APPENDICE LA NOSTRA PARLATA Premesso che il Dialetto Siciliano non è una lingua scritta, ma una lingua orale, tutto quello che sarà detto di seguito, è approssimativo. Poiché i contenuti espressi derivano dalla lingua parlata e non da un testo di grammatica, si procederà per gradi proponendo, nella forma più semplice possibile, i mutamenti fonetici e le variabili scritte del nostro dialetto locale. Considerato che tutte le lingue subiscono costantemente un processo di trasformazione e movimento, allo stesso modo il dialetto siciliano, in quanto lingua viva, rimane soggetto a quell’iter filologico che detta le varianti, in un continuo moto evolutivo, del nostro idioma. Spesso, infatti, una stessa parola viene pronunciata in modo diverso in base al contesto in cui viene utilizzata. Altre volte, invece, si insinuano dei suoni che sortiscono un effetto fonico più gradevole escludendo fastidiose alternanze di suoni. Ne risulta che il nostro dialetto possiede alcuni suoni che non hanno alcun corrispettivo fonico in italiano. La lingua siciliana è una lingua stratificata, riccamente influenzata dal greco, latino, arabo, francese, provenzale, tedesco, catalano, spagnolo. Lingue proprie di tutti quei popoli mediterranei che durante i millenni, per la sua posizione geografica di isola maggiore del Mediterraneo, l’hanno dominata e governata, lasciandole in eredità, il lessico e le forme grammaticali dei loro idiomi. Pertanto, il tentativo operato è quello di rendere chiara e accessibile la comprensione di contenuti e di forme lessicali appartenenti alla nostra parlata locale. L’interpretazione linguistica si rifà all’esperienza verbale del nostro contesto comprensoriale, ricco di suoni e di toni ereditati e assorbiti da tradizioni lessicali diverse. In questo contesto prende vita una specie di assemblaggio di grafemi e fonemi, propri della nostra parlata, di cui la traduzione scritta tenta di farsi portavoce, proponendo, quanto possibile, l’espressione orale. Il presente lavoro non è altro, quindi, che la sintesi di un “tentativo”, finalizzato alla diffusione e comprensione del nostro dialetto locale, senza adulterazioni di carattere specialistico. Alfabeto e fonetica Anche l'alfabeto del nostro dialetto locale si compone delle seguenti 24 lettere: ABCDEFGHIJLMNOPQRSTUVZKX La lingua italiana ha il sistema pentavocalico cioè ha cinque vocali, le vocali nel nostro dialetto, invece, seguono il sistema esavocalico siciliano detto anche vocalismo siciliano che, da un punto di vista fonologico, è formato, da sei fonemi → a, e, i, o, u, + ll . A questo corrispondono le cinque vocali grafiche tradizionali + Il gruppo ll, che comprende le cosiddette microvocali → d, dd, ddr Con le microvocali si forma, quindi, il sistema esavocalico siciliano di cui le principali caratteristiche fonetiche derivano dai 5 fonemi vocalici più i suoni derivanti dal gruppo delle microvocali. La a e la e normalmente sono pronunciate come in italiano, ma assumono un suono leggermente diverso, più aperto o più chiuso, se ad inizio di parola o antecedenti e/o conseguenti gruppi consonantici, digrammi e doppie: → arbulu, abballari, strazzatu, addrumatu... → erba, pezza, firrettu, metiri... La i è pronunciata i come in italiano oppure i come nell’inglese big. Aferesi - Non di rado a inizio di parola la i cade, avviene un’elisione, specie quando è seguita da m o n: 