Sessione V VITE COORDINATORE G. BELLI Istituto di Patologia Vegetale Università di Milano 1 Organismi patogeni di qualità degli vite Digiaro M., S. Pollastro2, P. La Notte3, A. Santomauro2, R. M. De Miccolis Angelini 2, N. Vovlas4 PREMESSA 1. Funghi 1.1. Escoriosi, Necrosi corticale 1.2. Peronospora della vite 1.3. Oidio o Mal bianco della vite 1.4. Mal dell’esca 1.5. Eutipiosi 1.6. Verticillosi 1.7. Marciume radicale fibroso 1.8. Marciume radicale lanoso 2. Nematodi 2.1. Xiphinema index 3.Virus 3.1. Virus dell’ arricciamento 3.2. Accartocciamento fogliare 3.3. Legno riccio PREMESSA I DD.MM. del 14/4/1997 hanno introdotto una nuova categoria di materiali di moltiplicazione definita C.A.C. (Conformitas Agraria Communitatis) per la quale sono richiesti requisiti fitosanitari minimi per la commercializzazione. Tale normativa riguarda tutte le specie vegetali di interesse agrario ad eccezione della vite. Tale esclusione è dovuta alla preesistente normativa che regola la produzione e la commercializzazione dei materiali di propagazione della vite classificandoli nelle categorie “base”, “certificato” e “standard”. In base alle norme del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1164 del 24/12/69 (e successive modifiche ed integrazioni) che ha recepito la Direttiva Comunitaria 193/68, per le categorie “Base” e “certificato” è richiesta l’esenzione da “malattie da virus nocivi, in particolare da malformazioni infettive e accartocciamento fogliare” senza alcun riferimento agli agenti causali, mentre per i materiali “standard” non è richiesta alcuna garanzia sanitaria, se non, genericamente, che “le colture destinate alla loro produzione devono essere mantenute esenti da piante che presentino sintomi di malattie da virus” (D.P.R. n.518 del 18/05/1982). La normativa, considerata all’avanguardia nel 1968, risulta oggi, a trent’anni dalla sua emanazione, carente e obsoleta. Il susseguirsi di emanazioni di Decreti non ha fatto altro che generare confusione tra gli operatori del settore agricolo e, paradossalmente, la vite, prima ed unica specie assoggettata ad un regime di certificazione obbligatoria per il suo precario stato sanitario, risulta oggi, fra le specie certificate, quella sottoposta al regime di produzione e commercializzazione meno severo e puntuale. Inoltre, la difficoltà di costituire materiale certificato rispondente ai requisiti sanitari attualmente richiesti per l’omologazione dei cloni determina, soprattutto per le varietà ad interesse locale e minori, l’impiego ad oltranza del materiale di categoria “standard”. Il grande malcontento tra gli operatori del settore viticolo suggerisce, soprattutto per agli aspetti fitosanitari, l’esigenza di una revisione della normativa comunitaria che prenda in considerazione anche altri patogeni, tra virus, funghi e batteri, trasmissibili attraverso il materiale di propagazione. I ricercatori impegnati in questo progetto hanno quindi proposto, anche per la vite, nonostante la stessa sia stata esclusa dai succitati DD.MM., un elenco di patogeni che per comprovate esperienze sono da ritenersi pregiudizievoli della qualità del materiale di propagazione stesso. Per ciascuno di questi è stata quindi realizzata una scheda in cui è riportato l’inquadramento sistematico, le piante ospiti, la distribuzione geografica, le modalità di diffusione, la sintomatologia, la modalità di diagnosi e i principi su cui si basa la lotta. Inoltre, si è ritenuto utile indicare anche le fasi del processo produttivo che possono creare le condizioni per una possibile infezione (punti critici), gli obblighi che vivaisti e Servizio fitosanitario devono rispettare e, infine, alcuni consigli pratici rivolti agli agricoltori. In particolare, per quanto riguarda i funghi sono state inserite le specie responsabili dell’Escoriosi, Eutipiosi, Mal dell’esca, Marciume radicale fibroso e lanoso e Verticillosi, tra i nematodi Xiphinema index e, per quanto riguarda i virus, le specie responsabili dell’Arricciamento Accartocciamento fogliare e Legno riccio. o Degenerazione infettiva, 1. FUNGHI 1.1. Escoriosi, Necrosi corticale (Tav. I) Agente eziologico: Phomopsis viticola Inquadramento sistematico (Hawksworth et al, 1995): Fungo mitosporico In accordo alla precedente e più nota classificazione: Divisione Sottodivisione Classe Ordine Famiglia Genere Specie Eumycota Deuteromycotina Coelomycetes Sphaeropsidales Sphaeropsidaceae Phomopsis Phomopsis viticola (Sacc.) Sacc. Distribuzione geografica. Tutte le aree di coltivazione. Modalità di diffusione Lo svernamento del patogeno avviene in forma di micelio e di picnidi che si differenziano in modo consistente in inverno, soprattutto su tralci infetti di un anno e sui sarmenti lasciati sul terreno dopo la potatura. In primavera, dai picnidi maturi vengono estrusi, in cirri mucillaginosi, i picnoconidi di due tipologie (α e β) che sono trasportati da schizzi di pioggia sulla vegetazione recettiva. Solo i conidi di tipo α sono infettivi. Il trasporto a lunga distanza è operato essenzialmente con l’impiego di materiale di propagazione infetto. Le prime infezioni avvengono dopo 3-4 settimane dalla ripresa vegetativa; la penetrazione avviene sia per via stomatica che mediante lesioni presenti sui giovani tralci. Piante ospiti. Vite Sintomatologia I sintomi si manifestano su tutte le parti verdi della pianta e cominciano a comparire poco dopo la ripresa vegetativa. Internodi basali dei germogli (primi 4-5): è possibile osservare la presenza di tacche nero-violacee (più o meno estese o confluenti) che possono interessare anche l’intera circonferenza del germoglio stesso. Sui tralci, tali aree si presentano depresse, grigiastre e circondate da una banda nero-violacea. Nella parte basale dei sarmenti, si osservano fessurazioni longitudinali, più o meno superficiali che possono cingere completamente i tessuti basali del germoglio. Durante l’inverno, le spaccature e le lacerazioni restano ben evidenti sui sarmenti; il periderma assume una colorazione prima biancastra e poi grigiastra a causa di infiltrazioni d’aria nelle cellule corticali. Su queste aree, poi, appaiono dei minuscoli punti scuri, i picnidi del fungo. La pianta può assumere un aspetto cespuglioso e presentare una ridotta vigoria per lo stentato o mancato sviluppo dei tralci, causato dalla morte delle gemme basali. Nei casi più gravi è possibile osservare la morte di intere branche o di tutta la pianta. Foglie: su entrambe le pagine fogliari, in genere dei primi quattro o cinque nodi, si può osservare la presenza di minute aree clorotiche che necrotizzano nella parte centrale. Quando numerose queste possono determinare bollosità e distorsioni delle foglie che tendono a cadere prematuramente. Grappoli: sui rachidi possono manifestarsi gli stessi sintomi descritti per i tralci. La comparsa di sintomi (marciume secco) sulle bacche è un evento raro nell’area mediterranea. Diagnosi Osservazione dei sintomi in campo con rilievi a carico di foglie e germogli in primavera e/o in estate, isolamenti in coltura e osservazioni al microscopio. Lotta Di rilevante importanza interventi agronomici preventivi (scelta varietale e sanità del materiale di propagazione). È necessario evitare il ricorso a pratiche colturali che incrementano il vigore vegetativo della pianta. La malattia può essere fortemente limitata con la copertura dei vigneti ad uva da tavola con teli di polietilene per forzare l’anticipo di maturazione. Interventi chimici: da prevedere solo nei vigneti di cultivar suscettibili ove sia stata rilevata la presenza della malattia. Per gli interventi proteggenti, da eseguire a partire dalla schiusura delle gemme (germogli di 3-5 cm), possono essere impiegati folpet, mancozeb e methiram; in seguito (dopo 7-10 giorni) sono da preferire formulati contenenti mancozeb perché associa un’attività antiperonosporica. Lo zolfo bagnabile ad alte dosi presenta efficacia incostante, mentre gli inibitori della biosintesi degli steroli e di azoxystrobin e kresoximethyl, analoghi di sintesi delle strobiruline presentano attività solo parziale. Punti critici Per i vivaisti: il materiale di moltiplicazione deve provenire da piante madri ubicate in appositi campi; per la costituzione del campo di piante madri deve essere utilizzato materiale proveniente da viti prive di sintomi di escoriosi; le piante madri devono essere ben identificabili e sottoposte a regolari controlli per verificarne lo stato sanitario. Prestare molta attenzione alla sanità delle piante e del vigneto se le marze o le gemme devono essere prelevate da impianti commerciali. Per gli agricoltori: al momento dell’impianto, prestare molta attenzione alla sanità del materiale di propagazione. Consigli pratici Per gli agricoltori: durante la potatura asportare al meglio tutti i tessuti infetti; ove la malattia è presente, evitare la trinciatura e l’interramento dei sarmenti o l’accantonamento degli stessi, ma raccogliere i residui di potatura e distruggerli col fuoco. Disinfettare gli attrezzi di potatura; Per i Servizi fitosanitari: esecuzione di ispezioni in campo ed analisi micologica da tralci e foglie di piante sospette. TAVOLA I b a c d e f Escoriosi o necrosi corticale della vite: a) sintomi su germogli e rachidi; b) sintomi su foglia; c) sintomi su tralci; d) picnidi e cirri; e) conidi α; f) conidi β. 1.2. Peronospora della vite (Tav. II) Agente eziologico: Plasmopara viticola Inquadramento sistematico (Hawksworth et al., 1995) Phylum Ordine Famiglia Genere Specie Oomycota Peronosporales Peronosporaceae Plasmopara Plasmopara viticola (Berk. et Curt.) Berl. et De Toni Distribuzione geografica Tutte le aree di coltivazione. Modalità di diffusione La conservazione durante i mesi invernali avviene mediante le oospore presenti nelle foglie cadute sul terreno. In condizioni ambientali favorevoli le oospore germinano producendo macroconidi contenenti le zoospore. Queste, trasportate da schizzi d’acqua sulla vegetazione, sono responsabili delle infezioni primarie. In seguito, sugli organi infetti, vengono prodotti gli zoosporangi e le zoospore responsabili dei successivi cicli di infezione. Piante ospiti: Vite Sintomatologia I sintomi si manifestano su tutte le parti della pianta. Foglie: I primi sintomi si osservano sulla pagina superiore dove si formano zone decolorate rotondeggianti simili a macchie d’olio che, successivamente, possono divenire necrotiche. In condizioni di elevata umidità, sulla pagina inferiore, in corrispondenza delle macchie d’olio, è osservabile la formazione di efflorescenze biancastre costituite dalle sporificazioni del patogeno. Verso la fine dell’estate i sintomi si presentano in forma di piccole macchie necrotiche di forma poligonale delimitate dalle nervature (peronospora a mosaico). Filloptosi anticipata. Grappoli: Le infiorescenze possono essere infettate già da prima della fioritura, manifestando allessamenti e talora una caratteristica conformazione ad “S” del rachide; in seguito, se le condizioni ambientali sono favorevoli al fungo, possono essere ricoperte della caratteristica muffa bianca costituita dalle sporificazioni del patogeno. Sulle bacche, le infezioni determinano un marciume secco. Più tardivamente, quando le bacche hanno quasi raggiunto le dimensioni definitive, può manifestarsi un marciume bruno nella zona peduncolare delle bacche con i tessuti che acquistano una consistenza tenace e presentano un limite ben definito rispetto ai tessuti sani della porzione apicale; questi sintomi non sono accompagnati dalla presenza di sporificazioni del fungo (peronospora larvata). Germogli: è possibile rilevare la comparsa di aree prima idropiche, poi livide e quindi necrotiche, accompagnate da spaccature longitudinali, sulle quali può differenziarsi un’efflorescenza biancastra costituita dalle sporificazioni del patogeno. Diagnosi. Osservazione dei sintomi in campo, camera umida e osservazioni al microscopio. Lotta Interventi chimici: Nel periodo compreso fra il germogliamento e l’inizio della fioritura e dopo l’allegagione, intervenire alla comparsa delle prime macchie d’olio eseguendo con tempestività un paio di trattamenti con cymoxanil (persistenza 3-5 giorni), per sfruttarne la capacità di bloccare infezioni in atto. In seguito, si possono eseguire applicazioni di formulati a più lunga persistenza, da cadenzare sulla base della pressione di malattia e della persistenza dei fungicidi impiegati, sino a quando l’andamento meteorologico è favorevole alle infezioni. Qualora l’estensione del vigneto renda impossibile la tempestività degli interventi, in tali periodi possono essere eseguiti trattamenti cautelativi se nella zona sono state osservate macchie d’olio e le condizioni meteorologiche sono favorevoli alla malattia; in tal caso preferire formulati con persistenza di 10-12 giorni. Anche in assenza di infezioni, sono consigliati due trattamenti cautelativi da eseguire uno all’inizio ed uno alla fine della fioritura. In fase di invasatura, sono consigliabili 1-2 trattamenti di chiusura con composti rameici. I principi attivi sono i composti rameici, mancozeb, methiram, dimethomorph, azoxystrobin, cymoxanil, famoxadone, fenilammidi (benalaxyl, metalaxyl, oxadixyl), phosethyl-Al. Punti critici Per i vivaisti: curare la protezione delle piante, in particolare delle barbatelle innestate. Per gli agricoltori: in condizioni ambientali favorevoli al patogeno, tenere sotto costante sorveglianza il vigneto. Consigli pratici Per gli agricoltori: equilibrare le concimazioni e le irrigazioni; evitare un eccessivo vigore vegetativo e di carico di produzione; effettuare la potatura verde e la sistemazione dei tralci ed una idonea preparazione dei grappoli. Per il Servizio fitosanitario: esecuzione di ispezioni in campo, camera umida e osservazioni al microscopio. TAVOLA II b a c e d f Peronospora della vite: a) macchia d’olio; b) peronospora larvata; c) rami sporangiofori e sporangi; d) sintomi su infiorescenze; e) sintomi su germogli; f) sporificazioni su grappoli. 1.3. Oidio o Mal bianco della vite (Tav. III) Agente eziologico: Uncinula necator Inquadramento sistematico (Hawksworth et al., 1995): Phylum Ordine Famiglia Genere Specie Ascomycota Erysiphales Erysiphaceae Uncinula Uncinula necator (Schw.) Burr. Distribuzione geografica. Tutte le aree di coltivazione. Modalità di diffusione Il patogeno può svernare come micelio e conidi nelle gemme o in forma di cleistoteci; la diffusione delle infezioni è affidata ai conidi prodotti sugli organi infetti e trasportati dal vento. Pianta ospite. Vite. Sintomatologia I sintomi si manifestano su tutte le parti della pianta. Grappoli: Le bacche sono suscettibili alle infezioni sino all’invaiatura. I sintomi consistono in una tenue efflorescenza bianco grigiastra costituita dal micelio, dai conidiofori e dai conidi del patogeno, al di sotto dei quali, si riscontra una reticolatura necrotica Le bacche precocemente infette possono non svilupparsi e/o andare incontro a spaccature anche molto profonde. Sintomi analoghi sono osservabili su rachide e peduncoli. Foglie: Macchie rotondeggianti clorotiche, osservabili su entrambe le pagine fogliari, sulle quali può svilupparsi una tenue efflorescenza costituita dai conidiofori e dai conidi del patogeno. Successivamente, leggeri fenomeni necrotici a carico delle nervature. Germogli e tralci: Lesioni reticolate simili a quelle descritte sugli altri organi, che restano evidenti in forme di tacche brune anche dopo la lignificazione. Diagnosi: osservazione dei sintomi in campo e osservazioni al microscopio. Lotta Nella fase fra germogliamento e inizio fioritura possono essere necessari trattamenti con zolfo o dinocap solo nei seguenti casi: vigneti coperti da reti antigrandine, vigneti in cui si sono verificate gravi infezioni nell’annata precedente, cultivar particolarmente suscettibili; vigneti in cui, a causa di particolari condizioni microclimatiche, le infezioni sono più precoci della norma. Trattamenti preventivi sono da eseguire subito prima della fioritura e a fine fioritura; nelle fasi comprese fra allegagione e invaiatura, le applicazioni devono essere modulate in funzione della persistenza dei prodotti impiegati e della pressione della malattia; per evitare il rischio di insorgenza di resistenza è consigliabile alternare fungicidi con diverso meccanismo d’azione. Nei vigneti ad uva da tavola coperti per posticipare la raccolta, dopo l’invaiatura sono consigliabili trattamenti con zolfo in polvere per prevenire le infezioni tardive a carico dei rachidi. I pricipi attivi impiegabili sono zolfo, quinoxyfen, dinocap, azoxystrobin, IBS (hexaconazole, fenarimol, fenbuconazole, myclobutanil, nuarimol, penconazole, pyrifenox, tebuconazole, tetraconazole, triadimenol) e l’antagonista Ampelomyces quisqualis. Punti critici Per i vivaisti: curare la protezione delle piante, in particolare delle barbatelle innestate. Per gli agricoltori: prevenire l’insediamento del fungo nel vigneto. Consigli pratici Per gli agricoltori: equilibrare le concimazioni e le irrigazioni; evitare l’eccessivo vigore vegetativo e di carico produttivo. Effettuare la potatura verde, le sistemazione dei tralci e una idonea preparazione dei grappoli. Alternare fungicidi con diverso meccanismo d’azione. Per il Servizio fitosanitario: ispezioni in campo nei periodi primaverile ed estivo. TAVOLA III a b c d f e g Oidio della vite: efflorescenze su a) foglie, b) grappoli; c) sintomi su tralci d) rami conidiofori; e) conidi; f) cleistoteci su foglie; g) aschi erompenti da cleistoteci. 1.4. Mal dell’esca (Tav. IV e V) Agente eziologico. Malattia/e ad eziologia complessa causate da una molteplicità di organismi fungini dei quali non sono ancora stati chiariti i ruoli specifici e se essi agiscano in associazione, in successione fra loro o in maniera indipendente; le specie più costantemente associate alla malattia sono Fomitiporia punctata (= Phellinus punctatus), Phaeomoniella chlamydospora e alcune specie di Phaeoacremonium, in particolare P. aleophilum, P. inflatipes e P. angustius. Inquadramento sistematico In accordo alla precedente e più nota classificazione: Phylum Classe Ordine Famiglia Genere Specie Basidiomycota Teliomycetes Hymenochaetales Hymenochaetaceae Fomitiporia (= Phellinus) Fomitiporia punctata (P. Karst.) Murril [= Phellinus punctatus (Fr.) Pilàt] Divisione Sottodiv. Classe Ordine Famiglia Genere Specie Eumycota Deuteromycetes Hyphomycetes Chaetothyriales Herpotrichiellaceae Phaeomoniella Phaeomoniella chlamydospora (W. Gams, Crous, M.J. Wingf. et L. Mugnai) Crous et Gams: fungo mitosporico. Divisione Sottodiv. Classe Ordine Famiglia Genere Specie Eumycota Deuteromycetes Hyphomycetes Hyphomycetales Dematiacae Phaeoacremonium Phaeoacremonium aleophilum W. Gams, Crous, M.J. Wingf. et L. Mugnai; Phaeoacremonium inflatipes W. Gams, Crous et M.J. Wingf.; Phaeoacremonium angustius W. Gams, Crous et M.J. Wingf.: funghi mitosporici. Distribuzione geografica. Funghi ubiquitari. Modalità di diffusione In mancanza di informazioni certe è prudente ritenere che la malattia possa essere trasmessa attraverso il materiale di moltiplicazione (barbatelle e talee) e con gli attrezzi di potatura. F. punctata si diffonde mediante basidiospore trasportate dal vento. P. chlamydospora e le diverse specie di Phaeoacremonium possono diffondere mediante conidi trasportati da schizzi d’acqua. Piante ospiti Funghi polifagi, patogeni di numerose piante arboree di interesse agrario (agrumi, drupace, melo, olivo, vite, ecc.) e forestale (acacia, carpino, quercia, ecc.). Sintomatologia Nel periodo compreso tra giugno e settembre il mal dell’esca si manifesta sui grappoli, e/o sulle foglie di singole branche o di piante intere. I sintomi della malattia si manifestano sia esternamente, a carico di foglie e grappoli, sia internamente, nel legno del ceppo e delle grosse branche. Foglie: Sintomo caratteristico, anche se non specifico, è la comparsa di macchie clorotiche delle dimensioni di pochi millimetri che, successivamente, tendono ad ingrandirsi e a confluire fino a formare una variegatura clorotica variabile dal giallastro al rosso-bruno che si estende dai tessuti del margine a quelli internervali (clorosi a ventaglio) rispettando le nervature principali. Grappoli: All’invaiatura, o poco prima, possono comparire macchie puntiformi bruno violacee a distribuzione irregolare, o confluenti a formare bande longitudinali sulla superficie delle bacche; la maculatura interessa solo l’epicarpo del frutto e non si estende ai tessuti sottostanti. Germogli: Ritardo della lignificazione. Zone non lignificate di colore verde scuro, frammiste ad altre parzialmente significate. Perdita di turgore. In primavera inoltrata e in estate si può avere la morte di alcuni germogli o di branche intere; parte delle gemme possono germogliare in ritardo. I tessuti, osservati in sezione, sono completamente imbruniti e disidratati. Ceppo: In sezione longitudinale piante giovani mostrano generalmente striature bruno nerastre. Su piante adulte o in età avanzata, il sintomo più frequente è la carie del legno che riguarda generalmente solo la zona più interna del ceppo; il tessuto legnoso appare fortemente disorganizzato e degradato, ha colorazione bianco giallastra, consistenza spugnosa ed è facilmente disgregabile. Lungo il ceppo possono formarsi spaccature longitudinali quando la carie si estende fino in prossimità della corteccia. L’espressione dei sintomi descritta per foglie e grappoli non è costante da un anno all’altro e i sintomi riscontrati su una pianta possono non evidenziarsi affatto nell’anno successivo. La malattia può anche avere un decorso acuto che porta la pianta a morte improvvisa; ciò accade generalmente in luglio-agosto. In tali casi, la progressione ha andamento basipeto, al contrario di quanto accade nella forma cronica. Diagnosi Osservazione dei sintomi in campo. Osservazione delle alterazioni a carico del legno e isolamenti in coltura. Lotta Non disponendo all’attualità fungicidi specifici ed efficaci per il controllo della fitopatia, l’unica forma di lotta è affidata alla prevenzione. Punti critici Per i vivaisti: il materiale di moltiplicazione deve provenire da piante madri ubicate in appositi campi. Per la costituzione di campi di piante madri deve essere utilizzato materiale proveniente da viti esenti da sintomi apparenti di mal dell’esca. Le piante madri devono essere ben identificabili e sottoposte a regolari controlli, al fine di garantirne lo stato sanitario. In attesa dell’allestimento di fonti primarie è possibile utilizzare piante localizzate in impianti commerciali, purché facilmente e costantemente individuabili, come piante madri. Estirpare tempestivamente dal campo di piante madri, viti che presentino carie del legno e/o basidiocarpi. I substrati utilizzati per la saldatura degli innesti devono essere sterili e non riciclati. Per gli agricoltori: al momento dell’impianto, prestare molta attenzione alla sanità del materiale di propagazione. Consigli pratici Per gli agricoltori: identificare le piante che presentano sintomi di mal dell’esca nel periodo estivo. Capitozzare o rimuovere tempestivamente le piante con sintomi di mal dell’esca. Preferire forme di allevamento che non comportino grossi e frequenti tagli di potatura. Proteggere le ferite da taglio. Durante la potatura lasciare per ultime le piante che abbiano manifestato sintomi di mal dell’esca. Disinfettare gli attrezzi per la potatura. Evitare l’utilizzo di materiale di propagazione di dubbia origine. Per i Servizi fitosanitari: ispezioni in campo nel periodo estivo. TAVOLA IV a b c d Mal dell’esca e imbrunimenti delle barbatelle: a) sintomi su foglie di ‘Victoria’ di un anno di età; b) sintomi su foglie; c) sintomi su grappoli; d) pianta apoplettica. TAVOLA V Tavola 5 - Mal dell’esca e imbrunimenti delle barbatelle: a) colonia di Phaeomoniella chlamydospora; b) punteggiature necrotiche in sezione trasversale; c) striature necrotiche in sezione longitudinale; d) carie incipiente; e) basidiocarpo di Fomitiporia punctata su ‘Italia’. 1.5. Eutipiosi Agente eziologico: Eutypa lata Inquadramento sistematico Phylum Ordine Famiglia Genere Specie Ascomycota Xylariales Xylariaceae Eutypa Eutypa lata (Pers.:Fr.) Tul. et C. Tul. [=Eutypa armeniacae Hansf. et Carter] Distribuzione geografica. fungo ubiquitario. Modalità di diffusione Il patogeno sverna in forma di periteci immersi in uno stroma nerastro e continuo sulla superficie di cancri e branche morte; in ambienti ad inverni miti dai periteci del patogeno, che raggiungono al maturità in primavera, fuoriescono subito dopo una pioggia le ascospore che sono disseminate dal vento. I periteci possono mantenersi vitali per almeno cinque anni. All’interno dei tessuti il patogeno si conserva in forma di micelio e sulla superficie di cancri è possibile trovare i picnidi che, con l’umidità favorevole, emettono dei cirri gelatinosi contenenti numerosi conidi filiformi. È prudente ritenere che la malattia possa essere trasmessa attraverso il materiale di moltiplicazione (barbatelle e talee) e con gli attrezzi di potatura. Piante ospiti Fungo polifago, attacca più di 80 specie vegetali legnose, frutticole, forestali e ornamentali con preferenza per albicocco, mandorlo, vite, melo e pero. Sintomatologia La malattia si manifesta nel primissimo periodo di sviluppo della vite principalmente a carico di foglie e germogli; i sintomi della malattia si manifestano anche internamente, nel legno del ceppo e delle grosse branche. Foglie: Le giovani foglie si presentano deformate, convesse e clorotiche, spesso si osserva la presenza di aree necrotiche in prossimità dei margini. Grappoli: Possono presentarsi fortemente acinellati. Germogli: I germogli, che hanno dimensioni di 20-25 cm, si presentano deformati e clorotici, gli internodi possono presentarsi fortemente raccorciati. Ceppo: In sezione trasversale le piante mostrano aree a settore di colore bruno nerastre. L’espressione dei sintomi può essere mascherata dalla espressione di altre sintomatologie dovute ad altri patogeni del legno. Diagnosi Osservazione dei sintomi in campo. Osservazione delle alterazioni a carico del legno e isolamenti in coltura. Lotta Non disponendo all’attualità fungicidi specifici ed efficaci per il controllo della fitopatia, l’unica forma di lotta è affidata alla prevenzione. Punti critici Per i vivaisti: il materiale di moltiplicazione deve provenire da piante madri ubicate in appositi campi. Per la costituzione dei campi di piante madri deve essere utilizzato materiale proveniente da viti esenti da sintomi di eutipiosi e di mal dell’esca. Le piante madri devono essere ben identificabili e sottoposte a regolari controlli, al fine di garantirne lo stato sanitario. In attesa dell’allestimento di fonti primarie è possibile utilizzare come piante madri piante localizzate in impianti commerciali, purché facilmente e costantemente individuabili. I substrati utilizzati per la saldatura degli innesti devono essere sterili e non riciclati. Per gli agricoltori: al momento dell’impianto, prestare molta attenzione alla sanità del materiale di propagazione. Consigli pratici Per gli agricoltori: identificare le piante che presentano sintomi di eutipiosi e mal dell’esca nel periodo estivo. Rimuovere tempestivamente le piante sintomatiche. Preferire forme di allevamento che non comportino grossi e frequenti tagli di potatura. Proteggere le ferite da taglio. Potare per ultime e piante sintomatiche. Disinfettare gli attrezzi per la potatura. Evitare l’utilizzo di materiale di propagazione di dubbia origine. Per i Servizi fitosanitari: ispezioni in campo nel periodo estivo. 