I
INDICE
EDITORIALE ................................................................................2
ECO dei CORRIDOI
Quel povero disgraziato del candidato..........................3
Rapporto tra fratelli.........................................................10
Barcellona..........................................................................23
Odio e indiffferenza.........................................................29
Noi non siamo numeri, siamo molto di più.................37
APPROFONDIMENTI
Aperitivo con il Bosone di Higgs....................................5
Perchè gli adolescenti abusano di sostanze?...............19
Pena capitale. Giustizia o ingiustizia?..........................23
Global warming...............................................................27
Problemi “in rete”............................................................33
RECENSIONI
Hunger Games.................................................................15
“Gli Albatroz”presentano Woyzeck.............................36
RACCONTI e POESIE
Simposio moderno...........................................................25
LE FRASI CELEBRI
2^AL..........................14
2^AS...........................35
3^B.............................32
4^AL..........................35
4^B.............................32
5^B...............................13
1
EDITORIALE
E
“Errare è umano, perseverare è diabolico” ~Seneca
E quindi sì, siamo ancora qua, anche quest’anno.
Che, tra l’altro, è la nostra ultima volta. Per la gioia di chi raccoglierà il
testimone, ma anche, perché no, per la soddisfazione di chi non vedeva
l’ora di liberarsi di noi, il prossimo anno il giornalino avrà dei nuovi
caporedattori.
Per il momento, però, stiamo ancora perseverando nei nostri certi,
consolidati e rassicuranti errori annuali.
Quindi, senza ulteriori indugi, ecco a voi il nuovo numero, con le nostre
adorate Frasi Celebri, gli articoli di cronaca e di scienza, le recensioni, le
critiche, gli spunti di riflessione e i contributi esterni.
Tra le solite interrogazioni, le simulazioni d’esame, le gite organizzate per
miracolo e certe matricole irrequiete, speriamo che il nostro duro lavoro di
parole e pensieri possa dare i suoi frutti, soprattutto per voi che lo leggerete.
E proprio adesso che l’anno volge al termine, noi andiamo a studiare per
la nostra Seconda Prova (e tante condoglianze a chi, anziché matematica,
avrà fisica...) mentre voi, beh, voi godetevi la libertà finché potete.
Le Caporedattrici
Vane, Sara e Ale
2
E
Quel povero disgraziato del
candidato...
Non so se lo sapete, ma anche quest’anno si faranno gli esami di maturità. Che sorpresa,
eh?
Stavolta siamo noi a fare gli agnelli sacrificali, e la cosa ci vincola ad un perenne stato
di isteria maniacale sintomatica, aggravata da attacchi di panico, ansia da prestazione,
depressione e occasionali epidemie di diserzione sistematica. Tranquilli, succederà
anche a voi.
In ogni caso, tutti i nostri insegnanti ci stanno martellando dall’inizio dell’anno perché
studiamo, facciamo i compiti, prepariamo con calma gli esami, lavoriamo alla tesina,
dormiamo abbastanza, mangiamo bene, prendiamo gli integratori e non tentiamo
l’espatrio ad ogni nuova verifica di matematica. Cosa assai difficile, ma necessaria.
Da qui -ovvero dalla nostra illimitata e potenzialmente letale voglia di studiare e
prepararci al meglio- nasce questa rubrica.
Di seguito sono riportate le domande più gettonate per la Terza Prova e per l’orale, nate
dall’esasperazione di studenti che queste cose se le studiano sul serio.
Nella speranza che nessun professore venga mai a conoscenza di questa rubrica
(non sia mai che decidano di farci queste domande per davvero) vi auguriamo buon
divertimento e un non-arrivederci a settembre.
• Il candidato dimostri sperimentalmente la teoria della gravitazione universale con
lo stesso supporto strumentale di Newton: una mela.
• Il candidato illustri l’impatto del progresso tecnologico nelle due guerre mondiali,
realizzando per la commissione un fucile a ripetizione e un prototipo di bomba a
idrogeno.
•
Partendo unicamente dal proprio
telefono cellulare, il candidato realizzi
un quadro cubista, avendo cura di
evidenziare le analogie con l’architettura
egizia.
•
Il candidato progetti e realizzi il
completamento della Sagrada Familia.
• Il candidato commenti la frase “Una radice quadrata è sempre positiva dove esiste.
Dove esiste?” tenendo conto degli studi umanistici di Giacomo Leopardi.
• Il candidato descriva alla commissione gli eventi caratteristici della Rivoluzione in
Russia avendo cura di recitare a memoria l’intero contenuto de “il Manifesto del
Partito Comunista”.
3
• Il candidato esprima per la commissione un parere personale sull’opera “le
Metamorfosi” di Ovidio, citandone estratti in lingua originale.
• Il candidato tracci per la commissione una mappa su cui siano indicate con
precisione le coordinate geografiche della Selva Oscura di Dante.
• Il candidato declami a memoria tutte le battute del film “Metropolis”, tenendo
presente che si tratta di una famosa opera di cinematografia muta.
E
• Il candidato descriva il concetto di filosofia secondo Hegel avendo cura di catturare
un esemplare vivo di Nottola di Minerva.
• Il candidato calcoli le prime venti cifre del π.
• Al bisogno la commissione fornirà un abaco.
• Il candidato esponga il periodo fascista in Italia, avendo cura di marciare su Roma.
• Si ricorda al candidato che durante l’esame conclusivo non è concesso l’utilizzo di
alcuna calcolatrice.
• Pertanto, il candidato ha un quarto d’ora di tempo a disposizione per realizzarne
una.
•
I candidato citi il testo del Libro dell’Esodo in lingua
originale, avendo cura di dividere le acque.
• Il candidato scelga a caso un suo compagno di classe
ed esegua su di lui la tecnica di gassificazione nazista.
• Il candidato elenchi, avendo cura di specificare luogo e data di nascita, nomi e i
cognomi di tutti i soldati che hanno preso parte alla Prima Guerra Mondiale.
• Il candidato enumeri i nomi dei principali presidenti degli Stati Uniti, rivelando
alla commissione il nome del vero assassino di Kennedy.
• Il candidato esponga le proprietà nutrizionali della dieta mediterranea, allegando
la lista degli ingredienti della Coca Cola.
• Il candidato calcoli la sezione aurea del raggio terrestre nella sua rivoluzione,
tenendo conto della variazione millenaria dell’eccentricità e della probabile
espansione dello spazio.
• Il candidato risolva sette dei due problemi e ventitré dei dieci quesiti proposti,
tenendo conto del tempo a disposizione (nove minuti) e degli strumenti forniti
(una penna scarica e una colla vuota).
•
Vanessa Borgobello e Sara De Cecco
con la preziosa collaborazione di Giulia Guarda e Giulia Russo e della Redazione tutta.
4
A
Aperitivo con il bosone di higgs La caccia alla particella di Dio
Nella ricerca dei costituenti elementari della materia e delle leggi universali che ne determinano
il comportamento è emerso, oramai da più di 30 anni, un modello matematico di grande
successo che chiamiamo (con poca fantasia...)
il Modello Standard.
Il Modello Standard è un modello
relativamente semplice, che descrive con
successo (quasi) tutte le interazioni dei
costituenti elementari della materia: dai
nuclei atomici... alla struttura delle stelle!
In gergo tecnico, si tratta di:
Una teoria di campo quantistica e
relativistica, basata su:
2 Simmetrie fondamentali, ovvero la
simmetria di colore (interazioni forti) e
simmetria elettrodebole (interazioni deboli
ed elettromagnetiche);
3 Costituenti fondamentali: le 3 famiglie di
quark e leptoni.
Per comprendere meglio tutti gli aspetti di
questa nuova scoperta, bisogna premettere alcuni accenni alla matematica e, soprattutto, alla
fisica.
I modelli matematici e costanti fisiche
Come ci ha insegnato Galileo, lo scopo della fisica e quello di trovare modelli matematici in
grado di descrivere (e prevedere) i fenomeni naturali.
Il modello matematico è l’insieme di principi logici (leggi di simmetria ecc.) che creano una
serie di equazioni per variabili adimensionali.
In una teoria “ideale” tutti i coefficienti numerici (costanti adimensionali) sono calcolabili e le
unità di misura sono automaticamente determinate da costanti fisiche dimensionali universali.
La scelta più naturale per queste 3 unità (costanti) fondamentali viene data da:
-La velocità della luce nel vuoto [ c ] = 2,9979... x10^8 m/s (velocità = lunghezza / tempo).
-La costante di Planck [ ħ ] = 1.0054... × 10-34 m^2/s*kg [azione = energia × tempo ]
-La costante di gravitazione universale [ G ] = 6.6742... × 10^-11 m^3/s^2* kg [ energia × lunghezza
/ massa2 ]
-Elettromagnetismo (eq.ni di Maxwell)
-Relatività ristretta (E = m c2, ...)
-Meccanica quanitstica (spin elettrone = ħ/2 , principio di indeterminazione: Δx Δp > ħ & ΔE
Dt > ħ, ... )
-Legge gravitazione di Newton ( F = G m1m2 / r2 ).
5
Le 3 unità hanno valori molto poco naturali nel Sistema Internazionale (m, kg e s) poiché
quest’ultimo è un sistema convenzionale, scelto a misura d’uomo.
Ma l’universalità di queste costanti fisiche ci segnala che in natura esistono delle
unità fondamentali (non convenzionali).
Nella teoria quantistica dei campi (e quindi nel Modello Standard) c e h sono
perfettamente integrate come unità fondamentali, questo ci permette di misurare/
descrivere tutti i fenomeni in unità di energia.
A
Campi e particelle
I due pilastri su cui si basa la teoria quantistica dei campi sono le due “rivoluzioni” rispetto
alla fisica classica avvenute all’inizio del secolo scorso: la meccanica quantistica e la teoria
della relatività ristretta.
Meccanica quantistica: principio di indeterminazione ΔE Δt > ħ.
Questa comprende: Perdita di significato del concetto classico di traiettoria, per processi con
ΔE Δt ~ ħ e la descrizione deterministica delle probabilità dei processi fisici, ma non delle
traiettorie.
Relatività ristretta: equivalenza massa energia E=mc^2.
Perdita dei concetti classici di tempo e spazio assoluti: descrizione unificata dello spaziotempo in cui la velocità della luce è
una proprietà universale per tutti gli
osservatori.
Queste due danno origine alla teoria
quantica dei campi.
Per mettere insieme questi due pilastri,
l’ultimo concetto classico che dobbiamo
abbandonare è l’idea che esistano delle
particelle indistruttibili (ovvero che il
numero di costituenti elementari della
materia si conservi).
Tutte le particelle elementari non sono
altro che delle eccitazioni di particolari
campi (un po’ come le onde sono le eccitazioni della superficie del mare)
→ risoluzione del dualismo onda/particella della meccanica quantistica.
Quindi:
La teoria quantistica dei campi è lo strumento matematico che ci permette di descrivere come
i campi (ovvero come i costituenti elementari della materia) interagiscono fra loro: non è altro
che un’applicazione dei principi probabilistici della meccanica quantistica ai campi invece che
alle particelle.
In principio esistono molte teorie quantistiche di campo, che differiscono per le “regole con
cui i campi interagiscono fra loro” (spesso associate ad alcuni semplici principi di simmetria)
e per la “natura dei campi”: il famoso Modello Standard è una di queste.
Il modello Standard
Per definire il Modello Standard dobbiamo identificare i campi fondamentali e il modo in cui
questi interagiscono fra loro.
Dobbiamo tenere conto di sue categorie principali:
-Campi di materia (elettroni…) con spin=1/2
-Mediatori delle forze (fotone…) con spin=1.
6
E
A queste, recentemente, se n’è aggiunta una terza:
-Campi scalari (bosone di Higgs) con spin=0.
Il bosone di Higgs è l’unica eccitazione di un “campo scalare fondamentale” osservata
fino ad ora.
I campi di materia sono organizzati in tre famiglie (la cui struttura interna è
determinata da principi di simmetria)
La I famiglia è composta dai:
-quark up e down (i costituenti diprotoni e neutroni) e dall’elettrone ed il neutrino elettronico
che costituiscono tutta la materia che ci circonda.
La II e III famiglia sono copie identiche della prima, eccetto per masse differenti delle varie
particelle (eccitazioni).
Il numero e le proprietà dei mediatori sono completamente specificate da due principi di
simmetria:
-la simmetria di colore (interazioni nucleari forti)
-la simmetria elettro-debole (interazioni nucleari deboli ed elettromagnetiche).
La simmetria di colore è responsabile del forte legame dei quark all’interno di protoni e
neutroni (i costituenti del nucleo atomico).
Ciascun quark ha una carica di colore, che può assumere 3 valori (R,G,B), e che scambia
continuamente con gli altri quark tramite gli 8 mediatori (gluoni): gli unici stati
“macroscopicamente stabili” sono quelli neutri (bianchi) dal punto di vista di questa interazione.
L’interazione debole è responsabile dei decadimenti nucleari, ma anche dei pro-cessi di fusione
che avvengono all’interno delle stelle.
E’ l’unica interazione che sentono anche i neutrini, che connette fra loro le diverse “famiglie”
di quark e leptoni i cui mediatori (i bosoni W e Z) hanno una massa non-nulla (motivo della
debolezza dell’interazione a basse energie).
