Indice - POLITesi

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Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
Indice
Abstract
pag. 3
Sirmione e il Lago - Cenni storici
pag. 5
La preistoria e il periodo romano
I longobardi e il Medioevo
Dal periodo feudale al Regno Sabaudo
La Villa romana di Sirmione
L’edificio antico
L’edificazione della Grande Villa
Il settore meridionale
I settori centrali e settentrionali
Il settore termale
L’abbandono e il cambio di destinazione
Problemi di datazione
Le ville dell’Otium
La villa Nonii Arrii di Toscolano Maderno
La Casa del Fauno a Pompei
La Villa dei Papiri a Ercolano
La Villa di Pollio Felice a Sorrento
La Villa Romana di Minori
pag. 9
pag. 15
pag. 18
pag. 25
pag. 25
pag. 27
pag. 35
pag. 39
pag. 45
pag. 49
pag. 57
Sirmione oggi - nascita dell’idea progettuale
I punti di forza di Sirmione
I punti deboli di Sirmione
La Villa oggi: le visite, il parco, il museo
Obiettivi del progetto
Progetto
Il Percorso
I Moli
La Sala espositiva e il Ristorante
La Villa romana
pag. 83
pag. 83
pag. 85
pag. 87
pag. 89
pag. 93
pag. 93
pag. 94
pag. 98
pag. 101
Conclusioni
pag. 107
pag. 65
Bibliografia
pag. 108
pag. 67
pag. 69
pag. 71
pag. 75
pag. 77
Sitografia
pag. 112
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Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
Abstract
Il nostro progetto nasce e si sviluppa nel suggestivo scenario offerto dalla penisola di Sirmione,
sul lago di Garda.
Inizialmente attratte dalla grande villa romana
delle “Grotte di Catullo” posta all’estremità nord,
abbiamo deciso di ampliare il nostro progetto coinvolgendo l’intero borgo storico in un percorso
conoscitivo-sensoriale sul lungo lago: i due grandi monumenti cittadini (la Rocca Scaligera e la
Grande Villa) diventano così i due capisaldi di un
percorso che analizza le epoche e le stratificazioni che a Sirmione hanno preso vita, ponendosi
in continuità con costruzioni tipicamente lacustri
come i pontili, senza intaccare il panorama offerto
dalla posizione privilegiata della penisola.
spazi museali riorganizzati in modo da avere una
strutturazione salda e ben determinata, che permettano una visita chiara e logica dei monumentali resti e del parco naturalistico.
Così, partendo dalla darsena della fortezza, si
inizia un percorso di avvicinamento alle bellezze
naturali ed architettoniche, fino a raggiungere il
culmine fisico e ideale della passeggiata: i resti
archeologici della villa romana. Qui il visitatore
è invitato alla scoperta del monumento ed agli
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Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
Sirmione e il Lago
cenni storici
Grazie alla sua felice posizione naturale, la penisola di Sirmione è stata luogo privilegiato di
insediamento fin dall’antichità. Ancora oggi conserva numerosissime attestazioni della sua lunga
e ininterrotta storia, con una densità difficilmente
riscontabile in altri centri abitati.
La testimonianza più antica di presenza umana
risale al primo neolitico padano (seconda metà
VI-V millennio a.C.). Durante l’era del Bronzo (IIIII millennio a.C.) insediamenti palafitticoli sono
documentati lungo le sponde del lago (Maraschina, porto Galeazzi, San Francesco), ma rinvenimenti isolati dello stesso periodo si sono avuti
anche in alcuni punti della cittadina (Grotte di Catullo, Lido delle Bionde, via Antiche Mura, giardini
presso San Salvatore).
Come altre zone del lago, a partire dal primo secolo a.C. l’estremità della penisola diviene luogo
di soggiorno prescelto da ricche famiglie veronesi, fra cui quella dei Valerii: alla gens Valeria apparteneva il poeta Catullo (87-54 a.C.), il cui celebre Carme 31 decanta la bellezza di Sirmione,
descrivendo anche la casa che qui possedeva.
Tra la fine del I secolo a.C. e gli inizi del I secolo d.C. si fanno risalire le due grandi ville romane: quella nota come “Grotte di Catullo” a nord
della penisola e quella rinvenuta in anni recenti fra piazzetta Mosaici, via Vittorio Emanuele e
via Antiche Mura (detta, per l’appunto, Villa divia
Antiche Mura). Alla base della penisola correva
la strada che univa le città romane di Verona e
Brixia: presso Sirmione, probabilmente nella
zona di Lugana Vecchia, si trovava una stazione di sosta per i viaggiatori, la Sermionemansio,
documentata nell’Itinerarium Antonini (III secolo
d.C.) e dal contemporaneo Itinerarium Burdigalense , che ne segnalava la presenza presso la
località Colombare.
In età tardoromana (IV-V secolo d.C.) Sirmione
diviene luogo fortificato di controllo del basso
lago, è costruita quindi la muratura di difesa lungo la penisola che ingloba e segna il declino della
grande Villa a nord; un piccolo nucleo abitato si
stabilisce all’interno della cinta fortificata, iniziando lo spoglio delle costruzioni caduto in disuso.
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Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
Anche in età longobarda, a partire dall’ultimo
quarto del VI secolo, è presente un insediamento
documentato da resti di capanne e di una necropoli. Verso la fine del regno longobardo a Sirmione faceva capo un vasto distretto (iudiciaria Sermionese) dipendente direttamente dal sovrano,la
cui moglie, la regina Ansa , fonda un monastero
e la chiesa di San Salvatore , di cui ora restano
solamente i resti della zona absidale della chiesa. Altre chiese sono citate come esistenti nella
cittadina in documenti dell’VIII secolo: San Pietro
in Mavinos, San Martino e San Vito. L’autonomia
sirmionese perdura fino all’arrivo di Carlo Magno,
mantenendo anche successivamente un rapporto privilegiato con i sovrani, da cui ottiene esenzioni e concessioni particolari.
Nel XIII secolo Sirmione diviene uno dei punti del
sistema di fortificazione scaligero grazie alla costruzione del Castello, probabilmente ad opera di
Mastino I della Scala. Nello stesso periodo è rifugio degli eretici Patarini , condannati poi al rogo
a Verona nel 1278. La funzione di controllo e di
difesa, che perdura nella penisola sin dall’età tardoromana, continuerà sino al XVI secolo, quando
Peschiera assumerà il ruolo di centro fortificato
del basso lago, sostituendo la penisola. La rocca
rimarrà comunque sede di guarnigione militare
sino alla metà dell’Ottocento.
Sirmione si trova in una posizione strategicamente importante, fra la pianura e la parte meridionale del lago, territorio di confine della signoria
scaligera e successivamente, dall’inizio del XV
secolo, della Repubblica veneziana, alla quale
resterà legata fino alla sua caduta, nel 1797.
Nell’Ottocento la popolazione era dedita alla pesca sulle sponde del lago, e all’agricoltura nell’entroterra, le colture tipiche della zona erano: l’olivo,
la vite e il gelso. Lo sviluppo turistico di massa e
le conseguenti grandi trasformazioni urbanistiche
del territorio risalgono al secondo dopoguerra. A
questo fenomeno ha contribuito in modo notevole
la presenza di acque sulfuree, note da secoli, ma
le cui capacità curative cominciarono a essere
sfruttate solo dalla fine del secolo scorso.
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Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
La preistoria e il periodo romano
La storia del Garda ha inizio con le prime genti che popolarono l’Italia.Sulla sponda di questo
lago, infatti, si trovano caverne primitive e cospicui resti di palafitte sia sotto la Rocca di Gardache
a Peschiera.
Nonostante i numerosi resti però, i tempi preistorici restano ancora piuttosto incerti: dagli studi
sembra che i primi abitatori delle zone lacustri
fossero gli Aborigeni, seguiti dagli Umbri provenienti dall’Europa centrale.
Verso il 1000 a.C. è stato trovato qualche dato più
certo che testimonia lo stanziamento sul lago degli Etruschi e, sulla sponda orientale, dei Veneti.
Nel 154 dalla fondazione di Roma, gli Etruschi
furono sopraffatti dai Galli Cenomani, che si stanziarono quindi nell’area benacese.
Stando a quanto dice lo storico Polibio è nel 225
a.C. che si ha un primo vero contatto tra i romani e le popolazioni locali: le popolazioni celtiche
dell’Italia settentrionale prepararono una spedi-
zione contro Roma mentre Veneti e Cenomani
preferirono allearsi con l’esercito di Roma, che
passò così il Po, avviando ciò che solo tra il 222
a.C., data della vittoria di Clastidium (Casteggio)
sui Galli Insubri e della caduta della capitale Mediolanum, e il 218 a.C., quando vennero fondate
le due colonie latine di Placentia e Cremona, divenne il piano di conquista della Cisalpina, interrotto dalla discesa di Annibale in Italia (218-202
a.C.).
Negli anni che seguirono, a partire dal 197 a.C.,
l’alleanza fra Romani e Cenomani venne rinnovata con un foedus; in questo modo l’egemonia romana sulla penisola si consolida, salvaguardando
comunque anche gli interessi della popolazione
lacustre. Tra il 183 e il 178 a.C. il territorio dei
Cenomani e dei Veneti fu percorso dagli eserciti
romani che, spostandosi sulla via Postumia, si dirigevano nella Venetiarum Civitas per respingere
un’invasione di Galli Transalpini prima e per prendere parte alla seconda guerra istrica poi.
Livio scrisse che fu proprio in questa circostanza
che il console M. Giunio Bruto impose la fornitura
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di contingenti militari alle popolazioni cenomane.
Sono state fatte ipotesi, non da tutti condivise,
che attestano il coinvolgimento delle popolazioni
costiere del lago nelle campagne militari del proconsole Q. Marcio Rege (contro la popolazione
degli Stoeni), mentre appare più probabile il loro
coinvolgimento durante l’invasione dei Cimbri del
102-101 a.C., affrontati nella Val d’Adige dal console romano Q. Lutazio Catullo.
Alla conclusione della guerra sociale degli anni
91-89 a.C., durante la quale potrebbero essere
intervenute le popolazioni locali, una serie di profonde trasformazioni interessarono, almeno fino
all’età cesariana, l’assetto giuridico della Cisalpina e delle popolazioni che vi abitavano: venne concesso lo ius Latii, già precedentemente
elargito alla comunità della Transpadana, del ius
adipiscendae civitatis Romanae per magistratus,
ovvero la possibilità di acquisire la Civitas Romana per quanti avessero ricoperto magistrature in
ambito locale; la Cisalpina divenne, per un limitato periodo e con particolari caratteristiche, pro-
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vincia.
Infine, nella seconda metà del I secolo a.C., oltre
alla cittadinanza romana, venne concessa la trasformazione in municipi dei centri della Transpadana, fra cui figurano Brixia e Verona, segnando
in questo modo la completa integrazione di Cenomani e Veneti nello stato romano. La romanizzazione di quest’area avvenne quindi gradualmente
e senza particolari traumi, tanto che non venne
nemmeno imposta la centuriazione romana nelle
città, consentendo il permanere dell’assetto fondiario preromano e l’integrazione fra nuovi arrivati
e popolazioni locali.
È però probabile che non tutte le popolazioni residenti godessero del medesimo stato giuridico:
i Benacenses, ad esempio, dovevano trovarsi in
una condizione di inferiorità giuridica dato che
a partire dall’età augustea furono quasi tutti attributi, ovvero aggregati amministrativamente e
giurisdizionalmente, pur conservando una certa
autonomia interna, ai Brixidi.
Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
In età augustea, attorno al 15 a.C., si trovano alcune notizie più certe riguardo l’organizzazione
del Lago di Garda: la suddivisione dell’Italia in undici regioni incluse le città di Brixia e Verona nella
X regio, successivamente nota come Venetia et
Histria; le campagne di Druso e Tiberio contro i
popoli alpini dei Reti dovettero in qualche misura
coinvolgere gli abitanti di questa zona e si conclusero con la creazione della provincia Raetia et
Vindelicia.
Con la crescita del potere romano nell’area ebbe
nuovo impulso anche la vita economica e sociale
grazie alla costruzione di nuove strade, fra tutte
la Gallica e la Claudia Augusta: da queste arterie
maggiori si dipanava una matassa di altre vie secondarie che consentivano traffici commerciali e
trasporti di merci in tutte le città; assunsero una
maggiore importanza le vie di comunicazione fluviali sul Po e sul Mincio e quella lagunare interna,
donando maggiore importanza a paesi strategicamente posizionati come Torri, sulla riva orientale, e Toscolano su quella occidentale. Il traffico
nautico nella zona è testimoniato dai ritrovamenti
affiorati durante gli ultimi scavi: lapidi e monete
sono stati ritrovati nei paesi di Peschiera, Lazise,
Garda, Torri e Malcesine.
Durante le guerre civili del 69 d.C. il territorio meridionale del lago di Garda sembra essere stato
interessato solo in misura marginale dagli spostamenti degli eserciti che si muovevano lungo
la direttrice Verona-Cremona, anche se sono testimoniate presenze Benacenses tra i caduti dei
sanguinosi combattimenti.
A partire dagli anni dei Flavi fino a quelli dei Severi tutto questo comprensorio fu partecipe di
quel particolare clima di prosperità e benessere
che in quegli anni caratterizzò la vita economica
e sociale delle comunità dell’Italia settentrionale.
Vennero erette statue in onore degli imperatori e
delle loro famiglie, a testimonianza del forte legame sviluppatosi tra le popolazioni della Cisalpina
e la capitale, dalla quale dipendeva la loro prosperità: un esempio si ritrova nell’erezione di una
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statua di Claudio il Gotico dopo la battaglia contro
gli Alemanni, che invasero la regione nel 268 d.C.
Anche in periodi successivi le famiglie imperiali trovarono rifugio nell’area Benacense, come i
discendenti dell’imperatore Probo (seconda metà
del III secolo d.C.); anche durante la lotta tra Costantino e Massenzio la zona sud del lago fu interessata dagli spostamenti militari di quest’ultimo.
Sotto il profilo amministrativo il territorio lacustre
apparteneva agli agri di Brixia e di Verona, secondo una ripartizione oggetto tuttora di aperta
discussione: la sponda orientale fino a Malcesine
era veronese, mentre la settentrionale e l’occidentale erano bresciane; nella parte meridionale,
infine, la linea di confine tra i due territori doveva
presumibilmente a trovarsi poco più a Nord di Desenzano, per attestarsi poi, verso Ovest, lungo la
sponda sinistra del Chiese.
Poco nota è, purtroppo, l’organizzazione territoriale di questo comprensorio: è infatti scarsamente documentata l’esistenza dei vici e dei pagi.
Possiamo comunque pensare che il primitivo insediamento sirmionese sia nato con le caratteri-
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stiche del vicus, e che venne scelto soprattutto
grazie alle caratteristiche del luogo: la particolare
conformazione della penisola, circondata dall’acqua, ha sicuramente degli elementi difensivi naturali oltre che paesaggistici.Il territorio a nord del
castello, di forma triangolare (1250 metri di lunghezza per 750 di larghezza massima), è costituito da tre colline: Cortine, San Pietro in Mavinas e
le Grotte di Catullo. Su quest’ultima sorgono le rovine della villa romana omonima datata al I secolo
d. C., che per lungo tempo è stata erroneamente
attribuita al poeta Catullo, vissuto però nel secolo
precedente la probabile costruzione della villa.
E’ probabile comunque che la famiglia veronese
dei Valerii, alla cui Gens apparteneva il poeta,
avesse possedimenti a Sirmione, soprattutto in
base alla testimonianza dei versi scritti dal poeta
stesso nel celebre Carme 31. Quest’ipotesi è avvalorata dalla fama del lago come luogo di costruzione di molte Ville dell’Otium appartenenti alle
ricche famiglie delle città vicine, di cui a Sirmione
permangono solamente i resti dell’immensa villa
delle Grotte.
Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
Le Grotte di Catullo, che coprono un’area di due
ettari, costituiscono la più imponente area archeologica dell’Italia settentrionale. Poste strategicamente all’estremità nord della penisola, godono
di una vista mozzafiato che abbraccia l’intero lago
di Garda. Queste caratteristiche (estensione e
posizionamento) permettono di capire alcune importanti caratteristiche degli abitanti: sicuramente
ricchi, possedevano quasi certamente un legame
profondo con la famiglia imperiale, tanto da poter
costruire una residenza che poteva competere
con le meraviglie dell’Italia Centrale. Le rovine
attualmente visitabili non sono altro che le sostruzioni, gli ambienti di servizio e probabilmente le
stalle, senza quindi nessun resto del piano nobile
vero e proprio.
Oltre alle sua importanza come luogo di villeggiatura, Sirmione aveva una certa importanza nel
sistema viario romano: si trovava infatti sulla via
Gallica, l’antica strada che attraverso Bergamo e
Brescia arrivava a Verona, dove si collegava con
la via Postumia che, costruita nel 148 a.C., univa
Genova-Milano-Aquileia. A Desenzano la via Gal-
lica proseguiva verso Peschiera lungo la costa,
attraversando Rivoltella e la località Colombare.
L’Itinerarium Antonini, testo del III sec. d.C., testimonia l’esistenza di un luogo dove i viaggiatori
potevano sostare chiamato Sermione Mansio, situata a metà strada tra Brescia e Verona. Gli studiosi ritengono che l’antica mansio descritta nel
testo si trovasse nella località Vecchia Lugana,
dove sorge un edificio che già a partire dal XV
secolo è indicato dalle carte come Osteria o Bettola, cioè posto di sosta e di ristoro. Qui la strada
romana si raccordava con l’antica via per il borgo,
l’attuale via Lucchino, ora passeggiata pedonale lungo la sponda orientale del lago. Proseguiva
poi verso Peschiera, appena più rasente alla riva
rispetto all’attuale Strada Statale 11.
Ad avvalorare l’ipotesi contribuirebbero anche alcuni ritrovamenti archeologici, come un probabile tratto di strada emerso in occasione di alcuni
sbancamenti e un porto artificiale romano individuato a poca profondità nel lago: tutti elementi
che indicherebbero una certa importanza del luogo nella viabilità antica.
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Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
I Longobardi e il Medioevo
Col decadere dell’Impero Romano, anche il territorio lacustre subì le vicissitudini delle invasioni
barbariche e delle guerre.
La popolazione barbarica che tra tutte ha avuto maggiore rilievo nell’area del Lago di Garda
è quella germanica dei longobardi che, nel 568
d.C., invase l’Italia capitanata da re Alboino a
partire dal Friuli per poi spostarsi verso Verona,
Brescia, Bergamo, Milano e infine Pavia. La precedente guerra gotico-bizantina e la peste che
colpì la regione provocò una totale assenza di resistenza ai nuovi invasori, che occuparono tutta
l’Italia settentrionale eleggendo Pavia come loro
capitale e il cristianesimo come loro religione.
