Studio Legale Avvocati LAVATELLI & LATORRACA E ASSOCIATI Tel. 031265515 Fax 031266468 Tribunale Amministrativo Regionale Per la Lombardia - Milano Nel ricorso r.g. 932/2008, Sezione II, promosso da Compagnone Angela, con gli avv.ti Mario Lavatelli, Vincenzo Latorraca e Micaela Chiesa contro Il Comune di San Fermo della Battaglia, in persona del Sindaco pro- tempore e del Responsabile del Servizio, che ha adottato gli atti impugnati, con gli avv.ti Elia Di Matteo ed Elisabetta Di Matteo e nei confronti Mazzucchi Costruzioni S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, con l'avv. Michele Rocchetti Memoria conclusiva nell’interesse di parte ricorrente La fissazione dell'udienza di discussione rende opportune alcune precisazioni, ferma restando l'integrale conferma di tutte le deduzioni esposte nel ricorso e nelle memorie depositate nel corso del giudizio. *** Si deve, preliminarmente, rilevare che la censura sollevata dalla controinteressata in punto di tardività del ricorso è priva di pregio. Fermo restando che spetta a controparte dimostrare la piena conoscenza in capo alla ricorrente, si osserva che oggetto di impugnazione è il provvedimento amministrativo e cioè, nella fattispecie concreta, il permesso di costruire. Tale non è il progetto allegato all'istanza di permesso di costruire, che si inserisce in una fase prodromica, la quale può concludersi con il rilascio del titolo, così come può arrestarsi laddove il progetto non sia assentibile e neppure la richiesta di rilascio dell'eventuale titolo abilitativo 1 In ogni caso la piena conoscenza si verifica con la consapevolezza del contenuto specifico dell'atto ovvero quando la costruzione realizzata rivela in modo certo ed univoco le essenziali caratteristiche dell'opera e la eventuale non conformità della stessa alla disciplina urbanistica. Per i proprietari dei fondi vicini, "essa si realizza con la ultimazione dei lavori o almeno con il completamento dell'involucro esterno della costruzione, non rilevandosi sufficiente il mero inizio delle opere né tantomeno l'apposizione di un cartello recante gli estremi e l'oggetto della medesima concessione"1. La giurisprudenza è, dunque, univoca nel riconoscere che la piena conoscenza del provvedimento "non può identificarsi con il momento in cui l'interessato ha avuto la mera conoscenza di taluni elementi esteriori del provvedimento, ma richiede una conoscenza piena stesa a tutti gli elementi dell'atto qualificabili come essenziali e individuabili in relazione alla sua motivazione"2. "La piena conoscenza della concessione edilizia da parte di terzi si realizza (...) con la fase di costruzione in cui si possono apprezzare le dimensioni e le caratteristiche dell'opera e, quindi, l'entità delle violazioni urbanistiche derivanti dal provvedimento concessorio (...)"3. "In tema di termine per l'impugnazione della concessione edilizia rilasciata a terzi, l'effettiva conoscenza dell'atto si concretizza, in via presuntiva, quando la costruzione realizzata riveli in modo certo ed univoco le essenziali caratteristiche dell'opera e la non conformità della stessa al titolo o alla disciplina urbanistica dell'area; a meno che non si deduca l'assoluta inedificabilità dell'area (o analoghe censure), nel qual caso risulta sufficiente la conoscenza dell'iniziativa in corso (...)"4. 1 T.A.R. Campania Salerno, sez. II, 03 ottobre 2008, n. 2823; T.A.R. Piemonte Torino, sez. I, 05 giugno 2009, n. 1601 2 T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 05 maggio 2009, n. 2360. 3 T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 12 aprile 2005, n. 3784. 4 T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 23 gennaio 2009, n. 168. 