Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione Indice Abstract pag. 3 Sirmione e il Lago - Cenni storici pag. 5 La preistoria e il periodo romano I longobardi e il Medioevo Dal periodo feudale al Regno Sabaudo La Villa romana di Sirmione L’edificio antico L’edificazione della Grande Villa Il settore meridionale I settori centrali e settentrionali Il settore termale L’abbandono e il cambio di destinazione Problemi di datazione Le ville dell’Otium La villa Nonii Arrii di Toscolano Maderno La Casa del Fauno a Pompei La Villa dei Papiri a Ercolano La Villa di Pollio Felice a Sorrento La Villa Romana di Minori pag. 9 pag. 15 pag. 18 pag. 25 pag. 25 pag. 27 pag. 35 pag. 39 pag. 45 pag. 49 pag. 57 Sirmione oggi - nascita dell’idea progettuale I punti di forza di Sirmione I punti deboli di Sirmione La Villa oggi: le visite, il parco, il museo Obiettivi del progetto Progetto Il Percorso I Moli La Sala espositiva e il Ristorante La Villa romana pag. 83 pag. 83 pag. 85 pag. 87 pag. 89 pag. 93 pag. 93 pag. 94 pag. 98 pag. 101 Conclusioni pag. 107 pag. 65 Bibliografia pag. 108 pag. 67 pag. 69 pag. 71 pag. 75 pag. 77 Sitografia pag. 112 1 2 Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione Abstract Il nostro progetto nasce e si sviluppa nel suggestivo scenario offerto dalla penisola di Sirmione, sul lago di Garda. Inizialmente attratte dalla grande villa romana delle “Grotte di Catullo” posta all’estremità nord, abbiamo deciso di ampliare il nostro progetto coinvolgendo l’intero borgo storico in un percorso conoscitivo-sensoriale sul lungo lago: i due grandi monumenti cittadini (la Rocca Scaligera e la Grande Villa) diventano così i due capisaldi di un percorso che analizza le epoche e le stratificazioni che a Sirmione hanno preso vita, ponendosi in continuità con costruzioni tipicamente lacustri come i pontili, senza intaccare il panorama offerto dalla posizione privilegiata della penisola. spazi museali riorganizzati in modo da avere una strutturazione salda e ben determinata, che permettano una visita chiara e logica dei monumentali resti e del parco naturalistico. Così, partendo dalla darsena della fortezza, si inizia un percorso di avvicinamento alle bellezze naturali ed architettoniche, fino a raggiungere il culmine fisico e ideale della passeggiata: i resti archeologici della villa romana. Qui il visitatore è invitato alla scoperta del monumento ed agli 3 4 Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione Sirmione e il Lago cenni storici Grazie alla sua felice posizione naturale, la penisola di Sirmione è stata luogo privilegiato di insediamento fin dall’antichità. Ancora oggi conserva numerosissime attestazioni della sua lunga e ininterrotta storia, con una densità difficilmente riscontabile in altri centri abitati. La testimonianza più antica di presenza umana risale al primo neolitico padano (seconda metà VI-V millennio a.C.). Durante l’era del Bronzo (IIIII millennio a.C.) insediamenti palafitticoli sono documentati lungo le sponde del lago (Maraschina, porto Galeazzi, San Francesco), ma rinvenimenti isolati dello stesso periodo si sono avuti anche in alcuni punti della cittadina (Grotte di Catullo, Lido delle Bionde, via Antiche Mura, giardini presso San Salvatore). Come altre zone del lago, a partire dal primo secolo a.C. l’estremità della penisola diviene luogo di soggiorno prescelto da ricche famiglie veronesi, fra cui quella dei Valerii: alla gens Valeria apparteneva il poeta Catullo (87-54 a.C.), il cui celebre Carme 31 decanta la bellezza di Sirmione, descrivendo anche la casa che qui possedeva. Tra la fine del I secolo a.C. e gli inizi del I secolo d.C. si fanno risalire le due grandi ville romane: quella nota come “Grotte di Catullo” a nord della penisola e quella rinvenuta in anni recenti fra piazzetta Mosaici, via Vittorio Emanuele e via Antiche Mura (detta, per l’appunto, Villa divia Antiche Mura). Alla base della penisola correva la strada che univa le città romane di Verona e Brixia: presso Sirmione, probabilmente nella zona di Lugana Vecchia, si trovava una stazione di sosta per i viaggiatori, la Sermionemansio, documentata nell’Itinerarium Antonini (III secolo d.C.) e dal contemporaneo Itinerarium Burdigalense , che ne segnalava la presenza presso la località Colombare. In età tardoromana (IV-V secolo d.C.) Sirmione diviene luogo fortificato di controllo del basso lago, è costruita quindi la muratura di difesa lungo la penisola che ingloba e segna il declino della grande Villa a nord; un piccolo nucleo abitato si stabilisce all’interno della cinta fortificata, iniziando lo spoglio delle costruzioni caduto in disuso. 5 6 Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione Anche in età longobarda, a partire dall’ultimo quarto del VI secolo, è presente un insediamento documentato da resti di capanne e di una necropoli. Verso la fine del regno longobardo a Sirmione faceva capo un vasto distretto (iudiciaria Sermionese) dipendente direttamente dal sovrano,la cui moglie, la regina Ansa , fonda un monastero e la chiesa di San Salvatore , di cui ora restano solamente i resti della zona absidale della chiesa. Altre chiese sono citate come esistenti nella cittadina in documenti dell’VIII secolo: San Pietro in Mavinos, San Martino e San Vito. L’autonomia sirmionese perdura fino all’arrivo di Carlo Magno, mantenendo anche successivamente un rapporto privilegiato con i sovrani, da cui ottiene esenzioni e concessioni particolari. Nel XIII secolo Sirmione diviene uno dei punti del sistema di fortificazione scaligero grazie alla costruzione del Castello, probabilmente ad opera di Mastino I della Scala. Nello stesso periodo è rifugio degli eretici Patarini , condannati poi al rogo a Verona nel 1278. La funzione di controllo e di difesa, che perdura nella penisola sin dall’età tardoromana, continuerà sino al XVI secolo, quando Peschiera assumerà il ruolo di centro fortificato del basso lago, sostituendo la penisola. La rocca rimarrà comunque sede di guarnigione militare sino alla metà dell’Ottocento. Sirmione si trova in una posizione strategicamente importante, fra la pianura e la parte meridionale del lago, territorio di confine della signoria scaligera e successivamente, dall’inizio del XV secolo, della Repubblica veneziana, alla quale resterà legata fino alla sua caduta, nel 1797. Nell’Ottocento la popolazione era dedita alla pesca sulle sponde del lago, e all’agricoltura nell’entroterra, le colture tipiche della zona erano: l’olivo, la vite e il gelso. Lo sviluppo turistico di massa e le conseguenti grandi trasformazioni urbanistiche del territorio risalgono al secondo dopoguerra. A questo fenomeno ha contribuito in modo notevole la presenza di acque sulfuree, note da secoli, ma le cui capacità curative cominciarono a essere sfruttate solo dalla fine del secolo scorso. 7 8 Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione La preistoria e il periodo romano La storia del Garda ha inizio con le prime genti che popolarono l’Italia.Sulla sponda di questo lago, infatti, si trovano caverne primitive e cospicui resti di palafitte sia sotto la Rocca di Gardache a Peschiera. Nonostante i numerosi resti però, i tempi preistorici restano ancora piuttosto incerti: dagli studi sembra che i primi abitatori delle zone lacustri fossero gli Aborigeni, seguiti dagli Umbri provenienti dall’Europa centrale. Verso il 1000 a.C. è stato trovato qualche dato più certo che testimonia lo stanziamento sul lago degli Etruschi e, sulla sponda orientale, dei Veneti. Nel 154 dalla fondazione di Roma, gli Etruschi furono sopraffatti dai Galli Cenomani, che si stanziarono quindi nell’area benacese. Stando a quanto dice lo storico Polibio è nel 225 a.C. che si ha un primo vero contatto tra i romani e le popolazioni locali: le popolazioni celtiche dell’Italia settentrionale prepararono una spedi- zione contro Roma mentre Veneti e Cenomani preferirono allearsi con l’esercito di Roma, che passò così il Po, avviando ciò che solo tra il 222 a.C., data della vittoria di Clastidium (Casteggio) sui Galli Insubri e della caduta della capitale Mediolanum, e il 218 a.C., quando vennero fondate le due colonie latine di Placentia e Cremona, divenne il piano di conquista della Cisalpina, interrotto dalla discesa di Annibale in Italia (218-202 a.C.). Negli anni che seguirono, a partire dal 197 a.C., l’alleanza fra Romani e Cenomani venne rinnovata con un foedus; in questo modo l’egemonia romana sulla penisola si consolida, salvaguardando comunque anche gli interessi della popolazione lacustre. Tra il 183 e il 178 a.C. il territorio dei Cenomani e dei Veneti fu percorso dagli eserciti romani che, spostandosi sulla via Postumia, si dirigevano nella Venetiarum Civitas per respingere un’invasione di Galli Transalpini prima e per prendere parte alla seconda guerra istrica poi. Livio scrisse che fu proprio in questa circostanza che il console M. Giunio Bruto impose la fornitura 9 di contingenti militari alle popolazioni cenomane. Sono state fatte ipotesi, non da tutti condivise, che attestano il coinvolgimento delle popolazioni costiere del lago nelle campagne militari del proconsole Q. Marcio Rege (contro la popolazione degli Stoeni), mentre appare più probabile il loro coinvolgimento durante l’invasione dei Cimbri del 102-101 a.C., affrontati nella Val d’Adige dal console romano Q. Lutazio Catullo. Alla conclusione della guerra sociale degli anni 91-89 a.C., durante la quale potrebbero essere intervenute le popolazioni locali, una serie di profonde trasformazioni interessarono, almeno fino all’età cesariana, l’assetto giuridico della Cisalpina e delle popolazioni che vi abitavano: venne concesso lo ius Latii, già precedentemente elargito alla comunità della Transpadana, del ius adipiscendae civitatis Romanae per magistratus, ovvero la possibilità di acquisire la Civitas Romana per quanti avessero ricoperto magistrature in ambito locale; la Cisalpina divenne, per un limitato periodo e con particolari caratteristiche, pro- 10 vincia. Infine, nella seconda metà del I secolo a.C., oltre alla cittadinanza romana, venne concessa la trasformazione in municipi dei centri della Transpadana, fra cui figurano Brixia e Verona, segnando in questo modo la completa integrazione di Cenomani e Veneti nello stato romano. La romanizzazione di quest’area avvenne quindi gradualmente e senza particolari traumi, tanto che non venne nemmeno imposta la centuriazione romana nelle città, consentendo il permanere dell’assetto fondiario preromano e l’integrazione fra nuovi arrivati e popolazioni locali. È però probabile che non tutte le popolazioni residenti godessero del medesimo stato giuridico: i Benacenses, ad esempio, dovevano trovarsi in una condizione di inferiorità giuridica dato che a partire dall’età augustea furono quasi tutti attributi, ovvero aggregati amministrativamente e giurisdizionalmente, pur conservando una certa autonomia interna, ai Brixidi. Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione In età augustea, attorno al 15 a.C., si trovano alcune notizie più certe riguardo l’organizzazione del Lago di Garda: la suddivisione dell’Italia in undici regioni incluse le città di Brixia e Verona nella X regio, successivamente nota come Venetia et Histria; le campagne di Druso e Tiberio contro i popoli alpini dei Reti dovettero in qualche misura coinvolgere gli abitanti di questa zona e si conclusero con la creazione della provincia Raetia et Vindelicia. Con la crescita del potere romano nell’area ebbe nuovo impulso anche la vita economica e sociale grazie alla costruzione di nuove strade, fra tutte la Gallica e la Claudia Augusta: da queste arterie maggiori si dipanava una matassa di altre vie secondarie che consentivano traffici commerciali e trasporti di merci in tutte le città; assunsero una maggiore importanza le vie di comunicazione fluviali sul Po e sul Mincio e quella lagunare interna, donando maggiore importanza a paesi strategicamente posizionati come Torri, sulla riva orientale, e Toscolano su quella occidentale. Il traffico nautico nella zona è testimoniato dai ritrovamenti affiorati durante gli ultimi scavi: lapidi e monete sono stati ritrovati nei paesi di Peschiera, Lazise, Garda, Torri e Malcesine. Durante le guerre civili del 69 d.C. il territorio meridionale del lago di Garda sembra essere stato interessato solo in misura marginale dagli spostamenti degli eserciti che si muovevano lungo la direttrice Verona-Cremona, anche se sono testimoniate presenze Benacenses tra i caduti dei sanguinosi combattimenti. A partire dagli anni dei Flavi fino a quelli dei Severi tutto questo comprensorio fu partecipe di quel particolare clima di prosperità e benessere che in quegli anni caratterizzò la vita economica e sociale delle comunità dell’Italia settentrionale. Vennero erette statue in onore degli imperatori e delle loro famiglie, a testimonianza del forte legame sviluppatosi tra le popolazioni della Cisalpina e la capitale, dalla quale dipendeva la loro prosperità: un esempio si ritrova nell’erezione di una 11 statua di Claudio il Gotico dopo la battaglia contro gli Alemanni, che invasero la regione nel 268 d.C. Anche in periodi successivi le famiglie imperiali trovarono rifugio nell’area Benacense, come i discendenti dell’imperatore Probo (seconda metà del III secolo d.C.); anche durante la lotta tra Costantino e Massenzio la zona sud del lago fu interessata dagli spostamenti militari di quest’ultimo. Sotto il profilo amministrativo il territorio lacustre apparteneva agli agri di Brixia e di Verona, secondo una ripartizione oggetto tuttora di aperta discussione: la sponda orientale fino a Malcesine era veronese, mentre la settentrionale e l’occidentale erano bresciane; nella parte meridionale, infine, la linea di confine tra i due territori doveva presumibilmente a trovarsi poco più a Nord di Desenzano, per attestarsi poi, verso Ovest, lungo la sponda sinistra del Chiese. Poco nota è, purtroppo, l’organizzazione territoriale di questo comprensorio: è infatti scarsamente documentata l’esistenza dei vici e dei pagi. Possiamo comunque pensare che il primitivo insediamento sirmionese sia nato con le caratteri- 12 stiche del vicus, e che venne scelto soprattutto grazie alle caratteristiche del luogo: la particolare conformazione della penisola, circondata dall’acqua, ha sicuramente degli elementi difensivi naturali oltre che paesaggistici.Il territorio a nord del castello, di forma triangolare (1250 metri di lunghezza per 750 di larghezza massima), è costituito da tre colline: Cortine, San Pietro in Mavinas e le Grotte di Catullo. Su quest’ultima sorgono le rovine della villa romana omonima datata al I secolo d. C., che per lungo tempo è stata erroneamente attribuita al poeta Catullo, vissuto però nel secolo precedente la probabile costruzione della villa. E’ probabile comunque che la famiglia veronese dei Valerii, alla cui Gens apparteneva il poeta, avesse possedimenti a Sirmione, soprattutto in base alla testimonianza dei versi scritti dal poeta stesso nel celebre Carme 31. Quest’ipotesi è avvalorata dalla fama del lago come luogo di costruzione di molte Ville dell’Otium appartenenti alle ricche famiglie delle città vicine, di cui a Sirmione permangono solamente i resti dell’immensa villa delle Grotte. Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione Le Grotte di Catullo, che coprono un’area di due ettari, costituiscono la più imponente area archeologica dell’Italia settentrionale. Poste strategicamente all’estremità nord della penisola, godono di una vista mozzafiato che abbraccia l’intero lago di Garda. Queste caratteristiche (estensione e posizionamento) permettono di capire alcune importanti caratteristiche degli abitanti: sicuramente ricchi, possedevano quasi certamente un legame profondo con la famiglia imperiale, tanto da poter costruire una residenza che poteva competere con le meraviglie dell’Italia Centrale. Le rovine attualmente visitabili non sono altro che le sostruzioni, gli ambienti di servizio e probabilmente le stalle, senza quindi nessun resto del piano nobile vero e proprio. Oltre alle sua importanza come luogo di villeggiatura, Sirmione aveva una certa importanza nel sistema viario romano: si trovava infatti sulla via Gallica, l’antica strada che attraverso Bergamo e Brescia arrivava a Verona, dove si collegava con la via Postumia che, costruita nel 148 a.C., univa Genova-Milano-Aquileia. A Desenzano la via Gal- lica proseguiva verso Peschiera lungo la costa, attraversando Rivoltella e la località Colombare. L’Itinerarium Antonini, testo del III sec. d.C., testimonia l’esistenza di un luogo dove i viaggiatori potevano sostare chiamato Sermione Mansio, situata a metà strada tra Brescia e Verona. Gli studiosi ritengono che l’antica mansio descritta nel testo si trovasse nella località Vecchia Lugana, dove sorge un edificio che già a partire dal XV secolo è indicato dalle carte come Osteria o Bettola, cioè posto di sosta e di ristoro. Qui la strada romana si raccordava con l’antica via per il borgo, l’attuale via Lucchino, ora passeggiata pedonale lungo la sponda orientale del lago. Proseguiva poi verso Peschiera, appena più rasente alla riva rispetto all’attuale Strada Statale 11. Ad avvalorare l’ipotesi contribuirebbero anche alcuni ritrovamenti archeologici, come un probabile tratto di strada emerso in occasione di alcuni sbancamenti e un porto artificiale romano individuato a poca profondità nel lago: tutti elementi che indicherebbero una certa importanza del luogo nella viabilità antica. 