DEL POPOLO ce vo /la .hr dit w.e ww palcoscenico An no VII • n. Sipario 1 201 o i g 55 • Martedì, 3 mag UN CAFFÈ CON... Ariella Reggio e Marcela Serli Pagine 2 - 3 / LA RECENSIONE I Rusteghi / Aladin e Chess Pagine 4 - 5 / IL GIRO DEL MONDO ... in 80 teatri Pagina 6 / ANTEPRIMA I raccomandati Pagina 7 / CARNET PALCOSCENICO Il cartellone del mese Pagina 8 2 palcoscenico Martedì, 3 maggio 2011 Ariella Reggio e Marcela Serli UN CAFFÈ CON... Ariella Reggio e Marcela Serli di Rossana Poletti P artiamo da Buonanotte mamma, spettacolo nel quale siete attualmente impegnate, il testo è un grande punto di forza. Ariella A dire il vero non l’abbiamo scelto noi, perché avevamo cominciato con il dire facciamo un testo comico. Marcela Le persone mi dicevano “ah, ti te fasesi rider assai con l’Ariella”: era quasi una scelta obbligata. Ariella Avevamo lavorato poco assieme, una volta o poco più, sempre però ci seguivamo, andavamo a vedere l’una gli spettacoli dell’altra, e ogni volta ci dicevamo “testo comico xe per noi”. Marcela Abbiamo cercato e letto un sacco di cose, ma abbiamo scoperto che non sarebbe stato facile trovarne uno per noi due. Intanto c’è da dire subito che gli autori non scrivono per le donne. Da Shakespeare in qua, la maggior parte degli autori scrive testi per uomini. Perché scrivono solo gli uomini o anche le donne scrivono al maschile? Ariella Le autrici sono poche, da poco tempo la scrittura teatrale è anche al femminile. Poi dovevamo trovare qualcosa che fosse adatto a due donne con età diverse. Abbiamo fatto alcune letture con Serena Sinigaglia che è una regista giovane, emergente, all’avanguardia e ha scelto lei “Buonanotte mamma” di Marsha Norman. È già stato rappresentato in Italia autorevolmente da Lina Volonghi e Giulia Lazzarini, più di vent’anni fa. Vennero proprio alla Contrada ed era il 1984. L’autrice l’aveva scritto nell’82 per l’esattezza e poco dopo vinse il premio Pulitzer. Marcela Negli Stati Uniti lo interpretavano splendide attrici americane, poi però ci fu un lungo periodo in cui non fu più messo in scena in Italia. In realtà va ricordato che fu Orazio Bobbio a dare questo testo ad Ariella e a dirle che era adatto a lei. Ariella Gli piaceva molto e io gli dicevo “el xe sai triste, Orazio” e lui “ sì, ma el xe bel, assai bel”. Marcela Molte persone me l’hanno detto in questi giorni, “è terribile, ma bello”, anche coloro che non hanno una grande cultura teatrale e forse per questo sono più pure. Non hanno cioè i tanti preconcetti che abbiamo noi teatranti. Diciamo che nelle tragedie a teatro ci sono sempre morti, stragi, fatti dolorosi, ma il suicidio è un’altra cosa, per la società e anche a teatro è ancora difficile parlarne. Ariella È sicuramente un tabù. Il trucco però in questa storia è che il suicidio viene annunciato subito, dopo le prime battute. È quasi matematico. Marcela È preciso, non ti dà vie di scampo, non puoi trovare una via di fuga. madre e figlia sul filo del rasoio, quasi un thriller. Marcela È però una donna che riesce a trasformarsi durante questo percorso, proprio quando dice l’ultimo no alla figlia, ha ormai capito tante cose e accetta la sua scelta. Ariella Anche se una madre non accetta mai di perdere una figlia e tanto meno così. La regista ha inventato il finale per come lo vediamo in questa messa in scena. Le nuvole di Magritte come sfondo, una metafora della vita e della morte. L’incontro tra le due donne ha luogo in una piccola cucina, simboleggiante un po’ la consuetudine del quotidiano, e invece in questo contesto ven- Sono simpatica, sociale, solare, il personaggio che interpreto è all’opposto timido, introverso, con una crepa interiore, una ferita nell’anima. (Marcela Serli) Ariella Tutti sperano che lei non lo faccia, che non si uccida. E forse qualcuno è d’accordo con lei, giunta a quel punto, ritiene sia giusto che la faccia finita. Ariella Credo che l’autrice propenda in qualche modo per questa scelta, al di là delle convenienze del testo, credo ci sia una sua intima condivisione. Marcela La regista stessa parteggia per la ragazza dall’inizio alla fine. Quando leggevamo il testo, all’inizio dell’allestimento, io e Ariella ci commuovevamo molto, io piangevo senza riuscire a fermarmi. Era un’angoscia terribile, di una forza pazzesca. Alla fine della prima lettura la Sinigaglia era convinta della scelta, credo sia molto vicino alla sua sensibilità. Ariella Ognuno vi trova qualcosa di sé: il rapporto con la propria madre, ad esempio, oppure la relazione con il marito. Nello spettacolo la madre è una donna semplice limitata, che ha avuto un marito con il quale non parlava, lei si considerava inferiore; tante situazioni si intrecciano, non c’è solo il confronto tra gono sviscerati i grandi temi, le grandi complessità della vita. La figlia è una figura ben delineata, sicura nella sua scelta, irremovibile, la madre, che invece parte da una condizione semplice, che ha inizialmente poche esigenze, mangiare dormire e guardare la tv, si trasforma, toglie la maschera, la crosta di una grigia esistenza, diventa una persona, diventa… Ariella Diventa qualcuno, esce dal suo anonimato. Marcela Esatto, oltre al tema principale dell’incomunicabilità, in questo testo si parla di vita e di morte, ma soprattutto della grande trasformazione umana che interviene quando alla morte ci si trova davanti e si è chiamati inutilmente a evitarla. Un’incomunicabilità non pirandelliana, cioè inesauribile? Ariella C’è quella battuta della madre che dice alla figlia “possiamo ancora parlare, questa sera”, e la ragazza le risponde di no. Il terribile sta proprio qui nel fatto che dopo tanti anni di silenzio e incomprensione pro- Buonanotte, mamma Una madre