, Siviero ne rammenta accoratamente la presenza durante una serata svoltasi a Firenze in onore di Giorgio De Chirico: “Castelfranco (...) organizzò la rentrée del grande pittore, con un pranzo a tutti gli artisti alla buca Mario in piazza Ottaviani. C’erano tutti, Rosai, Caligiani, Capocchini, Pignotti, Romanelli, Bonsanti, Moravia, Montale, Bausi, Pucci, Romoli, Gallo, Timpanaro, Pierucci, circa quaranta persone. La serata fu magnifica”32. In un altro passo Rodolfo sottolinea il carattere simpatico e ironico, da buon fiorentino, di Pignotti, ricordandolo durante una sua presentazione critica all’opera di Rosai nel Palagio di parte guelfa: nel “meraviglioso salone del Brunelleschi (...) affollatissimo di intellettuali e di popolo”, dove “io parlavo con convinzione”, il critico Aniceto del Massa - già avvezzo alla pittura di Pignotti - “fece un discorso esoterico, piuttosto lungo e minaccioso, avvertendo di non aver 31 G. Colacicchi, Mostra retrospettiva di Ugo Pignotti (1899-1958), Firenze, Accademia delle Arti del Disegno 1960. 32 R. Siviero, datt. inedito datato “Roma - sabato 19 ottobre 1964 ore 3,30 del mattino”, cit., p. 23. 16 Ugo Pignotti, Paesaggio con un gruppo di case, 1937, olio su tela, cm 39x26 Collezione Lamberto Pignotti paura, anche se riceveva dalle trenta alle quaranta lettere anonime al giorno. A questa dichiarazione il pittore Ugo Pignotti, con voce bonaria, commentò in un magnifico toscano: “E ti faranno un attentato!”33. Lunghi anni dopo queste calorose rimembranze, Siviero, divenuto Presidente dell’Accademia delle Arti del Disegno, nell’ambito della quale lo stesso Pignotti, nel 1952, fu eletto Accademico Aggregato, volle commemorare il suo compagno in una mostra nella prestigiosa istituzione. L’idea prende corpo grazie, anche, all’amicizia che si era instaurata negli anni fra Rodolfo e il figlio di Pignotti, Lamberto, che incoraggiò vivamente l’iniziativa. Di questo rende testimonianza una lettera del 16 settembre 1976 inviata da Lamberto a Siviero: “Caro Siviero, queste due righe per dirti che parallelamente ho inviato a Colacicchi, come da te affettuosamente consigliato, la richiesta per la mostra del babbo. Con i miei ringraziamenti abbiti i più cari saluti”34. Con questo progetto ci si accingeva a commemorare la figura di Pignotti molti anni dopo la citata mostra che Colacicchi aveva dedicato all’artista nel 1960. Tuttavia, malgrado l’impegno dei suoi promotori, l’iniziativa non ebbe seguito, come ci ha confermato di recente lo stesso Lamberto Pignotti: “pur essendo mio padre accademico di tale istituzione, a quella realizzazione furono posti così tanti rimandi e ostacoli, ad opera di una qualche conventicola locale, che alla fine essa si arenò nell’irritata delusione e il palese disappunto di Siviero”35. Si può facilmente immaginare la reazione di Siviero, in quegli anni sempre più deluso dalle istituzioni - tra tutte anche l’Accademia da lui presieduta - dalla politica, dalla cultura e dall’umanità. In quei momenti di acceso pessimismo Rodolfo si immergeva nella scrittura del suo diario al quale negli ultimi anni, prima che la morte lo cogliesse nel 1983, confidava i propri pungenti ricordi e stati d’animo. Così, nel suo ultimo diario, Rodolfo si perde nell’ennesima rimembranza della giovinezza, ricordando, sulla scia della morte recente del suo amico Piero Bargellini, coloro insieme ai quali aveva 33 Ivi, pp. 31-32. 34 Lettera inedita di Lamberto Pignotti a Rodolfo Siviero datata 16 settembre 1976. Il documento è conservato nell’archivio dell’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze. 35 Intervista dell’autrice a Lamberto Pignotti, cit. 17 La mostra del Pittore Ugo Pignotti alla Società di Belle Arti1 Ugo Pignotti, Stradina di campagna, 1957, olio su tavoletta di legno, cm 10x15 Collezione Adriano Pignotti frequentato il suo compagno Pignotti: “La morte di Bargellini è un po’ la fine del mondo letterario nel quale sono cresciuto a Firenze dove tutta le sere, o quasi, ci si briacava nel caffè delle Giubbe Rosse. Bargellini era l’unico superstite di quel caffè di letterati con cui avevo ancora contatti; gli altri, Bonsanti, Luzi, Moravia, Palazzeschi, da tempo non li vedevo quasi più, ma del gruppo di Soffici, Papini, Cecchi, Rosai, Timpanaro, Pignotti, l’ultimo superstite con cui ho avuto spesso rapporti era Piero Bargellini”36. Oggi, a oltre venticinque anni dalla scomparsa di Siviero, le opere della sua collezione e i