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55 • Martedì, 3 mag
UN CAFFÈ CON... Ariella Reggio e Marcela Serli Pagine 2 - 3 / LA RECENSIONE I Rusteghi / Aladin e Chess
Pagine 4 - 5 / IL GIRO DEL MONDO ... in 80 teatri Pagina 6 / ANTEPRIMA I raccomandati Pagina 7 / CARNET
PALCOSCENICO Il cartellone del mese Pagina 8
2 palcoscenico
Martedì, 3 maggio 2011
Ariella Reggio e Marcela Serli
UN CAFFÈ CON...
Ariella Reggio e Marcela Serli
di Rossana Poletti
P
artiamo da Buonanotte
mamma, spettacolo nel
quale siete attualmente
impegnate, il testo è un grande
punto di forza.
Ariella A dire il vero non
l’abbiamo scelto noi, perché avevamo cominciato con il dire facciamo un testo comico.
Marcela Le persone mi dicevano “ah, ti te fasesi rider assai
con l’Ariella”: era quasi una scelta obbligata.
Ariella Avevamo lavorato
poco assieme, una volta o poco
più, sempre però ci seguivamo,
andavamo a vedere l’una gli
spettacoli dell’altra, e ogni volta ci dicevamo “testo comico xe
per noi”.
Marcela Abbiamo cercato
e letto un sacco di cose, ma abbiamo scoperto che non sarebbe
stato facile trovarne uno per noi
due. Intanto c’è da dire subito
che gli autori non scrivono per le
donne. Da Shakespeare in qua, la
maggior parte degli autori scrive
testi per uomini.
Perché scrivono solo gli uomini o anche le donne scrivono
al maschile?
Ariella Le autrici sono poche, da poco tempo la scrittura teatrale è anche al femminile.
Poi dovevamo trovare qualcosa
che fosse adatto a due donne con
età diverse. Abbiamo fatto alcune
letture con Serena Sinigaglia che
è una regista giovane, emergente, all’avanguardia e ha scelto lei
“Buonanotte mamma” di Marsha
Norman. È già stato rappresentato in Italia autorevolmente da
Lina Volonghi e Giulia Lazzarini,
più di vent’anni fa. Vennero proprio alla Contrada ed era il 1984.
L’autrice l’aveva scritto nell’82
per l’esattezza e poco dopo vinse
il premio Pulitzer.
Marcela Negli Stati Uniti lo
interpretavano splendide attrici
americane, poi però ci fu un lungo periodo in cui non fu più messo in scena in Italia. In realtà va
ricordato che fu Orazio Bobbio a
dare questo testo ad Ariella e a
dirle che era adatto a lei.
Ariella Gli piaceva molto e io
gli dicevo “el xe sai triste, Orazio” e lui “ sì, ma el xe bel, assai bel”.
Marcela Molte persone me
l’hanno detto in questi giorni, “è
terribile, ma bello”, anche coloro
che non hanno una grande cultura teatrale e forse per questo
sono più pure. Non hanno cioè
i tanti preconcetti che abbiamo
noi teatranti.
Diciamo che nelle tragedie
a teatro ci sono sempre morti,
stragi, fatti dolorosi, ma il suicidio è un’altra cosa, per la società e anche a teatro è ancora
difficile parlarne.
Ariella È sicuramente un
tabù. Il trucco però in questa storia è che il suicidio viene annunciato subito, dopo le prime battute. È quasi matematico.
Marcela È preciso, non ti dà
vie di scampo, non puoi trovare
una via di fuga.
madre e figlia sul filo del rasoio,
quasi un thriller.
Marcela È però una donna
che riesce a trasformarsi durante
questo percorso, proprio quando
dice l’ultimo no alla figlia, ha ormai capito tante cose e accetta la
sua scelta.
Ariella Anche se una madre
non accetta mai di perdere una figlia e tanto meno così. La regista
ha inventato il finale per come lo
vediamo in questa messa in scena. Le nuvole di Magritte come
sfondo, una metafora della vita
e della morte. L’incontro tra le
due donne ha luogo in una piccola cucina, simboleggiante un po’
la consuetudine del quotidiano, e
invece in questo contesto ven-
Sono simpatica, sociale, solare,
il personaggio che interpreto è
all’opposto timido, introverso,
con una crepa interiore, una
ferita nell’anima. (Marcela Serli)
Ariella Tutti sperano che lei
non lo faccia, che non si uccida.
E forse qualcuno è d’accordo con lei, giunta a quel punto,
ritiene sia giusto che la faccia
finita.
Ariella Credo che l’autrice
propenda in qualche modo per
questa scelta, al di là delle convenienze del testo, credo ci sia
una sua intima condivisione.
Marcela La regista stessa parteggia per la ragazza dall’inizio alla fine. Quando leggevamo il testo, all’inizio dell’allestimento, io e Ariella ci commuovevamo molto, io piangevo
senza riuscire a fermarmi. Era
un’angoscia terribile, di una forza pazzesca. Alla fine della prima lettura la Sinigaglia era convinta della scelta, credo sia molto vicino alla sua sensibilità.
Ariella Ognuno vi trova qualcosa di sé: il rapporto con la propria madre, ad esempio, oppure
la relazione con il marito. Nello
spettacolo la madre è una donna
semplice limitata, che ha avuto
un marito con il quale non parlava, lei si considerava inferiore; tante situazioni si intrecciano, non c’è solo il confronto tra
gono sviscerati i grandi temi, le
grandi complessità della vita.
La figlia è una figura ben
delineata, sicura nella sua scelta, irremovibile, la madre, che
invece parte da una condizione
semplice, che ha inizialmente
poche esigenze, mangiare dormire e guardare la tv, si trasforma, toglie la maschera, la
crosta di una grigia esistenza,
diventa una persona, diventa…
Ariella Diventa qualcuno,
esce dal suo anonimato.
Marcela Esatto, oltre al tema
principale dell’incomunicabilità,
in questo testo si parla di vita e di
morte, ma soprattutto della grande trasformazione umana che interviene quando alla morte ci si
trova davanti e si è chiamati inutilmente a evitarla.
Un’incomunicabilità non
pirandelliana, cioè inesauribile?
