Studio Legale Avvocati
LAVATELLI & LATORRACA E ASSOCIATI
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Tribunale Amministrativo Regionale
Per la Lombardia - Milano
Nel ricorso r.g. 932/2008, Sezione II, promosso da Compagnone Angela, con
gli avv.ti Mario Lavatelli, Vincenzo Latorraca e Micaela Chiesa
contro
Il Comune di San Fermo della Battaglia, in persona del Sindaco pro-
tempore e del Responsabile del Servizio, che ha adottato gli atti impugnati,
con gli avv.ti Elia Di Matteo ed Elisabetta Di Matteo
e nei confronti
Mazzucchi Costruzioni S.r.l., in persona del legale rappresentante pro
tempore, con l'avv. Michele Rocchetti
Memoria conclusiva nell’interesse di parte ricorrente
La fissazione dell'udienza di discussione rende opportune alcune precisazioni,
ferma restando l'integrale conferma di tutte le deduzioni esposte nel ricorso e
nelle memorie depositate nel corso del giudizio.
***
Si
deve,
preliminarmente,
rilevare
che
la
censura
sollevata
dalla
controinteressata in punto di tardività del ricorso è priva di pregio.
Fermo restando che spetta a controparte dimostrare la piena conoscenza in
capo alla ricorrente, si osserva che oggetto di impugnazione è il provvedimento
amministrativo e cioè, nella fattispecie concreta, il permesso di costruire.
Tale non è il progetto allegato all'istanza di permesso di costruire, che si
inserisce in una fase prodromica, la quale può concludersi con il rilascio del
titolo, così come può arrestarsi laddove il progetto non sia assentibile e
neppure la richiesta di rilascio dell'eventuale titolo abilitativo
1
In ogni caso la piena conoscenza si verifica con la consapevolezza del
contenuto specifico dell'atto ovvero quando la costruzione realizzata rivela in
modo certo ed univoco le essenziali caratteristiche dell'opera e la eventuale
non conformità della stessa alla disciplina urbanistica.
Per i proprietari dei fondi vicini, "essa si realizza con la ultimazione dei lavori
o almeno con il completamento dell'involucro esterno della costruzione, non
rilevandosi sufficiente il mero inizio delle opere né tantomeno l'apposizione di
un cartello recante gli estremi e l'oggetto della medesima concessione"1.
La giurisprudenza è, dunque, univoca nel riconoscere che la piena conoscenza
del provvedimento "non può identificarsi con il momento in cui l'interessato
ha avuto la mera conoscenza di taluni elementi esteriori del provvedimento,
ma richiede una conoscenza piena stesa a tutti gli elementi dell'atto
qualificabili come essenziali e individuabili in relazione alla sua
motivazione"2.
"La piena conoscenza della concessione edilizia da parte di terzi si realizza
(...) con la fase di costruzione in cui si possono apprezzare le dimensioni e le
caratteristiche dell'opera e, quindi, l'entità delle violazioni urbanistiche
derivanti dal provvedimento concessorio (...)"3.
"In tema di termine per l'impugnazione della concessione edilizia rilasciata a
terzi, l'effettiva conoscenza dell'atto si concretizza, in via presuntiva, quando
la costruzione realizzata riveli in modo certo ed univoco le essenziali
caratteristiche dell'opera e la non conformità della stessa al titolo o alla
disciplina urbanistica dell'area; a meno che non si deduca l'assoluta
inedificabilità dell'area (o analoghe censure), nel qual caso risulta sufficiente
la conoscenza dell'iniziativa in corso (...)"4.
1 T.A.R. Campania Salerno, sez. II, 03 ottobre 2008, n. 2823; T.A.R. Piemonte Torino, sez. I, 05 giugno 2009,
n. 1601
2 T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 05 maggio 2009, n. 2360.
3 T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 12 aprile 2005, n. 3784.
4 T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 23 gennaio 2009, n. 168.
2
Lo stato dell'edificazione deve essere tale da rendere percepibili per i terzi gli
elementi essenziali dell'atto, in modo che gli stessi possano valutarne la
lesività.