Il Bosone di Higgs e la sua storia
Innanzitutto risulta opportuno fare una distinzione fra meccanismo di Higgs e bosone di
Higgs. Entrambi vennero introdotti
nel 1964, ma il meccanismo di Higgs
fu teorizzato dal fisico britannico Peter
Higgs e, indipendentemente, da François
Englert, Robert Brout (questi due studiosi
lavorando su un’idea di Philip Anderson),
Gerald Guralnik (tutti questi fisici, rimasti
relativamente in ombra rispetto a Peter
Higgs, sono stati premiati nel 2010 per il
loro contributo). Solo la pubblicazione di
Higgs citava esplicitamente la possibile
esistenza di un nuovo bosone.
Il bosone e il meccanismo di Higgs furono
successivamente incorporati nel
Modello standard, in una descrizione della forza debole come teoria di gauge, indipendentemente
da Steven Weinberg e Abdus Salam nel 1967.
7
Il bosone di Higgs è dotato di massa propria, il cui valore non è previsto dal Modello standard.
Misure indirette dalle determinazioni dei parametri elettrodeboli davano indicazioni che
i valori più probabili fossero comunque relativamente bassi, in un intervallo accessibile al
Large Hadron Collider presso il CERN.
Molti modelli supersimmetrici predicevano inoltre che il valore più basso possibile della
E
massa del bosone di Higgs fosse intorno a 120 GeV o meno, mentre la teoria dà un limite
massimo di circa 200 GeV (≈3,5 × 10-25 kg).
Ricerche dirette effettuate al LEP avevano permesso di escludere valori inferiori a 114,5 GeV.
Al 2002 gli acceleratori di particelle avevano raggiunto energie fino a 115 GeV. A partire dal
2001 la ricerca del bosone di Higgs si era spostata negli Stati Uniti, studiando le collisioni
registrate all’acceleratore Tevatron presso il Fermilab. I dati lì raccolti avevano consentito di
escludere l’esistenza di un bosone di Higgs con massa compresa tra 160 e 170 GeV.
Come detto, ci si aspettava che LHC, che dopo una lunga pausa aveva iniziato a raccogliere
dati dall’autunno 2009, fosse in grado di confermare l’esistenza di tale bosone.
Il 13 dicembre 2011, in un seminario presso il CERN, veniva illustrata una serie di dati degli
esperimenti ATLAS e CMS che individuavano il bosone di Higgs in un intervallo di energia
fra i 124 e 126 GeV con
una probabilità prossima
al 99%. Benché tale
valore fosse sicuramente
notevole, la comunità della
fisica delle alte energie
richiede che, prima di poter
annunciare ufficialmente
una scoperta, sia raggiunta
una probabilità di errore
dovuto al caso o valore-p
(l’elemento imprevedibile
principale è rappresentato
in
questo
caso
da
fluttuazioni quantistiche)
non
superiore
allo
0,00006% (un valore di 5
in termini di deviazioni
standard, indicate anche
con la lettera greca sigma).
Il 5 aprile 2012, nell’anello
che corre con i suoi 27
km sotto la frontiera
tra Svizzera e Francia,
veniva raggiunta l’energia
massima mai toccata di 8 000 miliardi di elettronvolt (8 TeV). Gli ulteriori dati acquisiti
permettevano di raggiungere la precisione richiesta, e il 4 luglio2012, in una conferenza
tenuta nell’auditorium del CERN, presente Peter Higgs, i portavoce dei due esperimenti,
Fabiola Gianotti per l’esperimento ATLAS e Joseph Incandela per l’esperimento CMS, davano
l’annuncio della scoperta di una particella compatibile con il bosone di Higgs, la cui massa
risulta intorno ai 126,5 GeV per ATLAS e intorno ai 125,3 GeV per CMS.
La scoperta veniva ufficialmente confermata il 6 marzo 2013, nel corso di una conferenza
tenuta dai fisici del CERN a La Thuile. I dati relativi alle caratteristiche della particella sono
tuttavia ancora incompleti. L’8 ottobre 2013 Peter Higgs e François Englert sono stati insigniti
del premio Nobel per la Fisica per la scoperta del meccanismo di Higgs.
Dopo due anni di pausa tecnica, nel giugno 2015 LHC ha ripreso gli esperimenti con una energia
di 13 TeV, avvicinandosi alla massima prevista di 14 TeV. Oltre a nuove misurazioni relative al
completamento delle caratteristiche del bosone di Higgs, molti fisici teorici si aspettano che una
nuova fisica emerga oltre il Modello standard a tale scala di energia, a causa di alcune proprietà
8
E
insoddisfacenti del modello stesso. In particolare i ricercatori sperano di verificare
l’esistenza delle particelle più sfuggenti della materia e comprendere la natura della
materia oscura e dell’energia oscura, che appaiono costituire rispettivamente circa
il 27% e il 68% della massa-energia dell’universo (l’energia e la materia ordinaria ne
rappresenterebbero solo il 5%).
Bosone (Campo) di Higgs e teoria elettrodebole
Il bosone di Higgs è il quanto di uno dei componenti di un campo scalare complesso che è il
campo di Higgs. Ha spin zero, è la sua stessa antiparticella ed è pari sotto un’operazione di
simmetria CP.
Secondo la teoria cosmologica prevalente,
il campo di Higgs permea tutto lo
spazio vuoto dell’universo in qualsiasi
istante. Nei momenti iniziali (in termini
del miliardesimo di secondo) dopo il Big
bang tale campo avrebbe subìto un processo
di condensazione tachionica, acquisendo un
valore di aspettazione del vuoto non-zero
che giocherebbe un ruolo fondamentale,
innescando un “meccanismo” che dà massa ai
bosoni vettori W e Z e allo stesso bosone di
Higgs (mentre il fotone rimane senza massa)
e provocando, di conseguenza, la rottura spontanea della simmetria di gauge elettrodebole.
Il meccanismo di Higgs così concepito è il più semplice in grado di dare massa ai bosoni di
gauge, garantendo la compatibilità con le teorie di gauge.
Entrando più in dettaglio, il campo di Higgs consiste in realtà di due campi complessi: doppietto
di isospin debole (gruppo di simmetria SU(2)L) e singoletto di ipercarica debole (gruppo U(1)
Y) con valore di ipercarica pari a +1; ne discende che il campo con terza componente di isospin
debole +½ ha carica elettrica +1, mentre l’altro (isospin -½) è neutro. Assumendo, come già
accennato, che la componente reale del campo neutro, la cui particella corrisponde al bosone
di Higgs, abbia un valore di aspettazione sul vuoto non nullo e generi di conseguenza una
rottura di simmetria, i restanti tre campi reali (due dal campo carico e uno formato dalla parte
immaginaria del campo neutro) sarebbero tre bosoni di Goldstone, per definizione privi di
massa e scalari (cioè a 1 grado di libertà).
Ma dato che, per il meccanismo di Higgs, i campi di gauge sono accoppiati ai campi di Higgs
tramite le derivate covarianti, i bosoni di Goldstone divengono le componenti longitudinali
dei bosoni W+, W- e Z0, i quali, passando perciò dai 2 ai 3 gradi di libertà dipolarizzazione,
acquistano massa.
Come già detto, il Modello standard non predice il valore della massa del bosone di Higgs.
Poiché il valore individuato sperimentalmente è compreso tra 115 e 180 GeV, la teoria risulta
valida a tutte le scale di energia fino alla scala di Planck (1016 TeV). Il valore di energia più
elevato consentito dalla teoria in assenza del bosone di Higgs (o di qualche altro meccanismo
di rottura della simmetria elettrodebole) sarebbe invece ipotizzabile intorno a 1,4 TeV; oltre
questo punto il Modello standard diventerebbe inconsistente poiché l’unitarietà probabilistica
risulterebbe violata in alcuni processi di scattering. In particolare lo scambio di bosoni di Higgs
elimina l’andamento incoerente ad alte energie dell’ampiezza di probabilità nello scattering
elastico delle componenti longitudinali di due bosoni W.
Alessia Molinaro
9
Rapporto tra fratelli
Fratelli: gelosia canaglia
Chi ha fratelli o sorelle deve prima di tutto imparare a convivere con la gelosia. Se questo
sentimento è particolarmente sentito dal primogenito, che si vede le uova nel paniere rotte dal
nuovo arrivato, bisogna solo aspettare che quest’ultimo arrivi all’età di circa 18 mesi perché
contraccambi il dolce sentimento del fratello più grande. Chi è arrivato per primo in famiglia ha
poco tempo per trovarsi in vantaggio sui dispetti fatti. Questa competizione, pur non essendo
piacevole nel momento in cui la si vive, consente al bambino di abituarsi a condividere con
gli altri l’attenzione e l’amore dei genitori e gli consente di vivere con più serenità le situazioni
in cui non può essere “unico”, come ad esempio in classe, senza contare che “da grande” sarà
più allenato a vivere le situazioni competitive come stimolo al miglioramento.
E
La lotta dei giocattoli
Il secondo vantaggio del non essere figli unici, e secondo motivo per litigare, ruota intorno
ai giocattoli. I genitori, infatti, non sono l’unica ragione di contenzioso tra due fratellini: se
anche avessero tutti giocattoli uguali i due bambini riuscirebbero lo stesso a litigare su quale
tra due bambole identiche è più bella o quale di due trenini uguali corre più veloce. Questo
comportamento, che a volte impegna la mamma e il papà in vere e proprie contrattazioni
sindacali per far tornare la pace in famiglia, in realtà consente al bambino di abituarsi a
condividere con chi ama le proprie cose, anche se, a giudicare dai calci e dai pugni che a volte
volano, si direbbe più che altro che si stanno allenando per un incontro di kickboxing.
I fratelli non sono mai soli
Avere un fratello, soprattutto se c’è poca
differenza di età, vuol dire anche avere sempre
un compagno di giochi, che consente sia di non
sentirsi mai soli e sia di abituarsi a negoziare e
mediare in continuazione il proprio punto di
vista con quello di un altro. Se a volte i trattati
di pace e le mediazioni non hanno successo e
scoppiano guerre di pugni e lacrimoni, i genitori
possono comunque stare tranquilli, in fondo
anche per imparare a camminare si fanno tanti
capitomboli.
Il bullismo tra fratelli
Già fin qui si capisce che la vita di un bambino con fratelli non è semplice, per quanto formativa
per il futuro. Anche l’avere un fratello più grande può essere un vantaggio, perché avrà il
ruolo di testa d’ariete per sfondare parecchie imposizioni dei genitori, ma alzi la mano chi non
ha mai subito una prepotenza dalla sorella o dal fratello maggiore. Secondo “Understanding
Society”, uno studio condotto dall’università di Essex in Gran Bretagna, i figli con fratelli
sarebbero meno felici di quelli unici proprio perché, oltre a dover dividere i tesori più preziosi,
sono anche vittima di bullismo da parte di chi è più grande. Anche in Italia può capitare ai più
piccoli della famiglia di vedersi rubare un dolcetto o di ricevere qualche spintone. Quando
si è piccoli anche un anno di differenza ha il suo peso sulla bruta forza fisica e non sempre si
può ricorrere alle forze dell’ordine del nido familiare, i genitori.
Figli unici versus fratelli
La maggiore differenza tra figli unici e non, sta nel fatto che mentre i primi vivono in un’oasi
10
E
felice di cui sono i signori incontrastati e assoluti, coloro che hanno fratelli e sorelle
sono da subito lanciati nelle normali dinamiche del mondo reale, dove si dovrà
continuamente mediare il proprio punto di vista con quello degli altri, ma anche
difendersi dalle angherie e far valere le proprie ragioni. La famiglia non è altro che
una palestra in cui il bambino viene allenato alla vita sociale, mentre per un figlio
unico sarà compito dei genitori “iscriverlo in palestra” cercando di creargli quante
più occasioni è possibile di incontro coi coetanei.
Fratelli non solo si nasce, ma lo si diventa.
Litigare fa bene?
I litigi tra fratelli sono sempre “fisiologici”. Il rapporto con i fratelli è, in molti casi, il primo
rapporto tra pari e il più delle volte, è all’interno di questo tipo di relazione che si sviluppa la
competenza sociale. È naturale e del tutto sano, pertanto, che nascano divergenze e scontri.
Tuttavia ci sono dei campanelli
d’allarme: se i genitori hanno
difficoltà nella gestione di
questi scontri, se i litigi sono
frequenti ed eccessivi, se uno
dei bambini è spesso vittima
dell’altro, con il rischio anche
di farsi male, è necessario
prendere
provvedimenti,
magari chiedendo aiuto, per
imparare ad analizzare la
situazione senza schierarsi
da una parte o dall’altra, ma
attivando strategie efficaci
alla risoluzione del conflitto
stesso.
Il litigio e la differenza d’età tra fratelli
I litigi possono essere molto accesi e frequenti sia tra fratelli con uno o due anni di differenza,
sia tra fratelli che si passano cinque o sei anni. Sicuramente i bambini vicini per età, avendo
interessi comuni, hanno più occasioni di litigare, ma più spesso i genitori tendono a lasciar
correre, cosa che accade meno quando ci sono più anni di differenza. In queste occasioni
il genitore tende a dire al figlio maggiore “lascia stare tuo fratello, tu sei più grande” con
l’unico effetto di promuovere ulteriori rivalità. Hanno maggiore peso, invece, nel determinare
frequenza e violenza dei litigi, il genere e la differenza d’età. Generalmente i litigi tra maschi,
soprattutto con pochi anni di differenza, mettono a dura prova i genitori, poiché gli ometti,
oltre che da una forte senso di alleanza, sono animati anche dal desiderio di predominare,
combattendo anche fisicamente. Questo è meno frequente nelle bambine, più inclini alle
interazioni con gli altri. La differenza d’età fra i figli incide, invece, sul ruolo che ciascun di loro
avrà all’interno della famiglia.