13 14 Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione I Longobardi e il Medioevo Col decadere dell’Impero Romano, anche il territorio lacustre subì le vicissitudini delle invasioni barbariche e delle guerre. La popolazione barbarica che tra tutte ha avuto maggiore rilievo nell’area del Lago di Garda è quella germanica dei longobardi che, nel 568 d.C., invase l’Italia capitanata da re Alboino a partire dal Friuli per poi spostarsi verso Verona, Brescia, Bergamo, Milano e infine Pavia. La precedente guerra gotico-bizantina e la peste che colpì la regione provocò una totale assenza di resistenza ai nuovi invasori, che occuparono tutta l’Italia settentrionale eleggendo Pavia come loro capitale e il cristianesimo come loro religione. Anche all’interno di questa nuova conformazione politica Sirmione occupava una posizione strategica di collegamento tra le città Brescia e Verona e la Val d’Adige: diventò capoluogo della Judiciaria Sermionensis, un’ampia zona che dalla Valtenesi si estendeva sino alla sponda orientale del lago e arrivava a sud fino a San Martino di Gusnago, oltre a comprendere a nord la piana di Riva. Al periodo longobardo risalgono le notizie di tre chiese esistenti nella penisola, nella seconda metà dell’VIII secolo: San Martino, San Vito e San Pietro in Mavinas. La prima di queste, dedicata a San Martino e non più esistente, coincide forse con l’attuale chiesa parrocchiale di Santa Maria Maggiore, costruita al suo posto dopo la demolizione. L’edificio, costruito alla fine del XV secolo, presenta una pianta rettangolare con abside poligonale ed è orientata sull’asse est-ovest, il lato nord poggia sui resti delle fortificazioni medievali. L’interno è a navata unica suddivisa da tre grandi archi, le pareti laterali erano decorate da affreschi risalenti ai primi anni del ‘500, ad esclusione di quelli sul fondo della parete nord che appartengono ad un periodo precedente. L’altare maggiore, posto nell’abside, è intagliato in marmi pregiati. La chiesa dei santi Vito e Modesto è tuttora esistente ma non coincide con l’antico edificio dell’VIII secolo, abbattuto nel 1744 e ricostruito. Si tratta di una piccola cappella posta all’interno 15 di una tenuta a circa due chilometri dal castello, nella quale viene officiata la messa solamente in occasione della festa dei due santi. La chiesetta di San Pietro in Mavinos sorge sull’omonima collina. L’ edificio è di difficile interpretazione cronologica poiché è stato rimaneggiato nei secoli, si trovano però diversi elementi che ne testimoniano le varie stratificazioni: un mattone murato a fianco del portale reca la data 1320, anno a cui viene ricondotto il restauro dell’edificio; gli affreschi invece sono chiaramente riconducibili a quattro epoche diverse, due delle quali anteriori alla data del restauro e l’ultima databile al 1525. La pianta è generalmente rettangolare con un restringimento nella zona absidale causato da una deviazione del muro settentrionale. L’area presbiteriale è triabsidata, l’abside centrale più grande e le due ai lati più piccole. Il soffitto è costituito da grosse travi lignee. Sul lato sinistro dell’altare maggiore si trova un’altra porta verso l’esterno. Sul medesimo lato sorge il campanile, alto circa 17 metri. Per la sua posizione appartata rispetto al resto 16 dell’abitato divenne forse un lazzaretto dotato di cimitero degli appestati che non potevano essere sepolti nella chiesa parrocchiale e nell’adiacente cimitero. Vi sono inoltre testimonianze di una quarta chiesa di origine longobarda, quella di San Salvatore. Ormai scomparsa da secoli, si può ancora scorgere un frammento dell’area absidale nei pressi del parco pubblico cittadino. Fu edificata dalla regina Ansa, moglie del re Desiderio, ultimo re longobardo, come parte integrante di un piccolo complesso monastico femminile dipendente da quello che è diventato famoso come Santa Giulia. Il piccolo monastero fu costruito tra il 762 e il 765 e fu al centro di una questione di sangue tra la famiglia reale e un ricco nobile longobardo: egli uccise uno degli uomini della regina e dovette donare tutto il suo patrimonio, dividendolo tra San Salvatore e le altre chiesette sirmionesi. Dal complesso derivano molti reperti tutt’ora conservati nella rocca, tra i quali i frammenti di un ciborio recante i nomi di re Desiderio e di suo figlio Adelchi. Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione La costruzione di queste chiese attesta la forte presenza longobarda nell’area gardesana, ma ci sono altri importanti rinvenimenti che confermano, oltre all’insediamento, anche altri aspetti della vita dei Longobardi: dal 1914 furono rinvenute diverse tombe nella zona tra la strada che porta alle Grotte, il Lido delle Bionde e via Piana, che testimoniano l’esistenza di un’antica necropoli situata in questa zona. Anche all’interno della grande Villa sono state rinvenute diverse tombe, alcune delle quali risalenti già al IV secolo: le Grotte di Catullo caddero in rovina dopo nemmeno due secoli di utilizzo, in parte a causa della costruzione delle mura verso la fine dell’epoca romana, in parte a causa di un enorme incendio che scoppiò in quel periodo e di cui ancora si possono trovare tracce. Anche la toponomastica locale mostra segni di influenza longobarda: il cosiddetto Lido delle Bionde deriva da biunda, che significa “luogo recintato”. Nel 774, con la disfatta di Desiderio, subentrò al dominio Carlo Magno, re dei Franchi, che divise il territorio veronese in distretti giudiziari retti da un giudice o gastaldione. Sirmione risentì profondamente di questo cambiamento: il borgo fortificato e il piccolo monastero di San Salvatore furono ceduti da Carlo al convento di san Martino di Tours per finanziare la vestizione dei monaci. Sirmione perse dunque la sua indipendenza e la sua importanza amministrativa, scomparve come distretto e, insieme alla zona circostante, iniziò la regressione a piccolo centro fortificato appartenente al territorio di Verona. Venuto meno il potere centrale alla morte di Carlo Magno, tra i Veronesi e gli abitanti del lago sorsero discordie e pare esserci stata una dura battaglia (tra l’829 e l’856), durante la quale i veronesi, sotto il comando del capitano veneziano Maffeo Giustiniani, ridussero all’obbedienza i popoli gardesani. A partire dal XI secolo Sirmione, come molte cittadine gardesane, si costituì comune e riprese in mano la sua autonomia sviluppando una politica 17 differenziata rispetto ai più grandi centri d’influenza (Brescia, Trento e Verona) e dipendendo direttamente dal potere centrale imperiale, come riportato in un documento del 1220 con il quale l’imperatore Federico II conferma ai suoi abitanti i privilegi imperiali che avevano precedentemente ricevuto, tra i quali il diritto di pesca su tutto il lago. Queste cittadine quindi possedevano condizioni economiche più agiate rispetto ai paesi dell’entroterra oltre ad una forte consapevolezza sociale e un particolare senso comunitario. Dal periodo feudale al Regno Sabaudo Nell’ultimo periodo dell’Impero Romano, quindi, si succedettero gli ultimi re d’Italia (tra cui figurano Berengario duca del Friuli, che portò la sua capitale a Verona e aumentò le fortificazioni a causa della discesa in Italia degli Ungari, e Ottone che col suo regno pose fine al regno italico). Con la diminuzione del potere imperiale in Italia, si sostituì ad esso la dominazione feudataria e l’istituzione dei Liberi Comuni. Nel secolo XII le terre della sponda veronese mutarono spesso padrone e nel 1160 erano sotto la giurisdizione del veronese Turrisendo dei Turrisendi che si oppose al Barbarossa. Le libertà duramente conquistate dai comuni lacustri furono però confermate nella pace di Costanza (1133) e continuarono sino all’estendersi della Signoria Scaligera (1277-1329). In questo periodo, si costituì sulla sponda occidentale la Magnifica Patria, una comunità che comprendeva 33 terre: lo scopo della comunità, 18 Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione con capoluogo prima allocato a Maderno e poi a Salò, era la difesa della propria autonomia contro i Visconti e gli Scaligeri. Parallelamente, sulla sponda orientale, 18 comuni federati costituirono la Gardesana, ma Ezzelino da Romano e gli Scaligeri contrastarono ogni tendenza autonomista. Nel XIII secolo, nonostante gli sforzi delle federazioni, si affermò la Signoria Scaligera, che assoggettò ben presto la sponda orientale del lago, che venne così compresa a livello amministrativo nel distretto della Gardesana e del Baldo. I Signori veronesi realizzarono numerose costruzioni difensive, in particolare fecero costruire i castelli di Malcesine e Riva del Garda; fu ampliato il castello di Sirmione e furono potenziate le strutture portuali di Lazise e Torri del Benaco; realizzarono, nell’entroterra, il grande sistema difensivo del Serraglio. Questo sistema fortificato, con annesso vallo allagabile, fu iniziato nel 1345 da Mastino della Scala e terminato da Cangrande II nel 1355 e prevedeva la costruzione di castelli isolati a Ponti e Monzambano, quindi una serie ininterrotta di castelli e torri collegate tra loro da muri difensivi che partivano da Valeggio sul Mincio, i quali si saldavano al castello di Villafranca, e che proseguivano poi fino a Nogarole Rocca. Il Serraglio conservò i suoi quasi 13 chilometri di lunghezza integri fino a metà Ottocento, dopo di che venne parzialmente smantellato e abbandonato. Di particolare interesse rimane la struttura della Rocca Scaligera di Sirmione, di cui si conserva invece l’intera struttura: completamente circondato dall’acqua, il castello domina il lago dall’alto del suo mastio. Le analisi murarie hanno portato all’identificazioni di tre diverse fasi costruttive, delle quali la prima risale all’epoca di Mastino I della Scala (XIII sec.), la seconda ai primi anni del XIV sec., la terza alla metà del XIV sec., quando avvenne la fortificazione della darsena. Il nucleo principale è costituito dal cortile cintato da quattro alte cortine merlate, dotate di tre torri angolari e dal mastio. Del complesso del castello fa parte anche la 19 20 Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione chiesa di Santa Maria al Ponte, detta anche Oratorio della Beata Vergine al Ponte, ma chiamata Sant’Anna dagli abitanti del borgo. La piccola chiesa, probabilmente edificata per la guarnigione di stanza al castello, è costituita da un vano con volta a botte e da un presbiterio. Nel Quattrocento divenne probabilmente un piccolo santuario, come dimostrerebbe il frammento di affresco trecentesco posto sopra l’altare. Nonostante i benefici apportati dalla dominazione scaligera, nel 1387 la dinastia dei della Scala perse il controllo dell’area con la fuga di Antonio: grazie all’alleanza tra Visconti, Gonzaga e Carrara, Verona fu costretta a cedere alle due potenze rivali tra le quali era stretta (Venezia e Milano). Per Sirmione iniziò quindi un periodo di veloci passaggi tra le diverse signorie, finché nel 1405 ebbe inizio la lunga dominazione veneziana che durò sino al 1797. Il dominio della Repubblica Veneta sul Garda si attestò mediante un Capitano del Lago, residente in Malcesine. La divisione dei domini lacustri non coincideva però con quello territoriale: Riva e il suo territorio appartenevano al Vescovo di Trento (e ad esso continuarono ad appartenere fino agli inizi del 1800, quando furono conquistati dagli austriaci), Venezia aveva invece il dominio delle terre appartenenti alle province di Verona (tra le quali Peschiera e Sirmione) e di Brescia. Durante tutta la dominazione veneziana non vi sono molte testimonianze della storia di Sirmione: diventò un piccolo borgo tranquillo, la cui popolazione si dedicava alla pesca e alla coltivazione degli ulivi sulla penisola, mentre nella campagna circostante i contadini si dedicavano alla coltura della vite e dei gelsi. Il motivo di questa relativa serenità è da ricercare nella saggezza politica e nell’abilità amministrativa di Venezia, che diede un forte impulso sia allo sviluppo edilizio e che alla vita economico-sociale: molti torrenti furono arginati, molte terre bonificate; fu introdotta la coltivazione di nuove piante come la vite, l’olivo e vari alberi da frutto; a Gardone e a Toscolano sorsero nuove fonderie e officine per la lavorazione del ferro; nel veronese fiorì l’industria della lana, a Toscolano venne inaugurato il felice periodo della 21 22 Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione valle delle cartiere; nella Riviera si lavorava il refe per farne cordami, tele di lino, la canapa, le pelli. In tutta la zona ebbe inizio la bachicoltura e la produzione di seta. Al 1530 la popolazione era di circa 1155 abitanti, con un forte calo causato dalle epidemie. Vi furono inoltre molte dispute tra la popolazione sirmionese residente da lunga data, i cosiddetti originari, e i nuovi arrivati, detti forestieri, soprattutto in merito alla gestione dei beni comunali . La comunità sirmionese era quindi governata da un consiglio eletto dalla Vicinia, che corrispondeva ad una classe di cittadini che godevano di diritti speciali sui beni comunali. A causa della grave miseria in cui versava la maggioranza della popolazione vennero istituite delle grandi proprietà terriere che facevano capo alle tenute padronali. L’importanza di queste tenute è tutt’oggi dimostrata dalla cascina Onofria, unica superstite significativa rimasta nell’entroterra. L’egemonia veneziana sui territori lacustri venne interrotta dalla discesa di Napoleone nel Veneto (1796) alla guida dell’esercito anti-austriaco, l’esercito napoleonico conquistò Venezia, che però venne ceduta all’Austria in cambio del Belgio e della Lombardia, come fu concordato durante la firma del Trattato di Campoformio. Dopo il Trattato di Luneville del 1801, la Gardesana dell’Acqua fu incorporata nella Repubblica Cisalpina e poi nella Repubblica Italiana (nel 1802). Ci furono altre guerre tra l’esercito napoleonico e quello austro-ungarico, la prima tra il 1806 e il 1814, quando Napoleone cercò di riconquistare Venezia senza successo; la successiva insurrezione veneziana del 1848 liberò temporaneamente i territori, ma già dal 1849 gli Austriaci ripresero possesso del territorio, fino al 1866, ovvero quando l’Austria cedette Venezia e il Veneto a Carlo Alberto re d’Italia, cessione accolta con gioia da popolazione e patrioti. Con l’annessione del Veneto a quello che diventerà il regno d’Italia si ricompose anche l’unità territoriale del Comune di Sirmione, diviso dopo la seconda guerra di indipendenza del 1859: l’edificio della Vecchia Dogana rappresentava il confine tra l’Austria e il Regno Sabaudo. 23 24 Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione La Villa Romana di Sirmione In Sirmione è una grandissima et antichissima fabrica [...] sovi ancora molte volte dinotanti, e chiaramente a chiunque le vede dimostranti magnificenza, e regale (per dir così) Majestà [...] Torello Saraina, 1540 L’edificio antico Durante gli scavi recentemente effettuati nel settore meridionale della villa, è stato eseguito un sondaggio al di sotto dell’attuale livello mosaicale del vano 88: dopo il prelievo degli strati di preparazione del pavimento “moderno”, di uno strato di riporto di notevole spessore, di alcuni strati collegati alla costruzione dei muri perimetrali dell’ambiente, è stata accertata l’esistenza, a circa 1.20 metri dal pavimento musivo, di strutture più antiche consistenti in un muro in ciottoli con andamento nord-sud legato ad un secondo muro con direzione est-ovest. Le strutture sono riferibili ad almeno tre vani diversi ma di esse si conserva solamente il livello della fondazione, impostata direttamente sulla roccia. Queste antiche strutture furono rasate all’epoca della costruzione della nuova villa, in modo da poterne impostare i muri direttamente dalla roccia. Le antiche strutture, solitamente riutilizzate nelle costruzioni più recenti, furono completamente eliminate probabilmente per aderire ad un progetto unitario di residenza, mentre i materiali provenienti dalla demolizione vennero riutilizzati nello stesso settore meridionale dove sono stati fatti i ritrovamenti: solo nelle murature di questa parte della costruzione sono impiegati ciottoli e frammenti laterizi, mentre nello strato di riempimento al di sotto del mosaico pavimentale del vano 88 sono presenti frammenti di intonaci dipinti. Anche in un altro saggio eseguito nella stessa zona (nel vano 73) sono stati rinvenuti frammenti di intonaco dipinto e di quarti di colonne in cotto nello strato di preparazione del pavimento, evidentemente anch’essi provenienti dalla demolizione della precedente costruzione. Purtroppo nel saggio del vano 88 non sono stati rinvenuti materiali che possano datare le striature più antiche; per questo motivo è possibile solo 25 26 Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione istituire un rapporto di anteriorità rispetto alla successiva villa, non una datazione più precisa. Non vi è quindi nessun dato certo che possa permettere di attribuire con sicurezza i resti del primitivo edificio all’epoca in cui visse e soggiornò a Sirmione il poeta Catullo, salvo la supposizione fatta dal conte Orti Manara: [...] Forse questi materiali avrebbero potuto appartenere ad un preesistente edifizio: ad una casa di Catullo?. L’edificazione della grande villa Nella penisola di Sirmione avanzi rimangono di fabrica Romana detti comunemente casa di Catullo; volte sotterranee vi si veggono ben lavorate: i muri sopra terra son mentovati dal Palladio per esempio nel fargli cassa. Scipione Maffei, 1731 Dopo la demolizione del primo edificio venne costruita una nuova villa, il cui progetto era unitario, coerente ed organico, con un impianto di figura oblunga secondo principi di assialità e simmetria, donando una grande rilevanza all’elemento naturale e paesaggistico. Di forma rettangolare (m 167,5 x 105), con avancorpi sui due lati brevi, la villa copre un’area globale di oltre due ettari. Posta nella parte terminale della piccola penisola dalla forma triangolare, ha sua direzione da nord a sud (più correttamente nord-ovest/sud-est), cosi da adeguarsi al profilo della penisola stessa. Il substrato roccioso è qui costituito da marne 27 28 Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione grigio e grigio-rosate del cretaceo, distribuito su tre diversi livelli somiglianti a piattaforme: la prima posta a livello del lago, le altre due invece emergenti. L’andamento del substrato nell’area interessata dalla costruzione della villa mostra un alto topografico al centro della parte meridionale dell’edificio (coincidente con il suo asse centrale nord-sud) e una immersione progressiva verso nord-ovest, dove il piano roccioso sprofonda in una inclinazione del piano roccioso di circa quindici metri. Per superare il dislivello del terreno, in modo da ottenere una base uniforme su cui costruire la parte residenziale dell’edificio, vennero create alte sostruzioni, ancora ben conservate, sui lati settentrionale e occidentale. Gli archi della basis villae raggiungono gli undici metri di altezza. Per lo stesso motivo parte della roccia fu asportata mediante ingenti opere di sbancamento, ottenendo quote costanti in alcuni vani e terrazzamenti artificiali lungo il lato orientale della villa: il primo si trova a nord (H, ovvero il Campo delle Noci), il secondo al centro (F, area che verrà suc- cessivamente interessata dal nostro lavoro progettuale), il terzo a sud (I, in corrispondenza del piano d’ingresso). Anche l’area occidentale della villa fu interessata da poderosi tagli, spesso ben visibili: i tagli sono visibili nell’area del Criptoportico (vano 104 a), nel Criptoportico degli stucchi (vano 89) e nella Grotta del Cavallo (vano 142). Ad nord-est gli imponenti tagli si mostrano appena sotto il livello delle sostruzioni visibili dal già citato Campo delle Noci (zona H). L’edificio era disposto su tre diversi livelli, non presenti in modo uniforme su tutta l’area, ma realizzati secondo le esigenze determinate dalle differenti quote del terreno. I tre piani erano indipendenti tra loro e raggiungibili dall’esterno senza alcun vincolo di passaggio dall’uno all’altro: il superiore, ovvero il piano residenziale, era accessibile dall’estremità meridionale (zona B), dove era l’ingresso vero e proprio della villa; al medio tramite il vano 48b (appartenente alla serie di sostruzioni occidentali, note 29 30 Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione come botteghe) da cui un taglio nella roccia permetteva l’entrata al criptoportico (vano 104a); al piano inferiore era possibile accedere da nord, attraverso il vano 23, posto nell’angolo inferiore dell’avancorpo settentrionale, che affacciava sulla grandiosa vista offerta dalla rampa rivolta verso il lago (vano 3). Sempre nella zona nord-ovest sono riconoscibili dei vani di servizio posti al piano inferiore raggiungibili mediante l’utilizzo di un altro accesso, posizionato all’interno del vano 25. Dovevano esservi poi all’interno dell’edificio