Dunque, la lesivià dell'opera è percepibile " quando la costruzione già rivela
in modo inequivoco le essenziali caratteristiche dell'opera e l'eventuale non
conformità della stessa al titolo o alla disciplina urbanistica"5.
***
Nel merito.
Con ordinanza istruttoria n. 902 del 18 giugno 2008, Codesto TAR disponeva
verificazione al fine di accertare se il calcolo dell'altezza e dei volumi operato
dall'Ufficio Tecnico del Comune di San Fermo fosse stato effettuato
applicando correttamente la vigente normativa ed in particolare, l'art. 8 NTA
del Piano delle Regole.
A tal fine veniva incaricato il Direttore Generale della Direzione Territorio e
Ambiente della Regione Lombardia.
Si deve ribadire, in tale sede, che detta verificazione ha confermato i motivi di
ricorso e gli accertamenti tecnici del Consulente di parte, ing. Lavinia Malerba
come esposti nella relazione 4 settembre 2008 versata in atti.
In punto di calcolo dell'altezza, il Funzionario Regionale ha ritenuto che
l'applicazione dell'art. 8 delle N.T.A. impone di considerare l'esistenza o meno
di una sede stradale di riferimento.
La strada di accesso è la via Figino, così come identificata catastalmente e
dotata di numero civico.
E' pacifico che dall'omessa indicazione nel progetto della sede stradale di
riferimento non può discendere che essa non esista.
Fermo restando che l'Amministrazione non avrebbe dovuto rilasciare il
permesso di costruire a fronte di una documentazione progettuale carente,
5
Consiglio Stato , sez. IV, 18 giugno 2009, n. 4015.
3
come evidenziata dal Funzionario regionale, la presenza della via asfaltata
Figino costituisce presupposto certo per identificare con essa la sede stradale di
riferimento per il calcolo dell'altezza.
I pertinenti calcoli erano stati elaborati nell'ultima relazione dell'ing. Malerba
che, come riferito in corso di giudizio, dichiarava: "si ritiene pertanto che
l'altezza dell'edificio in progetto rispetto alla sede stradale di riferimento sia
pari a 15,44 mt.", quindi notevolmente maggiore rispetto all'altezza prevista
dalle N.T.A. in 10,50 mt.".
Non vi è chi non veda che l'omissione progettuale non poteva legittimare
un'altezza notevolmente superiore a quella consentita.
L'edificio è stato impostato a quota +2,10, come si percepisce anche dalla
documentazione fotografica allegata all'ultima relazione dell'ing. Malerba.
Da quel livello è stato elevato l'intero edificio.
In alternativa, occorrerebbe comunque considerare l'impostazione dell'edificio
dalla rampa di accesso (tenuto altresì conto che le autorimese sono state
calcolate con 3,00 mt. di altezza, ben oltre le altezze usuali delle autorimesse),
costruita non in trincea, ma in elevazione con ulteriore superamento
dell'altezza massima consentita.
L'ing. Malerba ha affermato: "si ritiene pertanto che l'altezza dell'edificio in
progetto sia pari a 12,56 mt. (13,56 mt. - 1,00 mt), cioè pari all'altezza del
"prospetto più alto ridotto di 1,00 mt., in difformità delle N.T.A. comunali che
prevedono un'altezza massima di 10,50 mt.".
In ogni caso, quindi, l'altezza massima consentita è stata superata.
Anche con riguardo al calcolo dei volumi la verificazione è stata chiara
nell'affermare l'incremento di volumetria ed il conseguente superamento del
limite massimo ammesso sul lotto.
Il Funzionario ha evidenziato, inoltre, che l'intervento è stato assentito in
assenza di un completo inquadramento progettuale ed a fronte di una
4
trasformazione edilizia che ha comportato la violazione dell'art. 11 del Piano
delle Regole che, peraltro, riproduce il principio contenuto nell'art. 8 del D.M.
1444 del 1968.