Ariella C’è quella battuta
della madre che dice alla figlia
“possiamo ancora parlare, questa sera”, e la ragazza le risponde
di no. Il terribile sta proprio qui
nel fatto che dopo tanti anni di
silenzio e incomprensione pro-
Buonanotte, mamma
Una madre anziana, una figlia, una sera
come tante. Una piccola cucina sgangherata,
due sedie, un tavolo, un divano e la tv. Scatoloni pieni di cose, oggetti di una vita precaria,
ormai in bilico. La figlia Jessie ha deciso che
tra due ore si suiciderà, porrà fine alla sua vita
piena di dolore, di malattie e fallimenti. La madre Thelma, una donna semplice, aggrappata
tenacemente alle poche cose della sua esistenza, il cibo e qualche programma alla televisione, reagirà sorprendentemente tirando fuori risorse inaspettate, parlando di angosce, soprusi e delle disgrazie di tutta una vita. Piangerà,
pregherà, scongiurerà la figlia di non farlo.
Jessie e Thelma si confesseranno in quelle due
ore tutto quello che non si sono dette in tanti
anni, alcuni anche di convivenza forzata. La figlia continuerà fino alla fine ossessivamente a
istruire la madre su come, dove e quando fare,
trovare, disporre le cose, quando lei non sarà
più presente a risolverle i problemi. Alla fine la
realtà sarà una tragedia, la giovane si sparerà
con la pistola del padre trovata in casa. Sono
brave Ariella Reggio e Marcela Serli in questa esperienza che le mette a dura prova, prova
che superano senza mai un cedimento, senza
una benché minima concessione alla retorica
del melodramma, facendo tenere il fiato sospeso al pubblico per tutta la durata dello spettacolo, che spera e parteggia, a dire il vero, per
entrambe le soluzioni. “Fa in modo che non lo
faccia”, sembrano dire, ma anche “arrivati a
questo punto, è inevitabile”. Marsha Norman
ha vinto un premio Pulitzer per questo grande
testo, in cui rappresenta il suicidio non come
un momento di negazione della vita, ma anzi la
scelta di liberarsi, l’aspirazione ad un qualche
paradiso, a cui una persona ha diritto dopo la
tanta sofferenza inflittale da una vita ingiusta.
Un cast tutto femminile: la regista Serena Sinigaglia, che regala allo spettacolo quella durezza e asciuttezza necessarie a renderlo stupendo,
la scenografa Maria Spazzi e la traduttrice del
testo Laura Curino.
prio solo in questa sera si parlano,
quando lei ha già presa la sua decisione irremovibile.
Però quelle due ore sono
esaustive di tutta una vita. È
faticoso da interpretare questo
ruolo?
Ariella Molto. È faticoso emotivamente, ma anche fisicamente,
arrivi al fondo esausta.
Marcela Ho fatto tanti ruoli
diversi, un vecchio, una signora, personaggi grotteschi. Questa
è la prima volta che mi capita di
interpretare una che potrei essere
io, ma non sono io assolutamente. Sono simpatica, sociale, solare, il personaggio che interpreto
è all’opposto timido, introverso,
con una crepa interiore, una ferita nell’anima. La regista avrebbe
potuto poi accontentarsi di quello che aveva di noi due, e invece
ha tentato la via di andare al di là
dei nostri pregiudizi. A me ha fatto fare un personaggio introverso,
che tiene tutto dentro, ironica ma
amara, per niente simpatica.
Ariella A me ha chiesto di essere appunto meno simpatica del
solito.
Marcela Tutte e due non
sono accattivanti, sono anzi molto dure.
Ariella Speriamo di andare in
tournée il prossimo anno.
Magari in Istria…
Ariella Il pubblico istriano
è attentissimo, si diverte, segue
con molta attenzione quello che
abbiamo negli anni proposto e
sa apprezzare. Sarebbe un grande piacere potergli far vedere
questo spettacolo, speriamo. Poi
avremo modo di approfondirlo,
ogni sera che lo replichiamo troviamo modo di migliorare qualche parte.
Alla ricerca della perfezione.
Marcela Fare uno spettacolo
per due può sembrare un’esclusività, quasi una prigione nella
quale devi muoverti, in realtà è
un luogo in cui si aprono finestre
più grandi.
Ariella È una sfida, nella quale
gli anni di teatro sono sì esperienza, pratica, ma qui bisogna che
scatti qualcosa sia con la regista
che con la partner.
Mi par di capire che ci sono
state difficoltà?
Marcela La regista mi diceva
continuamente “non guardarla,
non la devi guardare, parlale ma
guarda da un’altra parte”.
Ariella Sei pieno dei tuoi pensieri e quindi certe azioni ti vengono automatiche, devi importi.
Non avevo mai lavorato con la
Sinigaglia, anche se la conoscevo
e avevo visto molte cose sue che
mi erano piaciute tanto. Il miracolo è accaduto.
Tutte donne le artefici di
questo spettacolo. Un caso o
una scelta?
Marcela La regista ha scelto la
scenografa, per un fatto di stima,
è la persona con cui lavora generalmente bene. Ma è anche vero
che questo spettacolo ha un’altra
chiave di lettura. L’avevo visto a
Roma tanto tempo fa con la Gaia
de Laurentis, se ricordo bene, ed
era uno spettacolo buio. Questo
invece ha una sua luce, qualcosa
che ha paradossalmente a che fare
con la vita e non con la morte,
perché le donne danno la vita.
Ariella L’unica cosa che spero è che questi tempi bui, in cui la
crisi inghiotte tante potenzialità,
tante cose positive, non si portino
via anche questo.
La crisi e il merito potrebbero essere la chiave di volta
per un ritorno più convinto al
teatro?
Ariella Il mondo ormai è un
supermarket e in questo contesto indovinare cosa succederà è
molto difficile, se non impossibile. Anche coloro che hanno puntato sui cosiddetti cavalli pazzi, i
produttori di audience per intenderci, hanno spesso fallito i loro
business.
Marcela Un anno fa durante una mise en space a Milano è
morto un nostro collega, un mese
dopo gli abbiamo dedicato uno
spettacolo, c’erano tutti perché il
teatro serve ad onorare la morte come la vita, è un rito meraviglioso, in cui ci si incontra, si
dialoga. Ogni giorno anche a casa
noi facciamo il nostro teatro; l’organizzazione di un compleanno è
far teatro: la torta, le candeline,
preordinare i vari momenti. Il teatro serve per vivere.
Tanti anni di esperienza a
teatro per poi finire a fare fiction.
Ariella (ridendo) In tarda età
mi sono capitate queste opportunità che non ho cercato e le ho
colte, devo dire che mi sono piaciute. Il teatro resta comunque il
mio grande amore. Questa ultima fiction “Tutti pazzi per amore” non è comunque male rispetto
a tante altre che raramente guardavo, spesso annoiandomi a morte. Ha un bravo regista Riccardo
Milani, attori del calibro di Neri
Marcorè, Alessio Boni, e quindi
mi considero fortunata ad averci
partecipato, anche se l’esperienza è stata sbalorditiva. Per dire
due paroline dieci ore di prove,
attese e tante riprese. Una fatica
immensa, compensata poi dalla
popolarità che la fiction regala a
chi la fa.
