Sessione V
VITE
COORDINATORE
G. BELLI
Istituto di Patologia Vegetale
Università di Milano
1
Organismi patogeni di qualità degli vite
Digiaro M., S. Pollastro2, P. La Notte3, A. Santomauro2,
R. M. De Miccolis Angelini 2, N. Vovlas4
PREMESSA
1. Funghi
1.1. Escoriosi, Necrosi corticale
1.2. Peronospora della vite
1.3. Oidio o Mal bianco della vite
1.4. Mal dell’esca
1.5. Eutipiosi
1.6. Verticillosi
1.7. Marciume radicale fibroso
1.8. Marciume radicale lanoso
2. Nematodi
2.1. Xiphinema index
3.Virus
3.1. Virus dell’ arricciamento
3.2. Accartocciamento fogliare
3.3. Legno riccio
PREMESSA
I DD.MM. del 14/4/1997 hanno introdotto una nuova categoria di materiali
di moltiplicazione definita C.A.C. (Conformitas Agraria Communitatis) per la
quale sono richiesti requisiti fitosanitari minimi per la commercializzazione. Tale
normativa riguarda tutte le specie vegetali di interesse agrario ad eccezione della
vite.
Tale esclusione è dovuta alla preesistente normativa che regola la
produzione e la commercializzazione dei materiali di propagazione della vite
classificandoli nelle categorie “base”, “certificato” e “standard”. In base alle
norme del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1164 del 24/12/69 (e
successive modifiche ed integrazioni) che ha recepito la Direttiva Comunitaria
193/68, per le categorie “Base” e “certificato” è richiesta l’esenzione da “malattie
da virus nocivi, in particolare da malformazioni infettive e accartocciamento
fogliare” senza alcun riferimento agli agenti causali, mentre per i materiali
“standard” non è richiesta alcuna garanzia sanitaria, se non, genericamente, che
“le colture destinate alla loro produzione devono essere mantenute esenti da piante
che presentino sintomi di malattie da virus” (D.P.R. n.518 del 18/05/1982).
La normativa, considerata all’avanguardia nel 1968, risulta oggi, a
trent’anni dalla sua emanazione, carente e obsoleta. Il susseguirsi di emanazioni di
Decreti non ha fatto altro che generare confusione tra gli operatori del settore
agricolo e, paradossalmente, la vite, prima ed unica specie assoggettata ad un
regime di certificazione obbligatoria per il suo precario stato sanitario, risulta oggi,
fra le specie certificate, quella sottoposta al regime di produzione e
commercializzazione meno severo e puntuale. Inoltre, la difficoltà di costituire
materiale certificato rispondente ai requisiti sanitari attualmente richiesti per
l’omologazione dei cloni determina, soprattutto per le varietà ad interesse locale e
minori, l’impiego ad oltranza del materiale di categoria “standard”.
Il grande malcontento tra gli operatori del settore viticolo suggerisce,
soprattutto per agli aspetti fitosanitari, l’esigenza di una revisione della normativa
comunitaria che prenda in considerazione anche altri patogeni, tra virus, funghi e
batteri, trasmissibili attraverso il materiale di propagazione. I ricercatori impegnati
in questo progetto hanno quindi proposto, anche per la vite, nonostante la stessa
sia stata esclusa dai succitati DD.MM., un elenco di patogeni che per comprovate
esperienze sono da ritenersi pregiudizievoli della qualità del materiale di
propagazione stesso.
Per ciascuno di questi è stata quindi realizzata una scheda in cui è riportato
l’inquadramento sistematico, le piante ospiti, la distribuzione geografica, le
modalità di diffusione, la sintomatologia, la modalità di diagnosi e i principi su cui
si basa la lotta. Inoltre, si è ritenuto utile indicare anche le fasi del processo
produttivo che possono creare le condizioni per una possibile infezione (punti
critici), gli obblighi che vivaisti e Servizio fitosanitario devono rispettare e, infine,
alcuni consigli pratici rivolti agli agricoltori.
In particolare, per quanto riguarda i funghi sono state inserite le specie
responsabili dell’Escoriosi, Eutipiosi, Mal dell’esca, Marciume radicale fibroso e
lanoso e Verticillosi, tra i nematodi Xiphinema index e, per quanto riguarda i virus,
le
specie
responsabili
dell’Arricciamento
Accartocciamento fogliare e Legno riccio.
o
Degenerazione
infettiva,
1. FUNGHI
1.1. Escoriosi, Necrosi corticale (Tav. I)
Agente eziologico: Phomopsis viticola
Inquadramento sistematico (Hawksworth et al, 1995): Fungo mitosporico
In accordo alla precedente e più nota classificazione:
Divisione
Sottodivisione
Classe
Ordine
Famiglia
Genere
Specie
Eumycota
Deuteromycotina
Coelomycetes
Sphaeropsidales
Sphaeropsidaceae
Phomopsis
Phomopsis viticola (Sacc.) Sacc.
Distribuzione geografica. Tutte le aree di coltivazione.
Modalità di diffusione
Lo svernamento del patogeno avviene in forma di micelio e di picnidi che
si differenziano in modo consistente in inverno, soprattutto su tralci infetti di un
anno e sui sarmenti lasciati sul terreno dopo la potatura. In primavera, dai picnidi
maturi vengono estrusi, in cirri mucillaginosi, i picnoconidi di due tipologie (α e
β) che sono trasportati da schizzi di pioggia sulla vegetazione recettiva. Solo i
conidi di tipo α sono infettivi. Il trasporto a lunga distanza è operato
essenzialmente con l’impiego di materiale di propagazione infetto. Le prime
infezioni avvengono dopo 3-4 settimane dalla ripresa vegetativa; la penetrazione
avviene sia per via stomatica che mediante lesioni presenti sui giovani tralci.
Piante ospiti. Vite
Sintomatologia
I sintomi si manifestano su tutte le parti verdi della pianta e cominciano a
comparire poco dopo la ripresa vegetativa.
Internodi basali dei germogli (primi 4-5): è possibile osservare la presenza
di tacche nero-violacee (più o meno estese o confluenti) che possono interessare
anche l’intera circonferenza del germoglio stesso. Sui tralci, tali aree si presentano
depresse, grigiastre e circondate da una banda nero-violacea. Nella parte basale dei
sarmenti, si osservano fessurazioni longitudinali, più o meno superficiali che
possono cingere completamente i tessuti basali del germoglio. Durante l’inverno,
le spaccature e le lacerazioni restano ben evidenti sui sarmenti; il periderma
assume una colorazione prima biancastra e poi grigiastra a causa di infiltrazioni
d’aria nelle cellule corticali. Su queste aree, poi, appaiono dei minuscoli punti
scuri, i picnidi del fungo. La pianta può assumere un aspetto cespuglioso e
presentare una ridotta vigoria per lo stentato o mancato sviluppo dei tralci, causato
dalla morte delle gemme basali. Nei casi più gravi è possibile osservare la morte di
intere branche o di tutta la pianta.
Foglie: su entrambe le pagine fogliari, in genere dei primi quattro o cinque
nodi, si può osservare la presenza di minute aree clorotiche che necrotizzano nella
parte centrale. Quando numerose queste possono determinare bollosità e
distorsioni delle foglie che tendono a cadere prematuramente.
Grappoli: sui rachidi possono manifestarsi gli stessi sintomi descritti per i
tralci. La comparsa di sintomi (marciume secco) sulle bacche è un evento raro
nell’area mediterranea.
Diagnosi
Osservazione dei sintomi in campo con rilievi a carico di foglie e germogli
in primavera e/o in estate, isolamenti in coltura e osservazioni al microscopio.
Lotta
Di rilevante importanza interventi agronomici preventivi (scelta varietale e
sanità del materiale di propagazione). È necessario evitare il ricorso a pratiche
colturali che incrementano il vigore vegetativo della pianta. La malattia può essere
fortemente limitata con la copertura dei vigneti ad uva da tavola con teli di
polietilene per forzare l’anticipo di maturazione.
Interventi chimici: da prevedere solo nei vigneti di cultivar suscettibili ove sia
stata rilevata la presenza della malattia. Per gli interventi proteggenti, da eseguire
a partire dalla schiusura delle gemme (germogli di 3-5 cm), possono essere
impiegati folpet, mancozeb e methiram; in seguito (dopo 7-10 giorni) sono da
preferire formulati contenenti mancozeb perché associa un’attività
antiperonosporica. Lo zolfo bagnabile ad alte dosi presenta efficacia incostante,
mentre gli inibitori della biosintesi degli steroli e di azoxystrobin e kresoximethyl,
analoghi di sintesi delle strobiruline presentano attività solo parziale.
Punti critici
Per i vivaisti: il materiale di moltiplicazione deve provenire da piante madri
ubicate in appositi campi; per la costituzione del campo di piante madri deve
essere utilizzato materiale proveniente da viti prive di sintomi di escoriosi; le
piante madri devono essere ben identificabili e sottoposte a regolari controlli
per verificarne lo stato sanitario. Prestare molta attenzione alla sanità delle
piante e del vigneto se le marze o le gemme devono essere prelevate da
impianti commerciali.
Per gli agricoltori: al momento dell’impianto, prestare molta attenzione alla
sanità del materiale di propagazione.
Consigli pratici
Per gli agricoltori: durante la potatura asportare al meglio tutti i tessuti
infetti; ove la malattia è presente, evitare la trinciatura e l’interramento dei
sarmenti o l’accantonamento degli stessi, ma raccogliere i residui di potatura
e distruggerli col fuoco. Disinfettare gli attrezzi di potatura;
Per i Servizi fitosanitari: esecuzione di ispezioni in campo ed analisi
micologica da tralci e foglie di piante sospette.
TAVOLA I
b
a
c
d
e
f
Escoriosi o necrosi corticale della vite: a) sintomi su germogli e
rachidi; b) sintomi su foglia; c) sintomi su tralci; d) picnidi e cirri; e)
conidi α; f) conidi β.
1.2. Peronospora della vite (Tav. II)
Agente eziologico: Plasmopara viticola
Inquadramento sistematico (Hawksworth et al., 1995)
Phylum
Ordine
Famiglia
Genere
Specie
Oomycota
Peronosporales
Peronosporaceae
Plasmopara
Plasmopara viticola (Berk. et Curt.) Berl. et De Toni
Distribuzione geografica Tutte le aree di coltivazione.
Modalità di diffusione
La conservazione durante i mesi invernali avviene mediante le oospore presenti nelle
foglie cadute sul terreno. In condizioni ambientali favorevoli le oospore germinano
producendo macroconidi contenenti le zoospore. Queste, trasportate da schizzi d’acqua sulla
vegetazione, sono responsabili delle infezioni primarie. In seguito, sugli organi infetti,
vengono prodotti gli zoosporangi e le zoospore responsabili dei successivi cicli di infezione.
Piante ospiti: Vite
Sintomatologia
I sintomi si manifestano su tutte le parti della pianta.
Foglie: I primi sintomi si osservano sulla pagina superiore dove si formano zone
decolorate rotondeggianti simili a macchie d’olio che, successivamente, possono divenire
necrotiche. In condizioni di elevata umidità, sulla pagina inferiore, in corrispondenza delle
macchie d’olio, è osservabile la formazione di efflorescenze biancastre costituite dalle
sporificazioni del patogeno. Verso la fine dell’estate i sintomi si presentano in forma di
piccole macchie necrotiche di forma poligonale delimitate dalle nervature (peronospora a
mosaico). Filloptosi anticipata.
Grappoli: Le infiorescenze possono essere infettate già da prima della fioritura,
manifestando allessamenti e talora una caratteristica conformazione ad “S” del rachide; in
seguito, se le condizioni ambientali sono favorevoli al fungo, possono essere ricoperte della
caratteristica muffa bianca costituita dalle sporificazioni del patogeno. Sulle bacche, le
infezioni determinano un marciume secco. Più tardivamente, quando le bacche hanno quasi
raggiunto le dimensioni definitive, può manifestarsi un marciume bruno nella zona
peduncolare delle bacche con i tessuti che acquistano una consistenza tenace e presentano un
limite ben definito rispetto ai tessuti sani della porzione apicale; questi sintomi non sono
accompagnati dalla presenza di sporificazioni del fungo (peronospora larvata).
Germogli: è possibile rilevare la comparsa di aree prima idropiche, poi livide e quindi
necrotiche, accompagnate da spaccature longitudinali, sulle quali può differenziarsi
un’efflorescenza biancastra costituita dalle sporificazioni del patogeno.
Diagnosi. Osservazione dei sintomi in campo, camera umida e osservazioni al microscopio.
Lotta
Interventi chimici: Nel periodo compreso fra il germogliamento e l’inizio della
fioritura e dopo l’allegagione, intervenire alla comparsa delle prime macchie d’olio eseguendo
con tempestività un paio di trattamenti con cymoxanil (persistenza 3-5 giorni), per sfruttarne
la capacità di bloccare infezioni in atto. In seguito, si possono eseguire applicazioni di
formulati a più lunga persistenza, da cadenzare sulla base della pressione di malattia e della
persistenza dei fungicidi impiegati, sino a quando l’andamento meteorologico è favorevole
alle infezioni. Qualora l’estensione del vigneto renda impossibile la tempestività degli
interventi, in tali periodi possono essere eseguiti trattamenti cautelativi se nella zona sono
state osservate macchie d’olio e le condizioni meteorologiche sono favorevoli alla malattia; in
tal caso preferire formulati con persistenza di 10-12 giorni. Anche in assenza di infezioni,
sono consigliati due trattamenti cautelativi da eseguire uno all’inizio ed uno alla fine della
fioritura. In fase di invasatura, sono consigliabili 1-2 trattamenti di chiusura con composti
rameici. I principi attivi sono i composti rameici, mancozeb, methiram, dimethomorph,
azoxystrobin, cymoxanil, famoxadone, fenilammidi (benalaxyl, metalaxyl, oxadixyl),
phosethyl-Al.