Con ordinanza n. 1395 del 17 settembre 2008, Codesto Tribunale
Amministrativo, vista la relazione depositata dalla Regione in ottemperanza
alla verificazione di cui sopra, ha accolto la domanda cautelare formulata da
parte ricorrente e, conseguentemente, ha sospeso gli effetti del permesso di
costruire impugnato, ritenendo sussistere profili di fondatezza del ricorso, in
quanto: "- per il calcolo dell'altezza è stata presa erroneamente come
riferimento la quota di piano di edificazione, mentre, trovandosi l'immobile in
una zona urbanizzata e in presenza di una sede stradale, avrebbe dovuto essere
considerata proprio la quota-strada; - in base alla verficazione è dubbio il
rispetto del limite volumetrico, dal momento che non sono state computate
diverse superfici (il locale al piano interrato e il terrazzo al secondo piano).
La controinteressata ha proposto appello.
Il Consiglio di Stato, in accoglimento dell'impugnazione, ha riformato
l'ordinanza, limitandosi a pronunciarsi sul periculum, ritenendo configurabili
profili di pregiudizio grave ed irreparabile relativamente "all'attività di impresa
della società, impregiudicati restando gli esiti della futura trattazione del
merito della controversia".
Pertanto, si deve considerare come accertamento indiscutibile l'errata modalità
di calcolo delle altezze utilizzata dal Responsabile del procedimento.
Il Comune -così come dicharato da Codesto TAR, nonchè dalla Regione nella
relazione predisposta in sede di verificazione- ha appliacto erroneamente le
NTA.
Ne deriva la fondatezza del ricorso in punto di modalità di calcolo delle
altezze.
5
Il pregiudizio subito da parte ricorrente è indiscutibile, fermo restando
l'insegnamento giurisprudenziale secondo cui: "Il possesso del titolo di
legittimazione alla proposizione del ricorso per l'annullamento di una
concessione edilizia, che discende dalla c.d. "vicinitas", cioè da una situazione
di stabile collegamento giuridico con il terreno oggetto dell'intervento
costruttivo autorizzato, esime da qualsiasi indagine al fine di accertare, in
concreto, se i lavori assentiti dall'atto impugnato comportino o meno un
effettivo pregiudizio per il soggetto che propone l'impugnazione atteso che
l'esistenza della suddetta posizione legittimante abilita il soggetto ad agire per
il rispetto delle norme urbanistiche, che assuma violate, a prescindere da
qualsiasi esame sul tipo di lesione, che i lavori in concreto gli potrebbero
arrecare"6.
Pertanto, è ormai ineludibile nel presente giudizio che la verifica dell'altezza
massima consentita "deve essere effettuata considerando come punto di
partenza la quota di +0,15 m rispetto alla sede stradale esistente e la quota
maggiore tra: 1) la media che si ottiene dividendo la superficie delle facciate
per il perimetro della costruzione; 2) quella del prospetto più alto ridotta di un
metro.
Il prospetto più alto rispetto alla sede stradale, quota maggiore, è il prospetto
prospiciente la via".
La palese illegittimità dell'originario permesso di costruire travolge anche le
DIA in variante, non potendo queste certamente porsi quali atti volti a "sanare"
il titolo abilitativo impuganto.
Quanto alla volumetria.
Così come rilevato nell'ordinanza di Codesto TAR ed in sede di verificazione
"è dubbio il rispetto del limite volumetrico dal momento che non sono state
computate diverse superfici".
6 Consiglio Stato , sez. IV, 12 maggio 2009, n. 2908.
6
Dunque, a fronte di un'ordinanza di Codesto TAR che ha accertato profili di
fondatezza del ricorso, con una chiara motivazione, il Consiglio di Stato ha
dichiarato impregiudicati i profili di merito, ma ha riformato l'ordinanza
consentendo, per l'effetto, la prosecuzione dei lavori.
La controinteressata ha dato corso ai lavori, assumendosi evidentemente il
rischio dell'annullamento del permesso di costruire impugnato.
La documentazione fotografica versata in atti in data 26 novembre 2009 è
eloquente.