1.6. Verticillosi Agente eziologico: Verticillium dahliae Inquadramento sistematico (Hawksworth et al., 1995) Phylum Ordine Famiglia Genere Specie Ascomycota Hypocreales Hypocreacae Verticillium Verticillium dahliae Kleb. Distribuzione geografica Fungo ubiquitario. Modalità di diffusione Le infezioni frequentemente si sviluppano quando le piante vengono messe a dimora in terreni che avevano in precedenza ospitato colture particolarmente suscettibili al patogeno. Sui residui della coltura precedente, così come nel terreno, è possibile rinvenire la presenza si microsclerozi che possono sopravvivere anche diversi anni in assenza dell’ospite. Dai microsclerozi si sviluppa il micelio del patogeno che, quindi, si propaga mediante la produzione di conidi prodotti da fialidi portate su caratteristici rami conidiofori. La via di penetrazione nell’ospite favorita è l’apparato radicale. E’ prudente ritenere che la malattia possa essere trasmessa attraverso il materiale di moltiplicazione (barbatelle e talee) e con gli attrezzi di potatura. Piante ospiti Fungo polifago, patogeno di piante arboree (drupacee, olivo, vite, ecc.) e ortive (carciofo, melanzana, melone, patata, peperone, pomodoro, ecc.). Sintomatologia Durante la prima fase di sviluppo della coltura le piante non mostrano sintomi ma con l’incremento della temperatura e la riduzione dell’umidità del terreno è possibile rinvenire la presenza di germogli che disseccano. Con l’avanzare delle infezioni si può osservare il deperimento generale della pianta o di sue parti e l’appassimento progressivo delle foglie. La malattia provoca la morte della pianta in un tempo variabile a seconda delle condizioni pedoclimatiche e dello stato vegetativo della pianta colpita. Diagnosi Osservazione dei sintomi in campo. Osservazione delle alterazioni a carico del legno e isolamenti in coltura. Lotta Non disponendo di fungicidi specifici ed efficaci per il controllo della fitopatia, l’unica forma di lotta è affidata alla prevenzione. Punti critici Per i vivaisti: il materiale di moltiplicazione deve provenire da piante madri ubicate in appositi campi. Per la costituzione dei campi di piante madri deve essere utilizzato materiale proveniente da viti esenti da sintomi. Le piante madri devono essere ben identificabili e sottoposte a regolari controlli, al fine di garantirne lo stato sanitario. Devono essere scartati a priori gli appezzamenti nei quali sia stata in precedenza rinvenuta la presenza di casi attribuibili a vericillosi. In attesa dell’allestimento di fonti primarie è possibile utilizzare come piante madri, viti localizzate in impianti commerciali, purché facilmente e costantemente individuabili. I barbatellai devono essere allestiti in impianti che non abbaiano in precedenza ospitato colture particolarmente suscettibili al patogeno. I substrati utilizzati per la saldatura degli innesti devono essere sterili e non riciclati. Per gli agricoltori: al momento dell’impianto, prestare molta attenzione alla sanità del materiale di propagazione. Evitare di impiantare il vigneto in terreni in cui siano stati ospitati in precedenza colture suscettibili al patogeno e siano stati rinvenuti casi di verticilliosi. Evitare le consociazioni, anche di bordo, con colture ortive particolarmente suscettibili alla verticillosi. Consigli pratici Per gli agricoltori: nel periodo estivo identificare le piante che presentano sintomi di verticillosi. Rimuovere tempestivamente le piante sintomatiche. Potare per ultime le piante sintomatiche. Disinfettare gli attrezzi per la potatura. Evitare l’utilizzo di materiale di propagazione di dubbia origine. Evitare le consociazioni con ortive particolarmente suscettibili. Per i Servizi fitosanitari: ispezioni in campo nel periodo estivo. 1.7. Marciume radicale fibroso (Tav. VI) Agente eziologico: Armillaria mellea Inquadramento sistematico (Hawksworth et al., 1995) Phylum Classe Ordine Famiglia Genere Specie Basidiomicota Basidiomycetes Agaricales Tricholomataceae Armillaria Armillaria mellea (Vahl: Fr.) P. Kumm. Distribuzione geografica. Fungo ubiquitario. Modalità di diffusione Il fungo si conserva principalmente, se non esclusivamente, su residui radicali. Questi, venuti in contatto con radici suscettibili, colonizzano i tessuti dell’ospite mediante le rizomorfe. La trasmissione pianta a pianta è quindi il principale sistema di diffusione della malattia. Il movimento di tessuti infetti con le operazioni colturali (arature, irrigazioni ecc.) può comunque contribuire alla diffusione del patogeno. I basidiocarpi a maturità rilasciano le basidiospore che vengono trasportate dal vento. Piante ospiti Il patogeno è polifago; può infettare numerose piante arboree da frutto e forestali, ma anche piante ornamentali e spontanee, fra le quali molte di quelle costituenti la macchia mediterranea. Sintomatologia Deperimento della pianta, vegetazione stentata, clorosi diffusa e appassimento progressivo delle foglie. La malattia provoca la morte della pianta in un tempo variabile a seconda delle condizioni pedo-climatiche e dello stato vegetativo della pianta colpita. Apoplessia. Sintomi specifici sono osservabili a livello del colletto e/o delle radici dove è rilevabile un feltro micelico biancastro localizzato nella zona sottocorticale. Può essere osservata anche la presenza di rizomorfe e/o dei corpi fruttiferi del patogeno. Diagnosi Osservazioni in campo. Isolamenti in coltura. Osservazioni al microscopio. Lotta Non vi sono interventi chimici specifici ed efficaci per il controllo della fitopatia e l’unica forma di lotta è affidata alla prevenzione. Punti critici Per i vivaisti: il materiale di moltiplicazione deve provenire da vivai ubicati in appositi campi; devono essere scartati a priori gli appezzamenti nei quali siano stati precedentemente osservati casi di marciumi radicali; i campi devono contemplare una fascia di bordo di almeno 10 metri, costantemente lavorata, devono essere isolati dall’afflusso delle acque superficiali e non presentare problemi di ristagno idrico. Per gli agricoltori: negli appezzamenti che hanno ospitato in precedenza fruttiferi o vite e nei quali siano stati osservati casi di marciume radicale, rimuovere accuratamente tutte le radici della coltura precedente in occasione delle lavorazioni profonde; evitare colture suscettibili per i successivi 4-5 anni (terreno a riposo o coltivato a cereali). Consigli pratici Per gli agricoltori: in presenza di piante interessate da marciume radicale, rimuovere prima possibile le piante infette con il loro apparato radicale, lasciare aperte le buche ed eventualmente distribuirvi calce idrata. Non rimpiazzare le piante morte o estirpate. Evitare di trasportare il terreno infetto da un punto all’altro dell’appezzamento con le lavorazioni (ove possibile lasciare per ultime le zone interessate dai marciumi e provvedere ad una attenta pulizia dei mezzi meccanici). Per i Servizi fitosanitari: esecuzione di ispezioni in campo; isolamenti in coltura da materiale sospetto; tempestiva segnalazione. 1.8. Marciume radicale lanoso (Tav. VI) Agente eziologico: Rosellinia necatrix Inquadramento sistematico (Hawksworth et al., 1995) Phylum Ordine Famiglia Genere Specie Ascomycota Xylariales Xylariaceae Rosellinia Rosellinia necatrix Prill Distribuzione geografica. Fungo ubiquitario. Modalità di diffusione Il micelio è la principale via di diffusione e conservazione del patogeno. In condizioni di particolare umidità del terreno, il patogeno si sviluppa sulle radici dell’ospite. I conidi, che vengono comunque prodotti sui tessuti infetti, non sembrano essere capaci di germinare e quindi si ritiene che non siano coinvolti nella disseminazione della malattia. Sulla superficie dei tessuti dell’ospite, immersi in agglomerati ifali, si possono molto raramente differenziare i periteci. Piante ospiti Il patogeno è polifago e può infettare numerose piante coltivate (drupacee, vite, ecc.) e spontanee. Sintomatologia Deperimento generale della pianta, vegetazione stentata, clorosi diffusa e appassimento progressivo delle foglie; la malattia provoca la morte in un tempo variabile a seconda delle condizioni pedo-climatiche e dello stato vegetativo della pianta colpita. Apoplessia. Sintomi specifici sono osservabili a livello del colletto e/o delle radici dove è rilevabile un feltro micelico biancastro localizzato nella zona sottocorticale. Osservazioni al microscopio permettono di distinguere il patogeno per la presenza, sulle ife, di vescicole ampolliformi in prossimità dei setti. Diagnosi Osservazioni in campo, isolamento in coltura, osservazioni al microscopio. Lotta Non essendo disponibili fungicidi specifici ed efficaci per il controllo della fitopatia e l’unica forma di lotta è la prevenzione. Punti critici Per i vivaisti: il materiale di moltiplicazione deve provenire da piante madri ubicate in appositi campi; devono essere isolati dall’afflusso delle acque superficiali e non presentare problemi di ristagno idrico; le piante madri devono essere ben identificabili e sottoposte a regolari controlli, atti a garantire lo stato sanitario. I barbatellai devono essere allestiti in campi nei quali non sia stata rinvenuta in precedenza la presenza del patogeno. Per gli agricoltori: negli appezzamenti che hanno ospitato in precedenza fruttiferi o vite e nei quali siano stati osservati casi di marciume radicale, rimuovere accuratamente tutte le radici della coltura precedente in occasione delle lavorazioni profonde. Evitare colture suscettibili per i successivi 4-5 anni (terreno a riposo o coltivato a cereali). Consigli pratici Per gli agricoltori: in presenza di piante interessate da marciume radicale, rimuovere prima possibile le piante infette con il loro apparato radicale, lasciare aperte le buche ed eventualmente distribuirvi calce idrata. Non rimpiazzare le piante morte o estirpate. Evitare di trasportare il terreno infetto da un punto all’altro dell’appezzamento con le lavorazioni; ove possibile lasciare per ultime le zone interessate dai marciumi e provvedere ad un’attenta pulizia dei mezzi meccanici. Per i Servizi fitosanitari: eecuzione di ispezioni in campo; isolamenti in coltura da materiale sospetto; tempestiva segnalazione. TAVOLA VI a b c d e f a) b) c) d) e) f) g) g conidiofori di Rosellinia necatrix; colonia di Rosellinia necatrix; micelio di Rosellinia necatrix; famigliole di Armillaria mellea; micelio di Armillaria mellea su radici; colonia di Armillaria mellea con rizomorfe; rizomorfe su radici. 2. NEMATODI 2.1. Xiphinema index (Tav. VII) Premessa Le specie del genere Xiphinema sono in grado di trasmettere solo particelle virali di forma poliedrica (NEPO). Tra i nepovirus trasmessi da membri di questo genere, particolare importanza riveste il “Grapevine fanleaf virus” che ha come principale vettore il nematode Xiphinema index. Il trasferimento delle particelle virali dal nematode alla pianta avviene al momento dell’assunzione dell’alimento mediante l’ausilio del lungo stiletto boccale del nematode. In genere, anche un solo individuo infetto presente nel terreno è in grado di trasmettere la malattia. Inquadramento sistematico Famiglia Genere Specie Xiphinema Xiphinema index, Thorne & Allen, 1950 Distribuzione geografica. Il nematode è strettamente legato alla presenza della specie ospite. Modalità di diffusione Come tutti i nematodi, la diffusione avviene attraverso attrezzi da taglio, acqua e materiale di propagazione. Piante ospiti L’ospite più importante di questa specie è la vite. Fico e rosa tuttavia sono da considerarsi altrettanto buoni ospiti poiché permettono una notevole riproduzione del parassita. Sintomatologia “Galle” radicali, terminali o sub-terminali, indotte dall’azione trofica del nematode e sintomatologia di malattia virale sulla parte aerea della pianta. Danni I danni provocati dalle infezione di questa specie sono: a) di natura meccanica, e consistono in deformazioni dell’apparato radicale che compromettono la funzionalità della radice stessa, e b) manifestazioni di sintomi e malattie virali da virus trasmessi durante l’attività trofica del nematode. Diagnosi Identificazione a livello di specie basata sulla morfometria, che esamina una serie di parametri diagnostici ben precisi. Lotta La lotta agronomica, lasciando per 2-3 anni il terreno infetto senza ospiti del nematode, accompagnata dall’uso di mezzi di lotta chimica (nematocidi) possono risultare sufficienti a bonificare appezzamenti infetti e renderli idonei all’uso. Norme fitosanitarie Analisi nematologiche preventive e l’uso di materiale virus-esente sono le norme base per la riuscita di un nuovo impianto. Xiphinema index Caratteri morfometrici di Xiphinema index : stiletto odontostilo lunghezza totale : 2.9-3.3 mm lunghezza stiletto : 190-206 µm odontostilo : 119-129 µm odontoforo : 63-78 µm posiz. % della vulva : 38-40 mucrone : 9-13 µm anello guida esofago odontofor Gonade posteriore ano mucrone vulva TAVOLA VII Sintomi di infezione virale (virus del mosaico giallo) in vigneto fortemente infestato dal nematode Xiphinema index Galle radicali terminali e sub-terminali indotte dall’azione di nutrimento del nematode. 3. VIRUS ED AGENTI VIRUS-SIMILI 3.1. Virus dell’ arricciamento (Tav. VIII) Inquadramento sistematico Famiglia Genere Specie Acronimo Comoviridae Nepovirus Grapevine fanleaf virus GFLV Malattia/Avversità Complesso della degenerazione infettiva o dell’arricciamento della vite. Distribuzione geografica GFLV è presente in tutti gli areali di coltivazione di Vitis vinifera e dei portinnesti ibridi di viti americane. Modalità di diffusione Trasmissibile per innesto e, in natura, attraverso i nematodi della specie Xiphinema index, con modalità di trasmissione di tipo semipersistente. Considerata la bassa mobilità del vettore, la malattia in campo si diffonde a piccole chiazze. La trasmissione a grande distanza avviene col materiale di propagazione infetto. Piante ospiti GFLV attacca esclusivamente la vite. Sintomatologia sugli ospiti naturali La sintomatologia varia in funzione dei ceppi virali coinvolti, che possono essere malformanti o cromogeni. Nel primo caso la sindrome è denominata “malformazioni infettive” e si manifesta con alterazioni a carico delle foglie (ravvicinamento delle nervature principali a ventaglio, alterazione della simmetria, distorsioni e riduzioni dei lembi fogliari, irregolarità della dentellatura dei margini, laciniature, mosaici primaverili), dei germogli (andamento a zig-zag, raccorciamento degli internodi, nodi doppi, fasciazioni) e dei grappoli (fasciazioni ed a volte biforcazioni, acinellatura). I ceppi cromogeni del “giallume infettivo” inducono sintomi, tipicamente primaverili, di mosaico giallo, variabili per intensità (da clorotico a giallo intenso) e forma (mosaico, maculature anulari, perinervali, ingiallimento diffuso) a carico delle foglie, viticci, germogli e infiorescenze. Sui grappoli l’infezione determina colatura dei fiori ed acinellatura verde, con riduzioni nella produzione che possono superare anche il 50%, e peggioramento qualitativo per la riduzione del contenuto in zuccheri. Diagnosi Trasmissione meccanica a Chenopodium amaranticolor e C. quinoa, Gomphrena globosa, Cucumis sativus, Phaseolus vulgaris, Nicotiana occidentalis. ELISA e/o RT-PCR su campioni costituiti da un cocktail di giovani foglie apicali in primavera o su trucioli di floema ottenuti da talee legnose. Saggio biologico sull’indicatore V. rupestris St. George. Lotta Utilizzo di materiale di propagazione certificato ed impianto in terreni esenti da Xiphinema index. Punti critici Per i vivaisti: materiali di moltiplicazione (talee e barbatelle) raccolti da piante madri esenti da GFLV, a seguito di accertamento con saggi di laboratorio o biologici; terreni esenti da nematodi vettori; campi di piante madri (di portinnesti e marze) distanti almeno 10 metri dagli impianti commerciali circostanti ed isolati dall’afflusso di acque superficiali. Per gli agricoltori: realizzazione di nuovi impianti con materiali di propagazione certificati; terreni esenti da nematodi vettori. Consigli pratici Vivaisti: eliminare le piante di fico, che sono ospiti alternativi del nematode vettore. Agricoltori: impiegare barbatelle innestate certificate o, in alternativa, barbatelle franche certificate da innestare con marze provenienti da piante esenti da GFLV; prima dell’impianto effettuare le analisi del terreno per accertare l’assenza di X. index; in caso di reimpianto, rimuovere accuratamente tutti i ricacci di vite ed effettuare continue lavorazioni al terreno, per almeno due anni (qualora l’analisi del terreno non rilevasse la presenza di nematodi vettori) o, in alternativa, effettuare una rotazione con colture cerealicole; eliminare le piante di fico, ospiti naturali del nematode vettore. TAVOLA VIII A C B D G A. B. C. D. E. F. G. H. I. J. E H I F J Malformazioni infettive: ceppo di vite cv. Italia con vistosi sintomi fogliari Malformazioni infettive: tipica biforcazione dei germogli, un sintomo comune in viti infette Malformazioni infettive: particolare di una foglia di cv. Italia infetta: si noti l’asimmetria della lamina fogliare con i margini dentellati, i seni laterali fortemente laciniati e il seno peziolare aperto a ventaglio, la colorazione translucida e l’alterazione della consistenza Giallume infettivo: accentuati ingiallimenti fogliari sull’intero ceppo, osservabili nella stagione primaverile Giallume infettivo: prospetto di un vigneto nel periodo primaverile. Si noti la distribuzione a chiazze delle piante infette (ingiallite) dovuta all’azione vettrice dei nematodi presenti nel terreno Malformazioni infettive: accentuata acinellatura (grappolo a destra) in grappoli di cv. Prosecco Particelle sferiche del virus dell’arricciamento della vite osservate al microscopio elettronico Apice radicale di vite ingrandito su cui è visibile il nematode Xiphinema index nell’atto di alimentarsi. Attraverso lo stiletto il nematode trasmette alla pianta ospite il virus (GFLV) precedentemente acquisito da altre viti infette Giallume infettivo: accentuati ingiallimenti fogliari primaverili su un ricaccio di vite Particolare di un campo coltivato a cereali con numerosi ricacci della coltura di vite precedente. La presenza di ricacci permette la sopravvivenza dei vettori e il mantenimento dell’inoculo in campo 3.2. Accartocciamento fogliare (Tav. IX) Agente eziologico Malattia ad eziologia complessa cui sono associate otto diverse entità virali, appartenenti al genere Ampelovirus, famiglia Closteroviridae, denominate Grapevine leafroll associated virus 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 (GLRaV-1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8). Distribuzione geografica Malattia a diffusione mondiale, segnalata in tutti gli areali di coltivazione della vite. Modalità di diffusione Si diffonde in natura con cocciniglie (Pseudococcidae e Coccidae), con modalità di trasmissione semipersistente e, in maniera più efficace, anche a grande distanza, attraverso il materiale di propagazione infetto. Piante ospiti Gli agenti di questa malattia attaccano esclusivamente la vite. Sintomatologia sugli ospiti naturali La malattia è latente sulla maggior parte delle specie americane e loro ibridi utilizzati come portinnesti. Su Vitis vinifera induce un caratteristico ripiegamento dei margini fogliari verso il basso, che si accompagna a premature alterazioni cromatiche in forma di arrossamenti, nelle varietà a bacca nera, ed ingiallimenti, nelle varietà a bacca bianca, che possono interessare le aree internervali o l’intera lamina fogliare. Il sintomo compare già all’inizio dell’estate sulle foglie basali ed evolve con andamento acropeto per raggiungere la sua massima espressione in autunno. A carico dei grappoli l’infezione virale determina acinellatura, maturazione irregolare, particolarmente evidente nelle varietà a bacca nera, e riduzioni del contenuto zuccherino e polifenolico. Diagnosi Saggio biologico sugli indicatori Vitis vinifera, cv Cabernet franc o Cabernet Sauvignon, e sull’ibrido complesso LN33. ELISA e/o RT-PCR su campioni costituiti da trucioli di floema ottenuti da talee legnose dormienti, limitatamente ai virus finora associati con certezza alla malattia. Lotta Utilizzo di materiale di propagazione certificato e, in caso di presenza di popolazioni di cocciniglie, controllo dei vettori con impiego di insetticidi specifici. Punti critici Per i vivaisti: materiali di moltiplicazione (talee e barbatelle) raccolti da piante madri esenti da sintomi di accartocciamento fogliare; controllo delle infestazioni di cocciniglie. Per gli agricoltori: realizzazione di nuovi impianti con materiali di propagazione certificati. Consigli pratici Vivaisti: monitoraggio per verificare la presenza di cocciniglie e, in caso di infestazione, lotta ai vettori. Agricoltori: impiego di barbatelle innestate certificate o, in alternativa, di barbatelle franche certificate da innestare con marze o gemme provenienti da piante esenti da sintomi della malattia. TAVOLA IX B A C E D F G A. Sintomi di accartocciamento e arrossamento delle foglie, visibili dalla tarda estate a B. C. D. E. F. G. partire dalle foglie più mature (in posizione basale) verso quelle più giovani (in posizione distale) Particolare del sintomo su foglie di un vitigno a bacca nera. Oltre al classico arrotolamento della lamina fogliare verso il basso, si noti la tipica bollosità e l’arrossamento, che in genere è limitato alle aree internervali. Sintomi di accartocciamento e ingiallimento delle foglie su un vitigno a bacca bianca. Vistoso arrossamento precoce delle foglie accompagnato da ritardo di maturazione in vite di cv. Primitivo affetta da accartocciamento fogliare. Vistoso ritardo di maturazione e riduzione della dimensione degli acini e dei grappoli in viti di cv. Red Globe affette da accartocciamento fogliare Virus filamentosi del genere Ampelovirus responsabili della malattia osservati al microscopio elettronico Le cocciniglie farinose dei generi Planococcus e Pseudococcus sono efficienti vettori di alcuni dei closterovirus responsabili della malattia. In condizioni favorevoli questi insetti possono risultare particolarmente efficaci nella diffusione della malattia. 3.3. Legno riccio (Tav. X) Agente eziologico Malattia ad eziologia complessa cui sono associate almeno tre diverse entità virali, due delle quali, denominate Grapevine virus A, Grapevine virus B (GVA, GVB), appartenenti al genere Vitivirus, e l’altra, Grapevine rupestris stem pitting associated virus (GRSPaV), appartenente al genere Foveavirus. Distribuzione geografica Malattia a diffusione mondiale, segnalata in tutti gli areali di coltivazione della vite. Modalità di diffusione Si diffonde in natura con cocciniglie (Pseudococcidae e Coccidae), con modalità di trasmissione semipersistente e, in maniera più efficace, anche a grande distanza, attraverso il materiale di propagazione infetto. Piante ospiti Gli agenti di questa malattia attaccano esclusivamente la vite. I sintomi si riscontrano più comunemente su piante innestate, raramente su quelle monomembri. Sintomatologia sugli ospiti naturali I sintomi specifici consistono in infossature del legno più (scanalature) o meno (butterature) allungate e profonde, talora accompagnate da proliferazioni suberose del ritidoma e accentuata differenza nel diametro dei bionti. Le alterazioni, in genere localizzate in prossimità del punto d’innesto, possono interessare il portinnesto, il nesto o entrambi i bionti. La malattia può determinare riduzioni nello sviluppo e nella vigoria delle piante, ritardo nella ripresa vegetativa, colatura e/o acinellatura dei grappoli, riduzioni della produzione, minor attecchimento degli innesti e, talvolta, morte della pianta. Diagnosi Saggio biologico sugli indicatori LN33, Kober 5BB e V. rupestris, mediante il quale è possibile differenziare quattro sindromi: A) butteratura del legno di V. rupestris (Rupestris Stem Pitting, RSP); B) scanalatura del legno di Kober 5BB (Kober Stem Grooving, KSG); C) scanalatura del legno di LN 33 (LN Stem Grooving, LNSG); D) suberosi corticale (Corky bark, CB) che su LN33 determina mancata maturazione del legno, fessurazione e suberosità degli internodi basali, riduzioni di sviluppo delle foglie, avvizzimenti e disseccamenti a carico dei grappoli. ELISA (GVA, GVB), RT-PCR (GVA, GVB, GRSPaV) e, limitatamente a GRSPaV, Western blot, su campioni costituiti da trucioli di floema ottenuti da talee legnose dormienti, per l’individuazione dei virus finora associati alla malattia. Lotta Utilizzo di materiale di propagazione certificato e, in caso di presenza di popolazioni di cocciniglie, controllo dei vettori con impiego di insetticidi specifici. Punti critici Per i vivaisti: materiali di moltiplicazione (talee e barbatelle) raccolti da piante madri esenti da sintomi di legno riccio; controllo delle infestazioni di cocciniglie. Per gli agricoltori: realizzazione di nuovi impianti con materiali di propagazione certificati. Consigli pratici Vivaisti: monitoraggio per verificare la presenza di cocciniglie ed in caso di infestazione lotta ai vettori. Agricoltori: impiego di barbatelle innestate certificate o, in alternativa, barbatelle franche certificate da innestare con marze provenienti da piante esenti dalla malattia. Eutypa lata Botryosphaeria spp Phomopis viticola Phaeoacrempni um spp Phaeomoniella chlamydospora Fomitiporia punctata 295 bp A 191 bp 194 bp B A Fig. 1. Esempio della specificità di primer SCAR. Ciascuna linea rappresenta un isolato differente. A) Primer OPA2673-A specifici per F. punctata; B) Primer OPA13844-A specifici per P. chlamydospora; C) Primer OPA1791-A specifici per P. viticola; S = standard. CC C Saggi per la definizione di protocolli sperimentali per la diagnosi immuno-enzimatica (ELISA) della vite. Prota V. A., R. Garau, G. Tolu, M. P. M. Mungianu, U. Prota. Dipartimento di Protezione delle Piante, sez. di Patologia vegetale, Università degli Studi di Sassari. RIASSUNTO Ai fini della definizione di protocolli per l’accertamento sanitario di virus della vite pregiudizievoli per la qualità, sono stati oggetto d’indagine cloni di Vitis vinifera e soggetti portinnesto affetti singolarmente dalle seguenti specie virali: GLRaV-1, 2 e 3, GVA, GVB, GFkV e GFLV. Applicando la tecnica ELISA sono state svolte indagini sulla validità di differenti tessuti (foglie giovani e mature e piccioli) in diversi periodi stagionali (da maggio ad ottobre) e verificate le soglie di sensibilità antigenica a determinate concentrazioni del ”malato”. SUMMARY To define the protocol for the sanitary ascertainment of grapevine viruses, detrimental for the quality, some V. vinifera clones and roostocks, individually affected by GLRaV-1, 2 and 3, GVA, GVB, GFkV and GFLV were examinated. ELISA was applied to detect the validation of different tissues (young and mature leaves and petioles), on different seasonal periods (from May to October) and threshold of sensitivity was verified in antigen under certain concentration of “infected”. INTRODUZIONE Tra le finalità del progetto si evidenziava l’esigenza, sempre più attuale, di contrastare su basi efficienti e poco costose le principali avversità delle specie frutticole, nella prospettiva del miglioramento qualitativo delle produzioni. Tali asserzioni a netta valenza diagnostica ci riportano, in tempi brevi, alle tematiche sempre pressanti della lotta che, nelle malattie di tipo virale, diventa sempre prevenzione. L’ottenimento di responsi affidabili e rapidi e nel contempo a basso impatto economico costituisce, per alcuni settori produttivi, vedi strutture vivaistiche per esempio, argomento di particolare interesse applicativo. In fitodiagnostica, l’ELISA, per la sua affidabilità, è diventata una tecnica basilare la cui corretta applicabilità esige una opportuna conoscenza dei parametri operativi a partire dalle modalità del campionamento (Torrance and Dolby, 1983). 