Punti critici
Per i vivaisti: curare la protezione delle piante, in particolare delle barbatelle innestate.
Per gli agricoltori: in condizioni ambientali favorevoli al patogeno, tenere sotto costante
sorveglianza il vigneto.
Consigli pratici
Per gli agricoltori: equilibrare le concimazioni e le irrigazioni; evitare un eccessivo
vigore vegetativo e di carico di produzione; effettuare la potatura verde e la
sistemazione dei tralci ed una idonea preparazione dei grappoli.
Per il Servizio fitosanitario: esecuzione di ispezioni in campo, camera umida e
osservazioni al microscopio.
TAVOLA II
b
a
c
e
d
f
Peronospora della vite: a) macchia d’olio; b) peronospora
larvata; c) rami sporangiofori e sporangi; d) sintomi su
infiorescenze; e) sintomi su germogli; f) sporificazioni su
grappoli.
1.3. Oidio o Mal bianco della vite (Tav. III)
Agente eziologico: Uncinula necator
Inquadramento sistematico (Hawksworth et al., 1995):
Phylum
Ordine
Famiglia
Genere
Specie
Ascomycota
Erysiphales
Erysiphaceae
Uncinula
Uncinula necator (Schw.) Burr.
Distribuzione geografica. Tutte le aree di coltivazione.
Modalità di diffusione
Il patogeno può svernare come micelio e conidi nelle gemme o in forma di cleistoteci;
la diffusione delle infezioni è affidata ai conidi prodotti sugli organi infetti e trasportati dal
vento.
Pianta ospite. Vite.
Sintomatologia
I sintomi si manifestano su tutte le parti della pianta.
Grappoli: Le bacche sono suscettibili alle infezioni sino all’invaiatura. I sintomi
consistono in una tenue efflorescenza bianco grigiastra costituita dal micelio, dai conidiofori e
dai conidi del patogeno, al di sotto dei quali, si riscontra una reticolatura necrotica Le bacche
precocemente infette possono non svilupparsi e/o andare incontro a spaccature anche molto
profonde. Sintomi analoghi sono osservabili su rachide e peduncoli.
Foglie: Macchie rotondeggianti clorotiche, osservabili su entrambe le pagine fogliari,
sulle quali può svilupparsi una tenue efflorescenza costituita dai conidiofori e dai conidi del
patogeno. Successivamente, leggeri fenomeni necrotici a carico delle nervature.
Germogli e tralci: Lesioni reticolate simili a quelle descritte sugli altri organi, che
restano evidenti in forme di tacche brune anche dopo la lignificazione.
Diagnosi: osservazione dei sintomi in campo e osservazioni al microscopio.
Lotta
Nella fase fra germogliamento e inizio fioritura possono essere necessari trattamenti
con zolfo o dinocap solo nei seguenti casi: vigneti coperti da reti antigrandine, vigneti in cui si
sono verificate gravi infezioni nell’annata precedente, cultivar particolarmente suscettibili;
vigneti in cui, a causa di particolari condizioni microclimatiche, le infezioni sono più precoci
della norma. Trattamenti preventivi sono da eseguire subito prima della fioritura e a fine
fioritura; nelle fasi comprese fra allegagione e invaiatura, le applicazioni devono essere
modulate in funzione della persistenza dei prodotti impiegati e della pressione della malattia;
per evitare il rischio di insorgenza di resistenza è consigliabile alternare fungicidi con diverso
meccanismo d’azione. Nei vigneti ad uva da tavola coperti per posticipare la raccolta, dopo
l’invaiatura sono consigliabili trattamenti con zolfo in polvere per prevenire le infezioni
tardive a carico dei rachidi. I pricipi attivi impiegabili sono zolfo, quinoxyfen, dinocap,
azoxystrobin, IBS (hexaconazole, fenarimol, fenbuconazole, myclobutanil, nuarimol,
penconazole, pyrifenox, tebuconazole, tetraconazole, triadimenol) e l’antagonista
Ampelomyces quisqualis.
Punti critici
Per i vivaisti: curare la protezione delle piante, in particolare delle barbatelle innestate.
Per gli agricoltori: prevenire l’insediamento del fungo nel vigneto.
Consigli pratici
Per gli agricoltori: equilibrare le concimazioni e le irrigazioni; evitare l’eccessivo vigore
vegetativo e di carico produttivo. Effettuare la potatura verde, le sistemazione dei tralci
e una idonea preparazione dei grappoli. Alternare fungicidi con diverso meccanismo
d’azione.
Per il Servizio fitosanitario: ispezioni in campo nei periodi primaverile ed estivo.
TAVOLA III
a
b
c
d
f
e
g
Oidio della vite: efflorescenze su a) foglie, b) grappoli; c) sintomi su
tralci d) rami conidiofori; e) conidi; f) cleistoteci su foglie; g) aschi
erompenti da cleistoteci.
1.4. Mal dell’esca (Tav. IV e V)
Agente eziologico.
Malattia/e ad eziologia complessa causate da una molteplicità di organismi
fungini dei quali non sono ancora stati chiariti i ruoli specifici e se essi agiscano in
associazione, in successione fra loro o in maniera indipendente; le specie più costantemente
associate alla malattia sono Fomitiporia punctata (= Phellinus punctatus), Phaeomoniella
chlamydospora e alcune specie di Phaeoacremonium, in particolare P. aleophilum, P.
inflatipes e P. angustius.
Inquadramento sistematico
In accordo alla precedente e più nota classificazione:
Phylum
Classe
Ordine
Famiglia
Genere
Specie
Basidiomycota
Teliomycetes
Hymenochaetales
Hymenochaetaceae
Fomitiporia (= Phellinus)
Fomitiporia punctata (P. Karst.) Murril [= Phellinus punctatus (Fr.) Pilàt]
Divisione
Sottodiv.
Classe
Ordine
Famiglia
Genere
Specie
Eumycota
Deuteromycetes
Hyphomycetes
Chaetothyriales
Herpotrichiellaceae
Phaeomoniella
Phaeomoniella chlamydospora (W. Gams, Crous, M.J. Wingf. et L.
Mugnai) Crous et Gams: fungo mitosporico.
Divisione
Sottodiv.
Classe
Ordine
Famiglia
Genere
Specie
Eumycota
Deuteromycetes
Hyphomycetes
Hyphomycetales
Dematiacae
Phaeoacremonium
Phaeoacremonium aleophilum W. Gams, Crous, M.J. Wingf. et L. Mugnai;
Phaeoacremonium inflatipes W. Gams, Crous et M.J. Wingf.;
Phaeoacremonium angustius W. Gams, Crous et M.J. Wingf.: funghi
mitosporici.
Distribuzione geografica. Funghi ubiquitari.
Modalità di diffusione
In mancanza di informazioni certe è prudente ritenere che la malattia possa essere
trasmessa attraverso il materiale di moltiplicazione (barbatelle e talee) e con gli attrezzi di
potatura. F. punctata si diffonde mediante basidiospore trasportate dal vento. P.
chlamydospora e le diverse specie di Phaeoacremonium possono diffondere mediante
conidi trasportati da schizzi d’acqua.
Piante ospiti
Funghi polifagi, patogeni di numerose piante arboree di interesse agrario (agrumi,
drupace, melo, olivo, vite, ecc.) e forestale (acacia, carpino, quercia, ecc.).
Sintomatologia
Nel periodo compreso tra giugno e settembre il mal dell’esca si manifesta sui
grappoli, e/o sulle foglie di singole branche o di piante intere. I sintomi della malattia si
manifestano sia esternamente, a carico di foglie e grappoli, sia internamente, nel legno del
ceppo e delle grosse branche.
Foglie: Sintomo caratteristico, anche se non specifico, è la comparsa di macchie
clorotiche delle dimensioni di pochi millimetri che, successivamente, tendono ad
ingrandirsi e a confluire fino a formare una variegatura clorotica variabile dal giallastro al
rosso-bruno che si estende dai tessuti del margine a quelli internervali (clorosi a ventaglio)
rispettando le nervature principali.
Grappoli: All’invaiatura, o poco prima, possono comparire macchie puntiformi
bruno violacee a distribuzione irregolare, o confluenti a formare bande longitudinali sulla
superficie delle bacche; la maculatura interessa solo l’epicarpo del frutto e non si estende ai
tessuti sottostanti.
Germogli: Ritardo della lignificazione. Zone non lignificate di colore verde scuro,
frammiste ad altre parzialmente significate. Perdita di turgore. In primavera inoltrata e in
estate si può avere la morte di alcuni germogli o di branche intere; parte delle gemme
possono germogliare in ritardo. I tessuti, osservati in sezione, sono completamente
imbruniti e disidratati.
Ceppo: In sezione longitudinale piante giovani mostrano generalmente striature
bruno nerastre. Su piante adulte o in età avanzata, il sintomo più frequente è la carie del
legno che riguarda generalmente solo la zona più interna del ceppo; il tessuto legnoso
appare fortemente disorganizzato e degradato, ha colorazione bianco giallastra, consistenza
spugnosa ed è facilmente disgregabile. Lungo il ceppo possono formarsi spaccature
longitudinali quando la carie si estende fino in prossimità della corteccia.
L’espressione dei sintomi descritta per foglie e grappoli non è costante da un anno
all’altro e i sintomi riscontrati su una pianta possono non evidenziarsi affatto nell’anno
successivo.
La malattia può anche avere un decorso acuto che porta la pianta a morte improvvisa; ciò
accade generalmente in luglio-agosto. In tali casi, la progressione ha andamento basipeto, al
contrario di quanto accade nella forma cronica.
Diagnosi
Osservazione dei sintomi in campo. Osservazione delle alterazioni a carico del
legno e isolamenti in coltura.
Lotta
Non disponendo all’attualità fungicidi specifici ed efficaci per il controllo della
fitopatia, l’unica forma di lotta è affidata alla prevenzione.
Punti critici
Per i vivaisti: il materiale di moltiplicazione deve provenire da piante madri ubicate
in appositi campi. Per la costituzione di campi di piante madri deve essere utilizzato
materiale proveniente da viti esenti da sintomi apparenti di mal dell’esca. Le piante
madri devono essere ben identificabili e sottoposte a regolari controlli, al fine di
garantirne lo stato sanitario. In attesa dell’allestimento di fonti primarie è possibile
utilizzare piante localizzate in impianti commerciali, purché facilmente e
costantemente individuabili, come piante madri. Estirpare tempestivamente dal
campo di piante madri, viti che presentino carie del legno e/o basidiocarpi. I substrati
utilizzati per la saldatura degli innesti devono essere sterili e non riciclati.
Per gli agricoltori: al momento dell’impianto, prestare molta attenzione alla sanità del
materiale di propagazione.
Consigli pratici
Per gli agricoltori: identificare le piante che presentano sintomi di mal dell’esca nel
periodo estivo. Capitozzare o rimuovere tempestivamente le piante con sintomi di
mal dell’esca. Preferire forme di allevamento che non comportino grossi e frequenti
tagli di potatura. Proteggere le ferite da taglio. Durante la potatura lasciare per
ultime le piante che abbiano manifestato sintomi di mal dell’esca. Disinfettare gli
attrezzi per la potatura. Evitare l’utilizzo di materiale di propagazione di dubbia
origine.
Per i Servizi fitosanitari: ispezioni in campo nel periodo estivo.
TAVOLA IV
a
b
c
d
Mal dell’esca e imbrunimenti delle barbatelle:
a) sintomi su foglie di ‘Victoria’ di un anno di età; b) sintomi
su foglie; c) sintomi su grappoli; d) pianta apoplettica.
TAVOLA V
Tavola 5 - Mal dell’esca e imbrunimenti delle barbatelle:
a) colonia di Phaeomoniella chlamydospora; b) punteggiature necrotiche in
sezione trasversale; c) striature necrotiche in sezione longitudinale; d) carie
incipiente; e) basidiocarpo di Fomitiporia punctata su ‘Italia’.
1.5. Eutipiosi
Agente eziologico: Eutypa lata
Inquadramento sistematico
Phylum
Ordine
Famiglia
Genere
Specie
Ascomycota
Xylariales
Xylariaceae
Eutypa
Eutypa lata (Pers.:Fr.) Tul. et C. Tul. [=Eutypa armeniacae Hansf. et
Carter]
Distribuzione geografica. fungo ubiquitario.
Modalità di diffusione
Il patogeno sverna in forma di periteci immersi in uno stroma nerastro e continuo sulla
superficie di cancri e branche morte; in ambienti ad inverni miti dai periteci del patogeno, che
raggiungono al maturità in primavera, fuoriescono subito dopo una pioggia le ascospore che
sono disseminate dal vento. I periteci possono mantenersi vitali per almeno cinque anni.
All’interno dei tessuti il patogeno si conserva in forma di micelio e sulla superficie di cancri è
possibile trovare i picnidi che, con l’umidità favorevole, emettono dei cirri gelatinosi
contenenti numerosi conidi filiformi. È prudente ritenere che la malattia possa essere
trasmessa attraverso il materiale di moltiplicazione (barbatelle e talee) e con gli attrezzi di
potatura.
Piante ospiti
Fungo polifago, attacca più di 80 specie vegetali legnose, frutticole, forestali e
ornamentali con preferenza per albicocco, mandorlo, vite, melo e pero.