2 Lo stato dell'edificazione deve essere tale da rendere percepibili per i terzi gli elementi essenziali dell'atto, in modo che gli stessi possano valutarne la lesività. Dunque, la lesivià dell'opera è percepibile " quando la costruzione già rivela in modo inequivoco le essenziali caratteristiche dell'opera e l'eventuale non conformità della stessa al titolo o alla disciplina urbanistica"5. *** Nel merito. Con ordinanza istruttoria n. 902 del 18 giugno 2008, Codesto TAR disponeva verificazione al fine di accertare se il calcolo dell'altezza e dei volumi operato dall'Ufficio Tecnico del Comune di San Fermo fosse stato effettuato applicando correttamente la vigente normativa ed in particolare, l'art. 8 NTA del Piano delle Regole. A tal fine veniva incaricato il Direttore Generale della Direzione Territorio e Ambiente della Regione Lombardia. Si deve ribadire, in tale sede, che detta verificazione ha confermato i motivi di ricorso e gli accertamenti tecnici del Consulente di parte, ing. Lavinia Malerba come esposti nella relazione 4 settembre 2008 versata in atti. In punto di calcolo dell'altezza, il Funzionario Regionale ha ritenuto che l'applicazione dell'art. 8 delle N.T.A. impone di considerare l'esistenza o meno di una sede stradale di riferimento. La strada di accesso è la via Figino, così come identificata catastalmente e dotata di numero civico. E' pacifico che dall'omessa indicazione nel progetto della sede stradale di riferimento non può discendere che essa non esista. Fermo restando che l'Amministrazione non avrebbe dovuto rilasciare il permesso di costruire a fronte di una documentazione progettuale carente, 5 Consiglio Stato , sez. IV, 18 giugno 2009, n. 4015. 3 come evidenziata dal Funzionario regionale, la presenza della via asfaltata Figino costituisce presupposto certo per identificare con essa la sede stradale di riferimento per il calcolo dell'altezza. I pertinenti calcoli erano stati elaborati nell'ultima relazione dell'ing. Malerba che, come riferito in corso di giudizio, dichiarava: "si ritiene pertanto che l'altezza dell'edificio in progetto rispetto alla sede stradale di riferimento sia pari a 15,44 mt.", quindi notevolmente maggiore rispetto all'altezza prevista dalle N.T.A. in 10,50 mt.". Non vi è chi non veda che l'omissione progettuale non poteva legittimare un'altezza notevolmente superiore a quella consentita. L'edificio è stato impostato a quota +2,10, come si percepisce anche dalla documentazione fotografica allegata all'ultima relazione dell'ing. Malerba. Da quel livello è stato elevato l'intero edificio. In alternativa, occorrerebbe comunque considerare l'impostazione dell'edificio dalla rampa di accesso (tenuto altresì conto che le autorimese sono state calcolate con 3,00 mt. di altezza, ben oltre le altezze usuali delle autorimesse), costruita non in trincea, ma in elevazione con ulteriore superamento dell'altezza massima consentita. L'ing. Malerba ha affermato: "si ritiene pertanto che l'altezza dell'edificio in progetto sia pari a 12,56 mt. (13,56 mt. - 1,00 mt), cioè pari all'altezza del "prospetto più alto ridotto di 1,00 mt., in difformità delle N.T.A. comunali che prevedono un'altezza massima di 10,50 mt.". In ogni caso, quindi, l'altezza massima consentita è stata superata. Anche con riguardo al calcolo dei volumi la verificazione è stata chiara nell'affermare l'incremento di volumetria ed il conseguente superamento del limite massimo ammesso sul lotto. Il Funzionario ha evidenziato, inoltre, che l'intervento è stato assentito in assenza di un completo inquadramento progettuale ed a fronte di una 4 trasformazione edilizia che ha comportato la violazione dell'art. 11 del Piano delle Regole che, peraltro, riproduce il principio contenuto nell'art. 8 del D.M. 1444 del 1968. Con ordinanza n. 1395 del 17 settembre 2008, Codesto Tribunale Amministrativo, vista la relazione depositata dalla Regione in ottemperanza