'ngannari → ingannare, 'nfiernu → inferno, 'nsignari → insegnare, 'mpisu → impiccato, e così via. Ciò si verifica anche quando in è preposizione, pertanto ha luogo la conseguente trasformazione fonetica: in → in capo, in cielo, → ‘n capu, ’n cielu → ‘ncapu, ’ncielu in→ in paradiso, invece → ’n paradisu, anveci → ’nparadisu, (a)’nmeci in → in mano, in mezzo → ‘n manu, ‘n mezzo, → ‘nmanu, ‘nmiezzu Nella pronuncia la n sembra trasformarsi in m e così spesso troviamo trascritto: → ammeci, ‘mparadisu, ‘mmiezzu... Molto più raramente si incontrano aferesi anche in a: → 'ntinna → antenna La u è pronunciata u come in italiano oppure u come nell’ inglese good. La d se è una sola si pronuncia normalmente d, mentre se sono due e derivanti dal nesso latino ll è pronunciata retroflessa con una r : ddr → bieddru, cavaddru. Oltre ai cinque fonemi vocalici siciliani si possono individuare altri fonemi, semivocalici o semiconsonantici, che occorrono, necessariamente, insieme alle vocali, nella definizione di fenomeni eufonici e nella costruzione di sillabe con dittonghi e più raramente con trittonghi. Nell'Alfabeto Fonetico Internazionale, tuttavia, questi suoni sono identificati come consonanti approssimanti. La h non è muta, ma comporta un'aspirazione, la fricativa velare sorda, come nel tedesco ich. Tale suono è rappresentato dal nesso hi che viene utilizzato al posto della regionale sc → hiatu e non sciatu. Per gli altri gruppi, invece, mantiene l'aspirazione glottale in quanto l’emissione del suono viene articolato con la glottide → chiovi. La h fa eccezione quando è usata per distinguere il verbo avere, in questo caso è muta → haiu. La j equivale nella pronuncia dialettale alla vocale i e si sostituisce anche al digramma gi della lingua italiana: → giardino → (g)iardinu → jardinu. Talvolta si presenta precedendo la i → ittari → jittari → gettare Non sempre però la j corrisponde nella pronuncia al relativo fonema e la vocale i rimane invariata → aieri. In certi casi la j scompare e viene surrogata dal digramma gh: → unni jè jè → unniegghiè/unnegghiè. Il gruppo tr si pronuncia sempre retroflesso: tr → strata, trenu. La z si pronuncia quasi sempre sorda (ts) raramente sonora. Inoltre, le differenze tra lingua e dialetto si accentuano, appunto, nel settore dei dittonghi: piede, miele → pedi, meli nuovo, uovo → nuevu, uevu nuora, suola → nora, sola. Peculiare rimane, invece, l’introduzione del dittongo nella pronuncia di parole come: scoraggiare → scùaraggiri siccome → siccùemu maleducato → maladucùatu coraggio → cùaraggiu, cautelare → cùatalari come → cùomu bello → bìeddru appartenenti, la maggior parte, a un gergo arcaico ormai in disuso. Pertanto → ùa, ùe, ùo, ìe, in cui la u e la i sono accentate, vengono definiti falsi dittonghi. Grammatica I generi dei nomi sono due: maschile e femminile. Esistono molti plurali irregolari → la manu, li manu / la casa, li casi Consonanti duplicate → In siciliano sono presenti molte parole con le consonanti duplicate a inizio parola. Le più comuni sono: → cci, nni, cchiù, ddra, ddri, ddru, ssa, ssi, ssu, ccà, ddruecu, ddrà. Articoli → Gli articoli determinativi sono → lu, la, li, (l') → u, a, i. I primi tre, nella lingua parlata, spesso perdono la l iniziale. Quelli indeterminativi sono → un, unu, ‘na (n'). In siciliano non esiste la forma plurale degli indeterminativi, ovvero → dei e delle, al posto di