anziana, una figlia, una sera come tante. Una piccola cucina sgangherata, due sedie, un tavolo, un divano e la tv. Scatoloni pieni di cose, oggetti di una vita precaria, ormai in bilico. La figlia Jessie ha deciso che tra due ore si suiciderà, porrà fine alla sua vita piena di dolore, di malattie e fallimenti. La madre Thelma, una donna semplice, aggrappata tenacemente alle poche cose della sua esistenza, il cibo e qualche programma alla televisione, reagirà sorprendentemente tirando fuori risorse inaspettate, parlando di angosce, soprusi e delle disgrazie di tutta una vita. Piangerà, pregherà, scongiurerà la figlia di non farlo. Jessie e Thelma si confesseranno in quelle due ore tutto quello che non si sono dette in tanti anni, alcuni anche di convivenza forzata. La figlia continuerà fino alla fine ossessivamente a istruire la madre su come, dove e quando fare, trovare, disporre le cose, quando lei non sarà più presente a risolverle i problemi. Alla fine la realtà sarà una tragedia, la giovane si sparerà con la pistola del padre trovata in casa. Sono brave Ariella Reggio e Marcela Serli in questa esperienza che le mette a dura prova, prova che superano senza mai un cedimento, senza una benché minima concessione alla retorica del melodramma, facendo tenere il fiato sospeso al pubblico per tutta la durata dello spettacolo, che spera e parteggia, a dire il vero, per entrambe le soluzioni. “Fa in modo che non lo faccia”, sembrano dire, ma anche “arrivati a questo punto, è inevitabile”. Marsha Norman ha vinto un premio Pulitzer per questo grande testo, in cui rappresenta il suicidio non come un momento di negazione della vita, ma anzi la scelta di liberarsi, l’aspirazione ad un qualche paradiso, a cui una persona ha diritto dopo la tanta sofferenza inflittale da una vita ingiusta. Un cast tutto femminile: la regista Serena Sinigaglia, che regala allo spettacolo quella durezza e asciuttezza necessarie a renderlo stupendo, la scenografa Maria Spazzi e la traduttrice del testo Laura Curino. prio solo in questa sera si parlano, quando lei ha già presa la sua decisione irremovibile. Però quelle due ore sono esaustive di tutta una vita. È faticoso da interpretare questo ruolo? Ariella Molto. È faticoso emotivamente, ma anche fisicamente, arrivi al fondo esausta. Marcela Ho fatto tanti ruoli diversi, un vecchio, una signora, personaggi grotteschi. Questa è la prima volta che mi capita di interpretare una che potrei essere io, ma non sono io assolutamente. Sono simpatica, sociale, solare, il personaggio che interpreto è all’opposto timido, introverso, con una crepa interiore, una ferita nell’anima. La regista avrebbe potuto poi accontentarsi di quello che aveva di noi due, e invece ha tentato la via di andare al di là dei nostri pregiudizi. A me ha fatto fare un personaggio introverso, che tiene tutto dentro, ironica ma amara, per niente simpatica. Ariella A me ha chiesto di essere appunto meno simpatica del solito. Marcela Tutte e due non sono accattivanti, sono anzi molto dure. Ariella Speriamo di andare in tournée il prossimo anno. Magari in Istria… Ariella Il pubblico istriano è attentissimo, si diverte, segue con molta attenzione quello che abbiamo negli anni proposto e sa apprezzare. Sarebbe un grande piacere potergli far vedere questo spettacolo, speriamo. Poi avremo modo di approfondirlo, ogni sera che lo replichiamo troviamo modo di migliorare qualche parte. Alla ricerca della perfezione. Marcela Fare uno spettacolo per due può sembrare un’esclusività, quasi una prigione nella quale devi muoverti, in realtà è un luogo in cui si aprono finestre più grandi. Ariella È una sfida, nella quale gli anni di teatro sono sì esperienza, pratica, ma qui bisogna che scatti qualcosa sia con la regista che con la partner. Mi par di capire che ci sono state difficoltà? Marcela La regista mi diceva continuamente “non guardarla, non la devi guardare, parlale ma guarda da un’altra parte”. Ariella Sei pieno dei tuoi pensieri e quindi certe azioni ti vengono automatiche, devi importi. Non avevo mai lavorato con la Sinigaglia, anche se la conoscevo e avevo visto molte cose sue che mi erano piaciute tanto. Il miracolo è accaduto. Tutte donne le artefici di questo spettacolo. Un caso o una scelta? Marcela La regista ha scelto la scenografa, per un fatto di stima, è la persona con cui lavora generalmente bene. Ma è anche vero che questo spettacolo ha un’altra chiave di lettura. L’avevo visto a Roma tanto tempo fa con la Gaia de Laurentis, se ricordo bene, ed era uno spettacolo buio. Questo invece ha una sua luce, qualcosa che ha paradossalmente a che fare con la vita e non con la morte, perché le donne danno la vita. Ariella L’unica cosa che spero è che questi tempi bui, in cui la crisi inghiotte tante potenzialità, tante cose positive, non si portino via anche questo. La crisi e il merito potrebbero essere la chiave di volta per un ritorno più convinto al teatro? Ariella Il mondo ormai è un supermarket e in questo contesto indovinare cosa succederà è molto difficile, se non impossibile. Anche coloro che hanno puntato sui cosiddetti cavalli pazzi, i produttori di audience per intenderci, hanno spesso fallito i loro business. Marcela Un anno fa durante una mise en space a Milano è morto un nostro collega, un mese dopo gli abbiamo dedicato uno spettacolo, c’erano tutti perché il teatro serve ad onorare la morte come la vita, è un rito meraviglioso, in cui ci si incontra, si dialoga. Ogni giorno anche a casa noi facciamo il nostro teatro; l’organizzazione di un compleanno è far teatro: la torta, le candeline, preordinare i vari momenti. Il teatro serve per vivere. Tanti anni di esperienza a teatro per poi finire a fare