possibilità di passaggio da un livello all’altro, anche se oggi non sono più documentate scale, salvo le lunghe rampe 3 e 6, sui lati ovest e est dell’avancorpo nord, che permettevano di collegare il piano inferiore a quello intermedio; in aggiunta ad esse la piccola rampa del vano 23 collega l’esterno con la rampa del vano 3. La villa venne posizionata e studiata per privilegiare il più possibile l’inserimento all’interno dell’ambiente naturale, permettendo la vista sul lago da tutti e quattro i lati. Ma il progetto denuncia anche una precisa conoscenza della morfologia del substrato, di cui si è tenuto ben conto, così da utilizzare almeno in parte la quota più alta del pianoro, corrispondente all’asse nord-sud dell’edificio e da limitare la costruzione degli elementi di sostruzione al settore settentrionale e solo parzialmente ai lati occidentale e orientale. Un altro elemento che può avere influito sulla scelta della posizione della grande villa è la presenza della costruzione più antica nel punto più alto e più meridionale del terreno: poiché in questa stessa zona si sviluppano poi i vani di ingresso della villa, è probabile che la strada di accesso all’estremità della penisola e all’edificio fosse proprio su questo lato. II livello più alto della villa, corrispondente agli ambienti residenziali, risulta quello più danneggiato per diversi motivi: divenne oggetto di spoliazioni nel corso dei secoli, fu colpito da vasti crolli (soprattutto nell’area settentrionale), vi furono interventi di scavo più o meno distruttivi e in passato 31 anche di coltivazioni. Attualmente il terreno è prevalentemente interessato dalla coltivazione dell’ulivo. L’interro è minimo: le murature, spesso asportate fino alle fondazioni, sono conservate al massimo per 30-40 centimetri e i piani pavimentali sono stati quasi tutti asportati. E’ tuttavia possibile leggere nelle sue linee fondamentali la planimetria dell’edificio antico, caratterizzato lungo i lati lunghi da passeggiate (ambulationes), nei lati brevi dai settori residenziali. Al centro era presente un grande spazio aperto rettangolare (C), mentre altri spazi aperti, più piccoli, si trovano nei settori residenziali a nord e a sud (vani O e N). Dall’esterno la vista della villa era caratterizzata dal possente basamento, alleggerito dalle sequenze di fornici a nord e ad ovest, mentre al piano superiore si trovavano lunghi porticati su tutti e tre i lati affacciati sul lago: la mole dell’edificio non era imponente quanto sarebbe potuta essere, soprattutto grazie al susseguirsi di spazi aperti. I vani residenziali del piano nobile, una volta tolte tutte le aree aperte e semiaperte, le terrazze e 32 i cortili, erano di dimensioni relativamente piccole (rappresentavano circa 1/6 dell’intero edificio), suggerendo che la villa avesse come principale scopo quello di collegare ed utilizzare gli spazi aperti. Sono state trovate tracce di un’area residenziale anche al piano intermedio (ne tradiscono la presenza aree dotate di intonaci dipinti), solitamente utilizzato come piano di servizio. La tecnica muraria e i materiali usati nelle diverse parti della villa corrispondono a criteri di economia del lavoro e di rendimento in opera. Mentre nel settore meridionale, come già detto, le murature sono in ciottoli, frammenti laterizi e scaglie di pietra (calcare marnoso), nel resto dell’edificio sono costruite quasi esclusivamente con scaglie di pietra, provenienti dai tagli operati nella roccia nell’ area stessa della villa. I piedritti degli ambienti di sostruzione, gli stipiti delle porte e delle finestre sono costituiti da filari di scaglie e mattoni alternati: i mattoni regolarizzavano il piano di posa della muratura, garantendo una maggior sicurezza sta- Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione tica nei punti maggiormente sollecitati. Nel settore termale si è fatto uso per alcune parti esclusivamente di laterizi, materiale più adatto per a resistere alle alte temperature. Per le volte si è usato un calcare cavernoso, a struttura spugnosa e molto leggera, mentre per gli elementi architettonici è stato utilizzato un calcare compatto con buone qualità meccaniche. Infine per alcune colonne e per alcuni pilastri della parte settentrionale del criptoportico è stato utilizzato un calcare nummulitico giallastro, facilmente lavorabile.Tutti i materiali provengono o dall’ area gardesana o dal territorio veronese e vicentino. Tutte le strutture murarie erano rivestite con intonaci, decorati e dipinti nelle aree residenziali della villa. momento dello scavo, ora è conservata qualche traccia in alcuni vani nord-occidentali). L’esterno dell’edificio (secondo quanto mostrato da resti d’intonaco resistiti agli scavi degli anni 50) era rivestito con intonaco di colore chiaro o bianco. Il medesimo intonaco rivestiva i vani di servizio ai piani inferiore e intermedio della villa (l’intonaco era effettivamente ben conservato nel 33 34 Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione Il settore meridionale Un’ampia parte del settore meridionale, destinato all’ingresso al piano nobile e a vani residenziali, è stata oggetto in anni recenti di scavi in estensione che hanno permesso di chiarirne definitivamente la planimetria, senza però poter definire con più precisione l’organizzazione spaziale, la destinazione d’uso, la gerarchia e i percorsi funzionali dei diversi ambienti. Sono state cosi riconosciute le inesattezze nella pianta dell’Orti Manara, ben visibili dal confronto fra la pianta ottocentesca e quella ottenuta dopo le ultime indagini, consentendo il riesame dei problemi impiantistici della zona. Sulla presenza di vani modesti e disposti con una certa libertà, molto diversi da quelli presenti nel settore nord più ampi e organici, collocati con regolarità rispetto a un’asse centrale, Mirabella Roberti aveva basato la sua teoria dell’esistenza in questa parte dell’edificio di una precedente villa, tipologicamente indicata come villa a U, poi inglobata nella successiva costruzione. Questa tesi trovava appoggio anche nella diversa tecnica edilizia qui utilizzata ma gli ultimi saggi del terreno (precedentemente descritti) la smentiscono quasi totalmente. Gli ambienti messi in luce recentemente, in numero inferiore rispetto a quelli indicati da Orti Manara, sono caratterizzati in maggioranza da ampie dimensioni e, come nel caso del vano 88 (vano posto a sud-est), da una simmetrica corrispondenza con il vano 121 (vano posto a nord-est). La diversità edilizia precedentemente riscontrata è da attribuirsi unicamente al riutilizzo di materiali appartenenti all’antico edificio posto in quest’area. Anche questa parte della villa appare pertanto costruita, come già aveva ritenuto G. Tosi, insieme al resto dell’edificio, seguendo un disegno unitario. L’ingresso della villa (vano B) era situato nell’avancorpo meridionale.Quest’ultimo, molto mal conservato, non è stato oggetto di scavi recenti, per 35 cui si deve fare riferimento alle indicazioni di Orti Manara.L’apertura (zona 53), larga oltre m 4, era fiancheggiata da due corpi aggettanti, ornati di lesene, che davano monumentalità al prospetto esterno. Da questo spazio, descrivibile quasi come cancello della villa, si accedeva a un grande vano aperto (vano E), probabilmente porticato sui lati est ed ovest, con nicchie semicircolari sul lato sud che affiancavano l’ingresso (vani 54 e 55). Sul lato ovest è tutt’ora visibile un ambiente all’epoca adibito a cisterna (nell’Ottocento gli venne dato il nome di bagno, vano 50) e che ora appare isolato dal resto dell’edificio ma che in origine faceva parte dell’architettura dei due corpi affacciati sul vano E. Dalla cisterna, attraverso fistulae in piombo, rinvenute da Orti Manara, veniva portata l’acqua alla vasca presente nel vano 69 e, con ogni probabilità, anche ad altri ambienti posti a sud-ovest, che andavano a formare il settore termale della villa ([...]Ebbesi la certezza di ciò dalla discoperta di varj tubi di piombo del diametro di 5 centime- 36 tri, e della lunghezza di 20, posti nella direzione della piscina suddetta inver la fonte.).Attraverso l’ostium (ovvero la soglia d’ingresso) si entrava in un vasto ambiente (vano 62, corrispondente al vestibulum), di cui è stata scavata recentemente la sola parte settentrionale, aperto su una vasta esedra (vano 63) corrispondente alle fauces, ovvero l’ingresso vero e proprio, da cui, attraverso uno spazio rettangolare (vano 64), si accede al grande cortile N. Nei vani 62 e 63 il pavimento, che appoggiava immediatamente sopra la roccia, è stato totalmente asportato, mentre il vano 64 conserva un bel pavimento in cocciopesto, ben levigato, in cui sono inglobati piccoli ciottoli neri e frammenti laterizi, anche di cm 4-5 di lato. Tutti i vani situati a ovest degli ambienti 62, 63 e 64 appartengono al settore termale della villa. Nell’angolo nord-est del vano 62 Si apre l’accesso alla parte orientale del corpo meridionale. Si entra nell’ambiente 70, già interpretato da Orti Manara come un cortile, probabilmente per la presenza di un chiusino in pietra nera (72) che Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione dovea servire all’impluvio. Si tratta di un grande vano rettangolare di ca. mq 125, in origine pavimentato a mosaico in tessere bianche, come risulta da poche tessere ancora in situ e dalle numerose rinvenute isolate. Lungo il muro settentrionale si trova un’ampia soglia, in mosaico bianco con fascia a tessere nere, che immetteva nel cortile N; più a est, una seconda soglia consentiva l’accesso al vano 79. Al centro dell’ambiente 70 si trova un pozzetto, che conserva ancora il gradino di alloggiamento della lastra di chiusura descritta da Orti Manara. Il pozzetto comunica con una canaletta, coperta da lastre in pietra e dal piano pavimentale, avente andamento nord, ricavata, come il pozzetto, dal taglio della roccia. Lungo la parete meridionale del vano 70 si aprivano gli accessi a cinque diversi ambienti: a ovest ai vani 73 e 62, al centro al corridoio 75 e ad est ai vani 76 e 88. Il primo ha pavimento in piccoli ciottoli legati da malta molto consistente. II corridoio 75, quasi totalmente asportato da una trincea di epoca moderna, è largo m 1,40. Ha mo- saico a tessere nere, con fascia laterale bianca e crocette bianche con tessera centrale nera, motivo che ha numerosi confronti in Italia settentrionale dal I secolo a. C. al I secolo d. C.. Del vano 76 sono stati messi in luce i muri perimetrali sud, est e solo parte di quelli occidentali, distrutti per buona parte dalla già citata trincea moderna che ha asportato forse anche parte del perimetrale nord, di cui non vi è traccia nella parte conservata dell’ambiente dove il pavimento prosegue senza soluzione di continuità con quello del vano 70, in corrispondenza del supposto muro. Anche il vano 76 aveva pavimento a mosaico in tessere bianche. Il vano 88, forse il triclinium , ha una superficie di ca. mq 230, iI muro meridionale dell’ambiente coincide con quello di chiusura della villa sul lato sud-est. I due ingressi all’ambiente sono posti simmetricamente sui lati est e ovest, dove il vano si allarga. I muri conservavano ancora resti della decorazione pittorica, con zoccolo di colore nero, sottile fascia rosso brillante e parte superiore rosso scuro. II pavimento a mosaico è in picco- 37 le tessere bianche a orditura obliqua all’ interno e all’esterno della cornice, formata da quattro file di tessere nere orizzontali, bordate da tre file di tessere bianche ad ordito orizzontale. II motivo molto semplice della pavimentazione compare già a partire dal II secolo a.C., ma qui le caratteristiche del tessellato fanno propendere per una cronologia che va dal I secolo a.C. al I secolo d.C., confermando ancora la già presunta data di costruzione della villa. Da questo settore della villa provengono altri mosaici riprodotti da Orti Manara, che però non indicò il vano di provenienza. Uno di questi è a rombi alternati bianchi e neri, motivo geometrico diffuso sino all’età augustea. Il grande cortile N è situato sull’asse nord-sud della villa. Un muro lo divideva dal peristilium del cortile-viridarium C. Dalle descrizioni di Orti Manara non e chiaro se vi fosse una comunicazione diretta fra i due spazi aperti o se, come ritiene Tosi, vi fosse una parete con finestre che permetteva la visione del viridario proteggendo in parte il 38 cortile interno ai vani residenziali. In questo caso l’accesso al grande cortile-viridario sarebbe avvenuto non direttamente, ma tramite i corridoi situati a sud-est e sud-ovest del muro divisorio. In questo caso però la forte assialità data alla villa a livello progettuale verrebbe meno: è probabilmente più logico pensare ad un collegamento diretto tra il cortile N ed il viridarium C. Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione I settori Centrale e Settentrionale Nella parte centrale della villa si trovava il già citato grande spazio aperto del viridarium (C), che occupava un’ area di ca. mq 4000, pari a un quinto dell’ intera superficie dell’edificio. Sia gli scavi ottocenteschi sia le successive indagini non hanno riscontrato la presenza di strutture o piani pavimentali cosi da confermare la supposizione di un utilizzo a giardino dell’area, circondata sui quattro lati dei lati da un porticato (peristilium), ipotizzabile grazie alla presenza di muri di fondazione che limitano intorno alla zona aperta lo spazio del peristilio. Le supposizioni fatte sull’arredo del cortile si basano sui ritrovamenti fatti a Pompei: vialetti e aiuole fiorite, arbusti e piante si alternavano a statue, fontane e pergole. All’estremità meridionale del viridarium, in corrispondenza del suo lato breve, coperta da un pavimento in mattoncini rettangolari disposti a spina di pesce, si trova interrata una grande cisterna (66) di dimensione m 42,60 x 2,40. Essa è ancora perfettamente conservata, con pavimento in mattoncini rettangolari, volta a botte, rivestimento interno è costituito da uno spesso strato di cocciopesto. Alla cisterna confluivano le acque piovane raccolte dai tetti e incanalate in condutture di piombo, come ha dimostrato il recente ritrovamento sul lato sud-occidentale di parte di una fistula, unico tratto di tubatura non asportato in passato. Lungo il lato nord della pavimentazione a spina di pesce sono invece visibili quattro canalette, utilizzate probabilmente per la raccolta delle acque del settore settentrionale e centrale del viridario. Un foro al centro della pavimentazione della cisterna lascia supporre la presenza di un pozzo utilizzato per attingere l’acqua dalla cisterna. L’ampia cisterna posta nel cortile e il suo probabile coinvolgimento nell’uso termale hanno convinto, erroneamente, il conte Orti Manara a ritenere che questo vasto e sontuoso edificio servir dovesse piuttosto ad uso di terme, che di privata abitazione. 39 40 Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione I due lati Iunghi della villa erano caratterizzati, al piano nobile, da due passeggiate affiancate, l’una coperta (lato ovest vano 104b, lato est vano 101) e l’altra scoperta (lato ovest vano 48d, lato est vano 102b) dette ambulationes. I loggiati oggi non sono più conservati, ma è comunque ipotizzabile la loro struttura: il loggiato e la passeggiata scoperta orientali poggiavano le fondazioni direttamente sul substrato roccioso ad eccezione della parte più settentrionale, poggiata su vani che fungevano da sostruzioni (vani 102a e 140); quelli occidentali erano invece costruiti al di sopra di un criptoportico a due navate (vano 104a) e da sostruzioni già chiamate in precedenza botteghe (vani dal 28 al 48c e vano 141). La pavimentazione delle terrazze era probabilmente in mattoncini a spina di pesce, come testimoniano alcuni resti ritrovati nei vani di sostruzione occidentali. Il criptoportico a doppia navata è forse una delle realizzazioni di maggiore grandiosità dell’in- tero complesso: la soluzione adottata permette di superare il dislivello della roccia, di realizzare un piano uniforme per la costruzione del loggiato superiore e contemporaneamente di ottenere un vasto spazio coperto. II criptoportico, posizionato al livello intermedio della villa, è lungo 158,80 metri ed è costituito da due navate parallele di larghezza 4,50 m, separate da archi su pilastri. E’ realizzato nella sua parte centrale alla quota naturale del terreno, nella parte meridionale mediante il taglio della roccia e nella parte settentrionale su sostruzioni. In questa parte prendeva luce attraverso strette finestre che si aprivano sulle sostruzioni occidentali della villa (botteghe, vani dal 28 al 48c), mentre doveva rimanere in penombra la parte meridionale, scavata nella roccia. Il criptoportico era coperto da una doppia volta a botte appoggiata su arcate e pilastri che segnavano l’asse longitudinale del lungo vano. I pilastri (sono 64) presentano una forma a croce e una certa discontinuità materica: alcuni erano in calcare bianco, altri in calcare tenero giallastro, 41 42 Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione altri ancora in laterizio. Questa diversità potrebbe avere differenti motivazioni: laprima, di tipo economica, consiste nel parziale riuso delle colonne della villa precedente, la seconda è di tipo statico, per cui nel settore settentrionale, dove il criptoportico poggia su sostruzioni, è stata preferita una pietra più leggera ma comunque adatta a reggere il peso del porticato superiore. I frammenti delle volte, in conglomerato di blocchi di calcare spugnoso e leggero, presentano i segni delle centine, così anche in altri vani di sostruzione come la grotta del cavallo (vano 142). Non vi è alcuna traccia dell’intonaco, sicuramente utilizzato per nascondere le diversità materiche; probabilmente dotato di pitture che assecondavano le funzioni di passaggio, alternato a momenti di sosta e meditazione (exhedrae laterali). Il problema dell’umidità, tipico dei criptoportici, è stato risolto mediante la fusione di due diverse soluzioni: il primo è il rivestimento in cocciopesto sul lato orientale (ovvero quello a contatto con la roccia), il secondo è la creazione di un lungo e stretto corridoio, che formava una vera e propria intercapedine di areazione, posto tra la parete rocciosa e la muratura. Sul lato orientale si aprivano tre esedre, due semicircolari e una quadrangolare al centro. La soluzione architettonica adottata per il criptoportico (doppia volta su arcate) è solitamente usata nell’architettura civile più che in quella residenziale, dove sono documentati con maggiore frequenza esempi più semplici, ad una sola navata. Il criptoportico è in comunicazione con il lungo corridoio (vano 139), che percorre con direzione est-ovest la parte settentrionale della villa, e costituisce il percorso principale nel piano intermedio. Dal lungo corridoio, attraverso due rampe parallele (vani 3 e 6), si accedeva al livello inferiore dell’avancorpo nord. Sul lato meridionale del lungo corridoio si aprivano diversi ambienti, con coperture a volte e intonaco parietale dipinto, oggi visti come cubicoli e 43 come vani destinati agli ospiti; sui lati est e ovest sono posizionate due stanze bel vedere o diaetae (vani 140 e 141). I porticati laterali del piano superiore, costruiti su sostruzioni, proseguivano verso l’avancorpo nord, dove probabilmente si trovava una grande terrazza panoramica affacciata sul lago. Questa spazio era sorretto da una vasta aula, detta Aula dei Giganti e suddivisa nei vani D e D1. La terrazza/belvedere era forse coperta da un velario, come è stato ipotizzato mediante la comparazione di elementi lapidei, tipici degli anfiteatri, che avevano la funzione di reggere i pali di sostegno dei velari. Il pavimento del belvedere, così come quello dei porticati, era in mattoncini rettangolari disposti a spina di pesce. La villa era organizzata secondo percorsi rettilinei, i cui assi principali in senso nord-sud erano le ambulationes coperte e scoperte che si incrocia- 44 vano a nord nel secondo livello con il lungo corridoio (che comunicava con il doppio criptoportico) e nel livello superiore con il lungo vano che permetteva l’accesso alla grande terrazza nord. Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione Il settore Termale La zona occidentale del quartiere meridionale della villa è occupata da numerosi ambienti dedicati al vasto complesso termale, esteso su un’area di circa 800mq. Lo scavo recente dei vani 69 e 84 ha modificato sensibilmente la vecchia planimetria data dall’Orti Manara e ha consentito di riconoscere la pertinenza di questi ambienti al settore termale, ampliando notevolmente la superficie da esso interessata. Il vano 69 era stato indagato indicato da Orti Manara come un cortile aperto, corrispondente planimetricamente con il cortile 70, situato sul lato opposto, a est dei vani 62, 64 e 36. L’ambiente, di dimensioni 8,80 x 10,40 metri, aveva pavimento musivo in tessere nere, testimoniato da pochi lacerti conservati. Due sottili fasce in tessere bianche riquadravano un’ampia vasca di forma rettangolare di 6 x 6,70 metri, situata al centro del vano. Alla vasca si accedeva dai lati nord, ovest e sud tramite un gradino originariamente rivestito di lastre in marmo o pietra. Sul lato orientale si trovava una grande nicchia semicircolare. Al centro della vasca vi era una canaletta di scarico dell’acqua, con andamento nord-sud, che proseguiva al di sotto del gradino e del pavimento a mosaico. La descrizione di Orti Manara fornisce elementi che integrano i dati di scavo, riferendosi a testimonianze che, ormai, non sono più documentate. Sul lato sud del vano era presente una cavità, formata di lastre di marmo, nel mezzo delle quali c’era un piccolo anello, che elevarsi a 15 centimetri all’incirca dal suolo e doveva offrire un getto d’acqua [...]. Si trattava evidentemente della conduttura da cui fuoriusciva l’acqua destinata alla vasca, proveniente a sua volta dalla cisterna (vano 50). Il vano 84, già messo in luce da Orti Manara, che lo riteneva destinato ad uso di Larario, è stato nuovamente analizzato da Degrassi, che lo collega correttamente al settore termale, senza però purtroppo darne documentazione; 45 46 Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione il vano è di forma circolare, con quattro nicchie semicircolari, al centro è conservata una piccola vasca di forma quadrata e rivestita in origine di lastre in marmo o pietra, successivamente asportate e ora mancanti. Dell’originario pavimento si conservano solo alcuni tratti del preparato in cocciopesto. Il canale di scarico della vasca si trovava sul lato nord, al di sotto del piano pavimentale. A ovest di questi vani vi sono gli ambienti 94, 95, 96: sono edificati al di sopra del criptoportico degli stucchi, che funge da sostruzione per i 31 metri di lunghezza verso nord. Il nome deriva dal ritrovamento di numerosi affreschi rinvenuti nell’ambiente, probabilmente precipitati all’interno del vano dagli ambienti al piano superiore, una vano in particolare è il 94. Il vano 95, che conserva resti dell’abside sul lato nord e dove forse era collocata una vasca o un labrum, aveva negli angoli sud-est e sud-ovest due vasche rettangolari in laterizi: una di queste presentava ancora scarse tracce del cocciopesto che in origine le rivestiva. Al momento dello scavo vennero rinvenuti nell’area tubuli fittili, facendo quindi supporre che la copertura dell’ambiente potesse essere voltata. Da questo ambiente proviene un mosaico in tessere bianche con motivo a sinusoidi intrecciate in tessere nere. Il campo decorato, limitato da una doppia fascia in tessere nere, occupava probabilmente la parte centrale dell’ambiente; la cornice è formata da una fascia di tessere nere che racchiudono un motivo a triangoli. Il vano più imponente e di più difficile interpretazione del settore termale è la cosiddetta Piscina. Di forma rettangolare (m 18,30 x 8,10), è circondata da una intercapedine, in comunicazione attraverso dodici passaggi a fornice con il vano stesso. Il muro interno dell’ambiente, di m 1,75 di spessore, è in conglomerato cementizio rivestito da laterizi disposti su filari regolari; ha un’ampia risega al di sopra dei fornici e a m 1,10 da essa vi sono tre gradoni che portano al livello del piano nobile dell’edificio. Il perimetro orientale del vano si 47 conservò fino a metà Ottocento (l’Orti Manara ne fece un’illustrazione). L’ipotesi più accreditata è che il piano pavimentale fosse all’altezza della risega, mentre nel sottostante ipocausto circolava l’aria calda immessa attraverso i fornici dall’intercapedine, posta in comunicazione con il praefurnium. Anche altri ambienti facevano parte del settore termale: due grandi cisterne (vani 91a e 91b), i vani 96, 87, 86, 69a e b, 92a e b e i due vani sottostanti a questi ultimi anche se purtroppo la scarsità dei dati recuperati negli scavi passati rende difficile l’interpretazione delle diverse funzioni. Si potrebbero interpretare come tepidarium e caldarium rispettivamente i vani 90 e 95, poiché sono gli unici in cui sono stati usati esclusivamente laterizi e per i quali è ipotizzabile un utilizzo del sistema di riscaldamento con aria calda sia per la possibile presenza di un ipocausto che per il ritrovamento di tubuli fittili; come frigidarium il vano 69. Una serie di elementi fanno pensare che il settore 48 termale, come già aveva ipotizzato Degrassi, sia stato ricavato in questa parte dell’edificio in una fase successiva a quella della costruzione della grande villa: le cisterne 91 a e b, la cui tecnica edilizia differisce da quella delle altre cisterne 50 e 66, obliterano due finestre presenti nei vani 92a e b; la cisterna 91b chiude un’apertura comunicante in precedenza con il criptoportico degli stucchi, il pavimento del vano 94 copre una precedente muratura, avente andamento est-ovest, riferibile con sicurezza ad un momento precedente. Anche un muro con andamento nord-sud rinvenuto al di sotto della fondazione della nicchia del vano 69 potrebbe essere riferito alla costruzione in una fase anteriore della costruzione. Ma anche un altro importante elemento induce a ritenere il settore termale costruito in un momento successivo all’edificazione della grande villa: Il motivo del mosaico a sinusoidi di pelte, attribuibile con certezza al vano 95, non compare prima dell’ultimo quarto del I secolo d.C. ed è ampiamente diffuso nel II secolo, ben un secolo dopo la presunta costruzione della villa. Anche la cornice Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione dello stesso tappeto musivo con triangoli a dente si trova in Italia centrosettentrionale in data non anteriore alla fine del I secolo ed è motivo tipico del II secolo d.C.; può pertanto essere immaginata un’edificazione del settore termale, o almeno di alcuni dei suoi vani, in un periodo successivo alla costruzione generale della grande villa. Un’ulteriore conferma è data dalla presenza, tra i materiali dei vecchi scavi, di un elemento in laterizio bollato come L.AR.TER, ovvero un’officina attiva durante il II secolo d.C.. L’Abbandono e il cambio di destinazione Le indagini effettuate nel corso degli ultimi anni nel settore meridionale e settentrionale della villa romana hanno permesso di acquisire elementi utili per precisare la cronologia iniziale dell’edificio e per definirne con maggiore esattezza le caratteristiche planimetriche. Alcuni dati significativi per la datazione si possono ricavare dai frammenti fittili rinvenuti nei saggi eseguiti al di sotto dei piani pavimentali dei vani 73, 88 e 111. In tutti e tre i casi gli strati in cui si sono ritrovati materiali archeologici erano sigillati da pavimenti sicuramente in fase con le murature della villa. I ritrovamenti sono per lo più ceramiche a vernice nera, bicchieri, coppe e lucerne: tutti questi elementi sono riconducibili all’età augustea ed utilizzati fino all’inizio del I secolo d.C. L’omogeneità dei materiali ha quindi spinto gli studiosi a indicare l’arco cronologico che intercorre tra i due strati archeologici. Anche le caratteristiche tecniche e tipologiche 49 dell’edificio, gli elementi decorativi (per lo più i pochi frammenti dei pavimenti musivi), i frammenti di intonaco parietale e quelli di decorazione architettonica sembrano portare alla datazione precedentemente data. La grande villa rappresenta, nell’ambito dell’architettura residenziale dell’Italia settentrionale, un unicum sia per le notevoli dimensioni che per le soluzioni strutturali adottate. Anche l’apparato architettonico e decorativo doveva essere, dati i frammenti di stucchi e decorazioni, di notevole qualità; l’apparato scultoreo, sicuramente presente in un edificio di tale importanza, è andato invece quasi totalmente perduto ad eccezione della testa del Dioscuro precedentemente citata. Anche la soluzione architettonica della villa a blocco chiuso su sostruzioni e articolato attorno al peristilio è riferibile al periodo di tempo che va dal I secolo a.C. all’età tiberiana: troviamo riscontri con diverse ville dell’area laziale, come la villa Di Quintilio Varo a Tivoli, la villa di Pompeo ad 50 Albano Laziale. Ma la villa di Sirmione trova notevoli riscontri anche tra le villae maritimae, spesso sviluppate su nuclei sparsi disposti su terrazze e collegati tra loro: la villa sul Capo di Massa presso Sorrento (età augusteo-tiberiana) ne è un esempio. Questi ed altri confronti concorrono a proporre per la costruzione della grande villa di Sirmione una datazione di età augustea, con una modifica risalente al I-II secolo d.C. nell’ala meridionale, ovvero l’aggiunta del settore termale, mentre non sono rimaste prove di altri possibili rifacimenti nel resto della villa a causa del pessimo stato di conservazione delle strutture del piano nobile. Anche i recenti scavi, che hanno interessato in modo abbastanza esteso il settore meridionale del piano residenziale, sembrano far escludere interventi che abbiano modificato l’assetto iniziale della villa, soprattutto analizzando l’architettura: le caratteristiche planimetriche di quanto è conservato documentano una rigorosa simmetria nella disposizione dei vani propria del progetto originario e ugualmente i resti pavimentali indivi- Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione duati e gli intonaci dipinti rinvenuti sono attribuibili nel loro complesso al momento della costruzione dell’edificio. L’impressione generale è che, quindi, la precoce distruzione dell’edificio non abbia dato spazio a trasformazioni successive. Nelle vecchie analisi sono state trovate tracce di almeno due incendi, che documentano momenti di distruzione dell’edificio, senza però dare una cronologia assoluta. L’identificazione dei proprietari della villa non è certa, in quanto non esistono elementi sufficienti per identificarli; alcuni recenti tentativi hanno cercato di attribuire la villa prima alla famiglia dei Valerii (famiglia di provenienza del poeta Catullo, da cui prendono il nome le rovine della villa di Sirmione) e più tardi a quella dei Nonii, anche se non ci sono documentazioni o prove di ciò. L’unica cosa certa sugli abitanti della villa è la loro elevata posizione sociale ed economica, probabilmente con qualche importante legame nella Roma Imperiale: nessuno poteva permettersi la costruzione di un edificio tanto costoso quanto maestoso senza legami forti ed importanti. Lo scarso interro delle strutture antiche e i diversi interventi di scavo già effettuati nella zona a partire dall’Ottocento hanno reso di difficile lettura le fasi attraversate dall’edificio in età tardoromana. Fra la metà del IV e gli inizi del V secolo è comunque testimoniato l’insediamento nell’area di una vasta necropoli. Molte tombe sono state portate alla luce durante i primi scavi e altre 18 sono state trovate in scavi più recenti nel settore meridionale, più o meno all’altezza dell’avancorpo meridionale. Le sepolture, benché in diversi casi già disturbate da precedenti interventi, hanno potuto fornire, attraverso gli elementi di corredo fortunosamente conservatisi, indicazioni utili per definire la cronologia della distruzione di una parte dell’edificio, essendo le tombe chiaramente posteriori al crollo delle strutture murarie. Altri elementi utili per chiarire le fasi più tarde dell’area sono venuti dallo scavo di uno dei vani 51 del lungo corridoio e, indirettamente, da ricerche eseguite al di fuori dell’area della villa. Dai vecchi scavi sono desumibili alcune notizie relative alla più tarda frequentazione della zona che possono essere richiamate per il loro interesse: tra gli inumati erano presenti diversi militari, alcuni individui di sesso femminile e qualche bambino. Le sepolture sono scavate entro strati di crollo o su piani pavimentati già molto degradati; in alcuni casi le strutture tombali riutilizzano elementi murari della villa. Nel momento del suo utilizzo come necropoli la villa doveva essere in disuso già da tempo, probabilmente parzialmente demolita e oggetto di asportazioni dei materiali riutilizzabili in altri luoghi: nella villa di via Antiche Mura, per esempio, è stato ritrovato un capitello a foglie d’acqua proviene con sicurezza dalle Grotte di Catullo, dove si conservano diversi altri capitelli del tutto simili, anche nelle dimensioni, appartenenti alla fase di costruzione dell’edificio. Il capitello riutilizzato nella seconda grande villa di Sirmione forni- 52 sce quindi un dato estremamente significativo in quanto la sua asportazione dalle Grotte di Catullo deve essere avvenuta dopo il crollo e l’abbandono della villa. Si può quindi ritenere che già nel III prima metà del IV secolo la villa fosse in rovina e ormai oggetto di spoglio delle sue parti decorative. Probabilmente un evento traumatico del III secolo d.C. fece crollare parte o anche tutta la villa, che non venne più rimessa in funzione. La situazione delle Grotte di Catullo appare però anomala nell’ambito delle altre grandi ville gardesane. Gli altri due imponenti edifici situati nella medesima zona, quello di Sirmione, via Antiche Mura più sopra brevemente trattato e quello di Desenzano via Borgoregio/via Crocifisso, hanno avuto un momento di grande sviluppo, caratterizzato da ingenti opere di ristrutturazione e ampliamento fra il III e la metà del IV secolo. Entrambi hanno poi avuto un’ulteriore fase di ristrutturazione, con adattamenti e modifiche anche di un certo rilievo in un momento per ora genericamen- Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione te databile fra gli ultimi decenni del IV e la prima metà del V secolo. Il diverso destino delle Grotte di Catullo rispetto a questi vicini edifici che proprio nel IV e V secolo sono stati contraddistinti da momenti di grande splendore, appare inspiegabile se non viene giustificato dalla diversa destinazione che l’area della villa assume in età tardoromana. L’ipotesi più accertata del decadimento della villa è da ricercarsi quasi sicuramente nello scoppio di un incendio di vaste proporzioni, documentato da molti degli intonaci dipinti anneriti dal fuoco o ossidati dal forte calore, che ha provocato modifiche nei colori originari. Il conte Orti Manara, nel descrivere lo scavo del vano 126, parla di traccie d’un grande incendio e di indizi lagrimevoli d’una vandalica distruzione. Anche secondo Degrassi, che ha eseguito ampi scavi nella villa a partire dal 1941, l’edificio venne distrutto da due incendi individuabili grazie a chiarissime tracce trovate nel corso delle sue indagini. Per le circostanze con cui furono condotti i vec- chi scavi, non vi è però alcun elemento certo per definire cronologicamente questi eventi, ma diversi indizi concorrono a far ritenere che il crollo dell’edificio sia avvenuto in una data piuttosto antica, forse ancora durante il III secolo d.C.. Geograficamente Sirmione si trovava in una posizione strategica: posto sulla via che collegava Milano e Verona, divenne importantissima nell’età tardoromana perché a Verona si immetteva nella via Postumia, strada che permetteva di raggiungere Aquileia e le provincie danubiane e illiriche. Gli eserciti romani la percorrevano quindi per raggiungere le provincie poste sotto attacco; anche gli Alemanni percorsero questa via durante le loro incursioni nella pianura padana. Nel 268 Claudio il Gotico fermò una di queste incursioni proprio nel pressi del lago di Garda. Si può quindi ipotizzare che il declino della grande villa, risalente proprio a questa età, venne giustificato con un cambio di destinazione: vennero costruite imponenti mura di fortificazione attorno 53 alla penisola ed esse vennero collegate all’avancorpo settentrionale delle Grotte, rendendo i resti parte integrante del sistema di fortificazioni. Ritrovamenti sia di monete che di ceramica appartenenti al IV e al V secolo dimostrano che, nonostante l’abbandono della funzione residenziale, l’area era effettivamente frequentata costantemente. Gli stessi scavi nel settore centrale e meridionale della villa non forniscono alcuna informazione al riguardo anche perché possono essere difficilmente identificati resti di abitazioni, costituiti probabilmente solo da strutture modeste, in materiale deperibile, appoggiate a murature ancora parzialmente conservate in alzato. È più probabile che eventuali insediamenti siano localizzabili nella parte settentrionale, dove la presenza di murature del livello intermedio o del livello delle sostruzioni, ancora ben conservate in elevato e dotate di copertura, poteva permetterne l’utilizzo. In effetti nell’unico scavo effettuato in anni recenti in questa zona, nel vano 111, si è potuta documentare una frequentazione dell’area in età tar- 54 doromana/alto-medievale e ancora in età basso medievale, con una soluzione di continuità relativa solo alle prime fasi di vita dell’edificio. Benché la zona fosse già stata interessata da scavi negli anni Quaranta si è verificato che era ancora presente su tutta la superficie del vano sopra citato una stratificazione archeologica di circa un metro di spessore sino alla roccia naturale. Al di sopra di quest’ultima si sono distinti alcuni strati da collegare alla fase di costruzione della villa, sigillati da un pavimento in malta bianca molto ricca di calce, con piccoli ciottoli, in fase con i muri dell’ambiente e con un breve tratto di intonaco bianco, presente sul muro occidentale del vano e legato alla pavimentazione stessa. Il materiale molto abbondante rinvenuto al di sotto del pavimento data la costruzione del vano ad età augustea, confermando i dati acquisiti da precedenti indagini in altri settori della villa. Ad età tardoromana sono riferibili