47 L’azione 3 di POM A 32, tra le sue finalità, prevedeva l’elaborazione di protocolli sperimentali per la diagnosi di entità virali pregiudizievoli ai fini della qualità. Da ciò si è ritenuto di indagare, con riferimento a vari cloni di Vitis vinifera e alcuni soggetti portinnesto su vari parametri la variabilità dei quali avrebbe potuto inficiare gli esiti dei saggi rendendoli poco affidabili. Nel corso di tali indagini sono stati verificati: ì) il miglior periodo stagionale, da maggio ad ottobre, da definire, ai fini della validità del saggio, ìì) l’efficienza antigenica di alcuni tessuti dell’ospite; ììì) la soglia di sensibilità, espressa come concentrazione minima nel malato, valida ai fini della positività. MATERIALI E METODI Individuazione dei donatori. Le piante donatrici sono state scelte tra le accessioni clonali dei vitigni Vernaccia, Pascale di Cagliari, Cannonau e Malvasia di Vitis vinifera, affette singolarmente da GLRaV1, 2 e 3, GVA, GVB, GFkV e GFLV e tra i soggetti portinnesti V. rupestris e Kober 5BB infettati, in esperienze precedenti, dagli stessi ceppi di cui sopra (vedi Tab. 1). La diagnosi è stata effettuata prevalentemente mediante DAS-ELISA, applicando protocolli di routine e Kit di reagenti commerciali. Per l’accertamento eziologico sono stati utilizzati lembi di foglie giovani e mature e piccioli di foglie intermedie prelevate da piante infette e da altre sane allevate in vaso. I campioni erano costituiti da sano-malato in differenti percentuali tra loro. In tutti i casi, la concentrazione del “malato” rispetto al “sano” della medesima cv. e portinnesto, hanno variato dall’1% al “ 100%”, con intervalli di una unità fino al 5%, e quindi con differenze di 10 dal 10% fino all’intero. La diluizione del campione-saggio è stata sempre di 1 /10 col tampone di estrazione e la reazione enzimatica bloccata alla quarta ora d’incubazione. 48 Tabella 1. Donatori (cv di V. vinifera e portinnesti), inseriti nella prova e ritenuti affetti da una sola specie virale. Ospiti specie virale Vernaccia Pascale di Cagliari Cannonau - Kober 5BB - V. rupestris - Kober 5BB e V. rupestris GLRaV-1 GLRaV-2 GLRaV-3 Cannonau Pascale di Cagliari Pascale di Cagliari Malvasia “ “ “ - V. rupestris GVA GVB GFkV GFLV Il campione-saggio (sano/malato) fu allestito servendosi di alcune foglie picciolate fornite di volta in volta dai donatori. RISULTATI E DISCUSSIONE GLRaV-1; protocollo: DAS-ELISA. Le foglie mature hanno dato buoni risultati da maggio ad ottobre indicando quale periodo più favorevole quello estivo-autunnale. La soglia minima di materiale infetto ai fini della evidenza della positività è risultata compresa tra 5 e 10%. Al contrario, con i piccioli nel mese di maggio e con foglie giovani da maggio a luglio, le risposte sono state sempre negative. Dati favorevoli sono stati rilevati nei mesi successivi anche se con una sensibilità differenziata (Tab. 2). Tabella 2. Vernaccia % minima di antigeni ai fini della positività GLRaV-1 Maggio Giugno Luglio Agosto Foglie giovani 30 Foglie mature 100 50 10 5 Piccioli 60 40 30 Settembre 10 50 50 Ottobre 5 5 30 Kober 5BB non diede alcun esito positivo con gli antigeni e le diluizioni di saggio. 49 GLRaV-2; protocollo: PTA-ELISA. Le limitate indicazioni ottenute durante il 1999, ci hanno indotto ad un’ulteriore verifica. Nel 2000 i risultati favorevoli sono stati espressi solamente dai piccioli con una sensibilità decrescente da giugno ad ottobre (Tab. 3), ed una soglia minima del 10%. Pascale di Ca. GLRaV-2 Foglie giov. Foglie mat. Piccioli Tabella 3 % minima di antigeni ai fini della positività Maggio Giugno Luglio Agosto n.s. 10 10 50 Settembre 70 Ottobre 70 Nessun esito positivo si ebbe con V. rupestris affetta dallo stesso ceppo virale. GLRV-3; protocollo: DAS-ELISA. I piccioli di “Cannonau” espressero buona sensibilità da maggio ad ottobre. La massima reattività venne individuata nel mese di agosto con una concentrazione dell’antigene affetto rispetto al sano del 5%. Lo stesso indice fu rilevato, con foglie mature, nel mese di ottobre. L’uso delle foglie giovani da maggio a settembre non sembrò favorevole (Tab.4). Cannonau GLRV-3 Foglie giov. Foglie mat. Piccioli Tabella 4 % minima di antigeni ai fini della positività Maggio Giugno Luglio Agosto 20 70 10 70 70 10 5 Settembre 10 10 Ottobre 50 5 10 Vitis rupestris ha risposto negativamente in tutti i casi, mentre l’ibrido Kober 5BB, affetto da un altro ceppo di GLRV-3, ha mostrato, in particolare nel mese di luglio, una buona sensibilità dei piccioli, con una concentrazione massima del 5%, (Tab.5). Gli altri tessuti antigenici non si sono confermati affidabili. Kober 5BB GLRV-3 Foglie giov. Foglie mat. Piccioli Tabella 5 % minima di antigeni ai fini della positività Maggio Giugno Luglio Agosto n.s. 10 5 10 50 Settembre 30 Ottobre 30 GVA; protocollo: DAS-ELISA con proteina A. Per la sua identificazione, i piccioli si sono mostrati sempre reattivi, anche con proporzioni minime di materiale infetto (5%, nel mese di luglio). Nettamente inferiore è stata la prestazione delle foglie mature e ancora meno quella delle giovani che non hanno risposto mai, neanche col “malato” tale e quale. (Tab. 6). Cannonau GVA Foglie giov. Foglie mat. Piccioli Tabella 6 % minima d’antigeni ai fini della positività Maggio Giugno Luglio Agosto 70 70 10 5 30 Settembre 70 30 Ottobre 70 20 L’ibrido Kober 5BB, ospite dello stesso ceppo virale, ha dato con i medesimi antigeni, sempre esito negativo. GVB; protocollo: TAS-ELISA. Gli esiti positivi sono stati episodici e non affidabili. Il periodo indicativamente consigliabile sarebbe compreso tra luglio ed ottobre, con antigeni (foglie mature e piccioli) preferibilmente tali e quali (tabella 7). Pascale di Ca. GVB Foglie giov. Foglie mat. Piccioli Tabella 7 % minima d’antigeni ai fini della positività Maggio Giugno Luglio Agosto 100 100 Settembre 50 - Ottobre 100 - Interessante e meritevole di verifica è quanto emerso dai saggi con l’ibrido Kober 5BB; il patogeno è stato identificato durante i mesi di maggio e giugno con succo antigenico (foglie apicali)” diluito” col “sano” al 30 e 40%, rispettivamente. GFkV; protocollo: TAS-ELISA. Tutte le combinazioni hanno dato esito soddisfacente. Particolarmente favorevole è stato il comportamento delle foglie basali che hanno espresso una soglia di reazione compresa tra il 3%, nel mese di luglio e il 10% in settembre. Favorevole è stato l’esito reazione delle 51 foglie giovani in primavera e in ottobre e dei piccioli in maggio e giugno, come espresso nella Tabella 8. Pascale di Ca. GFkV Foglie giov. Foglie mat. Piccioli Tabella 8 % minima d’antigeni ai fini della positività Maggio Giugno Luglio Agosto 4 4 20 10 4 4 3 5 5 5 100 100 Settembre 10 10 10 Ottobre 4 3 10 Anche col portinnesto infetto (Kober 5BB, Tab. 9), sono state ottenute risposte ottimali in tutti i saggi. L’antigene ideale parrebbe identificarsi nelle foglie mediamente mature in piena primavera (giugno), o autunnali. Per i piccioli, nei mesi di settembre e ottobre, sarebbe attendibile l’esito di un campione che contenesse almeno il 5% di tessuto infetto. Kober 5 BB GFkV Foglie giov. Foglie mat. Piccioli Tabella 9 % minima d’antigeni ai fini della positività Maggio Giugno Luglio Agosto 10 10 10 10 10 3 10 40 10 3 30 100 Settembre 5 60 30 Ottobre 5 5 5 GFLV; protocollo: DAS-ELISA. La massima sensibilità è stata espressa da foglie giovani e mature, da maggio a luglio, e da piccioli nel periodo giugno-luglio in cui si è avuta positività anche con concentrazione di antigene comprese tra il 3 ed il 4% (Tab 10). Malvasia GFLV Foglie giov. Foglie mat. Piccioli Tabella 10 % minima d’antigeni ai fini della positività Maggio Giugno Luglio Agosto 1 2 2 10 1 3 1 80 20 4 3 80 Settembre 50 50 100 Ottobre 4 4 50 V. rupestris , infettata dalla stessa entità virale ha dato risultati comparabili a quelli riportati in precedenza per Malvasia. I piccioli sono stati meno reattivi da agosto in poi (Tab. 11). 52 Tabella 11. % minima d’antigeni ai fini della positività Maggio Giugno Luglio Agosto 1 1 1 3 1 3 1 3 4 5 3 50 V. rupestris GFLV Foglie giov. Foglie matur Piccioli Settembre 50 50 100 Ottobre 4 4 50 Si riporta, di seguito la sintesi di quanto esposto: % minima (in 1g) Periodo ottimale Antigene di antigene di saggio infetto, reattiva, Agosto e Ottobre Foglie mature 5 % Esito negativo in tutti i casi Virus Cv di V. vinifera GLRaV-1 Vernaccia Kober 5 BB GLRaV-2 Pascale di Cagliari Giugno e luglio Piccioli Esito negativo in tutti i casi V. rupestris 10 % GLRV-3 Cannonau Kober 5 BB V. rupestris Agosto Piccioli Luglio “ Esito negativo in tutti i casi 5% 5% GVA Cannonau Kober 5 BB Luglio Piccioli Esito negativo in tutti i casi 5% GVB Pascale di Cagliari Settembre Kober 5 BB Maggio GFkV Pascale di Cagliari Luglio e ottobre Foglie mat. Kober 5 BB Settembre ottobre “ giov. 3% 5% GFLV Malvasia V. rupestris 1% 1% Maggio Maggio-Luglio Foglie mat. “ giov. Foglie giov. “ “ 50 % 30 % Esperienze europee, (Bovey et al., 1980; Walter and Etienne 1987; Walter and Zimmermann, 1990, Walter et al., 1993, Kolber and Lehoczky, 1983; Lehoczky et al., 1983. Kolber et al., 1985) ed americane (Teliz et al., 1987; Rowhani et al., 1992) hanno dimostrato che, in ELISA, l’esito, favorevole o meno, sia fortemente influenzato dalla “stagione” e dalla natura degli antigeni utilizzati. Recentemente, Boscia e coll., (1997) nell’ambito di un network finanziato dalla Comunità Economica Europea, sulla selezione sanitaria della Vite, hanno puntualizzato, 53 alcuni aspetti sulla identificazione dei virus della Vite sottolineando, fra l’altro, la relazione intercorrente tra tessuti donatori ed epoca di saggio ai fini dell’attendibilità dell’esito. Un confronto puntuale, tra le varie esperienze di cui si è accennato, comporterebbe troppi elementi di eccezione per cui ci limiteremo a delle considerazioni di tipo generale relative alla presente indagine . Nelle nostre condizioni di lavoro è stato possibile identificare, da maggio ad ottobre, su V. vinifera, anche con tessuti donatori differenziati, la presenza dei seguenti virus GLRaV1, 2 e 3, GVA, GVB, GFkV e GFLV. Fra questi GVB è stato accertato solamente nei mesi di maggio e giugno. E’ stato definito inoltre, per alcune specie, il periodo ottimale e le differenti soglie di sensibilità antigenica, espresse come concentrazione minima dell’antigene infetto, ai fini della validità diagnostica del saggio. Risultati poco soddisfacenti sono emersi in merito ai portinnesti usati, i quali hanno confermato le problematiche relative alla loro possibile diagnosi mediante normali saggi immuno-enzimatici (Credi and Santucci 1990; Boscia et al., 1990; Borgo and Michielini 1993). L’ibrido Kober 5BB, s’è mostrato buon donatore di GLRV-3 e GFkV, mentre relativamente a GVB l’unico esito positivo è stato ottenuto da foglie giovani. Il soggetto V. rupestris non ha smentito le attese nei confronti di GFLV. CONCLUSIONI Quanto riportato in questa indagine riteniamo possa essere un contributo, tra numerosi altri, la cui finalità è stata l’individuazione di alcuni punti critici in una tecnica ampiamente collaudata, (ELISA), ma che l’esperienza indica abbisognevole, nelle diverse condizioni ambientali, di particolari puntualizzazioni. Ciò nella consapevolezza che l’affidabilità della diagnosi, pur influenzata da interazioni generali che coinvolgono patogeno-ospite–ambiente, è parimenti dipendente dai protocolli d’accertamento eziologico utilizzati. Con questi presupposti, non disponendo per la Sardegna, di elementi conoscitivi completi circa la validità di alcuni tessuti antigenici in ELISA, in relazione a differenti periodi stagionali, si è ritenuto di pratico interesse approfondire tale argomento nell’ambito di una delle finalità del progetto 54 POM A32 tesa alla elaborazione di protocolli sperimentali per la diagnosi d’entità virali pregiudizievoli della qualità. BIBLIOGRAFIA Borgo M., Michielini. C. 1993. Detection of grapevine closteroviruses associated with leafroll by ELISA test in vitis rootstocks. Ext. Abst. 11th Meeting ICVG, Montreux, Switzerland, 1993, 131-132. Boscia D. Digiaro M., Fresno J., Greif C., Grenan S., Kassemeyer H.H., Prota V.A., De Sequeira O.A. 1997. ELISA for the detection and identification of grapevine viruses. In “Sanitary selection of the grapevine. Protocols for detection of viruses and viruslike diseases”. INRA editions, Paris, France, 129-155. Boscia D., Savino V., Elicio V., Jebahi S.D., Martelli G.P. 1990. Detection of closteroviruses in grapevine tissues. In: Proc.10th Meeting ICVG, Volos Greece, 1990. 52-57. Bovey R., Brugger J.J., Gugerli P. 1980. Detection of fanleaf virus in grapevine tissue extracts by enzime-linked immunosorbent assay (ELISA) and immune electron microscopy (IEM) In: Proc.7th Meeting ICVG, Niagara Falls, Canada, 1980. 259-275. Credi R., Santucci A. 1990. Serological detection of grapevine leaf-roll associated closterovirus–like particles: Apparent absence of viral antigens in leaves of graftinoculated american rootstocks. In: Proc.10th Meeting ICVG; Volos Greece, 71-80. Kolber M., Beczener L, Pacsa S., Lehoczky, J., 1985. Detection of grapevine chrome mosaic virus in field-grown vines by ELISA. Phytopath. Medit. 24, 135-140. Kolber M., Lehoczky, J., 1983. Detection of the grapevine fanleaf virus in different tssues of dormant and forced stages of vines by ELISA tecnique. Kertgazdasag 15, 47-51. Lehoczky J., Kolber M., Farkas, G. 1983. Effect of spring and summer high temperature on detection of grapevine fanleaf virus and yellow mosaic with ELISA. Kertgazdasag. 15, 37-45. Rowhani A., Walker M.A., Rokni S. 1992. Sampling strategies for the detection of grapevine fanleaf virus and the grapevine strain of tomato ringspot virus. Vitis 31, 35-44. Teliz D., Tanne E., Gonsalves D., Zee F. 1987. Field serological detection of viral antigens associated with grapevine leafroll disease. Plant Dis. 71, 704-709. Walter B., Etienne L. 1987. Detection of the grapevine fanleaf viruses away from the period of vegetation. J. Phytopath. 120, 354-364. Walter B., Grenan S., Esmenjaud D., Cornuet P., Boidron R., Leguay M., 1993. Use and limits of ELISA for ruotine detection of ArMV and GFLV in grapevines and in Xiphinema index. Ext. Abst. 11th Meeting IGCV, Montreux, Switzerland, 1993. 146147 Walter B., Zimmermann D., 1990. Further characterizzation of closterovirus-like particles associated with grapevine leafroll disease. Proc. 10th ICVG, Volos, Greece, 1990. 6266. 55 Validazione in campo di alcuni parametri operativi per l’accertamento di virus della vite R. Garau, G. Tolu, V.A. Prota, M.P.M. Mungianu, U. Prota. Dipartimento di Protezione delle Piante, sez. di Patologia vegetale, Università degli Studi di Sassari. RIASSUNTO Sono stati validati in campo, su cloni di V. vinifera innestati, alcuni parametri operativi per l’accertamento mediante ELISA di GLRV-3, GVA e GFkV. Per la diagnosi si sono confermati ottimali i mesi di settembre ed ottobre utilizzando, quali antigeni, piccioli e parenchima di foglie mature rispettivamente per le prime due specie e tessuto fogliare per la terza. In parcelle di campo la minima concentrazione del malato, valida ai fini della positività del saggio, è risultata, per i tre virus, compresa tra il 3 ed il 10% circa. SUMMARY Some operating parameters have been validated, in the field, on graftedvine clones grafted, by ELISA, for GLRV-3, GVA and GFkV investigations. September and October were confirmed optimal months for the diagnosis using petioles for GLRV-3 and GVA, and parenchyme of mature leaves for GFkV as infected tissues. In field condition the smallest antigenic concentration for the positive resulted, for the three viruses, approximately between 3 and 10%. INTRODUZIONE L’azione 3, seconda parte programmatica del progetto POM A32, comprendeva la messa a punto e la validazione di protocolli sperimentali per l’accertamento sanitario di specie ortofrutticole per i patogeni di “qualità”>. Tale azione, in ottemperanza alla griglia di previsione, ha preso avvio nella primavera dell’anno 2000 e si è conclusa nell’autunno dello stesso anno. Lo studio aveva la finalità di confermare in campo esiti preliminari, ottenuti con ELISA in laboratorio (Prota et. al., in questo volume), simulando un’azione di diagnosi routinaria di vivaio. L’obiettivo era evidenziare, per alcune specie virali tra le più diffuse, la soglia massima di sensibilità in campioni con differenti proporzioni di malato. 56 MATERIALI E METODI La prova fu condotta, stante l’indisponibilità di impianti vivaistici adeguati di Vitis vinifera, in parcelle opportunamente allestite ad hoc. Al fine di limitare il numero delle variabili, sempre numerose quando s’interviene in condizioni di campo, si è ritenuto di operare su donatori varietali clonati, affetti da ceppi virali considerati dal nostro laboratorio dei “positivi” standard, per la risposta ottenuta in precedenti contesti sperimentali. Il materiale inserito nella prova fu innestato su accessioni di “base” di un clone di 779P. In fase di previsione fattore limitante si è rivelato, l’estensione parcellare dipendente necessariamente dalla quantità di gemme- marze del “sano” disponibili. Due cloni di “Cannonau” e uno di “Pascale di Cagliari”, affetti rispettivamente da GLRV-3 e GVA, i primi e da GFkV, il secondo (vedi saggi indicati da Prota et al., in questo Convegno), costituirono il “malato”; materiale clonale virus esente delle medesime varietà costituì il controllo “sano”. I soggetti innestati ad omega, a tavolino, nel mese d’aprile, furono disposti, previa forzatura, in appositi appezzamenti in pieno campo. Per l’accertamento di GLRV-3 e GVA, furono allestite parcelle di 72 piante con tre ripetizioni ciascuna. Ogni parcella fu suddivisa in quattro subparcelle (A, B, C e D), ognuna delle quali rappresentava una percentuale nota d’individui infetti. Il tasso d’infezione complessivo era del 5,5%. GFkV fu accertato in parcelle di 40 piante (ripetute tre volte), con una percentuale di infetto pari al 2,5%. Anche in questo caso furono considerate 4 subparcelle formate da un uguale numero di piante (10). Nei due casi, quindi, fu possibile una campionatura pilotata con tasso d’infezione determinato. Lo schema operativo fu il seguente: GLRV-3 e GVA Parcella di 72 piante; tasso d’infezione: 5,5% A * (p. affetta) B C * D * Piante * Subparcelle AD o DC Parcella intera Subparcelle AB o BC Subparcella B 57 36 72 36 18 %infezione 2,7 (1/36) 5,5 (4/72) 8,3 (3/36) 11,1 (2/18) GFkV Piante Parcella di 40 piante; tasso d’infezione: 2,5% A * (p. affetta) B C D Subparcelle A, Bx3, Cx3, Dx3 Subparcelle A, B e C Subparcelle Ax2, B e C Subparcelle Ax2 e B Subparcella Ax4 100 30 40 30 40 %infezione 2,7 (1/36) 3,3 (1/30) 5,0 (2/40) 6,6 (2/30) 10,0 (4/40) La campionatura fu possibile a partire dal mese di luglio per GVA e GFkV e da settembre per l’accertamento di GLRV-3 e si concluse, in tutti i casi, ad ottobre. L’entità dei prelievi, uno per ripetizione (tre a parcella), da parte di un operatore che non conosceva la dislocazione delle piante infette, consentì di verificare le soglie minime di sensibilità indicate per gli stessi virus in laboratorio, per quei mesi (vedi Prota et al., in questo Convegno). Per la determinazione dei patogeni si è proceduto a prelevare, casualmente, per ciascuna pianta, una foglia con picciolo, a media maturazione. In laboratorio, ogni singola unità (lembo fogliare o picciolo) fu utilizzata per comporre il campione-saggio secondo le proporzioni del sano/malato previste dal piano di lavoro. Si procedette secondo la seguente scala di concentrazione del malato: GLRV-3 e GVA - 2,7; 5,5; 8,3 e 11,0%. GFkV - 1,0; 3,3; 5,0; 6,6 e 10,0%. RISULTATI E DISCUSSIONE Per ciascuna entità virale sono state eseguite prove mensili di cui, nel campionesaggio, sono appresso indicate le concentrazioni del “malato” e gli esiti per ripetizione. GLRV-3 % Settembre Ottobre d’infetto 1a R 2a R 3a R 1a R 2a R 2,7 + n. e. -/+ -/+ 5,5 + “ + + 8,3 + + “ + + 11,0 + + “ + + Antigeni: piccioli maturi; protocollo: DAS-ELISA. 58 3a R + + % Luglio Agosto Settembre Ottobre a a a a a a a a a a d’infett 1 R 2 R 3 R 1 R 2 R 3 R 1 R 2 R 3 R 1 R 2a R 3a R GVA o 2,7 + + + -/+ + + + 5,5 + + + + + + + + + + + 8,3 + + + + + + + + + + + + 11,0 + + + + + + + + + + + + Antigeni: piccioli maturi; protocollo: DAS-ELISA con proteina A. GFkV % Luglio Agosto Settembre Ottobre a a a a a a a a a a d’infett 1 R 2 R 3 R 1 R 2 R 3 R 1 R 2 R 3 R 1 R 2a R 3a R o 1,0 3,3 + + + + + 5,0 + + + + + 6,6 + + + + + + + + + 10,0 + + + + + + + + + Antigeni: foglie mature; protocollo: TAS-ELISA. In tutti i casi furono considerate probanti le letture eseguite alla quarta ora d’incubazione con esiti comparabili per le tre ripetizioni. Relativamente al GLRV-3, uniformità di reazione espressa da una buona sensibilità antigenica (8% di malato), fu ottenuta in entrambi i mesi di saggio. Gli accertamenti relativi al virus GVA hanno espresso risultati di in certo interesse, secondo i quali il mese d’ottobre si proporrebbe quale ottimo momento per la diagnosi, anche in campionature in cui l’antigene infetto è presente in proporzioni molto basse (3% circa). In merito al GFkV, contrariamente alle attese, il mese di luglio non risultò favorevole neanche alle concentrazioni massime del positivo pari al 10%. I primi esiti concreti si ebbero nel mese di agosto, con campioni aventi il 6% di malato, ed una migliore sensibilità nei mesi successivi (settembre ed ottobre) con una soglia del 3%. Sintetizzando i risultati, indicativi di saggi di laboratorio, relativi alle medesime specie e ceppi virali (indicazioni del 1999), con i nostri più recenti di campo si ha: 59 VIRUS GLRV-3 GVA GFkV SAGGI LUGLIO AGOSTO SETTEMBRE OTTOBRE 1999 10,0 5,0 10,0 10,0 2000 n. e. n. e. 8,3 8,3 1999 5,0 30,0 30,0 20,0 2000 8,0 5,5 5,5 2,7 1999 3,0 5,0 10,0 3,0 2000 * 6,0 3,3 6,6 (*): negativo alle % di saggio La comparazione relativa all’Ampelovirus GLRV-3, purtroppo limitata a soli due mesi, si ritiene indicativa, ma interessante, in particolare se riferita alla sensibilità espressa dall’antigene negli stessi periodi (10% contro l’8%), in condizioni operative e temporali differenti (’99 contro ’00). Nel secondo caso, relativo a GVA, la comparazione è, in generale, a favore delle prove di campo con l’espressione massima nel mese d’ottobre, in cui vi è concordanza per tutte le ripetizioni alla diluizione del malato del 2,7% contro il 20,0% dell’anno precedente. Infine appaiono equilibrati, gli esiti diagnostici del GFkV. Ad una mancata risposta di luglio, probabilmente indotta da una vegetazione non adeguatamente matura per il saggio (alla sistemazione in campo del materiale proveniente dalla forzatura non segui un’immediata ripresa vegetativa), fece riscontro, da agosto ad ottobre, una serie positiva di risposte corrispondenti ad una soglia media di antigene del 5%. CONCLUSIONI I parametri operativi indicativi d’esperienze condotte in laboratorio, su una quantità limitata di tessuti antigenici (alcune foglie), sono stati validati in campo, su campioni standard di barbatelle di Vitis vinifera, con esiti più che soddisfacenti. In particolare: 60 I) è stata confermata l’ottima sensibilità di ELISA nell’accertamento di GLRV-3, GVA e GFkV; II) i tre virus parrebbero, verosimilmente, avere una buona ed uniforme distribuzione nella vegetazione; III) sono state confermate le soglie di sensibilità antigenica indicate in prove precedenti con gli stessi tessuti e il momento operativo ottimale per l’accertamento delle tre entità; IV) in fase di campionamento, per diagnosi finalizzate all’accertamento di specie definite, è possibile limitare il numero dei saggi in relazione alla soglia di sensibilità mostrata del malato; V) i tre virus potrebbero essere agevolmente identificati, da luglio ad ottobre, prevedendo un sistema campione in cui la componente “malato” rappresenti una porzione compresa tra il 4 e 10% dell’intero. BIBLIOGRAFIA Prota V.A., Garau R, Tolu G., Mungianu M.P.M., Prota U. 2001. Saggi per la definizione di protocolli sperimentali per la diagnosi immunoenzimatica (ELISA) della vite. In: Atti di questo Convegno. 61 Applicazione di metodi statistici e di “soglie di sensibilità” antigenica, per la verifica in vivaio di una situazione sanitaria predefinita Tolu G., V.A. Prota, R. Garau, M.P. M. Mungianu, U. Prota. Dipartimento di Protezione delle Piante, sez. di Patologia vegetale, Università degli Studi di Sassari. RIASSUNTO Il miglioramento dello standard qualitativo delle produzioni vivaistiche richiede l’adozione di protocolli diagnostici in grado di fornire risposte rapide con un basso costo. Il lavoro ha avuto la finalità di accertare, mediante ELISA ed avvalendosi delle soglie di sensibilità degli antigeni, l’applicabilità, in vivaio, di metodi statistici (metodo di Poisson) per stimare differenti livelli d’infezione per alcune specie virali. Le verifiche furono condotte su cv di V. vinifera innestate ed allevate in parcelle le cui percentuali di infezioni, relativamente ai virus GLRV-3, GVA e GFkV, erano predefinite. Le prove, ripetute sia in vivaio su piante madri di 779P infette da GFkV sia in un corrispondente barbatellaio, suggeriscono che le strategie adottate possono dare indicazioni idonee ai fini della quantificazione del livello di infezione. SUMMARY The qualitative standard improvement of vivaistic production imposes the acquisition of diagnostic protocols able to give rapid answers with low economic impact. The aim of the project was, availing ourselves of antigens “sensibility threshold”, to ascertain, for some viral species, with ELISA, the applicability, in the nursery, of statistical knowledge (Poisson’s Method) to estimate different levels of infection. The verification was made on grafted V. vinifera clones (in simulated nursey), with percentage of infection, with regard to GLRV-3, GVA and GFkV. The repeated tests in nursery on mother plants of 779P., infected with GFkV, and in a corresponding field of rooted cuttings , suggest that the strategies adopted can give positive indications, for the quantification of infection level. INTRODUZIONE In previsione di un’auspicabile revisione della normativa di certificazione del materiale di propagazione viticolo, volta ad un miglioramento dello standard qualitativo delle produzioni, assume una rimarchevole importanza l’adozione di metodiche diagnostiche “snelle” ed affidabili. Ciò in particolare, in ambiente vivaistico, dove le popolazioni di piante da sottoporre a controlli sono numerose e dove è fondamentale poter valutare con una buona approssimazione la situazione sanitaria con il minimo dispendio di tempo e di risorse economiche. 