pur radi documenti restano a testimonianza dell’amicizia tra i due uomini, trovando anche un’importante conferma nelle parole sentite e pregnanti del figlio dell’artista: “Personaggi come il “ministro” Rodolfo Siviero e il “pittore” Ugo Pignotti - mettendo appositamente queste due attività fra virgolette - non hanno voluto stare quietamente al loro posto, sono stati diversamente imprevedibili… E come ci si comporta in un ambiente propenso all’automatica identificazione e al pronto reperimento con personalità come queste? Si tende a voltarsi dall’altra parte, a relegarle ai margini… Fortuna vuole che un simile comportamento, oltre ad avere la vista corta, abbia in molti casi anche il respiro breve… Come testimone ho a suo tempo rilevato in mio padre, ma anche in Siviero, un analogo sentimento reattivo nei confronti di quanti erano dediti a esercitare una resistenza passiva o anche un veto contro ogni idea propensa all’avventura culturale. E qui a parer mio è da ricercare proprio il filo conduttore e il comune denominatore di due esperienze di vita apparentemente così differenti”37. 36 Ottavo diario di Rodolfo Siviero, pagina datata “Roma Domenica 23 III 80 ore 22”. I diari di Siviero sono conservati nell’archivio dell’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze. 37 Intervista dell’autrice a Lamberto Pignotti, cit. 18 28/4/36 XIV All’amico Pignotti con cordialità e tanti auguri / Siviero Poche tele e male incorniciate in un momento in cui l’Europa è lontana dall’arte stanno qui ad attestare ancora la vita in silenzio dei fiorentini sul serio. È l’uomo Pignotti, più che il pittore, chiuso in un intimo profondamente addolorato che si esprime in un tono grigio di razza fiorentina, pieno di poesia, senza quel sorriso fatto per la gente che non ha mai chiesto nulla alla vita. Volendo inquadrare Pignotti nella nostra tradizione bisogna, a priori, uscire da quella che è la più grande e l’ultima realizzazione pittorica sull’orizzonte dell’ottocento europeo: da Manet a Picasso non riguarda la produzione di quest’artista e, purtroppo, fino a poco fa l’Italia. Ma poiché ho accennato a questa epoca francese è bene subito chiarire che la tradizione dell’ultimo tempo in Francia ha contatti diretti con i nostri classici, mentre la produzione italiana si può dire che nella massa copia, per eredità ottocentesca, da quella francese: ad eccezione dei migliori, s’intende, e di quelli che si riattaccano ad una tradizione nostra conservata più dall’istinto che da una scuola vera e propria. Questa di Pignotti è un’arte uscita dall’istinto che ha creato note sue dal dolore attenuate quasi in un senso di bontà. Il colore terroso della tecnica moderna qui ha vibrato nei toni sensibilizzati, in una uniformità apparente, fino ai sensi più profondi. I bianchi appaiono come colpi di luce in un mondo agitato che non raggiunge mai il rosso. La vivacità di questo mondo grigio è un verde freschissimo di campi di Toscana che poi si riperde negli sfondi con ombre tristi di alberi: come spiriti malati. Tra i quadri della mostra, accennando a quello di una colonica, il grigio, di cui ho parlato, ci appare diverso da quello tradizionale fiorentino: è come sperduto in un dolore che gli dà un senso di universalità moderna differente da quella antica. Così questo suo mondo ci trasporta a considerare la pittura in un altro piano: dalla tradizione allo spirito dei tempi nostri. Ed eccoci con Pignotti e con l’argomento nel mare magnum della modernità che trascuro nel panorama per continuare su quest’artista. Qui l’atmosfera, e chiamiamola così, s’è un po’ sbandata, è uscito nel colore un senso leopardiano che ci porta a considerare le sensibilità pure di quest’uomo. Non è una questione cerebrale sull’argomento dire che Pignotti è un artista in lotta col dolore, un soffrire intimo che elude dalla pittura mestiere con sorrisi di bianchi settecenteschi sperduti in pianure di dolore in cui passa un panorama d’Arno in piena che diventa orizzonte di uno spirito sconvolto: questi bianchi riottosi in cumuli di terra o di schiuma sono le note esacerbate in lontananza che riecheggiano la vastità dell’anima. Riallacciando Pignotti al nostro tempo si può ben dire che Il presente testo costituisce la prolusione di Rodolfo Siviero alla mostra di Ugo Pignotti tenutasi alla Società delle Belle Arti di Firenze dal 28 marzo al 6 aprile 1936. Il documento, finora inedito, è conservato nell’archivio di Lamberto Pignotti. 