In passato avevi fatto uno
sceneggiato su Svevo, se ben ricordo.
Ariella Co ierimo putei… avevo preso parte alla “Coscienza di
Zeno” per la regia di Sandro Bolchi, tutta un’altra cosa. Quella
volta tutto doveva essere di grande qualità. Oggi la tv è veloce, ci
sono un sacco di soldi che girano.
Per te, in conclusione, Marcela, è molto importante il teatro d’impegno sociale, anche
per il futuro.
Marcela In fin dei conti trovo piacere nell’affrontare i progetti che includano le persone
che hanno bisogno, che vivono in
svantaggio. Quest’estate metterò
in scena da regista lo spettacolo
“Variabili umane - scene di ironico strazio” che ha vinto il premio Cappelletti e parla dei transessuali. Uno spettacolo che non
si riferisce solo ad un problema di
genere, maschile e femminile, ma
che tratta invece più complessivamente della questione dell’identità. Ho scoperto attraverso questa
esperienza che ci sono persone
che lottano ogni giorno per cose
minimissime, che noi non possiamo neanche immaginare. Attraverso “Variabili umane” ne ho
compreso la grande sofferenza.
Martedì, 3 maggio 2011
Le protagoniste
Pochi sanno o ricordano
che Ariella Reggio visse ben
5 anni in Inghilterra, erano
gli anni ’60, dove collaborò
con la BBC nella conduzione
di trasmissioni culturali radiofoniche e televisive. I più la
ricordano per le sue continue
“scorrerie” sui palcoscenici
nostrani a tenere alte le sorti
del teatro dialettale, da quasi
mezzo secolo. Nel 1961 viene
scritturata dal Teatro Stabile
del Friuli-Venezia Giulia per
partecipare a un’edizione di
“Arlecchino servitor di due
padroni” di Goldoni e da allora, per numerosi anni, fa parte della compagnia del Teatro
Stabile. Nel 1976 assieme a
Orazio Bobbio, Lidia Braico
e Francesco Macedonio fonda
a Trieste il Teatro Popolare La
Contrada, di cui ancora oggi è
un solido pilastro. Da ricordare le sue saltuarie ed efficaci
partecipazioni al Festival dell’Operetta che si svolge ogni
anno al Teatro Verdi di Trieste; le interpretazioni cinematografiche e le sue presenze
in diversi film per la TV e fiction, ultima in ordine di tempo “Tutti pazzi per amore” nel
ruolo di zia Sofia.
Marcela Serli, quarantenne argentina, non può prescindere nel suo lavoro a teatro
dall’esperienza maturata nel
mondo della psichiatria triestina di Basaglia. Nacque per
questo motivo “Aurora Corrosiva” un monologo sul disagio e sulle cause che originano
la follia attraverso i versi di
Alda Merini. Carlos Alsina è
stato il maestro in Argentina
della Serli, in Italia ha lavorato con Alessandro Marinuzzi,
dal quale dice di aver appreso
il rapporto tra persona, attore e personaggio. Per approdare ad un altro punto di riferimento, Serena Sinigaglia,
regista con cui collabora da
tempo e che le ha trasmesso il
suo modo di affrontare gli attori, energico ed estremamente concreto. Infine con il regista Rodrigo Garcia, ha perfezionato il desiderio di dare
voce all’urgenza espressiva,
l’attenzione per il mistero,
per il torbido e perverso nelle
pause e nelle attese, per il non
detto. In conclusione si può affermare che Marcela Serli sia
attrice e autrice con una grande sensibilità per la denuncia
politica e sociale nell’esperienza teatrale.
palcoscenico 3
Il pubblico istriano
è attentissimo, si
diverte, segue con
molta attenzione quello
che abbiamo negli
anni proposto e sa
apprezzare. Sarebbe un
grande piacere potergli
far vedere questo
spettacolo, speriamo.
(Ariella Reggio)
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palcoscenico
Martedì, 3 maggio 2011
Martedì, 3 maggio 2011
ALADIN E CHESS
Musical (mente)... storie
T
rieste. Politeama Rossetti. Più volte ho sostenuto, ma è opinione diffusa, che il musical italiano non fosse ancora all’altezza delle produzioni
internazionali. Con “Aladin” devo in parte ricredermi.
Si tratta di uno spettacolo realizzato per bambini, il
tema in particolare lo è. La favola della bella principessa che incontra il ladruncolo buono e lo sposa, attraverso tutte le magie che “Le mille e una notte” concedono alla nostra immaginazione, ovviamente piace
ai più piccoli, ma non si può dire che non si avvalga di talenti, da Manuel Frattini nei panni di Aladino,
già grande protagonista di “Pinocchio” e “Peter Pan”,
sempre in sella nonostante gli anni passino anche per
lui, a Roberto Ciufoli, già conosciuto con il gruppo
della Premiata Ditta, sicuramente un brillante Genio
della Lampada, capace di divertenti magie e gag a tutto spiano. Ottime, contrariamente al solito, le coreografie e i movimenti d’insieme, buona la regia insomma di Fabrizio Angelini. I veri motori dello spettacolo
sono però le musiche di Stefano D’Orazio, realizzate
insieme ai suoi amici “Pooh”, e gli effetti speciali, tra
cui strabilianti raggi laser che costruiscono nell’aria
tappeti volanti su cui viaggiano comodamente Jasmine e Aladin, ma è una combinazione di macchine appese e luci.