alla verificazione di cui sopra, ha accolto la domanda cautelare formulata da parte ricorrente e, conseguentemente, ha sospeso gli effetti del permesso di costruire impugnato, ritenendo sussistere profili di fondatezza del ricorso, in quanto: "- per il calcolo dell'altezza è stata presa erroneamente come riferimento la quota di piano di edificazione, mentre, trovandosi l'immobile in una zona urbanizzata e in presenza di una sede stradale, avrebbe dovuto essere considerata proprio la quota-strada; - in base alla verficazione è dubbio il rispetto del limite volumetrico, dal momento che non sono state computate diverse superfici (il locale al piano interrato e il terrazzo al secondo piano). La controinteressata ha proposto appello. Il Consiglio di Stato, in accoglimento dell'impugnazione, ha riformato l'ordinanza, limitandosi a pronunciarsi sul periculum, ritenendo configurabili profili di pregiudizio grave ed irreparabile relativamente "all'attività di impresa della società, impregiudicati restando gli esiti della futura trattazione del merito della controversia". Pertanto, si deve considerare come accertamento indiscutibile l'errata modalità di calcolo delle altezze utilizzata dal Responsabile del procedimento. Il Comune -così come dicharato da Codesto TAR, nonchè dalla Regione nella relazione predisposta in sede di verificazione- ha appliacto erroneamente le NTA. Ne deriva la fondatezza del ricorso in punto di modalità di calcolo delle altezze. 5 Il pregiudizio subito da parte ricorrente è indiscutibile, fermo restando l'insegnamento giurisprudenziale secondo cui: "Il possesso del titolo di legittimazione alla proposizione del ricorso per l'annullamento di una concessione edilizia, che discende dalla c.d. "vicinitas", cioè da una situazione di stabile collegamento giuridico con il terreno oggetto dell'intervento costruttivo autorizzato, esime da qualsiasi indagine al fine di accertare, in concreto, se i lavori assentiti dall'atto impugnato comportino o meno un effettivo pregiudizio per il soggetto che propone l'impugnazione atteso che l'esistenza della suddetta posizione legittimante abilita il soggetto ad agire per il rispetto delle norme urbanistiche, che assuma violate, a prescindere da qualsiasi esame sul tipo di lesione, che i lavori in concreto gli potrebbero arrecare"6. Pertanto, è ormai ineludibile nel presente giudizio che la verifica dell'altezza massima consentita "deve essere effettuata considerando come punto di partenza la quota di +0,15 m rispetto alla sede stradale esistente e la quota maggiore tra: 1) la media che si ottiene dividendo la superficie delle facciate per il perimetro della costruzione; 2) quella del prospetto più alto ridotta di un metro. Il prospetto più alto rispetto alla sede stradale, quota maggiore, è il prospetto prospiciente la via". La palese illegittimità dell'originario permesso di costruire travolge anche le DIA in variante, non potendo queste certamente porsi quali atti volti a "sanare" il titolo abilitativo impuganto. Quanto alla volumetria. Così come rilevato nell'ordinanza di Codesto TAR ed in sede di verificazione "è dubbio il rispetto del limite volumetrico dal momento che non sono state computate diverse superfici". 6 Consiglio Stato , sez. IV, 12 maggio 2009, n. 2908. 