I fratelli adulti
La relazione tra i fratelli adulti dipende, oltre che, naturalmente, dalle rispettive personalità, da
come i genitori sono stati in grado di gestire la situazione: i continui paragoni feriscono, il sentirsi
sempre al secondo posto crea un danno che, molto probabilmente, si potrà ripercuotere anche
nella vita adulta, con una forma di insicurezza o di rancore nei confronti di quello che viene
visto come il “cocco” di mamma e papà. Per quanto riguarda le relazioni interpersonali
future, invece, il rapporto con i propri fratelli/sorelle può essere considerato una sorta di
palestra, purché non si tratti di un rapporto esclusivo: i bambini necessitano di confrontarsi
anche al di fuori dell’ambiente familiare.
11
I genitori che sono stati figli unici non è detto che abbiano più difficoltà a
comprendere le dinamiche tra due o più fratelli: una persona empatica può
comunque comprendere determinate dinamiche anche se non ha vissuto in prima
persona alcune relazioni.
IN SINTESI...
E
Alcuni rapporti sono “buoni”, stretti, intimi; altri possono essere poco uniti,
competitivi, ostili, conflittuali ed è per questo facile pensare a questo rapporto in
termini di polarità: da una parte, cooperazione, solidarietà e supporto reciproco, dall’ altro
competizione e conflitto che possono innescare rifiuto reciproco e odio.
Analizziamo meglio questo rapporto che ha in sé il potenziale per diventare uno dei legami
più significativi di un uomo e una donna adulti…
Il fratello è il primo pari con cui il bambino viene in contatto e, come tale, gli offre una grande
possibilità di rispecchiamento e di imitazione ma anche di ambivalenza. Secondo Minuchin,
infatti, nella famiglia i fratelli funzionano come un sottosistema: si tratta del “primo laboratorio
sociale in cui i figli possono cimentarsi nelle loro relazioni tra coetanei. In questo contesto i figli
si appoggiano, si isolano, si accusano reciprocamente ed imparano l’uno dall’altro. In questo
mondo di coetanei i figli imparano a negoziare, a cooperare ed a competere” (Minuchin, 1974).
La presenza di un fratello o di una sorella rende quindi l’infanzia, l’adolescenza e l’età adulta
differente, rispetto all’essere dei cosiddetti “figli unici”. Sin da quando si è piccoli, il processo di
differenziazione tra sé e l’altro inizia in anticipo; ovvero da subito, soprattutto se la differenza di
età è minima, il bambino sperimenta costantemente e quotidianamente altro da sé, si confronta
con un’altra personalità, con altri modi di comunicare e di esprimersi, altri modi di vivere
l’emotività. Inoltre, la presenza di un fratello o di una sorella aiuta a ridurre l’idealizzazione e
la visione onnipotente che si
ha nei confronti dei genitori,
poiché ci si confronta con
una relazione alla pari,
quindi la mamma e il papà
sono moderatamente visti
e percepiti come coloro
che non sbagliano mai,
poiché la vicinanza di un
altro bambino, favorisce
il confronto con modalità
comportamentali non adulte.
L’ordine
di
nascita
è
importante, non solo per
il particolare significato
che può avere la nascita
del primo figlio, ma anche
perché, come rilevano Bank
e Kahn, nella maggior
parte delle famiglie un solo
soggetto può occupare un
certo spazio psicologico in
un determinato periodo di tempo. Ciò vuol dire che il primo figlio acquisisce una sorta di “diritto di prelazione” su una determinata posizione, che di solito non potrà essere occupata
da un fratello successivo, se il primo non l’avrà lasciata libera. Gli altri figli dovranno diventare
qualcos’altro.
Michelle Ba
12
F
Le frasi celebri della 5^ B
Di ritorno da Venezia.
Irene: “Ma siamo in galleria o fuori è veramente
così buio?”
Vane: “Certo che siamo in galleria, perché ci
sono montagne da Venezia a Latisana.”
Sara: “Ovvio! Le famose catene degli Urali
nella bassa friulana.”
fantastica, ne sono sicuro.”
Samuele: “Perchè?”
Montagner: “Perchè di solito non ci riesco.”
…silezio...
Montagner: “E va beh, Bozza, saper usare le
dita è importante!”
Musu: “Io quando mi arrabbio divento
Montagner: “Se il Dio della scuola esistesse, ci pirotecnica.”
fulminerebbe all’istante.”
Meneghel: “Alcuni si riscattano e diventano
Sbru: “Ma c’è, prof! È la Musumeci!”
dei fighi come Montagner, altri rimangono
Musu: “Queste sono cose che ci riguardano, se degli sfigati anche da adulti.”
non siamo teste vuote o zucche dell’orto”
Musu: “Ma voi non ve ne sareste accorti
nemmeno se io fossi saltata sulla cattedra.”
Cicalese: “Giulia, vieni alla lavagna.”
Elena, la sua compagna di banco: “Finalmente!
Montagner: “Da poco non sono più uomo.”
Era il mio sogno dall’inizio dell’ora”
Matassi: “Oggi usiamo le fotocopie. Tanto, per Musu: “Sa, ieri non ho fatti i compiti perché
quello che studiate, che io in classe spieghi o si è rotta la lavatrice, ha preso fuoco la casa,
che io legga il Corano, il risultato è lo stesso.” si è rotta la zampa del gatto.”
Montagner: “Ragazzi, si sa: la Musumeci ha Musu: “Adesso vi spiego: ho impazzito il
telefono. Praticamente questo suona ogni
fatto chimica con Lavoisier.”
ora. Vi fa ridere? Se basta questo lo faccio
Montagner:
“Adesso
affronteremo
un suonare sempre, ecco.”
problema che hanno proposto alcune delle
Biondi:
“Riorganizzazione
urbana
e
ragazze circa il compito di sabato.”
sventramento
è
come
dire
archeologo
e
Giulia: “Ma se il problema lo ha proposto lei!”
Montanger: “E perché, non posso avere tombarolo.”
qualche dubbio sulla mia sessualità?”
Musu: “Se io vi dico che un cane mi sorride,
Musu: “Madonna ragazzi, io vi uccido. Anzi, voi mi mandate al manicomio.”
vi torturo, prima.”
Musu bis: “Perchè se io vi dico che ho
Musu: “What does Winter means in this visto un albero danzare, voi mi portare al
poem?”
manicomio.”
Kevin: “ehm... That-”
Musu: “Non cominciare una frase col that”
Montagner:
“Sbrugnera,
stai
ancora
Kevin: “Winter is...”
scrivendo?”
Musu: “Ripeti questa frase: Winter symbolically
Sbru:” Eh sì, vecchio!”
stands for...”
Kevin: “Winter symbolically stands for... that” Montagner: “Ma cosa hai messo nel caffè?
Peyote?”
13
Lezione in aula magna con la lim.
Montagner: “Se riesco a far funzionare Musu: “... E ride! È felice di essere fastidioso.”
la lavagna, poi avrò una giornata
Le frasi celebri della 2^ AL
Musu: “Oh cribbione!”
Thomas entra in classe correndo: “Codice rosso,
Musu: “Posso darvi una soluzione che non so quale sono finite le croccantelle”
sia.”
Marghe: “È una persona con una grossa barba
bianca. Chi è?”
Musu: “Col cuore aperto. E sanguinante.”
Marta: “Tua nonna.”
Piddiu: “Mancano davvero cinque minuti? Guarda
Marta: “Ma se qualcuno non ha capito...?”
che se non è vero ti sculaccio, Chiara.”
Monetti: “È un idiota.”
Musu: “Venerdì avremo grammar, oppure
reading. Ma magari faccio writing. Vi faccio sapere, Pilutti: “E lasciando lo stretto indispensabile”
Si volta, cantando: “I tuoi malanni puoi dimenticar”
comunque.”
Marco: “Il venerdì del tutto può accadere, insomma.”
Michele: “Because I’d like to go around the
Marta: “Dai che devo fare un po’ di silenzio, così la mountains.”
Musu: “Si, come l’uomo delle nevi.”
prof si arrabbia”
F
Fraulin: “Francesca! Ti tiro il pon-pon che hai dietro Piddiu: “Marta!”
Marta: “Si prof? Devo leggere?”
la testa.”
Piddiu: “No, devi andare al supermercato. Cosa vi
serve ragazzi?”
Monetti: “Ascoltiamoci”
Frau: “¿Quien es el trigo?”
Marta: “Quale frigo?”
Frau: “¿Quien es el algodòn?”
Marghe: “Cipolla”
Marghe: “Dal libro Ab Urbe Condìta”
Marta: “Sì, con olio e aceto:”
Tonon: “L’apposizione è come uno stalker.”
Marta: “Dove si trova il paraplegico? Dove lo hai
lasciato.”
Marta: “Chi tace, annuisce.”
Piddiu: “L’altra seconda è alle guerre tarantine, ma è
Musu: “Vi spiegherò la ragione che non so.”
il programma dell’anno scorso.”
Marta: “Bene, è ora di rallentare.”
Marta: “Ma le ragazze hanno problemi che voi
Musu: “Ragazzi, ora me ne vado, non siate così maschi non avete!”
Marco: “E che cosa ne dite della nostra prostata?”
scortesi. Anzi, non me ne vado, scappo. Fuggo.”
Musu: “Who is absent?”
Thomas: “Anissa e Francesca, oltre ai due leocorni.”
Marghe: “Non importa come o cosa scriverai. Per
la Musu ci sarà sempre qualcosa that we might say
in a different way.”
Piddiu: “Non fatemi stancare che sono stanca.”
Anna “Ma il verbo legare alla prima persona è lego
Pilutti: “Se dentro il macchinario metto x e imposto la o playmobil?”
macchina sul tre, vengono fuori tre x. Se metto dentro
Musu: “Quando vado a Venezia non è che mi
Bogdan, la macchina sputa fuori tre Bogdan.”
perdo... è che mi trovo in posti in cui non sono mai
stata!”
Anna: “Asterix e Apostrofix”
Musu: “Scordiamoci di imparare l’inglese cantando i Marta: “Prof, ha corretto le verifiche?”
Frau: “Vuoi sapere una cosa? Non lo so.”
Beatles e i Rolling Stones.”
14
R
Hunger Games
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N
UN I
E’ una trilogia di romanzi
ambientata in un futuro post
apocalittico nello stato di Panem,
che occupa pressappoco lo spazio
geografico degli attuali Stati Uniti
d’America. La capitale, Capitol City, è circondata da tredici distretti, ognuno con la propria
mansione da svolgere a favore del centro del paese.
Distretto 1: lussuria-> vengono prodotti oggetti di lusso.
Distretto 2: edilizia e pacificatori->si fabbricano armamenti e vengono addestrati i pacificatori
che poi verranno mandati nei vari distretti.
Distretto 3: tecnologi->si producono elementi elettronici, ma anche esplosivi.
Distretto 4: pesca.
Distretto 5: elettricità.
Distretto 6: trasporti.
Distretto 7: legname e carta.
Distretto 8: industria tessile -> si producono anche le uniformi dei pacificatori.
Distretto 9: cereali.
Distretto 10: allevamento.
Distretto 11: agricoltura.
Distretto 12: miniera -> viene prelevato carbone dalle miniere, quasi tutta la popolazione
maschile è destinata a quel lavoro.
Distretto 13: energia e armi nucleari.
I Pacificatori sono le forze militari e di polizia di Panem. Mantengono l’ordine, controllano che
le leggi di Capitol City siano rispettate e reprimono le rivolte con brutalità. In ogni distretto c’è
un capo dei Pacificatori che è il comandante di ogni guarnigione. Generalmente i Pacificatori
puniscono i trasgressori frustandoli. Nel primo libro sono però molto indulgenti, soprattutto
nel Distretto 12.
Il Distretto 13 era stato distrutto durante i Giorni Bui, ovvero la rivolta dello stesso Distretto
verso Capitol City. Da quel giorno cominciarono gli Hunger Games: si tratta di giochi che
si svolgono ogni anno in un’arena diversa dove 24 tributi (due da ogni Distretto) devono
uccidersi; l’ultimo a rimanere in vita vince e viene pagato molto profumatamente da Capitol.
Sono occasione di divertimento ma anche un modo per mostrare ai Distretti che nessuno può
vincere su Capitol. Ogni 25 anni vi è un’”Edizione della Memoria”, per ricordare ai distretti
sconfitti i vari elementi che portarono Capitol City alla vittoria. Fino ad ora ce ne sono state tre:
1ª edizione (25esimi): per ricordare ai ribelli che i loro figli sono morti a causa loro, i tributi
furono eletti dal Distretto stesso.
2ª (50esimi): per ricordare ai ribelli che per ogni abitante di Capitol City morirono due
15
R
ribelli, i 12 Distretti dovettero inviare il doppio dei tributi.
3ª (75esimi): per ricordare ai ribelli che neanche i più forti di loro possono sconfiggere
Capitol City, i tributi furono scelti tra i vincitori ancora in vita.
Tutto comincia con la Mietitura durante la quale una donna, solitamente proveniente
da Capitol estrae i nomi dei tributi, una giovane donna ed un giovane uomo. Vi
possono essere dei volontari, per lo più nei Distretti 1, 2 e 4, dove i tributi vengono
definiti i “Favoriti” per il fatto che si sono allenati per tutta la vita e hanno più
chance di vittoria. La gran parte dei Vincitori provengono dai primi due Distretti.