fiction. Ariella (ridendo) In tarda età mi sono capitate queste opportunità che non ho cercato e le ho colte, devo dire che mi sono piaciute. Il teatro resta comunque il mio grande amore. Questa ultima fiction “Tutti pazzi per amore” non è comunque male rispetto a tante altre che raramente guardavo, spesso annoiandomi a morte. Ha un bravo regista Riccardo Milani, attori del calibro di Neri Marcorè, Alessio Boni, e quindi mi considero fortunata ad averci partecipato, anche se l’esperienza è stata sbalorditiva. Per dire due paroline dieci ore di prove, attese e tante riprese. Una fatica immensa, compensata poi dalla popolarità che la fiction regala a chi la fa. In passato avevi fatto uno sceneggiato su Svevo, se ben ricordo. Ariella Co ierimo putei… avevo preso parte alla “Coscienza di Zeno” per la regia di Sandro Bolchi, tutta un’altra cosa. Quella volta tutto doveva essere di grande qualità. Oggi la tv è veloce, ci sono un sacco di soldi che girano. Per te, in conclusione, Marcela, è molto importante il teatro d’impegno sociale, anche per il futuro. Marcela In fin dei conti trovo piacere nell’affrontare i progetti che includano le persone che hanno bisogno, che vivono in svantaggio. Quest’estate metterò in scena da regista lo spettacolo “Variabili umane - scene di ironico strazio” che ha vinto il premio Cappelletti e parla dei transessuali. Uno spettacolo che non si riferisce solo ad un problema di genere, maschile e femminile, ma che tratta invece più complessivamente della questione dell’identità. Ho scoperto attraverso questa esperienza che ci sono persone che lottano ogni giorno per cose minimissime, che noi non possiamo neanche immaginare. Attraverso “Variabili umane” ne ho compreso la grande sofferenza. Martedì, 3 maggio 2011 Le protagoniste Pochi sanno o ricordano che Ariella Reggio visse ben 5 anni in Inghilterra, erano gli anni ’60, dove collaborò con la BBC nella conduzione di trasmissioni culturali radiofoniche e televisive. I più la ricordano per le sue continue “scorrerie” sui palcoscenici nostrani a tenere alte le sorti del teatro dialettale, da quasi mezzo secolo. Nel 1961 viene scritturata dal Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia per partecipare a un’edizione di “Arlecchino servitor di due padroni” di Goldoni e da allora, per numerosi anni, fa parte della compagnia del Teatro Stabile. Nel 1976 assieme a Orazio Bobbio, Lidia Braico e Francesco Macedonio fonda a Trieste il Teatro Popolare La Contrada, di cui ancora oggi è un solido pilastro. Da ricordare le sue saltuarie ed efficaci partecipazioni al Festival dell’Operetta che si svolge ogni anno al Teatro Verdi di Trieste; le interpretazioni cinematografiche e le sue presenze in diversi film per la TV e fiction, ultima in ordine di tempo “Tutti pazzi per amore” nel ruolo di zia Sofia. Marcela Serli, quarantenne argentina, non può prescindere nel suo lavoro a teatro dall’esperienza maturata nel mondo della psichiatria triestina di Basaglia. Nacque per questo motivo “Aurora Corrosiva” un monologo sul disagio e sulle cause che originano la follia attraverso i versi di Alda Merini. Carlos Alsina è stato il maestro in Argentina della Serli, in Italia ha lavorato con Alessandro Marinuzzi, dal quale dice di aver appreso il rapporto tra persona, attore e personaggio. Per approdare ad un altro punto di riferimento, Serena Sinigaglia, regista con cui collabora da tempo e che le ha trasmesso il suo modo di affrontare gli attori, energico ed estremamente concreto. Infine con il regista Rodrigo Garcia, ha perfezionato il desiderio di dare voce all’urgenza espressiva, l’attenzione per il mistero, per il torbido e perverso nelle pause e nelle attese, per il non detto. In conclusione si può affermare che Marcela Serli sia attrice e autrice con una grande sensibilità per la denuncia politica e sociale nell’esperienza teatrale. palcoscenico 3 Il pubblico istriano è attentissimo, si diverte, segue con molta attenzione quello che abbiamo negli anni proposto e sa apprezzare. Sarebbe un grande piacere potergli far vedere questo spettacolo, speriamo. (Ariella Reggio) 4 palcoscenico Martedì, 3 maggio 2011 Martedì, 3 maggio 2011 ALADIN E CHESS Musical (mente)... storie T rieste. Politeama Rossetti. Più volte ho sostenuto, ma è opinione diffusa, che il musical italiano non fosse ancora all’altezza delle produzioni internazionali. Con “Aladin” devo in parte ricredermi. Si tratta di uno spettacolo realizzato per bambini, il tema in particolare lo è. La favola della bella principessa che incontra il ladruncolo buono e lo sposa, attraverso tutte le magie che “Le mille e una notte” concedono alla nostra immaginazione, ovviamente piace ai più piccoli, ma non si può dire che non si avvalga di talenti, da Manuel Frattini nei panni di Aladino, già grande protagonista di “Pinocchio” e “Peter Pan”, sempre in sella nonostante gli anni passino anche per lui, a Roberto Ciufoli, già conosciuto con il gruppo della Premiata Ditta, sicuramente un brillante Genio della Lampada, capace di divertenti magie e gag a tutto spiano. Ottime, contrariamente al solito, le coreografie e i movimenti d’insieme, buona la regia insomma di Fabrizio Angelini. I veri motori dello spettacolo sono però le musiche di Stefano D’Orazio, realizzate insieme ai suoi amici “Pooh”, e gli effetti speciali, tra cui strabilianti raggi laser che costruiscono nell’aria tappeti volanti su cui viaggiano comodamente Jasmine e Aladin, ma è una combinazione di macchine appese e luci. Scacchi a teatro Restiamo comunque su un altro piano se parliamo di “Chess”, arrivato a Trieste in esclusiva nazionale, a confermare ancora una volta che la città giuliana è sempre più la capitale italiana