Sintomatologia
La malattia si manifesta nel primissimo periodo di sviluppo della vite principalmente a
carico di foglie e germogli; i sintomi della malattia si manifestano anche internamente, nel
legno del ceppo e delle grosse branche.
Foglie: Le giovani foglie si presentano deformate, convesse e clorotiche, spesso si
osserva la presenza di aree necrotiche in prossimità dei margini.
Grappoli: Possono presentarsi fortemente acinellati.
Germogli: I germogli, che hanno dimensioni di 20-25 cm, si presentano deformati e
clorotici, gli internodi possono presentarsi fortemente raccorciati.
Ceppo: In sezione trasversale le piante mostrano aree a settore di colore bruno
nerastre.
L’espressione dei sintomi può essere mascherata dalla espressione di altre sintomatologie
dovute ad altri patogeni del legno.
Diagnosi
Osservazione dei sintomi in campo. Osservazione delle alterazioni a carico del legno e
isolamenti in coltura.
Lotta
Non disponendo all’attualità fungicidi specifici ed efficaci per il controllo della
fitopatia, l’unica forma di lotta è affidata alla prevenzione.
Punti critici
Per i vivaisti: il materiale di moltiplicazione deve provenire da piante madri ubicate in
appositi campi. Per la costituzione dei campi di piante madri deve essere utilizzato
materiale proveniente da viti esenti da sintomi di eutipiosi e di mal dell’esca. Le piante
madri devono essere ben identificabili e sottoposte a regolari controlli, al fine di
garantirne lo stato sanitario. In attesa dell’allestimento di fonti primarie è possibile
utilizzare come piante madri piante localizzate in impianti commerciali, purché
facilmente e costantemente individuabili. I substrati utilizzati per la saldatura degli
innesti devono essere sterili e non riciclati.
Per gli agricoltori: al momento dell’impianto, prestare molta attenzione alla sanità del
materiale di propagazione.
Consigli pratici
Per gli agricoltori: identificare le piante che presentano sintomi di eutipiosi e mal
dell’esca nel periodo estivo. Rimuovere tempestivamente le piante sintomatiche.
Preferire forme di allevamento che non comportino grossi e frequenti tagli di potatura.
Proteggere le ferite da taglio. Potare per ultime e piante sintomatiche. Disinfettare gli
attrezzi per la potatura. Evitare l’utilizzo di materiale di propagazione di dubbia
origine.
Per i Servizi fitosanitari: ispezioni in campo nel periodo estivo.
1.6. Verticillosi
Agente eziologico: Verticillium dahliae
Inquadramento sistematico (Hawksworth et al., 1995)
Phylum
Ordine
Famiglia
Genere
Specie
Ascomycota
Hypocreales
Hypocreacae
Verticillium
Verticillium dahliae Kleb.
Distribuzione geografica Fungo ubiquitario.
Modalità di diffusione
Le infezioni frequentemente si sviluppano quando le piante vengono messe a dimora
in terreni che avevano in precedenza ospitato colture particolarmente suscettibili al patogeno.
Sui residui della coltura precedente, così come nel terreno, è possibile rinvenire la presenza si
microsclerozi che possono sopravvivere anche diversi anni in assenza dell’ospite. Dai
microsclerozi si sviluppa il micelio del patogeno che, quindi, si propaga mediante la
produzione di conidi prodotti da fialidi portate su caratteristici rami conidiofori. La via di
penetrazione nell’ospite favorita è l’apparato radicale. E’ prudente ritenere che la malattia
possa essere trasmessa attraverso il materiale di moltiplicazione (barbatelle e talee) e con gli
attrezzi di potatura.
Piante ospiti
Fungo polifago, patogeno di piante arboree (drupacee, olivo, vite, ecc.) e ortive
(carciofo, melanzana, melone, patata, peperone, pomodoro, ecc.).
Sintomatologia
Durante la prima fase di sviluppo della coltura le piante non mostrano sintomi ma con
l’incremento della temperatura e la riduzione dell’umidità del terreno è possibile rinvenire la
presenza di germogli che disseccano. Con l’avanzare delle infezioni si può osservare il
deperimento generale della pianta o di sue parti e l’appassimento progressivo delle foglie. La
malattia provoca la morte della pianta in un tempo variabile a seconda delle condizioni pedoclimatiche e dello stato vegetativo della pianta colpita.
Diagnosi
Osservazione dei sintomi in campo. Osservazione delle alterazioni a carico del legno e
isolamenti in coltura.
Lotta
Non disponendo di fungicidi specifici ed efficaci per il controllo della fitopatia, l’unica
forma di lotta è affidata alla prevenzione.
Punti critici
Per i vivaisti: il materiale di moltiplicazione deve provenire da piante madri ubicate in
appositi campi. Per la costituzione dei campi di piante madri deve essere utilizzato
materiale proveniente da viti esenti da sintomi. Le piante madri devono essere ben
identificabili e sottoposte a regolari controlli, al fine di garantirne lo stato sanitario.
Devono essere scartati a priori gli appezzamenti nei quali sia stata in precedenza
rinvenuta la presenza di casi attribuibili a vericillosi. In attesa dell’allestimento di fonti
primarie è possibile utilizzare come piante madri, viti localizzate in impianti
commerciali, purché facilmente e costantemente individuabili. I barbatellai devono
essere allestiti in impianti che non abbaiano in precedenza ospitato colture
particolarmente suscettibili al patogeno. I substrati utilizzati per la saldatura degli
innesti devono essere sterili e non riciclati.
Per gli agricoltori: al momento dell’impianto, prestare molta attenzione alla sanità del
materiale di propagazione. Evitare di impiantare il vigneto in terreni in cui siano stati
ospitati in precedenza colture suscettibili al patogeno e siano stati rinvenuti casi di
verticilliosi. Evitare le consociazioni, anche di bordo, con colture ortive
particolarmente suscettibili alla verticillosi.
Consigli pratici
Per gli agricoltori: nel periodo estivo identificare le piante che presentano sintomi di
verticillosi. Rimuovere tempestivamente le piante sintomatiche. Potare per ultime le
piante sintomatiche. Disinfettare gli attrezzi per la potatura. Evitare l’utilizzo di
materiale di propagazione di dubbia origine. Evitare le consociazioni con ortive
particolarmente suscettibili.
Per i Servizi fitosanitari: ispezioni in campo nel periodo estivo.
1.7. Marciume radicale fibroso (Tav. VI)
Agente eziologico: Armillaria mellea
Inquadramento sistematico (Hawksworth et al., 1995)
Phylum
Classe
Ordine
Famiglia
Genere
Specie
Basidiomicota
Basidiomycetes
Agaricales
Tricholomataceae
Armillaria
Armillaria mellea (Vahl: Fr.) P. Kumm.
Distribuzione geografica. Fungo ubiquitario.
Modalità di diffusione
Il fungo si conserva principalmente, se non esclusivamente, su residui radicali. Questi,
venuti in contatto con radici suscettibili, colonizzano i tessuti dell’ospite mediante le
rizomorfe. La trasmissione pianta a pianta è quindi il principale sistema di diffusione della
malattia. Il movimento di tessuti infetti con le operazioni colturali (arature, irrigazioni ecc.)
può comunque contribuire alla diffusione del patogeno. I basidiocarpi a maturità rilasciano le
basidiospore che vengono trasportate dal vento.
Piante ospiti
Il patogeno è polifago; può infettare numerose piante arboree da frutto e forestali, ma
anche piante ornamentali e spontanee, fra le quali molte di quelle costituenti la macchia
mediterranea.
Sintomatologia
Deperimento della pianta, vegetazione stentata, clorosi diffusa e appassimento
progressivo delle foglie. La malattia provoca la morte della pianta in un tempo variabile a
seconda delle condizioni pedo-climatiche e dello stato vegetativo della pianta colpita.
Apoplessia. Sintomi specifici sono osservabili a livello del colletto e/o delle radici dove è
rilevabile un feltro micelico biancastro localizzato nella zona sottocorticale. Può essere
osservata anche la presenza di rizomorfe e/o dei corpi fruttiferi del patogeno.
Diagnosi
Osservazioni in campo. Isolamenti in coltura. Osservazioni al microscopio.
Lotta
Non vi sono interventi chimici specifici ed efficaci per il controllo della fitopatia e
l’unica forma di lotta è affidata alla prevenzione.
Punti critici
Per i vivaisti: il materiale di moltiplicazione deve provenire da vivai ubicati in appositi
campi; devono essere scartati a priori gli appezzamenti nei quali siano stati
precedentemente osservati casi di marciumi radicali; i campi devono contemplare una
fascia di bordo di almeno 10 metri, costantemente lavorata, devono essere isolati
dall’afflusso delle acque superficiali e non presentare problemi di ristagno idrico.
Per gli agricoltori: negli appezzamenti che hanno ospitato in precedenza fruttiferi o
vite e nei quali siano stati osservati casi di marciume radicale, rimuovere
accuratamente tutte le radici della coltura precedente in occasione delle lavorazioni
profonde; evitare colture suscettibili per i successivi 4-5 anni (terreno a riposo o
coltivato a cereali).
Consigli pratici
Per gli agricoltori: in presenza di piante interessate da marciume radicale, rimuovere
prima possibile le piante infette con il loro apparato radicale, lasciare aperte le buche
ed eventualmente distribuirvi calce idrata. Non rimpiazzare le piante morte o estirpate.
Evitare di trasportare il terreno infetto da un punto all’altro dell’appezzamento con le
lavorazioni (ove possibile lasciare per ultime le zone interessate dai marciumi e
provvedere ad una attenta pulizia dei mezzi meccanici).
Per i Servizi fitosanitari: esecuzione di ispezioni in campo; isolamenti in coltura da
materiale sospetto; tempestiva segnalazione.
1.8. Marciume radicale lanoso (Tav. VI)
Agente eziologico: Rosellinia necatrix
Inquadramento sistematico (Hawksworth et al., 1995)
Phylum
Ordine
Famiglia
Genere
Specie
Ascomycota
Xylariales
Xylariaceae
Rosellinia
Rosellinia necatrix Prill
Distribuzione geografica. Fungo ubiquitario.
Modalità di diffusione
Il micelio è la principale via di diffusione e conservazione del patogeno. In condizioni
di particolare umidità del terreno, il patogeno si sviluppa sulle radici dell’ospite. I conidi, che
vengono comunque prodotti sui tessuti infetti, non sembrano essere capaci di germinare e
quindi si ritiene che non siano coinvolti nella disseminazione della malattia. Sulla superficie
dei tessuti dell’ospite, immersi in agglomerati ifali, si possono molto raramente differenziare i
periteci.
Piante ospiti
Il patogeno è polifago e può infettare numerose piante coltivate (drupacee, vite, ecc.) e
spontanee.
Sintomatologia
Deperimento generale della pianta, vegetazione stentata, clorosi diffusa e
appassimento progressivo delle foglie; la malattia provoca la morte in un tempo variabile a
seconda delle condizioni pedo-climatiche e dello stato vegetativo della pianta colpita.
Apoplessia. Sintomi specifici sono osservabili a livello del colletto e/o delle radici dove è
rilevabile un feltro micelico biancastro localizzato nella zona sottocorticale. Osservazioni al
microscopio permettono di distinguere il patogeno per la presenza, sulle ife, di vescicole
ampolliformi in prossimità dei setti.
Diagnosi
Osservazioni in campo, isolamento in coltura, osservazioni al microscopio.
Lotta
Non essendo disponibili fungicidi specifici ed efficaci per il controllo della fitopatia e
l’unica forma di lotta è la prevenzione.
Punti critici
Per i vivaisti: il materiale di moltiplicazione deve provenire da piante madri ubicate in
appositi campi; devono essere isolati dall’afflusso delle acque superficiali e non
presentare problemi di ristagno idrico; le piante madri devono essere ben identificabili
e sottoposte a regolari controlli, atti a garantire lo stato sanitario. I barbatellai devono
essere allestiti in campi nei quali non sia stata rinvenuta in precedenza la presenza del
patogeno.
Per gli agricoltori: negli appezzamenti che hanno ospitato in precedenza fruttiferi o
vite e nei quali siano stati osservati casi di marciume radicale, rimuovere
accuratamente tutte le radici della coltura precedente in occasione delle lavorazioni
profonde. Evitare colture suscettibili per i successivi 4-5 anni (terreno a riposo o
coltivato a cereali).
Consigli pratici
Per gli agricoltori: in presenza di piante interessate da marciume radicale, rimuovere
prima possibile le piante infette con il loro apparato radicale, lasciare aperte le buche
ed eventualmente distribuirvi calce idrata. Non rimpiazzare le piante morte o estirpate.
Evitare di trasportare il terreno infetto da un punto all’altro dell’appezzamento con le
lavorazioni; ove possibile lasciare per ultime le zone interessate dai marciumi e
provvedere ad un’attenta pulizia dei mezzi meccanici.
Per i Servizi fitosanitari: eecuzione di ispezioni in campo; isolamenti in coltura da
materiale sospetto; tempestiva segnalazione.
TAVOLA VI
a
b
c
d
e
f
a)
b)
c)
d)
e)
f)
g)
g
conidiofori di Rosellinia necatrix;
colonia di Rosellinia necatrix;
micelio di Rosellinia necatrix;
famigliole di Armillaria mellea;
micelio di Armillaria mellea su radici;
colonia di Armillaria mellea con rizomorfe;
rizomorfe su radici.