Scacchi a teatro
Restiamo comunque su un altro piano se parliamo
di “Chess”, arrivato a Trieste in esclusiva nazionale,
a confermare ancora una volta che la città giuliana è
sempre più la capitale italiana del musical, come a suo
tempo lo è stato dell’operetta. Chess significa scacchi e
sul palcoscenico si gioca una vera partita, ben più complessa di quella tra due giocatori qualsiasi. Tim Rice,
lyricist, e gli Abba, ideatori delle musiche, hanno scelto come soggetto di questo musical, mai realizzato in
Italia prima d’ora, una partita a scacchi tra un america-
I RUSTEGHI
I nemici della civiltà
T
rieste. Politeama Rossetti. La decadenza di
una società e la vecchiaia dell’uomo, a ben
guardarci dentro sono la stessa cosa. L’anziano non ha più voglia o forza di fare niente, le
novità lo spaventano e le tiene lontane come la
iattura, diventa brontolone e distruttivo, si chiude nel suo piccolo per non recepire più quello che
potrebbe in qualche modo richiamarlo alla realtà. Gode delle “ricchezze” acquisite, denigra e dileggia i giovani dei quali è di fatto terribilmente
invidioso: non sono mai sufficientemente bravi,
capaci ed intelligenti. Si fa forte di queste considerazioni per impedire loro di prendere le redini. La società si comporta allo stesso modo, acquisito uno status consistente tende a sopravvivere di questo traguardo, senza rendersi conto che
il mondo avanza, che le insidie del cambiamento
sono dietro ogni angolo, che nuovi poveri arrivano con la forza di mille panzer, resi ancor più aggressivi dal bisogno. La società quando invecchia
compie una parabola, raggiunto il massimo della potenza e dello splendore scende rapidamente
la china, precipitando in una dorata ma rovinosa
fine. Ed è questa la tremenda similitudine che il
regista Gabriele Vacis scorge tra l’ingloriosa fine
dell’impero della Serenissima, che il Goldoni descrive ironicamente in alcune delle sue commedie,
di cui i Rusteghi sono forse la massima espressione, e la nostra realtà attuale. “Rusteghi: i nemici
della civiltà” intitola infatti questa sua rivisitazio-
ne prodotta dal Teatro Stabile di Torino e dal Teatro regionale Alessandrino. La sente serpeggiare
tra le righe del racconto e con la forza delle intuizioni teatrali ne esalta il contenuto attraverso una
rivisitazione particolare ed affascinante. Il testo
goldoniano si interrompe e irrompono sulla scena, anche in maniera visiva, concetti solo apparentemente estranei alla storia dei burberi veneziani. La nebbia, che la laguna conosce per gran
parte dell’anno, copre tutto, restringe gli spazi di
osservazione e consente di celare il marcio che sta
sotto e dentro di essa. E’ l’immagine dello spazio
mentale che l’uomo restringe per poter vivere in
questa nostra società profondamente corrotta: il
detto “cuore non vede, occhio non duole” semplifica il concetto. I Rusteghi sono vecchi fuori e dentro, tengono tutto sotto chiave, controllano severamente che nulla devii dai loro voleri e dai loro
ordini. E non si accorgono che di nascosto le donne di casa hanno “intrallazzato” per far accadere
quello che la realtà esigeva, l’amore di due ragazzi e la loro felicità. E dopo un’altra scena goldoniana esce dal contesto un ragazzo di oggi che racconta del padre, il quale ha una gran cura di sé, fa
il fighetto nonostante l’età, tenta di essere amico
del figlio, ma comunque non può capire che tanta acqua è passata sotto i ponti e inevitabilmente
loro due sono diversi, incomunicabili, nonostante
la buona disposizione dell’uomo verso il giovane.
Il ragazzo lo sa e dice: “tuo padre non è come te,
non pensa e non vede come te”, ma il padre non
riesce proprio a capirlo. Mettere in scena solo uomini, come nel teatro elisabettiano, è l’altra caratterizzazione che Vacis imprime a questo allestimento. “L’uomo comanda e la donna obbedisce
– così esordisce uno dei protagonisti, a cui fa eco
un altro con – è casa mia, comando io, sono padrone io”. Ad una visione così ottusa il regista risponde facendo interpretare le parti femminili ad alcuni giovani attori. La dura posizione di Vacis è più
necessità di denuncia che sottolineatura del ruolo
femminile nel mondo del Goldoni, per il quale la
realtà non è poi così tragica. Accorda il lieto fine
alla storia, proprio grazie all’arguzia delle donne, e addirittura in altre commedie come ne La
locandiera alla protagonista Mirandolina, donna
esuberante, complessa, affascinante, sempre lucida e sincera, capace di autocontrollo, attribuisce il
ruolo di dominatrice dell’intera commedia e della
sua vita. Il linguaggio teatrale del Goldoni in questa versione, grazie all’adattamento di Gabriele
Vacis e di Antonia Spaliviero, si fa moderno, perde la forza del dialetto, ma non la comicità che
il commediografo veneziano sapeva infondere ai
suoi personaggi, interpretati in questo caso da attori molto interessanti come Eugenio Allegri, Mirko Artuso, Natalino Balasso, Jurij Ferrini e poi
dai giovani e bravi Nicola Bremer, Christian Burruano, Alessandro Marini e Daniele Marmi.
Rossana Poletti
no e un russo, in pieno periodo di guerra fredda. Rice
finì di scriverlo nel 1984, l’aveva pensato durante tutti gli anni ’70, e si ispirò probabilmente ai due grandi
del gioco, Bobby Fischer e Anatoly Karpov. La storia
si tinge di colori gialli e rosa, nel senso che alle spalle dei giocatori si muovono gli spionaggi dei due paesi, ma c’entra pure una donna, la compagna ungherese dell’americano, i cui genitori furono perseguitati dai
sovietici, costringendo lei alla fuga dal suo paese. A
complicare tutto entra in campo la moglie del russo, la
sconfitta dell’americano, l’invasione e l’invadenza dei
media. Un tal crogiuolo di situazioni la cui lettura scenica, soprattutto nel secondo tempo, si fa complessa,
un po’ troppo. Resta il fatto incontrovertibile che l’allestimento messo in campo dalla Michael Harrison Entertainment è stupefacente: cast di grande qualità, musicisti che in scena suonano, cambiano i costumi, intervengono e recitano nello spettacolo, tanti piccoli pedo-
ni in un copione, che è una macchina straordinaria. La
scena è tutta in bianco e nero, anche se la realtà non lo è
e mostra tutte le sfumature. Balza agli occhi poi, in tutta la sua evidenza, quanto si sia trasformato il mondo
in soli vent’anni e come siamo oggi lontani mille miglia da quel contesto. Il musical debuttò a Londra nel
West End nel 1986 e rimase in scena tre anni, nel 1988
fu allestito per la prima volta a Broadway, l’anno dopo
cadeva il muro di Berlino e a quel punto una partita tra
un russo e un americano avrebbe assunto un significato diverso, sicuramente meno drammatico. Agli inglesi
“Chess” piace e continua ad essere riproposto in sempre nuove versioni; è sempre alto nei sondaggi musicali che cercano di capire i gusti mutevoli del pubblico.
Agli americani non piacque da subito, durò infatti in
scena solo due mesi, forse da quelle parti non gradirono la sconfitta del loro giocatore.