6 Dunque, a fronte di un'ordinanza di Codesto TAR che ha accertato profili di fondatezza del ricorso, con una chiara motivazione, il Consiglio di Stato ha dichiarato impregiudicati i profili di merito, ma ha riformato l'ordinanza consentendo, per l'effetto, la prosecuzione dei lavori. La controinteressata ha dato corso ai lavori, assumendosi evidentemente il rischio dell'annullamento del permesso di costruire impugnato. La documentazione fotografica versata in atti in data 26 novembre 2009 è eloquente. L'edificio si sarebbe dovuto inserire armonicamente nel contesto, trattandosi di una nuova costruzione in zona B2, sostitutiva di un edificio preesistente. Si ricordi, incidentalmente, che quest'ultimo era costituito anche da un'autorimessa libera su tre lati il cui piano di partenza risulta essere impostato proprio dalla quota strada. Pertanto tale quota avrebbe dovuto costituire punto fisso vincolante per l'impostazione della quota del piano attuale. Inoltre, tutti gli edifici prospettanti (come l'edificio assentito) sul tratto della via Figino, sono stati impostati proprio alla quota-strada, così come risulta dalla relazione dell'ing. Malerba, in atti. Eppure, la controinteressata ha realizzato autorimesse aventi altezza di 3 m., incrementando ulteriormente l'altezza dell'edificio che vi si sovrappone. Quanto alla disomogeneità rispetto al contesto, è chiaramente ravvisabile il rilevante impatto negativo. Tanto si trae anche dalla relazione di verificazione. Il comparto è, infatti, caratterizzato da residenze prevalentemente unifamiliari, mentre l'edificio è di diversa tipologia, decontestualizzato dall'assetto paesaggistico circostante. L'intervento è del tutto dissonante, sia per scelte dimensionali che per i volumi e le caratteristiche costruttive e tipologiche del manufatto, non coerenti con i 7 caratteri ed i valori del contesto e la loro percezione visuale. A subirne gli effetti sono gli edifici preesistenti, tra i quali la proprietà della ricorrente. E' chiaro che il c.d. effetto intrusivo, che si è determinato è produttivo di danni. L'edificio in oggetto priva la proprietà della ricorrente della veduta sulla vallata sottostante (a tal proposito è sufficiente visionare la documentazione fotografica prodotta), comportandone anche un deprezzamento significativo. Nell'ultima relazione dell'ing. Malerba allegata quale parte integrante della presente memoria, emerge che “(...) la proprietà della sig.ra Compagnone è un immobile di pregio composto da una villa singola di ampia metratura su due livelli con giardino di 2500/3000 mq oltre a autorimessa interrata, il locale di maggior rappresentanza quale la sala da pranzo è dotato di una vetrata di dimensioni di quattro metri per due prospiciente il retro del fabbricato di nuova costruzione, nelle foto allegate agli atti si evince l’impatto visivo ed occlusivo della nuova costruzione. E’ evidente pertanto il notevole danno economico dovuto al deprezzamento dell’immobile di proprietà della ricorrente per la perdita completa della vista sulla valle peggiorata ancora con le ultime modifiche in altezza e posizione del fabbricato di nuova costruzione. Si ritiene pertanto di poter ipotizzare un reale valore dell’immobile di proprietà della sig.ra Compagnone di € 1.300.000/1.400.000 ed un deprezzamento di circa il 15% pari a € 200.000 (duecentomila)”. L'ing. Malerba precisa, altresì, che, con riferimento alla DIA in variante 42/2009, presentata in data 2.11.2009, risulta che il fabbricato varia la sua altezza, che aumenta di 30 cm. Quanto alle altezze. Nella propria relazione, il consulente ribadisce, nel rispetto di quanto dichiarato dal TAR, che si deve prendere quale punto di partenza, per 8 procedere alla misurazione dell'altezza dell'edificio, la quota della sede stradale, mentre il Responsabile del procedimento, in tutti i calcoli dell'altezza massima, considera la quota del terreno preesistente. Inoltre, l'altezza del prospetto risulta pari a 17,45 m. dalla quota inferiore della strada e“l'edificio in progetto risulta avere altezza massima, così come da art. 8 del PDR, pari a 16,30 m (17,45m – 0,15m [marciapiede] – 1m), notevolmente maggiore all'altezza imposta dalle NTA, pari a 10,50”. La notevole altezza dipende, oltre che dal numero di piani realizzati, dalla quota del piano di accesso