Prima del viaggio verso Capitol City, i tributi possono salutare i propri cari e amici. Verranno
poi seguiti dal o dai mentori, cioè il o i vincitori delle precedenti edizioni dei giochi.
La preparazione comincia con una pulizia completa del corpo per rendere i tributi presentabili
e desiderabili davanti alle telecamere. Il passo successivo è la consueta “Parata dei Tributi”
dove essi vengono vestiti dai loro stilisti (uno diverso per ogni tributo) con il tema del proprio
Distretto e sfilano su dei carri davanti a tutti i capitolini (gli abitanti di Capitol). Questa parata
è molto importante per i tributi poiché se piacciono alla gente potrebbero avere molti sponsor.
Dopo la sfilata vi sono 3 giorni di addestramento seguiti da un esame condotto dagli strateghi
su ogni tributo. Durante l’addestramento, i tributi possono passare per i vari stand ed allenarsi
in qualunque cosa possa rivelarsi loro utile, assistiti da vari maestri. Durante l’esame ognuno
di loro mostra agli strateghi cosa è capace di fare. Gli esami sono riservati, e gli strateghi non
possono rivelare cosa succeda durante il loro svolgimento. In base a ciò che il tributo ha fatto
veder loro, gli strateghi gli assegnano un punteggio, che va da 1 a 12. Il punteggio è pubblico.
Gli sponsor lo usano per decidere su quale tributo investire, e gli stessi tributi lo usano per farsi
un’idea degli avversari più pericolosi. Però il voto non è completamente attendibile: alcuni
tributi nascondono le loro capacità volontariamente, per ottenere un voto più basso che li faccia
apparire più deboli e quindi avere più chance di sopravvivere.
Il giorno precedente l’inizio degli Hunger Games tutti i tributi si riuniscono nell’Anfiteatro di
Capitol City e vengono intervistati. Le interviste sono molto utili: i tributi possono mettere in
mostra il proprio carattere e tentare di accaparrare più sponsor possibili.
Successivamente i tributi viaggiano verso l’arena. All’arrivo, vengono portati in luoghi dette
“camere di lancio”, costruiti sottoterra. In
seguito, la pedana su cui vi è il tributo si
solleva e infine sbuca nell’arena, che i tributi
vedono per la prima volta. Parte un timer,
della durata di 60 secondi, durante il quale
i tributi devono restare fermi sulle loro
pedane: se tentano di uscirne, una serie di
mine antiuomo poste intorno alla pedana
(poi disattivate allo scadere del timer) li
ucciderà all’istante. Ogni volta che un tributo
muore si sente un colpo di cannone , il volto
del tributo morto appare poi nel cielo la notte seguente. Le pedane sono disposte in circolo
intorno alla Cornucopia, una costruzione dorata, che contiene armi ed altri oggetti. Ci sono
due strategie che solitamente si utilizzano all’inizio dei giochi:
•corsa verso la Cornucopia: il tributo, appena passano i 60 secondi, corre velocemente verso la
cornucopia per tentare d’ottenere gli oggetti migliori. È una strategia molto rischiosa e di solito
la attuano i Favoriti. Viene chiamato anche “bagno di sangue” poichè quasi metà dei tributi
muore prima che finisca il primo giorno.
•fuga: il tributo si allontana il più velocemente possibile dalla cornucopia. In questo modo,
anche se può raccogliere solo oggetti di scarso valore, può distanziarsi il più possibile dagli
altri tributi.
HUNGER GAMES.
Katniss Everdeen, una ragazza di sedici anni proveniente del Distretto 12, si offre volontaria
16
R
come tributo al posto della sorella minore Prim, alla Mietitura dei 74esimi Giochi.
L’altro Tributo è Peeta Mellark, il figlio del fornaio. Durante i saluti, la figlia del
sindaco, Madge, regala a Katniss la spilla di una Ghiandaia Imitatrice.
Il loro mentore è Haymitch Abernathy, vincitore dei 50esimi Hunger Games. Durante
l’intervista con Caesar Flickerman, Peeta confessa di essere innamorato di Katniss;
vengono così definiti come gli “Innamorati Sventurati”. All’inizio Katniss è restia a
recitare la parte dell’innamorata.
Durante i Giochi (che si svolgono in un bosco), la ragazza si allea con Rue, una dodicenne del
Distretto 11, che la aiuterà a distruggere le provviste dei Favoriti e le insegna il richiamo della
Ghiandaia Imitatrice: un fischio con 4 tonalità differenti di suono. La ragazzina verrà poi uccisa
da un tributo del Distretto 1.
Rimasti solo in 6 nell’arena, viene emanato un cambiamento della consueta regola di un unico
vincitore: gli ultimi due tributi che rimarranno in vita, se provengono dallo stesso Distretto,
vinceranno entrambi.
Katniss cerca Peeta e quando lo trova, scopre che è stato ferito alla gamba. Stanziatisi in una
piccola caverna, i due cominciano la commedia degli innamorati (ma Peeta è ignaro del fatto
che sia una farsa) e ben presto riceveranno parecchi sponsor.
Dopo aver curato la ferita del ragazzo, essi vanno alla caccia dei tributi rimasti. Quando anche
l’ultimo avversario muore, però, la regola viene revocata. Katniss convince allora Peeta a
mangiare entrambi delle bacche velenose dette morsi della morte in modo che Capitol City
non abbia un vincitore. I due vengono fermati appena in tempo e dichiarati entrambi vincitori.
LA RAGAZZA DI FUOCO.
Il gesto, involontario, di ribellione di Katniss ha fatto iniziare delle rivolte nei vari Distretti. Il
Presidente Snow la minaccia che ci saranno delle ripercussioni violente verso la sua famiglia,
ma anche verso gli altri se Katniss non fermerà la rivolta convincendo tutti di essere davvero
innamorata di Peeta.
Lui intanto viene a conoscenza dei veri sentimenti di Katniss, ma sta al gioco per via della
minaccia di Snow. Durante il Tour della Vittoria
pianificano un matrimonio pubblico, ma Katniss
inavvertitamente fomenta i ribelli.
Il Presidente Snow, seguendo il consiglio del
Primo Stratega (Plutarch Heavensbee), per far
in modo che Katniss morisse e che le rivolte
cessassero, annuncia la terza Edizione della
Memoria: dove i tributi vengono sorteggiati tra
i vincitori ancora in vita.
Vengono estratto il nome di Haymitch, ma
Peeta si offre volontario. Katniss fa un patto con
Haymitch: dovranno fare tutto il possibile per
salvare Peeta e far morire lei.
Dato che è un’edizione speciale, Capitol ha messo a disposizione un Centro di Addestramento
nuovo ed anche un’arena del tutto originale.
I due innamorati decidono di allearsi con Finnick Odair, Mags (Distretto 4), Johanna Mason
(Distretto 7), Beetee e Wiress (Distretto 3).
Quest’ultima era riuscita a capire che l’arena dove si trovavano era fatta come un orologio:
c’erano 12 diversi settori dove allo scoccare di ogni ora succedeva qualcosa di orribile al proprio
interno.
Katniss fa scoccare una freccia collegata con un filo elettrico verso la punta della cupola
dell’arena, mentre un fulmine si schiantava a pochi centimetri da lei. L’arena così esplode
e lei viene recuperata da un hovercraft (un aereo).
Viene poi a scoprire che c’era un piano fin dall’inizio di cui facevano parte quasi tutti
17
i tributi, Haymitch e Plutarch: portare Katniss fuori dall’arena. Vengono salvati
anche Finnick e Beetee, ma Peeta, Johanna, Enobaria (del Distretto 2) ed Annie (una
vincitrice del Distretto 4, fidanzata con Finnick) vengono rapiti e portati a Capitol
City.
Viene poi detto a Katniss che il Distretto 12 è stato raso al suolo dalle bombe.
R
IL CANTO DELLA RIVOLTA.
Katniss viene portata nel Distretto 13, che al contrario di quello che Capitol ha
sempre affermato, cioè che fosse stato distrutto durante i Giorni Bui, era vivo e vegeto, nel
sottosuolo. La Ghiandaia Imitatrice era ormai diventata il simbolo della rivolta e Katniss era
stata salvata dall’arena principalmente perchè diventasse il volto della ribellione prendendo
il nome della propria spilla. La ragazza accetta di esserlo ma alla sola condizione che Peeta,
Johanna, Annie ed Enobaria vengano salvati e non trattati come traditori. La presidentessa del
13, Alma Coin, accoglie la sua richiesta, sotto consiglio di Plutarch.
Finnick intanto deve seguire una terapia, per la sua instabilità mentale (anche Katniss avrà
questi problemi), che consiste nel creare nodi con una fune. Dopo varie vicende, arriva il
momento di andare a recuperare i prigionieri a Capitol, cercando di illudere il sistema della
città e in particolare il Centro di Addestramento, dove erano rinchiusi. Così Finnick viene
andato in onda in tutti i Distretti mentre spiega i segreti del Presidente Snow.
Quando Peeta viene salvato, si scopre che è stato depistato, cioè gli è stato messo in testa che
Katniss è il suo nemico e che lui debba ucciderla. Johanna è stata tortutata ma era ancora sana
di mente; Annie è stata rapita solo per rendere Finnick più inoffensivo facendolo impazzire,
infatti non le hanno fatto alcun male.
Peeta dopo parecchio tempo si ristabilisce, e viene inserito nella squadra di Katniss, che ha la
missione di recarsi a Capitol City per uccidere il Presidente Snow (dopo richiesta diretta di
Katniss). Quando arrivano a Capitol, hanno una cartina speciale che mostra i baccelli (trappole
nascoste volte ad attaccare eventuali individui pericolosi). Durante la missione, molti membri
della squadra muoiono, appunto colpiti da quest’ultimi o dagli ibridi: animali (ma non solo)
geneticamente modificati.
Nelle vicinanze della villa di Snow, Katniss vede un gruppo di bambini con i genitori che
fanno da scudo all’entrata, e improvvisamente un hovercraft con le insegne di Capitol City
inizia a lanciare bombe sulla folla, uccidendo tutti i capitolini ed anche i medici recatisi lì per
curarli, tra cui c’è anche Prim. Katniss, ferita nelle esplosioni, si risveglia dal coma e scopre che
i ribelli hanno preso la villa di Snow, hanno rapito lui e l’hanno imprigionato in attesa che lei
lo giustiziasse. Viene a sapere anche
che gli hovercraft erano pilotati dai
ribelli, per far apparire Snow ancora
più barbaro.
Prima che Snow venga ucciso, la
Coin insieme ai vincitori, decide se
svolgere o no un’ultima edizione
degli
Hunger
Games,
dove
avrebbero “partecipato” i bambini
di Capitol, e lascia decidere agli ex
tributi: la maggior parte disse sì. Il giorno dell’esecuzione di Snow, Katniss lancia la sua freccia
non al Presidente ma contro Alma Coin. Snow muore poco dopo soffocato dalla suo stesso
sangue mentre ride. Gli Hunger Games non si svolsero più e Katniss viene processata, ma la
giuria crede al suo psichiatra che la dipinge come mentalmente instabile. Torna così al Distretto
12, insieme a Peeta e Haymitch, il quale si era disintossicato ma poi ricominciò a bere.
Nell’epilogo, 15 anni dopo, Peeta e Katniss sono sposati e hanno due figli, un maschio e una
femmina.
Alessia Guarnieri
18
A
Perche gli adolescenti
abusano di sostanze?
Dalla loro diffusione capillare a partire dagli anni ’60, le sostanze stupefacenti
rappresentano una realtà sempre più presente all’interno della società, in particolare
nella vita dei giovanissimi.
Si definisce “stupefacente”, qualsiasi sostanza di origine vegetale o sintetica che
provochi dipendenza fisica e psichica agendo sul sistema nervoso centrale di chi ne
fa uso. Le principali droghe sono classificate e divise in cinque gruppi: oppiacei, tra i
quali troviamo sostanze come morfina
ed eroina; stimolanti, come cocaina,
crack e anfetamine; depressivi,
allucinogeni e cannabis con i suoi
derivati, marijuana ed hashish. La
cannabis è la droga più diffusa tra
gli adolescenti, spesso rappresenta
lo stadio successivo all’abuso di alcol
e di sigarette che, pur non essendo
propriamente sostanze stupefacenti,
possono creare dipendenza. Grazie a
recenti studi è stato dimostrato che,
durante il 2015, in Italia un ragazzo su
quattro ha fumato marijuana almeno
una volta, ed il consumo di questa
sostanza è aumentato del 2% rispetto
all’anno precedente. E’ diminuito
invece il consumo di cocaina, mentre sono rimasti stabili i dati riguardanti eroina,
stimolanti e allucinogeni. Dei 19,3 milioni di adulti che hanno fatto uso di cannabis
almeno una volta nella vita, 14,6 milioni lo hanno fatto da adolescenti. Molto diffuso
è anche l’abuso di alcol, il cui massimo consumo si ha tra i sedici e i ventiquattro anni,
ma, nonostante ciò, nel 2013 circa il 10% dei giovani tra gli undici e i quindici anni ha
avuto un episodio di binge drinking, ovvero ha consumato quattro o più unità alcoliche
nel corso di una serata. Ma perché tra gli adolescenti si rileva un uso sempre maggiore
di alcolici e di sostanze stupefacenti?
Non esiste un motivo unico che spinge i ragazzi a drogarsi e abusare di alcol, piuttosto
sono stati studiati vari fattori. Innanzitutto, le sostanze stupefacenti hanno il potere
di incidere sulle emozioni di chi ne fa uso, sulle prestazioni personali, sull’umore.