2. NEMATODI
2.1. Xiphinema index (Tav. VII)
Premessa
Le specie del genere Xiphinema sono in grado di trasmettere solo particelle virali di
forma poliedrica (NEPO). Tra i nepovirus trasmessi da membri di questo genere, particolare
importanza riveste il “Grapevine fanleaf virus” che ha come principale vettore il nematode
Xiphinema index. Il trasferimento delle particelle virali dal nematode alla pianta avviene al
momento dell’assunzione dell’alimento mediante l’ausilio del lungo stiletto boccale del
nematode. In genere, anche un solo individuo infetto presente nel terreno è in grado di
trasmettere la malattia.
Inquadramento sistematico
Famiglia
Genere
Specie
Xiphinema
Xiphinema index, Thorne & Allen, 1950
Distribuzione geografica. Il nematode è strettamente legato alla presenza della specie ospite.
Modalità di diffusione
Come tutti i nematodi, la diffusione avviene attraverso attrezzi da taglio, acqua e
materiale di propagazione.
Piante ospiti
L’ospite più importante di questa specie è la vite. Fico e rosa tuttavia sono da
considerarsi altrettanto buoni ospiti poiché permettono una notevole riproduzione del
parassita.
Sintomatologia
“Galle” radicali, terminali o sub-terminali, indotte dall’azione trofica del nematode e
sintomatologia di malattia virale sulla parte aerea della pianta.
Danni
I danni provocati dalle infezione di questa specie sono: a) di natura meccanica, e
consistono in deformazioni dell’apparato radicale che compromettono la funzionalità della
radice stessa, e b) manifestazioni di sintomi e malattie virali da virus trasmessi durante
l’attività trofica del nematode.
Diagnosi
Identificazione a livello di specie basata sulla morfometria, che esamina una serie di
parametri diagnostici ben precisi.
Lotta
La lotta agronomica, lasciando per 2-3 anni il terreno infetto senza ospiti del
nematode, accompagnata dall’uso di mezzi di lotta chimica (nematocidi) possono risultare
sufficienti a bonificare appezzamenti infetti e renderli idonei all’uso.
Norme fitosanitarie
Analisi nematologiche preventive e l’uso di materiale virus-esente sono le norme base
per la riuscita di un nuovo impianto.
Xiphinema index
Caratteri morfometrici di
Xiphinema index :
stiletto
odontostilo
lunghezza totale :
2.9-3.3 mm
lunghezza stiletto :
190-206 µm
odontostilo :
119-129 µm
odontoforo :
63-78 µm
posiz. % della vulva :
38-40
mucrone :
9-13 µm
anello
guida
esofago
odontofor
Gonade
posteriore
ano
mucrone
vulva
TAVOLA VII
Sintomi di infezione virale (virus del
mosaico giallo) in vigneto fortemente
infestato dal nematode Xiphinema
index
Galle radicali terminali e
sub-terminali indotte
dall’azione di nutrimento
del nematode.
3. VIRUS ED AGENTI VIRUS-SIMILI
3.1. Virus dell’ arricciamento (Tav. VIII)
Inquadramento sistematico
Famiglia
Genere
Specie
Acronimo
Comoviridae
Nepovirus
Grapevine fanleaf virus
GFLV
Malattia/Avversità
Complesso della degenerazione infettiva o dell’arricciamento della vite.
Distribuzione geografica
GFLV è presente in tutti gli areali di coltivazione di Vitis vinifera e dei portinnesti
ibridi di viti americane.
Modalità di diffusione
Trasmissibile per innesto e, in natura, attraverso i nematodi della specie Xiphinema
index, con modalità di trasmissione di tipo semipersistente. Considerata la bassa mobilità del
vettore, la malattia in campo si diffonde a piccole chiazze. La trasmissione a grande distanza
avviene col materiale di propagazione infetto.
Piante ospiti
GFLV attacca esclusivamente la vite.
Sintomatologia sugli ospiti naturali
La sintomatologia varia in funzione dei ceppi virali coinvolti, che possono essere
malformanti o cromogeni. Nel primo caso la sindrome è denominata “malformazioni
infettive” e si manifesta con alterazioni a carico delle foglie (ravvicinamento delle nervature
principali a ventaglio, alterazione della simmetria, distorsioni e riduzioni dei lembi fogliari,
irregolarità della dentellatura dei margini, laciniature, mosaici primaverili), dei germogli
(andamento a zig-zag, raccorciamento degli internodi, nodi doppi, fasciazioni) e dei grappoli
(fasciazioni ed a volte biforcazioni, acinellatura).
I ceppi cromogeni del “giallume infettivo” inducono sintomi, tipicamente primaverili, di
mosaico giallo, variabili per intensità (da clorotico a giallo intenso) e forma (mosaico,
maculature anulari, perinervali, ingiallimento diffuso) a carico delle foglie, viticci, germogli
e infiorescenze.
Sui grappoli l’infezione determina colatura dei fiori ed acinellatura verde, con riduzioni nella
produzione che possono superare anche il 50%, e peggioramento qualitativo per la riduzione
del contenuto in zuccheri.
Diagnosi
Trasmissione meccanica a Chenopodium amaranticolor e C. quinoa, Gomphrena
globosa, Cucumis sativus, Phaseolus vulgaris, Nicotiana occidentalis.
ELISA e/o RT-PCR su campioni costituiti da un cocktail di giovani foglie apicali in
primavera o su trucioli di floema ottenuti da talee legnose.
Saggio biologico sull’indicatore V. rupestris St. George.
Lotta
Utilizzo di materiale di propagazione certificato ed impianto in terreni esenti da
Xiphinema index.
Punti critici
Per i vivaisti: materiali di moltiplicazione (talee e barbatelle) raccolti da piante madri
esenti da GFLV, a seguito di accertamento con saggi di laboratorio o biologici; terreni
esenti da nematodi vettori; campi di piante madri (di portinnesti e marze) distanti
almeno 10 metri dagli impianti commerciali circostanti ed isolati dall’afflusso di acque
superficiali.
Per gli agricoltori: realizzazione di nuovi impianti con materiali di propagazione
certificati; terreni esenti da nematodi vettori.
Consigli pratici
Vivaisti: eliminare le piante di fico, che sono ospiti alternativi del nematode vettore.
Agricoltori: impiegare barbatelle innestate certificate o, in alternativa, barbatelle franche
certificate da innestare con marze provenienti da piante esenti da GFLV; prima
dell’impianto effettuare le analisi del terreno per accertare l’assenza di X. index; in caso
di reimpianto, rimuovere accuratamente tutti i ricacci di vite ed effettuare continue
lavorazioni al terreno, per almeno due anni (qualora l’analisi del terreno non rilevasse la
presenza di nematodi vettori) o, in alternativa, effettuare una rotazione con colture
cerealicole; eliminare le piante di fico, ospiti naturali del nematode vettore.
TAVOLA VIII
A
C
B
D
G
A.
B.
C.
D.
E.
F.
G.
H.
I.
J.
E
H
I
F
J
Malformazioni infettive: ceppo di vite cv. Italia con vistosi sintomi fogliari
Malformazioni infettive: tipica biforcazione dei germogli, un sintomo comune in viti
infette
Malformazioni infettive: particolare di una foglia di cv. Italia infetta: si noti
l’asimmetria della lamina fogliare con i margini dentellati, i seni laterali fortemente
laciniati e il seno peziolare aperto a ventaglio, la colorazione translucida e
l’alterazione della consistenza
Giallume infettivo: accentuati ingiallimenti fogliari sull’intero ceppo, osservabili nella
stagione primaverile
Giallume infettivo: prospetto di un vigneto nel periodo primaverile. Si noti la
distribuzione a chiazze delle piante infette (ingiallite) dovuta all’azione vettrice dei
nematodi presenti nel terreno
Malformazioni infettive: accentuata acinellatura (grappolo a destra) in grappoli di cv.
Prosecco
Particelle sferiche del virus dell’arricciamento della vite osservate al microscopio
elettronico
Apice radicale di vite ingrandito su cui è visibile il nematode Xiphinema index
nell’atto di alimentarsi. Attraverso lo stiletto il nematode trasmette alla pianta ospite il
virus (GFLV) precedentemente acquisito da altre viti infette
Giallume infettivo: accentuati ingiallimenti fogliari primaverili su un ricaccio di vite
Particolare di un campo coltivato a cereali con numerosi ricacci della coltura di vite
precedente. La presenza di ricacci permette la sopravvivenza dei vettori e il
mantenimento dell’inoculo in campo
3.2. Accartocciamento fogliare (Tav. IX)
Agente eziologico
Malattia ad eziologia complessa cui sono associate otto diverse entità virali,
appartenenti al genere Ampelovirus, famiglia Closteroviridae, denominate Grapevine leafroll
associated virus 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 (GLRaV-1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8).
Distribuzione geografica
Malattia a diffusione mondiale, segnalata in tutti gli areali di coltivazione della vite.
Modalità di diffusione
Si diffonde in natura con cocciniglie (Pseudococcidae e Coccidae), con modalità di
trasmissione semipersistente e, in maniera più efficace, anche a grande distanza, attraverso il
materiale di propagazione infetto.
Piante ospiti
Gli agenti di questa malattia attaccano esclusivamente la vite.
Sintomatologia sugli ospiti naturali
La malattia è latente sulla maggior parte delle specie americane e loro ibridi utilizzati
come portinnesti. Su Vitis vinifera induce un caratteristico ripiegamento dei margini fogliari
verso il basso, che si accompagna a premature alterazioni cromatiche in forma di
arrossamenti, nelle varietà a bacca nera, ed ingiallimenti, nelle varietà a bacca bianca, che
possono interessare le aree internervali o l’intera lamina fogliare. Il sintomo compare già
all’inizio dell’estate sulle foglie basali ed evolve con andamento acropeto per raggiungere la
sua massima espressione in autunno.
A carico dei grappoli l’infezione virale determina acinellatura, maturazione irregolare,
particolarmente evidente nelle varietà a bacca nera, e riduzioni del contenuto zuccherino e
polifenolico.
Diagnosi
Saggio biologico sugli indicatori Vitis vinifera, cv Cabernet franc o Cabernet
Sauvignon, e sull’ibrido complesso LN33.
ELISA e/o RT-PCR su campioni costituiti da trucioli di floema ottenuti da talee legnose
dormienti, limitatamente ai virus finora associati con certezza alla malattia.
Lotta
Utilizzo di materiale di propagazione certificato e, in caso di presenza di popolazioni
di cocciniglie, controllo dei vettori con impiego di insetticidi specifici.
Punti critici
Per i vivaisti: materiali di moltiplicazione (talee e barbatelle) raccolti da piante madri
esenti da sintomi di accartocciamento fogliare; controllo delle infestazioni di
cocciniglie.
Per gli agricoltori: realizzazione di nuovi impianti con materiali di propagazione
certificati.
Consigli pratici
Vivaisti: monitoraggio per verificare la presenza di cocciniglie e, in caso di infestazione,
lotta ai vettori.
Agricoltori: impiego di barbatelle innestate certificate o, in alternativa, di barbatelle
franche certificate da innestare con marze o gemme provenienti da piante esenti da
sintomi della malattia.
TAVOLA IX
B
A
C
E
D
F
G
A. Sintomi di accartocciamento e arrossamento delle foglie, visibili dalla tarda estate a
B.
C.
D.
E.
F.
G.
partire dalle foglie più mature (in posizione basale) verso quelle più giovani (in
posizione distale)
Particolare del sintomo su foglie di un vitigno a bacca nera. Oltre al classico
arrotolamento della lamina fogliare verso il basso, si noti la tipica bollosità e
l’arrossamento, che in genere è limitato alle aree internervali.
Sintomi di accartocciamento e ingiallimento delle foglie su un vitigno a bacca bianca.
Vistoso arrossamento precoce delle foglie accompagnato da ritardo di maturazione in
vite di cv. Primitivo affetta da accartocciamento fogliare.
Vistoso ritardo di maturazione e riduzione della dimensione degli acini e dei grappoli in
viti di cv. Red Globe affette da accartocciamento fogliare
Virus filamentosi del genere Ampelovirus responsabili della malattia osservati al
microscopio elettronico
Le cocciniglie farinose dei generi Planococcus e Pseudococcus sono efficienti vettori di
alcuni dei closterovirus responsabili della malattia. In condizioni favorevoli questi
insetti possono risultare particolarmente efficaci nella diffusione della malattia.
3.3. Legno riccio (Tav. X)
Agente eziologico
Malattia ad eziologia complessa cui sono associate almeno tre diverse entità virali, due
delle quali, denominate Grapevine virus A, Grapevine virus B (GVA, GVB), appartenenti al
genere Vitivirus, e l’altra, Grapevine rupestris stem pitting associated virus (GRSPaV),
appartenente al genere Foveavirus.
Distribuzione geografica
Malattia a diffusione mondiale, segnalata in tutti gli areali di coltivazione della vite.
Modalità di diffusione
Si diffonde in natura con cocciniglie (Pseudococcidae e Coccidae), con modalità di
trasmissione semipersistente e, in maniera più efficace, anche a grande distanza, attraverso il
materiale di propagazione infetto.
Piante ospiti
Gli agenti di questa malattia attaccano esclusivamente la vite. I sintomi si riscontrano
più comunemente su piante innestate, raramente su quelle monomembri.
Sintomatologia sugli ospiti naturali
I sintomi specifici consistono in infossature del legno più (scanalature) o meno
(butterature) allungate e profonde, talora accompagnate da proliferazioni suberose del
ritidoma e accentuata differenza nel diametro dei bionti. Le alterazioni, in genere localizzate
in prossimità del punto d’innesto, possono interessare il portinnesto, il nesto o entrambi i
bionti. La malattia può determinare riduzioni nello sviluppo e nella vigoria delle piante,
ritardo nella ripresa vegetativa, colatura e/o acinellatura dei grappoli, riduzioni della
produzione, minor attecchimento degli innesti e, talvolta, morte della pianta.