62 A tale scopo, nell’ambito dell’azione 3 del progetto POM A32, volta ad individuare e validare efficaci protocolli di diagnosi, si è proceduto ad applicare metodi statistici a situazioni di campo, verificando un caso sanitario predefinito. Supponendo una distribuzione casuale delle piante ammalate, ci si è avvalsi della distribuzione statistica di Poisson (ad es., Snedecor, 1950; Mullin, 1990), espresso dalla formula: 1 P =1− e dove: nk N P = probabilità di non incorrere nell’errore dovuto alla casualità; n = dimensione del campione; k = numero di piante infette; N = numero totale delle piante. Dalla sua applicazione avremo: % di infezione da verificare con probabilità d’errore del 5% (P=95%) con probabilità d’errore dell’1% (P=99%) 0,05 6000 n° dei campioni da saggiare 0,1 0,5 1 2 3 2995 600 300 150 100 5 60 10 30 9000 4605 92 46 900 460 230 154 Per ridurre in maniera consistente il numero di saggi da eseguire in laboratorio, è stata valutata la sensibilità espressa dal test ELISA, nei diversi periodi stagionali, nei confronti di antigeni a differenti concentrazioni (Prota et al.; Garau et al., in questo Convegno). Pertanto, nel nostro contesto, come “soglia di sensibilità” antigenica in ELISA, si intende la minima concentrazione alla quale quell’estratto antigenico risulta, per quel periodo, positivo. MATERIALI E METODI L’attività è stata svolta nell’arco di due anni (2000-2001) ed ha interessato, nel primo, piante bimembri di Vitis vinifera alla prima vegetazione, allevate in pieno campo in una 63 presunta situazione vivaistica; nel secondo ha avuto per oggetto l’ibrido portinnesto 779P ed è stata condotta in un vivaio. Nella prima prova furono donatori cloni dei vitigni Cannonau e Pascale di Cagliari affetti singolarmente dalle specie virali GLRV-3 e GVA, il primo, e da GFkV, il secondo. In primavera, marze infette furono innestate su accessioni di “base” di un clone di 779P. e, previa forzatura, trasferite in pieno campo unitamente ad altre combinazioni virusesenti appartenenti alla stessa cv. Per ciascun donatore si costituirono delle parcelle con una percentuale nota di piante infette. La verifica sperimentale, prevista nei mesi di settembre ed ottobre, era rappresentata da una serie di campionature la cui entità fu derivata dalla formula di Poisson e dalla “soglia di sensibilità” (Prota et al., Garau et al., in questo volume). GLRV-3. La verifica fu effettuata, mediante DAS- ELISA, su una parcella di saggio di 200 unità ed una proporzione di piante infette pari al 2,0%. Con tale percentuale d’infezione, secondo il modello statistico, saggiando individualmente un campione di 150 piante, si aveva la probabilità del 95% di individuare almeno una pianta malata (indipendentemente dall’entità della popolazione). Furono parametri delle due prove di settembre ed ottobre il tasso di infezione, la dimensione del campione e la probabilità di individuare il malato. L’estratto del campione da saggiare si ottenne triturando piccioli di foglie basali (Prota et al., vedi atti Convegno), ottenute da donatore sano e malato in relazione alle concentrazioni emerse dalla “soglia di sensibilità” indicata in altre prove per il mese di settembre (10%) ed ottobre (8%) (Garau et al., l.c.). Il peso dell’unità campione è stato sempre di circa 0.7 g. Per ogni prova furono eseguite due ripetizioni. Prova di settembre: il campione, costituito da 150 piccioli maturi, prelevati casualmente da altrettante piante, fu suddiviso in 22 subcampioni-saggio, di cui 21 composti da 7 porzioni di picciolo ed 1 da 3. I 150 saggi previsti furono pertanto ridotti a soli 22. In tal modo, la presenza di un solo positivo nel subcampione (1/7) avrebbe determinato una percentuale di infetto del 14%, e quindi un valore nettamente superiore alla soglia di sensibilità di settembre, risultata prossima all’8% (Garau et al., l.c.). Prova di ottobre: con la stessa filosofia del mese precedente, il campione (150 piccioli), venne suddiviso in 15 subcampioni, contenenti 10 unità antigeniche ciascuno, provenienti da 64 altrettanti donatori. L’eventuale presenza di 1 entità infetta su 10 determinava una percentuale (10%) superiore alla soglia di sensibilità stabilita per ottobre (8%). GVA. Venne determinato mediante DAS-ELISA previa presensibilizzazione con proteina A (Boscia et al., 1997). Si costituì una parcella di 300 piante (Cannonau su 779 P.) con un tasso di infezione pari al 2%; in questo caso si decise di operare affidandosi ad una probabilità d’incorrere nell’errore casuale dell’1% (P=99%). Si prelevarono 230 piccioli, da altrettante piante, con i quali si costituirono 23 subcampioni da saggio, ciascuno dei quali composto di 10 unità. Ciò in considerazione dell’elevata reattività, espressa da GVA in settembre ed in ottobre, le cui soglie di sensibilità erano comprese tra il 5 e l’8% (Garau et al., l.c.). GFkV. L’accertamento fu effettuato applicando TAS-ELISA (Boscia et al., 1997). L’unità parcellare era costituita da 200 piante di accessioni clonali di Pascale di Cagliari innestate su un clone di 779 P., con una percentuale di infezione pari al 3%. Per ridurre la probabilità d’errore all’1%, furono prelevate 154 foglie mature, singolarmente, da altrettante piante. La soglia di reazione di GFkV per il periodo settembre-ottobre, compresa tra 3 e 7% circa, suggerì la costituzione di subcampioni con foglie di 10 piante. In tal caso, la percentuale minima di infezione dei subcampioni era rappresentata dal 10% (1 pianta su 10). Si ottennero 15 unità-saggio formate da 10 donatori più una da 4. Nella seconda prova, con analoga finalità della precedente, si rese necessaria un’indagine preliminare che fu condotta in epoca invernale in alcuni vivai della Sardegna settentrionale. Ciò allo scopo di acquisire informazioni sulla situazione sanitaria di alcuni portinnesti a maggior diffusione, su cui operare. In tutti i casi furono accertate tre specie virali (GFkV, GFLV e GLRV-3), tra le più diffuse in V. vinifera. La diagnosi, eseguita saggiando tessuto floematico con DAS e TASELISA, interessò gli ibridi Berlandieri x Rupestris 775, 779 (campo a e b), e 1103 P., Berlandieri x Riparia 420A, e V. rupestris (vedi tab. 2). Nel nuovo anno fu preso in considerazione il binomio GFkV-779 P. Fu selezionato il campo b di 779P. per le basse percentuali di infezione da GFkV e GLRV-3. Gli accertamenti eseguiti nella tarda primavera, su campioni di foglie mature e piccioli, confermarono le percentuali d’infezione del GFkV, mentre furono negative quelle per GLRV-3. Pertanto, per 65 la determinazione di tale virus parrebbe inadeguato l’uso di piccioli in primavera. Ciò indusse ad operare solamente con la prima specie. Per avere indicazioni relativamente alle prove da condurre in barbatellaio, nei mesi successivi, tre “positivi” di 779 P., che in prove precedenti avevano dato indicazioni di probabile differente virulenza, furono utilizzati per la determinazione della soglia di sensibilità al GFkV saggiando foglie giovani e mature. Tutta la produzione legnosa del campo b di 779P., fu utilizzata per la radicazione in una apposita parcella di circa diecimila talee. S’intendeva verificare, applicando gli stessi criteri operativi impiegati per V. vinifera, il tasso di infezione nella parcella avendo come riferimento quello delle piante madri. Sulla base delle indicazioni date dalla formula di Poisson, per il 3% di infezione (tale era la proporzione rilevata nelle piante madri), e una probabilità d’errore dell’ 1%, furono prelevati 154 campioni. Questi ultimi furono costituiti da foglie mature (4 per pianta da differenti punti della chioma), prelevate ad intervalli regolari, in modo omogeneo sui filari e nel campo. Furono predisposti 31 subcampioni, costituiti da tessuti provenienti da 5 piante ciascuno. Il campione da sottoporre ad ELISA era costituito da 0,7 g circa di parenchima fogliare, ottenuto sommando dischetti di tessuto prelevati, uno per foglia, con un foratappi. La concentrazione di “ infetto” prevista nel subcampione era del 20% (1/5), superiore alla soglia indicata per il mese di luglio. RISULTATI E DISCUSSIONE I risultati relativi ai saggi del primo anno, riportati nella tab. 1, si riferiscono ai riscontri dei saggi ELISA che avrebbero dovuto dare conferma o meno dei livelli d’infezione relativamente a GLRV-3, GVA e GFkV, presenti nei campi in osservazione. 66 Tabella. 1. Riscontri di positività in parcelle allestite ad hoc riferitia tassi determinati diinfezione. CANNONAU Ripetizioni GLRV-3 (P=95%) GVA (P=99%) Tasso di infezione: 2% n° piante campione: 150 Tasso di infezione: 2% n° piante campione: 230 Tasso di infezione: 3% n° piante campione: 154 settembre settembre settembre 1 aR Subcampioni saggiati Subcampioni positivi PASCALE di CA. CANNONAU ottobre 2 aR 1 aR 22 4 2 aR 1 aR 15 4 4 ottobre 2 aR 1 aR 23 3 3 GFkV (P=99%) 2 aR 1 aR 23 4 4 ottobre 2 aR 1 aR 15 3 4 2 aR 15 3 3 Relativamente ai saggi eseguiti, il riscontro di positività per le specie virali riportate confermerebbe i presupposti di partenza. Per esempio, nel caso di GLRV-3, la cui parcella aveva un tasso di infezione pari al 2%, la campionatura di 150 individui, offriva la probabilità del 95% di individuare almeno un “malato”. Ciò indipendentemente dal numero di piante presenti in campo. Le percentuali di infezione delle parcelle furono quindi confermate per tutte le ripetizioni; a posteriori, controlli sui donatori che componevano il subcampione confermarono, in tutti i casi, per ognuno di essi la presenza di un “infetto”. Particolarmente utile s’è rivelata la conoscenza delle soglie di infezione che ha consentito la riduzione del numero di saggi. Complessivamente, le verifiche della sanità delle tre parcelle avrebbero comportato l’esecuzione di 534 saggi individuali; nella pratica, l’applicazione delle soglie di sensibilità ha ridotto dell’80% (113), il numero dei saggi con esiti ugualmente attendibili. L’indagine eseguita l’anno successivo sui portinnesti, aveva lo scopo di acquisire informazioni sul loro stato sanitario; da ciò sarebbe derivata la possibilità di procedere, applicando la formula di Poisson, alla verifica del livello di sanità, sulla falsariga delle prove precedenti. I risultati sono riportati nella Tab.2. 67 3 Tabella 2. Esiti di saggi condotti in vivaio su parcelle di piante madri. Portinnesto N° piante % piante 775 P. 779 P. a 779 P. b 1103 P. 420 A V. rupestris madri 450 200 400 420 320 220 Piante affette (%) saggiate 10 20 15 10 15 20 GFkV 0 2,5 3,3* 0 89,6 0 GLRV-3 0 0 1,6 0 0 0 GFLV 0 0 0 0 0 0 (*) I saggi su floema estesi a tutte le piante madri espressero una percentuale complessiva del 3%. Fra tutti emerge il notevole tasso di infezione dell’ibrido 420A nei confronti di GFkV; un esempio questo di quanto potrebbe essere l’apporto sanitario del portinnesto nei confronti del futuro bionte e quindi del nuovo impianto. Il lavoro indirizzato alla determinazione della soglia di sensibilità di GFkV, eseguito su tre donatori (A, B e C) nei mesi di giugno e luglio, diede i seguenti risultati: Tabella 3. Soglia di sensibilità di antigeni fogliare nei mesi di giugno e luglio. 779 P. b Donatori % minima di antigene ai fini della positività Giugno Luglio A B C A B C Foglie giovani 20 3 3 30 10 10 Foglie mature 50 3 5 10 3 3 Da quanto sopra, per il mese di giugno, il responso sembrerebbe più favorevole alle foglie giovani mentre a luglio prevarrebbero le mature. Da ciò la decisione di procedere utilizzando parenchimi di foglie mature. La validazione della formula di Poisson in un barbatellaio di 779P. ha portato a confermare la bontà del modello. Partendo da 154 piante-campione, con un tasso di infezione del 3% ed una probabilità d’errore dell’1%, risultarono positivi 4 subcampioni, nei quali, in controlli fatti a posteriori, vennero identificati antigeni di almeno un donatore affetto. Il tasso di infezione di 779P. rilevato su piante madri fu confermato in barbatellaio applicando la formula di Poisson e la soglia di sensibilità dell’antigene. Anche in questo caso si ridusse dell’80% il numero dei saggi previsti dalla statistica per un tasso d’infezione del 3%. 68 CONCLUSIONI In vivaio, la garanzia che il materiale di moltiplicazione sia sanitariamente valido ed abbia i requisiti propri della varietà costituisce una colonna portante della struttura stessa. La tutela della qualità impone la messa in atto sia di strategie a carattere preventivo, che escluda insediamenti di patogeni nei nuovi impianti, sia di strumenti efficaci nell’individuare l’eventuale presenza degli stessi agenti nel breve termine. In quest’ottica, l’applicazione in vivaio di mezzi statistici, espressi dalla formula di Poisson ai fini sanitari, ha dato risultati incoraggianti. In particolare: - in campi di piante madri di V. vinifera nei confronti di entità per le quali potrebbero essere previsti dei livelli di tolleranza; - nello stesso modo in vivaio, su piante madri o in barbatellaio, nei confronti di patogeni considerati di qualità. Essa sarebbe di valido aiuto, in campionature particolarmente numerose, con le quali ad un esito negativo corrisponderebbe la quasi certezza dell’esenzione del patogeno, essendo in grado di rilevare, ad esempio, casi positivi in corrispondenza di percentuali di piante infette inferiori allo 0,05%. In quest’ambito, particolarmente utile è stata la conoscenza, per i differenti virus e contesti ambientali, dei valori limite di diluizione ai quali possono essere portati i tessuti infetti, senza che venga meno la validità della diagnosi. Ciò ha permesso una riduzione dell’80% del numero dei saggi. Risulta chiaro che le soglie di sensibilità non devono essere intese in senso assoluto; poiché molti fattori potrebbero condizionarli, sarebbe opportuno programmarne la verifica in relazione alla tipologia dei controlli che si vuole attuare. In definitiva riteniamo di particolare utilità l’aver abbinato la formula di Poisson alle “soglie di sensibilità”, in relazione ad una possibile caratterizzazione sanitaria del materiale vivaistico e ad una riduzione significativa (anche dell’80%) del numero dei saggi da effettuare. Ringraziamenti Si ringraziano il prof. Franco Faretra ed il dott. Michele Digiaro per gli utili suggerimenti forniti. 69 BIBLIOGRAFIA Boscia D., M. Digiaro, J. Fresno, C, Greif, S. Grenan, H.H. Kassemeyer, V.A. Prota, O.A. De Sequeira. 1997. ELISA for the detection and identification of grapevine viruses. In “Sanitary selection of the grapevine. Protocols for detection of viruses and virus-like diseases”. INRA editions, Paris, France, 129-155. Garau R., G. Tolu, V.A. Prota, M.P.M. Mungianu, U. Prota, 2001. Validazione in campo dei alcuni parametri operativi per l’accertamento di virus della vite. In: Atti di questo Convegno. Mullin J. 1990. A note on determining the reliability of sample size forassessing disease in stored potato tubers. Irish Journal of Agricoltural Research 29: 141-144. Prota V.A., R. Garau, G. Tolu, M.P.M. .Mungianu, U. Prota. 2001. Saggi per la definizione di protocolli sperimentali per la diagnosi immuno-enzimatica (ELISA), della Vite. In: Atti di questo convegno. Snedecor G.W. 1950. Statistical Methods. 4th Ed. Iowa State College Press. Ames, Iowa, U.S.A. pp. 485. 70 Metodologia di campionamento per la diagnosi del virus della degenerazione infettiva della vite mediante ELISA H. Bouyahia1, D. Boscia2, O. Potere2 Istituto Agronomico Mediterraneo, Valenzano, Bari 2 Centro di Studio del CNR sui Virus e le Virosi delle Colture Mediterranee e Dipartimento di Protezione delle Piante dalle Malattie, Università degli Studi, Bari 1 RIASSUNTO È stato fatto uno studio sulla distribuzione e la variazione stagionale della concentrazione del virus del complesso dell’arricciamento (GFLV) nella vite, al fine di definire la metodologia di campionamento per il saggio ELISA. Dopo aver selezionato i reagenti ed il protocollo di estrazione, sono stati effettuati saggi periodici su otto viti infette. I risultati hanno evidenziato la notevole importanza della metodologia e dell’epoca del campionamento sulla capacità di rilevare GFLV mediante ELISA. E’ stata confermata la maggiore concentrazione del virus nelle foglie apicali primaverili e nel floema dei tessuti lignificati; inoltre è stata rilevata una variabilità di distribuzione sia nella pianta che all’interno della lamina fogliare. Sulla base dei risultati ottenuti si propone un protocollo di campionamento in grado di migliorare l’efficacia del saggio ELISA. SUMMARY The followingA study was carried out is concerned withon the distribution and seasonal variation of the Grapevine fanleaf virus (GFLV) titer in grapevines, in order to set up an efficient sampling methodology for ELISA testing. The results of periodical testing of 8 infected vines have confirmed the highest virus concentration in apical leaves collected during spring, as well as in phloematic tissues from mature canes. GFLV proved to be distributed erratically in the plants and within single leaves. Based on these observations a sampling protocol is suggested for improving ELISA efficiency. INTRODUZIONE Il complesso dell’arricciamento o degenerazione infettiva è una delle principali virosi della vite. Agenti causali sono virus del genere Nepovirus, di cui il virus dell’arricciamento (GFLV), trasmissibile con il nematode Xiphinema index, è l’unico presente in Italia meridionale. Ancor più del vettore, la causa della ampia diffusione del virus va ricercata nel frequente impiego di materiali di propagazione infetti, quali barbatelle della categoria “standard” o marze prelevate dagli stessi agricoltori senza alcun controllo sanitario. La capacità di diagnosticare GFLV ha pertanto una importanza determinante per la prevenzione della malattia. Il metodo diagnostico che meglio si presta ad un controllo massale è ancora l’ELISA, tuttavia, nonostante i buoni livelli di sensibilità dei kit diagnostici utilizzati, nonché le diverse conoscenze acquisite sulla variazione del titolo virale nella pianta e con la stagione 71 (Bovey et al., 1980; Walter et al., 1984 ; Rowhani et al., 1992 ; Walter et al., 1993 ; Fresno et al., 1993), non è infrequente ritrovare viti infette tra quelle risultate negative al controllo ELISA, probabilmente a causa della distribuzione irregolare del virus nella pianta. In particolare, nel corso di un monitoraggio preliminare effettuato mensilmente presso il Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata dell’Università di Bari (DPPMA) su 10 viti infette da GFLV, ben 8 piante avevano fornito risultati erratici, con una rilevazione media del virus pari ad appena il 53%. Al fine di definire una metodologia di campionamento adeguata a minimizzare il rischio di avere dei falsi negativi, è stata svolta una ricerca, di cui si riferisce in questa nota, mirata ad investigare in dettaglio la variazione del titolo di GFLV. MATERIALI E METODI Viti: le analisi sono state condotte su otto viti infette di una collezione del DPPMA, appartenenti a 5 specie e/o varietà diverse, che in precedenti saggi ELISA avevano dato risultati erratici. Due viti sane sono state usate come testimoni negativi. Reagenti e metodi di estrazione: al fine di valutare l’incidenza del kit diagnostico e del metodo di estrazione dei campioni nella determinazione dell’erraticità dei risultati, sono stati confrontati: i) anticorpi anti-GFLV prodotti localmente e due kit commerciali (Agritest s.r.l., Valenzano, Italia, e Bioreba, Svizzera); ii) tampone fosfatico contro tampone Tris; iii) estrazione manuale dai tessuti lignificati (talee) in mortaio contro estrazione meccanica con granulatore GRANEX.91 (Lav.Mecc., Mereto di Tomba, Italia). Distribuzione del virus nella pianta: le piante oggetto di studio erano allevate a spalliera con due branche orizzontali (Guyot doppio bilaterale), di ciascuna delle quali e per ogni pianta sono state analizzate singolarmente 40 foglie. Distribuzione del virus lungo il tralcio: nel corso di tre campionamenti sono state analizzate complessivamente 640 foglie, classificate in tre tipi (apicale, media e basale), a seconda della loro posizione sul tralcio. Al termine della stagione vegetativa, sono stati raccolti 30 sarmenti da cui sono stati saggiati, singolarmente, 160 internodi distinti in basali e apicali. Distribuzione del virus nella lamina fogliare: sono state analizzate 17 foglie adulte in cui era stata preliminarmente accertata la positività in ELISA. Di esse sono stati analizzati singolarmente 4 dischetti del diametro di circa 1,5 cm, di cui tre prelevati al margine della lamina, ed il quarto nella parte basale, prossimale al picciolo (Fig. 1). 72 Variazione stagionale del titolo virale: sono stati effettuati cinque campionamenti, dalla ripresa vegetativa fino all’allegagione (2 e 24 Aprile, 10 e 24 Maggio, 5 Giugno), nel corso dei quali sono state raccolte ed analizzate 688 foglie. Durante questo periodo è stato effettuato il rilevamento quotidiano della temperatura. Uso di campioni composti: al fine di verificare la possibilità di miglioramento dell’efficienza del saggio, le foglie singole di ciascuna pianta sono state analizzate comparativamente con raggruppamenti casuali delle stesse (3, 5, 7 e 10 foglie), per un totale di 496 campioni misti. Correlazione tra presenza di sintomi e reazione ELISA: al fine di accertare l’eventuale corrispondenza tra espressione sintomatologica e titolo virale, il 20 maggio 2001 sono state campionate in diversi vigneti della Provincia di Bari 11 viti con manifestazioni sintomatologiche limitate ad una sola branca. Di ciascuna di esse sono state analizzate 15 foglie sintomatiche ed altrettante da tralci asintomatici. RISULTATI E DISCUSSIONE Reagenti e metodi di estrazione: nessuno dei reagenti, dei tamponi e dei metodi di estrazione confrontati ha influenzato la sensibilità del saggio in maniera significativa, infatti nonostante differenze nell’intensità delle reazioni, non sono state rilevate differenze nella determinazione dei campioni positivi. Distribuzione del virus nella pianta: delle 8 piante oggetto di analisi, solo 3 hanno mostrato una distribuzione del virus sostanzialmente omogenea, mentre nelle altre 5, in cui GFLV è stato rilevato solo in 128 delle 400 foglie saggiate, è stato evidenziato un significativo sbilanciamento verso una delle due branche (83,5% contro il 16,5%), peraltro non associato ad un orientamento preferenziale. Distribuzione del virus lungo il tralcio: dall’analisi delle 640 foglie in posizioni diverse dei tralci, è stata osservata l’esistenza di un gradiente di concentrazione virale crescente verso la parte apicale. Questo comportamento è stato verificato in tutti i 3 campionamenti effettuati tra il 10 Maggio ed il 5 Giugno 2001. Un comportamento opposto si è notato nell’analisi di 160 internodi campionati al termine della stagione vegetativa. Infatti tra gli internodi basali è stata riscontrata una percentuale di positivi (79,3%) più elevata rispetto agli internodi apicali (69,9%). 73 Distribuzione del virus nella lamina fogliare: l’analisi di diversi settori del lembo di 17 foglie adulte infette (Fig. 1) ha mostrato una notevole riduzione della concentrazione virale nella parte basale, in prossimità del picciolo, dove la capacità di rilevare il virus mediante ELISA si riduce al 12% contro l’88% dei margini. Variazione stagionale del titolo virale: dall’analisi comparativa dei 5 diversi campionamenti fogliari è stata rilevata una considerevole variazione dell’efficacia del saggio ELISA, legata alla variazione del titolo virale, con un picco, pari al 52%, registrato il 10 Maggio 2001. Il confronto tra l’andamento della temperatura e quello dell’efficacia del saggio ELISA ha messo in evidenza l’azione inibente della temperatura dalla seconda metà del mese di Maggio. Uso di campioni composti: In totale sono stati saggiati 496 campioni composti, di ognuno dei quali era stato predeterminato il risultato teorico in base alla presenza o meno di almeno una foglia del gruppo risultata positiva al saggio preliminare. Come si può osservare nella Tabella 1, l’analisi di campioni composti di più foglie della stessa pianta ha sempre migliorato l’efficacia saggio rispetto allo stesso effettuato su foglia singola. Tuttavia se nel primo campionamento i risultati ottenuti sono molto vicini alla previsione, nei successivi campionamenti si è osservata una sensibile riduzione dell’efficacia del saggio, rispetto alla previsione teorica. La spiegazione di ciò potrebbe risiedere nell’influenza dell’aumento della temperatura sul titolo virale e, quindi, sulla possibilità di rilevare un campione positivo diluito in altri. Correlazione tra presenza di sintomi e reazione ELISA: dall’analisi comparativa di foglie sintomatiche e non, è emersa una buona correlazione tra manifestazione dei sintomi e rilevazione del virus in ELISA (73,6% di foglie positive sintomatiche contro 42,5% di foglie positive asintomatiche); tuttavia la presenza dei sintomi non garantisce la positività della reazione, così come la latenza non esclude la possibilità di rilevare il virus. CONCLUSIONI Questo studio ha messo in evidenza che, tra i diversi fattori che possono condizionare la diagnosi di GFLV mediante ELISA, la metodologia di campionamento è estremamente importante, molto più di quanto non lo siano la scelta del reagente, del tampone o del metodo di estrazione. I risultati confermano quanto già segnalato in letteratura riguardo la variazione stagionale del titolo virale (Rowhani et al., 1992 ; Walter et al., 1993 ; Fresno et al., 1993) e la maggiore 74 concentrazione del virus nelle foglie apicali (Bovey et al., 1980; Walter et al., 1993); tuttavia questi parametri da soli non garantiscono la rilevazione con l’ELISA di GFLV, poiché esistono altri fattori importanti, legati all’irregolarità di distribuzione nella pianta, che devono essere considerati per l’adozione di un’efficace metodologia di campionamento. Allo scopo di migliorare l’efficacia del test diagnostico minimizzando il rischio di falsi negativi si propone, pertanto, il seguente modello di campionamento: • Talee dormienti: saggio di almeno due internodi basali, prelevati da due settori diversi della pianta • Foglie: saggio di un campione misto, composto da porzioni marginali del lembo di almeno tre foglie apicali, preferibilmente sintomatiche, raccolte in parti diverse della chioma a circa 60 giorni dalla ripresa vegetativa. BIBLIOGRAFIA Bovey R., Brugger J.J., Gugerli P. 1980. Detection of Fanleaf virus in grapevine tissue extracts by enzyme-linked immunosorbent assay (ELISA) and immune electron microscopy (IEM). In: Proc. 7th Meeting of ICVG, Niagara falls, 1980, p. 259-275. Fresno J., Arias M. 1993 Detection of grapevine fanleaf virus (GFLV) in vineyards along the whole year and its vector nematode Xiphinema index. Extended abstracts 11th Meeting ICVG, Montreux 1993, 148-149. Rowhani A., Walker M.A., Rokni S. 1992. Sampling strategies for the detection of grapevine fanleaf virus and the grapevine strain of tomato ringspot virus. Vitis 31, 35-44. Shanmuganatha N., Fletcher G. 1982. Enzyme-Linked-Immunosorbent-Assay to detect fanleaf virus in grapevines grown in containers. Plant Dis. 66,704-707. Walter B., Grenan S., Esmenjaud D., Cornuet, P., Boidron R., Leguay M. 1993. Use and limits of ELISA for routine detection of ArMV and GFLV in grapevines and in Xiphinema index. 11th mee. ICVG, Montreux, 1993, 146-147. Walter B., Vuittenez A., Kuszala J., Stocky G., Burckard J., Van Regenmmortel M.M.V. 1984. Détection sérologique du virus du court-noué de la vigne par le test ELISA. Agronomie 4, 527-534. 