Poscaro
5
6 palcoscenico
Il giro del mondo in 80 teatri
LA VALIGIA DELL’ATTORE
Martedì, 3 maggio 2011
Il giro del mondo in 80 teatri
Napoli,
Teatro San Carlo
“... Non c’è nulla in tutta Europa, che non dico si avvicini a
questo teatro, ma ne dia la pallida idea. Gli occhi sono abbagliati,
l’anima rapita...” Così Stendhal,
nel 1817, del teatro San Carlo di
Napoli.
Il Teatro di San Carlo è stato
costruito nel 1737, per volontà
del Re Carlo di Borbone di dare
alla città di Napoli un nuovo teatro che rappresentasse il potere
regio.
Il San Carlo ha preso il posto del Teatro San Bartolomeo. Il
progetto venne affidato all’architetto Giovanni Antonio Medrano,
Colonnello del Reale Esercito, e
ad Angelo Carasale, già direttore
del San Bartolomeo.
Il disegno di Medrano prevedeva una sala lunga 28,6 metri e
larga 22,5 metri, con 184 palchi,
compresi quelli di proscenio, disposti in sei ordini, più un palco
reale capace di ospitare dieci persone, per un totale di 1379 posti.
Otto mesi dopo l’inizio dei lavori, il 4 novembre, venne inaugurato con l’opera “Achille in
Sciro” di Metastasio, con musica di Domenico Sarro, direttore
d’orchestra e dei tre balli creati
da Gaetano Grossatesta, scene di
Pietro Righini.
Come era usanza dell’epoca, Achille era interpretato da
una donna, Vittoria Tesi, detta
“la Moretta”, con accanto la prima donna soprano Anna Peruzzi,
detta “la Parrucchierina” e il tenore Angelo Amorevoli.
L’interno della struttura è,
oggi, ricostruibile sulla base di un
dipinto di Michele Foschini e di
alcuni rilievi eseguiti da architetti europei in visita alla sala, quali
lo svedese Carl Fredrik Adelcrantz, autore dei teatri delle residenze reali di Ulriksdal e Drottningholm e il francese Gabriel-Pierre-Martin Dumont.
Quest’ultimo, giunto a Napoli
nel 1751 al seguito di Abel Poisson, fratello di Madame de Pompadour e futuro marchese di Marigny, contribuì alla notorietà internazionale della fabbrica pubblicando il volume di disegni “Parallèle
des plans des plus belles salles de
spectacle d’Italie et de France...” e
le incisioni edite nel decimo volume dell’Encyclopédie di Diderot e
D’Alembert (1772).
Le numerose testimonianze tramandate da viaggiatori e visitatori
sono concordi nel magnificare la
grandezza della sala e dei palchi.
Spesso si sono avute singolari osservazioni, come quella del chirurgo inglese Samuel Sharp che nel
1765 ebbe modo di notare le originali poltroncine della platea dotate
di schienali pieghevoli e chiudibili
con serrature.
Durante il Settecento l’edificio
subì diversi interventi di ammodernamento per soddisfare le esigenze del gusto e dell’acustica. Un intervento corposo in questo senso si
ebbe nel 1742 diretto da Giovanni
Maria Galli Bibiena il Giovane.
Per eventi particolari, l’intera
sala poteva essere trasformata con
strutture e decorazioni provvisorie:
nel 1747 ad esempio, in occasione
della nascita del primogenito reale,
Vincenzo Re organizzò in teatro la
“Gran Festa da Ballo”.
Altre ristrutturazioni sono state eseguite da Ferdinando Fuga
(1699-1782), prima nel 1767-68 in
occasione del matrimonio di Ferdinando IV con Maria Carolina, e poi
nel 1777-78.
Con i primi lavori l’architetto
toscano rinnovò la decorazione dell’auditorio e inserì nei palchi grandi specchi provvisti di torciere con
candele che, sfruttando l’effetto di
riflessione, moltiplicavano l’illuminazione della sala producendo, secondo il compositore inglese Charles Burney, “uno splendore troppo
abbagliante per gli occhi”.
Il successivo intervento riguardò
il boccascena, ricostruito con il raddoppio dei pilastri e l’inserimento
dei palchi di proscenio.
Nel 1797 la sala venne sottoposta ad un nuovo restauro decorativo
sotto la direzione dello scenografo
del teatro Domenico Chelli (17461820). Questo intervento però fu
poco apprezzato dalla critica settecentesca.
La breve parentesi della Repubblica Partenopea del 1799 non por-
tò particolari modifiche alla struttura, ad eccezione di alcuni danni
provocati dall’uso improprio della sala, ribattezzata Teatro Nazionale e “profanata” da spettacoli
equestri.
Nel 1809 Gioacchino Murat incaricò l’architetto toscano Antonio
Niccolini per il progetto della nuova facciata principale, che fu eseguita in stile neoclassico traendo
ispirazione dal disegno di Pasquale
Poccianti per la Villa di Poggio Imperiale di Firenze.
Fu ricostruito in soli 6 mesi su
progetto dello stesso Antonio Niccolini, dopo un incendio che lo distrusse nella notte del 13 febbraio
1816.
Nel 1834 fu avviato un nuovo
restauro ad opera dello stesso Niccolini. Nel 1844-45 Francesco Gavaudan e Pietro Gesuè, con la demolizione della Guardia Vecchia,
realizzarono il prospetto occidentale, verso il Palazzo Reale.
Il 27 marzo 1969 il gruppo scultoreo niccoliniano della Partenope,
sull’acroterio centrale del frontone
della facciata principale, si sgretolò
a causa di un fulmine e delle infiltrazioni piovane e fu necessario rimuoverne una parte.
Nei primi anni Settanta, dopo un
incendio della copertura, fu rimosso anche quanto sopravvissuto dell’originale gruppo scultoreo in muratura e stucco. L’11 giugno 2007,
la Triade della Partenope tornò sulla
sommità dell’edificio, grazie all’iniziativa dell’Associazione Culturale
Mario Brancaccio, su progetto di
ripristino dell’architetto Luciano
Raffin.
Il 23 gennaio 2009 il Teatro di
San Carlo riaprì i battenti dopo la
prima fase dei lavori di ristrutturazione e restauro, durata cinque
mesi (da luglio 2008 a dicembre
dello stesso anno) e coordinati dall’architetto Elisabetta Fabbri. Gli
interventi potarono ad un nuovo
Foyer al di sotto della sala teatrale; la sala stessa è stata restaurata,
puliti i rilievi decorativi, gli ori, le
cartepeste e le patine meccate ed è
stato inoltre aggiunto un impianto di climatizzazione, per il quale
il flusso dell’aria è immesso nella
platea attraverso una bocca posizionata al di sotto di ognuna delle 580 poltrone, ed in ogni singolo palco della sala. Il restauro della tela di 500 metri quadrati, posta
a decoro del soffitto della sala, ha
richiesto l’impiego di circa 1.500
chiodi e 5.000 siringate per il fissaggio della pellicola pittorica.