Diagnosi
Saggio biologico sugli indicatori LN33, Kober 5BB e V. rupestris, mediante il quale è
possibile differenziare quattro sindromi:
A) butteratura del legno di V. rupestris (Rupestris Stem Pitting, RSP);
B) scanalatura del legno di Kober 5BB (Kober Stem Grooving, KSG);
C) scanalatura del legno di LN 33 (LN Stem Grooving, LNSG);
D) suberosi corticale (Corky bark, CB) che su LN33 determina mancata maturazione del
legno, fessurazione e suberosità degli internodi basali, riduzioni di sviluppo delle foglie,
avvizzimenti e disseccamenti a carico dei grappoli.
ELISA (GVA, GVB), RT-PCR (GVA, GVB, GRSPaV) e, limitatamente a GRSPaV,
Western blot, su campioni costituiti da trucioli di floema ottenuti da talee legnose dormienti,
per l’individuazione dei virus finora associati alla malattia.
Lotta
Utilizzo di materiale di propagazione certificato e, in caso di presenza di popolazioni
di cocciniglie, controllo dei vettori con impiego di insetticidi specifici.
Punti critici
Per i vivaisti: materiali di moltiplicazione (talee e barbatelle) raccolti da piante madri
esenti da sintomi di legno riccio; controllo delle infestazioni di cocciniglie.
Per gli agricoltori: realizzazione di nuovi impianti con materiali di propagazione
certificati.
Consigli pratici
Vivaisti: monitoraggio per verificare la presenza di cocciniglie ed in caso di infestazione
lotta ai vettori.
Agricoltori: impiego di barbatelle innestate certificate o, in alternativa, barbatelle
franche certificate da innestare con marze provenienti da piante esenti dalla malattia.
Eutypa lata
Botryosphaeria
spp
Phomopis
viticola
Phaeoacrempni
um spp
Phaeomoniella
chlamydospora
Fomitiporia
punctata
295 bp
A
191 bp
194 bp
B
A
Fig. 1. Esempio della specificità di primer SCAR. Ciascuna linea
rappresenta un isolato differente. A) Primer OPA2673-A specifici per
F. punctata; B) Primer OPA13844-A specifici per P. chlamydospora;
C) Primer OPA1791-A specifici per P. viticola; S = standard.
CC
C
Saggi per la definizione di protocolli sperimentali per la diagnosi immuno-enzimatica
(ELISA) della vite.
Prota V. A., R. Garau, G. Tolu, M. P. M. Mungianu, U. Prota.
Dipartimento di Protezione delle Piante, sez. di Patologia vegetale, Università degli Studi di Sassari.
RIASSUNTO
Ai fini della definizione di protocolli per l’accertamento sanitario di virus della vite
pregiudizievoli per la qualità, sono stati oggetto d’indagine cloni di Vitis vinifera e soggetti
portinnesto affetti singolarmente dalle seguenti specie virali: GLRaV-1, 2 e 3, GVA, GVB,
GFkV e GFLV. Applicando la tecnica ELISA sono state svolte indagini sulla validità di
differenti tessuti (foglie giovani e mature e piccioli) in diversi periodi stagionali (da maggio
ad ottobre) e verificate le soglie di sensibilità antigenica a determinate concentrazioni del
”malato”.
SUMMARY
To define the protocol for the sanitary ascertainment of grapevine viruses, detrimental
for the quality, some V. vinifera clones and roostocks, individually affected by GLRaV-1, 2
and 3, GVA, GVB, GFkV and GFLV were examinated. ELISA was applied to detect the
validation of different tissues (young and mature leaves and petioles), on different seasonal
periods (from May to October) and threshold of sensitivity was verified in antigen under
certain concentration of “infected”.
INTRODUZIONE
Tra le finalità del progetto si evidenziava l’esigenza, sempre più attuale, di contrastare
su basi efficienti e poco costose le principali avversità delle specie frutticole, nella prospettiva
del miglioramento qualitativo delle produzioni. Tali asserzioni a netta valenza diagnostica ci
riportano, in tempi brevi, alle tematiche sempre pressanti della lotta che, nelle malattie di tipo
virale, diventa sempre prevenzione.
L’ottenimento di responsi affidabili e rapidi e nel contempo a basso impatto economico
costituisce, per alcuni settori produttivi, vedi strutture vivaistiche per esempio, argomento di
particolare interesse applicativo.
In fitodiagnostica, l’ELISA, per la sua affidabilità, è diventata una tecnica basilare la cui
corretta applicabilità esige una opportuna conoscenza dei parametri operativi a partire dalle
modalità del campionamento (Torrance and Dolby, 1983).
47
L’azione 3 di POM A 32, tra le sue finalità, prevedeva l’elaborazione di protocolli
sperimentali per la diagnosi di entità virali pregiudizievoli ai fini della qualità. Da ciò si è
ritenuto di indagare, con riferimento a vari cloni di Vitis vinifera e alcuni soggetti portinnesto
su vari parametri la variabilità dei quali avrebbe potuto inficiare gli esiti dei saggi rendendoli
poco affidabili. Nel corso di tali indagini sono stati verificati:
ì) il miglior periodo stagionale, da maggio ad ottobre, da definire, ai fini della validità del
saggio,
ìì) l’efficienza antigenica di alcuni tessuti dell’ospite;
ììì) la soglia di sensibilità, espressa come concentrazione minima nel malato, valida ai fini
della positività.
MATERIALI E METODI
Individuazione dei donatori.
Le piante donatrici sono state scelte tra le accessioni clonali dei vitigni Vernaccia,
Pascale di Cagliari, Cannonau e Malvasia di Vitis vinifera, affette singolarmente da GLRaV1, 2 e 3, GVA, GVB, GFkV e GFLV e tra i soggetti portinnesti V. rupestris e Kober 5BB
infettati, in esperienze precedenti, dagli stessi ceppi di cui sopra (vedi Tab. 1).
La diagnosi è stata effettuata prevalentemente mediante DAS-ELISA, applicando protocolli di
routine e Kit di reagenti commerciali. Per l’accertamento eziologico sono stati utilizzati lembi
di foglie giovani e mature e piccioli di foglie intermedie prelevate da piante infette e da altre
sane allevate in vaso. I campioni erano costituiti da sano-malato in differenti percentuali tra
loro. In tutti i casi, la concentrazione del “malato” rispetto al “sano” della medesima cv. e
portinnesto, hanno variato dall’1% al “ 100%”, con intervalli di una unità fino al 5%, e quindi
con differenze di 10 dal 10% fino all’intero. La diluizione del campione-saggio è stata
sempre di 1 /10 col tampone di estrazione e la reazione enzimatica bloccata alla quarta ora
d’incubazione.
48
Tabella 1. Donatori (cv di V. vinifera e portinnesti), inseriti nella prova e ritenuti affetti da
una sola specie virale.
Ospiti
specie virale
Vernaccia
Pascale di Cagliari
Cannonau
- Kober 5BB
- V. rupestris
- Kober 5BB e V. rupestris
GLRaV-1
GLRaV-2
GLRaV-3
Cannonau
Pascale di Cagliari
Pascale di Cagliari
Malvasia
“
“
“
- V. rupestris
GVA
GVB
GFkV
GFLV
Il campione-saggio (sano/malato) fu allestito servendosi di alcune foglie picciolate fornite di
volta in volta dai donatori.
RISULTATI E DISCUSSIONE
GLRaV-1; protocollo: DAS-ELISA.
Le foglie mature hanno dato buoni risultati da maggio ad ottobre indicando quale
periodo più favorevole quello estivo-autunnale. La soglia minima di materiale infetto ai fini
della evidenza della positività è risultata compresa tra 5 e 10%. Al contrario, con i piccioli nel
mese di maggio e con foglie giovani da maggio a luglio, le risposte sono state sempre
negative. Dati favorevoli sono stati rilevati nei mesi successivi anche se con una sensibilità
differenziata (Tab. 2).
Tabella 2.
Vernaccia
% minima di antigeni ai fini della positività
GLRaV-1
Maggio Giugno
Luglio
Agosto
Foglie giovani 30
Foglie mature 100
50
10
5
Piccioli
60
40
30
Settembre
10
50
50
Ottobre
5
5
30
Kober 5BB non diede alcun esito positivo con gli antigeni e le diluizioni di saggio.
49
GLRaV-2; protocollo: PTA-ELISA.
Le limitate indicazioni ottenute durante il 1999, ci hanno indotto ad un’ulteriore
verifica. Nel 2000 i risultati favorevoli sono stati espressi solamente dai piccioli con una
sensibilità decrescente da giugno ad ottobre (Tab. 3), ed una soglia minima del 10%.
Pascale di Ca.
GLRaV-2
Foglie giov.
Foglie mat.
Piccioli
Tabella 3
% minima di antigeni ai fini della positività
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
n.s.
10
10
50
Settembre
70
Ottobre
70
Nessun esito positivo si ebbe con V. rupestris affetta dallo stesso ceppo virale.
GLRV-3; protocollo: DAS-ELISA.
I piccioli di “Cannonau” espressero buona sensibilità
da maggio ad ottobre. La
massima reattività venne individuata nel mese di agosto con una concentrazione dell’antigene
affetto rispetto al sano del 5%. Lo stesso indice fu rilevato, con foglie mature, nel mese di
ottobre. L’uso delle foglie giovani da maggio a settembre non sembrò favorevole (Tab.4).
Cannonau
GLRV-3
Foglie giov.
Foglie mat.
Piccioli
Tabella 4
% minima di antigeni ai fini della positività
Maggio Giugno
Luglio
Agosto
20
70
10
70
70
10
5
Settembre
10
10
Ottobre
50
5
10
Vitis rupestris ha risposto negativamente in tutti i casi, mentre l’ibrido Kober 5BB,
affetto da un altro ceppo di GLRV-3, ha mostrato, in particolare nel mese di luglio, una
buona sensibilità dei piccioli, con una concentrazione massima del 5%, (Tab.5). Gli altri
tessuti antigenici non si sono confermati affidabili.
Kober 5BB
GLRV-3
Foglie giov.
Foglie mat.
Piccioli
Tabella 5
% minima di antigeni ai fini della positività
Maggio Giugno
Luglio
Agosto
n.s.
10
5
10
50
Settembre
30
Ottobre
30
GVA; protocollo: DAS-ELISA con proteina A.
Per la sua identificazione, i piccioli si sono mostrati sempre reattivi, anche con
proporzioni minime di materiale infetto (5%, nel mese di luglio). Nettamente inferiore è stata
la prestazione delle foglie mature e ancora meno quella delle giovani che non hanno risposto
mai, neanche col “malato” tale e quale. (Tab. 6).
Cannonau
GVA
Foglie giov.
Foglie mat.
Piccioli
Tabella 6
% minima d’antigeni ai fini della positività
Maggio Giugno
Luglio
Agosto
70
70
10
5
30
Settembre
70
30
Ottobre
70
20
L’ibrido Kober 5BB, ospite dello stesso ceppo virale, ha dato con i medesimi antigeni,
sempre esito negativo.
GVB; protocollo: TAS-ELISA.
Gli esiti positivi sono stati episodici e non affidabili. Il periodo indicativamente
consigliabile sarebbe compreso tra luglio ed ottobre, con antigeni (foglie mature e piccioli)
preferibilmente tali e quali (tabella 7).
Pascale di Ca.
GVB
Foglie giov.
Foglie mat.
Piccioli
Tabella 7
% minima d’antigeni ai fini della positività
Maggio Giugno
Luglio
Agosto
100
100
Settembre
50
-
Ottobre
100
-
Interessante e meritevole di verifica è quanto emerso dai saggi con l’ibrido Kober
5BB; il patogeno è stato identificato durante i mesi di maggio e giugno con succo antigenico
(foglie apicali)” diluito” col “sano” al 30 e 40%, rispettivamente.
GFkV; protocollo: TAS-ELISA.
Tutte le combinazioni hanno dato esito soddisfacente. Particolarmente favorevole è
stato il comportamento delle foglie basali che hanno espresso una soglia di reazione compresa
tra il 3%, nel mese di luglio e il 10% in settembre. Favorevole è stato l’esito reazione delle
51
foglie giovani in primavera e in ottobre e dei piccioli in maggio e giugno, come espresso nella
Tabella 8.
Pascale di Ca.
GFkV
Foglie giov.
Foglie mat.
Piccioli
Tabella 8
% minima d’antigeni ai fini della positività
Maggio Giugno
Luglio
Agosto
4
4
20
10
4
4
3
5
5
5
100
100
Settembre
10
10
10
Ottobre
4
3
10
Anche col portinnesto infetto (Kober 5BB, Tab. 9), sono state ottenute risposte
ottimali in tutti i saggi. L’antigene ideale parrebbe identificarsi nelle foglie mediamente
mature in piena primavera (giugno), o autunnali. Per i piccioli, nei mesi di settembre e
ottobre, sarebbe attendibile l’esito di un campione che contenesse almeno il 5% di tessuto
infetto.
Kober 5 BB
GFkV
Foglie giov.
Foglie mat.
Piccioli
Tabella 9
% minima d’antigeni ai fini della positività
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
10
10
10
10
10
3
10
40
10
3
30
100
Settembre
5
60
30
Ottobre
5
5
5
GFLV; protocollo: DAS-ELISA.
La massima sensibilità è stata espressa da foglie giovani e mature, da maggio a
luglio, e da piccioli nel periodo giugno-luglio in cui si è avuta positività anche con
concentrazione di antigene comprese tra il 3 ed il 4% (Tab 10).
Malvasia
GFLV
Foglie giov.
Foglie mat.