all'immobile che, come rilevato dalla Regione, si colloca al piano interrato ad una quota di +2,10 m rispetto alla quota della strada. “Il fabbricato, oltre a staccarsi dal suolo ad un’altezza già di + 2.10 metri dalla strada, risulta essere composto di quattro piani: piano interrato, piano terra, piano primo e piano secondo, inoltre il piano interrato (che in realtà è solo parzialmente interrato) ad uso box e servizi ha un altezza interna notevole pari a 3 metri superiore persino all’altezza dei singoli piani abitabili pari a 2.70m” Quanto ai volumi. La relazione istruttoria predisposta dal Funzionario Delegato della Regione, evidenzia un aumento della SLP fino a il 20% con conseguente superamento del limite edificatorio consentito dal lotto, evidenziando come superfici non computate nel calcolo dei volumi: • locale immondezzaio al piano interrato; • terrazzi al secondo piano; • locali sottotetto al secondo piano. La relazione dell'ing. Malerba è molto chiara nell'evidenziare l'erroneità dei calcoli effettuati dal Responsabile del procedimento. Anzitutto, deve essere ricompreso nei calcoli volumetrici un locale adibito ad 9 immondezzaio che, secondo il Responsabile, non genera volume. L’art. 8 del Piano delle Regole sancisce quali superfici non sono da computate nella SLP. Il locale immondezzaio non rientra in nessun caso di esclusione. Relativamente al terrazzo al secondo piano, osserva il consulente che esso non è raffigurato dal progettista, nè è calcolato dal Responsabile nel controllo delle superfici e precisa come lo stesso “non possa considerarsi una copertura piana se non per piccole parti, così come evidenziato dall’arch.Cinzia Pedrotti, ma un balcone e pertanto deve essere conteggiato per la parte con profondità superiore a 1,50m nel calcolo della SLP”. Anche il balcone al primo piano deve essere computato ai fini del calcolo della SLP. Diversamente, il Responsabile lo considera (incomprensibilmente) una loggia e calcola la superficie solo per una profondità superiore a 2,50m Infine, “nella verifica del volume e quindi della SLP effettuato dal Tecnico comunale a pagina 7 e 8, con riferimento all’allegato 5.1, nei calcoli della superficie vengono esclusi, oltre ai muri perimetrali, erroneamente anche i muri delle scale”. Il Decreto della Regione Lombardia n° 8935 del 07/08/2008 “Approvazione circolare relativa all’applicazione della L.R. 26/1995 ed al rapporto con l’art.11 del D.LGS.115/2008” dispone che: “…lo scomputo in questione si applica ai muri perimetrali (…), restando escluse le parti che confinano con il vano scala (...)”. Pertanto, precisa il consulente, nel conteggio della SLP vanno considerati interamente i muri verso il vano scala. “Non da ultimo e sicuramente più rilevante è il conteggio della SLP al piano interrato. Nella verifica del volume effettuato dal Tecnico comunale a pagina 7 la superficie del piano interrato risulta pari a 257,99 mq facendo riferimento 10 ad un allegato 9 che non esiste. Considerato che il fabbricato al piano interrato misura 295,48 mq (lato 16,60m x lato17,80m vedi planimetria), oltre ai locali Centrale Termica, disimpegno, locale cicli ed accesso, anche sottraendo la Superficie Coperta calcolata dall’ing. Roberto Sidella pari a 234,71mq, si otterrebbe una SLP per il piano interrato pari a 60,77mq, circa tre volte la superficie risultante in Relazione Tecnica. Inoltre al piano secondo è presente un unico appartamento, mentre la precedente distribuzione interna prevedeva due appartamenti, e pertanto la superficie del vano scala non può essere esclusa dal conteggio della SLP poichè non è comune a due o più differenti unità ma è di uso esclusivo ( PDR art. 8 ). La Superficie Lorda di Pavimento non computata è pari a circa 118 mq e la relativa differenza di volume edificato è pari a circa 