Inoltre sono state interamente sostituite le poltrone della platea.
Il teatro venne nuovamente
chiuso al pubblico a partire da giugno 2009 per il rifacimento del palcoscenico, e nel 2010 per un intervento sulla facciata e per gli ultimi
ritocchi.
Il San Carlo è stato proclamato dall’UNESCO patrimonio dell’umanità
palcoscenico 7
Martedì, 3 maggio 2011
I raccomandati
I raccomandati
Capodistria, Teatro cittadino
Trieste, Teatro “Orazio Bobbio”
I Glembaj
Daddy blues- un papà per tutti
Scritto da Miroslav Krleža, uno dei maggiori
scrittori croati del XX secolo, “I Glembaj” (portato in scena dal belgradese “Atelje 212”) è un
dramma psicologico in tre atti. L’azione si svolge
a Zagabria, in un brevissimo lasso di tempo, appena poche ore di un giorno d’estate del 1914. Il
poco tempo basta a dire della caduta di una famiglia bene, i Glembaj, appunto. Una famiglia, quella nella quale fa ritorno il figlio, nella quale ormai
tutto è disaccordo, e nella quale ognuno si porta
dentro un’infinità di drammi, paure, incertezze,
tristezze, perfidie. Tutto condito da opportunismi,
gelosie, interessi, amori e tresche .
L’inizio della fine scatta quando la baronessa
Castelli, attuale moglie del banchiere Glembaj, investe con la carrozza una povera donna. La morte della donna segnerà la fine anche della nuora e
del nipote: la donna andrà verso la fine in seguito
al diniego della baronessa di darle un aiuto per acquistare una macchina da cucire, che le consentirebbe di guadagnarsi da vivere. Di chi è la colpa
Dopo anni di battaglie e attese per poter adottare un bambino, Christine e Bernard Lapierre possono finalmente dirsi felici: l’irascibile signora Merrill, responsabile del servizio adozioni, confida loro che il bambino arriva oggi! …ma proprio lo
stesso giorno Christine ha deciso di lasciare Bernard.
Con il cugino architetto Antoine, Bernard cerca di mettere a
punto gli ultimi dettagli del loro nuovo progetto. Impresa non
facile perché Bernard non riesce a concentrarsi a causa della signora Merril: è lei che deve portargli in giornata il bambino che
sta aspettando da ben quattro anni.
Tutto è pronto per accogliere il piccolo Sébastien: il lettino,
lo scaldabiberon, l’orsetto di peluche… manca solo la mamma
adottiva, Christine! Adesso ci vogliono assolutamente due genitori perché la signora Merrill affidi a Bernard il bambino. Per
non perdere Sébastien e gettare all’aria quattro anni d’attesa,
il novello padre dovrà assolutamente trovare al più presto una
soluzione.
Pronto a tutto per raggiungere il suo scopo, l’uomo si destreggia in una menzogna dopo l’altra, fino a far passare la sua
segretaria Lou per la moglie, davanti agli occhi stupiti di un
importante cliente dello studio. La situazione degenera e tutti i
personaggi coinvolti sembrano colti da una follia generalizzata,
dove ciascuno a suo modo finisce col mettersi in ridicolo.
“Daddy Blues” è una commedia brillante, con tutti gli ingredienti che lo rendono leggera senza mai cadere nella banalità:
ci sono gli equivoci, gli scambi di ruolo, i sentimenti profondi,
le esigenze e le virtù degli esseri umani. Porta in scena la storia
di una paternità desiderata, di costume e di regole sociali da rispettare e ogni volta con sorpresa da capovolgere; di converso
cìè la storia delle mogli che promettono maternità, ma che scappano al primo incontro con la realtà. Di segretarie innamorate che cercano di diventare mogli e poi mamme. Di uomini che
smettono di amare le donne per innamorarsi di altri uomini ed
imitare in un paradosso di equivoci le madri mancate.
(In scena dal 6 al 15 maggio)
di questo rosario di tragedie? Sarà scontro su tutta
la linea, in casa Glembaj, verranno a galla storie di
lenzuola e quant’altro. Nel cuore dello scandalo la
baronessa Castelli, ovviamente, accusata di avere
un amante e di aver sedotto il rampollo Glembaj.
Il cuore del capostipite non reggerà. E salta fuori
la storia della sua bancarotta, che la vedova accetta male e per buon peso offende la memoria del
marito e allarga subito dopo ai figli. Leon mette
fine a tutto uccidendo la baronessa.
(In scena il 5 e 6 maggio)
Fiume, Teatro “I. de Zajc” / Pola, Teatro cittadino
Camere da letto
Tre camere da letto, quattro storie di coppie
che si intrecciano.
La prima coppia ricorda con insistenza i bei
tempi andati, ma a dire il vero lui pensa più ad
una macchia di umido che lentamente si allarga sul soffitto. La seconda coppia è sposata da
alcuni anni e, seppure lei sia una moglie premurosa, lui è tutto preso dagli impegni di lavoro e vive quindi come un dramma il fatto di
essere bloccato a letto a causa di uno strappo
muscolare. La terza coppia si è invece sposata
da poco e per festeggiare la nuova abitazione
organizza un party con tutti gli amici; peccato
però che il marito sia stato alquanto maldestro
nel bricolage.
Tutto sommato tre ménage familiari tranquilli, che comunque hanno trovato in qualche
modo un loro equilibrio. La quiete verrà presto sconvolta da una quarta coppia di coniugi
in perenne stato di crisi. Lei è nevrotica, impacciata, piagnona; lui invece è un narcisista,
un egocentrico che non fa altro che autocompatirsi. Saranno loro a innescare una reazione a catena di liti, equivoci e piccole catastrofi
che sconvolgeranno la tranquilla notte di tutte
le coppie. “Camere da letto” è una commedia
che rasenta la parodia, con un meccanismo “a
orologeria”, in cui l’azione si svolge contemporaneamente in tre stanze diverse. Riporta piccole incomprensioni, diversità di carattere, gelosie, vecchi amori che riaffiorano, reciproche
sopportazioni e l’indifferenza che matura nell’abitudine della convivenza.