alcuni tagli e asportazioni del piano pavimentale originario, che hanno messo in evidenza larga parte del sottofondo. Allo stesso periodo è attribuibile anche un piccolo Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione focolare, situato nell’angolo sud-ovest del vano, dove alcuni frammenti laterizi disposti di piatto circondano una chiazza con numerosissimi carboni. Entro questo piccolo focolare sono rinvenuti alcun frammenti in ceramica. Il pavimento in malta con il relativo strato di preparazione, dove il pavimento era stato asportato, e il piccolo focolare sono coperti quasi totalmente da uno strato entro cui si sono rinvenuti numerosi frammenti fittili, databili ad un primo esame al VI, forse VII secolo. Questo e gli strati sottostanti sino alla roccia naturale sono tagliati da una grande buca di forma rettangolare, situata nella parte sud-est del vano. Si tratta di una sepoltura, orientata est-ovest, costruita con cura a ridosso dei muri sud e est del vano; la parete nord è quasi verticale, quella ovest è arrotondata nell’angolo sud-ovest e leggermente inclinata verso il fondo piatto. La tomba dovette essere depredata e sconvolta non molto tempo dopo la deposizione del defunto, di certo comunque in base ai dati di scavo in un momento precedente il basso-medioevo. Il fatto che sia stata violata e il suo contenuto in parte ributtato nella stessa fossa è provato dal fatto che dalla parte superiore del riempimento della buca, oltre a poche ossa umane, provengono un pettine e un coltellino databili a VI-VII secolo, in ottimo stato di conservazione. Si può pertanto ritenere che la tomba sia stata scavata entro i livelli di età romana poco dopo l’utilizzo dell’ambiente in età tardoromana e depredata in un momento non molto successivo. La fase tardoromana/alto-medievale sopra descritta è sigillata da uno strato che interessa tutto il vano e costituisce un livellamento che precede la sistemazione basso-medievale dell’ambiente. Su di esso è costruito un focolare, di forma quadrangolare, collocato in posizione quasi centrale rispetto ai perimetrali del vano. Al focolare si appoggiano due strati interpretabili come successivi livelli d’uso del vano. La presenza in entrambi gli strati di ceramica comune basso-medievale, tra cui frammenti di pentola con ansa sopraelevata dotata di foro passante, indica l’uso del vano e del relativo focolare in tale periodo. Contemporanee alla prima fase d’uso del foco- 55 lare sono alcune buche, una a ridosso del muro occidentale, di forma semicircolare con pareti verticali e fondo irregolare, una piccola buca per palo nell’angolo sud- ovest, un più grande taglio circolare di forma regolare, affiancata a una buca oblunga nell’angolo sud-est. Lo scavo, oltre ad aver fornito per la prima volta nell’area della villa una completa sequenza stratigrafica per le fasi più tarde, ha dimostrato una frequentazione prolungatasi a lungo nel tempo del settore settentrionale dell’edificio e in particolare l’uso ininterrotto di uno dei vani del livello intermedio che non aveva subito distruzioni, diversamente dal piano residenziale. È probabile che una situazione simile si ripetesse negli altri ambienti del lungo corridoio e in tutti quei vani della parte nord dell’edificio non collassati. Unendo quindi i dati ricavati dalle sepolture e dall’evoluzione storica dell’area gli storici sono indotti a pensare che la villa venne usata come caposaldo militare, collegato al sistema difensivo della penisola di Sirmione. La particolare posizio- 56 ne topografica della villa può essere stata determinante per questo suo utilizzo. Il luogo che al momento della sua costruzione aveva rappresentato la migliore scelta dal punto di vista panoramico, divenne una posizione privilegiata e strategica per il controllo della parte meridionale del lago. Successivamente, nel corso del VI e del VII secolo, sono state ritrovate tracce di frequentazione sporadica dell’area ed alcune poche tombe databili in quell’epoca; l’abitato quindi si spostò più a sud, nella zona in cui attualmente risiede il centro storico. Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione Problemi di datazione [...] nell’edificazione rinvengosi ben di sovente impiegati materiali di un’età più remota [...] Forse questi materiali avrebbero potuto appartenere ad un preesistente edifizio: ad una casa di Catullo? Giovanni Girolamo Orti Manara, 1857 Le Sostruzioni Nel 1945, nell’ambiente denominato 7a ad est dell’Aula dei Giganti (vano D), venne alla luce un gruppo di quattro tombe; il ritrovamento è interessante perché testimonia fasi distinte della necropoli posta a sud dell’edificio. Per comprenderne la sequenza, va ricordato che in punti diversi del piano delle sostruzioni (ad esempio presso l’Aula dei Giganti ed anche nella Grotta del Cavallo) si rilevarono consistenti tracce di incendio, probabilmente due. La tomba più antica, a cassa rettangolare in lastre di pietra locale (con pareti monolitiche, fondo e copertura in più frammenti), con orientamen- to est-ovest, era anteriore allo strato relativo al secondo incendio e non più visibile, secondo gli scavatori, al momento della costruzione delle altre tre tombe. La tomba aveva una lunghezza di circa 1,50 metri e conteneva uno scheletro ritenuto di adulto, sprovvisto di corredo. Altre tombe, di forma trapezoidale, caratterizzate da copertura in materiale misto (pietre, scaglie, frammenti di laterizi romani) disposto a casaccio, erano quindi posizionate all’altezza del secondo strato d’incendio; tutte erano prive di corredo. Questo gruppo di sepolture consente di affermare che la necropoli si impostò nella villa dopo il primo incendio (e il conseguente abbandono dell’edificio) e che dovette continuare a lungo. Nel 1959, presso il Grande Pilone, sulla soglia fra l’ambiente 141 e quello contiguo a sud, si scavò una tomba costituita dalle solite quattro pietre, simili a quelle trovate negli scavi del doppio criptoportico; si tratta probabilmente di una struttura a cassa formata da quattro lastre, ma l’appunto è importante in quanto unica notizia descrittiva sulle tombe scavate nel 1954-55. 57 Inoltre nel 1956, nell’ambiente 136a, venne in luce un’armilla in bronzo a teste di serpe, per la quale si propone indicativamente una cronologia compresa tra la seconda metà IV e l’inizio del V secolo, probabilmente proveniente da una delle tombe. Il piano intermedio I ritrovamenti, a questo livello, sono concentrati soprattutto nell’area del doppio criptoportico (vano 104a) e negli ambienti a oriente di esso (vano 107 e adiacenti); gli scavi sono stati compiuti fra il 1950-52 e il 1954-55. Dai documenti dei primi scavi, relativi all’area settentrionale del doppio criptoportico, si deduce che le tombe si impostarono sopra gli strati formatisi dal crollo degli ambienti del piano superiore, delle volte e dei pilastri del criptoportico stesso. Ad essi si aggiunge, talvolta dello spessore di 30 cm, uno strato formato di resti di incendio, generalmente superiore a quelle delle tombe. Vennero scavate almeno 8 sepolture, di cui 2 pro- 58 babilmente infantili; si trattava perlopiù di casse in lastre di arenaria locale, ma anche di una probabile struttura in laterizi e di una fossa terragna; erano senza corredo, ad eccezione della presunta tomba in laterizi cui sembra appartenere una bella Zwiebelknoffibel in bronzo dorato. Nel 1954-1955, nel tratto meridionale del doppio criptoportico, si rinvennero undici sepolture di cui due con armille in bronzo a teste di serpe: da una tomba ritrovata nel 1955, sei di esse sono situabili nella seconda metà del IV o agli inizi del V secolo; da una tomba aperta nel 1954, tre elementi di corredo probabilmente di poco posteriori. Di due sole tombe resta documentazione fotografica, apparentemente fosse in nuda terra. Secondo l’unica notizia casualmente rimasta su questo gruppo di tombe, esse erano caratterizzate da “quattro pietre”: forse si intendono qui casse rettangolari costituite da quattro grandi lastre di pietra locale. L’indicazione farebbe pensare ad un gruppo di tombe piuttosto omogeneo, per il quale i bracciali rinvenuti forniscono una cronologia indicativa. Altre tre armille, oggi disperse, si rin- Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione vennero nel 1959 nell’ambiente denominato 114. Infine, la presenza di ossa, in parte certamente umane, nei vani circostanti l’Aula a tre pilastri (vano 126) indica un’estensione della necropoli anche nella parte nord-est della villa. Il Piano Nobile Nel 1847-1848, il conte Orti Manara scavò parte della necropoli impostatasi nella zona meridionale del piano nobile della villa (l’area dell’atrio E e vani adiacenti), già precedentemente datata ad un periodo successivo al crollo delle strutture murarie della grande villa romana, e quindi alla fine dell’uso residenziale di questo settore della costruzione. Indizio di un’ampia estensione della necropoli a questo livello è un ritrovamento del 1957 nell’ambiente 99, dove vennero in luce resti di due corpi umani e diversi tegoloni, probabili tracce di una o più sepolture in laterizi. Nel volume edito nel 1856, Orti Manara non descrive nei dettagli le sepolture, ma fornisce co- munque alcuni dati utilmente integrabili a quelli emersi dagli scavi più recenti: si trattava per la maggior parte di tombe formate da tegole ed embrici , e in un solo caso da tegulae mammatae; molte avevano un vero e proprio corredo, costituito da recipienti in ceramica e vetro (purtroppo non illustrati), e molti oggetti di ornamento personale, soprattutto armille in bronzo con capi aperti decorati da teste di serpe (in numero che variava da 1 a 4 per tomba) e in un caso due pendenti a goccia di metallo riposti in un vaso. Da quanto affermato dallo storico veronese, non è chiaro se tutte le sepolture allora rinvenute oppure solo quelle con armille contenessero cadaveri di fanciulli. I reperti furono in parte dispersi, in parte vennero ceduti a collezionisti. Orti Manara dovette provvedere, alla fine degli scavi, al reinterro dell’area. Nell’area a sud e a sud-est della cisterna (vano 50), nel gennaio 1956, vennero scoperte due tombe di cui purtroppo non sono giunte descrizioni, contenenti complessivamente sette armille in bronzo a teste di serpe e una fibbia di cintura. La fibbia ovale con un restringimento al centro, rap- 59 presenta la versione in ferro delle fibbie bronzee definite reniformi e di solito unite ad una placca quadrangolare, attestate in varie zone dell’Impero nella seconda metà del IV sec. e agli inizi del V secolo. Altre tombe vennero trovate nel 1959 e nel 1965 nei scavi fatti in quest’area. Recenti campagne di scavo hanno portato alla luce rinvenimenti funerari negli ambienti 69, 62, 63, 70 e 73 del piano nobile, a nord del cortile. Sono venute alla luce complessivamente 18 tombe e resti di 25 individui, sui quali sono state eseguite analisi osteologiche, che hanno consentito la definizione del sesso e dell’età per buona parte della popolazione presente. Frammenti di ossa riferibili a 5 individui sono stati rinvenuti al di fuori di strutture tombali, sparsi sul sito; inoltre i pochi resti ossei di adulto trovati nella tomba numero 2043 sono da ritenere estranee alla sepoltura. Sono presenti, oltre a 6 adulti di sesso non determinato, 9 maschi, di età compresa fra i 20 e i 55 anni circa; solo due femmine di età molto distante tra loro(20-23 anni la prima, la seconda sicura- 60 mente anziana); 8 bambini di età compresa tra i 4 e i 10 anni. Le sepolture sono, come già detto, successive al crollo dei muri della villa e in alcuni casi sfruttano i resti dell’edificio per costruire la tomba. Le strutture e gli scheletri appaiono in genere in mediocre o pessimo stato di conservazione, probabilmente a causa dello scarso interro, per il successivo sfruttamento dell’area per l’olivicultura e per gli interventi di scavo che si sono succeduti in rapida sequenza. Tutti gli individui erano deposti in posizione supina e, quando è possibile definire la posizione delle braccia, queste sono stese lungo i fianchi oppure incrociate all’inguine. L’orientamento suddivide le tombe in tre gruppi distinti. Il più numeroso è composto da 12 sepolture, si distribuisce su tutta l’area scavata ed ha disposizione est-ovest. Dal punto di vista tipologico, prevalgono in questo gruppo di tombe le casse con pareti formate da più sfaldature di pietra locale poste di taglio, ma sono presenti anche le fosse semplici e una cappuccina formata Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione da tegulaemammatae. Alla datazione di questo primo gruppo concorrono gli oggetti rinvenuti in due sepolture, riferibili più che a corredi all’abbigliamento caratterizzante lo status sociale dei defunti. Per esempio un ritrovamento ha portato alla luce un giovane deposto con un coltello di ferro presso la spalla sinistra, di un tipo comune a partire dalla prima età imperiale fino all’epoca tardoantica, e una fibbia da cintura in ferro semicircolare, considerata in ambito transalpino tipica dell’abbigliamento maschile della prima metà e dei decenni attorno alla metà del IV sec. d.C.: l’insieme potrebbe indicarci l’appartenenza del ragazzo alla sfera militare. Un secondo gruppo, di tre sepolture concentrate nell’ambiente 69, presenta un orientamento leggermente diverso, nordovest-sudest con testa rivolta a nordovest, ed è tipologicamente vario (fossa in nuda terra, cassa di laterizi, cappuccina di laterizi e sfaldature di pietra locale). Le tombe sono generalmente prive di corredo e quindi non databili ma probabilmente non si discostano di molto da quelle del primo gruppo. Tornando alla necropoli di Sirmione, si può affermare, sulla base di quanto esposto, che essa si insediò probabilmente intorno alla metà del IV secolo nell’area della villa crollata da tempo, continuando ad espandersi almeno fino agli inizi del V e proseguendo poi con presenze sempre più sporadiche almeno fino alla prima metà del VII secolo. Nel medesimo periodo alcune zone dell’edificio, in particolare del piano intermedio e delle sostruzioni, erano ancora frequentate e in parte destinate ad uso abitativo, come attestano alcune indagini effettuate nel 1994 e altre indicazioni ricavabili dai vecchi scavi; se ne deduce una stretta vicinanza, se non una commistione, fra l’abitato e la necropoli, utilizzata sia da coloro che risiedevano nell’area della villa, sia da altri residenti nell’area più a sud. Come si è visto, gli oggetti della necropoli riferibili all’abbigliamento militare sono pochi e scaglionati, dovremmo quindi pensare ad un gruppo di popolazione civile con sporadiche presenze di soldati; le testimonianze funerarie militari assu- 61 mono però maggiore rilievo se vengono collegate ad altri dati. Ricordiamo innanzitutto le cuspidi di freccia venute in luce dagli scavi del doppio criptoportico (vano 104a): i contesti, su cui restano pochissime informazioni, non sono descritti come funerari, ma la scoperta successivamente avvenuta in località Bionde (a sud della villa) di una tomba con una punta di freccia deposta a fianco dello scheletro suscita il dubbio che anche qualcuno degli esemplari rinvenuti nell’area della villa provenisse da sepolture sconvolte. Le cinque cuspidi rimaste sono di tipi differenti, con riscontri altrettanto differenti a livello temporale: alcune si datano fra IV-V e inizi del VI secolo; altre sono riferibili al tipo bizantino, con confronti in epoca tardoantica e altomedievale; altre ancora rappresentano forme diverse in uso fra il XIV e il XVI secolo, e si ricollegano forse alle presenze militari nel territorio sirmionese in epoca basso-medievale/rinascimentale. Punte di freccia sarebbero state rinvenute anche in altri siti della penisola. Per quanto vaghe, queste indicazioni sono signi- 62 ficative, visto che la presenza di frecce è spesso un elemento caratterizzante degli insediamenti fortificati tardoantichi. Elisabetta Roffia ha proposto l’esistenza di un sistema fortificato coinvolgente più siti, almeno della zona meridionale del lago; l’ipotesi trova ulteriori fondamenti, oltre che nei dati di Manerba, nelle notizie storiche sull’importanza strategica dell’area benacense nel medesimo periodo, relative in particolare al ripristino in epoca costantiniana del tratto stradale Brixia-Verona, dopo le lotte con Massenzio in parte svoltesi nel Veronese, e all’interesse di Magnenzio e Decenzio per l’area. Per illuminare la situazione di Sirmione nel periodo finale del IV secolo, è di notevole interesse un anomalo ripostiglio rinvenuto nel 1952 nella villa, nell’ambiente 103a, costituito da 110 monete e da altri oggetti in bronzo e alcuni reperti di epoca anche molto anteriore, che sembrano indicare una raccolta effettuata sul sito allo scopo di tesaurizzare del metallo. Accettando la chiusura del complesso alla fine del IV secolo o al massimo agli inizi V secolo, Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione si è portati a istituire un collegamento con ritrovamenti analoghi della Lombardia e del Veneto, interpretati come occultamenti probabilmente effettuati da militari in coincidenza con la calata dei Goti di Alarico, che subirono una pesante sconfitta da parte delle truppe stiliconiane proprio nel Veronese (attorno al 403 d.C.). Sembra quindi lecito ipotizzare, per gli inizi del V secolo, la collocazione a Sirmione di un comando militare di rilievo a rafforzare una presenza già esistente in funzione dell’organizzazione della lotta contro i Goti; l’ipotesi di una datazione all’inizio del V secolo e non oltre di questo atto strategico è basata anche sul fatto che, dopo il trasferimento della capitale dell’impero ad Aquileia (402 d.C.), l’importanza del tratto stradale Brixia-Verona diminuì sicuramente. Come ulteriore conferma dell’istituzione di un controllo militare su questa zona in età tardoantica va letta la citazione, in un documento dell’846 d.C. di un praetorianum in finibus Sermonese, identificato già nel Settecento con la mansio posta alla base della penisola. La necropoli nell’area della villa Grotte di Catullo sembra subire un’involuzione nel corso del V secolo, pur mostrando un utilizzo almeno fino ad età longobarda. Per il VI-VII secolo, oltre alla tomba rinvenuta nel 1994 nell’ambiente 111, presenze probabilmente ancora funerarie sono indiziate da alcuni oggetti rinvenuti nella zona settentrionale del doppio criptoportico nel 1952. Nella villa Grotte sono stati inoltre rinvenuti alcuni oggetti in ferro ben diffusi in Friuli in un epoca tra il VI e il VII secolo e qui considerato tipico della popolazione autoctona. Gli oggetti in ferro consentono di ampliare fino alla punta della penisola l’estensione delle necropoli altomedievali, da porre in rapporto con i rinvenimenti di via Piana e della località Bionde, databili genericamente al VVII secolo piuttosto che all’età longobarda, e con il nucleo certamente longobardo costituito da tombe di prestigio, scoperto agli inizi della via Catullo. Per l’epoca tardolongobarda e posteriore, l’area funeraria più importante della penisola è quella relativa al monastero di S. Salvatore, posteriore al 760 d.C. circa. 