Rispondono al bisogno di divertirsi, di integrarsi in un gruppo, di sentirsi adulti, danno
la consapevolezza di essersi spinti oltre il limite e, insieme, l’illusione di essere sfuggiti
dalla realtà. Questi sono tutti elementi riguardanti, con diversa entità, la vita degli
adolescenti, caratterizzata da un’elevata curiosità e dal desiderio di sperimentare,
dalla necessità di sentirsi accettati all’interno del loro gruppo, di rilassarsi e di vincere
lo stress, di sfuggire ad una vita insoddisfacente e turbata da problemi familiari.
19
A
Questi fattori, spesso uniti ad un invito al consumo di queste sostanze da
parte di amici, rendono inevitabile il loro utilizzo che spesso, pur nascendo
come idea di esperienza unica, è destinato a ripetersi; infatti nell’individuo
si crea la necessità di provare nuovamente la sensazione causata dall’effetto
delle sostanze stupefacenti.
Recentemente si è tenuta nel nostro istituto una conferenza che trattava il tema
dell’abuso di droghe attraverso le testimonianze di adolescenti che avevano
subito conseguenze gravi a causa del loro consumo, finendo in un centro di recupero.
Questa esperienza mi ha permesso di constatare come la maggior parte di questi ragazzi/e
avesse avuto un’infanzia difficile, fatta di abusi sessuali e maltrattamenti, conflitti con
la famiglia, problemi di
autostima… E’ evidente
che
per
giovani
turbati
ed
infelici
aumenti la probabilità
di
accostarsi
agli
stupefacenti, in quanto
essi
vedono
nella
droga una soluzione ai
propri problemi, una
fuga dalla realtà. Le
conseguenze dell’abusi
di
sostanze
sono
gravissime e non sono
rari i casi in cui si sono
rivelate fatali, soprattutto perché non si limitano ad apportare danni all’organismo
dell’individuo, ma lo pongono in uno stato di instabilità mentale che può portare ad
effetti disastrosi anche per coloro che gli stanno intorno (ad esempio incidenti stradali,
stupri…). E’ dimostrato che la droga ha effetti devastanti sulla società; inoltre è stato
rilevato che spesso si parte dalle sostanze più leggere ed apparentemente meno dannose,
per poi arrivare ad utilizzare droghe pesanti che hanno effetti immediati anche sull’aspetto
fisico dell’individuo. A mio parere, legalizzando le droghe leggere, si indebolirebbe il
fenomeno del narco-capitalismo, sottraendo mercato ai narcotrafficanti, ma, al tempo
stesso, si aumenterebbe la diffusione di tali sostanze con l’incremento delle conseguenze
a catena che ho illustrato. Permettendo il commercio e l’uso di sostanze stupefacenti si
sottovaluterebbero
pubblicamente
i
loro effetti sulla
società; un’ulteriore
porzione di giovani
diventerebbe
schiava del loro
consumo e vedrebbe
la
droga
come
principale soluzione
ai propri problemi.
Gaia Cesarin
20
E
Barcellona
E sì, anche quest’anno siamo andati in gita.
Cosa non del tutto scontata, a dire il vero, soprattutto considerando la fatica
che abbiamo fatto per riuscire ad organizzare il viaggio. Non stiamo qua a
commentare agenzie viaggi che si sono dimenticate di prenotare alberghi, mete
cambiate all’ultimo momento e poi cambiate di nuovo, date spostate così in là
che ancora un po’ e ci toccava fare gli esami di maturità in Spagna, diciamo solo
che già trovare qualcuno disposto ad accompagnarci è stata un’impresa.
Già dal principio, sembrava una missione impossibile: costringere più di trenta
studenti a stipare il necessario per cinque giorni di permanenza in terra straniera
in ridicole valigie da dieci chili ci è parso un tentativo di sabotaggio. Un affronto.
Infatti, c’è chi ha tentato di opporsi a questa folle regola, eccedendo anche nel
trasporto di liquidi permessi. Non è finita
bene.
Non nomino nemmeno chi è riuscito a farsi
beccare con un coltellino svizzero in valigia
- “è di mio nonno, non sapevo che fosse lì”
non è una scusa che regge, ormai- e beccarsi
la conseguente perquisizione.
Storie divertenti, insomma, come quella di chi
riesce quasi a partire senza bagaglio, perché
se lo è dimenticato alle postazioni dei metal
detector.
Il volo è stato fantastico (e ve lo dice una che non aveva mai messo piede su un
aereo prima di quel momento), sia all’andata che al ritorno, tutti schiacciati in
quegli stupendi sediletti gialli e blu vagamente claustrofobici. La parte migliore è
stata quando hanno spento di colpo tutte le luci per l’atterraggio, lasciandoci nel
buio completo. E grazie tante.
L’albergo carino, niente da dire, abbiamo mangiato bene e forse fin troppo. Tra le
altre cose abbiamo scoperto che esistono professori che sanno fare cose divertenti
come giocare a biliardo.
In cinque giorni passati in Spagna, abbiamo incontrato più italiani che spagnoli
-ma abbiamo incontrato spagnoli, in effetti?
E naturalmente non abbiamo nemmeno dovuto sfoderare la nostra perfetta e
articolata conoscenza delle lingue straniere. (Eh?)
21
La visita alla città, con tanto di Sagrada Familia, Fondaciòn Mirò, Museo
E
Picasso, Casa Batllo e Mila, Parc Guell e un sacco di altre cose che
tanto nessuno ha mai sentito nominare, è stata fantastica, solo forse un
pochino... sofferta.
Maratone giornaliere da venti chilometri sotto il sole, siamo tornati
a scuola con un’abbronzatura stile pomodoro maturo e il segno degli
occhiali da sole.
Perché ormai prendere le metropolitane e scendere alla fermata giusta è fuori
moda.
Conseguentemente, le uscite notturne sono
state ridotte al minimo, compensate però da
occasionali brocche di Sangria. Comodo, no?
Non si sa se proprio a causa di questo
ultimo fatto, abbiamo stabilito un record
storico di ritardi, raggiungendo il livello
preoccupante da assenteismo strategico:
alcuni di noi hanno preso fin da subito a
cuore la causa del mancare sistematicamente
tutti gli appuntamenti fissati dai professori,
arrivando tardi ad ogni singolo punto di incontro per tutta la gita.
Onore e gloria ai nostri compagni, così stoici e fedeli alle loro difficili scelte.
Chiaramente, non ci siamo nemmeno fatti mancare la corsa-inseguimento alla
metropolitana,(perché a Barcellona le metro chiudono a mezzanotte, e uscire
cinque minuti prima avrebbe richiesto fin troppo sforzo), perché beh, o tutto o
niente.
Ma alla fin fine, tra gente
che perde i documenti o
che se li dimentica in giro,
che quasi lascia il cellulare
a scuola il giorno della
partenza, che sbaglia a fare
la valigia, che riesce a farsi
perquisire in entrambi gli
aeroporti, che confonde
“arrivi” con “partenze” (e
qua lo possiamo dire, non
erano di sicuro studenti...)
e che si perde -più volte- per Barcellona, la gita è stata un successo, e ne è valsa
la pena.
Complimenti agli organizzatori.
Sara De Cecco
22
A
Pena capitale
Giustizia o ingiustizia?
Nel libro “Si può educare al bene attraverso il male?” l’autore Gherardo Colombo si chiede se
si possa educare al bene attraverso il male.
La risposta che si dà è un secco “no”, infatti in un sistema penale che a fronte delle enormi
sofferenze fisiche e psicologiche che infligge a un numero sempre crescente di detenuti, lascia
impuniti più del 90% dei crimini, non è accettabile pensare che si possa educare al bene facendo
del male, infatti nei sistemi più democratici e meno punitivi il dato di crimini impuniti risulta
essere molto più basso.
Una Nazione che infligge
pene fisiche e psicologiche
dure ha tassi di recidiva vicini
al 70%, mentre un sistema
democratico ha tassi di
recidività bassissimi.
Molti sistemi giudiziari nel
mondo prevedono la “pena di
morte” per alcuni reati gravi
come l’omicidio, dunque la
domanda da porsi è: “Una vita
vale un’altra vita?”.
La risposta più ovvia è “no”,
poiché la vita di una persona
ha un valore inestimabile, essa
non può essere compensata
né dalla pena di morte né da
un ergastolo e neanche da
tanti anni di carcere, semmai
il modo più giusto sembra
essere la riabilitazione di un
detenuto, perché modifica il modo di pensare di questa persona, restituendola alla società
migliore di prima.
Napoleon Beazley, un uomo condannato alla pena di morte dopo l’uccisione di John Luttig
all’età di 17 anni, non ebbe un giusto processo e fu condannato alla pena capitale, la sua
uccisione non portò indietro il signor John e non portò sicuramente giustizia alla sua famiglia.
Beazley scrisse una lettera prima di morire in cui affermava di non essere più il ragazzo di 17
anni che aveva commesso quell’omicidio sotto l’effetto di stupefacenti, ma che era un uomo
cambiato con nuove prospettive. Non venne perdonato e fu giustiziato per iniezione letale.
In Europa il tribunale dell’Aia, la Corte Suprema di Giustizia Europea, ha processato molte
persone e nonostante i loro omicidi le ha condannate all’ergastolo e alle riabilitazione, poiché
il primo diritto dell’umanità è “LA VITA”.
L’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite) nel 2014 ha costituito una carta che è
denominata “Moratoria per l’abolizione della pena di morte” la quale afferma che tutte le
23
A
nazioni facenti parte dell’Organizzazione devono abolire dalla loro legislazione la
pena capitale, in caso contrario incorrono in sanzioni. Tuttavia nel mondo ci sono
ancora numerosi Stati che prevedono la pena capitale.
La pena di morte forse è un’arma di dissuasione al crimine insostituibile, più efficace
di qualsiasi altra pena, ma la vita del condannato non può essere utilizzata come
mezzo per influenzare il comportamento altrui. Secondo molta gente il maggiore
fattore di dissuasione è la consapevolezza di essere sicuramente perseguito, scoperto
ed arrestato, non la consapevolezza di essere ucciso.
E’ vero che tenere in vita un criminale in una prigione è complicato, pericoloso e dispendioso,
ma è eticamente inaccettabile che un Stato privi un individuo della vita per motivi economici.
La pena capitale nel sottolineare la gravità dell’omicidio contribuisce a stimolare l’avversione
della comunità per questo crimine, ma abolendo tale pena e proclamando il rispetto dello Stato
per la vita umana, si tende a imprimere lo stesso rispetto nei cittadini.
In una società che fa ricorso a procedure giudiziarie moderne e scrupolose il rischio di errore
è minimo, ma molte persone innocenti sono già state condannate a morte e uccise. Il rischio
non potrà mai essere eliminato. L’esistenza della pena di morte rende i processi per omicidio
particolarmente lunghi e spettacolari, la pressione dell’opinione pubblica può rendere difficile
l’esame obiettivo dei fatti. Nei Paesi in cui la pena di morte è stata abolita, il carcere non è
risultato meno efficace, le statistiche dicono che il rischio che un omicida una volta liberato
uccida di nuovo è bassissimo, mentre negli altri sistemi giudiziari che usano ancora la pena
definitiva il rischio sembra essere altissimo.
Secondo i dati presentati da Amnesty International nel 2014 i Paesi totalmente abolizionisti
della pena capitale sono attualmente 140, 7 sono gli Stati abolizionisti per reati comuni, 35 sono
i Paesi abolizionisti di facto (pena ancora in vigore, ma nessun esecuzione da 10 anni), mentre
58 sono le Nazioni che mantengono ancora la pena capitale e fanno esecuzioni pubbliche
davanti a migliaia di persone e con casi di esecuzione di minori o addirittura di persone affette
da malattie psichiche o mentali.
Jetmir Ameti
24
E
Simposio Moderno
Avete presente tutti quegli autori classici, quei poeti, quei filosofi che incontriamo nel nostro
percorso scolastico? Molti di voi penseranno: che domande, ovvio... li studiamo... li sopportiamo...
li accettiamo... in poche parole abbiamo un’idea fin troppo precisa di loro! Bene, per venire in
vostro aiuto e cercare di alleggerire i vostri studi, vi propongo un’ipotetica breve conversazione
che ho immaginato potesse avvenire in tempi a noi vicini tra gli intellettuali più illustri appartenuti
a epoche totalmente diverse tra loro, che mi sono permessa di far rivivere tramite i loro più
celebri aforismi (riportati in corsivo).
O. Wilde: “Ah... Gli affari miei mi annoiano sempre mortalmente. Preferisco quelli degli altri...”
M. Twain: “Sei sempre il solito... Critichi la stessa società che ti diverte con i suoi aneddoti.
Personalmente non ho nulla da raccontare... Ognuno di noi è una luna: ha un lato che non mostra
mai a nessuno. Oscar, forse ogni tanto dovresti sforzarti
di raccontarci tu qualcosa...”
O. Wilde: “Non saprei... un giorno forse potrei lasciarmi
convincere, ma non vorrei mai annoiarvi o lasciare
un’immagine di me che non mi appartiene.
A
volte è meglio tacere e sembrare stupidi, che aprir bocca
e togliere ogni dubbio”
B. Gracian: “Invece di discutere perchè non date un po’
un’occhiata ai giornali di oggi? Mi sembra impossibile
che questo atleta fin’ora sconosciuto abbia potuto vincere
una gara così prestigiosa! Ci deve essere sicuramente
qualcosa sotto... e vincere turpemente non è vincere!”