Anche all’interno di questa nuova conformazione
politica Sirmione occupava una posizione strategica di collegamento tra le città Brescia e Verona e
la Val d’Adige: diventò capoluogo della Judiciaria
Sermionensis, un’ampia zona che dalla Valtenesi
si estendeva sino alla sponda orientale del lago
e arrivava a sud fino a San Martino di Gusnago,
oltre a comprendere a nord la piana di Riva.
Al periodo longobardo risalgono le notizie di tre
chiese esistenti nella penisola, nella seconda
metà dell’VIII secolo: San Martino, San Vito e
San Pietro in Mavinas.
La prima di queste, dedicata a San Martino e non
più esistente, coincide forse con l’attuale chiesa
parrocchiale di Santa Maria Maggiore, costruita al suo posto dopo la demolizione. L’edificio,
costruito alla fine del XV secolo, presenta una
pianta rettangolare con abside poligonale ed è
orientata sull’asse est-ovest, il lato nord poggia
sui resti delle fortificazioni medievali. L’interno è
a navata unica suddivisa da tre grandi archi, le
pareti laterali erano decorate da affreschi risalenti ai primi anni del ‘500, ad esclusione di quelli
sul fondo della parete nord che appartengono ad
un periodo precedente. L’altare maggiore, posto
nell’abside, è intagliato in marmi pregiati.
La chiesa dei santi Vito e Modesto è tuttora
esistente ma non coincide con l’antico edificio
dell’VIII secolo, abbattuto nel 1744 e ricostruito.
Si tratta di una piccola cappella posta all’interno
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di una tenuta a circa due chilometri dal castello,
nella quale viene officiata la messa solamente in
occasione della festa dei due santi.
La chiesetta di San Pietro in Mavinos sorge
sull’omonima collina. L’ edificio è di difficile interpretazione cronologica poiché è stato rimaneggiato nei secoli, si trovano però diversi elementi che
ne testimoniano le varie stratificazioni: un mattone murato a fianco del portale reca la data 1320,
anno a cui viene ricondotto il restauro dell’edificio;
gli affreschi invece sono chiaramente riconducibili
a quattro epoche diverse, due delle quali anteriori
alla data del restauro e l’ultima databile al 1525.
La pianta è generalmente rettangolare con un restringimento nella zona absidale causato da una
deviazione del muro settentrionale. L’area presbiteriale è triabsidata, l’abside centrale più grande
e le due ai lati più piccole. Il soffitto è costituito
da grosse travi lignee. Sul lato sinistro dell’altare
maggiore si trova un’altra porta verso l’esterno.
Sul medesimo lato sorge il campanile, alto circa
17 metri.
Per la sua posizione appartata rispetto al resto
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dell’abitato divenne forse un lazzaretto dotato di
cimitero degli appestati che non potevano essere
sepolti nella chiesa parrocchiale e nell’adiacente
cimitero.
Vi sono inoltre testimonianze di una quarta chiesa di origine longobarda, quella di San Salvatore.
Ormai scomparsa da secoli, si può ancora scorgere un frammento dell’area absidale nei pressi
del parco pubblico cittadino. Fu edificata dalla
regina Ansa, moglie del re Desiderio, ultimo re
longobardo, come parte integrante di un piccolo
complesso monastico femminile dipendente da
quello che è diventato famoso come Santa Giulia. Il piccolo monastero fu costruito tra il 762 e
il 765 e fu al centro di una questione di sangue
tra la famiglia reale e un ricco nobile longobardo:
egli uccise uno degli uomini della regina e dovette
donare tutto il suo patrimonio, dividendolo tra San
Salvatore e le altre chiesette sirmionesi.
Dal complesso derivano molti reperti tutt’ora conservati nella rocca, tra i quali i frammenti di un
ciborio recante i nomi di re Desiderio e di suo
figlio Adelchi.
Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
La costruzione di queste chiese attesta la forte
presenza longobarda nell’area gardesana, ma ci
sono altri importanti rinvenimenti che confermano, oltre all’insediamento, anche altri aspetti della vita dei Longobardi: dal 1914 furono rinvenute
diverse tombe nella zona tra la strada che porta
alle Grotte, il Lido delle Bionde e via Piana, che
testimoniano l’esistenza di un’antica necropoli situata in questa zona.
Anche all’interno della grande Villa sono state rinvenute diverse tombe, alcune delle quali risalenti
già al IV secolo: le Grotte di Catullo caddero in
rovina dopo nemmeno due secoli di utilizzo, in
parte a causa della costruzione delle mura verso la fine dell’epoca romana, in parte a causa di
un enorme incendio che scoppiò in quel periodo
e di cui ancora si possono trovare tracce. Anche
la toponomastica locale mostra segni di influenza
longobarda: il cosiddetto Lido delle Bionde deriva
da biunda, che significa “luogo recintato”.
Nel 774, con la disfatta di Desiderio, subentrò al
dominio Carlo Magno, re dei Franchi, che divise il
territorio veronese in distretti giudiziari retti da un
giudice o gastaldione.
Sirmione risentì profondamente di questo cambiamento: il borgo fortificato e il piccolo monastero di San Salvatore furono ceduti da Carlo al
convento di san Martino di Tours per finanziare la
vestizione dei monaci.
Sirmione perse dunque la sua indipendenza e la
sua importanza amministrativa, scomparve come
distretto e, insieme alla zona circostante, iniziò
la regressione a piccolo centro fortificato appartenente al territorio di Verona. Venuto meno il
potere centrale alla morte di Carlo Magno, tra i
Veronesi e gli abitanti del lago sorsero discordie e
pare esserci stata una dura battaglia (tra l’829 e
l’856), durante la quale i veronesi, sotto il comando del capitano veneziano Maffeo Giustiniani, ridussero all’obbedienza i popoli gardesani.
A partire dal XI secolo Sirmione, come molte cittadine gardesane, si costituì comune e riprese in
mano la sua autonomia sviluppando una politica
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differenziata rispetto ai più grandi centri d’influenza (Brescia, Trento e Verona) e dipendendo
direttamente dal potere centrale imperiale, come
riportato in un documento del 1220 con il quale
l’imperatore Federico II conferma ai suoi abitanti i
privilegi imperiali che avevano precedentemente
ricevuto, tra i quali il diritto di pesca su tutto il lago.
Queste cittadine quindi possedevano condizioni
economiche più agiate rispetto ai paesi dell’entroterra oltre ad una forte consapevolezza sociale e
un particolare senso comunitario.
Dal periodo feudale al Regno Sabaudo
Nell’ultimo periodo dell’Impero Romano, quindi,
si succedettero gli ultimi re d’Italia (tra cui figurano Berengario duca del Friuli, che portò la sua
capitale a Verona e aumentò le fortificazioni a
causa della discesa in Italia degli Ungari, e Ottone che col suo regno pose fine al regno italico).
Con la diminuzione del potere imperiale in Italia,
si sostituì ad esso la dominazione feudataria e
l’istituzione dei Liberi Comuni.
Nel secolo XII le terre della sponda veronese mutarono spesso padrone e nel 1160 erano sotto la
giurisdizione del veronese Turrisendo dei Turrisendi che si oppose al Barbarossa.
Le libertà duramente conquistate dai comuni lacustri furono però confermate nella pace di Costanza (1133) e continuarono sino all’estendersi
della Signoria Scaligera (1277-1329).
In questo periodo, si costituì sulla sponda occidentale la Magnifica Patria, una comunità che
comprendeva 33 terre: lo scopo della comunità,
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Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
con capoluogo prima allocato a Maderno e poi a
Salò, era la difesa della propria autonomia contro i Visconti e gli Scaligeri. Parallelamente, sulla
sponda orientale, 18 comuni federati costituirono
la Gardesana, ma Ezzelino da Romano e gli Scaligeri contrastarono ogni tendenza autonomista.
Nel XIII secolo, nonostante gli sforzi delle federazioni, si affermò la Signoria Scaligera, che assoggettò ben presto la sponda orientale del lago, che
venne così compresa a livello amministrativo nel
distretto della Gardesana e del Baldo.
I Signori veronesi realizzarono numerose costruzioni difensive, in particolare fecero costruire
i castelli di Malcesine e Riva del Garda; fu ampliato il castello di Sirmione e furono potenziate
le strutture portuali di Lazise e Torri del Benaco;
realizzarono, nell’entroterra, il grande sistema difensivo del Serraglio. Questo sistema fortificato,
con annesso vallo allagabile, fu iniziato nel 1345
da Mastino della Scala e terminato da Cangrande
II nel 1355 e prevedeva la costruzione di castelli
isolati a Ponti e Monzambano, quindi una serie
ininterrotta di castelli e torri collegate tra loro da
muri difensivi che partivano da Valeggio sul Mincio, i quali si saldavano al castello di Villafranca,
e che proseguivano poi fino a Nogarole Rocca.
Il Serraglio conservò i suoi quasi 13 chilometri di
lunghezza integri fino a metà Ottocento, dopo di
che venne parzialmente smantellato e abbandonato.
Di particolare interesse rimane la struttura della
Rocca Scaligera di Sirmione, di cui si conserva
invece l’intera struttura: completamente circondato dall’acqua, il castello domina il lago dall’alto
del suo mastio. Le analisi murarie hanno portato all’identificazioni di tre diverse fasi costruttive,
delle quali la prima risale all’epoca di Mastino I
della Scala (XIII sec.), la seconda ai primi anni del
XIV sec., la terza alla metà del XIV sec., quando
avvenne la fortificazione della darsena.
Il nucleo principale è costituito dal cortile cintato
da quattro alte cortine merlate, dotate di tre torri
angolari e dal mastio.
Del complesso del castello fa parte anche la
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Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
chiesa di Santa Maria al Ponte, detta anche Oratorio della Beata Vergine al Ponte, ma chiamata
Sant’Anna dagli abitanti del borgo.
La piccola chiesa, probabilmente edificata per la
guarnigione di stanza al castello, è costituita da
un vano con volta a botte e da un presbiterio. Nel
Quattrocento divenne probabilmente un piccolo
santuario, come dimostrerebbe il frammento di
affresco trecentesco posto sopra l’altare.
Nonostante i benefici apportati dalla dominazione scaligera, nel 1387 la dinastia dei della Scala
perse il controllo dell’area con la fuga di Antonio:
grazie all’alleanza tra Visconti, Gonzaga e Carrara, Verona fu costretta a cedere alle due potenze
rivali tra le quali era stretta (Venezia e Milano).
Per Sirmione iniziò quindi un periodo di veloci
passaggi tra le diverse signorie, finché nel 1405
ebbe inizio la lunga dominazione veneziana che
durò sino al 1797.
Il dominio della Repubblica Veneta sul Garda si
attestò mediante un Capitano del Lago, residente
in Malcesine. La divisione dei domini lacustri non
coincideva però con quello territoriale: Riva e il
suo territorio appartenevano al Vescovo di Trento
(e ad esso continuarono ad appartenere fino agli
inizi del 1800, quando furono conquistati dagli
austriaci), Venezia aveva invece il dominio delle
terre appartenenti alle province di Verona (tra le
quali Peschiera e Sirmione) e di Brescia.
Durante tutta la dominazione veneziana non vi
sono molte testimonianze della storia di Sirmione:
diventò un piccolo borgo tranquillo, la cui popolazione si dedicava alla pesca e alla coltivazione
degli ulivi sulla penisola, mentre nella campagna
circostante i contadini si dedicavano alla coltura
della vite e dei gelsi. Il motivo di questa relativa
serenità è da ricercare nella saggezza politica e
nell’abilità amministrativa di Venezia, che diede
un forte impulso sia allo sviluppo edilizio e che
alla vita economico-sociale: molti torrenti furono
arginati, molte terre bonificate; fu introdotta la coltivazione di nuove piante come la vite, l’olivo e
vari alberi da frutto; a Gardone e a Toscolano sorsero nuove fonderie e officine per la lavorazione
del ferro; nel veronese fiorì l’industria della lana, a
Toscolano venne inaugurato il felice periodo della
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Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
valle delle cartiere; nella Riviera si lavorava il refe
per farne cordami, tele di lino, la canapa, le pelli.
In tutta la zona ebbe inizio la bachicoltura e la
produzione di seta.
Al 1530 la popolazione era di circa 1155 abitanti, con un forte calo causato dalle epidemie. Vi
furono inoltre molte dispute tra la popolazione
sirmionese residente da lunga data, i cosiddetti
originari, e i nuovi arrivati, detti forestieri, soprattutto in merito alla gestione dei beni comunali . La
comunità sirmionese era quindi governata da un
consiglio eletto dalla Vicinia, che corrispondeva
ad una classe di cittadini che godevano di diritti
speciali sui beni comunali.
A causa della grave miseria in cui versava la maggioranza della popolazione vennero istituite delle
grandi proprietà terriere che facevano capo alle
tenute padronali. L’importanza di queste tenute è
tutt’oggi dimostrata dalla cascina Onofria, unica
superstite significativa rimasta nell’entroterra.
L’egemonia veneziana sui territori lacustri venne
interrotta dalla discesa di Napoleone nel Veneto (1796) alla guida dell’esercito anti-austriaco,
l’esercito napoleonico conquistò Venezia, che
però venne ceduta all’Austria in cambio del Belgio e della Lombardia, come fu concordato durante la firma del Trattato di Campoformio.
Dopo il Trattato di Luneville del 1801, la Gardesana dell’Acqua fu incorporata nella Repubblica Cisalpina e poi nella Repubblica Italiana (nel 1802).
Ci furono altre guerre tra l’esercito napoleonico
e quello austro-ungarico, la prima tra il 1806 e il
1814, quando Napoleone cercò di riconquistare
Venezia senza successo; la successiva insurrezione veneziana del 1848 liberò temporaneamente i territori, ma già dal 1849 gli Austriaci ripresero
possesso del territorio, fino al 1866, ovvero quando l’Austria cedette Venezia e il Veneto a Carlo
Alberto re d’Italia, cessione accolta con gioia da
popolazione e patrioti.
Con l’annessione del Veneto a quello che diventerà il regno d’Italia si ricompose anche l’unità territoriale del Comune di Sirmione, diviso dopo la
seconda guerra di indipendenza del 1859: l’edificio della Vecchia Dogana rappresentava il confine tra l’Austria e il Regno Sabaudo.
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Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
La Villa Romana di Sirmione
In Sirmione è una grandissima et antichissima
fabrica [...] sovi ancora molte volte dinotanti, e
chiaramente a chiunque le vede dimostranti magnificenza, e regale (per dir così) Majestà [...]
Torello Saraina, 1540
L’edificio antico
Durante gli scavi recentemente effettuati nel settore meridionale della villa, è stato eseguito un
sondaggio al di sotto dell’attuale livello mosaicale
del vano 88: dopo il prelievo degli strati di preparazione del pavimento “moderno”, di uno strato di
riporto di notevole spessore, di alcuni strati collegati alla costruzione dei muri perimetrali dell’ambiente, è stata accertata l’esistenza, a circa 1.20
metri dal pavimento musivo, di strutture più antiche consistenti in un muro in ciottoli con andamento nord-sud legato ad un secondo muro con
direzione est-ovest.
Le strutture sono riferibili ad almeno tre vani diversi ma di esse si conserva solamente il livello della
fondazione, impostata direttamente sulla roccia.
Queste antiche strutture furono rasate all’epoca
della costruzione della nuova villa, in modo da poterne impostare i muri direttamente dalla roccia.
Le antiche strutture, solitamente riutilizzate nelle
costruzioni più recenti, furono completamente eliminate probabilmente per aderire ad un progetto
unitario di residenza, mentre i materiali provenienti dalla demolizione vennero riutilizzati nello
stesso settore meridionale dove sono stati fatti i
ritrovamenti: solo nelle murature di questa parte
della costruzione sono impiegati ciottoli e frammenti laterizi, mentre nello strato di riempimento
al di sotto del mosaico pavimentale del vano 88
sono presenti frammenti di intonaci dipinti.
Anche in un altro saggio eseguito nella stessa
zona (nel vano 73) sono stati rinvenuti frammenti
di intonaco dipinto e di quarti di colonne in cotto
nello strato di preparazione del pavimento, evidentemente anch’essi provenienti dalla demolizione della precedente costruzione.
Purtroppo nel saggio del vano 88 non sono stati
rinvenuti materiali che possano datare le striature più antiche; per questo motivo è possibile solo
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Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
istituire un rapporto di anteriorità rispetto alla successiva villa, non una datazione più precisa.
Non vi è quindi nessun dato certo che possa permettere di attribuire con sicurezza i resti del primitivo edificio all’epoca in cui visse e soggiornò a
Sirmione il poeta Catullo, salvo la supposizione
fatta dal conte Orti Manara: [...] Forse questi materiali avrebbero potuto appartenere ad un preesistente edifizio: ad una casa di Catullo?.
L’edificazione della grande villa
Nella penisola di Sirmione avanzi rimangono di
fabrica Romana detti comunemente casa di Catullo; volte sotterranee vi si veggono ben lavorate:
i muri sopra terra son mentovati dal Palladio per
esempio nel fargli cassa.
Scipione Maffei, 1731
Dopo la demolizione del primo edificio venne costruita una nuova villa, il cui progetto era unitario,
coerente ed organico, con un impianto di figura
oblunga secondo principi di assialità e simmetria,
donando una grande rilevanza all’elemento naturale e paesaggistico.
Di forma rettangolare (m 167,5 x 105), con avancorpi sui due lati brevi, la villa copre un’area globale di oltre due ettari.
Posta nella parte terminale della piccola penisola
dalla forma triangolare, ha sua direzione da nord
a sud (più correttamente nord-ovest/sud-est),
cosi da adeguarsi al profilo della penisola stessa. Il substrato roccioso è qui costituito da marne
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Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
grigio e grigio-rosate del cretaceo, distribuito su
tre diversi livelli somiglianti a piattaforme: la prima posta a livello del lago, le altre due invece
emergenti. L’andamento del substrato nell’area
interessata dalla costruzione della villa mostra un
alto topografico al centro della parte meridionale
dell’edificio (coincidente con il suo asse centrale
nord-sud) e una immersione progressiva verso
nord-ovest, dove il piano roccioso sprofonda in
una inclinazione del piano roccioso di circa quindici metri.
Per superare il dislivello del terreno, in modo da
ottenere una base uniforme su cui costruire la
parte residenziale dell’edificio, vennero create
alte sostruzioni, ancora ben conservate, sui lati
settentrionale e occidentale. Gli archi della basis
villae raggiungono gli undici metri di altezza.
Per lo stesso motivo parte della roccia fu asportata mediante ingenti opere di sbancamento, ottenendo quote costanti in alcuni vani e terrazzamenti artificiali lungo il lato orientale della villa: il
primo si trova a nord (H, ovvero il Campo delle
Noci), il secondo al centro (F, area che verrà suc-
cessivamente interessata dal nostro lavoro progettuale), il terzo a sud (I, in corrispondenza del
piano d’ingresso).