questi ultimi viene usato → na para di… , na triina di… Preposizioni → di, a, nni, in, cu, supra, ppì, ‘ntra Avverbi di luogo → sutta, supra (‘ncapu), ccà, ddrà, unni, ‘ntunnu, dintra, fora, avanti, darrieri, vicinu, arrassu, agghiri ccà, agghiri ddrà, allatu, unniegghiè. Avverbi di tempo → doppu, appua, dipua, ora, aieri, òi, dumani, aqquannumà, assomentri, ‘nzina, arrieri. Avverbi di quantità → bastanti, menu, cchiù, picca, assà, tantu. Avverbi di maniera → cuemu, buenu, accussì, accuddrì, ammatula, ammucciuni. Altri avverbi → siccuemu, dunca, macari, avanti, mmiezzu, ammeci. Congiunzioni → i/e, puru, videmma/ midemma, sparti, però, mancu, ancora, ma, pirchì, ammeci. Pronomi personali → Singolare → Iu/mi, tu/ti, iddu/ idda, ci/si. → Plurale → Nuàntri, lantri, nantri, ni, Vuàntri, vi, iddi, ci, si Pronomi Possessivi → Singolare → mia, tua, sua / d’iddru, d’iddra → Plurale → nuesciu, vuesciu, / d’iddri. Gli aggettivi e i pronomi possessivi vanno sempre prima del nome cui si riferiscono. Relativi → chi, ca, cu, quali Indefiniti → Nuddru, certuni, certi, quali, qualiegghiè, cuiegghiè Interrogativi → chi? cuemu? quantu? quali? di cu? quannu? Dimostrativi → Maschile → chistu, chissu, chiddru → Femminile → chista, chissa, chiddra Particolarità verbali siciliane I verbi siciliani si discostano molto da quelli dell'italiano, sia perché in alcuni punti si sono evoluti in maniera differente dal latino, sia perché hanno subito nel corso della storia l'influenza di altre lingue. In generale la varietà di modi e tempi si è sfoltita, lasciando che le funzioni delle forme verbali perse fossero inglobate da altre oppure abbandonate del tutto. ‐ I Verbi Irregolari Il siciliano ha due declinazioni: in -àri e in -iri. La declinazione in -ere è stata eliminata quasi del tutto e i verbi, per la maggior parte, sono stati trasformati come il latino legere (desinenza atona). In siciliano, quindi, più verbi hanno -iri non accentato: → gràpiri → aprire → sèrbiri → servire → tèniri → tenere. Tuttavia si contano alcuni casi di desinenza accentata, in verbi come: → avìri → avere → capìri → capire →‘mpurrìri → imputridire → scumparìri → scomparire → sapìri → sapere Anche i verbi in ‐ìri accentato, normalmente, si coniugano seguendo le regole generali dei verbi con desinenza atona. La declinazione in ‐àri, pure accentato, non presenta invece particolari problemi. ‐ MODI e TEMPI In siciliano esistono i seguenti modi verbali: indicativo, congiuntivo, imperativo, gerundio, participio. Manca solo il condizionale, la cui funzione viene assorbita dal congiuntivo. Il congiuntivo, infatti, ha valore condizionale, specialmente nei periodi ipotetici: → Se non piovesse, io ci andrei → Si nun chiuvissi, iu ci issi. L'uso dei modi è praticamente identico all'italiano, con l'unica eccezione, appunto, del congiuntivo e di alcune limitazioni nell'uso di certi tempi. ‐ L'indicativo può disporre dei seguenti tempi: presente, imperfetto, passato remoto, passato prossimo, trapassato prossimo. ‐ Il presente ha un uso molto simile all'italiano e, inoltre, si usa spesso nei periodi ipotetici: → Se ho acqua te ne do un po’ → siddru haiu acqua tinni dugnu tanticchia. ‐ Il futuro esiste solo in forma perifrastica: avere + a + verbo all'infinito e per sopperire alla mancanza del futuro: → Andrò da mio fratello → cioè, ho da (devo) andare → Haiu a iri nni ma frati; o più