1 19 RAGIONAMENTI CON LAMBERTO PIGNOTTI di Attilio Tori Ugo Pignotti, Marina di Calambrone, 1949, olio su tavola di compensato, cm 30x40 Collezione Adriano Pignotti Ugo Pignotti, Cassetta di pittura con dipinto una marina all’Isola d’Elba, 1950 c, cm 45x35 Collezione Adriano Pignotti 20 tutta la produzione intellettuale moderna italiana nella vastità: letteratura, poesia, pittura, etc. è un po’ qualcosa - parlo di una produzione in cui non tratto l’originalità delle figure di primo piano, ma della massa - è un po’ qualcosa, da un certo punto di vista, di stordito, quasi di assente dalla vita, che non ci dà l’impressione di grandezza ma di crepuscolo: che non so quanto appartenga al tramonto o all’aurora. Pignotti da questa massa esce esprimendo veramente una nota più forte di questa gente, forse trattenuto o acuito da questa nota esasperata della vita. La Società di Belle Arti presentando nel maggio scorso al pubblico quest’artista ci ha fatto ritrovare dopo lungo tempo di fronte a quella toscanità più segreta custodita ancora nel sangue dei fiorentini e di cui non mancano, anche qui, segni per augurarsi di vederla tra breve riapparire in un piano degno della sua tradizione. Rodolfo Siviero Via Fiesolana 40 In questa mostra le sue poesie visive sono esposte insieme ai paesaggi di suo padre. L’attività di suo padre come pittore ha avuto una influenza sulla sua scelta di abbandonare i codici esclusivamente verbali della poesia, a favore di una forma espressiva in cui si combinano parole e immagini, letteratura e pittura ? È una domanda che racchiude diversi temi e che meriterebbe una risposta molto articolata. Prima di tutto mi esalta il fatto singolare e direi eccezionale che le mie poesie visive siano esposte per la prima volta in un museo pubblico con i dipinti di mio padre Ugo, e che questo museo sia anche la casa di Rodolfo Siviero, un amico, estimatore e collezionista, appunto, delle opere di mio padre, e voglio aggiungere, tenuto conto della diversa età e del ruolo, anche mio amico. In secondo luogo, è innegabile l’influenza che mio padre come pittore e uomo di cultura ha avuto sulla mia attività verbo-visiva, specialmente di quella che poggia sui versanti dell’immagine. Ho cominciato a disegnare da ragazzino, e certi disegni che ancora conservo era lui a metterli da parte, ho proseguito a schizzare paesaggi alla sua maniera su dei foglietti, ho continuato, senza mai fare il pittore, per altre vie, a pervenire all’immagine aiutandomi con la parola. Una terza considerazione mi viene stimolata dalla sua domanda che, partendo dai paesaggi di mio padre, investe il rapporto tra parole e immagini, tra letteratura e pittura. Ora se ci sono svariati modi per un poeta di evocare aspetti visivi, ci sono anche svariati modi per un pittore di far parlare un suo quadro. Siamo all’”Ut pictura poesis”… Eccoci allora al punto: nei paesaggi di mio padre, come in certe foto digitali di oggi, si potrebbe leggere l’ora e il giorno in cui sono stati dipinti. Simili paesaggi, in cui spesso il cielo è il vero protagonista, fanno sentire il tempo che fa: l’afa, l’umidità, il gelo, il preavviso della primavera, il sentore dell’autunno… In tal senso parlerei di mio padre come di un pittore incline a forzare il versante narrativo e poetico. Che sia un vizio di famiglia quello di tendere a sconfinare dai codici artistici assegnati? Uno dei temi su cui verte la sua ricerca artistica è l’assunzione di nuovi significati da parte di immagini e parole ritagliate dal loro contesto e ricombinate fra loro. In questa mostra le sue opere si combinano con gli arredi della casa di Rodolfo Siviero. Il collage Pignotti è tutto nuovo che sta nella prima stanza può essere una chiave di lettura della mostra, un invito al visitatore a cercare nei 21 suoi lavori qui esposti relazioni, messaggi, emozioni anche nuovi rispetto a quelli originari. Una chiave di lettura di questa mostra la indicherei in una parola, suggestiva e classica a un tempo: “Wunderkammer”, il luogo, la stanza delle meraviglie. È una parola e un’idea riconducibile a un’estetica di genere manieristico e barocco, e più precisamente ad Athanasius Kircher, secondo la quale un’identità stilistica va ricercata proprio in una accorta mescolanza degli stili, tale da generare inaspettatezza e meraviglia. A costo di semplificare troppo c’è da dire che un simile atteggiamento estetico è stato assunto più o meno marcatamente dalle avanguardie