(In scena a Fiume 12, 13, 14, 16 e 17 maggio; a Pola il 23 e 24 maggio)
Fiume, Teatro “I. de Zajc” / Pola, Teatro cittadino
Trieste, Politeama Rossetti
Happy days - il nuovo musical
Vita di uno stolto
Storia dal sapore Anni Sessanta, a teatro, ma
universalmente conosciuta grazie alla popolare
serie di telefilm a cui s’ispira.
Il musical Happy Days nasce in California,
dove esordisce con successo al Falcon Theatre di
Burbank, presto viene creata anche un’edizione
da portare in tournée: l’opera originale è di Garry
Marshall mentre musica e libretto sono firmati da
Paul Williams, mentre gli arrangiamenti sono di
John McDaniel, che ha curato anche la supervisione alle musiche.
Garry Marshall, di origini italiane, è un autore famoso in America: ha al proprio attivo molti show televisivi statunitensi, è creatore di serie
tv di successo come Mork & Mindy e regista del
film Pretty Woman. Risultato da un recente sondaggio il telefilm più amato dagli spettatori italiani Happy Days ha accompagnato generazioni di
spettatori per 11 stagioni e 255 episodi complessivi ed ha reso celeberrimi personaggi che ora ritroveremo sul palcoscenico: ricordate Richie Cunningham, sua sorella Joanie “sottiletta”, i genitori
Marion e Howard, gli amici Ralph e Potsie, Alfred e, naturalmente, il mitico Fonzie? La storia
su cui il musical si basa, arricchendola di travolgenti brani musicali, si svolge a Milwaukee, nel
Wisconsin, nel 1959 e ricalca le avventure tenere
e divertenti che già i telefilm ci raccontavano.˝Il
telefilm ha rappresentato un trampolino di lancio per gli attori della serie: primo fra tutti Ron
Howard, che come produttore e regista ha firmato
C’è tutto Akutagawa nella “Vita di uno stolto”, meglio, nello
scontro interiore di Sensei, intellettuale sensibile, cinico e neurotico che ormai percorre tutta la strada della pazzia, accompagnato
da un disagio sociale che lo ha definitivamente determinato. Ryunosuke Akutagawa, lo ricordiamo, è morto suicida a soli 35 anni.
“Vita di uno stolto” è una profonda riflessione sulla solitudine e
l’alienazione dell’uomo moderno nella sofferente e spesso vana ricerca del significato dell’esistenza.
“Vita di uno stolto” non si può raccontare: lo spettacolo bisogna
vederlo con gli occhi e l’anima, metabolizzarlo non senza ansia e
disagio.
Ryunosuke Akutagawa è stato geniale nella stessa misura nella
quale è stato, purtroppo, folle. Cresciuto in un ambiente stimolante si è avvicinato da subito alla letteratura per quella che è stata una
passione vera e propria. Suo “Rashomon”, per la regia di Akira Kurosawa. Ha lasciato un’eredità imponente di scritti, vere e proprie
miniature portate alla perfezione.
(In scena a Fiume il 6 maggio; a Pola il 10 maggio)
film di enorme successo, tra cui “Cocoon, l’energia dell’universo”, “Splash, una sirena a Manhattan”, “A Beautiful Mind” ed il recente “Angeli e
demoni” tratto dal romanzo di Dan Brown. Henry
Winkler si è affermato come produttore di serie tv
come Mac Gyver e, nel 2008, in occasione delle
elezioni presidenziali statunitensi, ha partecipato
al cortometraggio dell’amico Ron Howard a sostegno del candidato democratico Barack Obama
in cui torna a vestire i panni di Fonzie, così come
Howard ha impersonato per una volta ancora Richie Cunningham.
(In scena dal 18 al 22 maggio)
8 palcoscenico
Martedì, 3 maggio 2011
CARNET PALCOSCENICO rubriche a cura di Carla Rotta
TEATRO Il cartellone del mese
IN CROAZIA
Teatro Nazionale Ivan de Zajc - Fiume
IN ITALIA
Politeama Rossetti - Trieste
Ciclo:Musical e grandi eventi
18, 19, 20 e 21 maggio ore
20.30; 21 e 22 maggio ore 16
4 maggio ore 20; 5 maggio
ore 19.30
Dalla Vltava a Mosca
concerto. Musiche di Sergej
Vasiljevič Rahmanjinov (Concerto per pianoforte e orchestra), Bedøich Smetana (Vltava) e Antonin Dvoøák (Danze
slave). Con l’Orchestra sinfonica dell’Opera. Solista Iris Sudar
(pianoforte). Dirige Igor Vlajnić
sador Theatre Group LTD, Bill
Kenwright e The Bartner Group
Anđelka Rušin, Davor Lešić,
Voljen Grbac, Kristina Kolar,
Anamarija Knego Vidović, Marijana Radić, Robert Kolar
6 maggio ore 20.30
La vita di uno stolto da Ryunosuka Akutagawa. Regia David Doiashvili. Interpreti Damir Orlić, Dražen Mikulić,
Igor Kovač, Tanja Smoje, Edita
Karađole, Jelena Lopatić, Andreja Blagojević
7 maggio ore 19.30
Il bosco di Stribor di Ivan
Josip Skender (tratto da Ivana
Brlić Mažuranić). Regia Ozren
Prohić. Interpreti Siniša Štork,
Sergej Kiselev, Mirela Toić,
12 maggio ore 12; 13, 14,
16, 17 maggio ore 19.30
Camere da letto di Alan
Ayckbourn. Regia Paola Galassi. Interpreti Elvia Nacinovich,
Bruno Nacinovich, Leonora Surian, Giorgio Amodeo, Rosanna
Bubola, Giuseppe Nicodemo,
Elena Brumini, Woody Neri,
Oscar Genovese
Happy Days - Il nuovo musical di Garry Marshall e Paul
Williams. Regia Saverio Marconi. Interpreti la Compagnia della Ranca
24, 25, 26, 27 e 28 maggio
ore 20.30; 28 e 29 maggio ore
16
24, 25, 30 e 31 maggio ore
19.30; 28 maggio ore 12
Pagliacci di Ruggiero Leoncavallo. Regia Plamen Kartalov
26 e 27 maggio ore 19.30
Un buon posto per morire
di Damir Karakaš. Regia Dalibor Matanić
Teatro cittadino - Pola
10 maggio ore 20
La vita di uno stolto da Ryunosuka Akutagawa. Regia David Doiashvili. Interpreti Damir Orlić, Dražen Mikulić,
Igor Kovač, Tanja Smoje, Edita
Karađole, Jelena Lopatić, Andreja Blagojević
Monty Pithon’s Spamalot Eric Idle, John Du Prez,
Graham Chapman, John Cleese,
Terry Gilliam, Terry Jones, Michael Palin. Regia Christopher
Luscombe. Interpreti Ambas-
Ciclo: Fuori abbonamento
10 maggio ore 21
Massimo Ranieri - Canto perché non so nuotare... da
500 repliche di Gualtiero Peirce
e Massimo Ranieri. regia Massimo Ranieri. Interprete Massimo Ranieri
12 maggio ore 21
Le radici di Elvis - “The
Memphis Gospel Project” di
Giuliano Zannier, Oscar Chersa, Marco Steffè e Rudy Fantin.