75 Tabella 1. Percentuali di positivi ELISA ottenuti con campionamento misto, confrontate con i saggi su foglie singole e con i risultati teoricamente ottenibili. Data Nr.F Singolo 3F 3F 5F 5F 7F 7F 10F 10F Teorico Pratico Teorico Pratico Teorico Pratico Teorico Pratico 10/05 160 52% 88% 83% 90% 87% 100% 100% 100% 100% 24/05 240 27% 53% 47% 80% 43% 73% 50% 66% 42% 5 /06 240 35% 60% 39% 73% 48% 78% 47% 80% 54% Nr.F : Numero di foglie saggiate; 3F, 5F, 7F, 10F : campioni misti costituiti dal numero di foglie corrispondente (3, 5, 7 o 10). Armonizzazione della diagnosi della flavescenza dorata della vite (FD): risultati di una prova comparativa 1 Pasquini G., E. Angelini2, R. Benedetti3, A. Bertaccini4, L. Bertotto2, P.A. Bianco5, F. Faggioli1, M. Martini4, C. Marzachì6, M. Barba1 1 Istituto Sperimentale per la Patologia Vegetale – Roma Istituto Sperimentale per la Viticoltura – Conegliano Veneto (Treviso) 3 Dipartimento Biologia applicata alla Difesa delle Piante- Università di Udine 4 DiSTA, Patologia Vegetale – Università di Bologna 5 Istituto di Patologia Vegetale – Università di Milano 6 Istituto di Fitovirologia Applicata CNR - Torino 2 INTRODUZIONE La flavescenza dorata della vite (FD) è una malattia epidemica, causata da un fitoplasma appartenente al gruppo del giallume dell’olmo (gruppo 16SrV – Elm Yellows) e diffusa nel sud della Francia, nel nord dell’Italia e nel nord della Spagna, zone dove è presente il vettore specifico, la cicalina ampelofaga Scaphoideus titanus (Caudwell et al., 1970; Belli et al., 1973; Bertaccini et al., 1996; Battle et al., 1997) La malattia è stata segnalata e descritta per la prima volta in Francia (Caudwell, 1957), ove ha causato danni notevoli nelle aree viticole della Guascogna. Il fitoplasma da allora si è diffuso in diverse aree ed ha invaso anche il nostro Paese, dove attualmente è segnalato in Veneto, Lombardia, Piemonte, Liguria e, più recentemente, in Emilia ed in alcuni vigneti della parte più occidentale del Friuli Venezia Giulia. Nel corso degli anni, nelle zone italiane a rischio di epidemie sono state definite misure di intervento per contenere i danni e salvaguardare il patrimonio genetico di varietà e di cloni di vite. Recentemente il Ministero per le Politiche Agricole e Forestali (MiPAF) ha approntato un provvedimento di lotta obbligatoria (D.M. 31/05/2000) per l’adozione di misure fitosanitarie, compresa l’eventuale eradicazione delle piante e dei vigneti colpiti. Nello stesso tempo ha istituito un gruppo di lavoro formato da esperti del settore, allo scopo di armonizzare ed integrare le diverse iniziative intraprese a livello locale. I sintomi rilevabili in campo sulle viti infette sono comuni ad un gruppo di malattie fitoplasmatiche, comunemente denominate “giallumi”, associate a fitoplasmi diversi. Tra queste, solo la flavescenza dorata è a carattere epidemico e di notevole gravità. E’ quindi necessario disporre di protocolli diagnostici adeguati e specifici per l’identificazione del fitoplasma agente eziologico di FD sensu strictu, appartenente al gruppo denominato 16SrVC (Bianco et al. 1996, Lee et al., 1998) e al gruppo 16SrV-D (Martini et al., 1999; Angelini et al. 2001), per accertare la presenza della malattia ed applicare i necessari provvedimenti di lotta obbligatoria. Il gruppo di lavoro costituito dal MiPAF è stato chiamato ad individuare, tra quelli riportati in letteratura, un metodo diagnostico applicabile su larga scala e che risultasse più idoneo a determinare la presenza del fitoplasma responsabile della flavescenza dorata sui vigneti in pieno campo. A questo scopo è stata organizzata una prova comparativa, finanziata dalle Regioni Emilia Romagna, Veneto, Lombardia e Piemonte, alla quale hanno partecipato ricercatori provenienti da alcune Istituzioni scientifiche italiane coinvolte nello studio e nella diagnosi della flavescenza dorata. Inoltre è stata discussa l’ottimizzazione delle metodologie di campionamento. MATERIALI E METODI Prova comparativa. La Prova Comparativa è stata effettuata nei giorni 4-8 settembre 2000, presso i laboratori dell’Istituto Sperimentale per la Patologia Vegetale (MiPAF) di Roma. I partecipanti alla prova sono elencati in Tab. 1. Tabella 1. Elenco delle istituzioni partecipanti alla prova comparativa Istituzione Istituto di Fitovirologia Applicata – CNR Istituto Sperimentale per la Viticoltura DiSTA, Patologia Vegetale – Università Istituto di Patologia Vegetale – Università Dip. Biologia Applicata Difesa Piante, Università Istituto Sperimentale per la Patologia Vegetale Città Torino Conegliano (TV) Bologna Milano Udine Roma Isolati di FD. Tutti i saggi sono stati effettuati utilizzando 10 campioni di vite (Tab. 2), provenienti da differenti areali italiani dove la malattia è presente e forniti dalle Istituzioni scientifiche a cui i partecipanti afferiscono. I campioni, due per ciascuna Istituzione, sono stati generalmente raccolti nei giorni precedenti la prova e provenivano da viti sintomatiche, le quali erano risultate positive per FD in analisi precedentemente effettuate nei laboratori di 78 provenienza. Un campione di vite asintomatico, proveniente da un semenzale di due anni di età, è stato utilizzato come controllo negativo. Tabella 2 . Isolati di FD saggiati durante la prova comparativa. Sigla Ringtest 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Istituzione Sigla originaria 287 CNR-Torino 288 CNR-Torino F14V24 Università Milano F8V11 Università Milano 6RCh Università Udine 7RCh Università Udine 4F ISV 8F ISV VR2 Università Bologna PD7 Università Bologna Protocolli di diagnosi. Nel corso della prova sono stati messi a confronto 3 protocolli di diagnosi per FD, comprendenti ciascuno un metodo di estrazione del DNA totale dal tessuto fogliare, seguito da diversi tipi di amplificazione di frammenti specifici di DNA ribosomiale fitoplasmatico, atti ad evidenziare la presenza dell’agente responsabile della malattia. I metodi utilizzati sono stati leggermente modificati rispetto a quelli riportati in letteratura per adattarli alla prova e sono stati denominati: Protocollo 1 (All. 1) Protocollo 2 (All. 2) Protocollo 3 (All. 3) Come evidenziato dagli allegati, in cui sono riportate dettagliatamente tutte le fasi di lavoro, il protocollo 1 è costituito da un metodo di estrazione di DNA totale (Barba et al., 1998), a cui segue una prima amplificazione con una coppia di “primers” universali R16F2/R2 (che amplificano frammenti conservati e comuni a tutti i tipi di fitoplasmi) e una seconda amplificazione (PCR-“nested”) utilizzando la coppia di “primers” R16(V)F1/R1, specifici per il gruppo tassonomico cui appartiene FD e che amplificano, quindi, frammenti del genoma fitoplasmatico presente solo nei fitoplasmi classificati in tale gruppo. Il protocollo 2 prevede un diverso metodo di estrazione del DNA totale (Prince et al., 1993), seguito da due amplificazioni consecutive con le coppie di “primers” universali P1/P7 79 e R16F2/R2 e da una successiva amplificazione con la coppia di “primers” R16(V)F1/R1, specifica per il gruppo 16SrV. Il protocollo 3 è costituito da un metodo di estrazione del DNA totale (Angelini et al., 2001) che è stato saggiato nell’ambito della prova comparativa con entrambe le procedure di amplificazione adottate nei protocolli 1 e 2 (Protocollo di amplificazione 3A e 3B, rispettivamente). Lo scopo era di valutarne appieno la sensibilità e specificità, essendo un metodo di nuova acquisizione nei laboratori italiani coinvolti nella diagnosi della FD. Tutti i “primers” utilizzati durante la prova sono riportati in Tab. 3. Tabella 3. Elenco delle coppie di “primers” utilizzate durante la prova comparativa Coppie di primers Iniziatori specifici Sequenza P1/P7 P1 P7 5’-AAG AGT TTG ATC CTG GCT CAG GAT T-3’ 5’-CGT CCT TCA TCG GCT CTT-3’ F2/R2 R16F2 R16R2 5’- ACG ACT GTC AAG ACT GG-3’ 5’- TGA CGG GCG GTG TGT ACA AAC CCC G-3’ Riferimento bibliografico Deng e Hiruki, 1991 Schneider et al., 1995 Proto colli 2,3 1,2,3 Lee et al., 1995 F1/R1(V) R16(V)F1 R16(V)R1 5’-TTA AAA GAC CTT CTT CGG-3’ 5’-TTC AAT CCG TAC TGA GAC TAC C-3’ 1,2,3 Lee et al., 1994 RISULTATI E DISCUSSIONE I risultati ottenuti dalle prove molecolari effettuate sono riportati in Tab. 4. 80 Tabella 4. Risultati ottenuti con i 3 Protocolli di diagnosi applicati a 10 campioni di vite, infetti da FD. Protocollo 1 Sigla Protocollo 2 Protocollo 3A Protocollo 3B F2/R2* (V)F1/R1* P1/P7* F2/R2* (V)F1/R1* F2/R2* (V)F1/R1* P1/P7* F2/R2* (V)F1/R1* campione 1 + + - + + - + + + + 2 - + - - + - + + + + 3 - + - + + - - - - - 4 + + - + + - + + + + 5 + + + + + + + + + + 6 + + + + + + + + + + 7 - + - - - - - - - - 8 + + + + + - + + + + 9 - - - - - - - - - - 10 - - - + + - - - - - Sano - - - - - - - - - - Totale 5 8** 3 7 8 2 6 6 6 6 *Coppie di “primers” utilizzate nelle diverse amplificazioni. ** I valori in grassetto indicano i risultati finali dopo due o tre cicli di amplificazione Uno dei campioni saggiati (N° 9) non ha evidenziato alcuna reazione positiva con nessuno dei tre protocolli utilizzati. Ciò è probabilmente dovuto alla prolungata conservazione del materiale in frigorifero prima dell’analisi (i campioni 9 e 10 erano entrambi frigoconservati da una settimana) ed alla conseguente degradazione dell’acido nucleico del patogeno (il campione era risultato positivo all’analisi effettuata al momento del prelievo). Nel confronto delle percentuali di rilevamento del fitoplasma con i tre protocolli questo campione non è stato preso in considerazione. Tutti e tre i protocolli si sono confermati validi per la diagnosi di FD, con risultati pressoché simili. In particolare, nessuno dei tre metodi è risultato in grado di rilevare il 100% dei campioni infetti. I protocolli 1 e 2 hanno messo in evidenza la stessa sensibilità di diagnosi, con una percentuale di rilevamento del fitoplasma dell’89% (8 campioni su 9); il Protocollo 3 ha invece mostrato una percentuale di rilevamento del 67% (6 campioni su 9), in entrambe le varianti 3A e 3B. 81 Al termine della prova, inoltre, sono state fatte alcune valutazioni sulla operatività dei metodi confrontati e sulla loro applicabilità in campionamenti massali. Le principali caratteristiche sono riportate in Tab. 5. Tabella 5. Principali caratteristiche dei tre protocolli utilizzati Parametri valutativi Tempi estrazione DNA Protocollo 1 Protocollo 2 Protocollo 3 8 ore 24 ore 2 ore 2 3 2 Attrezzatura specifica richiesta ++(*) ++(*) ++(*) Reagenti ad elevato rischio +(*) ++(*) +(*) Specializzazione personale +++(*) +++(*) +++(*) Campioni estraibili/die 12 12 30 Costo ++ +++ + Numero eventi PCR (*) = +: medio/a; ++: elevato/a; +++: molto elevato/a CONCLUSIONI Alla luce dei risultati acquisiti e delle valutazioni effettuate appare evidente che il metodo diagnostico deve essere scelto in funzione del tipo di analisi da effettuare. Il Protocollo 3, pur essendo risultato meno sensibile degli altri due, si propone per analisi di campioni provenienti da zone in cui la malattia è già stata evidenziata e dove quindi è necessario valutare la sua diffusione per opera del vettore ai fini dell’applicazione delle norme di lotta obbligatoria. In caso si volesse valutare in maniera più sensibile la situazione si potrebbe comunque procedere a rianalizzare i campioni negativi impiegando uno degli altri due metodi. È inoltre da preferire la variante 3A rispetto alla 3B, poiché, a parità di risultati, implica un risparmio di tempo e reagenti. Questo metodo, infatti, pur essendo risultato meno sensibile degli altri due, è decisamente vantaggioso nell’indagine massale, perché risulta di facile esecuzione e particolarmente rapido rispetto agli altri due metodi messi a confronto. Inoltre, la sua minore sensibilità può essere superata aumentando il numero dei campioni da analizzare (BoudonPadieu et al., in preparazione). Poiché, infatti, questo protocollo consente di ottenere l’estrazione del DNA di circa 30 campioni/persona/die, è sicuramente il più idoneo per 82 effettuare estesi monitoraggi in campo e per avere una maggiore conoscenza sulla reale diffusione del patogeno nelle zone dove è già stato segnalato. Il confronto effettuato fra le due varianti 3A e 3B, pur non mostrando differenze nel risultato finale, ha permesso di verificare una maggiore efficacia dell’uso della coppia di “primers” universali P1/P7 rispetto alla coppia R2/F2 (Tab. 4). I Protocolli 1 e 2 (risultati equivalenti in sensibilità nella prova) sono invece da preferire nel caso in cui si debbano analizzare campioni sospetti provenienti da areali dove la malattia non è stata ancora segnalata, o campioni di particolare interesse (piante capostipiti, controlli per quarantena, etc.). Limitatamente alla prova, la maggiore laboriosità dei metodi è apparsa legata ad una maggiore affidabilità del risultato. In ogni caso, nel materiale proveniente da aree non infette in maniera conclamata e dalle zone focolaio occorre provvedere alla digestione enzimatica prodotto ottenuto con i “primers” specifici (R16(V) F1/R1) con onde distinguere se si è in presenza di FD sensu del l'enzima BfaI strictu (16SrV-C o –D) o di giallume dell'olmo oppure (16SrV-A). Grandissima importanza riveste, invece, la metodologia di campionamento che, se non effettuata correttamente, potrebbe inficiare qualsiasi tipo di protocollo diagnostico (come evidenziato anche dal saggio sui campioni frigoconservati) e che, quindi, non deve prescindere dai seguenti aspetti fondamentali: - il personale tecnico, che opera in campo, deve essere accuratamente addestrato per il riconoscimento dei sintomi della malattia, al fine di ridurre il rischio di confusione con altre sintomatologie (es. accartocciamento fogliare) e, quindi, prelevare campioni non corretti per l’indagine. - Il campione deve essere costituito da almeno venti foglie sintomatiche (sia basali che apicali) che non presentino necrosi o forti attacchi di altri patogeni, raccolte da diversi tralci (distribuiti a 360° intorno alla pianta e su tutta l’altezza della stessa). - Il materiale raccolto deve essere inserito in una busta di plastica chiusa, etichettato, riposto subito a 4°C in una borsa frigorifera e conservato a tale temperatura. Il materiale va inviato al laboratorio di analisi entro 24 ore dalla raccolta. L’analisi di laboratorio deve essere avviata in tempi rapidi nei giorni successivi. 83 I risultati ottenuti e le considerazioni emerse dalla prova comparativa dimostrano l’importanza che tali iniziative hanno nell’armonizzazione di protocolli di diagnosi ed evidenziano la necessità di continuare il confronto per validare ulteriormente le procedure. La possibilità, infatti, di riunire in un’unica sede ricercatori esperti in uno specifico settore e di confrontare nell’ambito di un unico laboratorio protocolli diversi ha permesso di ottenere immediatamente risultati pratici ed agevolare e velocizzare le analisi in relazione ai diversi scopi che ci si prefigge. 84 Allegato 1 - PROTOCOLLO 1 Protocollo 1 di diagnosi per FD. I= Metodo di estrazione del DNA totale dal materiale vegetale. II= Esecuzione del saggio molecolare. I –ESTRAZIONE del DNA TOTALE (Barba et al., 1998) Lavare accuratamente le foglie. Preparare 1,5 gr di nervature centrali da foglie senza necrosi evidenti. Cambiare lama e supporto di taglio per ogni campione. Utilizzando un bisturi, tagliare le nervature e raccoglierle in piccoli pezzi in un mortaio precedentemente raffreddato e mantenuto in ghiaccio, aggiungendo 7-8 ml di PGB (“Phytoplasma Grinding Buffer”) freddo e preparato poco prima dell’uso. Incubare in ghiaccio per 10-15 min. Aggiungere 50 mg di sabbia di quarzo sterile e sminuzzare accuratamente col pestello. Aggiungere ancora 5 ml di tampone freddo nel mortaio e continuare la macerazione fino ad ottenere una miscela omogenea. Trasferire la miscela in una provetta tipo Corex da 15 ml e centrifugare (il rotore deve essere stato preventivamente raffreddato) a 2.500 g per 5 min in centrifuga refrigerata a 4°C: Quindi trasferire con cautela il supernatante in una provetta Corex da 15 ml pulita e preraffreddata in ghiaccio. Centrifugare a 4°C a 18.000g per 20 min. Scartare con attenzione il supernatante e far asciugare le provette capovolte per 1-2 min. Risospendere bene (senza fare schiuma) il pellet in 3 ml di CTAB buffer usando pipette Pasteur monouso con bocca larga. Trasferire 1 ml in una provetta Eppendorf da 2 ml. Incubare in bagno termostatato (60°C) per 60 min. Agitare le provette un paio di volte durante il periodo di incubazione. Aggiungere 1 ml di cloroformio-alcol isoamilico (24:1), mescolare la soluzione energicamente e passarla al vortex per omogeneizzarla. Centrifugare 6.000 rpm per 10 min, a temperatura ambiente, poi prelevare con attenzione la fase acquosa superiore e trasferirla in una nuova provetta Eppendorf. Precipitare gli acidi nucleici aggiungendo un volume di isopropanolo freddo, mescolando. Mettere i tubi a –20°C per 30 min. Centrifugare 13.000 rpm per 10 min. Quindi scartare il supernatante alcolico e lavare attentamente la provetta con etanolo 70%. Lasciare asciugare all’aria per circa 5 min. Risospendere gli acidi nucleici nel tubo con 400 µl di TE. Precipitarli aggiungendo 40 µl di 3M sodio acetato pH 5,2 e 0,9 ml di etanolo 95%. Lasciare incubare per almeno 3 ore a – 20°C o 30 min a –80°C. Centrifugare a 13.000 rpm per 15 min, quindi scartare il supernatante alcolico e lavare la provetta con etanolo 70%. Lasciare asciugare all’aria per circa 5 min, o meglio, fino a che il preparato è inodore. Risospendere il DNA in 100 µl di acqua distillata sterile o tampone TE. N.B.= Gli acidi nucleici così estratti e sciolti in acqua sterile o TE possono essere mantenuti a –20°C per un lunghissimo periodo. Importante è evitare ripetuti scongelamenti. 85 TAMPONI UTILIZZATI per l’ESTRAZIONE degli ACIDI NUCLEICI PGB (“Phytoplasma Grinding Buffer”) per 1 litro 2% CTAB buffer per 500 ml K2HPO4 16,7 (anidro) o 21,7 (idrato) CTAB 10 gr KH2PO4 4,1 g Tris pH 8,0 25 ml da 2M Saccarosio 100 g NaCl 40 ml da 5M BSA pH 8,0 1,5 g EDTA 20 ml da 0,5M PVP P.M.10.000 20 g Acido ascorbico 5,3 g TE buffer PH 7,6 con KOH 10 mM Tris-HCl pH 8,0 Preparare poco prima dell’uso 1 mM EDTA pH 8,0 NON AUTOCLAVARE 86 II - SAGGIO MOLECOLARE PCR DIRETTA Si utilizzano i “primers” R16F2/R2 (Lee et al., 1995) le cui sequenze sono: R16F2: R16R2: Mix: 5’-ACG ACT GCT AAG ACT GG-3’ 5’-TGA CGG GCG GTG TGT ACA AAC CCC G-3’ 10X buffer 5 µl 25 mM MgCl2 4 µl 2,5 mM dNTPs 5 µl 5 mM R16F2 4 µl 5 mM R16R2 4 µl 5 U/µl Taq 0,2 µl H2O 25,8 µl Dispensare 48 µl della miscela di reazione in ogni tubo di reazione. Aggiungere 2 µl di acido nucleico estratto, mescolando bene. Lo schema prevede 35 cicli così caratterizzati: 1 min, 94°C (3 min primo ciclo) 1 min 30 sec, 55°C 1 min 20 sec, 72°C (5 min ultimo ciclo) PCR “NESTED” Si utilizzano i primers R16(V)F1/R1 (Lee et al., 1994) le cui sequenze sono: R16(V)F1: R16(V)R1: Mix: 5’-TTA AAA GAC CTT CTT CGG-3’ 5’-TTC AAT CCG TAC TGA GAC TAC C-3’ 10X buffer 5 µl 25 mM MgCl2 4 µl 2,5 mM dNTPs 5 µl 87 5 mM R16(V)F1 4 µl 5 mM R16(V)R1 4 µl 5 U/µl Taq polimerasi 0,2 µl H2O 25,8 µl Dispensare 48 µl della miscela di reazione in ogni tubo di reazione. Aggiungere 2 µl di prodotto della PCR diretta, diluito 1:40, mescolando bene. Lo schema prevede 35 cicli così caratterizzati: 1 min, 94°C (3 min primo ciclo) 1 min, 50C 1 min 15sec, 72°C (5 min ultimo ciclo) Visualizzare la banda in gel di agarosio all’1,2%, dopo colorazione in bromuro di etidio. 88 Allegato 2 – Protocollo 2 Protocollo di diagnosi per FD. I= Metodo di estrazione del DNA totale dal materiale vegetale. II= Esecuzione del saggio molecolare. I –ESTRAZIONE del DNA TOTALE (Prince et al., 1993) Sciacquare accuratamente le foglie in acqua corrente ed asciugarle. 1. Preparare circa 1,0 gr. di nervature centrali da foglie verdi fresche, senza necrosi evidenti e metterle in un mortaio di porcellana precedentemente raffreddato e mantenuto in ghiaccio, le nervature vengono polverizzate in azoto liquido con un pestello, anch’esso sterilizzato. Aggiungere 8 ml di PGB (“Phytoplasma Grinding Buffer”) freddo e preparato poco prima dell’uso. 2. Trasferire la miscela in una provetta corex da 15 ml e centrifugare (il rotore deve essere stato preventivamente raffreddato) per 20 minuti a 13.000 rpm a 4°C. Risospendere il pellet in 4 ml di “Extraction buffer”, a cui vengono aggiunti: 80 µl di una soluzione acquosa di Proteinase K (0,1 mg/ml) e 440 µl di Sarkosil al 10%. 3. Incubare la miscela ottenuta per 1 ora a 55°C. 4. Centrifugare per 10 min a 8.000 rpm, prelevare il supernatante ed aggiungere 2,5 ml di isopropanolo per ottenere la precipitazione dell’acido nucleico grezzo. E’ necessario mescolare gentilmente il campione perché avvenga la precipitazione. 5. Incubare a -20°C per 30 minuti oppure tutta la notte a 4°C. 6. Centrifugare per 15 minuti a 8.000 rpm, eliminare il supernatante e risospendere il pellet in 3 ml di tampone TE, contenente 100 µg/ml di Proteinase K e SDS 0,5%. 7. Incubare a 37°C per 1 ora. 8. Aggiungere 525 µl di NaCl 5 M e 420 µl di CTAB in 0,7 M NaCl ed incubare per 10 minuti a 65°C. 9. Aggiungere 2 ml di fenolo saturato con tampone TE e 2 ml di una miscela composta da cloroformio/alcol isoamilico in rapporto 25:24:1, vortexare gentilmente e centrifugare 8.000 rpm per 10 minuti a 4°C. 10. Prelevare il supernatante ed aggiungere 4 ml di cloroformio/alcol isoamilico, centrifugare per 10 minuti a 8.000 rpm e trasferire il supernatante. 11. Aggiungere 2,5 ml di isopropanolo ed incubare tutta la notte a 4°C. 12. Centrifugare a 11.000 rpm per 30 minuti. 13. Lavare il pellet con 1 ml di etanolo 70% a freddo (prestando attenzione a non staccare il pellet dalla parete della provetta) e centrifugare a 11.000 rpm per 10 minuti. Lasciare asciugare il pellet all’aria finché diviene inodore (2-4 ore). 14. Risospendere il pellet in 100 µl di TE mescolando dolcemente. 15. Mantenere in ambiente refrigerato a 4°C. Quantificare la concentrazione dell’acido nucleico allo spettrofotometro. N.B.= Gli acidi nucleici così estratti possono essere mantenuti a –20°C per un periodo non superiore a 6 mesi. Importante è evitare ripetuti scongelamenti. 89 TAMPONI UTILIZZATI per l'ESTRAZIONE degli ACIDI NUCLEICI PGB (“Phytoplasma Grinding Buffer”) per 1 litro K2HPO4 16,7 (anidro) o 21,7 g (idrato) KH2PO4 4,1 g Saccarosio 100 g Siero albumina bovina (frazione V) 1,5 g Polivinilpirrolidone (PVP) P.M. 10.000 20 g Acido ascorbico 5,3 g Portare a pH 7,6 con 2N NaOH, filtrare con filtri 0,2µ e mantenere in frigorifero Prima dell’uso aggiungere 5,3 g di acido ascorbico. “Extraction buffer“ per 1 litro TRIS HCl 100 mM pH 8 100 ml NaCl 14,5 g (concentrazione finale: 250 mM) EDTA 37,2 g (concentrazione finale: 100 mM) Autoclavare 10% CTAB Buffer per 1 litro CTAB 10 g NaCl 41 g Sciogliere 41 g di NaCl in 800 ml di H2O, aggiungere lentamente il CTAB scaldando e agitando. Portare a volume. NaCl 5M per 1 litro NaCl 290 g TE buffer pH 8,0 10 mM Tris-HCl pH 8,0 1 mM EDTA pH 8,0 II – SAGGIO MOLECOLARE 1- PCR DIRETTA Si utilizzano i primers universali P1/P7 (Deng and Hiruki, 1991; Schneider et al., 1995), le cui sequenze sono: P1: 5’-AAG AGT TTG ATC CTG GCT CAG GAT T-3’ P7: 5’-CGT CCT TCA TCG GCT CTT-3’ Mix: 10X PCR buffer 5 µl 2,5 mM dNTPs 4 µl primer P1 20µM 1 µl primer P2 20µM 1 µl Taq polimerasi 5U/µl 1,25 µl H2O 37,750µl DNA estratto 20 µg/µl 1,0 µl ________________________________________ TOTALE 50 µl 90 Dispensare 49 µl della miscela di reazione in ogni tubo di reazione. Aggiungere 1 µl di acido nucleico estratto, mescolando bene. Lo schema previsto prevede 35 cicli così caratterizzati: 1 min, 94°C (3 min per il primo ciclo) 2 min, 50°C 3 min, 72°C (10 min per l’ultimo ciclo) 2- PCR NESTED I Si utilizzano i “primers” R16F2/R2 (Lee et al., 1995) le cui sequenze sono: R16F2: R16R2: 5’-ACG ACT GCT AAG ACT GG-3’ 5’-TGA CGG GCG GTG TGT ACA AAC CCC G-3’ 10X PCR buffer 2,5 mM dNTPs primer R16F2 20µM primer R16R2 20µM Taq polimerasi 5U/µl 5 µl 4 µl 1 µl 1 µl 1,25 µl Prodotto di P1/P7 dil. 1:30 1 µl H2O a volume ________________________________________ TOTALE 50 µl Dispensare 49 µl della miscela di reazione in ogni tubo di reazione. Aggiungere 1 µl di prodotto della PCR diretta, diluito 1:30, mescolando bene. Lo schema previsto prevede 35 cicli così caratterizzati: 1 min, 94°C (3 min per il primo ciclo) 2 min, 50°C 3 min, 72°C (10 min per l’ultimo ciclo) Si visualizza in gel e la lunghezza del prodotto è 1200 circa nucleotidi 91 2- PCR NESTED II Si utilizzano i primers R16(V)F1/R1 (Lee et al., 1994) le cui sequenze sono: R16(V)F1: 5’-TTA AAA GAC CTT CTT CGG-3’ R16(V)R1: 5’-TTC AAT CCG TAC TGA GAC TAC C-3’ 10X PCR buffer 2,5 mM dNTPs primer R16(V)F1 20 M primer R16(V)R1 20 M Taq polimerasi 5U/ l 5 µl 4 µl 1 µl 1 µl 1,25 µl Prodotto R2/F2 dil. 1:30 1 µl H2O a volume _______________________________________ TOTALE 50 µl Dispensare 49 µl della miscela di reazione in ogni tubo di reazione. Aggiungere 1 µl di prodotto della PCR NESTED I, diluito 1:30, mescolando bene. Lo schema previsto prevede 35 cicli così caratterizzati: 1 min, 94°C (3 min per il primo ciclo) 2 min, 50°C 3 min, 72°C (10 min per l’ultimo ciclo) Si visualizza in gel e la lunghezza del prodotto è 1100 circa nucleotidi. 92 All egato 3 – Protocollo 3 Protocollo 3 di diagnosi per FD. I -ESTRAZIONE del DNA TOTALE (Angelini et al, 2001) 1. Sciacquare accuratamente le foglie in acqua corrente ed asciugarle; 2. Cambiare lama e supporto di taglio ad ogni campione. Preparare circa 1 g di nervature centrali da foglie fresche, senza necrosi evidenti, e metterle in sacchetti “tipo ELISA”; 3. Aggiungere 7 ml per grammo di campione di tampone CTAB 3%, (aggiungere l’antiossidante all’ultimo momento: DTT 0,4% o 2-mercaptoetanolo 0,2%); 4. Omogeneizzare i campioni e trasferire (con punte di micropipette tagliate) 1 ml della miscela in Eppendorf da 2 ml; 5. Mettere ad incubare a 65°C per 20’. Agitare le provette almeno una volta durante l’incubazione; 6. Aggiungere 1 ml di cloroformio, mescolare bene; 7. Centrifugare a 11.000g per 10’ a temperatura ambiente; 8. Trasferire il sopranatante in una nuova Eppendorf da 2 ml, aggiungere 1 ml di isopropanolo, mescolare bene; 9. Centrifugare a 11.000g per 15’ a temperatura ambiente; 10. Eliminare il sopranatante (prestando attenzione al pellet), rovesciare i tubi per scolare meglio; 11. Lavare il pellet con 1 ml di etanolo 70% freddo (versare 1 ml di etanolo nella Eppendorf ed eliminarlo dopo pochi minuti rovesciando il tubo); 12. Lasciare asciugare bene il pellet: tenere le provette capovolte e poi lasciarle asciugare all’aria fino a che il pellet diviene inodore, oppure liofilizzare; 13. Risospendere il pellet in 100 µl di acqua sterile o TE, mescolando dolcemente, mantenere a 4°C. Prima di procedere al test PCR, risospendere di nuovo il pellet pipettando delicatamente. N.B.= Gli acidi nucleici così estratti e sciolti in acqua sterile o TE possono essere mantenuti a –20°C per un lunghissimo periodo. Importante è evitare ripetuti scongelamenti. TAMPONE DI ESTRAZIONE CTAB 3% pH 8,0 CTAB gr 30 3% Tris gr 121,1 1M NaCl gr 81,816 1,4M EDTA 0,5M ml 40 20mM Acqua sterile fino ad 1 litro portare a pH con HCl puro 93 II -ESECUZIONE DEL SAGGIO MOLECOLARE 1- PCR DIRETTA Si utilizzano i “primers” universali P1/P7 (Deng e Hiruki, 1991; Schneider et al., 1995), le cui sequenze sono: P1: 5’-AAG AGT TTG ATC CTG GCT CAG GAT T-3’ P7: 5’-CGT CCT TCA TCG GCT CTT-3’ o, in alternativa, i “primers” universali R16F2/R2 (Lee et al.,1995. ), le cui sequenze sono: R16F2: 5’-ACG ACT GCT AAG ACT GG-3’ R16R2: 5’-TGA CGG GCG GTG TGT ACA AAC CCC G-3’ Mix: per 1 campione H2O 27,68 µl 10X PCR buffer * 5 µl 25 mM MgCl2* 3 µl 2,5 mM dNTPs ciascuno 4 µl 5 µM P1 o R16F2 4 µl 5 µM P7 o R16R2 4 µl 5 U/µl Taq polimerasi 0,32 µl 1U/tubo ________________________________________ TOTALE 48 µl * fornito sempre insieme alla Taq Dispensare 48 µl della miscela di reazione in ogni tubo di reazione. Aggiungere 2 µl di acido nucleico estratto, diluito 1:10 mescolando bene. Lo schema previsto prevede 35 cicli così caratterizzati: 1 min, 94°C (3 min per il primo ciclo) 2 min, 50°C 3 min, 72°C (5 min per l’ultimo ciclo) 2- PCR NESTED Si utilizzano i primers R16(V)F1/R1 (Lee et al., 1995) le cui sequenze sono: R16(V)F1: R16(V)R1: 5’-TTA AAA GAC CTT CTT CGG-3’ 5’-TTC AAT CCG TAC TGA GAC TAC C-3’ Mix: per 1 campione 94 H2O 27,68µl 10X PCR buffer * 5 µl 25 mM MgCl2* 3 µl 2,5 mM dNTPs ciascuno 4 µl 5 µM R16(V)F1 4 µl 5 µM R16(V)R1 4 µl 5 U/µl Taq polimerasi 0,32 µl ________________________________________ TOTALE 48 µl * fornito sempre insieme alla Taq 1 U/tubo Dispensare 48 µl della miscela di reazione in ogni tubo di reazione. Aggiungere 2 µl di prodotto della PCR diretta, diluito 1:40, mescolando bene. Lo schema previsto prevede 35 cicli così caratterizzati: 1 min, 94°C (3 min per il primo ciclo) 2 min, 50°C 3 min, 72°C (5 min per l’ultimo ciclo) Visualizzare la banda in gel di agarosio all’1,2%, dopo colorazione in bromuro di etidio. 95 BIBLIOGRAFIA Angelini E., Clair D., Borgo M., Bertaccini A., Boudon-Padieu E. 2001. Flavescence dorée in France and Italy – Occurrence of closely related phytoplasma isolates and their near relationships to Palatinate grapevine yellows and an alder yellows phytoplasma. Vitis 40 (2), 79-86. Barba M., Boccardo G., Carraro L., Del Serrone P., Ermacora P., Firrao G., Giunchedi L., Loi N., Malfitano M., Marcone C., Marzachì C., Musetti R., Osler R., Palmano S., Poggi Pollini C., Ragozzino A. 1998. Confronto di differenti tecniche di diagnosi applicate al rilevamento di fitoplasmi in pomacee. Notiziario sulla protezione delle piante, 9, 263-278. Battle A., Lavina A., Kuszala C., Clair D., Larrue J., Boudon-Padieu E. 1997. 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Phylogenetic classification of plant pathogenic mycoplasma-like organisms or phytoplasmas, p. 369-380. In S. Razin and J.G. Tully (ed.), Molecular and diagnostic procedures in mycoplasmology, vol. 1 Academic Press, san Diego, Calif. 