artistiche del Novecento ed è tuttora portato avanti sul piano sperimentale. Casa Siviero, per naturale predisposizione agli accostamenti inusuali del suo proprietario, e il museo che porta il suo nome, fin dall’inizio ha teso a offrire in ogni sua “stanza delle meraviglie” la possibilità allo spettatore di diventare anche attore, ed è auspicabile che con questa mostra una tale “poetica” e una tale “singolarità” diventi più esplicita. Il collage Pignotti è tutto nuovo presenta subito al visitatore il suo tipico modo di usare i linguaggi della comunicazione di massa contemporanea per comunicare “altri” messaggi, intellettualmente molto più complessi. In questo caso il suo collage propone una specie di ironico slogan auto-pubblicitario; allo stesso tempo sembra affermare la sua esigenza di non fermarsi mai nella ricerca e nella sperimentazione di novità poetico-artistiche. Il nocciolo della domanda lo percepisco nell’ironia, o meglio nell’autoironia. Qui dovrebbe secondo me risiedere il massimo della consapevolezza di un artista e di uno scrittore. Mi viene spesso da rappresentarmi Dante che di fronte alla sua Commedia non pensa di aver fatto il meglio, ma il meno peggio che poteva… Solo quando non ci si contenta di un risultato si può proseguire A Casa Siviero il collage Pignotti è tutto nuovo è stato collocato vicino alla scatola dei colori di suo padre. L’accostamento, sottolineando la completa novità dell’arte di Lamberto rispetto a quella di Ugo Pignotti, ci ricorda che la nascita della poesia visiva fu un evento rivoluzionario nel panorama culturale fiorentino degli anni Sessanta. 22 Lamberto Pignotti, Pignotti è tutto nuovo, 1995, collage cm 50x70 La poesia visiva fu senza dubbio un evento rivoluzionario a Firenze negli anni Sessanta. Purtroppo “Nemo propheta in patria”…: la reazione del pubblico ma anche quella dei quotidiani non fu allora proprio tra le più positive; ma era scontato. Quello che dovrebbe essere meno scontato è il prevalente disinteresse da parte dell’ambiente culturale fiorentino odierno, verso esperienze come quelle della poesia visiva nate a Firenze. Le opere di Ugo e Lamberto Pignotti sono completamente diverse fin dal loro concepimento. I paesaggi di suo padre nascevano come dipinti, il cui fine naturale era di soddisfare il piacere di collezionisti come Siviero di circondarsi di belle opere d’arte. I suoi lavori al contrario nascono come poesie da leggere e, almeno negli anni Sessanta, in un clima generale di contestazione verso il mercato dell’arte. Però sono lo stesso entrate nel sistema del mercato e del collezionismo privato e possono essere ricercate anche per il loro mero piacere estetico. Si può dire che ogni pittore è propenso e interessato a vendere un proprio quadro, ma non si può dire che ogni opera d’arte nasca per compiacere il mercato dell’arte. La poesia visiva è sorta, sì, come arte di contestazione e dissenso ma non ha mai escluso di entrare in un salotto buono, magari fungendo da Cavallo di Troia, cosa che ho scritto introducendo la mia prima antologia di poesie visive nel 1965. Può succedere che qualcuno acquisti le mie opere 23 Lamberto Pignotti, Ed è l’imprevisto, 2004, intervento su fotografia cm 87x120 perché attratto dalle belle ragazze della pubblicità che invece rappresentano la pochezza spirituale degli odierni mass-media. Invito anche i visitatori di questa mostra a non fermarsi alle “figurine”, a leggere quello che c’è scritto, a considerare come i vari interventi modificano le immagini. Vorrei anche aggiungere che cerco un rapporto con le opere d’arte simile a quello che anticamente si poteva avere con un libro miniato. Un rapporto intimo, con l’occhio che si sofferma sulle parole e sulle figure da vicino. Per questo non lavoro nei grandi formati, che spesso caratterizzano l’arte contemporanea. Sicuramente Lei non aveva previsto che il suo intervento su fotografia Ed è l’imprevisto sarebbe stato esposto un giorno accanto ad una robbiana raffigurante la Maddalena con il vaso degli unguenti. Nella letteratura cristiana Maddalena è una affascinante peccatrice che unge i piedi di Gesù con un prezioso olio profumato il cui ricavato invece avrebbe potuto essere usato per alleviare le sofferenze dei poveri. Gesù però accetta il dono, si pone in rapporto con lei e da ciò scaturisce la redenzione della donna. Escludendo la tematica religioso-penitenziale, si potrebbe dire che le donne delle sue opere sono come delle