Anche l’area occidentale della villa fu interessata
da poderosi tagli, spesso ben visibili: i tagli sono
visibili nell’area del Criptoportico (vano 104 a), nel
Criptoportico degli stucchi (vano 89) e nella Grotta del Cavallo (vano 142). Ad nord-est gli imponenti tagli si mostrano appena sotto il livello delle
sostruzioni visibili dal già citato Campo delle Noci
(zona H).
L’edificio era disposto su tre diversi livelli, non
presenti in modo uniforme su tutta l’area, ma realizzati secondo le esigenze determinate dalle differenti quote del terreno.
I tre piani erano indipendenti tra loro e raggiungibili dall’esterno senza alcun vincolo di passaggio
dall’uno all’altro: il superiore, ovvero il piano residenziale, era accessibile dall’estremità meridionale (zona B), dove era l’ingresso vero e proprio
della villa; al medio tramite il vano 48b (appartenente alla serie di sostruzioni occidentali, note
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Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
come botteghe) da cui un taglio nella roccia permetteva l’entrata al criptoportico (vano 104a); al
piano inferiore era possibile accedere da nord,
attraverso il vano 23, posto nell’angolo inferiore
dell’avancorpo settentrionale, che affacciava sulla grandiosa vista offerta dalla rampa rivolta verso il lago (vano 3). Sempre nella zona nord-ovest
sono riconoscibili dei vani di servizio posti al piano inferiore raggiungibili mediante l’utilizzo di un
altro accesso, posizionato all’interno del vano 25.
Dovevano esservi poi all’interno dell’edificio possibilità di passaggio da un livello all’altro, anche
se oggi non sono più documentate scale, salvo le
lunghe rampe 3 e 6, sui lati ovest e est dell’avancorpo nord, che permettevano di collegare il piano inferiore a quello intermedio; in aggiunta ad
esse la piccola rampa del vano 23 collega l’esterno con la rampa del vano 3.
La villa venne posizionata e studiata per privilegiare il più possibile l’inserimento all’interno dell’ambiente naturale, permettendo la vista sul lago da
tutti e quattro i lati. Ma il progetto denuncia anche
una precisa conoscenza della morfologia del substrato, di cui si è tenuto ben conto, così da utilizzare almeno in parte la quota più alta del pianoro,
corrispondente all’asse nord-sud dell’edificio e da
limitare la costruzione degli elementi di sostruzione al settore settentrionale e solo parzialmente ai
lati occidentale e orientale.
Un altro elemento che può avere influito sulla
scelta della posizione della grande villa è la presenza della costruzione più antica nel punto più
alto e più meridionale del terreno: poiché in questa stessa zona si sviluppano poi i vani di ingresso della villa, è probabile che la strada di accesso
all’estremità della penisola e all’edificio fosse proprio su questo lato.
II livello più alto della villa, corrispondente agli ambienti residenziali, risulta quello più danneggiato
per diversi motivi: divenne oggetto di spoliazioni
nel corso dei secoli, fu colpito da vasti crolli (soprattutto nell’area settentrionale), vi furono interventi di scavo più o meno distruttivi e in passato
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anche di coltivazioni.
Attualmente il terreno è prevalentemente interessato dalla coltivazione dell’ulivo.
L’interro è minimo: le murature, spesso asportate
fino alle fondazioni, sono conservate al massimo
per 30-40 centimetri e i piani pavimentali sono
stati quasi tutti asportati. E’ tuttavia possibile leggere nelle sue linee fondamentali la planimetria
dell’edificio antico, caratterizzato lungo i lati lunghi da passeggiate (ambulationes), nei lati brevi
dai settori residenziali. Al centro era presente un
grande spazio aperto rettangolare (C), mentre altri spazi aperti, più piccoli, si trovano nei settori
residenziali a nord e a sud (vani O e N).
Dall’esterno la vista della villa era caratterizzata
dal possente basamento, alleggerito dalle sequenze di fornici a nord e ad ovest, mentre al piano superiore si trovavano lunghi porticati su tutti e
tre i lati affacciati sul lago: la mole dell’edificio non
era imponente quanto sarebbe potuta essere, soprattutto grazie al susseguirsi di spazi aperti.
I vani residenziali del piano nobile, una volta tolte
tutte le aree aperte e semiaperte, le terrazze e
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i cortili, erano di dimensioni relativamente piccole (rappresentavano circa 1/6 dell’intero edificio),
suggerendo che la villa avesse come principale
scopo quello di collegare ed utilizzare gli spazi
aperti.
Sono state trovate tracce di un’area residenziale
anche al piano intermedio (ne tradiscono la presenza aree dotate di intonaci dipinti), solitamente
utilizzato come piano di servizio.
La tecnica muraria e i materiali usati nelle diverse
parti della villa corrispondono a criteri di economia
del lavoro e di rendimento in opera. Mentre nel
settore meridionale, come già detto, le murature
sono in ciottoli, frammenti laterizi e scaglie di pietra (calcare marnoso), nel resto dell’edificio sono
costruite quasi esclusivamente con scaglie di pietra, provenienti dai tagli operati nella roccia nell’
area stessa della villa. I piedritti degli ambienti di
sostruzione, gli stipiti delle porte e delle finestre
sono costituiti da filari di scaglie e mattoni alternati: i mattoni regolarizzavano il piano di posa della
muratura, garantendo una maggior sicurezza sta-
Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
tica nei punti maggiormente sollecitati.
Nel settore termale si è fatto uso per alcune parti esclusivamente di laterizi, materiale più adatto
per a resistere alle alte temperature.
Per le volte si è usato un calcare cavernoso, a
struttura spugnosa e molto leggera, mentre per
gli elementi architettonici è stato utilizzato un calcare compatto con buone qualità meccaniche.
Infine per alcune colonne e per alcuni pilastri della
parte settentrionale del criptoportico è stato utilizzato un calcare nummulitico giallastro, facilmente
lavorabile.Tutti i materiali provengono o dall’ area
gardesana o dal territorio veronese e vicentino.
Tutte le strutture murarie erano rivestite con intonaci, decorati e dipinti nelle aree residenziali della
villa.
momento dello scavo, ora è conservata qualche
traccia in alcuni vani nord-occidentali).
L’esterno dell’edificio (secondo quanto mostrato
da resti d’intonaco resistiti agli scavi degli anni
50) era rivestito con intonaco di colore chiaro o
bianco. Il medesimo intonaco rivestiva i vani di
servizio ai piani inferiore e intermedio della villa
(l’intonaco era effettivamente ben conservato nel
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Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
Il settore meridionale
Un’ampia parte del settore meridionale, destinato
all’ingresso al piano nobile e a vani residenziali, è
stata oggetto in anni recenti di scavi in estensione
che hanno permesso di chiarirne definitivamente
la planimetria, senza però poter definire con più
precisione l’organizzazione spaziale, la destinazione d’uso, la gerarchia e i percorsi funzionali
dei diversi ambienti.
Sono state cosi riconosciute le inesattezze nella
pianta dell’Orti Manara, ben visibili dal confronto
fra la pianta ottocentesca e quella ottenuta dopo
le ultime indagini, consentendo il riesame dei problemi impiantistici della zona.
Sulla presenza di vani modesti e disposti con una
certa libertà, molto diversi da quelli presenti nel
settore nord più ampi e organici, collocati con regolarità rispetto a un’asse centrale, Mirabella Roberti aveva basato la sua teoria dell’esistenza in
questa parte dell’edificio di una precedente villa,
tipologicamente indicata come villa a U, poi inglobata nella successiva costruzione.
Questa tesi trovava appoggio anche nella diversa
tecnica edilizia qui utilizzata ma gli ultimi saggi del
terreno (precedentemente descritti) la smentiscono quasi totalmente.
Gli ambienti messi in luce recentemente, in numero inferiore rispetto a quelli indicati da Orti
Manara, sono caratterizzati in maggioranza da
ampie dimensioni e, come nel caso del vano 88
(vano posto a sud-est), da una simmetrica corrispondenza con il vano 121 (vano posto a nord-est). La diversità edilizia precedentemente riscontrata è da attribuirsi unicamente al riutilizzo
di materiali appartenenti all’antico edificio posto
in quest’area.
Anche questa parte della villa appare pertanto costruita, come già aveva ritenuto G. Tosi, insieme
al resto dell’edificio, seguendo un disegno unitario.
L’ingresso della villa (vano B) era situato nell’avancorpo meridionale.Quest’ultimo, molto mal conservato, non è stato oggetto di scavi recenti, per
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cui si deve fare riferimento alle indicazioni di Orti
Manara.L’apertura (zona 53), larga oltre m 4, era
fiancheggiata da due corpi aggettanti, ornati di
lesene, che davano monumentalità al prospetto
esterno.
Da questo spazio, descrivibile quasi come cancello della villa, si accedeva a un grande vano
aperto (vano E), probabilmente porticato sui lati
est ed ovest, con nicchie semicircolari sul lato
sud che affiancavano l’ingresso (vani 54 e 55).
Sul lato ovest è tutt’ora visibile un ambiente
all’epoca adibito a cisterna (nell’Ottocento gli
venne dato il nome di bagno, vano 50) e che ora
appare isolato dal resto dell’edificio ma che in origine faceva parte dell’architettura dei due corpi
affacciati sul vano E.
Dalla cisterna, attraverso fistulae in piombo, rinvenute da Orti Manara, veniva portata l’acqua
alla vasca presente nel vano 69 e, con ogni probabilità, anche ad altri ambienti posti a sud-ovest,
che andavano a formare il settore termale della
villa ([...]Ebbesi la certezza di ciò dalla discoperta
di varj tubi di piombo del diametro di 5 centime-
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tri, e della lunghezza di 20, posti nella direzione
della piscina suddetta inver la fonte.).Attraverso
l’ostium (ovvero la soglia d’ingresso) si entrava
in un vasto ambiente (vano 62, corrispondente al
vestibulum), di cui è stata scavata recentemente
la sola parte settentrionale, aperto su una vasta
esedra (vano 63) corrispondente alle fauces, ovvero l’ingresso vero e proprio, da cui, attraverso
uno spazio rettangolare (vano 64), si accede al
grande cortile N.
Nei vani 62 e 63 il pavimento, che appoggiava immediatamente sopra la roccia, è stato totalmente
asportato, mentre il vano 64 conserva un bel pavimento in cocciopesto, ben levigato, in cui sono
inglobati piccoli ciottoli neri e frammenti laterizi,
anche di cm 4-5 di lato.
Tutti i vani situati a ovest degli ambienti 62, 63
e 64 appartengono al settore termale della villa.
Nell’angolo nord-est del vano 62 Si apre l’accesso alla parte orientale del corpo meridionale.
Si entra nell’ambiente 70, già interpretato da Orti
Manara come un cortile, probabilmente per la
presenza di un chiusino in pietra nera (72) che
Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
dovea servire all’impluvio. Si tratta di un grande
vano rettangolare di ca. mq 125, in origine pavimentato a mosaico in tessere bianche, come
risulta da poche tessere ancora in situ e dalle numerose rinvenute isolate.
Lungo il muro settentrionale si trova un’ampia soglia, in mosaico bianco con fascia a tessere nere,
che immetteva nel cortile N; più a est, una seconda soglia consentiva l’accesso al vano 79.
Al centro dell’ambiente 70 si trova un pozzetto,
che conserva ancora il gradino di alloggiamento
della lastra di chiusura descritta da Orti Manara.
Il pozzetto comunica con una canaletta, coperta
da lastre in pietra e dal piano pavimentale, avente
andamento nord, ricavata, come il pozzetto, dal
taglio della roccia.
Lungo la parete meridionale del vano 70 si aprivano gli accessi a cinque diversi ambienti: a ovest
ai vani 73 e 62, al centro al corridoio 75 e ad est
ai vani 76 e 88. Il primo ha pavimento in piccoli
ciottoli legati da malta molto consistente.
II corridoio 75, quasi totalmente asportato da una
trincea di epoca moderna, è largo m 1,40. Ha mo-
saico a tessere nere, con fascia laterale bianca e
crocette bianche con tessera centrale nera, motivo che ha numerosi confronti in Italia settentrionale dal I secolo a. C. al I secolo d. C..
Del vano 76 sono stati messi in luce i muri perimetrali sud, est e solo parte di quelli occidentali, distrutti per buona parte dalla già citata trincea moderna che ha asportato forse anche parte
del perimetrale nord, di cui non vi è traccia nella
parte conservata dell’ambiente dove il pavimento
prosegue senza soluzione di continuità con quello del vano 70, in corrispondenza del supposto
muro. Anche il vano 76 aveva pavimento a mosaico in tessere bianche.
Il vano 88, forse il triclinium , ha una superficie
di ca. mq 230, iI muro meridionale dell’ambiente coincide con quello di chiusura della villa sul
lato sud-est. I due ingressi all’ambiente sono posti simmetricamente sui lati est e ovest, dove il
vano si allarga. I muri conservavano ancora resti
della decorazione pittorica, con zoccolo di colore
nero, sottile fascia rosso brillante e parte superiore rosso scuro. II pavimento a mosaico è in picco-
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le tessere bianche a orditura obliqua all’ interno
e all’esterno della cornice, formata da quattro file
di tessere nere orizzontali, bordate da tre file di
tessere bianche ad ordito orizzontale.
II motivo molto semplice della pavimentazione
compare già a partire dal II secolo a.C., ma qui
le caratteristiche del tessellato fanno propendere
per una cronologia che va dal I secolo a.C. al I
secolo d.C., confermando ancora la già presunta
data di costruzione della villa.
Da questo settore della villa provengono altri mosaici riprodotti da Orti Manara, che però non indicò il vano di provenienza. Uno di questi è a rombi
alternati bianchi e neri, motivo geometrico diffuso
sino all’età augustea.
Il grande cortile N è situato sull’asse nord-sud
della villa. Un muro lo divideva dal peristilium del
cortile-viridarium C. Dalle descrizioni di Orti Manara non e chiaro se vi fosse una comunicazione
diretta fra i due spazi aperti o se, come ritiene
Tosi, vi fosse una parete con finestre che permetteva la visione del viridario proteggendo in parte il
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cortile interno ai vani residenziali.
In questo caso l’accesso al grande cortile-viridario sarebbe avvenuto non direttamente, ma tramite i corridoi situati a sud-est e sud-ovest del muro
divisorio.
In questo caso però la forte assialità data alla villa a livello progettuale verrebbe meno: è probabilmente più logico pensare ad un collegamento
diretto tra il cortile N ed il viridarium C.
Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
I settori Centrale e Settentrionale
Nella parte centrale della villa si trovava il già citato grande spazio aperto del viridarium (C), che
occupava un’ area di ca. mq 4000, pari a un quinto dell’ intera superficie dell’edificio.
Sia gli scavi ottocenteschi sia le successive indagini non hanno riscontrato la presenza di strutture
o piani pavimentali cosi da confermare la supposizione di un utilizzo a giardino dell’area, circondata sui quattro lati dei lati da un porticato (peristilium), ipotizzabile grazie alla presenza di muri di
fondazione che limitano intorno alla zona aperta
lo spazio del peristilio.
Le supposizioni fatte sull’arredo del cortile si basano sui ritrovamenti fatti a Pompei: vialetti e aiuole fiorite, arbusti e piante si alternavano a statue,
fontane e pergole.
All’estremità meridionale del viridarium, in corrispondenza del suo lato breve, coperta da un pavimento in mattoncini rettangolari disposti a spina
di pesce, si trova interrata una grande cisterna
(66) di dimensione m 42,60 x 2,40. Essa è ancora perfettamente conservata, con pavimento in
mattoncini rettangolari, volta a botte, rivestimento
interno è costituito da uno spesso strato di cocciopesto.
Alla cisterna confluivano le acque piovane raccolte dai tetti e incanalate in condutture di piombo,
come ha dimostrato il recente ritrovamento sul
lato sud-occidentale di parte di una fistula, unico
tratto di tubatura non asportato in passato. Lungo
il lato nord della pavimentazione a spina di pesce
sono invece visibili quattro canalette, utilizzate
probabilmente per la raccolta delle acque del settore settentrionale e centrale del viridario.
Un foro al centro della pavimentazione della cisterna lascia supporre la presenza di un pozzo
utilizzato per attingere l’acqua dalla cisterna.
L’ampia cisterna posta nel cortile e il suo probabile coinvolgimento nell’uso termale hanno convinto, erroneamente, il conte Orti Manara a ritenere che questo vasto e sontuoso edificio servir
dovesse piuttosto ad uso di terme, che di privata
abitazione.
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Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
I due lati Iunghi della villa erano caratterizzati, al
piano nobile, da due passeggiate affiancate, l’una
coperta (lato ovest vano 104b, lato est vano 101)
e l’altra scoperta (lato ovest vano 48d, lato est
vano 102b) dette ambulationes.
I loggiati oggi non sono più conservati, ma è comunque ipotizzabile la loro struttura: il loggiato e
la passeggiata scoperta orientali poggiavano le
fondazioni direttamente sul substrato roccioso ad
eccezione della parte più settentrionale, poggiata
su vani che fungevano da sostruzioni (vani 102a
e 140); quelli occidentali erano invece costruiti al
di sopra di un criptoportico a due navate (vano
104a) e da sostruzioni già chiamate in precedenza botteghe (vani dal 28 al 48c e vano 141).
La pavimentazione delle terrazze era probabilmente in mattoncini a spina di pesce, come testimoniano alcuni resti ritrovati nei vani di sostruzione occidentali.
Il criptoportico a doppia navata è forse una delle realizzazioni di maggiore grandiosità dell’in-
tero complesso: la soluzione adottata permette
di superare il dislivello della roccia, di realizzare
un piano uniforme per la costruzione del loggiato
superiore e contemporaneamente di ottenere un
vasto spazio coperto.
II criptoportico, posizionato al livello intermedio
della villa, è lungo 158,80 metri ed è costituito da
due navate parallele di larghezza 4,50 m, separate da archi su pilastri. E’ realizzato nella sua parte centrale alla quota naturale del terreno, nella
parte meridionale mediante il taglio della roccia e
nella parte settentrionale su sostruzioni. In questa parte prendeva luce attraverso strette finestre
che si aprivano sulle sostruzioni occidentali della
villa (botteghe, vani dal 28 al 48c), mentre doveva
rimanere in penombra la parte meridionale, scavata nella roccia.
Il criptoportico era coperto da una doppia volta a
botte appoggiata su arcate e pilastri che segnavano l’asse longitudinale del lungo vano.
I pilastri (sono 64) presentano una forma a croce
e una certa discontinuità materica: alcuni erano
in calcare bianco, altri in calcare tenero giallastro,
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Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
altri ancora in laterizio. Questa diversità potrebbe avere differenti motivazioni: laprima, di tipo
economica, consiste nel parziale riuso delle colonne della villa precedente, la seconda è di tipo
statico, per cui nel settore settentrionale, dove il
criptoportico poggia su sostruzioni, è stata preferita una pietra più leggera ma comunque adatta a
reggere il peso del porticato superiore.