Twain: “Non ti agitare troppo... sai che il giornalista è
colui che distingue il vero dal falso... e pubblica il falso.
Vedrai che tra un paio di giorni al massimo si scoprirà
che ha corrotto la giuria o che non ha vinto solo grazie
alle sue abilità fisiche... Capisci che intendo no?”
Goethe: “Dove c’è molta luce l’ombra è più nera.”
O. Wilde: “Su questo devo darti ragione! I giornalisti
sono proprio una brutta specie! Si scusano sempre con
noi in privato per quello che hanno scritto contro di noi in pubblico... Sono rozzi e ipocriti!” W. Shakespeare: “Il saggio sa di essere stupido, è lo stupido invece che crede di essere saggio e
non si può certo dire che loro appartengano a questa categoria.”
Luigi XIV: “Suvvia! Sapete anche voi che è difficilissimo parlare senza dire qualcosa di troppo.” Goethe: “Infatti, la gente che non scrive ha un vantaggio: non si compromette. Perchè dopo aver
finito di sollevare accuse non gli riconoscete qualche merito? Certo hanno i loro i difetti, come noi
abbiamo i nostri... Chi non ne ha?”
L. Pirandello: “Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere
e pochi volti...”
O. Wilde: “Fu un giorno fatale quello nel quale il pubblico scoprì che la penna è più potente
del ciottolo, e può diventare più dannosa di una sassata. Ecco credo che loro non siano ancora
arrivati a questo giorno.”
W. Shakespeare: “Avete pienamente ragione! Basta una stilla di male per gettare un’ombra
infamante su qualunque virtù. Loro non l’hanno ancora capito o meglio, la maggior parte di
loro lo sa benissimo ma se ne infischia altamente! Possono creare e distuggere una persona a
25
loro piacimento alterando i fatti accaduti e questo anche grazie a tutte quelle persone
che comprano i loro giornali (da quattro soldi) e alla moda che ne segue! Ho sempre
sostenuto che gli uomini di poche parole sono i migliori.”
A. France: “L’opinione pubblica per molte persone è solo una scusa per non averne
una propria.”
G. Leopardi: “Ben detto! Le persone non sono ridicole se non quando vogliono parere
o essere ciò che non sono, come in questo caso.”
E
Plutarco: “Non ho bisogno di un amico che cambia quando cambio e che annuisce quando
annuisco; la mia ombra lo fa molto meglio. Eccovi tutti
qua! Gli amici più schietti e folli che si possano avere!” F. Bacon: “Vero! La peggior solitudine è essere privi
di un’amicizia sincera... Finalmente ci degni della
tua presenza, quasi non ci speravamo più... Scherzo
ovviamente, prendi posto!”
Plutarco: “Spero di non aver interotto nessun discorso
particolarmente interessante.”
C. Dossi: “No, anzi io speravo di parlare presto d’altro.
Il tema dell’amicizia, che involontariamente hai
introdotto entrando, trovo sia molto più interessante
e degno di essere discusso rispetto all’attualità che già
ha occupato gran parte della nostra conversazione.
Anche io sono dell’idea che ci siano amici bravi e
amici falsi, ma soprattutto amici bravi ad essere falsi:
il falso amico è come l’ombra che ci segue fin che dura il sole.”
N. Macchiavelli: “Ognuno vede quel che tu pari, pochi sentono quel che tu sei.”
Epicuro: “L’uomo non vivrebbe senza amici, non avrebbe senso la sua esistenza. Mai un uomo
è vissuto del tutto isolato, andando contro la sua stessa natura. Tutti infatti necessitano di una
persona fidata, con cui confidarsi, condividere gioie e dolori,
sentirsi liberi di essere se stessi senza essere giudicati: non
abbiamo tanto bisogno dell’aiuto degli amici, quanto della
certezza del loro aiuto.”
B. Gracian: “Io stesso non avrei fatto un discorso migliore!
L’amico è la persona fondamentale nella vita di ciascuno
di noi, ci accompagna e ci sostiene lungo qualsiasi strada
decidiamo di intraprendere, proprio perchè l’amico certo si
conosce nell’incerto.”
A. Schopenhauer: “Tutti voi avete ragione ma mi preme
sottolineare che questa necessità d’amicizia dell’essere umano
non deve controllarci e spingerci ad accettare chiunque si
avvicini a noi, poichè sappiamo benissimo: chi è amico di tutti
non è amico di nessuno.”
Anche se le materie umanistiche possono sembrare a molti superflue e inutili, ricordate che
insegnano sempre qualcosa, che il più delle volte non ha nulla a che vedere con la nostra
quotidianità, con ciò che materialmente “serve”. Proprio questo loro aspetto dovrebbe farcele
amare, perchè noi non siamo solo corpo, lavoro, studio...
Nutrite l’anima perché la fame la trasforma in una belva che divora cose che non tollera e
da cui resta avvelenata ~ B. K. S. Iyengar
Vanessa Borgobello
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R
Global warming:
il destino del mondo non è ancora stato scritto
La terra ha la febbre. Nel corso degli ultimi due secoli, le attività degli uomini hanno
modificato i perfetti ritmi della natura. Basti pensare all’equilibrio che c’era tra noi umani
e l’ambiente che ci circonda, ciò che per noi è uno scarto, la CO2, per quest’ultimo è un
elemento indispensabile per la propria sopravvivenza e crescita. Purtroppo nell’ultimo
secolo si è registrato un grande aumento di sostanze “nocive” chiamate “gas serra”.
Questo fenomeno è principalmente causato dalle nostre attività che ricavano energia
tramite la combustione di carbone, legno e gas. La richiesta di elettricità è continuamente
in crescita e, per fronteggiarla, l’industria energetica fa affidamento su processi non
alternativi che contribuiscono ad incrementare l’inquinamento. Inoltre, con il fenomeno
della deforestazione, l’ambiente non è più in grado
di smaltire la stesa CO2 che assorbiva agli inizi dello
scorso secolo. Dall’invenzione della macchina a
vapore, la concentrazione di gas è aumentata di circa
il 40%, causando l’innalzamento delle temperature
medie di oltre 1° centigrado. Il 2015 è stato l’anno più
caldo mai registrato. Tutti questi gas in eccesso (CO2,
metano, azoto) non si disperdono omogeneamente
nell’atmosfera ma si concentrano e agiscono da filtro,
limitando l’uscita delle radiazioni solari e trattenendo sulla terra troppo calore. Un
eccesso di radiazioni comporta l’aumento della temperatura con il relativo innalzamento
del livello dei mari per effetto dello scioglimento delle calotte polari e dell’espansione
del volume dell’acqua. Come conseguenza
essa inizierà a sommergere le coste e le
città sul mare come, ad esempio, Venezia.
Inoltre l’acqua si riscalderà rendendo così i
nostri mari adatti a specie di pesci tropicali
che danneggiano gravemente l’ecosistema.
Inoltre l’acqua sarà prevalentemente salata,
quindi inutilizzabile.
Se però analizziamo queste attuali e
future problematiche da un punto di vista
scientifico, ci rendiamo conto che esistono
progetti concreti per minimizzare, se non si riescono ad evitare, le conseguenze di questi
scenari disastrosi. Ad esempio, molti Stati sono pronti a finanziare la costruzione di una
gigantesca diga di contenimento posta sullo Stretto di Gibilterra capace di regolare il
livello del Mediterraneo, in modo da salvaguardare il profilo costiero e l’ecosistema.
Inoltre sono già attivi centri di depurazione per il rifornimento di acqua dolce. Ma
questi sono rimedi-tampone, non possono costituire l’unica risposta.
27
R
Il surriscaldamento globale causa, infatti, altri effetti gravissimi, oltre a quelli
analizzati. Le stazioni metereologiche stanno registrando cambiamenti
climatici non tipici delle zone in cui si verificano e, soprattutto, non totalmente
prevedibili. Tra qualche decina d’anni dovremo imparare a convivere con
eventi estremi come uragani, i tornado e altre tempeste. Le alluvioni diverranno
più frequenti, alternate a periodi di siccità e temperature elevate. Alcune zone
temperate andranno incontro alla desertificazione, con conseguente estinzione
di specie animali e vegetali. Insomma,
se non troveremo a breve delle soluzioni
efficaci, questo sarà lo scenario del mondo
tra alcuni decenni.
Evitare la catastrofe ambientale è l’obiettivo
di Cop21, la XXI Conferenza mondiale sul
Cambiamento Climatico Onu, svoltasi a
Parigi dal 30 novembre all’11 dicembre
2015, attraverso il contenimento del
riscaldamento globale del Pianeta entro la soglia di 2 gradi centigradi prima della fine
del secolo. I 195 Paesi presenti hanno sottoscritto un Protocollo al fine di attuare da subito
azioni concrete per diminuire drasticamente le emissioni di anidride carbonica. Si tratta
soprattutto di sfruttare le fonti di energia rinnovabili (ad esempio quella fotovoltaica,
eolica, mareomotrice e solare). Purtroppo queste istallazioni costano e le spese necessarie
non sono sostenibili da tutti; perciò molti stati più poveri preferiscono utilizzare ancora
combustibili fossili e gas, accusando i paesi più ricchi di egoismo poiché vogliono far
pagare a loro le spese di un inquinamento che non hanno provocato in passato, ma di cui
ora sono in gran parte responsabili. Altre soluzioni sono, ad esempio togliere gli incentivi
alle fonti fossili, anzi, tassarle; supportare il risparmio energetico; promuovere i trasporti
su ferrovia e su acqua; creare piste
ciclabili, ecc.
Personalmente credo che ritornare
agli equilibri originali sia ormai
impossibile, tuttavia penso che se ogni
paese contribuisse al meglio, potremmo
almeno salvaguardare ciò che ci resta.
Viviamo in un mondo in cui l’energia
è tutto. Basti pensare a quando c’è
un temporale e per qualche ora non
abbiamo più la corrente elettrica: ci
sentiamo perduti, ci sembra quasi di vivere in un altro mondo. Quindi, o torniamo a
vivere senza corrente, o dobbiamo impegnarci a diventare sempre più “green”, evitando
gli sprechi, utilizzando l’auto il meno possibile, ecc. Forse non sarà molto, ma siamo sette
miliardi, quindi se tutti saremo più consapevoli verso l’ambiente il risultato sarà enorme.
Riccardo Pizzolitto
28
E
Odio e indifferenza
“Il contrario dell’amore non è l’odio, ma l’indifferenza. L’odio è spesso una variante
impazzita dell’amore. L’indifferenza invece riduce a nulla l’altro, non lo vedi neppure,
non esiste più. E nessuno ha il diritto di ridurre a nulla un uomo. L’indifferenza
avvelena la terra, ruba vita agli altri, uccide e lascia morire; è la linfa segreta del
male.” (E. Ronchi).
L’odio è sempre stato classificato come il sentimento peggiore, il contrario dell’amore
(che, invece, viene visto fin dall’antichità come quello più nobile). Ma siamo sicuri
che sia corretto considerarlo così? Partiamo dalla definizione: è un sentimento umano
che si esprime in una forte avversione o una profonda antipatia. Sicuramente è un
sentimento molto profondo, che ci può portare a una grande fatica psicologica. Ma a
chi fa male veramente odiare? A chi assume questo comportamento o alla persona a
cui è rivolto? Per esprimere il concetto
userò i termini “odiante” e “odiato”,
in analogia con i termini “amante” e
“amato”(i primi svolgono l’azione, i
secondi la subiscono).
“L’odio non sempre nuoce a chi è odiato;
sempre a chi odia.” (A. Graf). Se ci
pensiamo bene, ricevere odio non ha
una grande utilità. Se una persona
prova ciò nei miei confronti, è molto
probabile che a me non porti alcun
danno o dispiacere, mentre “l’odiante”
mette tutto se stesso per esprimere il suo
sentimento all’altro. Chi dà si impegna,
nel bene e nel male. Se uno ama, lo fa con tutto il cuore e l’emozione lo cattura e lo
coinvolge totalmente, se uno odia, è improbabile che lo faccia in modo superficiale,
perché in quel caso chiamerebbe questa “forza” antipatia. L’odio è più grande. L’odio
è potente. L’odio travolge tutto e stravolge la visione delle cose. Fa vedere tutto nero.
Un nero profondo, nel quale neanche uno spiraglio di luce è autorizzato a entrare. Già:
non è autorizzato, non è che non ci riesce. Chi odia lo fa con passione, e non permette a
niente e a nessuno di stravolgere questo modo di guardare il mondo. Non tutti possono
odiare, bisogna impegnarsi. “L’odio mira in alto.” (Tito Livio). Forse è un po’ più nobile
di quanto si possa pensare.