moderne Maddalene. Sono donne sensuali, eleganti, profumate il cui corpo viene venduto alla frivolezza consumistica del messaggio pubblicitario, alla banale convenzionalità dei mass-media. Gli interventi 24 Lamberto Pignotti, Sono molto raffreddata, 1998, intervento su fotografia cm 49x34 di Lamberto Pignotti però redimono queste immagini femminili trasportandole nel mondo originale, complesso e colto della ispirazione poetica e del gioco artistico-letterario. Rimaniamo nell’ottica di una “Wunderkammer”: non sono il primo e solo artista a compiacermi del rapporto dissacratorio e tendenzialmente incestuoso tra sacro e profano. Quante Eve, quante Susanne, quante Maddalene, con più o meno malcelate nudità provocanti, hanno “alleviato” il grave sguardo di devoti e penitenti, magari momentaneamente dirottandolo? Per altro l’accostamento a questa Maddalena di Siviero col suo profumo viene incontro alla mia poetica pluri-sensoriale e sinestetica: arte non solo per la vista, ma anche per il tatto, per il gusto, per l’olfatto… Negli anni Sessanta alcune mie poesie visive avevano come supporto pagine tratte dai calendarietti profumati dei parrucchieri… Qui a Casa Siviero l’intervento su foto di rivista Sono molto raffreddata è stato collocato fra una bagnante di De Chirico ed una di Soffici. Ciò rafforza il carattere ironico del suo lavoro. E’ come se la ragazza della fotografia commentasse in modo spiritoso la proliferazione di nudi femminili nell’immaginario visivo moderno, notando che, se ciò accadesse nella vita reale, ci sarebbero conseguenze negative per la salute delle donne. Questo ci porta al tema delle relazioni tra poesia e vita. Non solo il messaggio pubblicitario, ma spesso anche l’arte e la poesia colta hanno una funziona consolatoria fornendoci immagini idealizzate che ci fanno dimenticare le difficoltà e le bruttezze della vita. Le avanguardie degli anni Sessanta al contrario proponevano un’arte fortemen25 te impegnata sui temi sociali e politici, sulla realtà delle ingiustizie e delle sofferenze umane. Il gruppo fiorentino della Poesia visiva sembra aver tenuto una posizione di mezzo. Pur esprimendo un forte impegno politico-sociale, sembra talvolta sostenere l’idea che l’illusione poetica e la menzogna della bellezza artistica abbiano comunque un ruolo positivo nella vita umana. Il tema della donna, relativamente all’immagine femminile fortemente forviante dei media e in particolare della pubblicità, è ricorrente nelle mie poesie visive. L’ironia di certe scritte è diretta ovviamente contro l’uso che ne fanno giornali e riviste e che ho denunciato in Marchio & Femmina. La donna inventata dalla pubblicità, pubblicato da Vallecchi a Firenze nel 1978. E’ un libro di saggi impostato su modelli verbo-visivi che reputo ancora molto attuale. L’impegno politico e sociale può benissimo accordarsi con finalità poetiche e artistiche. I ritagli dell’Ultima Cena di Leonardo e del banchetto ducale miniato dai fratelli De Limbourg nel collage Strane combinazioni da fuoriclasse stabiliscono una relazione con la funzione della sala da pranzo di Casa Siviero, dove questo suo lavoro è esposto. L’unione tra la semplicità spirituale dell’Ultima Cena e la opulenza mondana del banchetto del Duca di Berry è sicuramente strana, ma ancora più sorprendente è l’accostamento di capolavori dell’arte antica ad immagini molto volgari della pubblicità moderna, come la bocca rossa e il piatto con la torta che compaiono sul lato sinistro del collage. Spesso, nelle sue opere, frammenti di capolavori antichi sono giustapposti a immagini della cultura/incultura di massa contemporanea. Ciò enfatizza la bassezza del linguaggio dei moderni mass-media e stabilisce invece un legame tra l’arte colta contemporanea e quella del passato, un concetto che sarebbe piaciuto molto a Siviero. Sacro e profano, aristocratico e volgare, antico e moderno: Strane combinazioni, appunto, che possono diventare da fuoriclasse. Quando funzionano, e sperando che queste esposte nella sala da pranzo di Casa Siviero funzionino, si può tentare di suggerire - visivamente, vistosamente – la differenza di sapori che separa, relazionandoli, un’Ultima Cena da un banchetto mondano. “De gustibus est,… sì, disputandum”, insomma. Sulla differenza che passa tra “Gusto” (con la “G” maiuscola: Gusto artistico) e “gusto” (con la “g” minuscola: gusto alimentare) ne ho scritto nel contesto di un 26 altro mio libro di saggi, I sensi delle