Regia Gualtiero Giorgini e Oscar
Chersa. Interpreti Oscar Chersa & The Flaming Stars Orchestra (Marco Vattovani, Francesco
Cainero, Marco Steffè, Giovanni
Vianelli, Antonio Kozina, Enrico
Canalaz, Cristina Verità, Cecilia
Barucca, Andrea Cheber, Giulia-
no Tull, Klemen Kotar, Maurizio
Cepparo, Elisa Colummi, Lisa
Savio, Stefania Seculin, Elisa
Bombacigno, Martina Feri, Elisa Ritossa, Alberto Bravin, Leo
Zannier)
13 maggio reo 21
Terribilmente divagante di
Teresa Mannino. Regia Marco Rampoldi. Interprete Teresa
Mannino
14 maggio ore 21
Voca People - Intergalactic vocal theatre Interpreti Voca
People
Teatro lirico Giuseppe Verdi - Trieste
17, 18, 19 e 24 maggio ore 20.30; 20 maggio ore 18; 21 maggio ore 17; 22 maggio
ore 16
Gianni
Schicchi
di Giaccomo Puccini.
Regia Giulio Ciabatti.
Interpreti Nicola Alai-
19, 20 e 21 maggio ore 20
Adam
23 e 24 maggio ore 20
Camere da letto di Alan
Ayckbourn. Regia Paola Galassi. Interpreti Elvia Nacinovich,
Bruno Nacinovich, Leonora Surian, Giorgio Amodeo, Rosanna
Bubola, Giuseppe Nicodemo,
Elena Brumini, Woody Neri,
Oscar Genovese
mo, Diletta Rizzo Marin, Manuela Kriscak,
Giovanna Lanza, Atalla Ayan, Ilaria Zanetti,
Giuliano Pelizon, Chiara Fracasso
The Medium di
Gian Carlo Menotti.
Regia Giulio Ciabatti.
Interpreti Tiziana Fabbricini, Diletta Rizzo
Marin, Manuela Kriscak, Ilaria Zanetti, Giuliano Pelizon,
Chiara Fracasso, Giulio Cancelli
Teatro Orazio Bobbio - Trieste
6, 7, 11, 12, 13 e 14 maggio ore
20.30; 8, 10 e 15 maggio ore 16.30
Daddy Blues, un papà per tutti di
Bruno Chapelle e Martyne Visciano.
Regia Vincenzo Salemme. Interpreti Marco Columbro, Paola Quattrini,
Adriano Evangelisti, Roberta Formilli, Adriano Giraldi, Erika Puddu
IN SLOVENIA
Teatro cittadino - Capodistria
5 e 6 maggio ore 20
I Glembaj di Miroslav
Krleža. Regia Jagoš Marković.
Intepreti Boris Cavazza, Anica Dobra, Nikola Ristanovski, Jelena Đokić, Vlastimir
Đuza Stojiljković, Branislav
Trifunović, Tanasije Uzunović,
Svetozar Cvetković, Mladen
Sovilj, Stefan Trikoš, Aleksandar Đurđić
7 maggio ore 20
Bollywood commedia - balletto con i Monsoon
11 maggio ore 20
George Dandin, o il marito confuso di Moliere. Regia
Luka Martin Škof. Interpreti Radoš Bolčina, Mojca Fatur,
Igor Štamulak, Danijel Malalan,
Miha Rodman, Dunja Zupanec,
Rok Matek
12 maggio ore 19.30
Fotr di Bjarni Haukur
Thorsson. Regia Nataša Barbara Gračner. Interprete Lado
Bizovičar
14 maggio ore 20
Maria Antonietta di e regia
Matej Filipčič. Intepreti Marko
Mandić, Darja Zgonc, Jadranka
Juras, Mirjam Kalin, Nina Zidar
Klemenčič
16 maggio ore 20
Le cicogne non tornano
di Evgen Car. Regia Dušan
Jovanović. Interpreti Evgen Car,
Rok Matek, Magda Kropiunig,
Janez Starina, Katja Levstik,
Ajda Toman
19 maggio ore 20 e 20 maggio ore 12
Camere da letto
22 maggio ore 19
Zala di Simone Schönett e
Harald Schwinger. Regia Marjan
Štikar. Interpreti Martina Kanzian, Mirko Lepuschitz, Izidor
Sticker, Karin Spitzer-Simonitsch, Zalika Steiner, Martin Koren, Toni Isopp, Martin Zwitter, Karel Krautzer, Jozi Spitzer,
Mihi Mischkulnig, Janko Zwitter,
Franci Obiltsching, Drago Pörtsch, Tonej Sticker, Hanca Pörtsch, Nadja Pörtsch, Lili Kogoj,
Rozka Tratar, Darina Gabriel,
Luca Mak, Lan Sticker, Mira Ur-
bajs, Mira Kofler, Franci Spitzer,
Niko Janežič, Gregor Novak
26 maggio ore 20
Sonata d’autunno di Ingmar
Bergman
27 maggio ore 20
Il calapranzi e Il guardiano di
Harold Pinter.
Il calapranzi. Regia Predrag
Stojmenović. Interpreti Marko
Gvero, Miljan Davidović.
Il guardiano. Regia Dragan Ostojić. Interpreti Dragan
Ostojić, Slavoljub Matić, Branislav Knežević
Anno VII/ n. 55 del 3 maggio 2011
“LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol Superina
IN PIÙ Supplementi a cura di Errol Superina
Progetto editoriale di Silvio Forza / Art director: Daria Vlahov Horvat
Edizione: PALCOSCENICO
Redattore esecutivo: Carla Rotta / Impaginazione: Annamaria Picco
Collaboratori: Rossana Poletti
La pubblicazione del presente supplemento, sostenuta dall’Unione Italiana di Fiume / Capodistria e dall’Università Popolare
di Trieste, viene supportata dal Governo italiano all’interno del progetto EDITPIÙ in esecuzione della Convenzione
MAE-UPT N° 1968 del 22 dicembre 8, Contratto 248a del 18/10/2006 con Novazione oggettiva del 7 luglio 2009