I frammenti delle volte, in conglomerato di blocchi di calcare spugnoso e leggero, presentano i
segni delle centine, così anche in altri vani di sostruzione come la grotta del cavallo (vano 142).
Non vi è alcuna traccia dell’intonaco, sicuramente
utilizzato per nascondere le diversità materiche;
probabilmente dotato di pitture che assecondavano le funzioni di passaggio, alternato a momenti
di sosta e meditazione (exhedrae laterali).
Il problema dell’umidità, tipico dei criptoportici, è
stato risolto mediante la fusione di due diverse
soluzioni: il primo è il rivestimento in cocciopesto
sul lato orientale (ovvero quello a contatto con la
roccia), il secondo è la creazione di un lungo e
stretto corridoio, che formava una vera e propria
intercapedine di areazione, posto tra la parete
rocciosa e la muratura.
Sul lato orientale si aprivano tre esedre, due semicircolari e una quadrangolare al centro.
La soluzione architettonica adottata per il criptoportico (doppia volta su arcate) è solitamente
usata nell’architettura civile più che in quella residenziale, dove sono documentati con maggiore
frequenza esempi più semplici, ad una sola navata.
Il criptoportico è in comunicazione con il lungo
corridoio (vano 139), che percorre con direzione
est-ovest la parte settentrionale della villa, e costituisce il percorso principale nel piano intermedio. Dal lungo corridoio, attraverso due rampe parallele (vani 3 e 6), si accedeva al livello inferiore
dell’avancorpo nord.
Sul lato meridionale del lungo corridoio si aprivano diversi ambienti, con coperture a volte e intonaco parietale dipinto, oggi visti come cubicoli e
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come vani destinati agli ospiti; sui lati est e ovest
sono posizionate due stanze bel vedere o diaetae
(vani 140 e 141).
I porticati laterali del piano superiore, costruiti
su sostruzioni, proseguivano verso l’avancorpo
nord, dove probabilmente si trovava una grande
terrazza panoramica affacciata sul lago.
Questa spazio era sorretto da una vasta aula,
detta Aula dei Giganti e suddivisa nei vani D e
D1.
La terrazza/belvedere era forse coperta da un velario, come è stato ipotizzato mediante la comparazione di elementi lapidei, tipici degli anfiteatri,
che avevano la funzione di reggere i pali di sostegno dei velari.
Il pavimento del belvedere, così come quello dei
porticati, era in mattoncini rettangolari disposti a
spina di pesce.
La villa era organizzata secondo percorsi rettilinei, i cui assi principali in senso nord-sud erano le
ambulationes coperte e scoperte che si incrocia-
44
vano a nord nel secondo livello con il lungo corridoio (che comunicava con il doppio criptoportico)
e nel livello superiore con il lungo vano che permetteva l’accesso alla grande terrazza nord.
Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
Il settore Termale
La zona occidentale del quartiere meridionale della villa è occupata da numerosi ambienti dedicati
al vasto complesso termale, esteso su un’area di
circa 800mq.
Lo scavo recente dei vani 69 e 84 ha modificato
sensibilmente la vecchia planimetria data dall’Orti
Manara e ha consentito di riconoscere la pertinenza di questi ambienti al settore termale, ampliando notevolmente la superficie da esso interessata.
Il vano 69 era stato indagato indicato da Orti Manara come un cortile aperto, corrispondente planimetricamente con il cortile 70, situato sul lato
opposto, a est dei vani 62, 64 e 36. L’ambiente,
di dimensioni 8,80 x 10,40 metri, aveva pavimento musivo in tessere nere, testimoniato da pochi
lacerti conservati. Due sottili fasce in tessere
bianche riquadravano un’ampia vasca di forma
rettangolare di 6 x 6,70 metri, situata al centro
del vano.
Alla vasca si accedeva dai lati nord, ovest e sud
tramite un gradino originariamente rivestito di lastre in marmo o pietra. Sul lato orientale si trovava una grande nicchia semicircolare.
Al centro della vasca vi era una canaletta di scarico dell’acqua, con andamento nord-sud, che proseguiva al di sotto del gradino e del pavimento a
mosaico.
La descrizione di Orti Manara fornisce elementi
che integrano i dati di scavo, riferendosi a testimonianze che, ormai, non sono più documentate. Sul lato sud del vano era presente una cavità, formata di lastre di marmo, nel mezzo delle
quali c’era un piccolo anello, che elevarsi a 15
centimetri all’incirca dal suolo e doveva offrire un
getto d’acqua [...]. Si trattava evidentemente della conduttura da cui fuoriusciva l’acqua destinata
alla vasca, proveniente a sua volta dalla cisterna
(vano 50). Il vano 84, già messo in luce da Orti
Manara, che lo riteneva destinato ad uso di Larario, è stato nuovamente analizzato da Degrassi,
che lo collega correttamente al settore termale,
senza però purtroppo darne documentazione;
45
46
Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
il vano è di forma circolare, con quattro nicchie
semicircolari, al centro è conservata una piccola
vasca di forma quadrata e rivestita in origine di
lastre in marmo o pietra, successivamente asportate e ora mancanti. Dell’originario pavimento si
conservano solo alcuni tratti del preparato in cocciopesto. Il canale di scarico della vasca si trovava sul lato nord, al di sotto del piano pavimentale.
A ovest di questi vani vi sono gli ambienti 94, 95,
96: sono edificati al di sopra del criptoportico degli
stucchi, che funge da sostruzione per i 31 metri
di lunghezza verso nord. Il nome deriva dal ritrovamento di numerosi affreschi rinvenuti nell’ambiente, probabilmente precipitati all’interno del
vano dagli ambienti al piano superiore, una vano
in particolare è il 94. Il vano 95, che conserva resti dell’abside sul lato nord e dove forse era collocata una vasca o un labrum, aveva negli angoli
sud-est e sud-ovest due vasche rettangolari in
laterizi: una di queste presentava ancora scarse
tracce del cocciopesto che in origine le rivestiva.
Al momento dello scavo vennero rinvenuti
nell’area tubuli fittili, facendo quindi supporre che
la copertura dell’ambiente potesse essere voltata. Da questo ambiente proviene un mosaico in
tessere bianche con motivo a sinusoidi intrecciate
in tessere nere.
Il campo decorato, limitato da una doppia fascia
in tessere nere, occupava probabilmente la parte centrale dell’ambiente; la cornice è formata da
una fascia di tessere nere che racchiudono un
motivo a triangoli.
Il vano più imponente e di più difficile interpretazione del settore termale è la cosiddetta Piscina.
Di forma rettangolare (m 18,30 x 8,10), è circondata da una intercapedine, in comunicazione
attraverso dodici passaggi a fornice con il vano
stesso.
Il muro interno dell’ambiente, di m 1,75 di spessore, è in conglomerato cementizio rivestito da laterizi disposti su filari regolari; ha un’ampia risega
al di sopra dei fornici e a m 1,10 da essa vi sono
tre gradoni che portano al livello del piano nobile dell’edificio. Il perimetro orientale del vano si
47
conservò fino a metà Ottocento (l’Orti Manara ne
fece un’illustrazione).
L’ipotesi più accreditata è che il piano pavimentale fosse all’altezza della risega, mentre nel sottostante ipocausto circolava l’aria calda immessa attraverso i fornici dall’intercapedine, posta
in comunicazione con il praefurnium. Anche altri
ambienti facevano parte del settore termale: due
grandi cisterne (vani 91a e 91b), i vani 96, 87,
86, 69a e b, 92a e b e i due vani sottostanti a
questi ultimi anche se purtroppo la scarsità dei
dati recuperati negli scavi passati rende difficile
l’interpretazione delle diverse funzioni.
Si potrebbero interpretare come tepidarium e
caldarium rispettivamente i vani 90 e 95, poiché
sono gli unici in cui sono stati usati esclusivamente laterizi e per i quali è ipotizzabile un utilizzo
del sistema di riscaldamento con aria calda sia
per la possibile presenza di un ipocausto che per
il ritrovamento di tubuli fittili; come frigidarium il
vano 69.
Una serie di elementi fanno pensare che il settore
48
termale, come già aveva ipotizzato Degrassi, sia
stato ricavato in questa parte dell’edificio in una
fase successiva a quella della costruzione della
grande villa: le cisterne 91 a e b, la cui tecnica
edilizia differisce da quella delle altre cisterne 50 e
66, obliterano due finestre presenti nei vani 92a e
b; la cisterna 91b chiude un’apertura comunicante in precedenza con il criptoportico degli stucchi,
il pavimento del vano 94 copre una precedente
muratura, avente andamento est-ovest, riferibile
con sicurezza ad un momento precedente. Anche
un muro con andamento nord-sud rinvenuto al di
sotto della fondazione della nicchia del vano 69
potrebbe essere riferito alla costruzione in una
fase anteriore della costruzione.
Ma anche un altro importante elemento induce a
ritenere il settore termale costruito in un momento successivo all’edificazione della grande villa: Il
motivo del mosaico a sinusoidi di pelte, attribuibile con certezza al vano 95, non compare prima
dell’ultimo quarto del I secolo d.C. ed è ampiamente diffuso nel II secolo, ben un secolo dopo la
presunta costruzione della villa. Anche la cornice
Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
dello stesso tappeto musivo con triangoli a dente
si trova in Italia centrosettentrionale in data non
anteriore alla fine del I secolo ed è motivo tipico
del II secolo d.C.; può pertanto essere immaginata un’edificazione del settore termale, o almeno di
alcuni dei suoi vani, in un periodo successivo alla
costruzione generale della grande villa.
Un’ulteriore conferma è data dalla presenza, tra
i materiali dei vecchi scavi, di un elemento in laterizio bollato come L.AR.TER, ovvero un’officina
attiva durante il II secolo d.C..
L’Abbandono e il cambio di destinazione
Le indagini effettuate nel corso degli ultimi anni
nel settore meridionale e settentrionale della villa romana hanno permesso di acquisire elementi
utili per precisare la cronologia iniziale dell’edificio e per definirne con maggiore esattezza le caratteristiche planimetriche.
Alcuni dati significativi per la datazione si possono ricavare dai frammenti fittili rinvenuti nei saggi
eseguiti al di sotto dei piani pavimentali dei vani
73, 88 e 111.
In tutti e tre i casi gli strati in cui si sono ritrovati
materiali archeologici erano sigillati da pavimenti
sicuramente in fase con le murature della villa.
I ritrovamenti sono per lo più ceramiche a vernice nera, bicchieri, coppe e lucerne: tutti questi
elementi sono riconducibili all’età augustea ed
utilizzati fino all’inizio del I secolo d.C. L’omogeneità dei materiali ha quindi spinto gli studiosi a
indicare l’arco cronologico che intercorre tra i due
strati archeologici.
Anche le caratteristiche tecniche e tipologiche
49
dell’edificio, gli elementi decorativi (per lo più i pochi frammenti dei pavimenti musivi), i frammenti
di intonaco parietale e quelli di decorazione architettonica sembrano portare alla datazione precedentemente data.
La grande villa rappresenta, nell’ambito dell’architettura residenziale dell’Italia settentrionale, un
unicum sia per le notevoli dimensioni che per le
soluzioni strutturali adottate.
Anche l’apparato architettonico e decorativo doveva essere, dati i frammenti di stucchi e decorazioni, di notevole qualità; l’apparato scultoreo,
sicuramente presente in un edificio di tale importanza, è andato invece quasi totalmente perduto
ad eccezione della testa del Dioscuro precedentemente citata.
Anche la soluzione architettonica della villa a
blocco chiuso su sostruzioni e articolato attorno
al peristilio è riferibile al periodo di tempo che va
dal I secolo a.C. all’età tiberiana: troviamo riscontri con diverse ville dell’area laziale, come la villa
Di Quintilio Varo a Tivoli, la villa di Pompeo ad
50
Albano Laziale.
Ma la villa di Sirmione trova notevoli riscontri anche tra le villae maritimae, spesso sviluppate su
nuclei sparsi disposti su terrazze e collegati tra
loro: la villa sul Capo di Massa presso Sorrento
(età augusteo-tiberiana) ne è un esempio. Questi ed altri confronti concorrono a proporre per la
costruzione della grande villa di Sirmione una datazione di età augustea, con una modifica risalente al I-II secolo d.C. nell’ala meridionale, ovvero
l’aggiunta del settore termale, mentre non sono
rimaste prove di altri possibili rifacimenti nel resto
della villa a causa del pessimo stato di conservazione delle strutture del piano nobile.
Anche i recenti scavi, che hanno interessato in
modo abbastanza esteso il settore meridionale
del piano residenziale, sembrano far escludere
interventi che abbiano modificato l’assetto iniziale
della villa, soprattutto analizzando l’architettura:
le caratteristiche planimetriche di quanto è conservato documentano una rigorosa simmetria
nella disposizione dei vani propria del progetto
originario e ugualmente i resti pavimentali indivi-
Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
duati e gli intonaci dipinti rinvenuti sono attribuibili
nel loro complesso al momento della costruzione
dell’edificio. L’impressione generale è che, quindi, la precoce distruzione dell’edificio non abbia
dato spazio a trasformazioni successive.
Nelle vecchie analisi sono state trovate tracce di
almeno due incendi, che documentano momenti
di distruzione dell’edificio, senza però dare una
cronologia assoluta.
L’identificazione dei proprietari della villa non è
certa, in quanto non esistono elementi sufficienti per identificarli; alcuni recenti tentativi hanno
cercato di attribuire la villa prima alla famiglia dei
Valerii (famiglia di provenienza del poeta Catullo,
da cui prendono il nome le rovine della villa di
Sirmione) e più tardi a quella dei Nonii, anche se
non ci sono documentazioni o prove di ciò.
L’unica cosa certa sugli abitanti della villa è la loro
elevata posizione sociale ed economica, probabilmente con qualche importante legame nella
Roma Imperiale: nessuno poteva permettersi la
costruzione di un edificio tanto costoso quanto
maestoso senza legami forti ed importanti.
Lo scarso interro delle strutture antiche e i diversi
interventi di scavo già effettuati nella zona a partire dall’Ottocento hanno reso di difficile lettura le
fasi attraversate dall’edificio in età tardoromana.
Fra la metà del IV e gli inizi del V secolo è comunque testimoniato l’insediamento nell’area di una
vasta necropoli.
Molte tombe sono state portate alla luce durante i primi scavi e altre 18 sono state trovate in
scavi più recenti nel settore meridionale, più o
meno all’altezza dell’avancorpo meridionale. Le
sepolture, benché in diversi casi già disturbate da
precedenti interventi, hanno potuto fornire, attraverso gli elementi di corredo fortunosamente conservatisi, indicazioni utili per definire la cronologia
della distruzione di una parte dell’edificio, essendo le tombe chiaramente posteriori al crollo delle
strutture murarie.
Altri elementi utili per chiarire le fasi più tarde
dell’area sono venuti dallo scavo di uno dei vani
51
del lungo corridoio e, indirettamente, da ricerche
eseguite al di fuori dell’area della villa. Dai vecchi
scavi sono desumibili alcune notizie relative alla
più tarda frequentazione della zona che possono
essere richiamate per il loro interesse: tra gli inumati erano presenti diversi militari, alcuni individui
di sesso femminile e qualche bambino. Le sepolture sono scavate entro strati di crollo o su piani
pavimentati già molto degradati; in alcuni casi le
strutture tombali riutilizzano elementi murari della
villa.
Nel momento del suo utilizzo come necropoli la
villa doveva essere in disuso già da tempo, probabilmente parzialmente demolita e oggetto di
asportazioni dei materiali riutilizzabili in altri luoghi: nella villa di via Antiche Mura, per esempio,
è stato ritrovato un capitello a foglie d’acqua proviene con sicurezza dalle Grotte di Catullo, dove
si conservano diversi altri capitelli del tutto simili,
anche nelle dimensioni, appartenenti alla fase
di costruzione dell’edificio. Il capitello riutilizzato nella seconda grande villa di Sirmione forni-
52
sce quindi un dato estremamente significativo in
quanto la sua asportazione dalle Grotte di Catullo
deve essere avvenuta dopo il crollo e l’abbandono della villa.
Si può quindi ritenere che già nel III prima metà
del IV secolo la villa fosse in rovina e ormai oggetto di spoglio delle sue parti decorative. Probabilmente un evento traumatico del III secolo d.C.
fece crollare parte o anche tutta la villa, che non
venne più rimessa in funzione.
La situazione delle Grotte di Catullo appare però
anomala nell’ambito delle altre grandi ville gardesane. Gli altri due imponenti edifici situati nella
medesima zona, quello di Sirmione, via Antiche
Mura più sopra brevemente trattato e quello di
Desenzano via Borgoregio/via Crocifisso, hanno
avuto un momento di grande sviluppo, caratterizzato da ingenti opere di ristrutturazione e ampliamento fra il III e la metà del IV secolo. Entrambi
hanno poi avuto un’ulteriore fase di ristrutturazione, con adattamenti e modifiche anche di un
certo rilievo in un momento per ora genericamen-
Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
te databile fra gli ultimi decenni del IV e la prima
metà del V secolo. Il diverso destino delle Grotte
di Catullo rispetto a questi vicini edifici che proprio nel IV e V secolo sono stati contraddistinti
da momenti di grande splendore, appare inspiegabile se non viene giustificato dalla diversa destinazione che l’area della villa assume in età tardoromana.
L’ipotesi più accertata del decadimento della villa
è da ricercarsi quasi sicuramente nello scoppio di
un incendio di vaste proporzioni, documentato da
molti degli intonaci dipinti anneriti dal fuoco o ossidati dal forte calore, che ha provocato modifiche
nei colori originari.
Il conte Orti Manara, nel descrivere lo scavo del
vano 126, parla di traccie d’un grande incendio e
di indizi lagrimevoli d’una vandalica distruzione.
Anche secondo Degrassi, che ha eseguito ampi
scavi nella villa a partire dal 1941, l’edificio venne distrutto da due incendi individuabili grazie a
chiarissime tracce trovate nel corso delle sue indagini.
Per le circostanze con cui furono condotti i vec-
chi scavi, non vi è però alcun elemento certo per
definire cronologicamente questi eventi, ma diversi indizi concorrono a far ritenere che il crollo
dell’edificio sia avvenuto in una data piuttosto antica, forse ancora durante il III secolo d.C..
Geograficamente Sirmione si trovava in una posizione strategica: posto sulla via che collegava Milano e Verona, divenne importantissima nell’età
tardoromana perché a Verona si immetteva nella
via Postumia, strada che permetteva di raggiungere Aquileia e le provincie danubiane e illiriche.
Gli eserciti romani la percorrevano quindi per raggiungere le provincie poste sotto attacco; anche
gli Alemanni percorsero questa via durante le loro
incursioni nella pianura padana. Nel 268 Claudio
il Gotico fermò una di queste incursioni proprio
nel pressi del lago di Garda.