Amare è permesso a tutti, odiare è un privilegio di pochi. Per parlare bene dell’argomento,
è necessario conoscerne le due tipologie di odio che lo psicologo tedesco Fromm
individuò nel secolo scorso: quello reattivo e quello determinato dal carattere. Partiamo
dal primo, definito come il risultato di una profonda ferita o di una situazione dolorosa
e immutabile di fronte alla quale ci si sente impotenti. Alla radice c’è dunque una
brutta esperienza che ha avuto il potere di tirare fuori da una persona una sua parte
buia. Come un colpo di fulmine, si è totalmente catturati e rapiti. Odiare qualcuno
29
E
ci fa stare male in questo caso, perché ci fa venire in mente qualcosa di triste
di cui non vorremmo mai parlare; e invece portiamo odio, un sentimento
fortissimo che, a questo punto, non è poi così contrario all’amore. Pensiamo
alla situazione o alla persona che ci ha fatto così male, e invece di mostrare
indifferenza, tiriamo fuori un odio che fa male solo a noi, che ci fa sentire
ancora peggio, dato che all’odiato ciò non porta né gioie né dolori. Alla fine,
stiamo solo dando importanza al soggetto di tanto odio, che, di conseguenza, ci
piacerà sempre di meno. Facciamo un esempio: una persona ci ha trattati particolarmente
male, e noi la odiamo. Quando rivediamo questa persona, magari a distanza di tempo,
ci ricorderemo dalle sue cattiverie, e subito dopo sentiremo l’amarezza dell’odio che
provavamo al tempo. E ancora una volta stiamo male solo noi. L’altra tipologia di
odio è determinato dal carattere. La differenza principale rispetto all’odio reattivo
risiede nella predisposizione di una persona
ad odiare, ad essere ostile. Lo psicologo
aggiunge in questo caso una specificazione:
la persona mostrerebbe un particolare tipo
di soddisfacimento nell’odio, particolarità
che non è presente invece nell’odio reattivo.
A questo tipo di persone piace odiare. La
loro “forza” è diversa. A loro risulta più
facile odiare, essendo predisposti a ciò, e
aspettano solo un’occasione.
Ora mi soffermo su una frase scritta poche
righe fa, in cui dicevo che spesso proviamo
odio invece che indifferenza. É perciò
importante fare una distinzione tra le due
cose. L’odio è un sentimento, che non va a sua
volta confuso con l’ira e con la rabbia, che sono emozioni. Le emozioni vengono intese
come risposte a situazioni interne o esterne, i sentimenti si riferiscono all’interiorità più
profonda di una persona, e possono invadere la mente, cambiare le persone. Esiste poi
l’indifferenza, che svuota l’uomo dalla sua caratteristica vitale: la capacità di provare
sentimenti e di relazionarsi col mondo circostante. Questa, a contrario dell’odio, fa male
a chi la riceve. Sentirsi ignorato è anche peggio di avere la consapevolezza di essere il
soggetto dell’odio altrui.
“Mi odino pure, purché mi temano.” (Cicerone). In fin dei conti l’odio è una forma per avere
le attenzioni altrui, un modo per avere una certa importanza e, anche se magari non è
tanto gradevole, si può accettare se porta a qualcosa che viene considerato superiore,
come, nella citazione, al rispetto dovuto alla paura. L’indifferenza invece fa male, e in
questo caso sconvolge poco il mondo e la mente (che poi sono la stessa cosa) di colui
che la prova, mentre può essere frustante per il soggetto che viene ignorato. “A volte
l’indifferenza e la freddezza fanno più male che l’avversione dichiarata.” (J.K. Rowling). Chi
prova indifferenza è una persona malvagia, a contrario di chi prova odio. L’indifferenza
è cattiva. “Il vero nemico non è la morte, vogliamo combattere le malattie? Combattiamo
la più terribile di tutte: l’indifferenza.” (P. Adams). “L’indifferenza è l’ottavo vizio
capitale.” (A. Gallo).
Le citazioni sull’indifferenza sono molto più forti di quelle sull’odio. Forse l’odio
30
E
non è poi così cattivo come sentimento. Forse è solamente triste.
Come mai ho parlato proprio di questo argomento?
Non è facile rispondere. Ho voluto parlare di un problema di attualità, ma
non da un punto
di vista politico, economico
o ecologico. Ho pensato
che ciò che ci è più vicino
forse siamo solo noi stessi,
con i nostri pensieri, idee e
sentimenti. I comportamenti
dell’uomo non sono mai
scontati o insensati, c’è
sempre un motivo; una
causa primordiale. Da dove
nasce l’odio? Sembra che
l’odio inizialmente sia un
sentimento rivolto nei confronti di se stessi nel momento in cui ci si sente “sbagliati”
o inadatti agli occhi delle persone con cui dobbiamo vivere, come se non ci si sentisse
opportuni alla società. Anche se si odia una persona, la si odia perché rappresenta
proprio ciò che non ci piace del mondo circostante.
Da questo profondo malessere interiore nascono l’invidia, l’egoismo e in fine l’odio,
che può riguardare la famiglia, gli amici o la società in assoluto. L’odio si può vedere
come una manifestazione di questa paura di non essere all’altezza, di non essere ciò che
altri vorrebbero che noi fossimo. Sentirsi inadeguati è un peso sul cuore, e può dunque
manifestare la sua frustrazione nell’odio, altrettanto desolante come sentimento.
Penso perciò che l’odio, l’indifferenza e la tristezza siano temi che ci riguardano da molto
vicino, che appartengono alla nostra società e con i quali siamo costretti a convivere.
Il tema è molto attuale, e ritengo che ogni tanto sia opportuno fermarci e lasciare un
attimo da parte ciò che succede fuori e soffermarci su ciò che avviene nelle menti e nei
cuori degli altri e di noi stessi. Senza odio staremmo senza dubbio tutti meglio. Ma è
un’utopia. La società ha da sempre imposto e sempre imporrà dei canoni e dei prototipi
da seguire a tutti i costi. Chi non sta al passo, è sbagliato e inferiore. Lo impone la
società, quella in cui viviamo e dalla quale dobbiamo cercare di “sopravvivere”.
Bisogna però ricordare che la società siamo noi, decidiamo noi e noi soltanto. Noi
creiamo malessere, noi odiamo e riceviamo odio. E’ un cerchio infinito. E’ assillante.
Imponiamo l’odio e non ci piace provarlo. Che società assurda la nostra. Siamo proprio
portati a fare cose sbagliate.
Federica Cesarano
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Le frasi celebri della 4^ B
Sablich: “A cosa poteva servire il vapore nel
erano tutti contadini”
1700?”
Cicalese: “Che cos’ il legame covalente dativo?”
Classe: “Le macchine.”
Giorgino: “Dipende dalla declinazione”
Sablich: “Certo, sono state inventate prima le
macchine e il treno è arrivato nel 1800!”
Parlando di trappole usate in campo militare.
Maran: “Era in ritardo.”
Sablich: “... era una trappola così semplice e stupida
da...”
Sablich alla classe: “Non possiamo tenere i neuroni Pedronetto: “Da fare il maggior numero di morti”
in condominio!”
Sablich: “Non proprio il maggiore”
Giorgino: “Basta che paghino l’affitto.”
Pedronetto: “Allora il minore”
Sablich: “No...”
Sablich: “I puritani come misuravano il favore di Pedronetto: “Allora maggiore uguale!”
Dio?”
Sablich: “Nemmeno!”
Pedronetto: “Con il termometro.”
Giorgino: “Devi prima studiare il segno zio!”
Giorgino è alla lavagna.
Cicalese: “Scrivi la nomenclatura IUPA di NaH”
Giorgino: “Sodruro”
F
Sablich: “... e si accomulano”
Tola: “Un accomulo o un accumulo?”
Tola: “Ma poi, con l’apostrofo?”
Sablich: “Si può dire LA accumulo, secondo te?”
Sablich: “Trovate un termine per indicare
“Presidente defunto” riferito a Nelson Mandela” Sablich: “ Alcune estati fa, ho letto tutto Verga.”
Cerbone: “Trapast president”
Tola: “Ma la voglia di leggere Verga l’ha trovata?”
Sablich: “Che cosa significa former?”
Sablich: “Cosa significa unendingly?”
Classe: “Riformatore, candidato...”
Gigante: “Io ho sentito solo ding ding dong”
Pedronetto: “Hanno sbagliato sul libro: è farmer,
Le frasi celebri della 3^ B
Lucilli: “Dovete sapere che nella vita a
volte vi sbattete tanto per non concludere
niente, come nel caso di questa equazione: ci
mettere tanto tempo a farla e alla fine non ci
sono soluzioni.”
famiglia all’anno?”
Edo: “Boh, non so... Un milione?”
Lucilli: “Accendiamo la luce che c’è un clima
da fumeria di oppio.”
Floriana: “Chi è l’esponente della Teoria
Geocentrica?”
Mario: “Il Papa.”
Bidella: “Salve Prof, il professor Romanelli
chiede la chiave per l’aula di fisica.”
Tessarin: “Non so chi sia”
Musu: “Willing is different form generous.”
Benjamin: “I usually confond the meaning.”
Musu: “Tell me something about Marquez.”
Benjamin: “Marquez is a motorcicle.”
Benjamin: “Quante mucche mangia una
Musu: “Tu non devi andare a ripetizioni, devi
andare in manicomio.”
Meneghel: “ Pugna in che caso è?”
Mario: “Neutro.”
Floriana: “Quando dico Socrate è anziano,
che cos’è Socrate?”
Mario: “Anziano.”
Tessarin: “K2 può essere zero, allora?”
Benamin: “No”
Tessarin: “Allora K dove vale zero?”
Benjamin: “K2?”
32
A
Problemi “in rete”
Vengono definiti “cyberbullismo” gli atti di bullismo e molestia che vengono compiuti
attraverso i nuovi mezzi di comunicazione: chat, cellulare, forum, email, social network.
Essere vittime di questo tipo di violenza significa rimanere intrappolati in situazioni
che possono fare molta paura e dalle quali spesso non si sa come uscire: non è
per niente piacevole, oltre ad essere molto pericoloso, per questo
bisogna prestare molta attenzione quando “cybercomunichiamo”.
Esistono varie modalità con cui i ragazzi, al
giorno d’oggi, realizzano atti di bullismo, ad
esempio: diffondere pettegolezzi attraverso
qualsiasi mezzo elettronico; condividere
foto o video che ritraggono la vittima in una
situazione imbarazzante; creare, sui social
media, profili falsi, o, addirittura, rubarli;
minacciare fisicamente la vittima o insultarla. Purtroppo recenti casi di cronaca hanno
evidenziato una crescente diffusione dei casi
di cyberbullismo tra i giovani. Spesso i ragazzi
vengono
presi di mira per motivi futili quali l’aspetto
fisico,
l’orientamento
sessuale, le relazioni sentimentali, il modo di vestirsi. Le conseguenze di questi atti
sono gravissime: isolamento, rifiuto della scuola, depressione e perfino suicidio.
L’incremento dei social media, poi, non è d’aiuto. Infatti molte vittime sono state prese
di mira nei social più conosciuti come facebook, ask.fn, twitter. Un comportamento
molto “in voga” oggi su facebook è la creazione di profili falsi per prendere in giro
la gente. Ne è la prova il programma televisivo “Catfish-false identità”, trasmesso da
MTV, nel quale alcune persone raccontano la loro storia. Nella maggior parte dei casi le
vittime si innamorano della persona conosciuta sullo schermo che, nella realtà, si rivela
essere completamente diversa. I ragazzi che creano profili falsi spesso si rendono conto
di ciò che hanno fatto e se ne pentono, mentre in altri casi lo scopo era proprio quello di
prendere in giro e di illudere la gente. Come già detto prima, facebook, oltre ad essere un
social network molto diffuso tra i ragazzi per tenersi in contatto con gli amici e per fare,
a loro volta, nuove amicizie, può essere anche un sito pericoloso. Ne è l’esempio il caso
di una ragazzina di 13 anni che, qualche tempo fa, uscita da scuola, ha fatto accesso al
proprio profilo facebook e ha trovato un gruppo creato dai suoi compagni di classe del
quale facevano parte tutti i suoi coetanei che la odiavano. Ogni giorno, in quel gruppo,
venivano scritti insulti sempre più pesanti facendo stare male la bambina al punto che
ha cominciato a rifiutarsi di andare a scuola. Dopo questo caso è stata effettuata una
ricerca tra tremila studenti delle scuole medie e superiori; è stato riscontrato che ben il
30% dei ragazzi intervistati hanno subito almeno una volta un’aggressione online e per
una cinquantina di loro ciò avviene anche più frequentemente.
Un caso ancora più grave di cyberullismo è la tristissima e famosa storia di Amanda
Todd. Al secondo anno di scuola media Amanda fece una webcam con degli amici
per conoscere gente nuova. Durante una conversazione, un estraneo l’avrebbe
convinta a fotografarsi il seno nudo per poi ricattarla, minacciando di mostrare la
33
A
foto ai suoi amici se non si fosse mostrata a seno nudo in un video. La polizia
informò la famiglia che le foto della ragazza giravano online. Amanda restò
traumatizzata manifestando stati d’ansia, depressione e forti attacchi di panico.
La ragazza iniziò anche a fare uso di droghe e alcol. La famiglia cercò invano
di aiutarla trasferendosi in altre città. Dopo un anno il ricattatore si rifece
vivo creando un profilo di Amanda la cui foto la ritraeva in topless. Ancora
una volta la ragazza fu costretta a trasferirsi. Sperando in un futuro migliore,
Amanda si riavvicinò ad un vecchio amico che la convinse ad avere rapporti
sessuali. Una settimana dopo, davanti a scuola, Amanda fu picchiata ripetutamente
dalla fidanzata di questo presunto amico e da altri ragazzi. Dopo questo spiacevole
episodio, Amanda fu trovata in fin di vita in un fosso da suo padre. Tentò il suicidio
una prima volta ingerendo candeggina, ma per fortuna si salvò grazie all’intervento
dei soccorsi. Al ritorno a casa, Amanda lesse commenti offensivi sul tentato suicidio.