arti, pubblicato dall’editore Dedalo di Bari nel 1993 e dedicato alle sinestesie artistiche e alle interazioni estetiche. Definendo le sue strane combinazioni “da fuoriclasse” Lamberto Pignotti fa della auto-ironia. Sembra che un tratto distintivo della sua personalità sia quello di voler prendere le distanze dalla estrema complessità della elaborazione linguistica e dei riferimenti culturali delle sue opere, come se vi avvertisse il pericolo di un eccessivo intellettualismo. Come dicevo prima, anche in queste Combinazioni da fuoriclasse non manca l’autoironia; essa serve proprio a mettere le mani avanti contro l’eccessivo intellettualismo che spesso denuncia proprio una penuria di intelletto Lamberto Pignotti, Strane combinazioni da fuoriclasse, 1997, collage cm 50x70 Passiamo nello studio-biblioteca di Casa Siviero dove si trova il suo collage Il nuovo gioco dell’arte di comunicare. In questo caso è il ritaglio in alto a destra del collage, quello con gli scaffali pie- 27 Lamberto Pignotti, Il nuovo gioco dell’arte di comunicare, 1997, collage cm 70x50 Proseguendo la visita alla mostra si incontra il suo intervento su fotografia Prego si serva pure. Esso è stato collocato davanti ad un ritratto femminile del pittore americano Charles Webster Hawthorne, databile agli inizi del Novecento. Il confronto con il dipinto della collezione Siviero sottolinea quanto sia cambiata, nel corso degli ultimi cento anni, la figura femminile nell’immaginario collettivo. Non più un essere romantico, un po’ misterioso e spirituale; ma una bellezza aggressiva che invita lo spettatore a servirsi del suo corpo come se fosse un qualsiasi prodotto commerciale. Lei non propone un anacronistico ritorno al passato. Accetta, enfatizzandolo con la sua scritta, il dato di fatto della contemporanea mercificazione della bellezza femminile, ma poi con segni e cancellature modifica in modo originale l’immagine, 28 cambiandone il significato. In particolare il segno che copre il volto della ragazza, sembra voler dire che lo svilimento commerciale dell’erotismo ne cancella l’umanità. La doppia scritta in italiano e in inglese che si tratta di un fenomeno globalizzato. Anche qui la sua interpretazione mi sembra sostanzialmente corretta. Potrei per completezza ancora rimandare a quel mio libro già citato, Marchio & Femmina. Devo confessarle in proposito una curiosità di genere biografico: Prego si serva pure mi ha seguito in due traslochi, ma lo ho sempre attaccato alla parete vicino al mio letto: accattivante ironia propiziatoria, sì, ma fino a un certo punto… ni di libri, a dialogare con il luogo dove l’opera è esposta. Il collage presenta, sopra la scritta centrale, una immagine con carte da gioco. Intorno ci sono ritagli con figure di forme di comunicazione tradizionali e simboli della cultura del passato: i libri, la conversazione sull’erba, le lettere scritte a mano. Esse sono mischiate a immagini di mezzi comunicativi contemporanei come il computer e i consueti ritagli da riviste femminili e pubblicità. Con questa sua opera vuole dire che il suo modo di comunicare è un gioco in cui vecchi e nuovi mezzi espressivi interagiscono come in una partita a carte ? Sì, a me piace giocare. Per altro questa sua domanda accarezza le mie orecchie come un apprezzamento critico. Ma non so se faccio bene del tutto a sopprimere l’interrogativo… Lamberto Pignotti, Prego si serva pure!, 1996, intervento su fotografia cm 27x20 Il collage Red-Art è collocato, con una relazione puramente visuale, accatto alla giubba rossa da torero dell’autoritratto di De Chirico della raccolta Siviero. Red-art è un opera del 1991, cioè di poco successiva alla caduta del muro di Berlino. L’opera sembra dire che del rapporto tra arte e marxismo, così forte negli anni Sessanta-Settanta, rimane oggi solo un superficiale ricordo coloristico. I brillantini stesi a formare delle macchie luccicanti sopra la superficie del quadro sembrano anche alludere all’effimero luccichio dei valori proposti dal trionfante capitalismo. Red Art è un collage che evoca un’”Arte rossa” contrapposta a ogni idea di, che so?, “realismo socialista”, “arte impegnata” e simili… Da diversi decenni assistiamo a un rosso che è diventato sempre più rosa, sempre più evanescente, sempre più brillante… I miei brillantini cosparsi in quella serie alludono appunto allo specchietto per le allodole del consumismo, della moda, alle vetrine di Via Condotti, di Via Montenapoleone, di Via Tornabuoni. 