semplicemente si usa il presente indicativo: → Domani (poi, dopo...) andrò da mio fratello → Dumani vaiu nni ma frati. Da notare che in siciliano il verbo DOVERE non esiste. Pertanto, la formula → avere + a + verbo in realtà indica un dovere: → Io devo andarci → Iu c'haiu a 'gghiri . Il verbo dovere perciò è sostituito dal verbo avere, tipo → Io ho da andarci. ‐ L'imperfetto ha le stesse funzioni dell'italiano, ma si discosta nella declinazione in due punti: 1. La prima persona singolare esce in a → iu parlava (-ari) → iu sirbìva (-iri) 2. L'accento della prima persona plurale è influenza dello spagnolo → nosotros hablàbamos = noi parlavàmo → nuantri parlàvamu → nuantri sirbìvamu ‐ Il passato remoto è molto usato per formare frasi al passato poiché è nullo l'uso del passato prossimo: → finivu di mangiari ora ora → ho appena finito di mangiare. In alcuni casi si può usare il passato prossimo: → mi l'haiu manciatu iu (me la sono mangiata io), anziché → mi l'ha manciavu iu, ma il passato remoto va bene comunque. ‐ Nel nostro dialetto l'unico ausiliare è il verbo avere. → haiu iutu → (ho andato) sono andato ‐ Il trapassato prossimo si usa come in italiano, ma anche laddove avremmo un trapassato remoto: → quando me lo chiese, già lo avevo fatto → quannu mi l'addumannà, già l'avìa fattu → dopo che ebbe mangiato → dùoppu c'avìa mangiatu → dùoppu ca mangià. ‐ Il passato remoto può sostituire solo il trapassato remoto e non il trapassato prossimo. ‐ Il congiuntivo esiste solo al passato. Il congiuntivo presente manca e al suo posto si usa semplicemente il presente indicativo: → penso che abbia un po' di pane → pìensu ca hiavi tanticchia di pani. Se la frase è al passato, si usa il passato remoto: → credo che abbia mangiato → pìensu ca mangià. ‐ Il doppio congiuntivo è una caratteristica peculiare del siciliano e lo troviamo nelle frasi ipotetiche, dove assolve anche il compito del condizionale: → Se potessi (andare) ci andrei → Siddru (ci) putissi (iri)ci issi, ed è così in tutti i casi. Il congiuntivo trapassato lo si usa per frasi ipotetiche dell'irrealtà: → se avessi potuto ci sarei andato → siddru avissi potutu ci avissi iutu. ‐ L'imperativo ricalca quello dell'italiano. L'unica differenza riguarda la negazione, dove è preferibile usare il verbo dovere negato, piuttosto che il semplice “non”: → “Non mangiare! “ non si traduce “Nun mangiari!”, bensì → “Nun ha' mangiari!” (non hai da mangiare), cioè → “Non devi mangiare!” ‐ Il gerundio ha un uso generale simile all'italiano: → camminava cantando → caminava cantannu → sta andando → sta ìennu ‐ I verbi della prima declinazione sono praticamente tutti regolari, quelli della seconda seguono all'incirca questa regola: quelli che anche in italiano sono irregolari, hanno il participio passato irregolare anche in siciliano: → misu, fattu, dittu → messo, fatto, detto; quelli che sono regolari della seconda e della terza declinazione italiana, che in siciliano escono in ‐iri, al participio passato hanno ‐utu: → tinutu, sirbutu, vinnutu → tenuto, servito, venduto. Bisogna però notare che, in molti casi, i verbi che in italiano hanno il participio irregolare in siciliano sono regolari: → stinnutu, tinciutu, pirdutu → steso, tinto, perso. ‐ Il participio presente non esiste, neanche come aggettivo, di solito al suo posto si usa una perifrasi: → un panno gocciolante → un pannu ca scula; se invece