del musical, come a suo tempo lo è stato dell’operetta. Chess significa scacchi e sul palcoscenico si gioca una vera partita, ben più complessa di quella tra due giocatori qualsiasi. Tim Rice, lyricist, e gli Abba, ideatori delle musiche, hanno scelto come soggetto di questo musical, mai realizzato in Italia prima d’ora, una partita a scacchi tra un america- I RUSTEGHI I nemici della civiltà T rieste. Politeama Rossetti. La decadenza di una società e la vecchiaia dell’uomo, a ben guardarci dentro sono la stessa cosa. L’anziano non ha più voglia o forza di fare niente, le novità lo spaventano e le tiene lontane come la iattura, diventa brontolone e distruttivo, si chiude nel suo piccolo per non recepire più quello che potrebbe in qualche modo richiamarlo alla realtà. Gode delle “ricchezze” acquisite, denigra e dileggia i giovani dei quali è di fatto terribilmente invidioso: non sono mai sufficientemente bravi, capaci ed intelligenti. Si fa forte di queste considerazioni per impedire loro di prendere le redini. La società si comporta allo stesso modo, acquisito uno status consistente tende a sopravvivere di questo traguardo, senza rendersi conto che il mondo avanza, che le insidie del cambiamento sono dietro ogni angolo, che nuovi poveri arrivano con la forza di mille panzer, resi ancor più aggressivi dal bisogno. La società quando invecchia compie una parabola, raggiunto il massimo della potenza e dello splendore scende rapidamente la china, precipitando in una dorata ma rovinosa fine. Ed è questa la tremenda similitudine che il regista Gabriele Vacis scorge tra l’ingloriosa fine dell’impero della Serenissima, che il Goldoni descrive ironicamente in alcune delle sue commedie, di cui i Rusteghi sono forse la massima espressione, e la nostra realtà attuale. “Rusteghi: i nemici della civiltà” intitola infatti questa sua rivisitazio- ne prodotta dal Teatro Stabile di Torino e dal Teatro regionale Alessandrino. La sente serpeggiare tra le righe del racconto e con la forza delle intuizioni teatrali ne esalta il contenuto attraverso una rivisitazione particolare ed affascinante. Il testo goldoniano si interrompe e irrompono sulla scena, anche in maniera visiva, concetti solo apparentemente estranei alla storia dei burberi veneziani. La nebbia, che la laguna conosce per gran parte dell’anno, copre tutto, restringe gli spazi di osservazione e consente di celare il marcio che sta sotto e dentro di essa. E’ l’immagine dello spazio mentale che l’uomo restringe per poter vivere in questa nostra società profondamente corrotta: il detto “cuore non vede, occhio non duole” semplifica il concetto. I Rusteghi sono vecchi fuori e dentro, tengono tutto sotto chiave, controllano severamente che nulla devii dai loro voleri e dai loro ordini. E non si accorgono che di nascosto le donne di casa hanno “intrallazzato” per far accadere quello che la realtà esigeva, l’amore di due ragazzi e la loro felicità. E dopo un’altra scena goldoniana esce dal contesto un ragazzo di oggi che racconta del padre, il quale ha una gran cura di sé, fa il fighetto nonostante l’età, tenta di essere amico del figlio, ma comunque non può capire che tanta acqua è passata sotto i ponti e inevitabilmente loro due sono diversi, incomunicabili, nonostante la buona disposizione dell’uomo verso il giovane. Il ragazzo lo sa e dice: “tuo padre non è come te, non pensa e non vede come te”, ma il padre non riesce proprio a capirlo. Mettere in scena solo uomini, come nel teatro elisabettiano, è l’altra caratterizzazione che Vacis imprime a questo allestimento. “L’uomo comanda e la donna obbedisce – così esordisce uno dei protagonisti, a cui fa eco un altro con – è casa mia, comando io, sono padrone io”. Ad una visione così ottusa il regista risponde facendo interpretare le parti femminili ad alcuni giovani attori. La dura posizione di Vacis è più necessità di denuncia che sottolineatura del ruolo femminile nel mondo del Goldoni, per il quale la realtà non è poi così tragica. Accorda il lieto fine alla storia, proprio grazie all’arguzia delle donne, e addirittura in altre commedie come ne La locandiera alla protagonista Mirandolina, donna esuberante, complessa, affascinante, sempre lucida e sincera, capace di autocontrollo, attribuisce il ruolo di dominatrice dell’intera commedia e della sua vita. Il linguaggio teatrale del Goldoni in questa versione, grazie all’adattamento di Gabriele Vacis e di Antonia Spaliviero, si fa moderno, perde la forza del dialetto, ma non la comicità che il commediografo veneziano sapeva infondere ai suoi personaggi, interpretati in questo caso da attori molto interessanti come Eugenio Allegri, Mirko Artuso, Natalino Balasso, Jurij Ferrini e poi dai giovani e bravi Nicola Bremer, Christian Burruano, Alessandro Marini e Daniele Marmi. Rossana Poletti no e un russo, in pieno periodo di guerra fredda. Rice finì di scriverlo nel 1984, l’aveva pensato durante tutti gli anni ’70, e si ispirò probabilmente ai due grandi del gioco, Bobby Fischer e Anatoly Karpov. La storia si tinge di colori gialli e rosa, nel senso che alle spalle dei giocatori si muovono gli spionaggi dei due paesi, ma c’entra pure una donna, la compagna ungherese dell’americano, i cui genitori furono perseguitati dai sovietici, costringendo lei alla fuga dal suo paese. A complicare tutto entra in campo la moglie del russo, la sconfitta dell’americano, l’invasione e l’invadenza dei media. Un tal crogiuolo di situazioni la cui lettura scenica, soprattutto nel secondo tempo, si fa complessa, un po’ troppo. Resta il fatto incontrovertibile che l’allestimento messo in campo dalla Michael Harrison Entertainment è stupefacente: cast di grande qualità, musicisti che in