Si può quindi ipotizzare che il declino della grande villa, risalente proprio a questa età, venne giustificato con un cambio di destinazione: vennero
costruite imponenti mura di fortificazione attorno
53
alla penisola ed esse vennero collegate all’avancorpo settentrionale delle Grotte, rendendo i resti
parte integrante del sistema di fortificazioni.
Ritrovamenti sia di monete che di ceramica appartenenti al IV e al V secolo dimostrano che,
nonostante l’abbandono della funzione residenziale, l’area era effettivamente frequentata costantemente.
Gli stessi scavi nel settore centrale e meridionale della villa non forniscono alcuna informazione
al riguardo anche perché possono essere difficilmente identificati resti di abitazioni, costituiti
probabilmente solo da strutture modeste, in materiale deperibile, appoggiate a murature ancora
parzialmente conservate in alzato. È più probabile che eventuali insediamenti siano localizzabili nella parte settentrionale, dove la presenza di
murature del livello intermedio o del livello delle
sostruzioni, ancora ben conservate in elevato e
dotate di copertura, poteva permetterne l’utilizzo.
In effetti nell’unico scavo effettuato in anni recenti
in questa zona, nel vano 111, si è potuta documentare una frequentazione dell’area in età tar-
54
doromana/alto-medievale e ancora in età basso
medievale, con una soluzione di continuità relativa solo alle prime fasi di vita dell’edificio.
Benché la zona fosse già stata interessata da
scavi negli anni Quaranta si è verificato che era
ancora presente su tutta la superficie del vano sopra citato una stratificazione archeologica di circa
un metro di spessore sino alla roccia naturale. Al
di sopra di quest’ultima si sono distinti alcuni strati
da collegare alla fase di costruzione della villa,
sigillati da un pavimento in malta bianca molto ricca di calce, con piccoli ciottoli, in fase con i muri
dell’ambiente e con un breve tratto di intonaco
bianco, presente sul muro occidentale del vano e
legato alla pavimentazione stessa.
Il materiale molto abbondante rinvenuto al di sotto del pavimento data la costruzione del vano ad
età augustea, confermando i dati acquisiti da precedenti indagini in altri settori della villa. Ad età
tardoromana sono riferibili alcuni tagli e asportazioni del piano pavimentale originario, che hanno
messo in evidenza larga parte del sottofondo.
Allo stesso periodo è attribuibile anche un piccolo
Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
focolare, situato nell’angolo sud-ovest del vano,
dove alcuni frammenti laterizi disposti di piatto
circondano una chiazza con numerosissimi carboni. Entro questo piccolo focolare sono rinvenuti
alcun frammenti in ceramica. Il pavimento in malta con il relativo strato di preparazione, dove il pavimento era stato asportato, e il piccolo focolare
sono coperti quasi totalmente da uno strato entro
cui si sono rinvenuti numerosi frammenti fittili, databili ad un primo esame al VI, forse VII secolo.
Questo e gli strati sottostanti sino alla roccia naturale sono tagliati da una grande buca di forma
rettangolare, situata nella parte sud-est del vano.
Si tratta di una sepoltura, orientata est-ovest,
costruita con cura a ridosso dei muri sud e est
del vano; la parete nord è quasi verticale, quella
ovest è arrotondata nell’angolo sud-ovest e leggermente inclinata verso il fondo piatto.
La tomba dovette essere depredata e sconvolta
non molto tempo dopo la deposizione del defunto, di certo comunque in base ai dati di scavo in
un momento precedente il basso-medioevo. Il fatto che sia stata violata e il suo contenuto in parte
ributtato nella stessa fossa è provato dal fatto che
dalla parte superiore del riempimento della buca,
oltre a poche ossa umane, provengono un pettine
e un coltellino databili a VI-VII secolo, in ottimo
stato di conservazione.
Si può pertanto ritenere che la tomba sia stata
scavata entro i livelli di età romana poco dopo
l’utilizzo dell’ambiente in età tardoromana e depredata in un momento non molto successivo.
La fase tardoromana/alto-medievale sopra descritta è sigillata da uno strato che interessa tutto
il vano e costituisce un livellamento che precede
la sistemazione basso-medievale dell’ambiente.
Su di esso è costruito un focolare, di forma quadrangolare, collocato in posizione quasi centrale
rispetto ai perimetrali del vano. Al focolare si appoggiano due strati interpretabili come successivi
livelli d’uso del vano. La presenza in entrambi gli
strati di ceramica comune basso-medievale, tra
cui frammenti di pentola con ansa sopraelevata
dotata di foro passante, indica l’uso del vano e del
relativo focolare in tale periodo.
Contemporanee alla prima fase d’uso del foco-
55
lare sono alcune buche, una a ridosso del muro
occidentale, di forma semicircolare con pareti
verticali e fondo irregolare, una piccola buca per
palo nell’angolo sud- ovest, un più grande taglio
circolare di forma regolare, affiancata a una buca
oblunga nell’angolo sud-est.
Lo scavo, oltre ad aver fornito per la prima volta
nell’area della villa una completa sequenza stratigrafica per le fasi più tarde, ha dimostrato una
frequentazione prolungatasi a lungo nel tempo
del settore settentrionale dell’edificio e in particolare l’uso ininterrotto di uno dei vani del livello
intermedio che non aveva subito distruzioni, diversamente dal piano residenziale. È probabile
che una situazione simile si ripetesse negli altri
ambienti del lungo corridoio e in tutti quei vani
della parte nord dell’edificio non collassati.
Unendo quindi i dati ricavati dalle sepolture e
dall’evoluzione storica dell’area gli storici sono
indotti a pensare che la villa venne usata come
caposaldo militare, collegato al sistema difensivo
della penisola di Sirmione. La particolare posizio-
56
ne topografica della villa può essere stata determinante per questo suo utilizzo.
Il luogo che al momento della sua costruzione
aveva rappresentato la migliore scelta dal punto
di vista panoramico, divenne una posizione privilegiata e strategica per il controllo della parte
meridionale del lago.
Successivamente, nel corso del VI e del VII secolo, sono state ritrovate tracce di frequentazione
sporadica dell’area ed alcune poche tombe databili in quell’epoca; l’abitato quindi si spostò più a
sud, nella zona in cui attualmente risiede il centro
storico.
Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
Problemi di datazione
[...] nell’edificazione rinvengosi ben di sovente
impiegati materiali di un’età più remota [...] Forse
questi materiali avrebbero potuto appartenere ad
un preesistente edifizio: ad una casa di Catullo?
Giovanni Girolamo Orti Manara, 1857
Le Sostruzioni
Nel 1945, nell’ambiente denominato 7a ad est
dell’Aula dei Giganti (vano D), venne alla luce un
gruppo di quattro tombe; il ritrovamento è interessante perché testimonia fasi distinte della necropoli posta a sud dell’edificio.
Per comprenderne la sequenza, va ricordato che
in punti diversi del piano delle sostruzioni (ad
esempio presso l’Aula dei Giganti ed anche nella
Grotta del Cavallo) si rilevarono consistenti tracce di incendio, probabilmente due.
La tomba più antica, a cassa rettangolare in lastre di pietra locale (con pareti monolitiche, fondo
e copertura in più frammenti), con orientamen-
to est-ovest, era anteriore allo strato relativo al
secondo incendio e non più visibile, secondo gli
scavatori, al momento della costruzione delle altre tre tombe. La tomba aveva una lunghezza di
circa 1,50 metri e conteneva uno scheletro ritenuto di adulto, sprovvisto di corredo. Altre tombe, di
forma trapezoidale, caratterizzate da copertura in
materiale misto (pietre, scaglie, frammenti di laterizi romani) disposto a casaccio, erano quindi
posizionate all’altezza del secondo strato d’incendio; tutte erano prive di corredo.
Questo gruppo di sepolture consente di affermare
che la necropoli si impostò nella villa dopo il primo
incendio (e il conseguente abbandono dell’edificio) e che dovette continuare a lungo. Nel 1959,
presso il Grande Pilone, sulla soglia fra l’ambiente
141 e quello contiguo a sud, si scavò una tomba
costituita dalle solite quattro pietre, simili a quelle
trovate negli scavi del doppio criptoportico; si tratta probabilmente di una struttura a cassa formata da quattro lastre, ma l’appunto è importante in
quanto unica notizia descrittiva sulle tombe scavate nel 1954-55.
57
Inoltre nel 1956, nell’ambiente 136a, venne in
luce un’armilla in bronzo a teste di serpe, per la
quale si propone indicativamente una cronologia
compresa tra la seconda metà IV e l’inizio del V
secolo, probabilmente proveniente da una delle
tombe.
Il piano intermedio
I ritrovamenti, a questo livello, sono concentrati soprattutto nell’area del doppio criptoportico
(vano 104a) e negli ambienti a oriente di esso
(vano 107 e adiacenti); gli scavi sono stati compiuti fra il 1950-52 e il 1954-55.
Dai documenti dei primi scavi, relativi all’area settentrionale del doppio criptoportico, si deduce che
le tombe si impostarono sopra gli strati formatisi
dal crollo degli ambienti del piano superiore, delle
volte e dei pilastri del criptoportico stesso.
Ad essi si aggiunge, talvolta dello spessore di 30
cm, uno strato formato di resti di incendio, generalmente superiore a quelle delle tombe.
Vennero scavate almeno 8 sepolture, di cui 2 pro-
58
babilmente infantili; si trattava perlopiù di casse
in lastre di arenaria locale, ma anche di una probabile struttura in laterizi e di una fossa terragna;
erano senza corredo, ad eccezione della presunta tomba in laterizi cui sembra appartenere una
bella Zwiebelknoffibel in bronzo dorato.
Nel 1954-1955, nel tratto meridionale del doppio
criptoportico, si rinvennero undici sepolture di cui
due con armille in bronzo a teste di serpe: da una
tomba ritrovata nel 1955, sei di esse sono situabili
nella seconda metà del IV o agli inizi del V secolo;
da una tomba aperta nel 1954, tre elementi di corredo probabilmente di poco posteriori.
Di due sole tombe resta documentazione fotografica, apparentemente fosse in nuda terra. Secondo l’unica notizia casualmente rimasta su questo gruppo di tombe, esse erano caratterizzate
da “quattro pietre”: forse si intendono qui casse
rettangolari costituite da quattro grandi lastre di
pietra locale. L’indicazione farebbe pensare ad un
gruppo di tombe piuttosto omogeneo, per il quale i bracciali rinvenuti forniscono una cronologia
indicativa. Altre tre armille, oggi disperse, si rin-
Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
vennero nel 1959 nell’ambiente denominato 114.
Infine, la presenza di ossa, in parte certamente
umane, nei vani circostanti l’Aula a tre pilastri
(vano 126) indica un’estensione della necropoli
anche nella parte nord-est della villa.
Il Piano Nobile
Nel 1847-1848, il conte Orti Manara scavò parte
della necropoli impostatasi nella zona meridionale del piano nobile della villa (l’area dell’atrio
E e vani adiacenti), già precedentemente datata
ad un periodo successivo al crollo delle strutture
murarie della grande villa romana, e quindi alla
fine dell’uso residenziale di questo settore della
costruzione.
Indizio di un’ampia estensione della necropoli a
questo livello è un ritrovamento del 1957 nell’ambiente 99, dove vennero in luce resti di due corpi
umani e diversi tegoloni, probabili tracce di una o
più sepolture in laterizi.
Nel volume edito nel 1856, Orti Manara non descrive nei dettagli le sepolture, ma fornisce co-
munque alcuni dati utilmente integrabili a quelli
emersi dagli scavi più recenti: si trattava per la
maggior parte di tombe formate da tegole ed embrici , e in un solo caso da tegulae mammatae;
molte avevano un vero e proprio corredo, costituito da recipienti in ceramica e vetro (purtroppo non
illustrati), e molti oggetti di ornamento personale,
soprattutto armille in bronzo con capi aperti decorati da teste di serpe (in numero che variava da 1
a 4 per tomba) e in un caso due pendenti a goccia
di metallo riposti in un vaso. Da quanto affermato
dallo storico veronese, non è chiaro se tutte le
sepolture allora rinvenute oppure solo quelle con
armille contenessero cadaveri di fanciulli.
I reperti furono in parte dispersi, in parte vennero
ceduti a collezionisti. Orti Manara dovette provvedere, alla fine degli scavi, al reinterro dell’area.
Nell’area a sud e a sud-est della cisterna (vano
50), nel gennaio 1956, vennero scoperte due
tombe di cui purtroppo non sono giunte descrizioni, contenenti complessivamente sette armille in
bronzo a teste di serpe e una fibbia di cintura. La
fibbia ovale con un restringimento al centro, rap-
59
presenta la versione in ferro delle fibbie bronzee
definite reniformi e di solito unite ad una placca
quadrangolare, attestate in varie zone dell’Impero nella seconda metà del IV sec. e agli inizi del
V secolo. Altre tombe vennero trovate nel 1959 e
nel 1965 nei scavi fatti in quest’area.
Recenti campagne di scavo hanno portato alla
luce rinvenimenti funerari negli ambienti 69, 62,
63, 70 e 73 del piano nobile, a nord del cortile.
Sono venute alla luce complessivamente 18 tombe e resti di 25 individui, sui quali sono state eseguite analisi osteologiche, che hanno consentito
la definizione del sesso e dell’età per buona parte
della popolazione presente. Frammenti di ossa
riferibili a 5 individui sono stati rinvenuti al di fuori
di strutture tombali, sparsi sul sito; inoltre i pochi
resti ossei di adulto trovati nella tomba numero
2043 sono da ritenere estranee alla sepoltura.
Sono presenti, oltre a 6 adulti di sesso non determinato, 9 maschi, di età compresa fra i 20 e i 55
anni circa; solo due femmine di età molto distante
tra loro(20-23 anni la prima, la seconda sicura-
60
mente anziana); 8 bambini di età compresa tra i
4 e i 10 anni.
Le sepolture sono, come già detto, successive al
crollo dei muri della villa e in alcuni casi sfruttano
i resti dell’edificio per costruire la tomba. Le strutture e gli scheletri appaiono in genere in mediocre
o pessimo stato di conservazione, probabilmente a causa dello scarso interro, per il successivo
sfruttamento dell’area per l’olivicultura e per gli
interventi di scavo che si sono succeduti in rapida
sequenza.
Tutti gli individui erano deposti in posizione supina e, quando è possibile definire la posizione
delle braccia, queste sono stese lungo i fianchi
oppure incrociate all’inguine.
L’orientamento suddivide le tombe in tre gruppi
distinti. Il più numeroso è composto da 12 sepolture, si distribuisce su tutta l’area scavata ed
ha disposizione est-ovest. Dal punto di vista tipologico, prevalgono in questo gruppo di tombe
le casse con pareti formate da più sfaldature di
pietra locale poste di taglio, ma sono presenti anche le fosse semplici e una cappuccina formata
Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
da tegulaemammatae. Alla datazione di questo
primo gruppo concorrono gli oggetti rinvenuti in
due sepolture, riferibili più che a corredi all’abbigliamento caratterizzante lo status sociale dei
defunti. Per esempio un ritrovamento ha portato
alla luce un giovane deposto con un coltello di
ferro presso la spalla sinistra, di un tipo comune
a partire dalla prima età imperiale fino all’epoca
tardoantica, e una fibbia da cintura in ferro semicircolare, considerata in ambito transalpino tipica dell’abbigliamento maschile della prima metà
e dei decenni attorno alla metà del IV sec. d.C.:
l’insieme potrebbe indicarci l’appartenenza del
ragazzo alla sfera militare.
Un secondo gruppo, di tre sepolture concentrate
nell’ambiente 69, presenta un orientamento leggermente diverso, nordovest-sudest con testa
rivolta a nordovest, ed è tipologicamente vario
(fossa in nuda terra, cassa di laterizi, cappuccina
di laterizi e sfaldature di pietra locale). Le tombe
sono generalmente prive di corredo e quindi non
databili ma probabilmente non si discostano di
molto da quelle del primo gruppo.
Tornando alla necropoli di Sirmione, si può affermare, sulla base di quanto esposto, che essa si
insediò probabilmente intorno alla metà del IV
secolo nell’area della villa crollata da tempo, continuando ad espandersi almeno fino agli inizi del
V e proseguendo poi con presenze sempre più
sporadiche almeno fino alla prima metà del VII
secolo.
Nel medesimo periodo alcune zone dell’edificio, in
particolare del piano intermedio e delle sostruzioni, erano ancora frequentate e in parte destinate
ad uso abitativo, come attestano alcune indagini
effettuate nel 1994 e altre indicazioni ricavabili
dai vecchi scavi; se ne deduce una stretta vicinanza, se non una commistione, fra l’abitato e la
necropoli, utilizzata sia da coloro che risiedevano
nell’area della villa, sia da altri residenti nell’area
più a sud.
Come si è visto, gli oggetti della necropoli riferibili all’abbigliamento militare sono pochi e scaglionati, dovremmo quindi pensare ad un gruppo
di popolazione civile con sporadiche presenze di
soldati; le testimonianze funerarie militari assu-
61
mono però maggiore rilievo se vengono collegate
ad altri dati. Ricordiamo innanzitutto le cuspidi di
freccia venute in luce dagli scavi del doppio criptoportico (vano 104a): i contesti, su cui restano
pochissime informazioni, non sono descritti come
funerari, ma la scoperta successivamente avvenuta in località Bionde (a sud della villa) di una
tomba con una punta di freccia deposta a fianco
dello scheletro suscita il dubbio che anche qualcuno degli esemplari rinvenuti nell’area della villa provenisse da sepolture sconvolte. Le cinque
cuspidi rimaste sono di tipi differenti, con riscontri
altrettanto differenti a livello temporale: alcune si
datano fra IV-V e inizi del VI secolo; altre sono
riferibili al tipo bizantino, con confronti in epoca
tardoantica e altomedievale; altre ancora rappresentano forme diverse in uso fra il XIV e il XVI
secolo, e si ricollegano forse alle presenze militari
nel territorio sirmionese in epoca basso-medievale/rinascimentale.
Punte di freccia sarebbero state rinvenute anche
in altri siti della penisola.
Per quanto vaghe, queste indicazioni sono signi-
62
ficative, visto che la presenza di frecce è spesso
un elemento caratterizzante degli insediamenti
fortificati tardoantichi.
Elisabetta Roffia ha proposto l’esistenza di un
sistema fortificato coinvolgente più siti, almeno
della zona meridionale del lago; l’ipotesi trova ulteriori fondamenti, oltre che nei dati di Manerba,
nelle notizie storiche sull’importanza strategica
dell’area benacense nel medesimo periodo, relative in particolare al ripristino in epoca costantiniana del tratto stradale Brixia-Verona, dopo le lotte
con Massenzio in parte svoltesi nel Veronese, e
all’interesse di Magnenzio e Decenzio per l’area.