L'edificio si sarebbe dovuto inserire armonicamente nel contesto, trattandosi di
una nuova costruzione in zona B2, sostitutiva di un edificio preesistente.
Si ricordi, incidentalmente, che quest'ultimo era costituito anche da
un'autorimessa libera su tre lati il cui piano di partenza risulta essere impostato
proprio dalla quota strada.
Pertanto tale quota avrebbe dovuto costituire punto fisso vincolante per
l'impostazione della quota del piano attuale.
Inoltre, tutti gli edifici prospettanti (come l'edificio assentito) sul tratto della
via Figino, sono stati impostati proprio alla quota-strada, così come risulta
dalla relazione dell'ing. Malerba, in atti.
Eppure, la controinteressata ha realizzato autorimesse aventi altezza di 3 m.,
incrementando ulteriormente l'altezza dell'edificio che vi si sovrappone.
Quanto alla disomogeneità rispetto al contesto, è chiaramente ravvisabile il
rilevante impatto negativo.
Tanto si trae anche dalla relazione di verificazione.
Il comparto è, infatti, caratterizzato da residenze prevalentemente unifamiliari,
mentre l'edificio è di diversa tipologia, decontestualizzato dall'assetto
paesaggistico circostante.
L'intervento è del tutto dissonante, sia per scelte dimensionali che per i volumi
e le caratteristiche costruttive e tipologiche del manufatto, non coerenti con i
7
caratteri ed i valori del contesto e la loro percezione visuale.
A subirne gli effetti sono gli edifici preesistenti, tra i quali la proprietà della
ricorrente.
E' chiaro che il c.d. effetto intrusivo, che si è determinato è produttivo di danni.
L'edificio in oggetto priva la proprietà della ricorrente della veduta sulla vallata
sottostante (a tal proposito è sufficiente visionare la documentazione
fotografica prodotta), comportandone anche un deprezzamento significativo.
Nell'ultima relazione dell'ing. Malerba allegata quale parte integrante della
presente memoria, emerge che “(...) la proprietà della sig.ra Compagnone è
un immobile di pregio composto da una villa singola di ampia metratura su
due livelli con giardino di 2500/3000 mq oltre a autorimessa interrata, il
locale di maggior rappresentanza quale la sala da pranzo è dotato di una
vetrata di dimensioni di quattro metri per due prospiciente il retro del
fabbricato di nuova costruzione, nelle foto allegate agli atti
si evince
l’impatto visivo ed occlusivo della nuova costruzione.
E’ evidente pertanto il notevole danno economico dovuto al deprezzamento
dell’immobile di proprietà della ricorrente per la perdita completa della vista
sulla valle peggiorata ancora con le ultime modifiche in altezza e posizione del
fabbricato di nuova costruzione.
Si ritiene pertanto di poter ipotizzare un reale valore dell’immobile di
proprietà della sig.ra Compagnone di € 1.300.000/1.400.000 ed un
deprezzamento di circa il 15% pari a € 200.000 (duecentomila)”.
L'ing. Malerba precisa, altresì, che, con riferimento alla DIA in variante
42/2009, presentata in data 2.11.2009, risulta che il fabbricato varia la sua
altezza, che aumenta di 30 cm.
Quanto alle altezze.
Nella propria relazione, il consulente ribadisce, nel rispetto di quanto
dichiarato dal TAR, che si deve prendere quale punto di partenza, per
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procedere alla misurazione dell'altezza dell'edificio, la quota della sede
stradale, mentre il Responsabile del procedimento, in tutti i calcoli dell'altezza
massima, considera la quota del terreno preesistente.
Inoltre, l'altezza del prospetto risulta pari a 17,45 m. dalla quota inferiore della
strada e“l'edificio in progetto risulta avere altezza massima, così come da art.
8 del PDR, pari a 16,30 m (17,45m – 0,15m [marciapiede] – 1m),
notevolmente maggiore all'altezza imposta dalle NTA, pari a 10,50”.