scena suonano, cambiano i costumi, intervengono e recitano nello spettacolo, tanti piccoli pedo- ni in un copione, che è una macchina straordinaria. La scena è tutta in bianco e nero, anche se la realtà non lo è e mostra tutte le sfumature. Balza agli occhi poi, in tutta la sua evidenza, quanto si sia trasformato il mondo in soli vent’anni e come siamo oggi lontani mille miglia da quel contesto. Il musical debuttò a Londra nel West End nel 1986 e rimase in scena tre anni, nel 1988 fu allestito per la prima volta a Broadway, l’anno dopo cadeva il muro di Berlino e a quel punto una partita tra un russo e un americano avrebbe assunto un significato diverso, sicuramente meno drammatico. Agli inglesi “Chess” piace e continua ad essere riproposto in sempre nuove versioni; è sempre alto nei sondaggi musicali che cercano di capire i gusti mutevoli del pubblico. Agli americani non piacque da subito, durò infatti in scena solo due mesi, forse da quelle parti non gradirono la sconfitta del loro giocatore. Poscaro 5 6 palcoscenico Il giro del mondo in 80 teatri LA VALIGIA DELL’ATTORE Martedì, 3 maggio 2011 Il giro del mondo in 80 teatri Napoli, Teatro San Carlo “... Non c’è nulla in tutta Europa, che non dico si avvicini a questo teatro, ma ne dia la pallida idea. Gli occhi sono abbagliati, l’anima rapita...” Così Stendhal, nel 1817, del teatro San Carlo di Napoli. Il Teatro di San Carlo è stato costruito nel 1737, per volontà del Re Carlo di Borbone di dare alla città di Napoli un nuovo teatro che rappresentasse il potere regio. Il San Carlo ha preso il posto del Teatro San Bartolomeo. Il progetto venne affidato all’architetto Giovanni Antonio Medrano, Colonnello del Reale Esercito, e ad Angelo Carasale, già direttore del San Bartolomeo. Il disegno di Medrano prevedeva una sala lunga 28,6 metri e larga 22,5 metri, con 184 palchi, compresi quelli di proscenio, disposti in sei ordini, più un palco reale capace di ospitare dieci persone, per un totale di 1379 posti. Otto mesi dopo l’inizio dei lavori, il 4 novembre, venne inaugurato con l’opera “Achille in Sciro” di Metastasio, con musica di Domenico Sarro, direttore d’orchestra e dei tre balli creati da Gaetano Grossatesta, scene di Pietro Righini. Come era usanza dell’epoca, Achille era interpretato da una donna, Vittoria Tesi, detta “la Moretta”, con accanto la prima donna soprano Anna Peruzzi, detta “la Parrucchierina” e il tenore Angelo Amorevoli. L’interno della struttura è, oggi, ricostruibile sulla base di un dipinto di Michele Foschini e di alcuni rilievi eseguiti da architetti europei in visita alla sala, quali lo svedese Carl Fredrik Adelcrantz, autore dei teatri delle residenze reali di Ulriksdal e Drottningholm e il francese Gabriel-Pierre-Martin Dumont. Quest’ultimo, giunto a Napoli nel 1751 al seguito di Abel Poisson, fratello di Madame de Pompadour e futuro marchese di Marigny, contribuì alla notorietà internazionale della fabbrica pubblicando il volume di disegni “Parallèle des plans des plus belles salles de spectacle d’Italie et de France...” e le incisioni edite nel decimo volume dell’Encyclopédie di Diderot e D’Alembert (1772). Le numerose testimonianze tramandate da viaggiatori e visitatori sono concordi nel magnificare la grandezza della sala e dei palchi. Spesso si sono avute singolari osservazioni, come quella del chirurgo inglese Samuel Sharp che nel 1765 ebbe modo di notare le originali poltroncine della platea dotate di schienali pieghevoli e chiudibili con serrature. Durante il Settecento l’edificio subì diversi interventi di ammodernamento per soddisfare le esigenze del gusto e dell’acustica. Un intervento corposo in questo senso si ebbe nel 1742 diretto da Giovanni Maria Galli Bibiena il Giovane. Per eventi particolari, l’intera sala poteva essere trasformata con strutture e decorazioni provvisorie: nel 1747 ad esempio, in occasione della nascita del primogenito reale, Vincenzo Re organizzò in teatro la “Gran Festa da Ballo”. Altre ristrutturazioni sono state eseguite da Ferdinando Fuga (1699-1782), prima nel 1767-68 in occasione del matrimonio di Ferdinando IV con Maria Carolina, e poi nel 1777-78. Con i primi lavori l’architetto toscano rinnovò la decorazione dell’auditorio e inserì nei palchi grandi specchi provvisti di torciere con candele che, sfruttando l’effetto di riflessione, moltiplicavano l’illuminazione della sala producendo, secondo il compositore inglese Charles Burney, “uno splendore troppo abbagliante per gli occhi”. Il successivo intervento riguardò il boccascena, ricostruito con il raddoppio dei pilastri e l’inserimento dei palchi di proscenio. Nel 1797 la sala venne sottoposta ad un nuovo restauro decorativo sotto la direzione dello scenografo del teatro Domenico Chelli (17461820). Questo intervento però fu poco apprezzato dalla critica settecentesca. La breve parentesi della Repubblica Partenopea del 1799 non por- tò particolari modifiche alla struttura, ad eccezione di alcuni danni provocati dall’uso improprio della sala, ribattezzata Teatro Nazionale e “profanata” da spettacoli equestri. Nel 1809 Gioacchino Murat incaricò l’architetto toscano Antonio Niccolini per il progetto della nuova facciata principale, che fu eseguita in stile neoclassico traendo ispirazione dal disegno di Pasquale Poccianti per la Villa di Poggio Imperiale di Firenze. Fu ricostruito in soli 6 mesi su progetto dello stesso Antonio Niccolini, dopo un incendio che lo distrusse nella notte del 13 febbraio 1816. Nel 1834 fu avviato un nuovo restauro ad opera dello stesso Niccolini. Nel 1844-45 Francesco Gavaudan e Pietro Gesuè, con la demolizione della Guardia Vecchia, realizzarono il prospetto occidentale, verso il Palazzo Reale. Il 