63 64 Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione Le ville dell’Otium Studio della tipologia per la ricostruzione della villa Per lo studio e la maggior comprensione della planimetria e della volumetria originali della villa delle Grotte di Catullo, oltre a studiare i testi storici su essa, abbiamo analizzato e confrontato altri edifici residenziali romani risalenti allo stesso periodo storico di fondazione. il lago e a quest’ultimo sono rivolti gli ambienti di maggiore prestigio. Si tratta di ville che hanno in comune il grande lusso, le ampie dimensioni, la localizzazione in posizioni di notevole rilievo paesaggistico, quali promontori a picco sul lago come nel caso della villa studiata, oppure al centro di larghe insenature come documentano gli esempi di Desenzano del Garda e di Toscolano Maderno. Nel caso di edifici costruiti in aree lacustri questi sono solitamente sviluppati parallelamente alla linea di costa: gli ambienti sono disposti seguendo l’andamento del terreno che scende verso il lago e quindi con una parte posta naturalmente in posizione leggermente più elevata, distribuita su una o più terrazze degradanti. Il prospetto principale dell’edificio è quello che si affaccia verso 65 66 Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione Villa Nonii Arrii di Toscolano Maderno La villa dei Nonii Arrii di Toscolano Maderno si inserisce per l’impianto generale, le dimensioni, le caratteristiche architettoniche e decorative nel gruppo delle ville lacustri esistenti sulle sponde del Benacus. L’ edificio si presentava in origine con loggiato frontale sul lato orientale, quello rivolto verso il lago e con avancorpi sui due lati nord e sud. Il loggiato si apriva verso un ampio giardino dove si trovava un grande bacino-fontana rettangolare di 47 metri di lunghezza. La sua presenza appare un elemento di prestigio per la villa e conferma l’impianto architettonico grandioso dell’edificio, che con le sue soluzioni architettoniche e il fronte panoramicamente rivolto verso il lago, era in grado di comunicare con immediatezza la collocazione sociale del proprietario. La villa, costruita nel I secolo d.C., subì interventi e trasformazioni nei secoli successivi sino all’ini- zio del V secolo d.C., conservando sino al momento della distruzione aspetti propri di un edificio di grande lusso. Una fase di grande rilevanza architettonica è quella databile fra la fine del I e la prima metà del II secolo d.C. In questo periodo appartenne probabilmente a un esponente di una delle più importanti famiglie bresciane, Marco Nonio Macrino divenuto console nel 154 d.C., di cui una iscrizione con dedica alla moglie Arria è stata rinvenuta nel Seicento nell’area dell’edificio. La villa risulta solo parzialmente scavata, ma comunque ben leggibile nella sua planimetria generale. Attualmente è visibile soltanto il suo settore meridionale e comprende diversi vani, alcuni dei quali conservano ancora ampi tratti di intonaco dipinto e pavimenti a mosaico con motivi geometrici, in sole tessere bianche e nere o con uso limitato anche di tessere colorate, simili ai mosaici che troviamo nella villa di Sirmione. A questi vani si accedeva da un lungo ambiente, 67 68 Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione solo parzialmente scavato, che conserva ancora parti dell’intonaco dipinto. Il vano presentava in una sua prima fase due esedre lungo il lato settentrionale, successivamente tamponate. Un’altra area parzialmente indagata negli ultimi anni (1995-2000) ha messo in risalto una un secondo nucleo a settentrione, dove troviamo un grande ambiente centrale, probabilmente un triclinium, affiancato da due altri vani absidati. Casa del Fauno a Pompei L’edificio di Toscolano, che trova confronti con alcune delle più importanti ville d’otium presenti lungo le coste marittime, richiama il modello di villa allungata con prospetto scenografico che risale alla casa di Augusto sul Palatino e che prevarrà soprattutto nelle ville delle province occidentali. Una prima costruzione della casa risale al III secolo a.C., di dimensioni ridotte rispetto a quella attuale e caratterizzata da una grande orto. Nel II secolo a.C., intorno al 120 a.C., sfruttando anche altre abitazioni vicine la casa fu totalmente ricostruita ed ampliata. Una delle opere principali fu la costruzione di un secondo peristilium: la scelta di avere una casa con ampi atri e peristili e pochi ambienti servili e abitativi è da ricondursi al fatto che il proprietario, un magistrato della famiglia dei Satrii, o dei Cassii, aveva la necessità di ostentare la propria ricchezza ed il proprio potere. Superato il vestibolo, pavimentato in opus secti- La Casa del Fauno è una casa di epoca romana, sepolta durante l’eruzione del Vesuvio del 79 e ritrovata a seguito degli scavi archeologici dell’antica Pompei: si tratta di una delle abitazioni più vaste della città e deve il suo nome ad una statua in bronzo, raffigurante un satiro, posta nell’impluvium. 69 le, con triangoli in marmo e pietra calcarea e nel quale era probabilmente posto un piccolo tempietto realizzato con colonnecorinzie, si accede all’atrio: di tipo tuscanico, al centro è posto l’impluvium e nella vasca fu ritrovato un satiro danzante, erroneamente interpretato come un fauno. Intorno all’atrio si aprono diversi cubicoli e due alae, oltre ad un tablinium, stanza di rappresentanza del proprietario. Intorno ad un secondo atrio tetrastilo, con quattro colonne, si aprono diversi ambienti di servizio, oltre che un accesso secondario alla casa. La casa era inoltre dotata anche di un piccolo quartiere termale con tepidarium e calidarium, il primo realizzato in una casa privata di Pompei. La casa dispone di due peristili, uno di minor dimensioni e uno più grande formato da un doppio ordine di colonne, separati da un’esedra in cui ritroviamo mosaici di pregio e di grande valore storico; sono inoltre presenti stucchi e decorazioni in primo stile, ovvero di tipo ellenistico. Sul fondo del secondo peristilio, in posizione mar- 70 ginale, si aprono alcune stanze riservate alla servitù. Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione Villa dei Papiri a Ercolano La Villa dei Papiri, conosciuta anche con il nome di Villa dei Pisoni, è anch’essa una villa di epoca romana sepolta durante l’eruzione del Vesuvio del 79 e ritrovata a seguito degli scavi archeologici dell’antica Ercolano: è così chiamata poiché al suo interno conservava una biblioteca con oltre milleottocento papiri. La costruzione della Villa dei Papiri avvenne tra il 60 ed il 50 a.C. ed appartenne con molta probabilità a Lucio CalpurnioPisoneCesonino, suocero di Gaio Giulio Cesare, nonché protettore del filosofo Filodemo di Gadara, le cui opere erano conservate all’interno della dimora. In seguito, nel 1631, un’ennesima eruzione coprì la zona sotto uno spesso strato di lava. Venne ritrovata, nel 1750, durante la costruzione di un pozzo: le prime indagini partirono sotto la direzione di Rocque de Alcubierre, presto affiancato da Karl Weber, cui si deve anche la pianta datata al 20 luglio 1754 con l’indicazione dei rinvenimenti dei reperti scultorei. Le indagini della villa ripresero nel 1980 quando venne nuovamente localizzata seguendo anche le antiche piante borboniche e dal 2002 fu messa in opera un’azione di bonifica per tenere costantemente all’asciutto la parte esplorata: gli ambienti visibili si limitano all’atrio, alla basis villae ed alcune stanze di un livello inferiore. Con il terremoto del 62 la Villa dei Papiri rimase fortemente danneggiata e tale evento impose lavori di ristrutturazione e rifacimento delle decorazioni. Tuttavia, quando l’opera non era ancora completata, l’area fu soggetta all’eruzione del Vesuvio del 79 e la villa sommersa da una colata di fango. La Villa dei Papiri ha molti punti in comune con la villa di Sirmione, sia per la sua posizione strategica che per il suo sviluppo: anch’essa sorgeva a strapiombo sul mare ed era costruita a terrazze disposte su una collinetta parallelamente alla linea di costa, sviluppando su essa il fronte maggiore, lungo oltre 250 metri, secondo un orientamento 71 72 Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione dell’asse longitudinale in direzione Nord-Ovest/ Sud-Est. La villa si alza su tre livelli e nella sua composizione sono riconoscibili quattro nuclei quadrati: quelli meridionali, adibiti a servizi (alloggi, latrine e deposito dei papiri), mentre quelli settentrionali alla zona residenziale e ludica. L’ingresso, che affacciava direttamente sul mare, è preceduto da un portico con colonne e pavimentato con mosaico con tessere bianche e nere simili a quelli ritrovati alle Grotte di Catullo; si accede quindi all’atrio che presenta un impluvium contornato da statuette e sul quale si aprono diversi ambienti, pavimentati a mosaico e decorazioni parietali con affreschi in secondo stile, risalenti quindi al periodo di costruzione della villa. Il peristilio, con affreschi in quarto stile, ha un giardino contornato da un portico con sessantaquattro colonne ed al centro una piscina lunga cento metri e larga trentasette. Intorno al peristilio si aprono altri ambienti tra cui la biblioteca ed il tablinium: nella prima furono rinvenuti milleottocentoventisei rotoli di papiro carbonizzati. Nel tablino, a forma di esedra, che riproduceva l’ephebeum di un ginnasio greco, furono ritrovate altre opere scultoree sia in bronzo che in marmo. A chiusura della villa un lungo viale conduce ad un belvedere di forma circolare con pavimento in marmi policromi. La villa inoltre era dotata di un impianto idrico a servizio delle numerose vasche, fontane e bagni. Anche in questo caso troviamo gli elementi tipici delle grandi ville romane posizionate in punti strategici a dominare il territorio, oltre alla posizione e alla stretta relazione con il luogo ritroviamo il grande giardino centrale con il porticato e le terrazze belvedere da cui i proprietari della residenza potevano ammirare e dominare tutto il paesaggio circostante. 73 74 Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione Villa di Pollio Felice a Sorrento Altra villa marittima che richiama, per la collocazione e la conformazione a blocco chiuso, la villa delle Grotte di Catullo è la villa di Pollio Felice a Sorrento. Si tratta di una lussuriosa residenza costruita nel I secolo d.C. all’epoca del Regno di Claudio (41 - 54 d.C.). Intorno all’area di Sorrento sono numerose le grandi abitazioni patrizie risalenti all’epoca dei romani, infatti la ricca nobiltà del tempo volle costruire su queste coste la propria dimora attorniandosi di bellezze sublimi ed uniche, motivo per cui anche la villa di Sirmione trova posizione proprio in quel punto della penisola. La Villa viene comunemente legata al nome di Pollio Felice, illustre esponente di una nobile famiglia di Pozzuoli, in quanto il poeta Publio Papinio Stazio celebra l’incantevole dimora dello stesso con due carmi delle sue Silvae descrivendone l’articolazione di tale complesso. Nei tempi moderni è più nota come Bagni della Regina Giovanna in quanto si racconta che nel medioevo era meta costante delle giornate di svago della regina di Napoli Giovanna d’Angiò. La villa, che un tempo occupava con le sue strutture tutta l’intera area della punta del capo, si articolava in due aree principali. Si riconoscono infatti, i quartieri adibiti ad abitazione, disposti in alto sulla collina, e i quartieri a mare, dislocati intorno ad un approdo naturale che venne adattato a porticciolo, la villa infatti era raggiungibile sia da terra che da mare. Un complesso di passaggi, anditi, scale e terrazze costituisce il collegamento tra la domus e la villa a mare, passando sopra le due strette lingue di terra che uniscono, girando attorno al bacino, la Punta del Capo alla terra retrostante. La parte abitativa oggi è ancora in parte sepolta sotto un vasto vigneto e dei vari ambienti si possono scorgere solo fragili brandelli di muratura. Questa parte di villa si componeva di vari fabbricati dislocati su terrazzamenti digradanti sul mare, collegati dalle cisterne per l’approvvigionamento idrico. Lasciata l’area della grande terrazza del quartiere 75 della domus si costeggia un lungo muro di una masseria e si giunge alla zona della grande cisterna costituita, in opus reticulatum, da cinque grandiose camere attraversate trasversalmente da muri portanti. La disposizione di questa struttura in questo punto dello scosceso aveva da un lato la funzione di garantire alla villa il giusto approvvigionamento idrico e dall’altro costituiva un piano di terrazzamento per gli ambienti superiori. Si arriva quindi all’area del porticciolo: sembra che sullo stesso scoglio vi fosse una struttura provvista di ambienti di relax con degli ambienti termali e di soggiorno. Una sorta di alcova intima e appartata, ma collegata comunque alla villa. Proseguendo verso l’estremità del promontorio si sviluppava un vasto terrazzamento sul quale ergeva la casa a mare che occupava quasi tutto lo spazio della penisola scogliosa; essa è costituita da un unico impianto formato dalla struttura centrale alla quale si appoggiano corpi secondari con terrazze, passaggi ed approdi. Negli anni ’80, durante i lavori di consolidamento, 76 è stato portato alla luce il piano più alto della parte marittima dell’intero complesso; dalla campagna di scavo è emerso che tale piano accoglieva vari ambienti lussuosi disposti lungo uno splendido giardino, racchiuso in quadriportico rettangolare: la presenza di reperti di malta documenta una pavimentazione in opus sectile e quindi la funzione rappresentativa di tali luoghi. Anche in questo caso, come per la villa di Sirmione, è quindi possibile osservare come gli ambienti residenziali nobiliari fossero disposti attorno ad un giardino e ad un piano superiore rispetto ai locali di servizio. Dal piano nobile della casa a mare si sviluppa il giardino, con una serie di rampe e terrazze panoramiche sulle pendici settentrionali del promontorio, esso era chiuso a valle da una bellissima esedra. Più verso il mare troviamo anche una cisterna a cinque concamerazioni intercomunicanti, la cui pianta ha la forma di un pentagono irregolare. Le pareti sono in opus reticulatum, mentre gli archi delle porte sono in mattoni. Della villa a mare restano numerose e interessanti tracce decorative della struttura, con ambienti Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione stuccati a rilievo e affrescati, inoltre molte stanze conservano ancora la copertura a botte e i pavimenti a mosaico. Grande rilievo era stato dato all’apparato decorativo della villa ricca di marmi e pietre preziose. Il sistema architettonico dell’intero complesso sembra sfruttare al massimo la bellezza del paesaggio con alcuni espedienti strutturali, muri divergenti, ampie finestre e numerose terrazze e belvederi che pretendono la massima fruibilità del panorama creando un perfetto connubio tra natura e abitazione. Tutto, struttura e decorazione, era funzionale alla luxuria ed all’otium. Persino le zone d’ombra, costituite da giardini pensili e pergolati che adombravano i percorsi assolati, riflettevano il desiderio di vivere bene come massima espressione del lusso. Villa romana di Minori La villa romana a Minori fu edificata nei primi anni del I sec. d.C. e rimase in vita fino al VII sec. d.C., essendo stata interessata da diversi restauri e rimaneggiamenti. I più importanti restauri vennero attuati durante il III secolo d.C., quando al triclinio-ninfeo furono aggiunti: banconi in muratura, un pavimento a mosaico raffigurante un corteo marino e una scena di caccia, inoltre si rinnovò la decorazione pittorica. Non si conosce il nome del proprietario ma possiamo dire che si trattava sicuramente di un ricco patrizio romano che la costruì per soggiornare nel periodo estivo circondato dalla bellezza del suggestivo paesaggio della costiera Amalfitana. Seppellita da periodiche alluvioni, e soprattutto nascosta dalle case che vennero edificate sopra i suoi resti, la villa marittima è stata portata alla luce e resa visitabile solo nel 1954 e i reperti ritrovati esposti nell’annesso Museo dell’Antiquarium suddivisi per classi di appartenenza. 77 78 Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione L’edificio si sviluppava su un’area di 2500 mq e si articolava su due livelli, anche se risulta visibile solo quello inferiore, e rispecchia la struttura tipica della villa marittima con le sale di rappresentanza collocate ad ovest del complesso e gli ambienti termali ad est. Al piano terra numerosi ambienti, tra i quali si segnala un grande salone con stucchi ed affreschi, risultano organizzati intorno ad un ampio viridarium, un giardino cinto da un portico ad arcate con al centro una natatio (piscina). Interessanti sono, inoltre, il triclinium ed il quartiere termale, composto dall’apodyterium (spogliatoio), dal tepidarium (sala per bagni tiepidi) e dal calidarium (sala per bagni caldi). Per di più vi erano gli ambienti di rappresentanza e di servizio, l’accesso era direttamente sul mare. Gli ambienti di rappresentanza sono costituiti da due camere, coperte con volta a botte che si affacciavano sul peristilio e una terza con ingresso in fondo al corridoio, coperta però con volta a vela con struttura in conci di pietra calcarea ad anelli concentrici su pianta rettangolare. Questo tipo di volta fu adottata per mantenere il suo piano di copertura alla stessa quota degli altri date le dimensioni enormi della sala. Questo tipo è una rarità poiché dall’antichità ci sono pervenuti pochi esempi, tra cui spicca quello della Domus Augustana sul Palatino (ca. 85 d.C.). In questi ambienti è inoltre possibile ammirare resti di stucchi, mosaici e affreschi in III stile. Ritroviamo quindi anche qui la disposizione a blocco intorno al peristilio degli ambienti principali della villa come nelle Grotte di Catullo, e come in esse ritroviamo l’affaccio diretto sullo specchio d’acqua dal giardino principale. Unendo le informazioni reperite dall’studio dei testi storici, dall’analisi e confronto di casi studio di altre ville romane riconducibili e assimilabili alle Grotte di Catullo per periodo storico di fondazione o per area di sviluppo, nonché dall’analisi in loco tramite diversi sopralluoghi, abbiamo potuto farci un’idea della forma e delle volumetrie origi- 79 narie della villa, riuscendo a ricostruire un nostro modello virtuale, elemento che ci è stato utile per capire il funzionamento dell’edificio e soprattutto ai fini progettuali del nostro lavoro, capendo dove e come era meglio intervenire e quali parti è bene evidenziare in modo da facilitarne la lettura e la comprensione del complesso ai visitatori dell’ area archeologica. 