Piccioli
Tabella 10
% minima d’antigeni ai fini della positività
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
1
2
2
10
1
3
1
80
20
4
3
80
Settembre
50
50
100
Ottobre
4
4
50
V. rupestris , infettata dalla stessa entità virale ha dato risultati comparabili a quelli
riportati in precedenza per Malvasia. I piccioli sono stati meno reattivi da agosto in poi (Tab.
11).
52
Tabella 11.
% minima d’antigeni ai fini della positività
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
1
1
1
3
1
3
1
3
4
5
3
50
V. rupestris
GFLV
Foglie giov.
Foglie matur
Piccioli
Settembre
50
50
100
Ottobre
4
4
50
Si riporta, di seguito la sintesi di quanto esposto:
% minima (in 1g)
Periodo ottimale
Antigene
di antigene
di saggio
infetto, reattiva,
Agosto e Ottobre Foglie mature 5 %
Esito negativo in tutti i casi
Virus
Cv di V. vinifera
GLRaV-1
Vernaccia
Kober 5 BB
GLRaV-2
Pascale di Cagliari Giugno e luglio
Piccioli
Esito negativo in tutti i casi
V. rupestris
10 %
GLRV-3
Cannonau
Kober 5 BB
V. rupestris
Agosto
Piccioli
Luglio
“
Esito negativo in tutti i casi
5%
5%
GVA
Cannonau
Kober 5 BB
Luglio
Piccioli
Esito negativo in tutti i casi
5%
GVB
Pascale di Cagliari Settembre
Kober 5 BB
Maggio
GFkV
Pascale di Cagliari Luglio e ottobre
Foglie mat.
Kober 5 BB
Settembre ottobre
“
giov.
3%
5%
GFLV
Malvasia
V. rupestris
1%
1%
Maggio
Maggio-Luglio
Foglie mat.
“ giov.
Foglie giov.
“
“
50 %
30 %
Esperienze europee, (Bovey et al., 1980; Walter and Etienne 1987; Walter and
Zimmermann, 1990, Walter et al., 1993, Kolber and
Lehoczky, 1983; Lehoczky et al.,
1983. Kolber et al., 1985) ed americane (Teliz et al., 1987; Rowhani et al., 1992) hanno
dimostrato che, in ELISA, l’esito, favorevole o meno, sia
fortemente influenzato dalla
“stagione” e dalla natura degli antigeni utilizzati.
Recentemente,
Boscia e coll., (1997) nell’ambito di un network finanziato dalla
Comunità Economica Europea, sulla selezione sanitaria della Vite, hanno puntualizzato,
53
alcuni aspetti sulla identificazione dei virus della Vite sottolineando, fra l’altro, la relazione
intercorrente tra tessuti donatori ed epoca di saggio ai fini dell’attendibilità dell’esito.
Un confronto puntuale, tra le varie esperienze di cui si è accennato, comporterebbe
troppi elementi di eccezione per cui ci limiteremo a delle considerazioni di tipo generale
relative alla presente indagine .
Nelle nostre condizioni di lavoro è stato possibile identificare, da maggio ad ottobre,
su V. vinifera, anche con tessuti donatori differenziati, la presenza dei seguenti virus GLRaV1, 2 e 3, GVA, GVB, GFkV e GFLV. Fra questi GVB è stato accertato solamente nei mesi di
maggio e giugno.
E’ stato definito inoltre, per alcune specie, il periodo ottimale e le differenti soglie di
sensibilità antigenica, espresse come concentrazione minima dell’antigene infetto, ai fini
della validità diagnostica del saggio.
Risultati poco soddisfacenti sono emersi in merito ai portinnesti usati, i quali hanno
confermato le problematiche relative alla loro possibile diagnosi mediante normali saggi
immuno-enzimatici (Credi and Santucci 1990; Boscia et al., 1990; Borgo and Michielini
1993).
L’ibrido Kober 5BB, s’è mostrato buon donatore di GLRV-3 e GFkV, mentre
relativamente a GVB l’unico esito positivo è stato ottenuto da foglie giovani.
Il soggetto V. rupestris non ha smentito le attese nei confronti di GFLV.
CONCLUSIONI
Quanto riportato in questa indagine riteniamo possa essere un contributo, tra numerosi
altri, la cui finalità è stata l’individuazione di alcuni punti critici in una tecnica ampiamente
collaudata, (ELISA), ma che l’esperienza indica abbisognevole, nelle diverse condizioni
ambientali, di particolari puntualizzazioni. Ciò nella consapevolezza che l’affidabilità della
diagnosi, pur influenzata da interazioni generali che coinvolgono patogeno-ospite–ambiente,
è parimenti dipendente dai
protocolli d’accertamento eziologico utilizzati. Con questi
presupposti, non disponendo per la Sardegna, di elementi conoscitivi completi circa la validità
di alcuni tessuti antigenici in ELISA, in relazione a differenti periodi stagionali, si è ritenuto
di pratico interesse approfondire tale argomento nell’ambito di una delle finalità del progetto
54
POM A32 tesa alla elaborazione di protocolli sperimentali per la diagnosi d’entità virali
pregiudizievoli della qualità.
BIBLIOGRAFIA
Borgo M., Michielini. C. 1993. Detection of grapevine closteroviruses associated with leafroll
by ELISA test in vitis rootstocks. Ext. Abst. 11th Meeting ICVG, Montreux,
Switzerland, 1993, 131-132.
Boscia D. Digiaro M., Fresno J., Greif C., Grenan S., Kassemeyer H.H., Prota V.A., De
Sequeira O.A. 1997. ELISA for the detection and identification of grapevine viruses.
In “Sanitary selection of the grapevine. Protocols for detection of viruses and viruslike diseases”. INRA editions, Paris, France, 129-155.
Boscia D., Savino V., Elicio V., Jebahi S.D., Martelli G.P. 1990. Detection of
closteroviruses in grapevine tissues. In: Proc.10th Meeting ICVG, Volos Greece, 1990.
52-57.
Bovey R., Brugger J.J., Gugerli P. 1980. Detection of fanleaf virus in grapevine tissue extracts
by enzime-linked immunosorbent assay (ELISA) and immune electron microscopy
(IEM) In: Proc.7th Meeting ICVG, Niagara Falls, Canada, 1980. 259-275.
Credi R., Santucci A. 1990. Serological detection of grapevine leaf-roll associated
closterovirus–like particles: Apparent absence of viral antigens in leaves of graftinoculated american rootstocks. In: Proc.10th Meeting ICVG; Volos Greece, 71-80.
Kolber M., Beczener L, Pacsa S., Lehoczky, J., 1985. Detection of grapevine chrome mosaic
virus in field-grown vines by ELISA. Phytopath. Medit. 24, 135-140.
Kolber M., Lehoczky, J., 1983. Detection of the grapevine fanleaf virus in different tssues of
dormant and forced stages of vines by ELISA tecnique. Kertgazdasag 15, 47-51.
Lehoczky J., Kolber M., Farkas, G. 1983. Effect of spring and summer high temperature on
detection of grapevine fanleaf virus and yellow mosaic with ELISA. Kertgazdasag.
15, 37-45.
Rowhani A., Walker M.A., Rokni S. 1992. Sampling strategies for the detection of grapevine
fanleaf virus and the grapevine strain of tomato ringspot virus. Vitis 31, 35-44.
Teliz D., Tanne E., Gonsalves D., Zee F. 1987. Field serological detection of viral antigens
associated with grapevine leafroll disease. Plant Dis. 71, 704-709.
Walter B., Etienne L. 1987. Detection of the grapevine fanleaf viruses away from the period
of vegetation. J. Phytopath. 120, 354-364.
Walter B., Grenan S., Esmenjaud D., Cornuet P., Boidron R., Leguay M., 1993. Use and
limits of ELISA for ruotine detection of ArMV and GFLV in grapevines and in
Xiphinema index. Ext. Abst. 11th Meeting IGCV, Montreux, Switzerland, 1993. 146147
Walter B., Zimmermann D., 1990. Further characterizzation of closterovirus-like particles
associated with grapevine leafroll disease. Proc. 10th ICVG, Volos, Greece, 1990. 6266.
55
Validazione in campo di alcuni parametri operativi per l’accertamento di virus
della vite
R. Garau, G. Tolu, V.A. Prota, M.P.M. Mungianu, U. Prota.
Dipartimento di Protezione delle Piante, sez. di Patologia vegetale, Università degli Studi di Sassari.
RIASSUNTO
Sono stati validati in campo, su cloni di V. vinifera innestati, alcuni parametri operativi
per l’accertamento mediante ELISA di GLRV-3, GVA e GFkV. Per la diagnosi si sono
confermati ottimali i mesi di settembre ed ottobre utilizzando, quali antigeni, piccioli e
parenchima di foglie mature rispettivamente per le prime due specie e tessuto fogliare per la
terza. In parcelle di campo la minima concentrazione del malato, valida ai fini della positività
del saggio, è risultata, per i tre virus, compresa tra il 3 ed il 10% circa.
SUMMARY
Some operating parameters have been validated, in the field, on graftedvine clones
grafted, by ELISA, for GLRV-3, GVA and GFkV investigations. September and October
were confirmed optimal months for the diagnosis using petioles for GLRV-3 and GVA, and
parenchyme of mature leaves for GFkV as infected tissues. In field condition the smallest
antigenic concentration for the positive resulted, for the three viruses, approximately between
3 and 10%.
INTRODUZIONE
L’azione 3, seconda parte programmatica del progetto POM A32, comprendeva la
messa a punto e la validazione di protocolli sperimentali per l’accertamento sanitario di specie
ortofrutticole per i patogeni di “qualità”>. Tale azione, in ottemperanza alla griglia di
previsione, ha preso avvio nella primavera dell’anno 2000 e si è conclusa nell’autunno dello
stesso anno.
Lo studio aveva la finalità di confermare in campo esiti preliminari, ottenuti con
ELISA in laboratorio (Prota et. al., in questo volume), simulando un’azione di diagnosi
routinaria di vivaio. L’obiettivo era evidenziare, per alcune specie virali tra le più diffuse, la
soglia massima di sensibilità in campioni con differenti proporzioni di malato.
56
MATERIALI E METODI
La prova fu condotta, stante l’indisponibilità di impianti vivaistici adeguati di Vitis
vinifera, in parcelle opportunamente allestite ad hoc.
Al fine di limitare il numero delle variabili, sempre numerose quando s’interviene in
condizioni di campo, si è ritenuto di operare su donatori varietali clonati, affetti da ceppi virali
considerati dal nostro laboratorio dei “positivi” standard, per la risposta ottenuta in precedenti
contesti sperimentali. Il materiale inserito nella prova fu innestato su accessioni di “base” di
un clone di 779P.
In fase di previsione fattore limitante si è rivelato, l’estensione parcellare dipendente
necessariamente dalla quantità di gemme- marze del “sano” disponibili.
Due cloni di “Cannonau” e uno di “Pascale di Cagliari”, affetti rispettivamente da
GLRV-3 e GVA, i primi e da GFkV, il secondo (vedi saggi indicati da Prota et al., in questo
Convegno), costituirono il “malato”; materiale clonale virus esente delle medesime varietà
costituì il controllo “sano”.
I soggetti innestati ad omega, a tavolino, nel mese d’aprile, furono disposti, previa
forzatura, in appositi appezzamenti in pieno campo.
Per l’accertamento di GLRV-3 e GVA, furono allestite parcelle di 72 piante con tre
ripetizioni ciascuna. Ogni parcella fu suddivisa in quattro subparcelle (A, B, C e D), ognuna
delle quali rappresentava una percentuale nota d’individui infetti. Il tasso d’infezione
complessivo era del 5,5%.
GFkV fu accertato in parcelle di 40 piante (ripetute tre volte), con una percentuale di
infetto pari al 2,5%. Anche in questo caso furono considerate 4 subparcelle formate da un
uguale numero di piante (10).
Nei due casi, quindi, fu possibile una campionatura pilotata con tasso d’infezione
determinato.
Lo schema operativo fu il seguente:
GLRV-3 e GVA
Parcella di 72 piante;
tasso d’infezione: 5,5%
A
* (p. affetta) B
C
*
D
*
Piante
*
Subparcelle AD o DC
Parcella intera
Subparcelle AB o BC
Subparcella B
57
36
72
36
18
%infezione
2,7 (1/36)
5,5 (4/72)
8,3 (3/36)
11,1 (2/18)
GFkV
Piante
Parcella di 40 piante;
tasso d’infezione: 2,5%
A
* (p. affetta) B
C
D
Subparcelle A, Bx3, Cx3, Dx3
Subparcelle A, B e C
Subparcelle Ax2, B e C
Subparcelle Ax2 e B
Subparcella Ax4
100
30
40
30
40
%infezione
2,7 (1/36)
3,3 (1/30)
5,0 (2/40)
6,6 (2/30)
10,0 (4/40)
La campionatura fu possibile a partire dal mese di luglio per GVA e GFkV e da settembre per
l’accertamento di GLRV-3 e si concluse, in tutti i casi, ad ottobre.
L’entità dei prelievi, uno per ripetizione (tre a parcella), da parte di un operatore che non
conosceva la dislocazione delle piante infette, consentì di verificare le soglie minime di
sensibilità indicate per gli stessi virus in laboratorio, per quei mesi (vedi Prota et al., in questo
Convegno).
Per la determinazione dei patogeni si è proceduto a prelevare, casualmente, per
ciascuna pianta, una foglia con picciolo, a media maturazione. In laboratorio, ogni singola
unità (lembo fogliare o picciolo) fu utilizzata per comporre il campione-saggio secondo le
proporzioni del sano/malato previste dal piano di lavoro. Si procedette secondo la seguente
scala di concentrazione del malato: GLRV-3 e GVA - 2,7; 5,5; 8,3 e 11,0%. GFkV - 1,0;
3,3; 5,0; 6,6 e 10,0%.