27 marzo 1969 il gruppo scultoreo niccoliniano della Partenope, sull’acroterio centrale del frontone della facciata principale, si sgretolò a causa di un fulmine e delle infiltrazioni piovane e fu necessario rimuoverne una parte. Nei primi anni Settanta, dopo un incendio della copertura, fu rimosso anche quanto sopravvissuto dell’originale gruppo scultoreo in muratura e stucco. L’11 giugno 2007, la Triade della Partenope tornò sulla sommità dell’edificio, grazie all’iniziativa dell’Associazione Culturale Mario Brancaccio, su progetto di ripristino dell’architetto Luciano Raffin. Il 23 gennaio 2009 il Teatro di San Carlo riaprì i battenti dopo la prima fase dei lavori di ristrutturazione e restauro, durata cinque mesi (da luglio 2008 a dicembre dello stesso anno) e coordinati dall’architetto Elisabetta Fabbri. Gli interventi potarono ad un nuovo Foyer al di sotto della sala teatrale; la sala stessa è stata restaurata, puliti i rilievi decorativi, gli ori, le cartepeste e le patine meccate ed è stato inoltre aggiunto un impianto di climatizzazione, per il quale il flusso dell’aria è immesso nella platea attraverso una bocca posizionata al di sotto di ognuna delle 580 poltrone, ed in ogni singolo palco della sala. Il restauro della tela di 500 metri quadrati, posta a decoro del soffitto della sala, ha richiesto l’impiego di circa 1.500 chiodi e 5.000 siringate per il fissaggio della pellicola pittorica. Inoltre sono state interamente sostituite le poltrone della platea. Il teatro venne nuovamente chiuso al pubblico a partire da giugno 2009 per il rifacimento del palcoscenico, e nel 2010 per un intervento sulla facciata e per gli ultimi ritocchi. Il San Carlo è stato proclamato dall’UNESCO patrimonio dell’umanità palcoscenico 7 Martedì, 3 maggio 2011 I raccomandati I raccomandati Capodistria, Teatro cittadino Trieste, Teatro “Orazio Bobbio” I Glembaj Daddy blues- un papà per tutti Scritto da Miroslav Krleža, uno dei maggiori scrittori croati del XX secolo, “I Glembaj” (portato in scena dal belgradese “Atelje 212”) è un dramma psicologico in tre atti. L’azione si svolge a Zagabria, in un brevissimo lasso di tempo, appena poche ore di un giorno d’estate del 1914. Il poco tempo basta a dire della caduta di una famiglia bene, i Glembaj, appunto. Una famiglia, quella nella quale fa ritorno il figlio, nella quale ormai tutto è disaccordo, e nella quale ognuno si porta dentro un’infinità di drammi, paure, incertezze, tristezze, perfidie. Tutto condito da opportunismi, gelosie, interessi, amori e tresche . L’inizio della fine scatta quando la baronessa Castelli, attuale moglie del banchiere Glembaj, investe con la carrozza una povera donna. La morte della donna segnerà la fine anche della nuora e del nipote: la donna andrà verso la fine in seguito al diniego della baronessa di darle un aiuto per acquistare una macchina da cucire, che le consentirebbe di guadagnarsi da vivere. Di chi è la colpa Dopo anni di battaglie e attese per poter adottare un bambino, Christine e Bernard Lapierre possono finalmente dirsi felici: l’irascibile signora Merrill, responsabile del servizio adozioni, confida loro che il bambino arriva oggi! …ma proprio lo stesso giorno Christine ha deciso di lasciare Bernard. Con il cugino architetto Antoine, Bernard cerca di mettere a punto gli ultimi dettagli del loro nuovo progetto. Impresa non facile perché Bernard non riesce a concentrarsi a causa della signora Merril: è lei che deve portargli in giornata il bambino che sta aspettando da ben quattro anni. Tutto è pronto per accogliere il piccolo Sébastien: il lettino, lo scaldabiberon, l’orsetto di peluche… manca solo la mamma adottiva, Christine! Adesso ci vogliono assolutamente due genitori perché la signora Merrill affidi a Bernard il bambino. Per non perdere Sébastien e gettare all’aria quattro anni d’attesa, il novello padre dovrà assolutamente trovare al più presto una soluzione. Pronto a tutto per raggiungere il suo scopo, l’uomo si destreggia in una menzogna dopo l’altra, fino a far passare la sua segretaria Lou per la moglie, davanti agli occhi stupiti di un importante cliente dello studio. La situazione degenera e tutti i personaggi coinvolti sembrano colti da una follia generalizzata, dove ciascuno a suo modo finisce col mettersi in ridicolo. “Daddy Blues” è una commedia brillante, con tutti gli ingredienti che lo rendono leggera senza mai cadere nella banalità: ci sono gli equivoci, gli scambi di ruolo, i sentimenti profondi, le esigenze e le virtù degli esseri umani. Porta in scena la storia di una paternità desiderata, di costume e di regole sociali da rispettare e ogni volta con sorpresa da capovolgere; di converso cìè la storia delle mogli che promettono maternità, ma che scappano al primo incontro con la realtà. Di segretarie innamorate che cercano di diventare mogli e poi mamme. Di uomini che smettono di amare le donne per innamorarsi di altri uomini ed imitare in un paradosso di equivoci le madri mancate. (In scena dal 6 al 15 maggio) di questo rosario di tragedie? Sarà scontro su tutta la linea, in casa Glembaj, verranno a galla storie di lenzuola e quant’altro. Nel cuore dello scandalo la baronessa Castelli, ovviamente, accusata di avere un amante e di aver sedotto il rampollo Glembaj. Il cuore del capostipite non reggerà. E salta fuori la storia della sua bancarotta, che la vedova accetta male e per buon peso offende la memoria del marito e allarga subito dopo ai figli. Leon mette fine a tutto uccidendo la baronessa. (In scena il 5 e 6 maggio) Fiume, Teatro “I. de Zajc” / Pola, Teatro cittadino Camere da letto Tre camere da letto, quattro storie di coppie che si intrecciano. La prima coppia ricorda con