355 mc, superiore di oltre il 20% rispetto a limite edificatorio consentito dal lotto. *** Si deve considerare che la Relazione Tecnica del 20 novembre 2009 a firma del Responsabile del procedimento non tiene conto del criterio ineludibile, fissato da Codesto TAR, vale a dire che l'altezza deve essere calcolata dalla quota strada perchè l'immobile si trova in zona urbanizzata ed in presenza di una sede stradale. E' chiaro che tali presupposti, dichiarati da Codesto TAR, non possono modificarsi nel tempo del giudizio e rimangono fermi anche in questa fase processuale. Quindi, se la strada non si è spostata e l'area è rimasta urbanizzata l'altezza dell'edificio, ora, come alla data dell'ordinanza, eccede l'altezza massima consentita nella zona. Perciò solo il ricorso merita accoglimento in punto. 11 Il Responsabile del procedimento, avrebbe dovuto prendere atto dei presupposti accertati e dichiarati da Codesto TAR ed avviare un procedimento di riesame della pratica edilizia. E' accaduto invece che egli non abbia verificato le DIA presentate rispetto ai presupposti di cui sopra e, a fini processuali, abbia predisposto una relazione tecnica che si pone a sostegno e difesa del permesso di costruire rilasciato. Tanto viola palesemente i principi cardine in tema di attività amministrativa ed in particolare del principio di legalità, oltre che di economicità per la ragione che l'attività svolta si pone in contrasto con i presupposti fissati per il calcolo dell'altezza. Quanto alla controinteressata deve osservarsi che ben avrebbe potuto tenere nella dovuta considerazione il criterio stabilito dal TAR. Invece l'immobile è stato completato nella sua consistenza planivolumetrica. L'edificio è stato addirittura realizzato 30 cm più alto rispetto al permesso di costruire, secondo quanto afferma il consulente di parte ed essendo traslato più a valle rispetto al sedime originario ha determinato un pregiudizio ancora maggiore alla veduta dalla proprietà della ricorrente. Il consulente di parte rileva : “L’impresa poteva completare l’immobile per i piani interrato, terra e primo e non concludere in elevazione il piano secondo che è stato edificato con diversa tipologia costruttiva, infatti il completamento del volume del piano secondo è avvenuto mediante realizzazione di tetto in legno e non mediante l’uso di cemento armato come per il resto della struttura. Mancano comunque molte lavorazioni di realizzazione delle finiture e degli impianti, l’impianto d’ascensore è in fase di completamento alla data odierna. Infatti non è stata ad oggi presentata la Fine Lavori, anzi la DIA n°42/09 in Variante è stata presentata in data 2 novembre 2009”. L'edificio, dunque, potrebbe essere ricondotto al rispetto dell'altezza massima 12 di zona senza necessità di intervenire su strutture in cemento armato e senza pregiudizio per i terzi perchè esso non è ancora abitato, né agibile, non essendo stati ancora terminati i lavori, per quanto risulta. *** Alla luce di quanto precisato, devono confermarsi le conclusioni volte all'annullamento del permesso di costruire impugnato, rilasciato alla controinteressata, nonché degli atti presupposti, connessi e conseguenti e, per l'effetto, alla reintegrazione in forma specifica, oltre al risarcimento del danno subito da parte ricorrente, da quantificarsi anche in via equitativa, tenuto conto della privazione della veduta della vallata sottostante a causa della costruzione realizzata e del deprezzamento della villa di proprietà ricorrente. Con la rifusione delle spese legali. Con osservanza. Si allega relazione a firma dell'ing. Lavinia Malerba dell'1.12.09. Como-Milano, 3 dicembre 2009 I Procuratori Avv. Mario Lavatelli F.to Mario Lavatelli Avv. Vincenzo Latorraca F.to Vincenzo Latorraca Avv. Micaela Chiesa F.to Micaela Chiesa 13