97 Aspetti statistici per un protocollo sperimentale applicato alla verifica dello stato sanitario delle produzioni vivaistiche Peressini S. 1, V. Barbina2, S. Colonnello2 1 ERSA – Servizio Chimico-Agrario e della Certificazione, Laboratorio di Fitovirologia, Pozzuolo del Friuli (UD) 2 Studio Tecnico Stefano Colonnello, Pasian di Prato (UD), Consulenti ERSA RIASSUNTO L’adozione di procedure che permettano di ottenere dati attendibili sullo stato sanitario della popolazione sotto controllo, è un prerequisito per l’implementazione di un “sistema di qualità” per la certificazione di prodotto. Questo lavoro tratta il metodo statistico implementato dal Laboratorio di Fitovirologia del Servizio Chimico-Agrario e della Certificazione dell’ERSA allo scopo di accertare la presenza di virus in lotti di piante dalle quali è stato estratto ed analizzato un campione di piccola taglia, cercando di ottimizzare le risorse disponibili e minimizzando i costi. La valutazione con metodi statistici del tasso di infezione di una popolazione non può esprimere risultati assoluti, ma solo stime con un certo grado di probabilità (livello di fiducia) legato alla dimensione della popolazione, alla numerosità del campione estratto ed ai risultati delle analisi diagnostiche. La regola generale è che quanto più grande è la popolazione e quanto più grande è il grado di fiducia che si vuole raggiungere, tanto più numeroso deve essere il campione da esaminare. SUMMARY The procedure applications giving reliable data on the sanitary condition of the population under control, is a prerequisite for the enforcement of any “quality assurance” system. This work describes a statistical method implemented by ERSA to detect the presence of viruses in batches of plants from which a small sample is taken and analysed by biological test, with the goal of optimising resources and reducing costs. Of course, the estimation of the infection rate of a biological population by statistical methods does not result in an absolute figure, but in the assessment of a probable infection range and a related confidence level, which in turn is connected with the size of the population, the size of the sample, and the results of the test. As a general rule, the larger is the population and the higher is the confidence level we want to reach, the larger would be the size of the sample to be analysed. 98 PREMESSA Il vivaismo viticolo friulano si pone ai vertici del panorama mondiale con oltre 700 ettari di superficie destinata alla coltivazione delle piante madri di marze e portinnesti ed una produzione di oltre 40 milioni di piante. Per mantenere questi livelli e non perdere competitività rispetto ad altri stati europei, è necessario che il prodotto presenti un elevato grado di qualità che, nel caso in esame, significa un basso grado di infezione da malattie da virus o virus-simili. Nell’ambito del Servizio Chimico-Agrario e della Certificazione dell’ERSA, l’attività del Laboratorio di Fitovirologia, riconosciuta dal Ministero dell’Agricoltura quale organismo preposto all’effettuazione degli accertamenti di “virus-esenza” sul materiale da moltiplicazione della vite, è rivolta alla diagnosi su marze e portinnesti delle principali virosi della vite mediante l’uso della tecnica sierologica ELISA e dell’indexaggio su piante indicatrici. L’implementazione di un sistema qualità per il vivaismo viticolo comporta l’adozione di procedure che permettano di ottenere informazioni puntuali sullo stato sanitario della popolazione esaminata. In generale si devono prelevare i campioni ed eseguire i test secondo metodiche predefinite, in modo da stabilire diversi livelli di qualità. Per ottenere risultati affidabili con il miglior impegno delle risorse disponibili, cercando di minimizzare i costi, si è proceduto alla definizione di una procedura statistica per valutare la presenza di virus in lotti di piante dalle quali è stato estratto ed analizzato un campione di piccola taglia. Più esattamente, il primo passo ha il fine di determinare se il tasso di infezione del lotto in esame, o popolazione, sia inferiore ad una certa soglia prefissata, definita accettabile, mentre il passo successivo consente di ottenere informazioni più puntuali determinando se il tasso di infezione sia superiore ad una seconda soglia. METODI STATISTICI La prima fase dello studio ha permesso di mettere a punto una procedura che ha lo scopo di determinare se il tasso di infezione del lotto in esame – o popolazione – non superi una certa soglia prefissata, definita accettabile. Questa procedura è volta a fornire, al minor costo possibile, una stima del tasso di infezione di un lotto di materiale che deve essere 99 verificato e che deve sottostare a determinati limiti prefissati dall'acquirente o stabiliti da norme di legge. Naturalmente la valutazione con metodi statistici del tasso di infezione, come di qualsiasi altro parametro, non può dare risultati certi, ma solo stime con un certo grado di probabilità – in termini statistici: livello di fiducia – legato alla taglia della popolazione, alla taglia del campione estratto ed ai risultati dei test diagnostici. Secondo la procedura messa a punto si decide che il tasso di infezione è accettabile se, e solo se, nel campione non si trova nessun elemento infetto. O meglio si decide che il tasso di infezione del lotto è superiore alla soglia accettabile se nel campione si trova anche un solo elemento infetto. Per questo in termini statistici gli elementi risultati infetti al test diagnostico si chiamano successi: non appena è trovato un elemento infetto si può interrompere i test e scartare il lotto come cattivo (questo permette di ridurre i costi di analisi anche se non quelli di campionamento). L’analisi statistica è basata su un principio di facile comprensione, che chiariamo con un esempio. Supponiamo di avere un lotto di 8 piante (popolazione), delle quali 2 sono infette, e di estrarre un campione di 3 piante. Tutti i modi possibili di estrarre il campione sono 56 mentre i modi possibili di estrazione con un infetto sono 30, quindi se il tasso di infezione è di 2 su 8 la probabilità di trovare un solo infetto nel campione è 30/56 (Figura 1). Si vede - e del resto è intuibile - che taglia del lotto, taglia del campione, livello di fiducia e soglia accettabile sono parametri funzionalmente dipendenti. Per esempio, se si è stabilito un livello di fiducia del 95% ed una soglia accettabile del 2%, da un lotto di 10.000 piante si deve estrarre un campione di 148 piante ed essere disposti a sottoporle al test diagnostico tutte quante. Solo se il numero di successi è zero - se cioè tutte le 148 piante del campione sono risultate sane - si può decidere che il lotto ha un tasso di infezione non superiore al 2% e lo si può accettare come buono. Riteniamo opportuno precisare il significato di livello di fiducia. Quando diciamo che il livello di fiducia è del 95%, vuol dire che se ripetessimo la procedura un grande numero di volte, estraendo sempre dallo stesso lotto un campione di 148 piante e sottoponendolo al test diagnostico, 95 volte su 100 giungeremmo alla stessa conclusione. In termini più pratici, nell’esempio precedente la procedura consente di accettare un lotto come buono, ma lasciando un piccolo margine di rischio del 5% di aver accettato come buono un lotto cattivo. 100 Potremmo estrarre un campione di taglia più piccola, per esempio di 100 piante, ma allora dovremmo accontentarci di prendere una decisione con un livello di fiducia più basso, precisamente dell’87%, correndo un rischio più alto, del 13%, di accettare come buono un lotto cattivo. Oppure potremmo mantenere il livello di fiducia della decisione al 95%, ma stabilire una soglia accettabile del 4%. In tal caso basta estrarre un campione di 73 piante da sottoporre al test diagnostico, e solo se il numero di successi è zero – se cioè tutte le 73 piante del campione sono risultate sane - si può decidere che il lotto ha un tasso di infezione non superiore al 4% e lo si può accettare come buono. La regola generale è che quanto più grande è la popolazione e quanto più elevato è il grado di fiducia che si vuole raggiungere, tanto più numeroso deve essere il campione da esaminare. Dal punto di vista operativo la procedura fornisce un insieme di tabelle - per diverse taglie della popolazione, diverse soglie accettabili del tasso di infezione, diversi livelli di fiducia della decisione, diverse taglie del campione - immediatamente consultabili (Figura 2). I parametri di analisi statistica sono dunque i seguenti: TAGLIA DELLA POPOLAZIONE (dato iniziale) N TAGLIA DEL CAMPIONE (da determinare) n NUMERO DI ELEMENTI INFETTI (sconosciuto) I = N×p NUMERO DI ELEMENTI SANI (sconosciuto) N-I TASSO DI INFEZIONE (sconosciuto) p = I/N NUMERO DI INFETTI ATTESI NEL CAMPIONE n×p SUCCESSI: NUMERO DI INFETTI NEL CAMPIONE c FUNZIONE DI DISTRIBUZIONE (nota) P(c;n;I;N) Chiameremo questa procedura P(0;n;Ia;N), perché basata su zero successi e su un numero accettabile di infetti nel campione Ia = N×pa. I valori di soglia sono stabiliti da convenzioni o norme di qualità, i livelli di fiducia sono stabiliti da convenzioni comunemente accettate: il livello di fiducia del 95% è quasi una regola nei test di carattere biologico o merceologico. Fissati questi due parametri, la taglia del campione risulta determinata dalla taglia della popolazione. 101 Risulta evidente che la procedura P(0;n;Ia;N) porta a rigettare con facilità: infatti basta che il primo elemento sottoposto a test diagnostico risulti infetto per decidere che il lotto ha un tasso di infezione non accettabile. Invece richiede molti test prima di poter decidere che il lotto ha un tasso di infezione accettabile: devono essere analizzati con esito negativo tutti gli n elementi del campione. Ed è quindi intuitivo che si tratta di una procedura che garantisce di fornire agli acquirenti lotti di buona qualità, ma che per ottenere questa garanzia essa comporta una probabilità elevata di rigettare come cattivi lotti che in realtà sono buoni. Essa, interrompendosi al primo successo, non dà informazioni sul probabile tasso di infezione del lotto. In termini statistici si dice che la procedura comporta un piccolo rischio di errore di seconda specie, cioè di accettare un lotto che dovrebbe essere rigettato, ma un elevato rischio di errore di prima specie, cioè di rigettare un lotto che dovrebbe essere accettato. Nel caso si ritenga ottenere altre, più puntuali, informazioni sullo stato di infezione della popolazione esaminata, si devono considerare più livelli di soglia e prelevare i campioni ed eseguire i test secondo percorsi più articolati, in modo da stabilire diversi livelli di qualità e di seguire eventualmente l’evolversi dello stato di infezione nel tempo e nel vivaio. In particolare si definisce un tasso di infezione pa accettabile, con un rischio di errore di prima specie α, ed un tasso di infezione pna non accettabile, con un rischio di errore di seconda specie β. Le relazioni che legano tra loro questi parametri sono: α= 1 – P(c;n;pa;N) rischio di rigettare un lotto accettabile, cioè un lotto con tasso di infezione non superiore a pa, avendo trovato c elementi infetti nel campione prelevato di n elementi; β = P(c;n;pna;N) rischio di accettare un lotto che dovrebbe essere rigettato, cioè un lotto con tasso di infezione maggiore di pna, avendo trovato c elementi infetti nel campione prelevato di n elementi. Queste relazioni permettono di affrontare il problema secondo diversi approcci. Per esempio si stabiliscono a priori le soglie di infezione pa e pna e la taglia del campione n. In questo modo si possono valutare i rischi di errore delle decisioni in base al numero di successi 102 c dei test diagnostici. Oppure, stabiliti i rischi dei errore α e β e le soglie di infezione pa e pna , si ricerca la taglia del campione n in funzione dei diversi valori di c. La scelta di uno o diversi approcci di analisi dipende dalla precisa definizione del progetto di qualità che si vuole ottenere. Qualsiasi siano l’approccio o gli approcci scelti, lo strumento di analisi statistica di uso generale che potrà essere impiegato nella realizzazione del sistema qualità per il vivaismo viticolo è già stato impostato. Esso è ancora basato sull’analisi P(c;n;I;N) del numero di successi c in un campione di piccola taglia n prelevato da un lotto di N piante in vivaio e sottoposto a test diagnostico. Per chiarire le caratteristiche di potenzialità e flessibilità del metodo proposto è sufficiente darne una breve descrizione. Supponiamo di avere una popolazione di N piante in vivaio e di avere analizzato un campione random di n elementi. L’analisi P(c;n;I,N) mi permette di calcolare per ogni valore del presunto tasso di infezione la probabilità di avere c successi, e quindi di valutare il livello di fiducia di qualsiasi ipotesi io faccia sullo stato di salute della popolazione. Per esempio se la popolazione è di 10.000 piante, il campione analizzato è di 80 elementi ed ho trovato 3 elementi infetti, potrò decidere che la popolazione ha un tasso di infezione compreso tra 1 e 9%, e che la mia decisione ha un livello di fiducia del 96%. Oppure che il tasso di infezione probabile è compreso tra il 3 ed il 5%, ma con livello di fiducia ridotto al 58% (Figura 3). Ma lo strumento di analisi permette di variare n, c, o altri parametri a piacimento, al fine di avere un quadro della situazione che risponda a qualsiasi quesito posto dai diversi approcci. Per esempio permette di vedere immediatamente come cambia il quadro se il campione prelevato è di 150 elementi: potrò decidere in tal caso che la popolazione ha un tasso di infezione compreso tra 1 e 5%, e che la mia decisione ha un livello di fiducia del 95%, con tasso più probabile pari al 2%. Oppure che il tasso di infezione probabile è compreso tra 1,5 e 3%, ma con livello di fiducia ridotto al 61% (Figura 4). Ma permette anche di vedere immediatamente come cambia il quadro se il numero di successi è ridotto a 2: potrò decidere in tal caso che la popolazione ha un tasso di infezione compreso tra 0,5 e 4%, e che la mia decisione ha un livello di fiducia del 96%, con tasso più probabile pari a 1,5%. Oppure che il tasso di infezione probabile è compreso tra 1 e 2%, ma con livello di fiducia ridotto al 56% (Figura 5). E così via. 103 Se applichiamo lo strumento di analisi secondo la procedura P(0;n;Ia;N), sperimentata finora nel lavoro di analisi preliminare, ne mettiamo immediatamente in evidenza i limiti per i quali è adatta ad accettare o scartare un lotto come probabilmente infetto entro od oltre una certa soglia, ma non adatta ad essere applicata al “Sistema Qualità”. Riprendiamo infatti l’esempio precedente e vediamo come cambia il quadro se il numero di successi è zero, cioè se il test non ha rivelato alcun elemento infetto (Figura 6). La distribuzione di probabilità non ha un massimo, ma è un istogramma discendente che parte da zero con probabilità 1 per un tasso di infezione zero. Il che è evidente, perché se il tasso di infezione è zero ho la certezza che il numero di elementi infetti, in qualsiasi campione, è zero. Non posso individuare un tasso di infezione più probabile attorno al quale definire un intervallo con livello di fiducia 95%, come negli esempi precedenti. Posso invece decidere che il lotto ha un livello di infezione non superiore a una certa soglia – in questo caso il 2% - con livello di fiducia del 95%, o che ha un livello di infezione non superiore ad un’altra soglia - in questo caso il 4% con livello di fiducia del 99%. Lo strumento da applicare comprende invece l’insieme delle procedure P(c;n;I;N) che abbiamo cercato di descrivere. Esso è il risultato di un proficuo lavoro di collaborazione tra i ricercatori dell’ERSA e gli esperti statistici, e dell’esperienza acquisita in reiterati tentativi ed adattamenti di tecniche e procedure di campionamento, test e analisi. CONCLUSIONI Le finalità del controllo di qualità sono rivolte alla qualificazione della produzione vivaistica nel rispetto delle norme vigenti; inoltre solo con l’adeguamento a standard internazionali il prodotto potrà puntare a mantenere le attuali quote di mercato che sono assai consistenti. La prima fase del progetto di qualità sulle produzioni vivaistiche prevede la conoscenza dello stato di fatto, basata su intensi controlli nei singoli vivai, mentre la seconda fase prevede il controllo a campione del ciclo produttivo. In funzione delle diverse categorie di materiali da riproduzione potranno essere fissate una o più soglie di tolleranza che rappresentano il livello accettato di incidenza delle patologie eventualmente riscontrate al termine delle analisi di laboratorio per ogni lotto. 104 BIBLIOGRAFIA Azzolini A., R. Vedaldi. 1978. Introduzione all’inferenza statistica parametrica. Cleup Editore, Padova,. Barbina V., S. Colonnello. 1999. Progetto “qualità in agricoltura” proposte per il vivaismo viticolo friulano: aspetti statistici; Studio tecnico Colonnello Colonnello S., M. Faretto. 1996. Controlli di qualità su materiale destinato alla riproduzione in viticoltura: analisi statistica dei dati; CRAD, rapporto tecnico n. 43. 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Statistical Reaserch Group of Columbia University. Sequential analysis of statistical data: Application. Columbia University Press, 1945. Wald A.. 1945. Sequential tests of statistical hypothesis. Ann. Mat. Stat., n. 16. 105 Fig. 1. Analisi di un campione composto da 3 piante estratto da un lotto di 8 piante di cui 2 infette Popolazione: N Infetti: I Campione: n 8 2 3 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 … Tutti i modi possibili di estrarre un campione: (6+5+4+3+2+1)+ (5+4+3+2+1)+ (4+3+2+1)+ (3+2+1)+ (2+1)+ (+1) = 56 Casi in cui si trova un infetto nel campione: (10+8+6+4+2+0) = 30 … Probabilità di trovare un infetto nel campione: 30 : 56 … 106 1 2 3 4 5 6 7 8 9 1 11 12 13 … 1 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 … 1 2 3 4 5 6 7 0 Fig. 2. Tabelle per la valutazione del protocollo sperimentale per due livelli soglia Probabilità di non trovare alcun elemento infetto se il tasso di infezione supera il 2% 100 200 500 1000 5000 10000 20000 N 2 4 10 20 100 200 400 I n 10 0,81 0,81 0,82 0,82 0,82 0,82 0,82 20 0,64 0,65 0,66 0,66 0,67 0,67 0,67 30 0,49 0,52 0,54 0,54 0,54 0,54 0,55 40 0,36 0,41 0,43 0,44 0,44 0,44 0,45 50 0,25 0,31 0,35 0,35 0,36 0,36 0,36 60 0,16 0,24 0,28 0,29 0,30 0,30 0,30 70 0,09 0,18 0,22 0,23 0,24 0,24 0,24 80 0,04 0,13 0,17 0,19 0,20 0,20 0,20 90 0,01 0,09 0,13 0,15 0,16 0,16 0,16 100 0,00 0,06 0,10 0,12 0,13 0,13 0,13 110 0,04 0,08 0,09 0,11 0,11 0,11 120 0,02 0,06 0,08 0,09 0,09 0,09 130 0,01 0,05 0,06 0,07 0,07 0,07 140 0,01 0,04 0,05 0,06 0,06 0,06 145 0,01 0,03 0,04 0,05 0,05 0,05 160 0,00 0,02 0,03 0,04 0,04 0,04 170 0,00 0,01 0,02 0,03 0,03 0,03 Probabilità di non trovare alcun elemento infetto se il tasso di infezione supera il 4% 100 200 500 1000 5000 10000 20000 N 4 8 20 40 200 400 800 I n 10 0,65 0,66 0,66 0,66 0,66 0,66 0,66 20 0,40 0,42 0,43 0,44 0,44 0,44 0,44 30 0,23 0,27 0,28 0,29 0,29 0,29 0,29 40 0,12 0,16 0,18 0,19 0,19 0,19 0,20 50 0,06 0,10 0,12 0,12 0,13 0,13 0,13 60 0,02 0,05 0,07 0,08 0,09 0,09 0,09 70 0,01 0,03 0,05 0,05 0,06 0,06 0,06 75 0,00 0,02 0,04 0,04 0,05 0,05 0,05 80 0,00 0,02 0,03 0,03 0,04 0,04 0,04 100 0,00 0,01 0,01 0,02 0,02 0,02 110 0,00 0,01 0,01 0,01 0,01 0,01 120 0,00 0,01 0,01 0,01 0,01 130 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 140 0,00 0,00 0,00 0,00 150 0,00 0,00 0,00 0,00 160 0,00 0,00 170 0,00 0,00 107 Fig. 3. Andamento della funzione di probabilità per N=10000, n=80, c=3 p I 0 0,005 0,01 0,015 0,02 0,025 0,03 0,035 0,04 0,045 0,05 0,055 0,06 0,065 0,07 0,075 0,08 0,085 0,09 0,095 0,1 0,105 0,11 0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 500 550 600 650 700 750 800 850 900 950 1000 1050 1100 Pdiff bin Normal. Pint bin Normal. 0,000 0,007 0,038 0,087 0,139 0,183 0,213 0,227 0,227 0,216 0,198 0,175 0,151 0,128 0,105 0,086 0,068 0,054 0,042 0,032 0,025 0,019 0,014 0,000 0,003 0,015 0,035 0,056 0,074 0,086 0,092 0,092 0,088 0,080 0,071 0,061 0,052 0,043 0,035 0,028 0,022 0,017 0,013 0,010 0,008 0,006 0,000 0,007 0,045 0,131 0,270 0,453 0,665 0,892 1,119 1,335 1,533 1,708 1,860 1,987 2,093 2,178 2,247 2,301 2,343 2,375 2,400 2,418 2,432 108 0,000 0,003 0,018 0,053 0,109 0,183 0,270 0,361 0,453 0,541 0,621 0,692 0,753 0,805 0,848 0,882 0,910 0,932 0,949 0,962 0,972 0,980 0,985 1-9% 0,96 2-7% 0,89 3-5% 0,58 Fig. 4. Andamento della funzione di probabilità per N=10000, n=150, c=3 p I 0 0,005 0,01 0,015 0,02 0,025 0,03 0,035 0,04 0,045 0,05 0,055 0,06 0,065 0,07 0,075 0,08 0,085 0,09 0,095 0,1 0,105 0,11 0,115 0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 500 550 600 650 700 750 800 850 900 950 1000 1050 1100 1150 Pdiff bin 0,000 0,033 0,126 0,202 0,226 0,208 0,169 0,126 0,087 0,058 0,037 0,022 0,013 0,008 0,004 0,002 0,001 0,001 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 Pint bin 0,000 0,025 0,095 0,152 0,171 0,157 0,128 0,095 0,066 0,044 0,028 0,017 0,010 0,006 0,003 0,002 0,001 0,001 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,033 0,159 0,361 0,587 0,795 0,964 1,090 1,177 1,235 1,272 1,294 1,308 1,315 1,320 1,322 1,323 1,324 1,325 1,325 1,325 1,325 1,325 1,325 109 1-5% 0,000 0,025 0,120 0,272 0,443 0,600 0,728 0,823 0,889 0,932 0,960 0,977 0,987 0,993 0,996 0,998 0,999 0,999 1,000 1,000 1,000 1,000 1,000 1,000 0,95 1,5-3% 0,61 Fig. 5. Andamento della funzione di probabilità per N=10000, n=150, c=2 p I 0 0,005 0,01 0,015 0,02 0,025 0,03 0,035 0,04 0,045 0,05 0,055 0,06 0,065 0,07 0,075 0,08 0,085 0,09 0,095 0,1 0,105 0,11 0,115 0,12 0,125 0,13 0,135 0,14 0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 500 550 600 650 700 750 800 850 900 950 1000 1050 1100 1150 1200 1250 1300 1350 1400 Pdiff bin 0,000 0,133 0,252 0,269 0,225 0,165 0,111 0,070 0,043 0,025 0,014 0,008 0,004 0,002 0,001 0,001 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 Pint bin 0,000 0,101 0,191 0,203 0,170 0,125 0,084 0,053 0,032 0,019 0,011 0,006 0,003 0,002 0,001 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,133 0,386 0,654 0,879 1,044 1,154 1,225 1,267 1,292 1,306 1,314 1,318 1,320 1,322 1,322 1,323 1,323 1,323 1,323 1,323 1,323 1,323 1,323 1,323 1,323 1,323 1,323 1,323 110 0,5-4% 0,000 0,101 0,291 0,494 0,664 0,789 0,873 0,926 0,958 0,977 0,987 0,993 0,996 0,998 0,999 1,000 1,000 1,000 1,000 1,000 1,000 1,000 1,000 1,000 1,000 1,000 1,000 1,000 1,000 0,96 0,5-2,5% 0,79 1-2% 0,56 Fig. 6. Andamento della funzione di probabilità per N=10000, n=150, c=0 p I 0 0,005 0,01 0,015 0,02 0,025 0,03 0,035 0,04 0,045 0,05 0,055 0,06 0,065 0,07 0,075 0,08 0,085 0,09 0,095 0,1 0,105 0,11 0,115 0,12 0,125 0,13 0,135 0,14 0,145 0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 500 550 600 650 700 750 800 850 900 950 1000 1050 1100 1150 1200 1250 1300 1350 1400 1450 Pdiff bin 1,000 0,471 0,221 0,104 0,048 0,022 0,010 0,005 0,002 0,001 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 Pint bin 0,530 0,250 0,117 0,055 0,026 0,012 0,005 0,003 0,001 0,001 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 1,000 1,471 1,693 1,797 1,845 1,867 1,878 1,882 1,885 1,886 1,886 1,886 1,886 1,886 1,886 1,886 1,886 1,886 1,886 1,886 1,886 1,886 1,886 1,886 1,886 1,886 1,886 1,886 1,886 1,886 111 <2% 0,530 0,780 0,897 0,952 0,978 0,990 0,995 0,998 0,999 1,000 1,000 1,000 1,000 1,000 1,000 1,000 1,000 1,000 1,000 1,000 1,000 1,000 1,000 1,000 1,000 1,000 1,000 1,000 1,000 1,000 <3% 0,95 0,99 Diagnosi multipla di GVA e GVB mediante RT-PCR Loconsole G., M. Dell’Orco, P. Saldarelli Dipartimento di Protezione delle Piante, Università degli Studi di Bari, e Centro di Studio del CNR sui Virus e le Virosi delle Colture Mediterranee La tecnica di RT-PCR è oramai diffusamente impiegata per la diagnosi di virus della vite in programmi di certificazione sanitaria del materiale di propagazione. Comunque la necessità di estrarre gli acidi nucleici totali dai tessuti del campione insieme alla diagnosi individuale per ogni singolo virus rendono tale tecnica dispendiosa. Una sensibile riduzione dei costi potrebbe derivare dallo sviluppo di protocolli di diagnosi multipla. In letteratura sperimentazioni per lo sviluppo di multiplex RT-PCR hanno evidenziato la necessità di determinare empiricamente le condizioni di reazione specifiche per i virus e i primers considerati. Viene qui descritto brevemente un protocollo di diagnosi simultanea di due virus della vite associati al complesso del legno riccio derivante da un lavoro di ottimizzazione delle condizioni di reazione. Il lavoro è stato condotto su tre viti coltivate in vaso infette unicamente da GVB o da ambedue i virus (GVA e GVB) e gli acidi nucleici totali sono stati purificati con un metodo microcromatografico su silice microcristallina utilizzando foglie e piccioli raccolti nel mese di giugno. Primers specifici per GVA e GVB sono stati selezionati tenendo conto delle seguenti caratteristiche: 1) generare frammenti amplificati di diversa dimensione e pertanto facilmente risolvibili in gel elettroforesi; 2) limitare le possibilità di interazioni aspecifiche tra primers diversi. I primers selezionati H28 (5’ gtgctaagaacgtcttcacagc3’); B/BoSedown (5’ cgagtagcccttcgtttagccgc3’) che amplificano sul genoma di GVB un frammento di 155 nucleotidi, sono stati adoperati in multiplex RT-PCR, con la coppia H587 (5’ gacaaatggcacactacg 3’); C995 (5’ aagcctgacctagtcatcttgg 3’) abitualmente adoperata per amplificare un frammento di 432 nucleotidi sul genoma di GVA. Gli esperimenti di ottimizzazione effettuati hanno inizialmente dimostrato che la sostituzione dei random primers con oligo dT in fase di sintesi del cDNA inibiva l’amplificazione di GVB. Successivamente si è quindi studiata l’influenza della concentrazione di desossiribonucleotidi, della Taq DNA polimerasi, e dell’ MgCl2 sulla qualità e quantità della reazione di RT-PCR. In sintesi si è osservato che l’incremento della Taq DNA polimerasi a 0.05 U/µl ed una concentrazione 1 mM 112 di MgCl2 generano bande più nette e concentrate. È stata inoltre innalzata la temperatura di annealing da 55° a 58°C in modo da lavorare in condizioni di maggiore specificità e si è ridotta a 0.06 µM la concentrazione dei primers specifici per GVB in modo da ridurre le possibilità di interazioni aspecifiche. L’analisi comparativa tra l’ “uniplex RT-PCR” (diagnosi del singolo virus) e la multiplex RT-PCR adoperando le stesse condizioni di reazione, non ha infine mostrato una diminuizione di sensibilità di quest’ultima tecnica. Si conclude infine che una diagnosi simultanea di GVA e GVB è praticabile mediante RT-PCR, consentendo quindi l’abbattimento di tempi e costi della tecnica. 