RISULTATI E DISCUSSIONE
Per ciascuna entità virale sono state eseguite prove mensili di cui, nel campionesaggio, sono appresso indicate le concentrazioni del “malato” e gli esiti per ripetizione.
GLRV-3
%
Settembre
Ottobre
d’infetto 1a R
2a R
3a R
1a R
2a R
2,7
+
n. e.
-/+
-/+
5,5
+
“
+
+
8,3
+
+
“
+
+
11,0
+
+
“
+
+
Antigeni: piccioli maturi; protocollo: DAS-ELISA.
58
3a R
+
+
%
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
a
a
a
a
a
a
a
a
a
a
d’infett
1
R
2
R
3
R
1
R
2
R
3
R
1
R
2
R
3
R
1
R
2a R 3a R
GVA
o
2,7
+
+
+
-/+
+
+
+
5,5
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
8,3
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
11,0
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Antigeni: piccioli maturi; protocollo: DAS-ELISA con proteina A.
GFkV
%
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
a
a
a
a
a
a
a
a
a
a
d’infett 1 R 2 R 3 R 1 R 2 R 3 R 1 R 2 R 3 R 1 R 2a R 3a R
o
1,0
3,3
+
+
+
+
+
5,0
+
+
+
+
+
6,6
+
+
+
+
+
+
+
+
+
10,0
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Antigeni: foglie mature; protocollo: TAS-ELISA.
In tutti i casi furono considerate probanti le letture eseguite alla quarta ora
d’incubazione con esiti comparabili per le tre ripetizioni.
Relativamente al GLRV-3, uniformità di reazione espressa da una buona sensibilità
antigenica (8% di malato), fu ottenuta in entrambi i mesi di saggio.
Gli accertamenti relativi al virus GVA hanno espresso risultati di in certo interesse,
secondo i quali il mese d’ottobre si proporrebbe quale ottimo momento per la diagnosi, anche
in campionature in cui l’antigene infetto è presente in proporzioni molto basse (3% circa).
In merito al GFkV, contrariamente alle attese, il mese di luglio non risultò favorevole
neanche alle concentrazioni massime del positivo pari al 10%. I primi esiti concreti si ebbero
nel mese di agosto, con campioni aventi il 6% di malato, ed una migliore sensibilità nei mesi
successivi (settembre ed ottobre) con una soglia del 3%.
Sintetizzando i risultati, indicativi di saggi di laboratorio, relativi alle medesime specie
e ceppi virali (indicazioni del 1999), con i nostri più recenti di campo si ha:
59
VIRUS
GLRV-3
GVA
GFkV
SAGGI
LUGLIO
AGOSTO
SETTEMBRE
OTTOBRE
1999
10,0
5,0
10,0
10,0
2000
n. e.
n. e.
8,3
8,3
1999
5,0
30,0
30,0
20,0
2000
8,0
5,5
5,5
2,7
1999
3,0
5,0
10,0
3,0
2000
*
6,0
3,3
6,6
(*): negativo alle % di saggio
La comparazione relativa all’Ampelovirus GLRV-3, purtroppo limitata a soli due
mesi, si ritiene indicativa, ma interessante, in particolare se riferita alla sensibilità espressa
dall’antigene negli stessi periodi (10% contro l’8%), in condizioni operative e temporali
differenti (’99 contro ’00).
Nel secondo caso, relativo a GVA, la comparazione è, in generale, a favore delle prove
di campo con l’espressione massima nel mese d’ottobre, in cui vi è concordanza per tutte le
ripetizioni alla diluizione del malato del 2,7% contro il 20,0% dell’anno precedente.
Infine appaiono equilibrati, gli esiti diagnostici del GFkV. Ad una mancata risposta di
luglio, probabilmente indotta da una vegetazione non adeguatamente matura per il saggio (alla
sistemazione in campo del materiale proveniente dalla forzatura non segui un’immediata
ripresa vegetativa), fece riscontro, da agosto ad ottobre, una serie positiva di risposte
corrispondenti ad una soglia media di antigene del 5%.
CONCLUSIONI
I parametri operativi indicativi d’esperienze condotte in laboratorio, su una quantità
limitata di tessuti antigenici (alcune foglie), sono stati validati in campo, su campioni standard
di barbatelle di Vitis vinifera, con esiti più che soddisfacenti.
In particolare:
60
I)
è stata confermata l’ottima sensibilità di ELISA nell’accertamento di GLRV-3, GVA
e GFkV;
II)
i tre virus parrebbero, verosimilmente, avere una buona ed uniforme distribuzione
nella vegetazione;
III)
sono state confermate le soglie di sensibilità antigenica indicate in prove precedenti
con gli stessi tessuti e il momento operativo ottimale per l’accertamento delle tre
entità;
IV) in fase di campionamento, per diagnosi finalizzate all’accertamento di specie
definite, è possibile limitare il numero dei saggi in relazione alla soglia di sensibilità
mostrata del malato;
V)
i tre virus potrebbero essere agevolmente identificati, da luglio ad ottobre,
prevedendo un sistema campione in cui la componente “malato” rappresenti una
porzione compresa tra il 4 e 10% dell’intero.
BIBLIOGRAFIA
Prota V.A., Garau R, Tolu G., Mungianu M.P.M., Prota U. 2001. Saggi per la definizione di
protocolli sperimentali per la diagnosi immunoenzimatica (ELISA) della vite. In: Atti
di questo Convegno.
61
Applicazione di metodi statistici e di “soglie di sensibilità” antigenica, per la verifica in
vivaio di una situazione sanitaria predefinita
Tolu G., V.A. Prota, R. Garau, M.P. M. Mungianu, U. Prota.
Dipartimento di Protezione delle Piante, sez. di Patologia vegetale, Università degli Studi di Sassari.
RIASSUNTO
Il miglioramento dello standard qualitativo delle produzioni vivaistiche richiede
l’adozione di protocolli diagnostici in grado di fornire risposte rapide con un basso costo. Il
lavoro ha avuto la finalità di accertare, mediante ELISA ed avvalendosi delle soglie di
sensibilità degli antigeni, l’applicabilità, in vivaio, di metodi statistici (metodo di Poisson) per
stimare differenti livelli d’infezione per alcune specie virali. Le verifiche furono condotte su
cv di V. vinifera innestate ed allevate in parcelle le cui percentuali di infezioni, relativamente
ai virus GLRV-3, GVA e GFkV, erano predefinite. Le prove, ripetute sia in vivaio su piante
madri di 779P infette da GFkV sia in un corrispondente barbatellaio, suggeriscono che le
strategie adottate possono dare indicazioni idonee ai fini della quantificazione del livello di
infezione.
SUMMARY
The qualitative standard improvement of vivaistic production imposes the acquisition
of diagnostic protocols able to give rapid answers with low economic impact. The aim of the
project was, availing ourselves of antigens “sensibility threshold”, to ascertain, for some viral
species, with ELISA, the applicability, in the nursery, of statistical knowledge (Poisson’s
Method) to estimate different levels of infection. The verification was made on grafted V.
vinifera clones (in simulated nursey), with percentage of infection, with regard to GLRV-3,
GVA and GFkV. The repeated tests in nursery on mother plants of 779P., infected with
GFkV, and in a corresponding field of rooted cuttings , suggest that the strategies adopted can
give positive indications, for the quantification of infection level.
INTRODUZIONE
In previsione di un’auspicabile revisione della normativa di certificazione del
materiale di propagazione viticolo, volta ad un miglioramento dello standard qualitativo delle
produzioni, assume una rimarchevole importanza l’adozione di metodiche diagnostiche
“snelle” ed affidabili. Ciò in particolare, in ambiente vivaistico, dove le popolazioni di piante
da sottoporre a controlli sono numerose e dove è fondamentale poter valutare con una buona
approssimazione la situazione sanitaria con il minimo dispendio di tempo e di risorse
economiche.
62
A tale scopo, nell’ambito dell’azione 3 del progetto POM A32, volta ad individuare e validare
efficaci protocolli di diagnosi, si è proceduto ad applicare metodi statistici a situazioni di
campo, verificando un caso sanitario predefinito.
Supponendo una distribuzione casuale delle piante ammalate, ci si è avvalsi della
distribuzione statistica di Poisson (ad es., Snedecor, 1950; Mullin, 1990), espresso dalla
formula:
1
P =1−
e
dove:
nk
N
P = probabilità di non incorrere nell’errore dovuto alla casualità;
n = dimensione del campione;
k = numero di piante infette;
N = numero totale delle piante.
Dalla sua applicazione avremo:
% di infezione da verificare
con probabilità d’errore del 5%
(P=95%)
con probabilità d’errore dell’1%
(P=99%)
0,05
6000
n° dei campioni da saggiare
0,1
0,5
1
2
3
2995 600 300 150 100
5
60
10
30
9000
4605
92
46
900
460
230
154
Per ridurre in maniera consistente il numero di saggi da eseguire in laboratorio, è stata
valutata la sensibilità espressa dal test ELISA, nei diversi periodi stagionali, nei confronti di
antigeni a differenti concentrazioni (Prota et al.; Garau et al., in questo Convegno). Pertanto,
nel nostro contesto, come “soglia di sensibilità” antigenica in ELISA, si intende la minima
concentrazione alla quale quell’estratto antigenico risulta, per quel periodo, positivo.
MATERIALI E METODI
L’attività è stata svolta nell’arco di due anni (2000-2001) ed ha interessato, nel primo,
piante bimembri di Vitis vinifera alla prima vegetazione, allevate in pieno campo in una
63
presunta situazione vivaistica; nel secondo ha avuto per oggetto l’ibrido portinnesto 779P ed è
stata condotta in un vivaio.
Nella prima prova furono donatori cloni dei vitigni Cannonau e Pascale di Cagliari
affetti singolarmente dalle specie virali GLRV-3 e GVA, il primo, e da GFkV, il secondo.
In primavera, marze infette furono innestate su accessioni di “base” di un clone di
779P. e, previa forzatura, trasferite in pieno campo unitamente ad altre combinazioni virusesenti appartenenti alla stessa cv. Per ciascun donatore si costituirono delle parcelle con una
percentuale nota di piante infette. La verifica sperimentale, prevista nei mesi di settembre ed
ottobre, era rappresentata da una serie di campionature la cui entità fu derivata dalla formula
di Poisson e dalla “soglia di sensibilità” (Prota et al., Garau et al., in questo volume).
GLRV-3. La verifica fu effettuata, mediante DAS- ELISA, su una parcella di saggio
di 200 unità ed una proporzione di piante infette pari al 2,0%.
Con tale percentuale d’infezione, secondo il modello statistico, saggiando
individualmente un campione di 150 piante, si aveva la probabilità del 95% di individuare
almeno una pianta malata (indipendentemente dall’entità della popolazione). Furono
parametri delle due prove di settembre ed ottobre il tasso di infezione, la dimensione del
campione e la probabilità di individuare il malato.
L’estratto del campione da saggiare si ottenne triturando piccioli di foglie basali (Prota
et al., vedi atti Convegno), ottenute da donatore sano e malato in relazione alle concentrazioni
emerse dalla “soglia di sensibilità” indicata in altre prove per il mese di settembre (10%) ed
ottobre (8%) (Garau et al., l.c.). Il peso dell’unità campione è stato sempre di circa 0.7 g.
Per ogni prova furono eseguite due ripetizioni.
Prova di settembre: il campione, costituito da 150 piccioli maturi, prelevati casualmente da
altrettante piante, fu suddiviso in 22 subcampioni-saggio, di cui 21 composti da 7 porzioni di
picciolo ed 1 da 3. I 150 saggi previsti furono pertanto ridotti a soli 22.
In tal modo, la presenza di un solo positivo nel subcampione (1/7) avrebbe
determinato una percentuale di infetto del 14%, e quindi un valore nettamente superiore alla
soglia di sensibilità di settembre, risultata prossima all’8% (Garau et al., l.c.).
Prova di ottobre: con la stessa filosofia del mese precedente, il campione (150 piccioli), venne
suddiviso in 15 subcampioni, contenenti 10 unità antigeniche ciascuno, provenienti da
64
altrettanti donatori. L’eventuale presenza di 1 entità infetta su 10 determinava una percentuale
(10%) superiore alla soglia di sensibilità stabilita per ottobre (8%).
GVA. Venne determinato mediante DAS-ELISA
previa presensibilizzazione con
proteina A (Boscia et al., 1997).
Si costituì una parcella di 300 piante (Cannonau su 779 P.) con un tasso di infezione
pari al 2%; in questo caso si decise di operare affidandosi ad una probabilità d’incorrere
nell’errore casuale dell’1% (P=99%). Si prelevarono 230 piccioli, da altrettante piante, con i
quali si costituirono 23 subcampioni da saggio, ciascuno dei quali composto di 10 unità. Ciò
in considerazione dell’elevata reattività, espressa da GVA in settembre ed in ottobre, le cui
soglie di sensibilità erano comprese tra il 5 e l’8% (Garau et al., l.c.).
GFkV. L’accertamento fu effettuato applicando TAS-ELISA (Boscia et al., 1997).