29 Lamberto Pignotti, Fai da te il linguaggio libero, 1997, collage cm 70x50 Lamberto Pignotti, Red-art, 1991, collage, cm 50x70 Nella stanza successiva si trova un collage del 1997 con il ritaglio di un puttino che stabilisce un legame visivo con un cupido bronzeo della collezione Siviero. Fai da te il linguaggio libero è un esplicito invito a uscire dalle convenzioni della società di massa e a riappropriarsi della libertà espressiva individuale. Il ritaglio con il putto, urinando sopra la scritta capovolta con frasi genericamente romantiche, fa un atto fortemente contestativo verso le forme comuni di linguaggio. Mi sembra che in Lei rimanga ancora oggi un forte spirito dissacratorio che si ricollega alla contestazione giovanile degli anni Sessanta ? Il getto del classico puttino, l’orinatoio-fontana di Duchamp, l’invito nel mio collage a farsi da soli un linguaggio che non sia prefabbricato, a respingere insomma il “discorso confezionato”… costituiscono momenti diversamente dissacratori che si possono reperire in varie epoche culturali e artistiche. E’ sempre l’ora della dissacrazione e del dissenso: anzi è bene non aspettare che qualche direttore alzi la bacchetta per iniziare la musica. Quasi sempre si tratta della solita musica. Nell’opera Aspettava forse un segnale si nota la tecnica della cancellazione di parti della fotografia. E’ una tecnica di cui Lei si serve spesso. In questa mostra la vediamo anche nei due pannelli La storia continua..., Ed è l’imprevisto, ma è stata soprattutto usata nelle serie Visibile invisibile e De composizione. È giusto interpretarla come un modo per rappresentare il destino della cultura dell’apparenza del nostro tempo ? Di questa nostra civiltà, esemplificata dalle immagini delle riviste di moda su carta patinata, 30 cioè, non rimarrà niente nel futuro e perciò queste foto cominciano a scolorirsi, a dissolversi, a diventare invisibili. De composizione e Visibile Invisibile sono due serie ottenute con dei solventi che abradono parti di immagini e frasi dai media patinati, tendendo a suggerire il deperimento cui vanno incontro simili messaggi. Il confronto e il riferimento va stabilito con i palinsesti raschiati e con gli affreschi deturpati dal tempo. È quindi giusta la sua interpretazione. L’intervento su fotografia Aspettava forse un segnale è collocato accanto al letto a baldacchino seicentesco sul quale si trovano due cuscini dove Lamberto Pignotti, ha ricamato, attribuendoseli in modo auto ironico, celebri versi poetici. In questa installazione a Casa Siviero l’ammiccante messaggio erotico della ragazza si trasforma in un invito a gettarsi nel godimento dei piaceri immortali della poesia. Devo precisare che i cuscini qui presenti, come le pagine di certi miei libri di stoffa, o meglio le loro parole, sono stati fatti ricamare a mano nel suo stabilimento di Gallarate, su tessuti speciali, da Giovanni Orsini, un mio caro amico collezionista. Da tener presente il rapporto tattile e sensuale che essi intendono già in partenza intrattenere con l’eventuale fruitore, rapporto eroticamente qui accentuato dalla loro sagace sistemazione sul letto a baldacchino di Siviero e dall’aspettativa di una ragazza: viene per l’occasione accentuata la mia naturale predisposizione alla pluri-sensorialità e alla sinestesia. 31 I cuscini qui ricamati trascrivono alla lettera dei versi di poeti classici e moderni, in ciò riprendendo certe mie performances intitolate conseguentemente Lamberto Pignotti scrive versi immortali. In genere traccio con gli spray i versi più conosciuti fin dai tempi della scuola e divulgati dai mass media Lamberto Pignotti, Aspettava forse un segnale, 1996, intervento su fotografia cm 38x26 Lamberto Pignotti, scrive versi immortali, 2006, ricamo su stoffa cm 47x49 32 Nell’ultima sala si trovano due opere del periodo “storico” degli inizi della Poesia Visiva nella prima metà degli anni Sessanta. Anche in questo caso i due collages Il potere economico smantella i 10 comandamenti e Molte discussioni in poltrona stabiliscono relazioni con gli arredi di Casa Siviero: le tre Madonne col Bambino e le poltrone conservate in questa stanza. Con il suo forte impegno politico e morale, la sua laica religiosità Il potere economico smantella i 10 comandamenti è un messaggio tipico degli anni Sessanta, ma che ancora oggi può avere una sua validità. In fin dei conti la banalità del linguaggio di massa odierno può