Il suo stato mentale peggiorò, facendola diventare autolesionista. A causa dell’ansia la
ragazza assumeva antidepressivi che la portarono all’overdose. Prima di suicidarsi, la
ragazza postò un video su youtube dove raccontava la sua storia. Amanda morì il 10
ottobre 2012, ingerendo per la seconda volta della candeggina. Ancora oggi il suo video
è presente su youtube ed è famosissimo in tutto il mondo.
Non solo facebook, tuttavia, è l’ambiente ideale per il cyberbullismo. Più recente è il
social ask.fn , un sito basato sul meccanismo di domande e risposte, con più di 60 milioni
di utenti. Già in passato il social è
stato messo sotto accusa per il fatto
di essere “ostaggio” del bullismo
in rete. Ne è un esempio il caso di
Aurora, una ragazzina di 14 anni
che, dopo aver ricevuto insulti
anonimi sul sito, si è suicidata
lanciandosi dal sesto piano del
suo palazzo. Commenti offensivi
come “Sei bruttissima. Ma quanti
anni hai? 10?” si leggevano sul suo
profilo ask. La ragazza non si era
mai sentita bella, ma quei commenti
crudeli e gratuiti avevano affossato
ancora di più la sua autostima, inducendola al suicidio. Nessun messaggio spiegava
il gesto dell’adolescente; solo uno stato su facebook risalente a due giorni prima della
morte, che diceva: “quella voglia di andare via e di non tornare più”.
Dopo le accuse ricevute, i creatori del social lo hanno ottimizzato segnalando qualsiasi
domanda o risposta che contenga insulti e bestemmie che vengono poi eliminati. Anche
twitter è stato migliorato. Dopo aver ricevuto segnalazioni di minacce e molestie, e
dopo la stretta sui contenuti a luci rosse, la piattaforma introduce un filtro per i post che
arrivano da profili sospetti e che contengano minacce, spam, insulti, offese oppure un
linguaggio particolare. Questi tweet vengono eliminati dalle notifiche.
Per non rischiare di rimanere intrappolati in un episodio di cyberbullismo, non è
necessario smettere di usare internet e il cellulare; si deve stare semplicemente stare
molto attenti ed è bene conoscere ciò che si può o non si può fare quando si
utilizzano le nuove tecnologie per comunicare. A questo scopo sono utilissime le
conferenze a scuola con le forze dell’ordine che si occupano di questi illeciti, come
è successo varie volte nel nostro istituto.
Sara Milosev
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F
le frasi celebri della 2^A
Mattia Muraro al McDonald’s di Dublino.
Mattia: “Sorry, can I have a big cock please?”
Commessa, ridendo: “What?”
Mattia: “A big cock!”
Commessa: “Would you like a big coke?”
Mattia: “Yes, yes”
Turchet viene chiamato dalla Sablich per
correggere un esercizio, lui fa finta di niente.
Sablich: “Turchet hai fatto i compiti?”
Turchet: “Sì prof!”
La Sablich si avvicina: “Vediamo”
Turchet: “Certo prof che li ho fatti, solo che ho
utilizzato una nuova penna che scrive invisibile”
Verifica di storia su Cesare
Domanda: traduci la frase di Cesare “Alea iacta
est”
Santorso: “Alesia è stata distrutta”
le frasi celebri della 4^AL
Qualcuno:«Cosa significa cast?»
Sablich:«Cos’è il cast di un film?»
Classe:«L’insieme di attori che
partecipato a quel film»
Prof:«E cosa significa miscast?»
Caterina:«La più bella del cast»
hanno
Sablich (rivolta alla classe):«Che ceppi ci sono
in questa lingua?»
Classe:«Latino...»
Sablich:«Si, poi?»
Classe:«...»
Sablich:«I Normanni... cosa portano i
Normanni?»
Romano:«Il pesce»
Interrogazione di inglese
Sablich:«So, read the prologue but first tell me
something»
Romano:«Something»
Elisa:«Prof gliel’ha servita su un piatto
d’argento»
Sablich:«Ma io non so!»
Ora di spagnolo, lettura di un testo. La classe
incontra il verbo colgar.
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Fraulin:«Questo verbo ha più significati: può
voler dire “riattaccare al telefono” oppure
“impiccarsi”; per questo in Spagna non
vendono il dentifricio Colgate, perchè è la
seconda persona singolare dell’imperativo del
verbo impiccarsi»
Ora di spagnolo, si analizzano alcune frasi della
canzone rivoluzionaria “La cucaracha”.
Fraulin:«Provate a cercare su Internet la canzone
così sentiamo come si canta...»
Enrico trova il brano su Youtube, non sapendo,
però, che si trattava di una parodia: “La
cucaracha, la cucaracha, ya no puede caminar.
Porque no tiene, porque le falta... marijuana
que fumar”
Ora di fisica. Tessarin spiega l’argomento
mediante un esempio.
Tessarin:«Immaginate di colpire il corpo con
una mazza da bowling...»
Classe:«Con cosa?»
Tessarin:«Ehm... volevo dire una mazza da
baseball. Per favore non segnatemi sul libretto»
(forse intendeva il giornalino)
“Gli Albatroz” presentano
Woyzeck
Liberamente tratto da
WOYZECK
di Georg Büchner
Gli Albatroz
R
“Il Poeta assomiglia al principe dei nembi
Che abita la tempesta e ride dell’arciere “
(Charles Baudelaire)
Gli albatri sono volatili di mare tra i più grandi della terra e l’albatro urlatore ( diomedea
axulans) è l’ uccello vivente con l’apertura alare più grande del mondo.
Il nostro volo ci ha portati a scoprire un testo molto diverso dall’Ubu re dello scorso anno, con atmosfere
meno grottesche e decisamente più intime, vibranti ed “umane”.
La difficile ma appassionante ricerca di una naturalezza e semplicità sulla scena sono state alcune delle
linee guida del nostro lavoro,accanto ad alcuni sprazzi di leggerezza che animano a tratti un testo di
una certa intensità.
Un viaggio dentro l’animo umano, ricco di tenerezze, contraddizioni, inquietudini e grandezza.
Questo il viaggio che abbiamo provato a percorrere, nel tentativo di dare luce all’intensità di un giovane
talentuoso e tormentato, come fu Georg
Bűchner(1813-1837)
Il gruppo teatrale
“Gli Albatroz”
Trama
dell’ ISTITUTO di ISTRUZIONE SECONDARIA
di LATISANA e LIGNANO
presentano WOYZECK
dall’omonima opera di Georg Büchner
regia di Susanna Paravano
I personaggi
Celeghin Giulia
Cominotto Giovanni
Crivello Gloria
Doremi Teresa
D’Orlando Federica
Foschia Laura
Lyulchak Kseniya
Matellotto Sara
Mores GianMarco
Moro Tommaso
Russo Margherita
Tecchio Giulia
Traina Valentina
Zamburlini Marco
Andrès; Ragazza
Tamburmaggiore
Voci; Ragazza
Voci; Ragazza
Imbonitore
Marie
Imbonitore
Voci; Ragazza; Nonna
Dottore; Sottufficiale
Capitano
Marie
Imbonitore
Professore; Ragazza
Woyzeck
Accompagnamento musicale
Lyulchak Kseniya
mercoledì 25 MAGGIO
ore 20,45
Teatro Odeon - Latisana
Il dramma presenta scene tratte
dalla vita del soldato semplice Franz
Woyzeck, che cerca in tutti i modi
di sostenere la sua compagna Marie
(non sono sposati) ed il loro figlio.
Per guadagnare qualche soldo in più
diventa cavia di un dottore per alcuni
esperimenti. Marie però si lascia
lusingare e lo tradisce con un ufficiale.
Il crescente sospetto di Woyzeck viene
attizzato dalla conversazioni con la
gente, finché non sorprende Marie ed
il rivale ad un ballo presso una taverna.
La sua follia lo porta ad attaccare
l’ufficiale, ma infine una voce nelle
sue allucinazioni gli dice di uccidere la
donna.
Il dramma è incompiuto, quindi
non sappiamo come Buchner
avrebbe concluso la vicenda, noi
ne abbiamo dato una personale
visione,cercando di rispettare la
sensibilità dell’autore.
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E
Noi non siamo numeri,
siamo molto di più
Arrivata ormai al quinto
anno del Liceo Scientifico credo sia giusto e necessario, come si suol dire, tirare le
somme. Questo si può fare su diversi fronti, ponendosi quindi domande differenti,
come, ad esempio, cosa realmente conosciamo; se abbiamo capito qual è il nostro
mondo di appartenenza; se sappiamo quale strada intraprendere dopo il diploma;
se siamo stati in grado di creare dei veri
rapporti umani con chi è stato
con noi nel corso degli anni... e
molte altre ancora. Ma ciò su
cui vorrei soffermarmi e quindi
riflettere assieme a voi, partendo
dalla mia esperienza personale,
riguarda il modo con cui noi
studenti affrontiamo le verifiche,
che ovviamente caratterizzano
un qualsiasi percorso di studi.
In alcuni momenti infatti, se
un determinato argomento ci
interessa particolarmente, il
nostro modo di approcciarci
è entusiastico, in altri invece è
spensierato come può esserlo
al ritorno da un periodo di vacanza, in altri ancora è passivo
e rassegnato, come se osservassimo gli incessanti compiti succedersi al pari di
piovose giornate autunnali... Al di là però dello spirito con cui le sosteniamo,
è importante chiedersi, a mio avviso, per capire chi siamo forse non solo
scolasticamente parlando, e cosa realmente ci importi. Mi spiego: noto sempre
più una discrepanza tra gli studenti, tanto da pensare che si potrebbero quasi
dividere in due grandi “categorie” eterogenee: gli ossessionati dalla valutazione, e
la minoranza rimanente che si pone in modo critico e costruttivo davanti ai propri
errori. E quindi vi chiedo: a quale delle due pensate di appartenere? A cosa date
realmente importanza?
Capire i nostri comportamenti, comprendere come pensiamo e perchè, credo sia
fondamentale non solo per migliorare in quanto studenti ma ancor più in quanto
persone, poichè, come accennavo in precedenza, credo che l’alunno in ognuno
di noi, altro non sia che il riflesso di chi siamo realmente, è una parte del tutto
e in quanto tale non può non riprenderne determinati aspetti. Perciò coloro che
danno importanza esclusivamente ai voti, ai risultati fini a se stessi. saranno forse
persone concrete, orgogliose, per nulla intenzionate a deludere le aspettative
proprie e altrui, e avranno mille altri pregi e altrettanti difetti come ogni persona
del resto, ma lasciatemelo dire, hanno tutto l’aspetto di “semplici contenitori”.
Si limitano superficialmente a portare a termine un compito, a ripetere concetti
o ragionamenti riempendosi letteralmente di fatti ed informazioni, trovandosi
37
E
a volte in difficoltà nel momento di interpretare, di esprimere la
loro opinione, di argomentare. Alcuni si concentrano nello specifico
in determinate materie d’indirizzo tralasciando addirittura le altre,
per loro di scarsa importanza, pensando così di assicurarsi la fama
e non certamente la conoscenza. Come non conoscrere, ad esempio,
chi ha la media del nove in greco ad un Liceo Classico? Praticamente
impossibile! Ed è questo il punto: chi alle superiori non ha ancora
capito che a scuola si dovrebbe andare per imparare, per arricchire
se stessi, allora non è degno di essere conosciuto (ci tengo a sottolineare che
fortunatamente c’è chi merita davvero i voti che ha, e che la mia riflessione esula
dal caso singolo).
E questo comportamento, o modo di essere, viene alimentato da un sistema
scolastico per molti versi sbagliato, caratterizzato da un interminabile programma
da seguire, docenti sull’orlo di una crisi di nervi nel cercare di non perdere il
timone di questa nave in balia delle onde e infine noi, passeggeri che, con o
senza mal di mare, cerchiamo di restare a bordo.
Ecco che, in questo scenario, la prima “categoria di studenti” risulta avvantaggiata
rispetto a chi invece attribuisce maggior importanza alla qualità dello studio che
richiede però più tempo, allo sviluppo di proprie riflessioni, a chi è convinto,
ad esempio, che
un sette meritato
valga molto più
di un otto in
parte
regalato,
a n d a n d o
ben
oltre
la
valutazione.
Ebbene dal mio
modesto punto
di vista sono
quest’ultime
le persone che
i professori e,
più in generale,
la Scuola stessa
dovrebbero
tenere
in
considerazione,
ma ancor prima notare, perchè molte volte anche loro sembrano non voler
vedere la realtà che li circonda.
La Scuola dovrebbe essere un’istituzione composta da esseri pensanti pronti un
domani ad affrontare il mondo con i loro meriti, con le loro capacità acquisite e
sviluppate negli anni, con i loro pregi e i loro difetti.
Non buttiamo anni della nostra istruzione pensando sempre e solo alle verifiche,
alla media, ai voti... Noi non siamo numeri, siamo molto di più.
Vanessa Borgobello
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Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero:
Caporedattrici
Vanessa Borgobello
Sara De Cecco
Alessia Molinaro
Redattori esterni
Michelle Ba
Federica Cesarano
Alessia Guarnieri
Collaboratori esterni
Jetmir Ameti
Gaia Cesarin
Sara Milosev
Elisa Nardi
Riccardo Pizzolitto
Docenti referenti
Rinaldo Fabris, Elga Galasso, Chiara Sablich
Si ringraziano in modo particolare:
Il personale che si è adoperato per la riproduzione di questo numero; gli studenti che hanno
raccolto le frasi celebri.
disegno della copertina
Anonimo Liceale