indica un'azione che si sta compiendo si può usare il gerundio: → un pannu ca iva sculannu (andava gocciolando). ‐ L'infinito accompagnato da pronomi si comporta in modo diverso rispetto all'italiano. Quando il pronome è quello del riflessivo ‐si, il verbo in italiano perde la e finale: → perder(e)si, convincer(e)si → in siciliano, invece, il verbo mantiene la ‐i finale: → perdìrisi, cummincìrisi. In caso si abbia un pronome‐oggetto e uno di termine, come in: → mangìa‐te‐ lo → prendì‐te‐lo, l'italiano mantiene l'accento originario, mentre il siciliano lo sposta sul primo pronome: → mangia- tì-llu → piglia-tì-llu. Nel dialetto siciliano l'unico ausiliare è il verbo avere. I verbi possono essere: regolari, irregolari, transitivi, intransitivi, riflessivi, difettivi, servili. Il futuro esiste solo in forma perifrastica: iri + a + infinito = issi a mangiari → andrei a mangiare. Il Deliano, come il Siciliano in genere, presenta alcuni suoni diversi dall'Italiano. Molti di essi, tra cui alcune consonanti e gruppi consonantici, sono costituiti da PRONUNZIE CACUMINALI e cioè da suoni nella cui articolazione la parte anteriore della lingua batte contro la sommità del palato. PRONUNCIA Dialetto locale ESPRESSIONE SINTATTICA Scritta LINGUA ITALIANA Nesso corrispondente La lettera r = rr → rrussu r → russu r → rosso Il nesso tr = tr → tri è molto simile nella pronunzia all'inglese → tree Il nesso st = st → stuiàri è molto simile alla pronunzia dello stesso nesso in lingua portoghese Il nesso str = str → strittu simile alla pronunzia dell'inglese → street. Talvolta, ma non sempre: str = sc → finescia, cannisciu tri tr → tre stujàri pulire con una stuoia o altro → simile ad asciugare strittu str → stretto str → finestra, canestro Inoltre, presenta anche la peculiarità di trasformare certi suoni rispetto all'italiano mutandone la pronuncia attraverso fenomeni combinatori e/o eufonici che contribuiscono a rendere criptiche le frasi. Alcuni fonemi vengono perciò modificati e trasformati per metafora o altro tipo di espressione figurata e vengono indicati come SUONI TRASLATI. PRONUNCIA Dialetto locale ESPRESSIONE SINTATTICA Scritta LINGUA ITALIANA Nesso corrispondente La lettera b = v → la vutti Una b dell'italiano corrisponde solitamente a una v del nostro dialetto locale, anche in posizione intervocalica. b = v → mi vasta La v ritorna b quando la b si raddoppia nella pronuncia: v = bb → abbastari b = b → bìeddru, bùenu Alcune parole con la b la vutti la botte mi vasta abbastari beddu, bonu mi basta bastare bello, buono di → ri = carìri cadere iniziale mantengono sempre la pronuncia della b d = d → cadiri Una d singola dell'italiano spesso diventa r in siciliano, ma da noi rimane d = dd → addumannari → la d ad inizio di parola nel nostro dialetto locale si raddoppia nella pronuncia d → cadiri arrumannari domandare g = lu (g)attu, la (g)umma Nel nostro dialetto locale la g intervocalica, ad inizio di parola, spesso cade lasciando solo piccole tracce. gl = gl → muglieri, buttiglia h = non è muta, ma comporta un'aspirazione (ich) e viene utilizzata al posto della regionale sc → quindi hiatu e non sciatu h = mantiene l'aspirazione glottale in altri gruppi → chiavi. h = è muta se usata per distinguere il verbo avere → haiu. in = ‘ncielu in = ‘nmanu → ‘mmanu in = ‘nparadisu → ‘mpara... in = davanti a p-v-d-m-b si pronuncia ‘m l = r → palora, l = r → scumalora In certi contesti i suoni si invertono ll = ddr → cappieddru Sappiamo che la doppia l in siciliano diventa dd . In deliano, invece, la pronunciamo ddr m = m → manu, matri la m normalmente mantiene il ‘u gattu ,‘a gumma il gatto, la gomma mugghieri, buttigghia moglie, bottiglia sc→ sciatu fiato ciavi chiave haiu ho ‘n cielu ‘n manu ‘n paradisu in cielo in mano in paradiso palora, scumalora parola, schiumarola cappeddu cappello manu, matri mano, madre cummari comare suo suono, ma a volte si raddoppia nella pronuncia: m = mm → cummari mb = mm → bumma Il nesso mb tende a semplificarsi in mm mp = mp → campari nd = nn → quannu Il nesso nd tende a semplificarsi in nn nd = nn → ‘nnumani Il nesso nd tende a semplificarsi in nn anche in caso di aferesi → (i)’ndomani nf = mp → ’mpiernu nv = mm → ’mmiernu → ‘mmirnata Il nesso nv tende a semplificarsi in mm r = r → rosa, rumuri Alla r di solito corrisponde una r anche in deliano. La lettera r ha tre diverse realizzazioni del fonema (allofoni) in relazione al contesto fonico: r = r → carameli solitamente corrisponde a una r anche in deliano. r = l → palora, scumalora succede anche che la r cambi foneticamente in l. r = rr → rrussu ad inizio di parola, si raddoppia nella pronuncia. bumma bomba campari quannu campare, vivere quando ‘nnumani indomani, giorno seguente ‘nfiernu ’nviernu ‘nvirnata inferno inverno lett. invernata / stagione invernale rosa, rumuri rosa, rumore carameli caramella palora parola russu rosso FENOMENI EUFONICI e altro Lessico utilizzato PRONUNCIA Dialetto locale havà haiu a ha → tu ha fari m’ha hannà ammà atà a li accamora ppaccamora accussì ammeci → ‘mmeci a la bànna d’intra bànna ‘intra annintra ESPRESSIONE SINTATTICA Scritta hava a haiu a ha a m’ha a hanna a amma a ata a a li accamora pp(ì)’accamora accussì ammeci a la bànna d’intra passomentri / assomentri bànna ‘intra ann’intra a (la bà) nn (a) (d) ’ intra p’assomentri assomentri assà addunca assà’ addunqua allatu a latu accamora/accamadora accamora accamadora ca ca ccà cca LINGUA ITALIANA Nesso corrispondente ha da / deve ho da /devo hai da / devi mi hai da / mi devi hanno da / devono abbiamo da /dobbiamo avete da / dovete ai ora, adesso per il momento, per ora così, in questo modo invece nella parte di dentro / all’interno parte dentro proprio in fondo per il mentre - intanto nel mentre, assai questione, quesito lett. “un dunque” a fianco, lateralmente ora, adesso che qua, qui, in questo luogo cchì cchiù chiddru, chiddra / chiddri chissu, ‘ssù, chissa / chissi cu → cu l’ali cù = cù fu chì chiù chiddru, chiddra / chiddri chissu, ‘ssù, chissa / chissi cu l’ali cù = cù fu cu ccù cuccùè/cuccuiè cu cù cu cù è chistu, chista, chisti / ‘stu, ‘sta, ‘sti chistu, chista, chisti / ‘stu, ‘sta, ‘sti di, di la, di lu / di li di, di la, di lu / di li ddrù / ddr’ drù / dr’ di ddrù, di ddrù / di di drù, di drà / di ddrì drì d’iddru, d’iddra / d’iddru, d’iddra / d’iddri d’iddri dappua, dipua, appua, dappua, dipua, dueppu appua dunchi dunqui dunni d’unni e e è è sciatu, hiatu, hiuri, hiumi sciuri,sciumi hi = un suono aspirato iàmmuni (a curcari...) iàmmuni iammunì iammunì iàmmuninni iàmmuninni nniàmmu nni iàmmu lu, l’, la / li lu, l’, la / li iè iè ì jì che più quello, quella/quelli quello, quella / quelli con le ali chi = chi è stato → chi fu con chi con chi è questo, questa, questi del, della, dello/ dei quello