essere vista come una conseguenza dello smantellamento spirituale portato dal materialismo consumista. Ancora una interrelazione tra classico e moderno, ma fin dal titolo questa poesia visiva degli anni Sessanta sembra vaticinare qualcosa che sta avvenendo oggi in modo più precisato e che è stato manifestamente denunciato perfino dagli ultimi due pontefici. Chi pensava di giovarsi dello smantellamento del muro berlinese si è trovato a fronteggiare ben altri e più insidiosi smantellamenti Terminiamo questi ragionamenti sopra la mostra tornando ai rapporti tra padre e figlio. Al di là dell’evento culturale, la possibilità di esporre le sue opere insieme a quelle di suo padre nella casa di un caro amico di famiglia dovrebbe avere per Lei un valore soprattutto sentimentale. Quali emozioni, quali ricordi suscita in Lamberto Pignotti questa esposizione a Casa Siviero ? Già, i rapporti tra padre e figlio, rapporti saldi di continuità e contiguità, anche se trasversali. In fondo io sono figlio d’arte, e non mi dispiace affatto. È lui che fin da piccolo mi portava nelle campagne toscane che dipingeva non disdegnando magari un mio giudizio, è lui che mi portava alle “Giubbe rosse” tra artisti e scrittori, è lui che mi ha insegnato ad accostare in armonia l’antico e il moderno, è lui che a debita distanza teneva d’occhio certi miei “disegnini” fatti con carboncini e gessetti Lamberto Pignotti, Il potere economico smantella i 10 comandamenti, 1964, collage. cm 35x50 colorati del suo studio che al momento non gli servivano. Ora un incontro tangibile tra padre e figlio con le rispettive opere avviene nella casa di un caro amico di famiglia da loro frequentata e che nel frattempo è diventata a pieno titolo un museo, un museo particolare. È ovvio che se l’avvenimento avesse per me un valore “soprattutto sentimentale” esso potrebbe apparire riduttivo e perfino banalmente celebrativo. No, io che ho frequentato Rodolfo Siviero in Via degli Astalli a Roma, nell’ufficio di Palazzo Venezia in cui da ministro plenipotenziario, ma in realtà come uno 007 dell’arte, predisponeva avventurosamente il recupero delle nostre opere trafugate dai nazisti, posso dire che questa mostra delinea ai miei occhi un valore aggiunto, un tangibile valore aggiunto. Succede, come in certe congiunzioni di astri, che una apparente casualità e concomitanza di fatti sia atta a mettere in luce aspetti fino ad allora rimasti in ombra. Una risposta esauriente e articolata in proposito mi porterebbe lontano, ma dato che stiamo parlando di Siviero in casa Siviero, sono propenso spontaneamente a coniugare la sua multiforme personalità e la sua composita casa con una esposizione come questa . Nel suo ufficio in Via degli Astalli , Siviero aveva appeso dei quadri di mio padre e insieme stavamo progettando una sua mostra di paesaggi all’Accademia , delle Arti del Disegno di Firenze. Il progetto assai composito, aperto, e per certi versi innovativo naufragò ad opera di resistenze tradizionaliste e poi in seguito alla morte di Siviero. 33 Lamberto Pignotti, Molte discussioni in poltrona, collage, 1965, cm 21x25 34 Per concludere vorrei aggiungere qualcosa, magari rimasto implicito o latente, proprio sulla figura di Siviero. Lei prima ha accennato giustamente all’amore per la cultura del passato che lui anteponeva alle concezioni tipiche delle avanguardie. Eppure… eppure c’era in lui l’interesse manifesto per un certo Picasso e per un certo De Chirico, eppure c’era a proposito di un certo sperimentalismo una sorta di odio-amore che traspariva talora affiorando nelle sue parole o trasformandosi nell’azione. Mi piace ricordare che Rodolfo Siviero aveva scritto e pubblicato nel 1936 un libro di versi, La selva oscura – “Al mio amico Pignotti, una di quelle poche persone per cui è stato scritto questo libro”, si legge nella dedica che conservo gelosamente – e che quel libro di versi si presentava così: “Questo non è un libro di versi ma la mia introduzione nel mondo dell’arte. Un mondo nuovo nel quale non soddisfacevano più i versi, i colori e le note…”. A leggerle oggi parole come queste – entrata in scena, apertura e dichiarazione di poetica… - potrebbero essere attribuite a un poeta, a un artista o a un compositore in procinto di avventurarsi nella terra di nessuno… 35 Regione Toscana Diritti Valori Innovazione Sostenibilità Museo Casa Rodolfo Siviero Lungarno Serristori, 1 - Firenze www.museocasasiviero.it [email protected] 36