La notevole altezza dipende, oltre che dal numero di piani realizzati, dalla
quota del piano di accesso all'immobile che, come rilevato dalla Regione, si
colloca al piano interrato ad una quota di +2,10 m rispetto alla quota della
strada.
“Il fabbricato, oltre a staccarsi dal suolo ad un’altezza già di + 2.10 metri
dalla strada, risulta essere composto di quattro piani: piano interrato, piano
terra, piano primo e piano secondo, inoltre il piano interrato (che in realtà è
solo parzialmente interrato) ad uso box e servizi
ha un altezza interna
notevole pari a 3 metri superiore persino all’altezza dei singoli piani abitabili
pari a 2.70m”
Quanto ai volumi.
La relazione istruttoria predisposta dal Funzionario Delegato della Regione,
evidenzia un aumento della SLP fino a il 20% con conseguente superamento
del limite edificatorio consentito dal lotto, evidenziando come superfici non
computate nel calcolo dei volumi:
• locale immondezzaio al piano interrato;
• terrazzi al secondo piano;
• locali sottotetto al secondo piano.
La relazione dell'ing. Malerba è molto chiara nell'evidenziare l'erroneità dei
calcoli effettuati dal Responsabile del procedimento.
Anzitutto, deve essere ricompreso nei calcoli volumetrici un locale adibito ad
9
immondezzaio che, secondo il Responsabile, non genera volume.
L’art. 8 del Piano delle Regole sancisce quali superfici non sono da computate
nella SLP.
Il locale immondezzaio non rientra in nessun caso di esclusione.
Relativamente al terrazzo al secondo piano, osserva il consulente che esso non
è raffigurato dal progettista, nè è calcolato dal Responsabile nel controllo delle
superfici e precisa come lo stesso “non possa considerarsi una copertura
piana se non per piccole parti, così come evidenziato dall’arch.Cinzia
Pedrotti, ma un balcone e pertanto deve essere conteggiato per la parte con
profondità superiore a 1,50m nel calcolo della SLP”.
Anche il balcone al primo piano deve essere computato ai fini del calcolo della
SLP.
Diversamente, il Responsabile lo considera (incomprensibilmente) una loggia
e calcola la superficie solo per una profondità superiore a 2,50m
Infine, “nella verifica del volume e quindi della SLP effettuato dal Tecnico
comunale a pagina 7 e 8, con riferimento all’allegato 5.1, nei calcoli della
superficie vengono esclusi, oltre ai muri perimetrali, erroneamente anche i
muri delle scale”.
Il Decreto della Regione Lombardia n° 8935 del 07/08/2008 “Approvazione
circolare relativa all’applicazione della L.R. 26/1995 ed al rapporto con l’art.11
del D.LGS.115/2008” dispone che: “…lo scomputo in questione si applica ai
muri perimetrali (…), restando escluse le parti che confinano con il vano scala
(...)”.
Pertanto, precisa il consulente, nel conteggio della SLP vanno considerati
interamente i muri verso il vano scala.
“Non da ultimo e sicuramente più rilevante è il conteggio della SLP al piano
interrato. Nella verifica del volume effettuato dal Tecnico comunale a pagina 7
la superficie del piano interrato risulta pari a 257,99 mq facendo riferimento
10
ad un allegato 9 che non esiste.
Considerato che il fabbricato al piano interrato misura 295,48 mq (lato
16,60m x lato17,80m vedi planimetria), oltre ai locali Centrale Termica,
disimpegno, locale cicli ed accesso, anche sottraendo la Superficie Coperta
calcolata dall’ing. Roberto Sidella pari a 234,71mq, si otterrebbe una SLP per
il piano interrato pari a 60,77mq, circa tre volte la superficie risultante in
Relazione Tecnica.
Inoltre al piano secondo è presente un unico appartamento, mentre la
precedente distribuzione interna prevedeva due appartamenti, e pertanto la
superficie del vano scala non può essere esclusa dal conteggio della SLP
poichè non è comune a due o più differenti unità ma è di uso esclusivo ( PDR
art. 8 ).