Per illuminare la situazione di Sirmione nel periodo finale del IV secolo, è di notevole interesse un
anomalo ripostiglio rinvenuto nel 1952 nella villa,
nell’ambiente 103a, costituito da 110 monete e da
altri oggetti in bronzo e alcuni reperti di epoca anche molto anteriore, che sembrano indicare una
raccolta effettuata sul sito allo scopo di tesaurizzare del metallo.
Accettando la chiusura del complesso alla fine
del IV secolo o al massimo agli inizi V secolo,
Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
si è portati a istituire un collegamento con ritrovamenti analoghi della Lombardia e del Veneto,
interpretati come occultamenti probabilmente
effettuati da militari in coincidenza con la calata dei Goti di Alarico, che subirono una pesante
sconfitta da parte delle truppe stiliconiane proprio
nel Veronese (attorno al 403 d.C.). Sembra quindi lecito ipotizzare, per gli inizi del V secolo, la
collocazione a Sirmione di un comando militare
di rilievo a rafforzare una presenza già esistente
in funzione dell’organizzazione della lotta contro i
Goti; l’ipotesi di una datazione all’inizio del V secolo e non oltre di questo atto strategico è basata anche sul fatto che, dopo il trasferimento della
capitale dell’impero ad Aquileia (402 d.C.), l’importanza del tratto stradale Brixia-Verona diminuì
sicuramente. Come ulteriore conferma dell’istituzione di un controllo militare su questa zona in
età tardoantica va letta la citazione, in un documento dell’846 d.C. di un praetorianum in finibus
Sermonese, identificato già nel Settecento con la
mansio posta alla base della penisola.
La necropoli nell’area della villa Grotte di Catullo
sembra subire un’involuzione nel corso del V secolo, pur mostrando un utilizzo almeno fino ad età
longobarda.
Per il VI-VII secolo, oltre alla tomba rinvenuta nel
1994 nell’ambiente 111, presenze probabilmente
ancora funerarie sono indiziate da alcuni oggetti
rinvenuti nella zona settentrionale del doppio criptoportico nel 1952.
Nella villa Grotte sono stati inoltre rinvenuti alcuni
oggetti in ferro ben diffusi in Friuli in un epoca tra
il VI e il VII secolo e qui considerato tipico della
popolazione autoctona.
Gli oggetti in ferro consentono di ampliare fino alla
punta della penisola l’estensione delle necropoli
altomedievali, da porre in rapporto con i rinvenimenti di via Piana e della località Bionde, databili
genericamente al VVII secolo piuttosto che all’età
longobarda, e con il nucleo certamente longobardo costituito da tombe di prestigio, scoperto agli
inizi della via Catullo. Per l’epoca tardolongobarda e posteriore, l’area funeraria più importante
della penisola è quella relativa al monastero di S.
Salvatore, posteriore al 760 d.C. circa.
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Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
Le ville dell’Otium
Studio della tipologia per la ricostruzione della villa
Per lo studio e la maggior comprensione della
planimetria e della volumetria originali della villa delle Grotte di Catullo, oltre a studiare i testi
storici su essa, abbiamo analizzato e confrontato
altri edifici residenziali romani risalenti allo stesso
periodo storico di fondazione.
il lago e a quest’ultimo sono rivolti gli ambienti di
maggiore prestigio.
Si tratta di ville che hanno in comune il grande
lusso, le ampie dimensioni, la localizzazione in
posizioni di notevole rilievo paesaggistico, quali
promontori a picco sul lago come nel caso della
villa studiata, oppure al centro di larghe insenature come documentano gli esempi di Desenzano
del Garda e di Toscolano Maderno.
Nel caso di edifici costruiti in aree lacustri questi
sono solitamente sviluppati parallelamente alla
linea di costa: gli ambienti sono disposti seguendo l’andamento del terreno che scende verso il
lago e quindi con una parte posta naturalmente in
posizione leggermente più elevata, distribuita su
una o più terrazze degradanti. Il prospetto principale dell’edificio è quello che si affaccia verso
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Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
Villa Nonii Arrii di Toscolano Maderno
La villa dei Nonii Arrii di Toscolano Maderno si
inserisce per l’impianto generale, le dimensioni,
le caratteristiche architettoniche e decorative nel
gruppo delle ville lacustri esistenti sulle sponde
del Benacus.
L’ edificio si presentava in origine con loggiato
frontale sul lato orientale, quello rivolto verso il
lago e con avancorpi sui due lati nord e sud.
Il loggiato si apriva verso un ampio giardino dove
si trovava un grande bacino-fontana rettangolare
di 47 metri di lunghezza. La sua presenza appare
un elemento di prestigio per la villa e conferma
l’impianto architettonico grandioso dell’edificio,
che con le sue soluzioni architettoniche e il fronte
panoramicamente rivolto verso il lago, era in grado di comunicare con immediatezza la collocazione sociale del proprietario.
La villa, costruita nel I secolo d.C., subì interventi
e trasformazioni nei secoli successivi sino all’ini-
zio del V secolo d.C., conservando sino al momento della distruzione aspetti propri di un edificio di grande lusso.
Una fase di grande rilevanza architettonica è
quella databile fra la fine del I e la prima metà del
II secolo d.C. In questo periodo appartenne probabilmente a un esponente di una delle più importanti famiglie bresciane, Marco Nonio Macrino
divenuto console nel 154 d.C., di cui una iscrizione con dedica alla moglie Arria è stata rinvenuta
nel Seicento nell’area dell’edificio.
La villa risulta solo parzialmente scavata, ma comunque ben leggibile nella sua planimetria generale.
Attualmente è visibile soltanto il suo settore meridionale e comprende diversi vani, alcuni dei quali
conservano ancora ampi tratti di intonaco dipinto e pavimenti a mosaico con motivi geometrici,
in sole tessere bianche e nere o con uso limitato
anche di tessere colorate, simili ai mosaici che
troviamo nella villa di Sirmione.
A questi vani si accedeva da un lungo ambiente,
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Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
solo parzialmente scavato, che conserva ancora
parti dell’intonaco dipinto. Il vano presentava in
una sua prima fase due esedre lungo il lato settentrionale, successivamente tamponate.
Un’altra area parzialmente indagata negli ultimi
anni (1995-2000) ha messo in risalto una un secondo nucleo a settentrione, dove troviamo un
grande ambiente centrale, probabilmente un triclinium, affiancato da due altri vani absidati.
Casa del Fauno a Pompei
L’edificio di Toscolano, che trova confronti con
alcune delle più importanti ville d’otium presenti
lungo le coste marittime, richiama il modello di villa allungata con prospetto scenografico che risale
alla casa di Augusto sul Palatino e che prevarrà
soprattutto nelle ville delle province occidentali.
Una prima costruzione della casa risale al III secolo a.C., di dimensioni ridotte rispetto a quella
attuale e caratterizzata da una grande orto.
Nel II secolo a.C., intorno al 120 a.C., sfruttando
anche altre abitazioni vicine la casa fu totalmente
ricostruita ed ampliata. Una delle opere principali fu la costruzione di un secondo peristilium: la
scelta di avere una casa con ampi atri e peristili e
pochi ambienti servili e abitativi è da ricondursi al
fatto che il proprietario, un magistrato della famiglia dei Satrii, o dei Cassii, aveva la necessità di
ostentare la propria ricchezza ed il proprio potere.
Superato il vestibolo, pavimentato in opus secti-
La Casa del Fauno è una casa di epoca romana,
sepolta durante l’eruzione del Vesuvio del 79 e
ritrovata a seguito degli scavi archeologici dell’antica Pompei: si tratta di una delle abitazioni più
vaste della città e deve il suo nome ad una statua
in bronzo, raffigurante un satiro, posta nell’impluvium.
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le, con triangoli in marmo e pietra calcarea e nel
quale era probabilmente posto un piccolo tempietto realizzato con colonnecorinzie, si accede
all’atrio: di tipo tuscanico, al centro è posto l’impluvium e nella vasca fu ritrovato un satiro danzante, erroneamente interpretato come un fauno.
Intorno all’atrio si aprono diversi cubicoli e due
alae, oltre ad un tablinium, stanza di rappresentanza del proprietario.
Intorno ad un secondo atrio tetrastilo, con quattro
colonne, si aprono diversi ambienti di servizio, oltre che un accesso secondario alla casa.
La casa era inoltre dotata anche di un piccolo
quartiere termale con tepidarium e calidarium, il
primo realizzato in una casa privata di Pompei.
La casa dispone di due peristili, uno di minor dimensioni e uno più grande formato da un doppio
ordine di colonne, separati da un’esedra in cui ritroviamo mosaici di pregio e di grande valore storico; sono inoltre presenti stucchi e decorazioni in
primo stile, ovvero di tipo ellenistico.
Sul fondo del secondo peristilio, in posizione mar-
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ginale, si aprono alcune stanze riservate alla servitù.
Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
Villa dei Papiri a Ercolano
La Villa dei Papiri, conosciuta anche con il nome
di Villa dei Pisoni, è anch’essa una villa di epoca romana sepolta durante l’eruzione del Vesuvio
del 79 e ritrovata a seguito degli scavi archeologici dell’antica Ercolano: è così chiamata poiché
al suo interno conservava una biblioteca con oltre
milleottocento papiri.
La costruzione della Villa dei Papiri avvenne tra il
60 ed il 50 a.C. ed appartenne con molta probabilità a Lucio CalpurnioPisoneCesonino, suocero di
Gaio Giulio Cesare, nonché protettore del filosofo
Filodemo di Gadara, le cui opere erano conservate all’interno della dimora.
In seguito, nel 1631, un’ennesima eruzione coprì
la zona sotto uno spesso strato di lava.
Venne ritrovata, nel 1750, durante la costruzione
di un pozzo: le prime indagini partirono sotto la
direzione di Rocque de Alcubierre, presto affiancato da Karl Weber, cui si deve anche la pianta
datata al 20 luglio 1754 con l’indicazione dei rinvenimenti dei reperti scultorei.
Le indagini della villa ripresero nel 1980 quando
venne nuovamente localizzata seguendo anche
le antiche piante borboniche e dal 2002 fu messa
in opera un’azione di bonifica per tenere costantemente all’asciutto la parte esplorata: gli ambienti visibili si limitano all’atrio, alla basis villae ed alcune stanze di un livello inferiore.
Con il terremoto del 62 la Villa dei Papiri rimase
fortemente danneggiata e tale evento impose lavori di ristrutturazione e rifacimento delle decorazioni. Tuttavia, quando l’opera non era ancora
completata, l’area fu soggetta all’eruzione del Vesuvio del 79 e la villa sommersa da una colata di
fango.
La Villa dei Papiri ha molti punti in comune con la
villa di Sirmione, sia per la sua posizione strategica che per il suo sviluppo: anch’essa sorgeva a
strapiombo sul mare ed era costruita a terrazze disposte su una collinetta parallelamente alla linea
di costa, sviluppando su essa il fronte maggiore,
lungo oltre 250 metri, secondo un orientamento
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Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
dell’asse longitudinale in direzione Nord-Ovest/
Sud-Est. La villa si alza su tre livelli e nella sua
composizione sono riconoscibili quattro nuclei
quadrati: quelli meridionali, adibiti a servizi (alloggi, latrine e deposito dei papiri), mentre quelli settentrionali alla zona residenziale e ludica.
L’ingresso, che affacciava direttamente sul mare,
è preceduto da un portico con colonne e pavimentato con mosaico con tessere bianche e nere
simili a quelli ritrovati alle Grotte di Catullo; si accede quindi all’atrio che presenta un impluvium
contornato da statuette e sul quale si aprono diversi ambienti, pavimentati a mosaico e decorazioni parietali con affreschi in secondo stile, risalenti quindi al periodo di costruzione della villa.
Il peristilio, con affreschi in quarto stile, ha un
giardino contornato da un portico con sessantaquattro colonne ed al centro una piscina lunga
cento metri e larga trentasette.
Intorno al peristilio si aprono altri ambienti tra cui
la biblioteca ed il tablinium: nella prima furono
rinvenuti milleottocentoventisei rotoli di papiro
carbonizzati. Nel tablino, a forma di esedra, che
riproduceva l’ephebeum di un ginnasio greco, furono ritrovate altre opere scultoree sia in bronzo
che in marmo.
A chiusura della villa un lungo viale conduce ad
un belvedere di forma circolare con pavimento in
marmi policromi.
La villa inoltre era dotata di un impianto idrico a
servizio delle numerose vasche, fontane e bagni.
Anche in questo caso troviamo gli elementi tipici
delle grandi ville romane posizionate in punti strategici a dominare il territorio, oltre alla posizione
e alla stretta relazione con il luogo ritroviamo il
grande giardino centrale con il porticato e le terrazze belvedere da cui i proprietari della residenza potevano ammirare e dominare tutto il paesaggio circostante.
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Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
Villa di Pollio Felice a Sorrento
Altra villa marittima che richiama, per la collocazione e la conformazione a blocco chiuso, la villa
delle Grotte di Catullo è la villa di Pollio Felice
a Sorrento. Si tratta di una lussuriosa residenza
costruita nel I secolo d.C. all’epoca del Regno di
Claudio (41 - 54 d.C.). Intorno all’area di Sorrento
sono numerose le grandi abitazioni patrizie risalenti all’epoca dei romani, infatti la ricca nobiltà
del tempo volle costruire su queste coste la propria dimora attorniandosi di bellezze sublimi ed
uniche, motivo per cui anche la villa di Sirmione
trova posizione proprio in quel punto della penisola.
La Villa viene comunemente legata al nome di
Pollio Felice, illustre esponente di una nobile famiglia di Pozzuoli, in quanto il poeta Publio Papinio Stazio celebra l’incantevole dimora dello
stesso con due carmi delle sue Silvae descrivendone l’articolazione di tale complesso. Nei tempi
moderni è più nota come Bagni della Regina Giovanna in quanto si racconta che nel medioevo era
meta costante delle giornate di svago della regina
di Napoli Giovanna d’Angiò.
La villa, che un tempo occupava con le sue strutture tutta l’intera area della punta del capo, si
articolava in due aree principali. Si riconoscono
infatti, i quartieri adibiti ad abitazione, disposti in
alto sulla collina, e i quartieri a mare, dislocati intorno ad un approdo naturale che venne adattato
a porticciolo, la villa infatti era raggiungibile sia da
terra che da mare.
Un complesso di passaggi, anditi, scale e terrazze costituisce il collegamento tra la domus e la
villa a mare, passando sopra le due strette lingue
di terra che uniscono, girando attorno al bacino,
la Punta del Capo alla terra retrostante.
La parte abitativa oggi è ancora in parte sepolta sotto un vasto vigneto e dei vari ambienti si
possono scorgere solo fragili brandelli di muratura. Questa parte di villa si componeva di vari
fabbricati dislocati su terrazzamenti digradanti sul
mare, collegati dalle cisterne per l’approvvigionamento idrico.
Lasciata l’area della grande terrazza del quartiere
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della domus si costeggia un lungo muro di una
masseria e si giunge alla zona della grande cisterna costituita, in opus reticulatum, da cinque
grandiose camere attraversate trasversalmente
da muri portanti. La disposizione di questa struttura in questo punto dello scosceso aveva da un
lato la funzione di garantire alla villa il giusto approvvigionamento idrico e dall’altro costituiva un
piano di terrazzamento per gli ambienti superiori.
Si arriva quindi all’area del porticciolo: sembra
che sullo stesso scoglio vi fosse una struttura
provvista di ambienti di relax con degli ambienti
termali e di soggiorno. Una sorta di alcova intima
e appartata, ma collegata comunque alla villa.
Proseguendo verso l’estremità del promontorio si
sviluppava un vasto terrazzamento sul quale ergeva la casa a mare che occupava quasi tutto lo
spazio della penisola scogliosa; essa è costituita
da un unico impianto formato dalla struttura centrale alla quale si appoggiano corpi secondari con
terrazze, passaggi ed approdi.
Negli anni ’80, durante i lavori di consolidamento,
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è stato portato alla luce il piano più alto della parte
marittima dell’intero complesso; dalla campagna
di scavo è emerso che tale piano accoglieva vari
ambienti lussuosi disposti lungo uno splendido
giardino, racchiuso in quadriportico rettangolare:
la presenza di reperti di malta documenta una
pavimentazione in opus sectile e quindi la funzione rappresentativa di tali luoghi. Anche in questo caso, come per la villa di Sirmione, è quindi
possibile osservare come gli ambienti residenziali
nobiliari fossero disposti attorno ad un giardino e
ad un piano superiore rispetto ai locali di servizio.
Dal piano nobile della casa a mare si sviluppa il
giardino, con una serie di rampe e terrazze panoramiche sulle pendici settentrionali del promontorio, esso era chiuso a valle da una bellissima
esedra. Più verso il mare troviamo anche una cisterna a cinque concamerazioni intercomunicanti, la cui pianta ha la forma di un pentagono irregolare. Le pareti sono in opus reticulatum, mentre
gli archi delle porte sono in mattoni.
Della villa a mare restano numerose e interessanti tracce decorative della struttura, con ambienti
Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
stuccati a rilievo e affrescati, inoltre molte stanze
conservano ancora la copertura a botte e i pavimenti a mosaico. Grande rilievo era stato dato
all’apparato decorativo della villa ricca di marmi e
pietre preziose.
Il sistema architettonico dell’intero complesso
sembra sfruttare al massimo la bellezza del paesaggio con alcuni espedienti strutturali, muri divergenti, ampie finestre e numerose terrazze e
belvederi che pretendono la massima fruibilità del
panorama creando un perfetto connubio tra natura e abitazione. Tutto, struttura e decorazione,
era funzionale alla luxuria ed all’otium. Persino le
zone d’ombra, costituite da giardini pensili e pergolati che adombravano i percorsi assolati, riflettevano il desiderio di vivere bene come massima
espressione del lusso.
Villa romana di Minori
La villa romana a Minori fu edificata nei primi anni
del I sec. d.C. e rimase in vita fino al VII sec. d.C.,
essendo stata interessata da diversi restauri e rimaneggiamenti.
I più importanti restauri vennero attuati durante
il III secolo d.C., quando al triclinio-ninfeo furono aggiunti: banconi in muratura, un pavimento
a mosaico raffigurante un corteo marino e una
scena di caccia, inoltre si rinnovò la decorazione
pittorica.
Non si conosce il nome del proprietario ma possiamo dire che si trattava sicuramente di un ricco
patrizio romano che la costruì per soggiornare nel
periodo estivo circondato dalla bellezza del suggestivo paesaggio della costiera Amalfitana.
Seppellita da periodiche alluvioni, e soprattutto
nascosta dalle case che vennero edificate sopra
i suoi resti, la villa marittima è stata portata alla
luce e resa visitabile solo nel 1954 e i reperti ritrovati esposti nell’annesso Museo dell’Antiquarium
suddivisi per classi di appartenenza.