113 Applicazione della RT-PCR per la diagnosi in campo di 5 virus della vite Loconsole G., Saldarelli P., Minafra A., 1Digiaro M., Savino V. Dipartimento di Protezione delle Piante, Università degli Studi di Bari, e Centro di Studio del CNR sui Virus e le Virosi delle Colture Mediterranee 1 Istituto Agronomico Mediterraneo, Valenzano (BA) La diagnosi molecolare dei virus della vite pregiudizievoli per la qualità della coltura è ormai universalmente adoperata in programmi di miglioramento sanitario del materiale di propagazione. Un suo impiego in piante allevate in pieno campo richiede l’uso di oligonucleotidi ad ampio spettro in grado di rilevare diversi isolati di ciascun virus e lo studio di più efficaci modalità di campionamento e preparazione del campione. Nel corso del lavoro cinque virus associati alle malattie dell’accartocciamento fogliare (Grapevine leafroll-associated virus 3, GLRaV-3) e del legno riccio (Grapevine virus A, GVA; Grapevine virus B, GVB; Grapevine Rupestris stem pitting associated virus, GRSPaV), e dell’arricciamento della vite (Grapevine fanleaf virus, GFLV), sono stati rilevati su un gruppo di viti allevate in campo costituite da 11 varietà di Vitis vinifera e 5 portinnesti. Le sequenze dei primers di ciascun virus sono state selezionate in base alle informazioni più recenti e i rilievi diagnostici mediante RT-PCR sono stati effettuati nel corso di sette campionamenti nel periodo compreso tra maggio e febbraio secondo il protocollo riportato a pag. 979 del presente volume. Si è infine utilizzato un campione composto da cinque parti prelevate in punti diversi sulla pianta. Preliminari prove comparative tra tre differenti metodi di estrazione da tessuti di vite hanno dimostrato l’efficacia di un protocollo di adsorbimento ed eluizione degli acidi nucleici totali da silice microcristallina nella diagnosi mediante RT-PCR. Il metodo, mutuato da un sistema commerciale (Quiagen) diffusamente utilizzato è risultato, al confronto, notevolmente più economico. Una terza metodica di estrazione da succo (macerazione in carbonato pH 9 e denaturazione in glicina NaCl), che presenta ottime caratteristiche di velocità di preparazione del campione, si rivela essere meno sensibile nella diagnosi da tessuti floematici. I risultati ottenuti mostrano che è possibile rilevare anticipatamente GRSPaV, GFLV e GLRaV-3 su foglie e piccioli campionati nei mesi di maggio e giugno riuscendo a identificare rispettivamente il 100, 85 ed l’88 % dei campioni che sono risultati positivi nel corso dell’intero campionamento. Come riportato in letteratura, GRSPaV è presente nella totalità dei campioni considerati. Al contrario, la diagnosi di GVA e GVB è risultata essere scarsamente sensibile in 114 tarda primavera, mentre il floema di talee ben lignificate ha fornito i migliori risultati. Si conclude pertanto che il rilevamento dello stato sanitario di questi virus della vite, in special modo di GVA e GVB, in caso di risultato negativo su tessuti tardo-primaverili, richiede almeno un successivo tentativo da effettuarsi su tessuti floematici. L’opportunità di diagnosi su piccioli per GFLV, GLRaV-3 e GRSPaV consente infine di anticipare i tempi nel corso della stagione vegetativa. 115 Protocollo per gli accertamenti sanitari degli organismi patogeni di qualità della vite D. Boscia1,M. Digiaro2, R. Garau3, G. Loconsole1, O. Potere1, V. A. Prota3, P. Saldarelli1, N. Vovlas4 1 Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata, Università degli Studi, e Centro di Studio su Virus e Virosi delle Colture Mediterranee, CNR, Bari 2 Istituto Agronomico Mediterraneo, Valenzano (BA) 3 Dipatimento di Protezione delle Piante, Sez. di Patologia Vegetale, Università degli Studi, Sassari 4 Istituto di Nemtaologia Agraria, CNR, Bari 116 I. NEMATODI INTRODUZIONE Per l’accertamento della presenza di nematodi fitoparassiti in un ambiente agrario e la successiva determinazione della specie, fondamentale importanza rivestono la raccolta e l’esame diagnostico di laboratorio dei campioni di terreno e delle parti della pianta infestati. La conoscenza, quindi del comportamento biologico dei nematodi e del loro rapporto con le diverse parti della pianta ospite è basilare per una corretta estrazione quantitativa e qualitativa. CAMPIONAMENTO E METODI DI ESTRAZIONE I campioni di vegetali e/o di terreno da analizzare, costituiti da sub-campioni prelevati a caso (almeno 10 campioni finali per una superficie di 1 ha), devono essere posti in sacchetti di polietilene e conservati, in attesa di essere esaminati, in cella frigorifera a 4–6°C per evitare alterazioni (schiusa delle uova, morte delle larve, ecc.). PRELIEVO E COMPOSIZIONE DEL CAMPIONE Per il campionamento dei nematodi delle piante arbore (endoparassiti migratori e sedentari, semi-endoparassiti e vettori di virus vegetali), ogni momento richiesto per un controllo fitosanitario risulta adatto. Il campione (1-2 kg circa), prelevato dalla rizosfera della pianta ospite ad una profondità di 5-40 cm, deve essere preferibilmente composto da radici capillari e terreno circostante. METODI DI ESTRAZIONE DEI NEMATODI DALLE RADICI I nematodi fitoparassiti, in genere, possono invadere varie parti della pianta ospite. Nelle radici di piante da frutto vari stadi di sviluppo di nematodi endoparassiti e semi-endoparassiti possono essere presenti in varie fasi del loro sviluppo e possono essere estratti con il metodo della omogeneizzazione. Questo metodo è generalmente usato per estrarre i vari stadi di sviluppo di nematodi sia endo- che semi-endo parassiti sedentari (Meloidogyne spp.e Tylenchulus semipenetrans) e endo-parassiti migratori (Pratylenchus spp.). Le attrezzature necessarie sono: - un comune frullatore - due setacci con maglie da 710 e 40 µm, rispettivamente. Le varie fasi si possono riassumere così: 117 Riduzione delle radici in pezzi da 1-1,5 mm ; Frantumazione delle radici (10 g. circa in 100 ml di acqua) con il frullatore; Filtrazione della sospensione ottenuta attraverso i due setacci, posti l’uno sull’altro, con maglie da 710 e 40 µm e successiva raccolta di i nematodi e residui vegetali in sospensione acquosa; Osservazione microscopica della sospensione ed identificazione dei nematodi. La sospensione di nematodi, ottenuta con il metodo sinora descritto può, essere resa più limpida con una opportuna centrifugazione. METODI DI ESTRAZIONE DEI NEMATODI DAL TERRENO I nematodi fitoparassiti possono essere presenti nel terreno sotto forma di uova, larve infestanti, stadi larvali intermedi e adulti. I nematodi liberi nella rizosfera possono essere recuperati con il metodo del travaso e con il metodo della centrifugazione. Travaso o setacciamento Sono richiesti alcuni secchi da 5-6 litri e una serie di setacci con maglie di varia apertura per raccogliere gli esemplari di tutte le dimensioni. Le varie fasi dell’estrazione possono essere così riassunte: sospensione in acqua di circa 1 kg di terreno; uno o due travasi della sospensione in secchi successivi, osservando brevi pause per favorire la decantazione dei residui terrosi più grossi; filtrazione della sospensione attraverso 2 setacci da 710 e 40 µm per raccogliere i nematodi e particelle terrose; osservazione microscopica del campione. Centrifugazione Questo metodo è molto indicato per la raccolta di nematodi liberi attivi e passivi presenti nel terreno. Le attrezzature che occorrono sono: centrifuga con contenitori da almeno 500 ml rimescolatore (Agitatore) a vibrazione. Procedimento: sospendere il campione di terreno da esaminare in 4-5 litri di acqua; 118 concentrare attraverso un setaccio detriti organici e nematodi in modo da ottenere un campione di 400 –500 ml, aggiungendo 10-20 g di caolino; centrifugare per 3-5 minuti a 2500 giri; eliminare il supernatante; sospendere nuovamente il residuo (detriti e nematodi ) in una soluzione di solfato di magnesio avente una densità di 1,2 (465g di prodotto commerciale per litro di acqua), mediante un agitatore; centrifugare nuovamente per 2-3 minuti a 2000 giri/m;. recuperare i nematodi filtrando il supernatante attraverso un setaccio di 5 µm; osservazione microscopica della sospensione. 119 II. VIRUS ED AGENTI VIRUS-SIMILI INTRODUZIONE Nella proposta di protocollo di produzione del materiale di propagazione viticolo elaborata nell’ambito di questo progetto, come agenti virali pregiudizievoli alla qualità della vite sono stati indicati quelli responsabili delle seguenti malattie: degenerazione infettiva, accartocciamento fogliare e legno riccio. Per il loro accertamento sanitario lo stesso protocollo prevede l’esclusivo ricorso al saggio diagnostico visivo (esame dei sintomi), con l’unica eccezione per GFLV, agente dell’arricciamento, per il quale prevede anche il saggio diagnostico in laboratorio in fase di costituzione delle fonti di approvvigionamento. Si è ritenuto, ciò nonostante, di dover fornire comunque i protocolli per l’accertamento sanitario anche degli altri principali agenti delle suddette malattie e della maculatura infettiva (fleck), per offrire uno strumento utile anche per l’applicazione dei protocolli di certificazione. I protocolli riportati nella presente nota e, quindi, le metodiche di saggio suggerite si riferiscono ai saggi di controllo sul materiale già inserito nel circuito commerciale e non per la costituzione di fonti primarie, per le quali si rimanda a quanto stabilito dal Comitato Nazionale Vitivinicolo. Le metodiche oggi disponibili per l’accertamento sanitario dei virus della vite sono diverse, e saranno di volta in volta richiamate nella prefazione di ciascuna malattia. Tuttavia, in questo protocollo ci si sofferma sulla diagnosi mediante ELISA, una tecnica che racchiude in sé requisiti di sensibilità, affidabilità, rapidità (entro 24 ore) e facilità di esecuzione. 120 DEGENERAZIONE INFETTIVA O ARRICCIAMENTO La degenerazione infettiva è una malattia diffusa in tutti gli areali viticoli nazionali e mondiali. Può riscontrarsi tipicamente nelle due forme sintomatologiche delle malformazioni infettive e di giallume. In Italia, agente della malattia è quasi esclusivamente il virus dell’arricciamento della vite (GFLV = Grapevine fanleaf virus); altri nepovirus che causano alterazioni simili in altri Paesi europei, sono invece del tutto assenti o molto rari. GFLV è un virus facilmente trasmissibile meccanicamente. Utilizzando idonei tessuti (giovani foglie e/o fiori) la sua diagnosi può essere agevolmente effettuata mediante inoculazione su ospiti erbacei (Chenopodiaceae e Solanaceae), tecnica con cui possono ottenersi risposte nell’arco di 6-10 giorni. Con l’inoculazione, mediante innesto, di piante di V. rupestris St. George (indicatore specifico), la diagnosi della malattia può essere effettuata in 5-8 settimane. Per la facilità di isolamento e purificazione dai tessuti erbacei e per l’elevata immunogenicità di GFLV, sono disponibili sul mercato antisieri altamente reattivi che consentono di poter effettuare la sua diagnosi mediante la tecnica ELISA, con elevata sensibilità, affidabilità e rapidità. La determinazione della sequenza genica del virus ha permesso di produrre diagnostici di tipo molecolare (iniziatori per PCR e sonde molecolari per ibridazioni), ad elevata specificità e sensibilità. Un limite nell’applicazione di questa tecnica è però nella complessità delle attrezzature e nella elevata professionalità richiesta agli operatori Agente Affidabilità del saggio ELISA Disponibilità di corredi di anticorpi sul mercato Tipo di tessuto GFLV (virus del complesso delle malformazioni infettive della vite) Buona Elevata Foglie giovani, floema di talee lignificate (Vedi allegato 2); possibile, ma scarsamente applicato, su radici. Epoca di campionamento Foglie: in primavera, preferibilmente a maggio; talee lignificate: autunno-inverno Modalità di conservazione Foglie: in bustine di plastica, a 4°C, max. per 7-10 gg; Talee: in torba o altro substrato inumidito avvolto nella plastica, a 4°C, fino ad un anno Protocollo adoperato DAS-ELISA (Vedi allegato 1) 121 Note e limitazioni d’uso Il virus ha una distribuzione irregolare nella pianta, pertanto per la costituzione del campione da saggiare è preferibile utilizzare tessuti prelevati da punti diversi. In particolare, incrementi sensibili di affidabilità del saggio si ottengono con campioni costituiti da almeno 7-10 foglie (meglio se si utilizzano le aree marginali della lamina fogliare), preferibilmente prelevate dalle porzioni apicali. Quando si adoperano i tessuti floematici, nella composizione del campione è preferibile utilizzare gli internodi basali del tralcio. Il saggio da foglie risulta affidabile soltanto in limitati periodi dell’anno (tarda primavera); in altri periodi è possibile, ma con sensibilità più ridotta e con un maggior rischio di falsi negativi. ACCARTOCCIAMENTO FOGLIARE L’accartocciamento fogliare è la malattia virale più diffusa nel mondo. I suoi sintomi tipici, consistenti in ripiegamenti della lamina fogliare verso il basso cui si accompagna l’arrossamento (nei vitigni a bacca nera) o un ingiallimento più o meno marcato (nei vitigni a bacca bianca) delle aree internervali, sono diffusamente visibili nei nostri vigneti a partire dall’estate e per tutta la restante stagione vegetativa. Agenti della malattia sono ritenuti i virus del genere Closterovirus e Ampelovirus. In vite ne sono stati individuati almeno otto, anche se, per il momento, non per tutti è stato sperimentalmente provato il ruolo attivo nella malattia. In considerazione della loro importanza eziologia e diffusione nei vigneti italiani, nella descrizione dei protocolli di accertamento sanitario saranno presi in considerazione soltanto due ampelovirus (GLRaV-1 e GLRaV-3) e un closterovirus (GLRaV-2). Non essendo trasmissibili meccanicamente (con l’eccezione di GLRaV-2, che può infettare alcuni ospiti erbacei, ma con molta difficoltà) la loro diagnosi non può essere effettuata mediante inoculazione su ospiti erbacei. Il saggio biologico è possibile pertanto soltanto per innesto di piante di V. vinifera cv. Cabernet (o altri vitigni a bacca rossa), che fornisce risultati entro pochi mesi. La messa a punto di procedure di estrazione di questi virus direttamente dai tessuti di vite, unitamente alle loro caratteristiche di elevata immunogenicità, ha permesso di poter produrre antisieri altamente reattivi che consentono di poter effettuare la diagnosi, in particolare con la tecnica ELISA, con elevata sensibilità ed affidabilità . La determinazione della sequenza genica degli stessi virus ha permesso di produrre diagnostici di tipo molecolare (iniziatori per PCR e sonde molecolari per ibridazioni), ad elevata specificità e sensibilità. 122 Agente Affidabilità del saggio ELISA Disponibilità di corredi di anticorpi sul mercato Tipo di tessuto GLRaV-1 (virus 1 associato all’accartocciamento fogliare della vite) Buona Discreta Cultivar di V. vinifera e portinnesti: floema di talee lignificate (vedi Allegato 2); Solo V. vinifera: foglie mature o relativi piccioli Epoca di campionamento Foglie e piccioli: fine estate-autunno Talee lignificate: autunno-inverno Modalità di conservazione Foglie e piccioli: in bustine di plastica, a 4°C, max. per 7-10 gg; Talee: in torba o altro substrato inumidito avvolto nella plastica, a 4°C, fino ad un anno. Protocollo adoperato DAS-ELISA ed ELISA con amplificazione con biotina-streptavidina (vedi Allegato 1) Note e limitazioni d’uso Il virus ha localizzazione floematica ed è poco concentrato nella pianta. Per la costituzione del campione da saggiare è consigliabile utilizzare tessuti prelevati da punti diversi della stessa. La sensibilità della rilevazione del virus nelle talee diminuisce col tempo di conservazione. 123 Agente Affidabilità del saggio ELISA Disponibilità di corredi di anticorpi sul mercato Tipo di tessuto GLRaV-2 (virus 2 associato all’accartocciamento fogliare della vite) Buona Agente Affidabilità del saggio ELISA Disponibilità di corredi di anticorpi sul mercato Tipo di tessuto GLRaV-3 (virus 3 associato all’accartocciamento fogliare della vite) Ottima Discreta Cultivar di V. vinifera e portinnesti: floema di talee lignificate (vedi Allegato 2); Solo V. vinifera: foglie mature o relativi piccioli Epoca di campionamento Foglie e piccioli: fine estate-autunno Talee lignificate: autunno-inverno Modalità di conservazione Foglie e piccioli: in bustine di plastica, a 4°C, max. per 7-10 gg; Talee: in torba o altro substrato inumidito avvolto nella plastica, a 4°C, fino ad un anno Protocollo adoperato PTA-ELISA, DAS-ELISA (vedi Allegato 1) Note e limitazioni d’uso Il virus ha localizzazione floematica ed è poco concentrato nella pianta. Per la costituzione del campione da saggiare è consigliabile utilizzare tessuti prelevati da punti diversi della stessa. La sensibilità della rilevazione del virus nelle talee diminuisce col tempo di conservazione. Elevata Cultivar di V. vinifera e portinnesti: floema di talee lignificate (vedi Allegato 2); Solo V. vinifera: foglie mature o relativi piccioli Epoca di campionamento Foglie e piccioli: fine estate-autunno Talee lignificate: autunno-inverno Modalità di conservazione Foglie e piccioli: in bustine di plastica, a 4°C, max. per 7-10 gg; Talee: in torba o altro substrato inumidito avvolto nella plastica, a 4°C, fino ad un anno Protocollo adoperato DAS-ELISA (vedi Allegato 1) Note e limitazioni d’uso Il virus ha localizzazione floematica. Per la costituzione del campione da saggiare è consigliabile utilizzare tessuti prelevati da punti diversi della stessa. La sensibilità della rilevazione del virus nelle talee diminuisce col tempo di conservazione. 124 LEGNO RICCIO Il legno riccio è una malattia ubiquitaria. La sua presenza deprime sensibilmente il vigore e la produttività della pianta. I sintomi tipici sono evidenti sulla faccia cambiale del legno e consistono in butterature e/o scanalature più o meno profonde cui corrispondono protrusioni sulla corteccia. Agenti della malattia sono ritenuti alcuni virus del genere Vitivirus e Foveavirus. Dei quattro vitivirus finora isolati in vite, un ruolo senz’altro importante nel determinismo della malattia viene attualmente riconosciuto per GVA e GVB, di cui viene di seguito fornito il protocollo diagnostico. GVA e GVB risultano entrambi, seppur con difficoltà, trasmissibili meccanicamente su alcune Solanaceae, ma l’inoculazione su ospiti erbacei non può essere ritenuta affatto affidabile per la loro diagnosi. Il saggio biologico si effettua mediante innesto su diverse piante indicatrici (LN 33, Kober 5BB e V. rupestris), ciascuna indispensabile per rivelare specifiche sindromi. Per l’esito della diagnosi bisogna però attendere almeno due anni. Nonostante la facilità di moltiplicazione di questi virus negli ospiti erbacei, gli antisieri disponibili risultano debolmente reattivi e ciò a causa della bassa immunogenicità degli antigeni. Miglioramenti sensibili per l’applicazione in ELISA sono ottenibili con l’uso di anticorpi monoclonali e, per GVA, con la pre-sensibilizzazione delle piastre con Proteina A. La determinazione della sequenza genica degli stessi virus ha permesso di poter produrre diagnostici di tipo molecolare (iniziatori per PCR e sonde molecolari per ibridazioni), ad elevata specificità e sensibilità. Agente Affidabilità del saggio ELISA Disponibilità di corredi di anticorpi sul mercato Tipo di tessuto GVA (virus A della vite) Buona Sufficiente Cultivar di V. vinifera e portinnesti: floema di talee lignificate (vedi Allegato 2); Solo V. vinifera: piccioli di foglie mature Epoca di campionamento Talee lignificate: autunno-inverno; Piccioli: da giugno ad ottobre Modalità di conservazione Foglie e piccioli: in bustine di plastica, a 4°C, max. per 7-10 gg; Talee: in torba o altro substrato inumidito avvolto nella plastica, a 4°C, fino ad un anno Protocollo adoperato DAS-ELISA con pre-sensibilizzazione con proteina A(vedi Allegato 1) Note e limitazioni d’uso Il virus ha localizzazione floematica ed è irregolarmente distribuito 125 nella pianta, pertanto per la costituzione del campione da saggiare è preferibile utilizzare tessuti prelevati da punti diversi della stessa. Il saggio da piccioli è poco sensibile ed affidabile. Utilizzando le talee, è preferibile non utilizzare le talee conservate per più di tre-quattro mesi Agente Affidabilità del saggio ELISA Disponibilità di corredi di anticorpi sul mercato Tipo di tessuto GVB (virus B della vite) Mediocre Scarsa Cultivar di V. vinifera e portinnesti: floema di talee lignificate (vedi Allegato 2); Solo V. vinifera: piccioli di foglie mature Epoca di campionamento Talee lignificate: autunno-inverno; Piccioli: da giugno ad ottobre Modalità di conservazione Foglie e piccioli: in bustine di plastica, a 4°C, max. per 7-10 gg; Talee: in torba o altro substrato inumidito avvolto nella plastica, a 4°C, fino ad un anno Protocollo adoperato PTA-ELISA (vedi Allegato 1) Note o limitazioni d’uso Il virus ha localizzazione floematica ed è irregolarmente distribuito nella pianta. Pertanto, per la costituzione del campione da saggiare, è preferibile utilizzare tessuti prelevati da punti diversi della stessa. Il saggio da piccioli è poco sensibile ed affidabile. Utilizzando le talee, è preferibile non utilizzare le talee conservate per più di tre-quattro mesi. 126 MACULATURA INFETTIVA La maculatura infettiva è una malattia ubiquitaria, molto diffusa nei nostri vigneti. La sua presenza passa generalmente inosservata poiché è latente su numerose varietà di V. vinifera. Si manifesta con caratteristici sintomi fogliari su V. rupestris, che è l’indicatore specifico. Agente della malattia è GFkV, un virus non trasmissibile meccanicamente. Il saggio biologico si effettua mediante innesto su V. rupestris e fornisce risposte dopo almeno due mesi. Il virus, che è altamente immunogenico, è estratto direttamente dai tessuti di vite (radici). Gli antisieri disponibili risultano altamente reattivi e particolarmente validi per l’ELISA La determinazione della sequenza genica degli stessi virus ha permesso di poter produrre diagnostici di tipo molecolare (iniziatori per PCR e sonde molecolari per ibridazioni), ad elevata specificità e sensibilità. Agente Affidabilità del saggio ELISA Disponibilità di corredi di anticorpi sul mercato Tipo di tessuto GFkV (virus della maculatura fogliare della vite) Ottima Buona Floematici di talee lignificate; Foglie giovani ben sviluppate Epoca di campionamento Foglie: preferibilmente maggio-giugno; Talee lignificate: autunno-inverno Modalità di conservazione Foglie e piccioli: in bustine di plastica, a 4°C, max. per 7-10 gg; Talee: in torba o altro substrato inumidito avvolto nella plastica, a 4°C, fino ad un anno Protocollo adoperato DAS e TAS-ELISA (vedi Allegato 1) Note o limitazioni d’uso La sensibilità della rilevazione del virus nelle talee diminuisce col tempo di conservazione. 127 Allegato 1 - Protocolli ELISA DAS-ELISA (Clark e Adams, 1977) 1. Assegnare a ciascun campione da saggiare un’apposita numerazione e predisporre lo schema della loro distribuzione nella piastra su apposita scheda. Accertarsi di includere nello schema, come testimoni, anche alcuni campioni (almeno due) sicuramente infetti ed altrettanti sicuramente sani; 2. Preparare i campioni da saggiare (vedi Allegato 2) omogeneizzando i tessuti con mortaio e pestello, o altra idonea apparecchiatura meccanica, in presenza di tampone di estrazione (in rapporto di circa 1:10 peso/volume), trasferire il succo in provette e lasciare decantare a 4°C; 3. Avviare la sensibilizzazione della piastra distribuendo in ciascun pozzetto 100 µl di IgG purificate diluite in tampone di sensibilizzazione, seguendo le indicazioni del fornitore; 4. Coprire la piastra con apposito coperchio o film adesivo e porla in camera umida; 5. Incubare 2 h a 37 °C o 16 h a 4 °C; 6. Eseguire tre lavaggi di 3' ciascuno con tampone di lavaggio; 7. Seguendo lo schema predeterminato, distribuire in ciascun pozzetto 100 µl di succo, privo di sedimenti, del campione corrispondente; 8. Coprire la piastra con apposito coperchio o film adesivo e porla in camera umida; 9. Incubare a 4 °C per tutta la notte; 10. Eseguire tre lavaggi di 3' ciascuno con tampone di lavaggio; 11. Distribuire 100 µl della soluzione di IgG coniugate con fosfatasi alcalina, diluite in tampone di coniugazione come indicato dal fornitore; 12. Coprire la piastra con apposito coperchio o film adesivo e porla in camera umida; 13. Incubare 2 h a 37°C o 16 h a 4 °C; 14. Eseguire tre lavaggi di 3' ciascuno con tampone di lavaggio; 15. Distribuire 100 µl per pozzetto di P-nitrofenil-fosfato disciolto (1 mg/ml), pochi minuti prima dell'utilizzo, in tampone substrato (accertarsi che il contenitore utilizzato per disciogliere il substrato sia assolutamente privo di impurità); 16. Lasciar sviluppare la reazione colorimetrica (viraggio a color giallo) a temperatura ambiente per circa 0,5 – 2 ore; 17. Effettuare la lettura dei valori di assorbanza dei singoli pozzetti della piastra, ad intervalli di 30', mediante un fotometro (lettore di piastre ELISA) a 405 nm; In caso di momentanea indisponibilità del lettore è possibile bloccare la reazione mediante ulteriore distribuzione di 25 µl di NaOH 3,0 M per pozzetto. TAS-ELISA 1. Assegnare a ciascun campione da saggiare un’apposita numerazione e predisporre lo schema della loro distribuzione nella piastra su apposita scheda. Accertarsi di includere nello schema, come testimoni, anche alcuni campioni (almeno due) sicuramente infetti ed altrettanti sicuramente sani; 2. Preparare i campioni da saggiare (vedi Allegato 2) omogeneizzando i tessuti con mortaio e pestello, o altra idonea apparecchiatura meccanica, in presenza di tampone di estrazione (in rapporto di circa 1:10 peso/volume), trasferire il succo in provette e lasciare decantare a 4°C; 128 3. Avviare la sensibilizzazione della piastra distribuendo in ciascun pozzetto 100 µl di IgG purificate diluite in tampone di sensibilizzazione, seguendo le indicazioni del fornitore; 4. Coprire la piastra con apposito coperchio o film adesivo e porla in camera umida; 5. Incubare 2 h a 37 °C o 16 h a 4 °C; 6. Eseguire tre lavaggi di 3' ciascuno con tampone di lavaggio; 7. Seguendo lo schema predeterminato, distribuire in ciascun pozzetto 100 µl di succo, privo di sedimenti, del campione corrispondente; 8. Coprire la piastra con apposito coperchio o film adesivo e porla in camera umida; 9. Incubare a 4 °C per tutta la notte; 10. Eseguire tre lavaggi di 3' ciascuno con tampone di lavaggio; 11. Distribuire 100 µl per pozzetto di anticorpi secondari (monoclonali) diluiti in PBS o tampone coniugato, come indicato dal fornitore; 12. Coprire la piastra con apposito coperchio o film adesivo e porla in camera umida; 13. Incubare 2 h a 37 °C o 16 h a 4 °C; 14. Eseguire tre lavaggi di 3' ciascuno con tampone di lavaggio; 15. Distribuire 100 µl della soluzione di IgG anti-topo coniugate con fosfatasi alcalina, diluite in tampone di coniugazione come indicato dal fornitore; 16. Coprire la piastra con apposito coperchio o film adesivo e porla in camera umida; 17. Incubare 2 h a 37°C o 16 h a 4 °C; 18. Eseguire tre lavaggi di 3' ciascuno con tampone di lavaggio; 19. Distribuire 100 µl per pozzetto di P-nitrofenil-fosfato disciolto (1 mg/ml), pochi minuti prima dell'utilizzo, in tampone substrato (accertarsi che il contenitore utilizzato per disciogliere il substrato sia assolutamente privo di impurità); 20. Lasciar sviluppare la reazione colorimetrica (viraggio a color giallo) a temperatura ambiente per circa 0,5 – 2 ore; 21. Effettuare la lettura dei valori di assorbanza dei singoli pozzetti della piastra, ad intervalli di 30', mediante un fotometro (lettore di piastre ELISA) a 405 nm; In caso di momentanea indisponibilità del lettore è possibile bloccare la reazione mediante ulteriore distribuzione di 25 µl di NaOH 3,0 M per pozzetto. ELISA indiretta con Biotina-Streptavidina 1. Assegnare a ciascun campione da saggiare un’apposita numerazione e predisporre lo schema della loro distribuzione nella piastra su apposita scheda. Accertarsi di includere nello schema, come testimoni, anche alcuni campioni (almeno due) sicuramente infetti ed altrettanti sicuramente sani; 2. Preparare i campioni da saggiare (vedi Allegato 2) omogeneizzando i tessuti con mortaio e pestello, o altra idonea apparecchiatura meccanica, in presenza di tampone di estrazione (in rapporto di circa 1:10 peso/volume), trasferire il succo in provette e lasciare decantare a 4°C; 3. Avviare la sensibilizzazione della piastra distribuendo in ciascun pozzetto 100 µl di IgG purificate diluite in tampone di sensibilizzazione, seguendo le indicazioni del fornitore; 4. Coprire la piastra con apposito coperchio o film adesivo e porla in camera umida; 5. Incubare 2 h a 37 °C o 16 h a 4 °C; 6. Eseguire tre lavaggi di 3' ciascuno con tampone di lavaggio; 7. Seguendo lo schema predeterminato, distribuire in ciascun pozzetto 100 µl di succo, privo di sedimenti, del campione corrispondente; 129 8. Coprire la piastra con apposito coperchio o film adesivo e porla in camera umida; 9. Incubare a 4 °C per tutta la notte; 10. Eseguire tre lavaggi di 3' ciascuno con tampone di lavaggio; 11. Distribuire 100 µl di IgG coniugate con biotina, diluite in tampone BCB come indicato dal fornitore; 12. Coprire la piastra con apposito coperchio o film adesivo e porla in camera umida; 13. Incubare 2 h a 37 °C o 16 h a 4 °C; 14. Eseguire tre lavaggi di 3' ciascuno con tampone di lavaggio; 15. Incubare 2 h a 37 °C o 16 h a 4 °C; 16. Eseguire tre lavaggi di 3’ ciascuno con tampone di lavaggio; 17. Distribuire 100 µl di streptavidina coniugata a fosfatasi alcalina diluita, come indicato dal fornitore, in PBS-Tween + 0,1% BSA; 18. Coprire la piastra con apposito coperchio o film adesivo e porla in camera umida; 19. Incubare 30’ a 37 °C; 20. Eseguire tre lavaggi di 3' ciascuno con tampone di lavaggio; 21. Distribuire 100 µl per pozzetto di P-nitrofenil-fosfato disciolto (1 mg/ml), pochi minuti prima dell'utilizzo, in tampone substrato (accertarsi che il contenitore utilizzato per disciogliere il substrato sia assolutamente privo di impurità); 22. Lasciar sviluppare la reazione colorimetrica (viraggio a color giallo) a temperatura ambiente per circa 0,5 – 2 ore; 23. Effettuare la lettura dei valori di assorbanza dei singoli pozzetti della piastra, ad intervalli di 30', mediante un fotometro (lettore di piastre ELISA) a 405 nm; In caso di momentanea indisponibilità del lettore è possibile bloccare la reazione mediante ulteriore distribuzione di 25 µl di NaOH 3,0 M per pozzetto. DAS-ELISA con pre-sensibilizzazione con Proteina A 1. Assegnare a ciascun campione da saggiare un’apposita numerazione e predisporre lo schema della loro distribuzione nella piastra su apposita scheda. Accertarsi di includere nello schema, come testimoni, anche alcuni campioni (almeno due) sicuramente infetti ed altrettanti sicuramente sani; 2. Preparare i campioni da saggiare (vedi Allegato 2) omogeneizzando i tessuti con mortaio e pestello, o altra idonea apparecchiatura meccanica, in presenza di tampone di estrazione (in rapporto di circa 1:10 peso/volume), trasferire il succo in provette e lasciare decantare a 4°C; 3. Avviare la sensibilizzazione della piastra distribuendo in ciascun pozzetto 100 µl di Proteina A dissolta in tampone di sensibilizzazione alla concentrazione finale di 1µg/ml; 4. Coprire la piastra con apposito coperchio o film adesivo e porla in camera umida; 5. Incubare 2 h a 37 °C o 16 h a 4 °C; 6. Eseguire tre lavaggi di 3’ ciascuno con tampone di lavaggio; 7. Dopo aver diluito in tampone di sensibilizzazione le IgG purificate, seguendo le indicazioni del fornitore, distribuirne 100 µl in ciascun pozzetto; 8. Coprire la piastra con apposito coperchio o film adesivo e porla in camera umida; 9. Incubare 2 h a 37 °C o 16 h a 4 °C; 10. Eseguire tre lavaggi di 3' ciascuno con tampone di lavaggio; 11. Seguendo lo schema predeterminato, distribuire in ciascun pozzetto 100 µl di succo, privo di sedimenti, del campione corrispondente; 130 12. Coprire la piastra con apposito coperchio o film adesivo e porla in camera umida; 13. Incubare a 4 °C per tutta la notte; 14. Eseguire tre lavaggi di 3' ciascuno con tampone di lavaggio; 15. Distribuire 100 µl della soluzione di IgG coniugate con fosfatasi alcalina, diluite in tampone di coniugazione come indicato dal fornitore; 16. Coprire la piastra con apposito coperchio o film adesivo e porla in camera umida; 17. Incubare 2 h a 37°C o 16 h a 4 °C; 18. Eseguire tre lavaggi di 3' ciascuno con tampone di lavaggio; 19. Distribuire 100 µl per pozzetto di P-nitrofenil-fosfato disciolto (1 mg/ml), pochi minuti prima dell'utilizzo, in tampone substrato (accertarsi che il contenitore utilizzato per disciogliere il substrato sia assolutamente privo di impurità); 20. Lasciar sviluppare la reazione colorimetrica (viraggio a color giallo) a temperatura ambiente per circa 0,5 – 2 ore; 21. Effettuare la lettura dei valori di assorbanza dei singoli pozzetti della piastra, ad intervalli di 30', mediante un fotometro (lettore di piastre ELISA) a 405 nm; In caso di momentanea indisponibilità del lettore è possibile bloccare la reazione mediante ulteriore distribuzione di 25 µl di NaOH 3,0 M per pozzetto. 