La Superficie Lorda di Pavimento non computata è pari a circa 118 mq e la
relativa differenza di volume edificato è pari a circa 355 mc, superiore di oltre
il 20% rispetto a limite edificatorio consentito dal lotto.
***
Si deve considerare che la Relazione Tecnica del 20 novembre 2009 a firma
del Responsabile del procedimento non tiene conto del criterio ineludibile,
fissato da Codesto TAR, vale a dire che l'altezza deve essere calcolata dalla
quota strada perchè l'immobile si trova in zona urbanizzata ed in presenza di
una sede stradale.
E' chiaro che tali presupposti, dichiarati da Codesto TAR, non possono
modificarsi nel tempo del giudizio e rimangono fermi anche in questa fase
processuale.
Quindi, se la strada non si è spostata e l'area è rimasta urbanizzata l'altezza
dell'edificio, ora, come alla data dell'ordinanza, eccede l'altezza massima
consentita nella zona.
Perciò solo il ricorso merita accoglimento in punto.
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Il Responsabile del procedimento, avrebbe dovuto prendere atto dei
presupposti accertati e dichiarati da Codesto TAR ed avviare un procedimento
di riesame della pratica edilizia.
E' accaduto invece che egli non abbia verificato le DIA presentate rispetto ai
presupposti di cui sopra e, a fini processuali, abbia predisposto una relazione
tecnica che si pone a sostegno e difesa del permesso di costruire rilasciato.
Tanto viola palesemente i principi cardine in tema di attività amministrativa ed
in particolare del principio di legalità, oltre che di economicità per la ragione
che l'attività svolta si pone in contrasto con i presupposti fissati per il calcolo
dell'altezza.
Quanto alla controinteressata deve osservarsi che ben avrebbe potuto tenere
nella dovuta considerazione il criterio stabilito dal TAR.
Invece l'immobile è stato completato nella sua consistenza planivolumetrica.
L'edificio è stato addirittura realizzato 30 cm più alto rispetto al permesso di
costruire, secondo quanto afferma il consulente di parte ed essendo traslato più
a valle rispetto al sedime originario ha determinato un pregiudizio ancora
maggiore alla veduta dalla proprietà della ricorrente.
Il consulente di parte rileva : “L’impresa poteva completare l’immobile per i
piani interrato, terra e primo e non concludere in elevazione il piano secondo
che è stato edificato con diversa tipologia costruttiva, infatti il completamento
del volume del piano secondo è avvenuto mediante realizzazione di tetto in
legno e non mediante l’uso di cemento armato come per il resto della
struttura.
Mancano comunque molte lavorazioni di realizzazione delle finiture e degli
impianti, l’impianto d’ascensore è in fase di completamento alla data odierna.
Infatti non è stata ad oggi presentata la Fine Lavori, anzi la DIA n°42/09 in
Variante è stata presentata in data 2 novembre 2009”.
L'edificio, dunque, potrebbe essere ricondotto al rispetto dell'altezza massima
12
di zona senza necessità di intervenire su strutture in cemento armato e senza
pregiudizio per i terzi perchè esso non è ancora abitato, né agibile, non essendo
stati ancora terminati i lavori, per quanto risulta.
***
Alla luce di quanto precisato, devono confermarsi le conclusioni volte
all'annullamento del permesso di costruire impugnato, rilasciato alla
controinteressata, nonché degli atti presupposti, connessi e conseguenti e, per
l'effetto, alla reintegrazione in forma specifica, oltre al risarcimento del danno
subito da parte ricorrente, da quantificarsi anche in via equitativa, tenuto conto
della privazione della veduta della vallata sottostante a causa della costruzione
realizzata e del deprezzamento della villa di proprietà ricorrente.
Con la rifusione delle spese legali.
Con osservanza.
Si allega relazione a firma dell'ing. Lavinia Malerba dell'1.12.09.
Como-Milano, 3 dicembre 2009
I Procuratori
Avv. Mario Lavatelli
F.to Mario Lavatelli
Avv. Vincenzo Latorraca
F.to Vincenzo Latorraca
Avv. Micaela Chiesa
F.to Micaela Chiesa
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