80 Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione 81 82 Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione Sirmione oggi Nascita dell’idea progettuale Punti di forza di Sirmione Sirmione è uno dei luoghi più incantevoli del lago di Garda, da cui si gode lo splendido panorama delle due rive, da sempre molto apprezzato e oggi continua meta di turismo sia culturale che di piacere. La penisola di Sirmione unisce diversi aspetti positivi e di valore a partire dall’interesse culturale, storico e artistico, punto nodale di passaggio, di commercio e di comunicazione tra le principali città del nord Italia nel corso dei secoli e delle diverse epoche storiche, ha visto la sosta e la permanenza di grandi figure del passato e ne conserva il ricordo attraverso le sue costruzioni, tra le principali il castello scaligero e la villa romana delle Grotte di Catullo. La penisola ha anche aspetti d’interesse medico-curativo, sin dal Rinascimento era nota la presenza di una fonte termale calda e solforosa, la Bojola, che fuoriesce dal fondale a 250 metri dalla riva nord-orientale. L’acqua termale trova applicazione nella cura e prevenzione di diversi disturbi, portando grandi benefici al corpo. Questa attività ha portato lo sviluppo di edifici appositamente dedicati alle attività termali e di cura per il corpo e con esse un gran numero di turisti ad esse interessati. Sirmione risulta un’importante meta turistica anche per la sua naturale bellezza paesaggistica, che racchiude un susseguirsi di scorci incantevoli tra le acquee e straordinari punti panoramici dai quali è possibile l’osservazione di tutto il bacino lacustre e delle catene montuose che circondano il lago. Per questa sua bellezza paesaggistica Sirmione è anche chiamata la Perla del Lago. Così come la città di Sirmione e in generale la penisola anche l’area archeologica delle Grotte di Catullo risulta essere estremamente suggestiva, di grande impatto e fascino. Le rovine gettano a picco sul lago godendo così di una bellissima vista panoramica che rende il sito archeologico affascinante. La penisola è sita nel mezzo del lago di Garda e l’area archeologi- 83 84 Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione ca posta all’estremità nord può essere notata da grandi distanze anche dal lago, rendendola unica non solo da una vista interna e ravvicina ma anche da un’osservazione più lontana. Punti deboli di Sirmione La nostra volontà di scegliere la penisola come area di progetto, e non solo l’area delle Grotte di Catullo come inizialmente avevamo pensato, nasce dal fatto che accanto a tutti i punti di forza precedentemente elencati troviamo anche dei punti deboli, situazioni che andrebbero migliorate e potenziate al fine di favorire e agevolare un flusso di turisti sempre maggiore. Uno di essi riguarda la strada pedonale, il sentiero delle Muse, che partendo dalla rocca scaligera si sviluppa per tutto il versante Est del lungolago fino alla base del promontorio sul quale sorge la villa romana, e che muore tra le sterpaglie una volta raggiunto il Lido delle Bionde li situato. Il percorso di per se è molto bello e interessante per il panorama e la natura che lo circonda, ma ora come ora risulta quasi in uno stato di abbandono, poco frequentato e poco curato, senza contare che su di esso non troviamo nessun polo at- 85 trattivo per i turisti, risulta poco visibile dal centro del paese, portando quindi la maggior parte delle persone a raggiungere il capo nord della penisola attraverso la strada centrale. Ulteriori punti che andrebbero migliorati riguardano propriamente il sito archeologico delle Grotte di Catullo ed in particolar modo riguardano il percorso di visita dell’area e la scarsa riconoscibilità della forma originaria della villa. Per quanto riguarda il percorso di visita attualmente non ne esiste uno principale ma il visitatore è lasciato libero di camminare tra le rovine della villa spontaneamente, accompagnato saltuariamente da cartelli espositivi, con la possibilità di una lettura casuale e poco ordinata della villa. I percorsi esistenti inoltre escludono ogni possibilità di visita da parte di portatori di handicapin quanto non sono previste rampe e i collegamenti esistenti, realizzati tramite scale metalliche, risultano poco fruibili anche da chi ha più semplicemente delle stampelle o altri problemi motori. 86 Andando ad analizzare la lettura della composizione della villa, non troviamo elementi, se non i già citati pannelli esplicativi disposti lungo il percorso di visita, che ci forniscono un’idea della forma del complesso, rendendo però impossibile la comprensione della magnificenza che aveva in origine, soprattutto ad un visitatore poco esperto di architetture romane. Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione La villa oggi: le visite, il parco, il museo Attualmente la villa delle Grotte è interessata da un vasto parco archeologico visitabile, lo scavo e la sistemazione dei resti della villa avvenuti durante gli anni, e tutt’ora in atto, hanno portato alla luce le sostruzioni, i corridoi e le scale delle Grotte di Catullo, dando la possibilità ai visitatori di passeggiare lungo gli antichi corridoi. Nonostante il non perfetto stato di conservazione dovuto alla lunga esposizione alle intemperie e ai saccheggi perpetrati nei secoli, l’area archeologica ha mantenuto un forte fascino e un grande impatto visivo. A partire dal 1999 la visita all’area comincia da un piccolo museo inserito vicino all’ingresso; qui viene rapidamente raccontata la storia del lago di Garda, delle popolazioni autoctone ivi stanziate, di Sirmione e della stratificazione storica che si è succeduta nei secoli all’interno della penisola. Trovano quindi spazio oggetti recuperati dalle palafitte sommerse lungo le coste della penisola, che documentano la vita nell’area durante l’età del bronzo; le testimonianze romane, provenienti anche dalla villa romana al centro del paese; le testimonianze del periodo medioevale, ovvero quando Sirmione, sfruttata per la sua posizione strategica, gode di un periodo di grande splendore e ricchezza. La parte romana si amplia con un ovvio approfondimento dedicato alle Grotte di Catullo: il plastico della villa mostra l’attuale area archeologica e attorno ad esso si possono ammirare le decorazioni architettoniche rinvenute nell’edificio: frammenti di capitelli, intonaci dipinti e stucchi; tutto ciò aiuta a capire l’alto livello qualitativo delle decorazioni parietali degli ambienti residenziali. Dal museo quindi si accede al livello nobile della villa, nei pressi dell’avancorpo sud che, purtroppo, non è ben visibile: la forte presenza degli ulivi, è, almeno in quest’area, preponderante rispetto all’archeologia e solamente prestando attenzione si possono notare a terra le tracce delle nicchie 87 d’ingresso. Poco più a ovest è possibile vedere le poche costruzioni ancora in piedi al livello del piano nobile: la Piscina e tutta l’area termale. Proseguendo, il percorso costeggia uno strapiombo affacciato su una terrazza naturale 10 metri più in basso del piano di calpestio. Continuando a camminare si arriva ad uno stacco netto di quota: 6 metri più sotto la vista si apre sul lungo corridoio, sulle altissime sostruzioni dell’avancorpo settentrionale, sulla sala dei giganti e, spostando ancora più avanti lo sguardo, sull’acqua chiara e limpida del lago di Garda. Da qui si accede a piccole scalette di servizio che permettono la discesa, e quindi la visita, degli elementi ammirati dall’altro poco prima. Scendendo ulteriormente lungo due rampe si accede al Giardino delle Noci (anche se in realtà sono gli ulivi a dominare la scena) dal quale si può godere di una vista mozzafiato sia dell’acqua, sia delle imponenti sostruzioni che, dal livello del giardino, misurano più di 11 metri. 88 Tornando sui proprio passi e ripercorrendo parzialmente il lungo corridoio verso ovest si accede ad uno degli spazi più spettacolari della villa: il doppio Criptoportico. L’imponente lunghezza, sottolineata dalla linea continua delle colonne, riaccompagna il visitatore verso sud. Da una piccola rampa di scale posta a 2/3 della lunghezza è possibile uscire dal criptoportico per passeggiare in mezzo agli ulivi che affiancano le mura romane, tornando all’ingresso dell’area museale. L’importanza di questo sito però non è da ricercare unicamente nell’archeologia: la vista panoramica di cui gode il sito archeologico delle Grotte di Catullo lo rende unico affascinante. La penisola, allungata nel mezzo del lago di Garda, offre una vista spettacolare sull’intero lago dando al contempo mostra di sé. Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione Obiettivi dell’intervento La penisola e le Grotte di Catullo in particolare ci hanno colpito profondamente dalla prima volta che abbiamo visitato l’area. Abbiamo da subito capito il potenziale di cui questo sito gode e per questo motivo crediamo che un intervento di riqualifica possa aggiungere ulteriori elementi di interesse turistico, non solo per la mole di persone di nazionalità straniera che ormai, soprattutto in alta stagione, popola il lago di Garda ma anche per i cittadini italiani che spesso visitano Sirmione ma non osano addentarsi sino alla fine della penisola. Si intende cercare di rendere dinamico e più attrattivo il tutto lato est della penisola, dalla rocca scaligera fino all’area archeologica, creando un percorso che dalla citta porti, attraverso un percorso sul lungo lago, al parco archeologico. Esso verrà reso ancor più interessante tramite l’inserimento di nuove funzioni quali una sala espositiva per mostre temporanee adattabile an- che come sala conferenza e congressi, un ristorante e una ordinata organizzazione dei percorsi e allestimento del Parco degli ulivi e della villa, fruibile indipendentemente dalle altre due funzioni. Quest’ultimo avrà anche l’importante funzione di connettere i tre piani della villa, permettendo alle persone di accedere dal parco, raggiungere il piano del criptoportico o ancora verso la sala dei giganti. In questo modo si verrà a creare un percorso di visita attrezzato che dalla rocca porta fino alle Grotte di Catullo, elementi simbolo della cittadina. Gli obiettivi che il nostro progetto si prefigge di portare a termine sono quindi: • Valorizzazione turistica: riportare opere ed elementi che arricchiscano la visita della penisola dal punto di vista storico-culturale; • Valorizzazione paesaggistica: rimarcare l’attenzione sugli elementi paesaggistici che rendono l’area -unica; 89 • Valorizzazione del bene archeologico: necessità di una messa a sistema delle tracce attuali che restituiscano una lettura più immediata dell’area; • Valorizzazione funzionale del sito archeologico: innesto di funzioni nuove (o potenziamento) legate alla cultura e al ristoro che tolgano l’archeologia da uno stato di immobilità. 90 Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione 91 92 Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione Progetto Dopo aver analizzato l’aspetto storico e lo stato attuale dell’area, dopo avere approfondito il modo di approcciarsi a preesistenze di elevato valore storico-artistico, abbiamo mosso i primi passi per una consapevole progettazione del luogo. Il Percorso Come precedentemente detto uno dei punti che volevamo potenziare con il nostro progetto è il cosiddetto Sentiero delle Muse. Il nostro intervento mira quindi a ridargli importanza, prima di tutto ampliandolo leggermente e poi con una risistemazione generale che coinvolge pavimentazione, sedute ed illuminazione. Per fare ciò abbiamo pensato ad una sistemazione della pavimentazione ad assi di legno, poste sopra l’attuale strato di cemento, che aggettassero verso il lago in modo da ampliare il percorso e da rendere ancora più forte il legame con il bacino stesso. Sul percorso è stato previsto un sistema di se- dute anch’esse in legno, posizionate in modo da permettere la sosta e la contemplazione del paesaggio. È stato scelto il legno come materiale costruttivo e di rivestimento per richiamare la tradizione locale, in quanto prima quest’area era costellata di palafitte con passerelle lignee. L’intero percorso è stato arricchito con un sistema di illuminazione che illumina dal basso la passerella creando giochi di luce con l’acqua sottostante e rendendolo bene visibile anche dal lago durante le ore serali e notturne. Abbiamo poi progettato su esso due moli con diverse attività sia diurne che serali, che potessero essere d’interesse sia per i turisti che per i locali. Il percorso è stato allargato in un punto, a circa due terzi della sua lunghezza, a creare un piccolo spiazzo in prossimità di una fonte di acqua sorgiva solfurea utilizza tutt’oggi liberamente dalle persone per fare bagni caldi e terapeutici. In questo modo si intendeva rendere più comodamente 93 fruibile la fonte, creando un area di sosta adeguata e funzionale. L’area del Lido delle Bionde è stata anch’essa riorganizzata coprendo lo spiazzo in cemento, ormai condizioni di degrado, con la passerella in legno che si allarga a creare un piano di calpestio che può essere attrezzato con ombrelloni e sdraio nei mesi caldi. In prossimità di esso inoltre abbiamo collocato un piccolo deposito bici in modo da favorire gli spostamenti per tutta la penisola e per le persone che arriva dal sistema di ciclabili del lago. A conclusione del percorso troviamo una grande rampa, usufruibile anche dai disabili, che si arrampica sulla roccia e porta all’area archeologica della villa romana. 94 I Moli Come detto precedentemente, sul percorso che segue il lato Est della penisola abbiamo pensato di collocare dei moli attrezzati, in modo da vivacizzare e rendere più interessante la percorrenza del camminamento. Si è scelto di inserire attività che potessero funzionare sia di giorno che la sera, con l’obbiettivo di animare questa parte di penisola anche nelle ore serali e notturne. In particolare si è deciso di progettare due strutture: una con funzioni più culturali e una dedicata allo svago. Il primo molo che incontriamo lungo il percorso è quello con la funzione più strettamente culturale, si sviluppa su una grande piattaforma sulla quale sono collocati due piccoli padiglioni. Uno di essi, sviluppato su due piani, contiene una sala studio/lettura al piano terra e una piccola biblioteca al piano superiore. Si è deciso di posizionare i libri al piano primo in modo da allontanarli, Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione per quanto possibile, dall’umidità proveniente dal lago. Questi spazi sono stati pensati per essere sfruttati anche per attività quali corsi serali o per i bambini. Il molo dispone anche di un’area esterna, attrezzabile per svolgere le attività all’aria aperta con la bella stagione, o anche solo come luogo di sosta e ammirazione del paesaggio grazia all’ampia scalinata che scende fino all’acqua del lago, offrendo numerose sedute. Il secondo padiglione, più piccolo e costituito da un solo piano, contiene un’esposizione permanente dedicata alla pesca nel Lago di Garda. All’ingresso troviamo una galleria con foto storiche di pescatori e del lago, quindi una rassegna di corde e di tipici nodi usati sulle barche per la pesca, oltre ad una serie di altri utensili fondamentali per svolgere l’attività. Appena all’esterno del museo, riparata sotto una tettoia, troviamo ormeggiata una piccola imbarcazione storica tipicamente lacustre. Il piccolo museo è preceduto da uno spiazzo che si apre verso il lago, al cui margine è collocato il prospetto di tutta la sponda del lago visibile da quel punto con indicate le diverse località presenti sulla costa: in questo modo si voleva rendere il visitatore consapevole della sua posizione e di quanto stava osservando. Il museo è stato progettato pensando che potesse essere un’attrattiva non solo per i turisti ma anche per le scolaresche del luogo. Il molo infine si estende ulteriormente verso il lago tramite una passerella che termina con un belvedere sopraelevato di circa 7 metri, che consente un’ampia visuale verso il lago ma anche verso l’isola e traguardare da un lato la rocca, e dall’altro il secondo molo e quindi la villa romana con il nuovo volume da noi progettato, in modo da mettere a sistema questi elementi e connetterli idealmente. Su questa passerella sono inoltre previste delle postazioni per l’ormeggio delle barche. Tutto il molo è attraversato da setti in legno che possono essere allestiti e che separano e indivi- 95 duano le varie parti del molo, direzionando sempre l’attenzione verso il lago, incorniciando lo sguardo e creando giochi e canali prospettici. Continuando lungo il Sentiero delle Muse, dopo qualche minuto di camminata incontriamo in secondo molo, di natura più ludica. Questo, rispetto al primo, si sviluppa più in lunghezza ed anche in questo caso troviamo più padiglioni ma invece di essere posizionati vicini su di un’unica pedana, sono posizionati uno in successione all’altro in modo da creare spazi più intimi e riservati, separando maggiormente le due diverse attività. Su questo molo è previsto un ristorante sviluppato su un unico piano, con la possibilità di numerose sedute sia al chiuso che all’aperto (tramite una piccola terrazza ad L a cui si accede solamente dal ristorante). La sala chiusa è stata dotata di grandi vetrate in modo da permettere comunque la piena visione del panorama anche a chi è seduto all’interno. Alla sala vetrata è annesso un 96 volume più chiuso in cui trovano collocazione la cucina, la dispensa e gli altri ambienti di servizio. Questo secondo volume si sviluppa longitudinalmente rispetto alla passerella del molo e arriva a connettere il secondo volume del molo. Quest’ultimo prevede al suo interno un locale serale, un lounge bar. Progettato essenzialmente come un volume vetrato con solo le superfici orizzontali opache, anche questo secondo ambiente possiede spazi sia all’aperto che al chiuso. In questo caso la terrazza all’aperto non risulta separata dal camminamento pubblico in modo da risultare più agevole e accogliente a tutti, clienti e non. Le sedute si sviluppano come piccoli salottini, in modo da creare un ambiente rilassante. Anche in questo caso il bellissimo paesaggio lacustre la fa da padrone, circondando tutta la struttura. Anche per il lounge bar gli ambienti di servizio sono stati disposti nel volume chiuso prima descritto, rimanendo separati da quelli del ristorante. In questo modo la sala del locale non viene Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione occupata da volumi di servizio, rimanendo più unitaria e pulita. Anche all’estremità di questo molo è stato posizionato un belvedere del tutto simile, per composizione ed altezza, a quello del molo precedente. Contrariamente a quanto visto per il primo molo, qui i setti non hanno la funzione prevalente di creare giochi visuali ma sono soprattutto un modo di mascherare e dividere spazi di diverse funzioni. I due moli, se pur molto diversi nella forma, sono stati pensati e concepiti con la stessa struttura. I materiali usati sono legno, vetro e metallo. La struttura portante è stata pensata in legno, per richiamare ancora una volta la tradizione locale nonché quella tipica del molo lacustre. Sono stati poi integrati dei controventi metallici per rinforzare ulteriormente la struttura e permettergli di resiste meglio alle intemperie. struttura metallica autoportante integrata a dei piloni in legno corrispondenti a quelli della struttura portante del molo che arrivano fino al suolo dove scaricano tutto il peso del complesso. La struttura metallica dei setti tra l’altro crea un’intercapedine all’interno del setto che permette l’inserimento, ove occorre e si ritiene necessario, dell’isolante. In setto è rivestito da un doppio strato di travette lignee: uno, più interno, più fitto e compatto e uno esterno formato da travette spesse tre centimetri e più distanziate tra loro. I setti arrivano quindi ad avere uno spessore di circa 25 cm. L’altro elemento fondamentale è il vetro, usato nelle grandi vetrate che permettono una continua