insistenza i bei tempi andati, ma a dire il vero lui pensa più ad una macchia di umido che lentamente si allarga sul soffitto. La seconda coppia è sposata da alcuni anni e, seppure lei sia una moglie premurosa, lui è tutto preso dagli impegni di lavoro e vive quindi come un dramma il fatto di essere bloccato a letto a causa di uno strappo muscolare. La terza coppia si è invece sposata da poco e per festeggiare la nuova abitazione organizza un party con tutti gli amici; peccato però che il marito sia stato alquanto maldestro nel bricolage. Tutto sommato tre ménage familiari tranquilli, che comunque hanno trovato in qualche modo un loro equilibrio. La quiete verrà presto sconvolta da una quarta coppia di coniugi in perenne stato di crisi. Lei è nevrotica, impacciata, piagnona; lui invece è un narcisista, un egocentrico che non fa altro che autocompatirsi. Saranno loro a innescare una reazione a catena di liti, equivoci e piccole catastrofi che sconvolgeranno la tranquilla notte di tutte le coppie. “Camere da letto” è una commedia che rasenta la parodia, con un meccanismo “a orologeria”, in cui l’azione si svolge contemporaneamente in tre stanze diverse. Riporta piccole incomprensioni, diversità di carattere, gelosie, vecchi amori che riaffiorano, reciproche sopportazioni e l’indifferenza che matura nell’abitudine della convivenza. (In scena a Fiume 12, 13, 14, 16 e 17 maggio; a Pola il 23 e 24 maggio) Fiume, Teatro “I. de Zajc” / Pola, Teatro cittadino Trieste, Politeama Rossetti Happy days - il nuovo musical Vita di uno stolto Storia dal sapore Anni Sessanta, a teatro, ma universalmente conosciuta grazie alla popolare serie di telefilm a cui s’ispira. Il musical Happy Days nasce in California, dove esordisce con successo al Falcon Theatre di Burbank, presto viene creata anche un’edizione da portare in tournée: l’opera originale è di Garry Marshall mentre musica e libretto sono firmati da Paul Williams, mentre gli arrangiamenti sono di John McDaniel, che ha curato anche la supervisione alle musiche. Garry Marshall, di origini italiane, è un autore famoso in America: ha al proprio attivo molti show televisivi statunitensi, è creatore di serie tv di successo come Mork & Mindy e regista del film Pretty Woman. Risultato da un recente sondaggio il telefilm più amato dagli spettatori italiani Happy Days ha accompagnato generazioni di spettatori per 11 stagioni e 255 episodi complessivi ed ha reso celeberrimi personaggi che ora ritroveremo sul palcoscenico: ricordate Richie Cunningham, sua sorella Joanie “sottiletta”, i genitori Marion e Howard, gli amici Ralph e Potsie, Alfred e, naturalmente, il mitico Fonzie? La storia su cui il musical si basa, arricchendola di travolgenti brani musicali, si svolge a Milwaukee, nel Wisconsin, nel 1959 e ricalca le avventure tenere e divertenti che già i telefilm ci raccontavano.˝Il telefilm ha rappresentato un trampolino di lancio per gli attori della serie: primo fra tutti Ron Howard, che come produttore e regista ha firmato C’è tutto Akutagawa nella “Vita di uno stolto”, meglio, nello scontro interiore di Sensei, intellettuale sensibile, cinico e neurotico che ormai percorre tutta la strada della pazzia, accompagnato da un disagio sociale che lo ha definitivamente determinato. Ryunosuke Akutagawa, lo ricordiamo, è morto suicida a soli 35 anni. “Vita di uno stolto” è una profonda riflessione sulla solitudine e l’alienazione dell’uomo moderno nella sofferente e spesso vana ricerca del significato dell’esistenza. “Vita di uno stolto” non si può raccontare: lo spettacolo bisogna vederlo con gli occhi e l’anima, metabolizzarlo non senza ansia e disagio. Ryunosuke Akutagawa è stato geniale nella stessa misura nella quale è stato, purtroppo, folle. Cresciuto in un ambiente stimolante si è avvicinato da subito alla letteratura per quella che è stata una passione vera e propria. Suo “Rashomon”, per la regia di Akira Kurosawa. Ha lasciato un’eredità imponente di scritti, vere e proprie miniature portate alla perfezione. (In scena a Fiume il 6 maggio; a Pola il 10 maggio) film di enorme successo, tra cui “Cocoon, l’energia dell’universo”, “Splash, una sirena a Manhattan”, “A Beautiful Mind” ed il recente “Angeli e demoni” tratto dal romanzo di Dan Brown. Henry Winkler si è affermato come produttore di serie tv come Mac Gyver e, nel 2008, in occasione delle elezioni presidenziali statunitensi, ha partecipato al cortometraggio dell’amico Ron Howard a sostegno del candidato democratico Barack Obama in cui torna a vestire i panni di Fonzie, così come Howard ha impersonato per una volta ancora Richie Cunningham. (In scena dal 18 al 22 maggio) 8 palcoscenico Martedì, 3 maggio 2011 CARNET PALCOSCENICO rubriche a cura di Carla Rotta TEATRO Il cartellone del mese IN CROAZIA Teatro Nazionale Ivan de Zajc - Fiume IN ITALIA Politeama Rossetti - Trieste Ciclo:Musical e grandi eventi 18, 19, 20 e 21 maggio ore 20.30; 21 e 22 maggio ore 16 4 maggio ore 20; 5 maggio ore 19.30 Dalla Vltava a Mosca concerto. Musiche di Sergej Vasiljevič Rahmanjinov (Concerto per pianoforte e orchestra), Bedøich Smetana (Vltava) e Antonin Dvoøák (Danze slave). Con l’Orchestra sinfonica dell’Opera. Solista Iris Sudar (pianoforte). Dirige Igor Vlajnić sador Theatre Group LTD, Bill Kenwright e The Bartner Group Anđelka Rušin, Davor Lešić, Voljen Grbac, Kristina Kolar, Anamarija Knego Vidović, Marijana Radić, Robert Kolar 6 maggio ore 20.30 La vita di uno stolto da Ryunosuka Akutagawa. Regia David Doiashvili. Interpreti Damir Orlić, Dražen Mikulić, Igor Kovač, Tanja Smoje, Edita Karađole, Jelena Lopatić, Andreja Blagojević 7 maggio ore 19.30 Il bosco di Stribor di Ivan Josip Skender (tratto da Ivana Brlić