di quello, di quella /di quelli di lui, di lei / di loro dopo, di poi, in seguito, poi dunque da dove e → congiunzione è → verbo essere fiato, fiore, fiume andiamo a… Andiamo! andiamocene ce ne andiamo il, lo, la / i, gli, le è andato (ito) iardinu, iuecu ìri minni tinni sinni vinni ccìnni ‘ncapu ‘ncueddru nnì → nnì dunanu nni ddrù, nni ddrà jiardinu, jiuecu jìri mi nni ti nni si nni vi nni ci nni ‘n capu ‘n cueddru nni... ni drù, ni drà nni lu, nni la / nni li né, nnì nun / ‘un nunn’ (avìa) ‘nsà ppì pò siddru ‘stu, ‘sta, ‘sti / st’ unni ni lu, ni la / ni li giardino, gioco andare me ne te ne se ne ve ne ce ne in capo lett. in collo / addosso ci (a noi) → ci danno in quel, in quella / nel, nella nel, nello, nella /nei, nelle né, ní nun nun n’ (avìa) nun sa’ (nun sapi) pì pò siddru ‘stu, ‘sta, ‘sti / st’ unni ne, neanche, nemmeno non non ne .... (aveva) Chissà (non so) per può, è capace, è in grado se questo, questa /quest’ dove BREVE GLOSSARIO Verbi, vocaboli ed espressioni ricorrenti nel testo PRONUNCIA Dialetto locale accubbari addruvigliarisi addunari addrattari alluciari annarbuliari arricriarisi arristari spantu arricampari arricogliri arrivuddriri ascuntari assartu → mi vinni n‘assartu assaiari scrissuni sciarriari bozzica…ci lu dici! babbiari babbasuni/babbu camuliari cuculari ciarmulìu/ciarmula ESPRESSIONE SINTATTICA Scritta accubbari addruvigliarisi addunari addrattari alluciari annarbuliari arricriarisi arristari spantu arricampari arricogliri arrivuddriri ascuntari assartu assaiari scrissuni sciarriari bozzica… babbiari babbasuni/babbu camuliari cuculari ciarmulìu/ciarmula LINGUA ITALIANA Nesso corrispondente soffocare svegliarsi accorgersi allattare abbagliare, accecare innervosire rallegrarsi (fig. ricrearsi) restare sorpreso, meravigliarsi tornare raccogliere rabbrividire ascoltare assalto, colpo improvviso, infarto (sorta di paura) → mi è venuto un colpo permettere serpente litigare Indica un ammonimento o una sorta di preavviso affinché qualcosa non avvenga: non è che glielo dici! scherzare sciocco, stupido ciarlare, chiacchierare cadere in discesa mormorio/chiacchiericcio ‘mbuscamientu ‘mbuscamientu da imboscare = imboscamento, occultamento della mente → confusione giurbinu hiaccatu minnichi ‘mpirriari nicu ‘nturciuniari otta → fu otta pampini rifurbutu riulutu sbannutu scantari /spagnari sciddricari si chianciva ‘ncueddru scuaraggiutu scutimientu scallatu ‘ssabinidica assabinidica giurbinu sciaccatu minnichi ‘mpirriari nicu ‘nturciuniari otta pampini rifurbutu riulutu sbannutu scantari /spagnari sciddricari si chianciva ‘ncueddru colore grigio-azzurro spaccato, spezzato mendichi, poveri avvolgere, girare attorno piccolo attorcigliare ora, momento → fu ora foglie risoluto, ostinato, tenace arrugginito sbandato spaventare scivolare commiserarsi → fig. piangersi addosso scuaraggiutu scoraggiato scutimientu scossone, tremolo scallatu scottato ‘ssabinidica, assabinidica Ella mi benedica, da: vossia (mi) benedica spustatu suprastanti talintusu spustatu suprastanti talintusu torilla tribbola trusianu vacanti vanniari vilunni zùaru zotta torilla tribbola trusianu vacanti vanniari vilunni zùaru zotta folle, pazzo che da ordini, responsabile pieno di talenti, di doti, di virtù → talentuoso discussione animata tribolata, tormentata maldestro vuoto gridare biondi rozzo, grossolano, grezzo frusta / fossa-pozzangara