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Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
L’edificio si sviluppava su un’area di 2500 mq e
si articolava su due livelli, anche se risulta visibile solo quello inferiore, e rispecchia la struttura
tipica della villa marittima con le sale di rappresentanza collocate ad ovest del complesso e gli
ambienti termali ad est.
Al piano terra numerosi ambienti, tra i quali si segnala un grande salone con stucchi ed affreschi,
risultano organizzati intorno ad un ampio viridarium, un giardino cinto da un portico ad arcate
con al centro una natatio (piscina). Interessanti
sono, inoltre, il triclinium ed il quartiere termale,
composto dall’apodyterium (spogliatoio), dal tepidarium (sala per bagni tiepidi) e dal calidarium
(sala per bagni caldi).
Per di più vi erano gli ambienti di rappresentanza
e di servizio, l’accesso era direttamente sul mare.
Gli ambienti di rappresentanza sono costituiti da
due camere, coperte con volta a botte che si affacciavano sul peristilio e una terza con ingresso
in fondo al corridoio, coperta però con volta a vela
con struttura in conci di pietra calcarea ad anelli
concentrici su pianta rettangolare.
Questo tipo di volta fu adottata per mantenere il
suo piano di copertura alla stessa quota degli altri
date le dimensioni enormi della sala. Questo tipo
è una rarità poiché dall’antichità ci sono pervenuti
pochi esempi, tra cui spicca quello della Domus
Augustana sul Palatino (ca. 85 d.C.). In questi
ambienti è inoltre possibile ammirare resti di stucchi, mosaici e affreschi in III stile.
Ritroviamo quindi anche qui la disposizione a
blocco intorno al peristilio degli ambienti principali
della villa come nelle Grotte di Catullo, e come
in esse ritroviamo l’affaccio diretto sullo specchio
d’acqua dal giardino principale.
Unendo le informazioni reperite dall’studio dei testi storici, dall’analisi e confronto di casi studio di
altre ville romane riconducibili e assimilabili alle
Grotte di Catullo per periodo storico di fondazione o per area di sviluppo, nonché dall’analisi in
loco tramite diversi sopralluoghi, abbiamo potuto
farci un’idea della forma e delle volumetrie origi-
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narie della villa, riuscendo a ricostruire un nostro
modello virtuale, elemento che ci è stato utile per
capire il funzionamento dell’edificio e soprattutto
ai fini progettuali del nostro lavoro, capendo dove
e come era meglio intervenire e quali parti è bene
evidenziare in modo da facilitarne la lettura e la
comprensione del complesso ai visitatori dell’
area archeologica.
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Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
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Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
Sirmione oggi
Nascita dell’idea progettuale
Punti di forza di Sirmione
Sirmione è uno dei luoghi più incantevoli del lago
di Garda, da cui si gode lo splendido panorama
delle due rive, da sempre molto apprezzato e
oggi continua meta di turismo sia culturale che
di piacere.
La penisola di Sirmione unisce diversi aspetti positivi e di valore a partire dall’interesse culturale,
storico e artistico, punto nodale di passaggio, di
commercio e di comunicazione tra le principali
città del nord Italia nel corso dei secoli e delle diverse epoche storiche, ha visto la sosta e la permanenza di grandi figure del passato e ne conserva il ricordo attraverso le sue costruzioni, tra
le principali il castello scaligero e la villa romana
delle Grotte di Catullo.
La penisola ha anche aspetti d’interesse medico-curativo, sin dal Rinascimento era nota la
presenza di una fonte termale calda e solforosa,
la Bojola, che fuoriesce dal fondale a 250 metri
dalla riva nord-orientale. L’acqua termale trova
applicazione nella cura e prevenzione di diversi
disturbi, portando grandi benefici al corpo.
Questa attività ha portato lo sviluppo di edifici appositamente dedicati alle attività termali e di cura
per il corpo e con esse un gran numero di turisti
ad esse interessati.
Sirmione risulta un’importante meta turistica anche per la sua naturale bellezza paesaggistica,
che racchiude un susseguirsi di scorci incantevoli
tra le acquee e straordinari punti panoramici dai
quali è possibile l’osservazione di tutto il bacino
lacustre e delle catene montuose che circondano
il lago. Per questa sua bellezza paesaggistica Sirmione è anche chiamata la Perla del Lago.
Così come la città di Sirmione e in generale la
penisola anche l’area archeologica delle Grotte di
Catullo risulta essere estremamente suggestiva,
di grande impatto e fascino.
Le rovine gettano a picco sul lago godendo così
di una bellissima vista panoramica che rende il
sito archeologico affascinante. La penisola è sita
nel mezzo del lago di Garda e l’area archeologi-
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Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
ca posta all’estremità nord può essere notata da
grandi distanze anche dal lago, rendendola unica
non solo da una vista interna e ravvicina ma anche da un’osservazione più lontana.
Punti deboli di Sirmione
La nostra volontà di scegliere la penisola come
area di progetto, e non solo l’area delle Grotte
di Catullo come inizialmente avevamo pensato,
nasce dal fatto che accanto a tutti i punti di forza precedentemente elencati troviamo anche dei
punti deboli, situazioni che andrebbero migliorate
e potenziate al fine di favorire e agevolare un flusso di turisti sempre maggiore.
Uno di essi riguarda la strada pedonale, il sentiero delle Muse, che partendo dalla rocca scaligera
si sviluppa per tutto il versante Est del lungolago
fino alla base del promontorio sul quale sorge la
villa romana, e che muore tra le sterpaglie una
volta raggiunto il Lido delle Bionde li situato.
Il percorso di per se è molto bello e interessante
per il panorama e la natura che lo circonda, ma
ora come ora risulta quasi in uno stato di abbandono, poco frequentato e poco curato, senza contare che su di esso non troviamo nessun polo at-
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trattivo per i turisti, risulta poco visibile dal centro
del paese, portando quindi la maggior parte delle
persone a raggiungere il capo nord della penisola
attraverso la strada centrale.
Ulteriori punti che andrebbero migliorati riguardano propriamente il sito archeologico delle Grotte
di Catullo ed in particolar modo riguardano il percorso di visita dell’area e la scarsa riconoscibilità
della forma originaria della villa.
Per quanto riguarda il percorso di visita attualmente non ne esiste uno principale ma il visitatore
è lasciato libero di camminare tra le rovine della
villa spontaneamente, accompagnato saltuariamente da cartelli espositivi, con la possibilità di
una lettura casuale e poco ordinata della villa.
I percorsi esistenti inoltre escludono ogni possibilità di visita da parte di portatori di handicapin
quanto non sono previste rampe e i collegamenti
esistenti, realizzati tramite scale metalliche, risultano poco fruibili anche da chi ha più semplicemente delle stampelle o altri problemi motori.
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Andando ad analizzare la lettura della composizione della villa, non troviamo elementi, se non i
già citati pannelli esplicativi disposti lungo il percorso di visita, che ci forniscono un’idea della forma del complesso, rendendo però impossibile la
comprensione della magnificenza che aveva in
origine, soprattutto ad un visitatore poco esperto
di architetture romane.
Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
La villa oggi: le visite, il parco, il museo
Attualmente la villa delle Grotte è interessata da
un vasto parco archeologico visitabile, lo scavo e
la sistemazione dei resti della villa avvenuti durante gli anni, e tutt’ora in atto, hanno portato alla
luce le sostruzioni, i corridoi e le scale delle Grotte di Catullo, dando la possibilità ai visitatori di
passeggiare lungo gli antichi corridoi.
Nonostante il non perfetto stato di conservazione
dovuto alla lunga esposizione alle intemperie e ai
saccheggi perpetrati nei secoli, l’area archeologica ha mantenuto un forte fascino e un grande
impatto visivo.
A partire dal 1999 la visita all’area comincia da
un piccolo museo inserito vicino all’ingresso; qui
viene rapidamente raccontata la storia del lago di
Garda, delle popolazioni autoctone ivi stanziate,
di Sirmione e della stratificazione storica che si
è succeduta nei secoli all’interno della penisola.
Trovano quindi spazio oggetti recuperati dalle
palafitte sommerse lungo le coste della penisola,
che documentano la vita nell’area durante l’età
del bronzo; le testimonianze romane, provenienti anche dalla villa romana al centro del paese;
le testimonianze del periodo medioevale, ovvero
quando Sirmione, sfruttata per la sua posizione
strategica, gode di un periodo di grande splendore e ricchezza.
La parte romana si amplia con un ovvio approfondimento dedicato alle Grotte di Catullo: il plastico
della villa mostra l’attuale area archeologica e attorno ad esso si possono ammirare le decorazioni
architettoniche rinvenute nell’edificio: frammenti
di capitelli, intonaci dipinti e stucchi; tutto ciò aiuta
a capire l’alto livello qualitativo delle decorazioni
parietali degli ambienti residenziali.
Dal museo quindi si accede al livello nobile della
villa, nei pressi dell’avancorpo sud che, purtroppo, non è ben visibile: la forte presenza degli ulivi,
è, almeno in quest’area, preponderante rispetto
all’archeologia e solamente prestando attenzione
si possono notare a terra le tracce delle nicchie
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d’ingresso. Poco più a ovest è possibile vedere
le poche costruzioni ancora in piedi al livello del
piano nobile: la Piscina e tutta l’area termale.
Proseguendo, il percorso costeggia uno strapiombo affacciato su una terrazza naturale 10 metri
più in basso del piano di calpestio. Continuando a
camminare si arriva ad uno stacco netto di quota:
6 metri più sotto la vista si apre sul lungo corridoio, sulle altissime sostruzioni dell’avancorpo
settentrionale, sulla sala dei giganti e, spostando
ancora più avanti lo sguardo, sull’acqua chiara e
limpida del lago di Garda.
Da qui si accede a piccole scalette di servizio che
permettono la discesa, e quindi la visita, degli elementi ammirati dall’altro poco prima. Scendendo
ulteriormente lungo due rampe si accede al Giardino delle Noci (anche se in realtà sono gli ulivi
a dominare la scena) dal quale si può godere di
una vista mozzafiato sia dell’acqua, sia delle imponenti sostruzioni che, dal livello del giardino,
misurano più di 11 metri.
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Tornando sui proprio passi e ripercorrendo parzialmente il lungo corridoio verso ovest si accede ad uno degli spazi più spettacolari della villa:
il doppio Criptoportico. L’imponente lunghezza,
sottolineata dalla linea continua delle colonne,
riaccompagna il visitatore verso sud. Da una piccola rampa di scale posta a 2/3 della lunghezza è
possibile uscire dal criptoportico per passeggiare
in mezzo agli ulivi che affiancano le mura romane, tornando all’ingresso dell’area museale.
L’importanza di questo sito però non è da ricercare unicamente nell’archeologia: la vista panoramica di cui gode il sito archeologico delle Grotte
di Catullo lo rende unico affascinante. La penisola, allungata nel mezzo del lago di Garda, offre
una vista spettacolare sull’intero lago dando al
contempo mostra di sé.
Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
Obiettivi dell’intervento
La penisola e le Grotte di Catullo in particolare
ci hanno colpito profondamente dalla prima volta
che abbiamo visitato l’area.
Abbiamo da subito capito il potenziale di cui questo sito gode e per questo motivo crediamo che
un intervento di riqualifica possa aggiungere ulteriori elementi di interesse turistico, non solo per
la mole di persone di nazionalità straniera che ormai, soprattutto in alta stagione, popola il lago di
Garda ma anche per i cittadini italiani che spesso
visitano Sirmione ma non osano addentarsi sino
alla fine della penisola.
Si intende cercare di rendere dinamico e più attrattivo il tutto lato est della penisola, dalla rocca
scaligera fino all’area archeologica, creando un
percorso che dalla citta porti, attraverso un percorso sul lungo lago, al parco archeologico.
Esso verrà reso ancor più interessante tramite l’inserimento di nuove funzioni quali una sala
espositiva per mostre temporanee adattabile an-
che come sala conferenza e congressi, un ristorante e una ordinata organizzazione dei percorsi
e allestimento del Parco degli ulivi e della villa,
fruibile indipendentemente dalle altre due funzioni.
Quest’ultimo avrà anche l’importante funzione
di connettere i tre piani della villa, permettendo
alle persone di accedere dal parco, raggiungere il
piano del criptoportico o ancora verso la sala dei
giganti.
In questo modo si verrà a creare un percorso di
visita attrezzato che dalla rocca porta fino alle
Grotte di Catullo, elementi simbolo della cittadina.
Gli obiettivi che il nostro progetto si prefigge di
portare a termine sono quindi:
•
Valorizzazione turistica: riportare opere ed
elementi che arricchiscano la visita della penisola
dal punto di vista storico-culturale;
•
Valorizzazione paesaggistica: rimarcare
l’attenzione sugli elementi paesaggistici che rendono l’area -unica;
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•
Valorizzazione del bene archeologico: necessità di una messa a sistema delle tracce attuali che restituiscano una lettura più immediata
dell’area;
•
Valorizzazione funzionale del sito archeologico: innesto di funzioni nuove (o potenziamento) legate alla cultura e al ristoro che tolgano l’archeologia da uno stato di immobilità.
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Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
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Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
Progetto
Dopo aver analizzato l’aspetto storico e lo stato
attuale dell’area, dopo avere approfondito il modo
di approcciarsi a preesistenze di elevato valore
storico-artistico, abbiamo mosso i primi passi per
una consapevole progettazione del luogo.
Il Percorso
Come precedentemente detto uno dei punti che
volevamo potenziare con il nostro progetto è il cosiddetto Sentiero delle Muse. Il nostro intervento
mira quindi a ridargli importanza, prima di tutto
ampliandolo leggermente e poi con una risistemazione generale che coinvolge pavimentazione, sedute ed illuminazione.
Per fare ciò abbiamo pensato ad una sistemazione della pavimentazione ad assi di legno, poste
sopra l’attuale strato di cemento, che aggettassero verso il lago in modo da ampliare il percorso e
da rendere ancora più forte il legame con il bacino stesso.
Sul percorso è stato previsto un sistema di se-
dute anch’esse in legno, posizionate in modo
da permettere la sosta e la contemplazione del
paesaggio. È stato scelto il legno come materiale costruttivo e di rivestimento per richiamare la
tradizione locale, in quanto prima quest’area era
costellata di palafitte con passerelle lignee.
L’intero percorso è stato arricchito con un sistema
di illuminazione che illumina dal basso la passerella creando giochi di luce con l’acqua sottostante e rendendolo bene visibile anche dal lago durante le ore serali e notturne.
Abbiamo poi progettato su esso due moli con diverse attività sia diurne che serali, che potessero
essere d’interesse sia per i turisti che per i locali.
Il percorso è stato allargato in un punto, a circa
due terzi della sua lunghezza, a creare un piccolo
spiazzo in prossimità di una fonte di acqua sorgiva solfurea utilizza tutt’oggi liberamente dalle
persone per fare bagni caldi e terapeutici. In questo modo si intendeva rendere più comodamente
93
fruibile la fonte, creando un area di sosta adeguata e funzionale.
L’area del Lido delle Bionde è stata anch’essa
riorganizzata coprendo lo spiazzo in cemento,
ormai condizioni di degrado, con la passerella in
legno che si allarga a creare un piano di calpestio
che può essere attrezzato con ombrelloni e sdraio nei mesi caldi. In prossimità di esso inoltre abbiamo collocato un piccolo deposito bici in modo
da favorire gli spostamenti per tutta la penisola e
per le persone che arriva dal sistema di ciclabili
del lago.
A conclusione del percorso troviamo una grande
rampa, usufruibile anche dai disabili, che si arrampica sulla roccia e porta all’area archeologica
della villa romana.
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I Moli
Come detto precedentemente, sul percorso che
segue il lato Est della penisola abbiamo pensato
di collocare dei moli attrezzati, in modo da vivacizzare e rendere più interessante la percorrenza
del camminamento. Si è scelto di inserire attività che potessero funzionare sia di giorno che la
sera, con l’obbiettivo di animare questa parte di
penisola anche nelle ore serali e notturne.
In particolare si è deciso di progettare due strutture: una con funzioni più culturali e una dedicata
allo svago.
Il primo molo che incontriamo lungo il percorso è
quello con la funzione più strettamente culturale,
si sviluppa su una grande piattaforma sulla quale
sono collocati due piccoli padiglioni.
Uno di essi, sviluppato su due piani, contiene una
sala studio/lettura al piano terra e una piccola biblioteca al piano superiore. Si è deciso di posizionare i libri al piano primo in modo da allontanarli,
Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
per quanto possibile, dall’umidità proveniente dal
lago. Questi spazi sono stati pensati per essere
sfruttati anche per attività quali corsi serali o per i
bambini. Il molo dispone anche di un’area esterna, attrezzabile per svolgere le attività all’aria
aperta con la bella stagione, o anche solo come
luogo di sosta e ammirazione del paesaggio grazia all’ampia scalinata che scende fino all’acqua
del lago, offrendo numerose sedute.
Il secondo padiglione, più piccolo e costituito da
un solo piano, contiene un’esposizione permanente dedicata alla pesca nel Lago di Garda.
All’ingresso troviamo una galleria con foto storiche di pescatori e del lago, quindi una rassegna
di corde e di tipici nodi usati sulle barche per la
pesca, oltre ad una serie di altri utensili fondamentali per svolgere l’attività.
Appena all’esterno del museo, riparata sotto una
tettoia, troviamo ormeggiata una piccola imbarcazione storica tipicamente lacustre. Il piccolo museo è preceduto da uno spiazzo che si apre verso
il lago, al cui margine è collocato il prospetto di
tutta la sponda del lago visibile da quel punto con
indicate le diverse località presenti sulla costa: in
questo modo si voleva rendere il visitatore consapevole della sua posizione e di quanto stava
osservando. Il museo è stato progettato pensando che potesse essere un’attrattiva non solo per i
turisti ma anche per le scolaresche del luogo.
Il molo infine si estende ulteriormente verso il
lago tramite una passerella che termina con un
belvedere sopraelevato di circa 7 metri, che consente un’ampia visuale verso il lago ma anche
verso l’isola e traguardare da un lato la rocca, e
dall’altro il secondo molo e quindi la villa romana
con il nuovo volume da noi progettato, in modo
da mettere a sistema questi elementi e connetterli
idealmente.
Su questa passerella sono inoltre previste delle
postazioni per l’ormeggio delle barche.
Tutto il molo è attraversato da setti in legno che
possono essere allestiti e che separano e indivi-
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duano le varie parti del molo, direzionando sempre l’attenzione verso il lago, incorniciando lo
sguardo e creando giochi e canali prospettici.
Continuando lungo il Sentiero delle Muse, dopo
qualche minuto di camminata incontriamo in secondo molo, di natura più ludica.
Questo, rispetto al primo, si sviluppa più in lunghezza ed anche in questo caso troviamo più
padiglioni ma invece di essere posizionati vicini
su di un’unica pedana, sono posizionati uno in
successione all’altro in modo da creare spazi più
intimi e riservati, separando maggiormente le due
diverse attività.