131 PTA-ELISA 1. Assegnare a ciascun campione da saggiare un’apposita numerazione e predisporre lo schema della loro distribuzione nella piastra su apposita scheda. Accertarsi di includere nello schema, come testimoni, anche alcuni campioni (almeno due) sicuramente infetti ed altrettanti sicuramente sani; 2. Preparare i campioni da saggiare (vedi Allegato 2) omogeneizzando i tessuti con mortaio e pestello, o altra idonea apparecchiatura meccanica, in presenza di tampone di estrazione (in rapporto di circa 1:10 peso/volume), trasferire il succo in provette e lasciare decantare a 4°C; 3. Seguendo lo schema predeterminato, distribuire in ciascun pozzetto 100 µl di succo, privo di sedimenti, del campione corrispondente; 4. Coprire la piastra con apposito coperchio o film adesivo e porla in camera umida; 5. Incubare a 4 °C per tutta la notte; 6. Eseguire tre lavaggi di 3' ciascuno con tampone di lavaggio; 7. Distribuire 100 µl per pozzetto di anticorpi secondari (monoclonali) diluiti in PBS o tampone coniugato, come indicato dal fornitore; 8. Coprire la piastra con apposito coperchio o film adesivo e porla in camera umida; 9. Incubare 2 h a 37 °C o 16 h a 4 °C; 10. Eseguire tre lavaggi di 3' ciascuno con tampone di lavaggio; 11. Distribuire 100 µl della soluzione di IgG anti-topo coniugate con fosfatasi alcalina, diluite in tampone di coniugazione come indicato dal fornitore; 12. Coprire la piastra con apposito coperchio o film adesivo e porla in camera umida; 13. Incubare 2 h a 37°C o 16 h a 4 °C; 14. Eseguire tre lavaggi di 3' ciascuno con tampone di lavaggio; 15. Distribuire 100 µl per pozzetto di P-nitrofenil-fosfato disciolto (1 mg/ml), pochi minuti prima dell'utilizzo, in tampone substrato (accertarsi che il contenitore utilizzato per disciogliere il substrato sia assolutamente privo di impurità); 16. Lasciar sviluppare la reazione colorimetrica (viraggio a color giallo) a temperatura ambiente per circa 0,5 – 2 ore; 17. Effettuare la lettura dei valori di assorbanza dei singoli pozzetti della piastra, ad intervalli di 30', mediante un fotometro (lettore di piastre ELISA) a 405 nm; In caso di momentanea indisponibilità del lettore è possibile bloccare la reazione mediante ulteriore distribuzione di 25 µl di NaOH 3,0 M per pozzetto. 132 Composizione dei tamponi PBS 8 g NaCl 0,2 g KH2PO4 2,9 g Na2HPO4 x 12 H2O (1,15 g se anidro) 0,2 g KCl 0,2 g NaN3 H2O distillata fino a 1 lt pH 7,4 Tampone di sensibilizzazione (coating buffer) 1,59 g Na2CO3 2,93 g NaHCO3 0,2 g NaN3 H2O distillata fino a 1 lt pH 9,6 Tampone di lavaggio (washing buffer) 1,0 lt PBS 0,5 ml Tween 20 pH 7,4 Tampone di estrazione (extraction buffer) 1 lt PBS 0,5 ml Tween 20 20 g Polivinilpirrolidone, MW 24.000 pH 7,4 Tampone di coniugazione (conjugate buffer) 1 lt PBS 0,5 ml Tween 20 20 g Polivinilpirrolidone, MW 24.000 2 g Sieroalbumina bovina (BSA) pH 7,4 oppure, 60,5 g Tris-(Hydromethil- aminomethano) 8,0 g NaCl 20,0 g Polivinilpirrolidone, MW 24.000 10,0 g Polyethilenglycol 0,2 g NaN3 0,5 ml Tween 20 pH 8,2 Tampone BCB 1 lt PBS 0,5 ml Tween 20 1 g Sieroalbumina bovina (BSA) pH 7,4 Tampone substrato (Substrate buffer) 97 ml Dietanolammina 0,2 g NaN3 HCl fino a pH 9,8 a volume di 1lt con acqua distillata 133 ATTREZZATURE NECESSARIE Premesso che attualmente l’industria è in grado di fornire apparecchiature che consentono la parziale automazione di tutte le operazioni ELISA, di seguito vengono indicate le apparecchiature e strumentazioni ritenute più importanti o indispensabili (queste ultime in corsivo). Piastre in Polistirene a 96 pozzetti Mortai e pestelli Vetreria (cilindri, beute) Pipette graduate (mono e multicanali) Agitatori magnetici pH-metro Frigorifero e congelatore Incubatore (a 37 °C) Lettore di piastre Apparecchiature per la estrazione dei campioni (presse, trapani, ecc.) Bi-distillatore Fra i reagenti ricordiamo: anticorpi monoclonali e/o policlonali prodotti chimici comuni per la preparazione di soluzioni e tamponi enzimi (se si effettua direttamente la coniugazione) substrati Gli anticorpi possono essere acquistati presso ditte commerciali. Fra esse ricordiamo: Agdia, Agritest, Bioreba AG, Boehringer, Loewe Biochemia GmbH e Biorad (ex-Sanofi Diagnostic Pasteur), Real Durviz. 134 Allegato 2 Preparazione dei campioni: a differenza delle foglie, per le quali non ci sono annotazioni particolari da fare, nel caso delle talee lignificate si ritiene utile riportare le modalità di preparazione degli estratti. Come già detto, il tessuto utile per la diagnosi è il floema, pertanto per la sua preparazione ottimale vanno eseguite le seguenti operazioni: 1- rimozione del ritidoma, il cui distacco è favorito, se le talee sono state conservate in substrato umido, dalla delicata flessione degli internodi ; 2- separazione di trucioli di floema con l’ausilio di un coltello a lama liscia (es. tipo innesto) o di un bisturi. Interrompere l’asportazione dei trucioli quando si raggiunge il tessuto cambiale, riconoscibile per la sua colorazione più chiara; 3- rapido trasferimento dei trucioli in tampone o in bagno di azoto liquido; 4- rimozione delle incrostazioni di tessuto vegetale dalla lama, mediante carta, altra lama o pietra pomice, per evitare contaminazioni del campione successivo. Il campione così preparato va sottoposto a triturazione con mortaio e pestello (circa 1’). Se la triturazione avviene in tampone (circa 10 volumi rispetto al peso), l’omogenato va trasferito in provetta a fondo conico dove si lascia decantare a freddo prima di distribuirlo nella piastra. Nel caso della triturazione di trucioli congelati in azoto liquido, la polvere risultante va trasferita nella provetta contenente il tampone di estrazione, quindi energicamente agitata per circa 1’, infine lasciata in infusione per circa 1-2 ore a freddo, prima della distribuzione in piastra. La suddetta operazione risulta abbastanza laboriosa e pertanto limita sensibilmente la rapidità del saggio. Tale operazione può essere accelerata e semplificata utilizzando un’apparecchiatura (granulatore) che tritura il tratto di talea interessato in grani molto fini. Questa polvere è successivamente trasferita in provetta e sospesa in tampone di estrazione in cui viene dapprima agitata energicamente, quindi mantenuta in infusione a freddo per circa due ore prima della distribuzione su piastra. Con questo sistema assieme al floema vengono trattati anche tutti i tessuti della talea, con conseguente diluizione della concentrazione virale. Tuttavia, prove sperimentali hanno dimostrato che la conseguente lieve riduzione di sensibilità del saggio non compromette i risultati in maniera significativa, confermandone pertanto la possibilità di utilizzo per attività di diagnosi massale. Protocollo standardizzato per la diagnosi di virus della vite mediante la tecnica di RT-PCR 1. Uso Il protocollo descritto é stato sviluppato per la diagnosi di alcuni virus della vite associati alle malattie dell’accartocciamento fogliare, del legno riccio o dell’arricciamento. Il protocollo é stato validato nel corso di test effettuati presso i laboratori del Dipartimento di Protezione delle Piante e Centro di Studi Del CNR sui Virus e le Virosi delle Colture Mediterranee, adoperando isolati virali di differente provenienza geografica, nazionale ed internazionale, mantenuti su piante infette in pieno campo. 135 2. Limitazioni d’uso • La scarsa concencentrazione dei virus in oggetto nella pianta infetta e/o eventuali variazioni del loro titolo nel corso della stagione vegetativa possono impedirne la diagnosi. Un risultato negativo non garantisce l’esenza del virus in esame nella pianta, ma piuttosto l’inabilità di diagnosticarlo nel substrato utilizzato. Si consiglia pertanto, in caso di risultato negativo da tessuto fogliare, di ripetere il test prediligendo floema di talee ben lignificate raccolte in almeno 3 parti diverse della pianta. • Gli oligonucleotidi sintetici adoperati nel protocollo proposto sono stati disegnati alla luce delle informazioni genetiche piu’ avanzate disponibili per i virus in oggetto. Un risultato negativo potrebbe quindi derivare dalla esistenza di isolati virali aventi sequenze varianti. • Gli oligonucleotidi sintetici descritti nel protocollo sono risultati specifici per la diagnosi di alcuni virus della vite. Data la base genetica di questo protocollo, un risultatato positivo potrebbe essere dovuto ad una reazione incrociata con virus strettamente correlati non ancora descritti. 3. Abbreviazioni usate nel testo GVA GVB GFLV GLRaV-3 GRSPaV cDNA RT PCR RNA M-MLV nm svn DTT Tris APS TEMED µl Grapevine virus A Grapevine virus B Grapevine fanleaf virus Grapevine leafroll-associated virus 3 Grapevine rupestris stem-pitting associated virus complementary DNA reverse transcriptase polymerase chain reaction acido ribonucleico moloney murine leukemia virus nanometri sovranatante ditiotreitolo triidrossimetil ammino metano ammonio persolfato N,N,N’,N’ tetrametiletilndiammina microlitro 4. Breve sintesi del protocollo di diagnosi Questo protocollo descrive un metodo di diagnosi di virus della vite in foglie/piccioli o floema adoperando la tecnica di reverse transcription (RT) - polymerase chain reaction. Il metodo di 136 diagnosi permette di rilevare una serie di virus descritta nella Tab. 1 mediante l’uso degli oligonucleotidi riportati. L’RNA totale, estratto da tessuti (foglie/piccioli o floema) di viti infette mediante un metodo cromatografico di adsorbimento a particelle di silice, é adoperato per la sintesi (RT) di un cDNA iniziata da oligonucleotidi sintetici a sequenza casuale (random primers). Tale cDNA “multivalente” é di seguito utilizzato in una reazione di amplificazione genica (PCR) per la diagnosi virale ad opera di specifici oligonucleotidi sintetici. L’identificazione dei frammenti amplificati é in seguito effettuata mediante elettroforesi in gel di poliacrilammide. Il metodo di estrazione degli RNA totali è stato ottimizzato per l’estrazione da piccole quantità di tessuto e risulta economicamente vantaggioso per la qualità degli estratti ottenuti. Tabella 1. Lista dei virus rilevabili mediante RT-PCR e sequenze degli oligonucleotidi sintetici Virus GVA GVB GLRaV-3 GFLV RSPaV Primer H587 5’ gacaaatggcacactacg 3’ C995 5’ aagcctgacctagtcatcttgg 3’ H28 5’ gtgctaagaacgtcttcacagc 3’ B/Bo Se down 5’ cgagtagcccttcgtttagccgc 3’ LC1 5’ cgctagggctgtggaagtatt 3’ LC2 5’ gttgtcccgggtaccagatat 3’ H2999 5’ tcgggtgagactgcgcaacttccta 3’ C3310 5’ gatggtaacgctcccgctgctctt 3’ 48d 5’ agctgggattataagggaggt 3’ 49d 5’ ccagccgttccaccactaat 3’ Dimensioni amplicone 432 nt Bibliografia [2] 155 nt [2] 546 nt 312 nt [1] 330 nt [3] 5. Strumentazione necessaria Il protocollo è stato sviluppato adoperando la seguente strumentazione. L'uso di modelli di altre ditte, potrebbe richiedere adattamenti del metodo. Alimentatore per elettroforesi Pharmacia GPS 200/400 (Amersham, Pharmacia) Cella per elettroforesi Biometra Multigel (Biometra, Gottingen) Microcentrifuga Eppendorf 5415D (Eppendorf, Italia) Micropipette Gilson (Gilson, Italia) Thermocycler Perkin Elmer 2400 (Applied Biosystems) 137 6. Reagenti e soluzioni MgCl2 25 mM (fornita con l’enzima Taq Dna polimerasi) Soluzione di dNTPs 2,5 mM (miscelando soluzioni madri 100 mM da Roche Biochemica) Tampone 10X per PCR (fornita con l’enzima Taq-Dna polimerasi) EB tampone di estrazione per l'RNA: 4.0 M guanidina tiocianato; 0.2 M sodio acetato pH 5.2; 0.025 M EDTA bisodico; 1.0 M potassio acetato; 2.5 % polivinil pirrolidone 40; 2% metabisolfito di sodio Sospensione di particelle di silica: aggiungere 60 g di silica particles (Sigma S5631) a 500 ml di H2O distillata in un cilindro, mescolare e lasciar decantare per 24 h; eliminare 470 ml di H2O distillata, aggiungerne altri 500 ml, mescolare e lasciar decantare per 5 h; eliminare 440 ml di H2O distillata e portare il pH dei restanti 60 ml di sospensione a 2,0 con HCl; autoclavare e conservare in bottiglia scura a temperatura ambiente. Soluzione di NaI : sciogliere 0.75 g di sodio solfito in 40 ml di acqua e successivamente 36 g di sodio ioduro (Sigma S8379) WB: soluzione di lavaggio per RNA (0.01 M Tris-Cl pH 7.5, 0.5 mM EDTA bisodico; 0.05 M cloruro di sodio; 50% alcol etilico) TBE 10X: 90mM Tris-HCl, 90mM acido borico, 2.5 mM Na2EDTA pH 8.3) Gel loading buffer: 15% Ficoll (type400, Amersham, Pharmacia), 0.25% blu di bromofenolo, in H2O distillata Marker di peso molecolare per DNA: DNA fago λ/ Hind III (Roche Biochemica) Soluzione di acrilammide/bisacrilammide 40% (19:1) (BioRad, Italia) Soluzione di AgNO3: 100mg AgNO3, 150 µl formaldeide al 37% in 100 ml H2O distillata Soluzione di Na2CO3: 3g Na2CO3 anidro, 150 µl formaldeide al 37%, 4 µl di una soluzione di Na2S2O3 (200mg/ml) 7. Enzimi e consumabili vari DNA polymerasi termostabile (Taq DNA polimerasi) 5u/µl (Promega) M-MLV reverse transcriptase 200 5u/µl (Invitrogen) Provette da microcentrifuga da 1,5 ml Puntali per pipette Puntali per pipette "aerosol free" Provette da 200 µl per PCR a pareti sottili Mortai in porcellana 8. Preparazione di RNA totali da tessuti di piante Gli RNA totali sono preparati secondo un metodo microcromatografico di adsorbimento a particelle di silice microcristallina. I tessuti adoperabili sono: • floema da talee dormienti prelevate in almeno 5 punti della pianta; • piccioli fogliari e/o nervature principali durante la stagione vegetativa. Foglie e piccioli sono adoperabili nelle 24 ore successive se conservate a 4°C in buste di plastica per evitare la disidratazione. Le talee possono essere conservate per un periodo di 2-3 mesi nelle stesse condizioni. Il metodo prevede la macerazione dei tessuti in presenza di un tampone di lisi inibente l'RNasi e il successivo adsorbimento ed eluizione degli RNA totali dalle particelle di silice microcristallina. 138 8.1. Estrazione del floema da talee dormienti Talee dormienti del diametro di c. 5 mm, sono ripulite del ritidoma usando un coltello o bisturi e progressivamente decorticate dei tessuti cambiali. I trucioli ottenuti sono processati immediatamente o conservati a -80°C. 8.2. Macerazione del floema o foglie/piccioli in mortaio o bustina A 100 mg di tessuto (foglie piccioli o floema) aggiungere 1 ml di EB, 20 mg di carborundum e macerare vigorosamente in mortaio o bustina. In alternativa è in uso nel nostro laboratorio un estrattore a vibrazione (Mixer Mill 300, Retsch) che, mediante addizione di microsfere metalliche in tubi da 2 ml al tampone e alla stessa quantità di tessuto, permette l’estrazione di 48 campioni in circa 2min. 8.3. Aggiunta di Sarkosyl e incubazione a 70°C per 10' Trasferire 0,5 ml di omogenato in un provetta eppendorf da 1,5 ml e aggiungere 0,1 ml di 10% Sarcosyl. Agitare ed incubare con agitazioni periodiche (2-3 min) per 10 min a 70°C. 8.4. Incubazione in ghiaccio e centrifugazione Incubare in ghiaccio per 2 min. e centrifugare alla massima velocità (12.000 x g) per 5 min. I residui cellulari si concentrano nel pellet; fare attenzione a non riportarli in sospensione. 8.5 Incubazione del svn con NaI, etanolo e silica Trasferire 0,3 ml di svn in una nuova provetta eppendorf da 1,5 ml ed aggiungere con micropipetta 0,3 ml di soluzione di NaI, 0,15 ml di etanolo assoluto e 0,025 ml di sospensione di particelle di silica. Agitare ed incubare con agitazioni periodiche (2 min) per 5 min a temperatura ambiente. 8.6. Centrifugazione e lavaggio del pellet Centrifugare a 6000 x g per 1 min, eliminare il svn ed aggiungervi 0,5 ml di WB. Vortexare energicamente in modo da risospendere il pellet.Ripetere l’operazione. 8.7. Centrifugazione ed eliminazione del svn Centrifugare come in 8.6 eliminare il svn e lasciare asciugare il pellet tenendo le provette capovolte per 15 min a RT. Non lasciar disidratare eccessivamente il pellet. 8.8. Eluizione degli RNA totali Il pellet é risospeso in 0,1 ml di acqua sterile mediante vortex ed incubato per 2 min a 70 ° C. Centrifugare alla massima velocità per 3' e trasferire il svn in una nuova provetta. 8.9. Dosaggio spettrofotometrico delle concentrazioni di RNA totale. Quantificare gli RNA totali estratti mediante dosaggio spettrofotometrico valutando l'assorbimento a 260 nm e 280 nm. Le preparazioni possono essere conservate per mesi a -80°C. 139 9. RT-PCR, considerazioni generali 9.1. Conoscenze generali L'operatore di laboratorio deve possedere buone conoscenze teoriche riguardo ai principi basilari della RT-PCR. Deve inoltre adoperare tutte le cautele necessarie per prevenire le contaminazioni da RNAsi quali: utilizzo di acqua, soluzioni, provette e puntali sterili; uso di guanti in tutte le fasi del protocollo. 9.2. Addestramento degli operatori L'operatore deve avere buone conoscenze sull'utilizzo delle strumentazioni di base di laboratorio, quali pHmetri, bilance elettroniche, pipette, autoclave, microcentrifughe, nonché di thermocycler, elettroforesi, etc. 9.3. Prevenzione delle contaminazioni L'estrazione degli RNA totali e la reazione di RT-PCR dovrebbero essere condotte possibilmente in ambienti differenti e con set di pipette diverse. Come riportato in numerosi manuali si consiglia fortemente l'uso di puntali "aerosol free" e, se possibile, di una cappa a flusso laminare per l’allestimento dei campioni. Si consiglia inoltre di ricorrere alla preparazione di "master mix", preparata per il numero di campioni da analizzare e ripartita nei microtubi. 9.4. Informazioni sulla sicurezza L'operatore deve essere al corrente di tutti i rischi associati all'uso di sostanze tossiche quali acrilammide, nitrato di argento, formaldeide etc, secondo le disposizioni vigenti. 140 141 10. RT-PCR 10.1. RT : denaturazione acidi nucleici totali Preparare in una provetta da 1,5 ml il seguente mix X µl RNA totali corrispondenti a c. 0,5 µg 1 µl esanucleotidi random 0.5 µg/µl X µl acqua sterile 30 µl volume finale Incubare a 95° C per 5 min e trasferire la provetta immediatamente in ghiaccio. 10.2. RT: sintesi del cDNA Aggiungere agli RNA totali denaturati il seguente mix: 10 µl 5 X RT buffer 2,5 µl soluzione di desossiribonucleotidi 10 mM ciascuno 2,4 µl DTT 0,1 M 1 µl 4,1 µl M-MLV reverse transcriptase 200 U/µl acqua sterile Incubare a 42 ° C per 1 ora. 10.3. PCR : aggiunta del cDNA al mix di PCR Aggiungere 45 µl di PCR mix a 5 µl di cDNA: 5 µl cDNA 5 µl 10 X PCR buffer 1 µl soluzione di desossiribonucleotidi 2,5 mM ciascuno 2 µl MgCl2 25 mM 1 µl 1 µl 0,2µl soluzione di reverse primer 6 µM soluzione di forward primer 6 µM Taq DNA polimerasi (5 U/µl) 35 µl acqua sterile 142 Se non si dispone di un thermocycler con coperchio riscaldato, è necessario stratificare il mix di PCR con 25 µl di olio minerale onde evitare l’evaporazione del campione. 10.4. Porre i microtubi nel thermocycler e iniziare la reazione di amplificazione Previa programmazione del thermocycler ininziare la reazione caricando i microtubi quando il blocco termostatato ha raggiunto la temperatura di c. 94° C. Effettuare 30-35 cicli secondo i programmi consigliati per ciascun set di primers riportati nella seguente tabella. virus GFLV GLRaV - 3 GVA GVB GRSPaV denaturazione iniziale 94°C 5 min denaturazione 94°C 30 sec 94°C 30 sec 94°C 30 sec 94°C 30 sec 94°C 30 sec 35 cicli annealing 60°C 30 sec 58°C 30 sec 55°C 30 sec 58°C 30 sec 55°C 30 sec sintesi 72°C 72°C 72°C 72°C 72°C 45 sec 45 sec 45 sec 30 sec 45 sec estensione finale 72°C 7 min 72°C 7 min 72°C 7 min 72°C 7 min 72°C 7 min 11. Analisi dei risultati 11.1. Elettroforesi in gel di policarilammide: preparazione del gel I prodotti di reazione di PCR sono analizzati mediante elettroforesi in gel di poliacrilammide al 5%, preparato secondo lo schema seguente: 0,65 ml Acrilammide / Bisacrilammide al 40 % 0,5 ml 35 µl 3,5µl 3,85 ml TBE 10 X APS 10% TEMED acqua sterile La soluzione è versata nell'apparato per elettroforesi verticale utilizzando un pettine da 20 pozzetti ed evitando di formare bolle d'aria. Attendere 20-30 min per la solidificazione del gel che avviene a temperatura ambiente. 11.2. Elettroforesi in gel di poliacrilammide: caricamento dei campioni e corsa Dopo la solidificazione del gel, rimuovere il pettine, assemblare il gel nell'apparato per elettroforesi e ripulire i pozzetti. I lavaggi sono effettuati spruzzando TBE 1 X (tampone di corsa elettroforetica) con una siringa da 5 ml. I campioni da analizzare sono addizionati di 2 µl di gel loading buffer per ogni 10 µl e caricati con micropipetta nei singoli pozzetti. La elettroforesi è condotta fino a che il blu di bromofenolo ha migrato ad 1 cm dal termine del gel applicando un voltaggio di 100 V. 143 11.3. Elettroforesi in gel di poliacrilammide: visualizzazione del DNA amplificato mediante colorazione con nitrato d'argento Al termine dell'elettroforesi, i prodotti di DNA amplificato sono visualizzati mediante colorazione del gel con nitrato di argento come di seguito riportato: • immergere il gel in una vaschetta (in plastica o vetro) contente una soluzione di acido acetico al 10% per 20 min; • lavare il gel per 3 volte con un eccesso di acqua; ogni lavaggio dovrà essere di 1 min; • incubare il gel per 3 min in una soluzione all'1% di acido nitrico; • lavare il gel per 3 volte con un eccesso di acqua; • incubare il gel nella soluzione di AgNO3 per 30 min; • lavare una volta con un eccesso di acqua; • sviluppare il gel nella soluzione di Na2CO3; arrestare la reazione eliminando il Na2CO3 ed aggiungendo una soluzione di acido acetico al 5%. Note: 1. Tutta la reazione è condotta a temperatura ambiente agitando delicatamente il gel su di un agitatore orbitale. La reazione di sviluppo in Na2CO3 può avvenire molto rapidamente. 11.4. Elettroforesi in gel di policarilammide: fotodocumentazione del gel Il gel sviluppato potrà essere posto tra due fogli di lucidi per fotocopiatrice e fotografato o acquisito elettronicamente. 12. Interpretazione dei risultati I risultati sono interpretati qualitativamente come positivi o negativi a seconda della presenza o assenza di specifici frammenti di DNA amplificato. Ogni reazione di RT-PCR dovrebbe includere i seguenti controlli: 1. Un RNA adoperato come controllo negativo precedentemente estratto da tessuti di una pianta sana e verificato come tale in test precedenti e con differenti altri test diagnostici. La comparsa di specifici frammenti di DNA amplificato nel controllo negativo dopo RT-PCR indica una probabile cross-contaminazione e rende necessaria la ripetizione dell'intero set di analisi effettuato. 2. Un RNA adoperato come controllo positivo precedentemente estratto da tessuti di una pianta infetta e verificato come tale in test precedenti e con differenti altri test diagnostici. La mancata osservazione di una specifico frammento di DNA amplificato nel controllo positivo indica l'assenza di sintesi del cDNA o di amplificazione di quest'ultimo, e induce a ripetere l'intero set di analisi effettuato. 3. Un campione di tessuto di pianta infetta dal quale si é proceduto ad estrarre gli RNA totali, reverse transcription e PCR nello stesso tempo e nelle stesse condizioni con cui si sono estratti gli RNA totali dai campioni da analizzare. L'assenza di amplificazione nel campione di tessuto di pianta infetta , insieme ad un risultato positivo dell’ RNA adoperato come controllo positivo, mascia presuppore un problema 144 intervenuto durante l'estrazione degli RNA totali e determina la ripetizione dell'intero set di analisi. Ogni set di analisi condotto dovrà essere conservato come fotodocumentazione contenetente le seguenti informazioni: • data • nome dell'operatore • protocollo adoperato per l'estrazione degli RNA totali • protocollo adoperato per l'RT-PCR • codice identificativo di ogni campione analizzato • analisi dei risultati per ogni campione analizzato • commenti dell'operatore BIBLIOGRAFIA [1] Mackenzie D.J., McLean M.A., Mukerij S. & Green M. 1997. Improved RNA extraction from woody plants for the detection of viral pathogens by reverse transcriptase – polymerase chain reaction. Plant Disease, 81, 222-226. [2] Minafra A. & Hadidi A. 1992. Sensitive detection of grapevine virus A, B, or leafroll-associated III from viruliferous mealybugs and infected tissue by cDNA amplification. Journal of Virological Methods, 47, 175-188. [3] Zhang Y.P., Uyemoto J.K., Golino D.A. & Rowhani A. 1998. Nucleotide sequence and RTPCR detection of a virus associated with Grapevine Rupestris Stem-Pitting Disease. Phytopathology, 88, 1231-1237 145 146