visione e relazione con il paesaggio di Sirmione. Sono state previste vetrate con infissi minimi in modo da rendere quasi impercettibile la loro presenza e far sentire il visitatore a stretto contatto con il lago. Tutti i camminamenti, le pedane, le coperture sono anch’essi in legno. I setti sono composti da una 97 Sala espositiva e ristorante Per rinnovare la villa romana e renderla ancora più attrattiva si è deciso di inserire delle nuove attività all’interno della sua area, quali una sala espositiva per mostre temporanee, che all’occorrenza una parte può essere chiusa e usata come sala conferenze, e un bar/ristorante. Queste nuove funzioni trovano posto in un edificio progettato ex novo e collocato addossato alla roccia su un terrazzamento naturale posto circa nove metri sotto il piano nobile della villa. Si accede alla costruzione attraverso un sentiero che parte dall’ingresso della villa, accompagnando il visitatore verso est dove si trova la rampa di accesso all’edificio. Per lasciare la vista panoramica di cui si gode attualmente dal Giardino degli Ulivi il più libera possibile si è deciso di non superare con l’altezza del nuovo edificio il dislivello esistente tra il piano del terrazzamento ribassato e quello del Giardino degli Ulivi. La rampa di 98 accesso prima descritta accompagna il visitatore fino al primo piano dell’edificio, più basso di quasi quattro metri rispetto al Giardino, e da qui comincia la visita. Il volume si caratterizza per la sua forma irregolare e slanciata che si proietta verso il lago sottostante. È parzialmente aggettante ma, nonostante questo, risulta fortemente ancorato al suolo grazie ai pesanti setti agganciati direttamente alla roccia. L’idea progettuale è quella di creare di poco impatto ambientale e insieme poco appariscente, in armonia con l’ambiente e quasi sottotono per non sovrastare né l’ambiente naturale circostante né le rovine della grande villa. Le Grotte di Catullo sembrano uscire direttamente dalla roccia, sembra quasi che le rovine ne facciano parte: questa caratteristica ha ispirato la matericità di alcuni degli elementi compositivi del nuovo edificio: i due setti portanti sono completamente rivestiti in pietra minuta e grezza, a richia- Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione mare colore e consistenza della roccia naturale tipica di quest’area. Il corpo centrale dell’edificio è invece rivestito in legno semplice e naturale, posizionato a scandola americana in modo da sottolineare l’orizzontalità dell’elemento architettonico: la leggera ombra che si crea con la sovrapposizione dei listelli di legno crea ombre orizzontali che percorrono l’intero edificio. Dall’atrio, posto centralmente all’edifico, possiamo accedere a tutte le parti dell’edificio: al centro si trovano la biglietteria e i collegamenti verticali (scala ed un ascensore), a destra si trova una galleria per allestimenti temporanei; a sinistra una grande sala polifunzionale. La galleria sulla destra è dedicata principalmente all’esposizione di piccoli oggetti e si sviluppa prevalentemente in lunghezza mentre raggiunge verso sud la larghezza minima di quattro metri, con muri perimetrali convergenti. La galleria termina con una parete vetrata posta sud che apre su un piccolo balcone dal quale è possibile ammi- rare tutto il versante est della penisola. L’ambiente prende luce, oltre che da questa parete, da una finestra lunga e sottile posta sul prospetto est e da una finestra che segue tutta la lunghezza della galleria che è posta in copertura. L’esposizione si sviluppa principalmente mediante una nicchia scavata nella parete cieca. Per spezzare la continuità della nicchia è stato pensato un sistema di pannellatura mobile, traslabile su rotaia, che permette di suddividere lo spazio in base agli oggetti da esporre. I pannelli hanno inoltre una funzione esplicativa: pensati in corten, su di essi viene incisa la descrizione degli oggetti insieme ad una incisione stilizzata dell’oggetto cui la spiegazione si riferisce. L’illuminazione è a soffitto, molto semplice, e utilizza faretti direzionabili e traslabili lungo rotaie incassata a soffitto. Spostandoci ora a sinistra dell’ingresso entriamo in uno spazio completamente diverso dal precedente, un ambiente regolare ampio e libero che si conclude con una grande parete vetrata, unica 99 fonte di luce naturale di questa stanza, che apre sul panorama a nord della penisola. In questa sala l’allestimento è più libero e discrezionale, può contenere anche opere e pezzi di notevole dimensione. Anche in questo caso troviamo alle pareti dei pannelli mobili per l’affissione di quadri o utilizzabili come pannelli esplicativi, mentre al centro l’allestimento si concentra su pedane di diverse dimensioni e regolabili in altezza, in modo da adattarsi al meglio all’oggetto da esporre. L’illuminazione artificiale è affidata al sistema visto precedentemente per la galleria. Per la sua composizione e dimensione quest’ultima sala si presta anche per essere usata come sala conferenze e per ospitare convegni. Le due attività possono esse facilmente separate per mezzo di porte scorrevoli che all’occorrenza permettono di separare e isolare l’area della sala conferenze dalla galleria espositiva. Il piano terra del dell’edificio è dedicato alla zona 100 ristoro per chi volesse sostare dopo la visita all’area archeologica o per fare rinfreschi dopo le conferenze. A questo piano troviamo uno spazio filtro arredato con divanetti e tavolini, questo ambiente risulta principalmente a doppia altezza, grazie alle aperture nel soffitto che permettono anche un’illuminazione zenitale dell’area. Da questo ambiente inoltre è possibile accedere al cortile posto davanti all’edificio che offre una vista panoramica su tutto il lago. Proseguendo si entra nell’area propriamente adibita a ristorante, vi si accede passando accanto al blocco centrale, elemento che contiene la cucina a vista che guarda su tutta la sala. Anche il ristorante, come la sala espositiva, termina con una grande vetrata che illumina tutta la stanza. Un’altra apertura, speculare a quella della galleria, è posta sul prospetto est del ristorante. La sala del ristorante si affaccia su una doppia altezza che lascia libera la vetrata e mostra al piano inferiore una sala più piccola alla quale è Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione possibile accedere mediante una scala. Questa sala, il cui pavimento si trova quattro metri sotto il piano del terrazzamento naturale, è quasi interamente incastonata nella roccia e può essere usata come ampliamento della sala ristorante principale, come saletta privata oppure, in assenza di eventi di particolare attrazione, può essere usata come spazio ludico per bambini. La Villa Romana Il nostro progetto all’interno dell’area della villa prevede un intervento vasto sull’intera area archeologica basato sulla riorganizzazione dei percorsi e sull’allestimento di alcuni punti strategici. Il sistema di percorsi all’interno dell’area è stato pensato per guidare il visitatore in un processo di comprensione dei resti della villa ed aumentare la leggibilità degli elementi che la caratterizzano. Per questi motivi si è deciso di far iniziare in percorso guidato da quello che doveva essere l’ingresso originario dell’abitazione. Non appena arrivati al piano del Giardino degli Ulivi, seguendo il nuovo percorso sul lungolago, ci troviamo davanti ad uno spiazzo di terra battuta che in origine doveva essere il primo cortile di accoglienza degli ospiti, qui trova posto la biglietteria e punto informazioni, legato al percorso di visita. Nonostante il progetto preveda un nuovo ingres- 101 so si è deciso di mantenere anche l’ingresso originario dal, in quanto quello nuovo è stato pensato solo per visitatori che raggiungono il sito a piedi, mentre l’ingresso originario risulta comodo in quanto direttamente collegato con la strada principale e quindi comodo per i mezzi di servizio che ruotano attorno alle attività della villa; dall’ingresso originario comunque un sentiero collega direttamente con la nuova biglietteria. Andando verso sinistra troviamo un piccolo belvedere che affaccia su tutta la penisola mentre a destra inizia il vero percorso di visita; anche nel nostro progetto al visitatore è lasciata libera la scelta di seguire la direzione che preferisce, si è però cercato di dare un maggior senso di percorrenza. Superato il primo spiazzo, il percorso continua in terra battuta e va a ricalcare quello che era il tracciato originario del porticato del giardino della villa. Lungo il percorso troviamo situazioni con dei pi- 102 lastri che richiamano la posizione originaria delle colonne del porticato che circondava il giardino, inoltre essi fungono anche da punti di luce che illuminano il percorso durante la sera creando uno scenario suggestivo. Arrivato sul lato Nord della giardino il tracciato si amplia nuovamente in uno spazio che viene allestito con sedute, fioriere e pedane con statue: questo punto è di particolare interesse scenografico in quanto unisce visivamente i tre piani della villa con il Lago di Garda che fa da sfondo. Da qui il visitatore può decidere se prendere la grande scalinata allestita con statue all’interno della sala dei tre pilastri oppure se raggiungere il piano intermedio della villa per mezzo di una dolce rampa che sbuca direttamente sul criptoportico. Da questo piano troviamo poi tre vie, di cui una scalinata di nuova progettazione, per raggiungere il piano più basso della villa, ovvero quello delle sostruzioni e della sala dei giganti. Posso quindi decidere se fare il giro delle sostruzioni, anche dette botteghe, e avere una visione esterna ge- Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione nerale del lato Ovest oppure tornare al piano intermedio attraverso la scalinata, percorrere tutto il criptoportico per direzionarmi poi verso il museo esistente e concludere quindi la visita, attraverso il nuovo ingresso, all’edificio in progetto dove poter godere di un po’ di ristoro. È opportuno osservare come tutti i percorsi siano realizzati in sicurezza, garantendo per buna parte l’accessibilità di un’utenza con disabilità motorie, poiché le rampe non superano l’8% di pendenza. Il sentiero di visita alla villa è stato poi arricchito con l’allestimento di pannelli didattici esplicativi che spiegano le varie parti della villa con riferimenti grafici e fotografie, con allestimenti di opere statuarie posizionate in punti strategici per arricchire la visita e valorizzare gli ambienti stessi. L’allestimento si compone di due elementi base: setti e statue. I setti vanno a posizionarsi sopra le tracce dei vecchi muri della costruzione e sono composti da una struttura interna in metallo che va ad appoggiarsi sullo strato di sacrificio posto sopra le rovine, questa sorregge poi dei pannelli di rivestimento in marmo di Botticino. Si è scelto questo marmo in particolare poiché è tipico della zona bresciana e si volevano mantenere ed usare i materiali tipici. I setti sono studiati e posizionati in modo da ricreare gli spazi originali della villa e i suoi elementi architettonici principali, soprattutto nell’area dell’ingresso dove sono visibili i resti dell’edificio. Vengono quindi alzati questi setti di altezze differenti, 5 m per quelli che individuano in vari accessi verso il cuore della villa e 3,5 m per gli altri che individuano i muri secondari delle stanze interne. I setti sono accostati a riproduzioni in marmo di Botticino di statue appartenenti alla cultura classica di fondazione della villa per avvicinarsi al contesto stesso della dell’antica abitazione e a quelle che dovevano essere le statue che la decoravano in origine. Per creare contrasto tra i due elementi formati dallo stesso materiale viene interposta tra i due una lastra in corten che, a terra, si piega a formare delle pedane di diverse altezze e forme su 103 cui poggiano le statue. Le sculture sono collocate tra i setti, risultando a volte anche nascoste ad un primo sguardo, si vengono così a creare dei piccoli angoli suggestivi che stimolano la curiosità del visitatore. L’allestimento segue tutto il percorso di terra battuta nel Giardino degli Ulivi, creando in alcuni punti aree di sosta per permettere al visitatore di riposarsi e contemplare il paesaggio. L’allestimento continua anche all’interno dei muri della villa, partendo dalla grande scalinata in pietra chiara che collega il piano del giardino al piano intermedio della villa, la quale viene arricchita con numerosi piedistalli portanti piccole statue. Un altro grande allestimento all’interno della villa lo troviamo al piano inferiore, nella Sala dei Giganti, dove una serie di pedane e piedistalli in corten si susseguono permettendo ai visitatori di superare con comodità il dislivello di qualche metro attualmente presente in quell’area e permettendo loro di vivere e percepire quello spaio circondati di opere di stampo classico. Inoltre in quest’area 104 le pedane in corten incorniciano i grandi massi delle strutture antiche ora crollate e presenti a terra, ridando loro importanza e posizionando vicino delle targhette che spiegano che elementi sono, quale doveva essere la loro collocazione e la loro funzione. Altre Statue le troviamo sparse tra le varie nicchie della villa ad arricchire la visita e le rovine stesse. L’allestimento è anche usato per evidenziare lasse longitudinale principale della villa e a collegare idealmente i tre piani. Sono state posizionate tre statue di grandi dimensioni nei tre punti principali dell’asse: nel belvedere d’ingresso, all’inizio del percorso e alla fine dello stesso, in concomitanza della zona in cui originariamente la villa predisponeva di una grande terrazza panoramica. Proprio da questo punto il piedistallo della statua crea un nesso con il piano inferiore, corre lungo tutto il muro fino a risvoltare a pochi centimetri da terra creando una pedana per un’altra statua li Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione posizionata. Allo stesso modo l’allestimento della Sala dei Giganti, dove la parete di fondo della stessa si alza lungo il muro fino a raggiungere il piano del Lungo corridoio. Si viene così a creare un filo conduttore che parte dall’ingresso della villa e prosegue fino la sua conclusione. l’antica forma all’interno di un progetto contemporaneo articolato che crea un quadro sintetico tra interpretazioni e dati documentari. Per mantenere l’aspetto naturale dell’area archeologica si è deciso di mantenere tutti gli ulivi secolari del giardino superiore, gli alberi occupano quel luogo da oltre cinquecento anni e sono ormai diventati parte integrante della villa, nonché fonte di guadagno mediante l’olio da essi prodotto. Secondo il nostro progetto la riconoscibilità della forma originaria viene ripresa sotto vari punti divista intervenendo in modi diversi e con elementi differenti per cercare di arrivare all’unico obbiettivo di rendere la preesistenza più leggibile. Tracce e memorie danno senso allo spirito del luogo e intrecciandosi con l’intervento architettonico permettono di comprendere i frammenti, 105 106 Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione Conclusioni L’intero progetto si pone quindi l’obiettivo di approfondire e connettere segni esistenti e segni possibili per dar loro nuova luce. Per questo motivo abbiamo selezionato l’area di Sirmione e in particolare l’area archeologica delle Grotte di Catullo, un sito che è in grado di istaurare un legame tra architettura e archeologia, tra passato e futuro in modo da rendere entrambe protagoniste del nuovo polo attrattore del lago di Garda. il paese e la villa. L’obiettivo del nostro progetto non è quindi la sola riorganizzazione espositiva della villa romana vista come elemento unico e inconciliabile con la vita e la vitalità del luogo, bensì la messa a sistema della stessa con attività ricreative e con la riqualificazione di quella che, probabilmente, è l’unica parte di Sirmione abbandonata a se stessa e poco frequentata dal grande flusso turistico. Creare un percorso più studiato permette una visita più piacevole soprattutto a chi non ha una conoscenza approfondita del sito o delle ville romane; posizionare opere d’arte in nicchie può creare una piacevole variazione alla dominante paesaggistica del luogo; il nuovo edificio, più funzionale rispetto al museo preesistente, non cerca di eclissarne l’importanza ma anzi, con la sua flessibilità funzionale, permette di ampliare l’afflusso di persone all’area; Il progetto del percorso e dei moli cerca di ridare vitalità ad un’area poco frequentata, creando un collegamento diretto tra 107 Bibliografia • Sirmione, Ruggero Boschi ed Elisabetta Roffia, Electa spa, Milano, 1987; • Sirmione - le Grotte di Catullo, Mario Mirabella Roberti, Tipografia Moderna, Trieste, 1972; • Sirmione - la rocca scaligera, Ruggero Boschi, Marco Fasser e Gian Paolo Treccani (a cura di), Sistema bibliotecario Alto Garda, Brescia, 1981; • Sirmione in età romana, Elisabetta Roffia, pag. 111-131, in Catullo e Sirmione - società e cultura della Cisalpina alle soglie dell’impero, Nicola Criniti (a cura di), Grafo edizioni, Brescia, 1994; • Sermione mansio - Società e cultura della “Cisalpina” tra tarda antichità e altomedioevo, Nicola Criniti (a cura di), Grafo edizioni, Brescia, 1995; • La penisola di Sirmione sul lago di Garda, Giovanni Girolamo Orti Manara, Arnaldo Forni Editore, Bologna, 1982; • La verde Sirmio, Antonio Melluso, Società Editrice Gama, Desenzano del Garda, 1963; • Sirmione: cenni, Ernesto Tamanti, Rizzoli 108 & C., Milano, 1910; • Sirmione - la perla del Garda, Luciano Guido Salvelli (a cura di), Scuola tipografica Opera Pavoniana, Brescia, 1971; • Il lago di Garda, Elvezio Milani, Electa, Milano, 1994; • Sirmione, la storia e la poesia - dalla penisola gardesana a Castellaro Lagusello, AA.VV., pag.6-51, in AB Atlante brescianon.120 autunno 2014, Grafo edizioni, Brescia, 2014; • Il Garda - vita e civiltà sull’acqua, di Tullio Ferro, pag. 13-64, Priuli&Verlucca Editori, Ivrea, 1981; • Salò e sua riviera, di Silvan Cattaneo e Bongianni Grattarolo, carta storica del lago di Garda datata 1745, Forni Editore, Bologna, 1970 • Le Grotte di Catullo - guida per il visitatore, Nevio Degrassi, Arte lito-tipografica, 1940; • Le Grotte di Catullo - una villa romana e i suoi proprietari, Timothy Peter Wiseman, Ecoedizioni, Brescia, 1990; • Le grotte di Catullo a Sirmione - Guida alla visita della villa romana e del museo, Elisabetta Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione Roffia, Edizioni ET, Milano, 2005; • La villa romana di Sirmione, Mario Mirabella Roberti, pag. 151-162, in Le meraviglie del passato - Volume terzo, Fausto Franco e Ferdinando Reggiori (a cura di), Arnoldo Mondadori Editore, Verona, 1958; • La villa romana- con guida archeologica alle ville romane, pag. 173-175, HaraldMielsch, Giunti Gruppo Editoriale, Firenze, 1999; • Testimonianze alto-medievali a Sirmione, di Mario Mirabella Roberti, in Miscellanea di studi bresciani sull’alto medioevo, Comitato bresciano per l’ottavo congresso internazionale dell’arte dell’alto medioevo (a cura di), tipografia Fratelli Apollonio e C., Brescia, 1959; • Sirmione e il Garda dei castelli, AA. 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