Mažuranić). Regia Ozren Prohić. Interpreti Siniša Štork, Sergej Kiselev, Mirela Toić, 12 maggio ore 12; 13, 14, 16, 17 maggio ore 19.30 Camere da letto di Alan Ayckbourn. Regia Paola Galassi. Interpreti Elvia Nacinovich, Bruno Nacinovich, Leonora Surian, Giorgio Amodeo, Rosanna Bubola, Giuseppe Nicodemo, Elena Brumini, Woody Neri, Oscar Genovese Happy Days - Il nuovo musical di Garry Marshall e Paul Williams. Regia Saverio Marconi. Interpreti la Compagnia della Ranca 24, 25, 26, 27 e 28 maggio ore 20.30; 28 e 29 maggio ore 16 24, 25, 30 e 31 maggio ore 19.30; 28 maggio ore 12 Pagliacci di Ruggiero Leoncavallo. Regia Plamen Kartalov 26 e 27 maggio ore 19.30 Un buon posto per morire di Damir Karakaš. Regia Dalibor Matanić Teatro cittadino - Pola 10 maggio ore 20 La vita di uno stolto da Ryunosuka Akutagawa. Regia David Doiashvili. Interpreti Damir Orlić, Dražen Mikulić, Igor Kovač, Tanja Smoje, Edita Karađole, Jelena Lopatić, Andreja Blagojević Monty Pithon’s Spamalot Eric Idle, John Du Prez, Graham Chapman, John Cleese, Terry Gilliam, Terry Jones, Michael Palin. Regia Christopher Luscombe. Interpreti Ambas- Ciclo: Fuori abbonamento 10 maggio ore 21 Massimo Ranieri - Canto perché non so nuotare... da 500 repliche di Gualtiero Peirce e Massimo Ranieri. regia Massimo Ranieri. Interprete Massimo Ranieri 12 maggio ore 21 Le radici di Elvis - “The Memphis Gospel Project” di Giuliano Zannier, Oscar Chersa, Marco Steffè e Rudy Fantin. Regia Gualtiero Giorgini e Oscar Chersa. Interpreti Oscar Chersa & The Flaming Stars Orchestra (Marco Vattovani, Francesco Cainero, Marco Steffè, Giovanni Vianelli, Antonio Kozina, Enrico Canalaz, Cristina Verità, Cecilia Barucca, Andrea Cheber, Giulia- no Tull, Klemen Kotar, Maurizio Cepparo, Elisa Colummi, Lisa Savio, Stefania Seculin, Elisa Bombacigno, Martina Feri, Elisa Ritossa, Alberto Bravin, Leo Zannier) 13 maggio reo 21 Terribilmente divagante di Teresa Mannino. Regia Marco Rampoldi. Interprete Teresa Mannino 14 maggio ore 21 Voca People - Intergalactic vocal theatre Interpreti Voca People Teatro lirico Giuseppe Verdi - Trieste 17, 18, 19 e 24 maggio ore 20.30; 20 maggio ore 18; 21 maggio ore 17; 22 maggio ore 16 Gianni Schicchi di Giaccomo Puccini. Regia Giulio Ciabatti. Interpreti Nicola Alai- 19, 20 e 21 maggio ore 20 Adam 23 e 24 maggio ore 20 Camere da letto di Alan Ayckbourn. Regia Paola Galassi. Interpreti Elvia Nacinovich, Bruno Nacinovich, Leonora Surian, Giorgio Amodeo, Rosanna Bubola, Giuseppe Nicodemo, Elena Brumini, Woody Neri, Oscar Genovese mo, Diletta Rizzo Marin, Manuela Kriscak, Giovanna Lanza, Atalla Ayan, Ilaria Zanetti, Giuliano Pelizon, Chiara Fracasso The Medium di Gian Carlo Menotti. Regia Giulio Ciabatti. Interpreti Tiziana Fabbricini, Diletta Rizzo Marin, Manuela Kriscak, Ilaria Zanetti, Giuliano Pelizon, Chiara Fracasso, Giulio Cancelli Teatro Orazio Bobbio - Trieste 6, 7, 11, 12, 13 e 14 maggio ore 20.30; 8, 10 e 15 maggio ore 16.30 Daddy Blues, un papà per tutti di Bruno Chapelle e Martyne Visciano. Regia Vincenzo Salemme. Interpreti Marco Columbro, Paola Quattrini, Adriano Evangelisti, Roberta Formilli, Adriano Giraldi, Erika Puddu IN SLOVENIA Teatro cittadino - Capodistria 5 e 6 maggio ore 20 I Glembaj di Miroslav Krleža. Regia Jagoš Marković. Intepreti Boris Cavazza, Anica Dobra, Nikola Ristanovski, Jelena Đokić, Vlastimir Đuza Stojiljković, Branislav Trifunović, Tanasije Uzunović, Svetozar Cvetković, Mladen Sovilj, Stefan Trikoš, Aleksandar Đurđić 7 maggio ore 20 Bollywood commedia - balletto con i Monsoon 11 maggio ore 20 George Dandin, o il marito confuso di Moliere. Regia Luka Martin Škof. Interpreti Radoš Bolčina, Mojca Fatur, Igor Štamulak, Danijel Malalan, Miha Rodman, Dunja Zupanec, Rok Matek 12 maggio ore 19.30 Fotr di Bjarni Haukur Thorsson. Regia Nataša Barbara Gračner. Interprete Lado Bizovičar 14 maggio ore 20 Maria Antonietta di e regia Matej Filipčič. Intepreti Marko Mandić, Darja Zgonc, Jadranka Juras, Mirjam Kalin, Nina Zidar Klemenčič 16 maggio ore 20 Le cicogne non tornano di Evgen Car. Regia Dušan Jovanović. Interpreti Evgen Car, Rok Matek, Magda Kropiunig, Janez Starina, Katja Levstik, Ajda Toman 19 maggio ore 20 e 20 maggio ore 12 Camere da letto 22 maggio ore 19 Zala di Simone Schönett e Harald Schwinger. Regia Marjan Štikar. Interpreti Martina Kanzian, Mirko Lepuschitz, Izidor Sticker, Karin Spitzer-Simonitsch, Zalika Steiner, Martin Koren, Toni Isopp, Martin Zwitter, Karel Krautzer, Jozi Spitzer, Mihi Mischkulnig, Janko Zwitter, Franci Obiltsching, Drago Pörtsch, Tonej Sticker, Hanca Pörtsch, Nadja Pörtsch, Lili Kogoj, Rozka Tratar, Darina Gabriel, Luca Mak, Lan Sticker, Mira Ur- bajs, Mira Kofler, Franci Spitzer, Niko Janežič, Gregor Novak 26 maggio ore 20 Sonata d’autunno di Ingmar Bergman 27 maggio ore 20 Il calapranzi e Il guardiano di Harold Pinter. Il calapranzi. Regia Predrag Stojmenović. Interpreti Marko Gvero, Miljan Davidović. Il guardiano. Regia Dragan Ostojić. Interpreti Dragan Ostojić, Slavoljub Matić, Branislav Knežević Anno VII/ n. 55 del 3 maggio 2011 “LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol Superina IN PIÙ Supplementi a cura di Errol Superina Progetto editoriale di Silvio Forza / Art director: Daria Vlahov Horvat Edizione: PALCOSCENICO Redattore esecutivo: Carla Rotta / Impaginazione: Annamaria Picco Collaboratori: Rossana Poletti La pubblicazione del presente supplemento, sostenuta dall’Unione Italiana di Fiume / Capodistria e dall’Università Popolare di Trieste, viene supportata dal Governo italiano all’interno del progetto EDITPIÙ in esecuzione della Convenzione MAE-UPT N° 1968 del 22 dicembre 8, Contratto 248a del 18/10/2006 con Novazione oggettiva del 7 luglio 2009