Su questo molo è previsto un ristorante sviluppato su un unico piano, con la possibilità di numerose sedute sia al chiuso che all’aperto (tramite una
piccola terrazza ad L a cui si accede solamente
dal ristorante). La sala chiusa è stata dotata di
grandi vetrate in modo da permettere comunque
la piena visione del panorama anche a chi è seduto all’interno. Alla sala vetrata è annesso un
96
volume più chiuso in cui trovano collocazione la
cucina, la dispensa e gli altri ambienti di servizio.
Questo secondo volume si sviluppa longitudinalmente rispetto alla passerella del molo e arriva a
connettere il secondo volume del molo. Quest’ultimo prevede al suo interno un locale serale, un
lounge bar.
Progettato essenzialmente come un volume vetrato con solo le superfici orizzontali opache, anche questo secondo ambiente possiede spazi sia
all’aperto che al chiuso. In questo caso la terrazza all’aperto non risulta separata dal camminamento pubblico in modo da risultare più agevole
e accogliente a tutti, clienti e non. Le sedute si
sviluppano come piccoli salottini, in modo da creare un ambiente rilassante. Anche in questo caso
il bellissimo paesaggio lacustre la fa da padrone,
circondando tutta la struttura.
Anche per il lounge bar gli ambienti di servizio
sono stati disposti nel volume chiuso prima descritto, rimanendo separati da quelli del ristorante. In questo modo la sala del locale non viene
Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
occupata da volumi di servizio, rimanendo più
unitaria e pulita.
Anche all’estremità di questo molo è stato posizionato un belvedere del tutto simile, per composizione ed altezza, a quello del molo precedente.
Contrariamente a quanto visto per il primo molo,
qui i setti non hanno la funzione prevalente di creare giochi visuali ma sono soprattutto un modo di
mascherare e dividere spazi di diverse funzioni.
I due moli, se pur molto diversi nella forma, sono
stati pensati e concepiti con la stessa struttura. I
materiali usati sono legno, vetro e metallo.
La struttura portante è stata pensata in legno, per
richiamare ancora una volta la tradizione locale
nonché quella tipica del molo lacustre. Sono stati
poi integrati dei controventi metallici per rinforzare ulteriormente la struttura e permettergli di resiste meglio alle intemperie.
struttura metallica autoportante integrata a dei piloni in legno corrispondenti a quelli della struttura
portante del molo che arrivano fino al suolo dove
scaricano tutto il peso del complesso. La struttura
metallica dei setti tra l’altro crea un’intercapedine
all’interno del setto che permette l’inserimento,
ove occorre e si ritiene necessario, dell’isolante.
In setto è rivestito da un doppio strato di travette
lignee: uno, più interno, più fitto e compatto e uno
esterno formato da travette spesse tre centimetri
e più distanziate tra loro. I setti arrivano quindi ad
avere uno spessore di circa 25 cm.
L’altro elemento fondamentale è il vetro, usato
nelle grandi vetrate che permettono una continua
visione e relazione con il paesaggio di Sirmione.
Sono state previste vetrate con infissi minimi in
modo da rendere quasi impercettibile la loro presenza e far sentire il visitatore a stretto contatto
con il lago.
Tutti i camminamenti, le pedane, le coperture sono
anch’essi in legno. I setti sono composti da una
97
Sala espositiva e ristorante
Per rinnovare la villa romana e renderla ancora
più attrattiva si è deciso di inserire delle nuove
attività all’interno della sua area, quali una sala
espositiva per mostre temporanee, che all’occorrenza una parte può essere chiusa e usata come
sala conferenze, e un bar/ristorante.
Queste nuove funzioni trovano posto in un edificio progettato ex novo e collocato addossato alla
roccia su un terrazzamento naturale posto circa
nove metri sotto il piano nobile della villa.
Si accede alla costruzione attraverso un sentiero
che parte dall’ingresso della villa, accompagnando il visitatore verso est dove si trova la rampa di
accesso all’edificio. Per lasciare la vista panoramica di cui si gode attualmente dal Giardino degli
Ulivi il più libera possibile si è deciso di non superare con l’altezza del nuovo edificio il dislivello
esistente tra il piano del terrazzamento ribassato e quello del Giardino degli Ulivi. La rampa di
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accesso prima descritta accompagna il visitatore
fino al primo piano dell’edificio, più basso di quasi
quattro metri rispetto al Giardino, e da qui comincia la visita.
Il volume si caratterizza per la sua forma irregolare e slanciata che si proietta verso il lago sottostante. È parzialmente aggettante ma, nonostante questo, risulta fortemente ancorato al suolo
grazie ai pesanti setti agganciati direttamente alla
roccia.
L’idea progettuale è quella di creare di poco impatto ambientale e insieme poco appariscente, in
armonia con l’ambiente e quasi sottotono per non
sovrastare né l’ambiente naturale circostante né
le rovine della grande villa.
Le Grotte di Catullo sembrano uscire direttamente dalla roccia, sembra quasi che le rovine ne
facciano parte: questa caratteristica ha ispirato la
matericità di alcuni degli elementi compositivi del
nuovo edificio: i due setti portanti sono completamente rivestiti in pietra minuta e grezza, a richia-
Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
mare colore e consistenza della roccia naturale
tipica di quest’area. Il corpo centrale dell’edificio è
invece rivestito in legno semplice e naturale, posizionato a scandola americana in modo da sottolineare l’orizzontalità dell’elemento architettonico:
la leggera ombra che si crea con la sovrapposizione dei listelli di legno crea ombre orizzontali
che percorrono l’intero edificio.
Dall’atrio, posto centralmente all’edifico, possiamo accedere a tutte le parti dell’edificio: al centro
si trovano la biglietteria e i collegamenti verticali (scala ed un ascensore), a destra si trova una
galleria per allestimenti temporanei; a sinistra
una grande sala polifunzionale.
La galleria sulla destra è dedicata principalmente all’esposizione di piccoli oggetti e si sviluppa
prevalentemente in lunghezza mentre raggiunge
verso sud la larghezza minima di quattro metri,
con muri perimetrali convergenti. La galleria termina con una parete vetrata posta sud che apre
su un piccolo balcone dal quale è possibile ammi-
rare tutto il versante est della penisola.
L’ambiente prende luce, oltre che da questa parete, da una finestra lunga e sottile posta sul prospetto est e da una finestra che segue tutta la
lunghezza della galleria che è posta in copertura.
L’esposizione si sviluppa principalmente mediante una nicchia scavata nella parete cieca.
Per spezzare la continuità della nicchia è stato
pensato un sistema di pannellatura mobile, traslabile su rotaia, che permette di suddividere lo
spazio in base agli oggetti da esporre. I pannelli
hanno inoltre una funzione esplicativa: pensati in
corten, su di essi viene incisa la descrizione degli
oggetti insieme ad una incisione stilizzata dell’oggetto cui la spiegazione si riferisce. L’illuminazione è a soffitto, molto semplice, e utilizza faretti
direzionabili e traslabili lungo rotaie incassata a
soffitto.
Spostandoci ora a sinistra dell’ingresso entriamo
in uno spazio completamente diverso dal precedente, un ambiente regolare ampio e libero che
si conclude con una grande parete vetrata, unica
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fonte di luce naturale di questa stanza, che apre
sul panorama a nord della penisola. In questa
sala l’allestimento è più libero e discrezionale,
può contenere anche opere e pezzi di notevole
dimensione.
Anche in questo caso troviamo alle pareti dei
pannelli mobili per l’affissione di quadri o utilizzabili come pannelli esplicativi, mentre al centro
l’allestimento si concentra su pedane di diverse
dimensioni e regolabili in altezza, in modo da
adattarsi al meglio all’oggetto da esporre. L’illuminazione artificiale è affidata al sistema visto
precedentemente per la galleria.
Per la sua composizione e dimensione quest’ultima sala si presta anche per essere usata
come sala conferenze e per ospitare convegni.
Le due attività possono esse facilmente separate
per mezzo di porte scorrevoli che all’occorrenza
permettono di separare e isolare l’area della sala
conferenze dalla galleria espositiva.
Il piano terra del dell’edificio è dedicato alla zona
100
ristoro per chi volesse sostare dopo la visita
all’area archeologica o per fare rinfreschi dopo le
conferenze.
A questo piano troviamo uno spazio filtro arredato
con divanetti e tavolini, questo ambiente risulta
principalmente a doppia altezza, grazie alle aperture nel soffitto che permettono anche un’illuminazione zenitale dell’area.
Da questo ambiente inoltre è possibile accedere
al cortile posto davanti all’edificio che offre una
vista panoramica su tutto il lago. Proseguendo si
entra nell’area propriamente adibita a ristorante,
vi si accede passando accanto al blocco centrale,
elemento che contiene la cucina a vista che guarda su tutta la sala.
Anche il ristorante, come la sala espositiva, termina con una grande vetrata che illumina tutta la
stanza. Un’altra apertura, speculare a quella della
galleria, è posta sul prospetto est del ristorante.
La sala del ristorante si affaccia su una doppia
altezza che lascia libera la vetrata e mostra al
piano inferiore una sala più piccola alla quale è
Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
possibile accedere mediante una scala. Questa
sala, il cui pavimento si trova quattro metri sotto il
piano del terrazzamento naturale, è quasi interamente incastonata nella roccia e può essere usata come ampliamento della sala ristorante principale, come saletta privata oppure, in assenza di
eventi di particolare attrazione, può essere usata
come spazio ludico per bambini.
La Villa Romana
Il nostro progetto all’interno dell’area della villa
prevede un intervento vasto sull’intera area archeologica basato sulla riorganizzazione dei percorsi e sull’allestimento di alcuni punti strategici.
Il sistema di percorsi all’interno dell’area è stato
pensato per guidare il visitatore in un processo di
comprensione dei resti della villa ed aumentare
la leggibilità degli elementi che la caratterizzano.
Per questi motivi si è deciso di far iniziare in percorso guidato da quello che doveva essere l’ingresso originario dell’abitazione.
Non appena arrivati al piano del Giardino degli
Ulivi, seguendo il nuovo percorso sul lungolago,
ci troviamo davanti ad uno spiazzo di terra battuta che in origine doveva essere il primo cortile di
accoglienza degli ospiti, qui trova posto la biglietteria e punto informazioni, legato al percorso di
visita.
Nonostante il progetto preveda un nuovo ingres-
101
so si è deciso di mantenere anche l’ingresso originario dal, in quanto quello nuovo è stato pensato solo per visitatori che raggiungono il sito a
piedi, mentre l’ingresso originario risulta comodo
in quanto direttamente collegato con la strada
principale e quindi comodo per i mezzi di servizio
che ruotano attorno alle attività della villa; dall’ingresso originario comunque un sentiero collega
direttamente con la nuova biglietteria.
Andando verso sinistra troviamo un piccolo belvedere che affaccia su tutta la penisola mentre a
destra inizia il vero percorso di visita; anche nel
nostro progetto al visitatore è lasciata libera la
scelta di seguire la direzione che preferisce, si è
però cercato di dare un maggior senso di percorrenza.
Superato il primo spiazzo, il percorso continua
in terra battuta e va a ricalcare quello che era il
tracciato originario del porticato del giardino della
villa.
Lungo il percorso troviamo situazioni con dei pi-
102
lastri che richiamano la posizione originaria delle
colonne del porticato che circondava il giardino,
inoltre essi fungono anche da punti di luce che illuminano il percorso durante la sera creando uno
scenario suggestivo.
Arrivato sul lato Nord della giardino il tracciato si
amplia nuovamente in uno spazio che viene allestito con sedute, fioriere e pedane con statue:
questo punto è di particolare interesse scenografico in quanto unisce visivamente i tre piani della
villa con il Lago di Garda che fa da sfondo.
Da qui il visitatore può decidere se prendere la
grande scalinata allestita con statue all’interno
della sala dei tre pilastri oppure se raggiungere
il piano intermedio della villa per mezzo di una
dolce rampa che sbuca direttamente sul criptoportico.
Da questo piano troviamo poi tre vie, di cui una
scalinata di nuova progettazione, per raggiungere
il piano più basso della villa, ovvero quello delle
sostruzioni e della sala dei giganti. Posso quindi
decidere se fare il giro delle sostruzioni, anche
dette botteghe, e avere una visione esterna ge-
Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
nerale del lato Ovest oppure tornare al piano intermedio attraverso la scalinata, percorrere tutto
il criptoportico per direzionarmi poi verso il museo
esistente e concludere quindi la visita, attraverso
il nuovo ingresso, all’edificio in progetto dove poter godere di un po’ di ristoro.
È opportuno osservare come tutti i percorsi siano
realizzati in sicurezza, garantendo per buna parte
l’accessibilità di un’utenza con disabilità motorie,
poiché le rampe non superano l’8% di pendenza.
Il sentiero di visita alla villa è stato poi arricchito
con l’allestimento di pannelli didattici esplicativi
che spiegano le varie parti della villa con riferimenti grafici e fotografie, con allestimenti di opere
statuarie posizionate in punti strategici per arricchire la visita e valorizzare gli ambienti stessi.
L’allestimento si compone di due elementi base:
setti e statue. I setti vanno a posizionarsi sopra le
tracce dei vecchi muri della costruzione e sono
composti da una struttura interna in metallo che
va ad appoggiarsi sullo strato di sacrificio posto
sopra le rovine, questa sorregge poi dei pannelli
di rivestimento in marmo di Botticino.
Si è scelto questo marmo in particolare poiché è
tipico della zona bresciana e si volevano mantenere ed usare i materiali tipici. I setti sono studiati
e posizionati in modo da ricreare gli spazi originali
della villa e i suoi elementi architettonici principali,
soprattutto nell’area dell’ingresso dove sono visibili i resti dell’edificio.
Vengono quindi alzati questi setti di altezze differenti, 5 m per quelli che individuano in vari accessi verso il cuore della villa e 3,5 m per gli altri che
individuano i muri secondari delle stanze interne.
I setti sono accostati a riproduzioni in marmo di
Botticino di statue appartenenti alla cultura classica di fondazione della villa per avvicinarsi al contesto stesso della dell’antica abitazione e a quelle
che dovevano essere le statue che la decoravano
in origine.
Per creare contrasto tra i due elementi formati
dallo stesso materiale viene interposta tra i due
una lastra in corten che, a terra, si piega a formare delle pedane di diverse altezze e forme su
103
cui poggiano le statue. Le sculture sono collocate
tra i setti, risultando a volte anche nascoste ad
un primo sguardo, si vengono così a creare dei
piccoli angoli suggestivi che stimolano la curiosità
del visitatore.
L’allestimento segue tutto il percorso di terra battuta nel Giardino degli Ulivi, creando in alcuni
punti aree di sosta per permettere al visitatore di
riposarsi e contemplare il paesaggio.
L’allestimento continua anche all’interno dei muri
della villa, partendo dalla grande scalinata in pietra chiara che collega il piano del giardino al piano
intermedio della villa, la quale viene arricchita con
numerosi piedistalli portanti piccole statue. Un
altro grande allestimento all’interno della villa lo
troviamo al piano inferiore, nella Sala dei Giganti,
dove una serie di pedane e piedistalli in corten si
susseguono permettendo ai visitatori di superare con comodità il dislivello di qualche metro attualmente presente in quell’area e permettendo
loro di vivere e percepire quello spaio circondati
di opere di stampo classico. Inoltre in quest’area
104
le pedane in corten incorniciano i grandi massi
delle strutture antiche ora crollate e presenti a terra, ridando loro importanza e posizionando vicino
delle targhette che spiegano che elementi sono,
quale doveva essere la loro collocazione e la loro
funzione.
Altre Statue le troviamo sparse tra le varie nicchie
della villa ad arricchire la visita e le rovine stesse.
L’allestimento è anche usato per evidenziare lasse longitudinale principale della villa e a collegare
idealmente i tre piani.
Sono state posizionate tre statue di grandi dimensioni nei tre punti principali dell’asse: nel belvedere d’ingresso, all’inizio del percorso e alla fine
dello stesso, in concomitanza della zona in cui
originariamente la villa predisponeva di una grande terrazza panoramica.
Proprio da questo punto il piedistallo della statua
crea un nesso con il piano inferiore, corre lungo
tutto il muro fino a risvoltare a pochi centimetri
da terra creando una pedana per un’altra statua li
Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
posizionata. Allo stesso modo l’allestimento della Sala dei Giganti, dove la parete di fondo della
stessa si alza lungo il muro fino a raggiungere il
piano del Lungo corridoio. Si viene così a creare
un filo conduttore che parte dall’ingresso della villa e prosegue fino la sua conclusione.
l’antica forma all’interno di un progetto contemporaneo articolato che crea un quadro sintetico tra
interpretazioni e dati documentari.
Per mantenere l’aspetto naturale dell’area archeologica si è deciso di mantenere tutti gli ulivi secolari del giardino superiore, gli alberi occupano
quel luogo da oltre cinquecento anni e sono ormai
diventati parte integrante della villa, nonché fonte
di guadagno mediante l’olio da essi prodotto.
Secondo il nostro progetto la riconoscibilità della
forma originaria viene ripresa sotto vari punti divista intervenendo in modi diversi e con elementi
differenti per cercare di arrivare all’unico obbiettivo di rendere la preesistenza più leggibile.
Tracce e memorie danno senso allo spirito del
luogo e intrecciandosi con l’intervento architettonico permettono di comprendere i frammenti,
105
106
Musualizzazione delle Grotte di Catullo e riqualificazione del lungolago di Sirmione
Conclusioni
L’intero progetto si pone quindi l’obiettivo di approfondire e connettere segni esistenti e segni
possibili per dar loro nuova luce.
Per questo motivo abbiamo selezionato l’area di
Sirmione e in particolare l’area archeologica delle
Grotte di Catullo, un sito che è in grado di istaurare un legame tra architettura e archeologia, tra
passato e futuro in modo da rendere entrambe
protagoniste del nuovo polo attrattore del lago di
Garda.
il paese e la villa.
L’obiettivo del nostro progetto non è quindi la sola
riorganizzazione espositiva della villa romana vista come elemento unico e inconciliabile con la
vita e la vitalità del luogo, bensì la messa a sistema della stessa con attività ricreative e con la
riqualificazione di quella che, probabilmente, è
l’unica parte di Sirmione abbandonata a se stessa e poco frequentata dal grande flusso turistico.
Creare un percorso più studiato permette una visita più piacevole soprattutto a chi non ha una
conoscenza approfondita del sito o delle ville
romane; posizionare opere d’arte in nicchie può
creare una piacevole variazione alla dominante
paesaggistica del luogo; il nuovo edificio, più funzionale rispetto al museo preesistente, non cerca di eclissarne l’importanza ma anzi, con la sua
flessibilità funzionale, permette di ampliare l’afflusso di persone all’area; Il progetto del percorso
e dei moli cerca di ridare vitalità ad un’area poco
frequentata, creando un collegamento diretto tra
107
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