L’unità parcellare era costituita da 200 piante di accessioni clonali di Pascale di Cagliari
innestate su un clone di 779 P., con una percentuale di infezione pari al 3%. Per ridurre la
probabilità d’errore all’1%, furono prelevate 154 foglie mature, singolarmente, da altrettante
piante. La soglia di reazione di GFkV per il periodo settembre-ottobre, compresa tra 3 e 7%
circa, suggerì la costituzione di subcampioni con foglie di 10 piante. In tal caso, la percentuale
minima di infezione dei subcampioni era rappresentata dal 10% (1 pianta su 10). Si ottennero
15 unità-saggio formate da 10 donatori più una da 4.
Nella seconda prova, con analoga finalità della precedente, si rese necessaria
un’indagine preliminare che fu condotta in epoca invernale in alcuni vivai della Sardegna
settentrionale. Ciò allo scopo di acquisire informazioni sulla situazione sanitaria di alcuni
portinnesti a maggior diffusione, su cui operare.
In tutti i casi furono accertate tre specie virali (GFkV, GFLV e GLRV-3), tra le più
diffuse in V. vinifera. La diagnosi, eseguita saggiando tessuto floematico con DAS e TASELISA, interessò gli ibridi Berlandieri x Rupestris 775, 779 (campo a e b), e 1103 P.,
Berlandieri x Riparia 420A, e V. rupestris (vedi tab. 2).
Nel nuovo anno fu preso in considerazione il binomio GFkV-779 P. Fu selezionato il
campo b di 779P. per le basse percentuali di infezione da GFkV e GLRV-3. Gli accertamenti
eseguiti nella tarda primavera, su campioni di foglie mature e piccioli, confermarono le
percentuali d’infezione del GFkV, mentre furono negative quelle per GLRV-3. Pertanto, per
65
la determinazione di tale virus parrebbe inadeguato l’uso di piccioli in primavera. Ciò indusse
ad operare solamente con la prima specie.
Per avere indicazioni relativamente alle prove da condurre in barbatellaio, nei mesi
successivi, tre “positivi” di 779 P., che in prove precedenti avevano dato indicazioni di
probabile differente virulenza, furono utilizzati per la determinazione della soglia di
sensibilità al GFkV saggiando foglie giovani e mature.
Tutta la produzione legnosa del campo b di 779P., fu utilizzata per la radicazione in
una apposita parcella di circa diecimila talee. S’intendeva verificare, applicando gli stessi
criteri operativi impiegati per V. vinifera, il tasso di infezione nella parcella avendo come
riferimento quello delle piante madri.
Sulla base delle indicazioni date dalla formula di Poisson, per il 3% di infezione (tale
era la proporzione rilevata nelle piante madri), e una probabilità d’errore dell’ 1%, furono
prelevati 154 campioni. Questi ultimi furono costituiti da foglie mature (4 per pianta da
differenti punti della chioma), prelevate ad intervalli regolari, in modo omogeneo sui filari e
nel campo. Furono predisposti 31 subcampioni, costituiti da tessuti provenienti da 5 piante
ciascuno. Il campione da sottoporre ad ELISA era costituito da 0,7 g circa di parenchima
fogliare, ottenuto sommando dischetti di tessuto prelevati, uno per foglia, con un foratappi. La
concentrazione di “ infetto” prevista nel subcampione era del 20% (1/5), superiore alla soglia
indicata per il mese di luglio.
RISULTATI E DISCUSSIONE
I risultati relativi ai saggi del primo anno, riportati nella tab. 1, si riferiscono ai
riscontri dei saggi ELISA che avrebbero dovuto dare conferma o meno dei livelli d’infezione
relativamente a GLRV-3, GVA e GFkV, presenti nei campi in osservazione.
66
Tabella. 1. Riscontri di positività in parcelle allestite ad hoc riferitia tassi determinati
diinfezione.
CANNONAU
Ripetizioni
GLRV-3 (P=95%)
GVA (P=99%)
Tasso di infezione: 2%
n° piante campione: 150
Tasso di infezione: 2%
n° piante campione: 230
Tasso di infezione: 3%
n° piante campione: 154
settembre
settembre
settembre
1 aR
Subcampioni saggiati
Subcampioni positivi
PASCALE di CA.
CANNONAU
ottobre
2 aR 1 aR
22
4
2 aR 1 aR
15
4
4
ottobre
2 aR 1 aR
23
3
3
GFkV (P=99%)
2 aR 1 aR
23
4
4
ottobre
2 aR 1 aR
15
3
4
2 aR
15
3
3
Relativamente ai saggi eseguiti, il riscontro di positività per le specie virali riportate
confermerebbe i presupposti di partenza. Per esempio, nel caso di GLRV-3, la cui parcella
aveva un tasso di infezione pari al 2%, la campionatura di 150 individui, offriva la probabilità
del 95% di individuare almeno un “malato”. Ciò indipendentemente dal numero di piante
presenti in campo.
Le percentuali di infezione delle parcelle furono quindi confermate per tutte le
ripetizioni; a posteriori, controlli sui donatori che componevano il subcampione
confermarono, in tutti i casi, per ognuno di essi la presenza di un “infetto”. Particolarmente
utile s’è rivelata la conoscenza delle soglie di infezione che ha consentito la riduzione del
numero di saggi.
Complessivamente, le verifiche della sanità delle tre parcelle avrebbero comportato
l’esecuzione di 534 saggi individuali; nella pratica, l’applicazione delle soglie di sensibilità ha
ridotto dell’80% (113), il numero dei saggi con esiti ugualmente attendibili.
L’indagine eseguita l’anno successivo sui portinnesti, aveva lo scopo di acquisire
informazioni sul loro stato sanitario; da ciò sarebbe derivata la possibilità di procedere,
applicando la formula di Poisson, alla verifica del livello di sanità, sulla falsariga delle prove
precedenti. I risultati sono riportati nella Tab.2.
67
3
Tabella 2. Esiti di saggi condotti in vivaio su parcelle di piante madri.
Portinnesto N° piante % piante
775 P.
779 P. a
779 P. b
1103 P.
420 A
V. rupestris
madri
450
200
400
420
320
220
Piante affette (%)
saggiate
10
20
15
10
15
20
GFkV
0
2,5
3,3*
0
89,6
0
GLRV-3
0
0
1,6
0
0
0
GFLV
0
0
0
0
0
0
(*) I saggi su floema estesi a tutte le piante madri espressero una
percentuale complessiva del 3%.
Fra tutti emerge il notevole tasso di infezione dell’ibrido 420A nei confronti di GFkV;
un esempio questo di quanto potrebbe essere l’apporto sanitario del portinnesto nei confronti
del futuro bionte e quindi del nuovo impianto.
Il lavoro indirizzato alla determinazione della soglia di sensibilità di GFkV, eseguito
su tre donatori (A, B e C) nei mesi di giugno e luglio, diede i seguenti risultati:
Tabella 3. Soglia di sensibilità di antigeni fogliare nei mesi di giugno e luglio.
779 P. b
Donatori
% minima di antigene ai fini della positività
Giugno
Luglio
A
B
C
A
B
C
Foglie giovani
20
3
3
30
10
10
Foglie mature
50
3
5
10
3
3
Da quanto sopra, per il mese di giugno, il responso sembrerebbe più favorevole alle
foglie giovani mentre a luglio prevarrebbero le mature. Da ciò la decisione di procedere
utilizzando parenchimi di foglie mature.
La validazione della formula di Poisson in un barbatellaio di 779P. ha portato a
confermare la bontà del modello. Partendo da 154 piante-campione, con un tasso di infezione
del 3% ed una probabilità d’errore dell’1%, risultarono positivi 4 subcampioni, nei quali, in
controlli fatti a posteriori, vennero identificati antigeni di almeno un donatore affetto.
Il tasso di infezione di 779P. rilevato su piante madri fu confermato in barbatellaio applicando
la formula di Poisson e la soglia di sensibilità dell’antigene. Anche in questo caso si ridusse
dell’80% il numero dei saggi previsti dalla statistica per un tasso d’infezione del 3%.
68
CONCLUSIONI
In vivaio, la garanzia che il materiale di moltiplicazione sia sanitariamente valido ed
abbia i requisiti propri della varietà costituisce una colonna portante della struttura stessa.
La tutela della qualità impone la messa in atto sia di strategie a carattere preventivo,
che escluda insediamenti di patogeni nei nuovi impianti, sia di strumenti efficaci
nell’individuare l’eventuale presenza degli stessi agenti nel breve termine.
In quest’ottica, l’applicazione in vivaio di mezzi statistici, espressi dalla formula di
Poisson ai fini sanitari, ha dato risultati incoraggianti. In particolare:
-
in campi di piante madri di V. vinifera nei confronti di entità per le quali
potrebbero essere previsti dei livelli di tolleranza;
-
nello stesso modo in vivaio, su piante madri o in barbatellaio, nei confronti di
patogeni considerati di qualità.
Essa sarebbe di valido aiuto, in campionature particolarmente numerose, con le quali ad un
esito negativo corrisponderebbe la quasi certezza dell’esenzione del patogeno, essendo in
grado di rilevare, ad esempio, casi positivi in corrispondenza di percentuali di piante infette
inferiori allo 0,05%. In quest’ambito, particolarmente utile è stata la conoscenza, per i
differenti virus e contesti ambientali, dei valori limite di diluizione ai quali possono essere
portati i tessuti infetti, senza che venga meno la validità della diagnosi. Ciò ha permesso una
riduzione dell’80% del numero dei saggi.
Risulta chiaro che le soglie di sensibilità non devono essere intese in senso assoluto;
poiché molti fattori potrebbero condizionarli, sarebbe opportuno programmarne la verifica in
relazione alla tipologia dei controlli che si vuole attuare.
In definitiva riteniamo di particolare utilità l’aver abbinato la formula di Poisson alle
“soglie di sensibilità”, in relazione ad una possibile caratterizzazione sanitaria del materiale
vivaistico e ad una riduzione significativa (anche dell’80%) del numero dei saggi da
effettuare.
Ringraziamenti
Si ringraziano il prof. Franco Faretra ed il dott. Michele Digiaro per gli utili suggerimenti
forniti.
69
BIBLIOGRAFIA
Boscia D., M. Digiaro, J. Fresno, C, Greif, S. Grenan, H.H. Kassemeyer, V.A. Prota, O.A. De
Sequeira. 1997. ELISA for the detection and identification of grapevine viruses. In
“Sanitary selection of the grapevine. Protocols for detection of viruses and virus-like
diseases”. INRA editions, Paris, France, 129-155.
Garau R., G. Tolu, V.A. Prota, M.P.M. Mungianu, U. Prota, 2001. Validazione in campo dei
alcuni parametri operativi per l’accertamento di virus della vite. In: Atti di questo
Convegno.
Mullin J. 1990. A note on determining the reliability of sample size forassessing disease in
stored potato tubers. Irish Journal of Agricoltural Research 29: 141-144.
Prota V.A., R. Garau, G. Tolu, M.P.M. .Mungianu, U. Prota. 2001. Saggi per la definizione di
protocolli sperimentali per la diagnosi immuno-enzimatica (ELISA), della Vite. In:
Atti di questo convegno.
Snedecor G.W. 1950. Statistical Methods. 4th Ed. Iowa State College Press. Ames, Iowa,
U.S.A. pp. 485.
70
Metodologia di campionamento per la diagnosi del virus della degenerazione infettiva
della vite mediante ELISA
H. Bouyahia1, D. Boscia2, O. Potere2
Istituto Agronomico Mediterraneo, Valenzano, Bari
2
Centro di Studio del CNR sui Virus e le Virosi delle Colture Mediterranee e Dipartimento di
Protezione delle Piante dalle Malattie, Università degli Studi, Bari
1
RIASSUNTO
È stato fatto uno studio sulla distribuzione e la variazione stagionale della
concentrazione del virus del complesso dell’arricciamento (GFLV) nella vite, al fine di
definire la metodologia di campionamento per il saggio ELISA. Dopo aver selezionato i
reagenti ed il protocollo di estrazione, sono stati effettuati saggi periodici su otto viti infette. I
risultati hanno evidenziato la notevole importanza della metodologia e dell’epoca del
campionamento sulla capacità di rilevare GFLV mediante ELISA. E’ stata confermata la
maggiore concentrazione del virus nelle foglie apicali primaverili e nel floema dei tessuti
lignificati; inoltre è stata rilevata una variabilità di distribuzione sia nella pianta che
all’interno della lamina fogliare. Sulla base dei risultati ottenuti si propone un protocollo di
campionamento in grado di migliorare l’efficacia del saggio ELISA.
SUMMARY
The followingA study was carried out is concerned withon the distribution and seasonal
variation of the Grapevine fanleaf virus (GFLV) titer in grapevines, in order to set up an
efficient sampling methodology for ELISA testing. The results of periodical testing of 8
infected vines have confirmed the highest virus concentration in apical leaves collected during
spring, as well as in phloematic tissues from mature canes. GFLV proved to be distributed
erratically in the plants and within single leaves. Based on these observations a sampling
protocol is suggested for improving ELISA efficiency.
INTRODUZIONE
Il complesso dell’arricciamento o degenerazione infettiva è una delle principali virosi
della vite. Agenti causali sono virus del genere Nepovirus, di cui il virus dell’arricciamento
(GFLV), trasmissibile con il nematode Xiphinema index, è l’unico presente in Italia
meridionale. Ancor più del vettore, la causa della ampia diffusione del virus va ricercata nel
frequente impiego di materiali di propagazione infetti, quali barbatelle della categoria
“standard” o marze prelevate dagli stessi agricoltori senza alcun controllo sanitario. La
capacità di diagnosticare GFLV ha pertanto una importanza determinante per la prevenzione
della malattia. Il metodo diagnostico che meglio si presta ad un controllo massale è ancora
l’ELISA, tuttavia, nonostante i buoni livelli di sensibilità dei kit diagnostici utilizzati, nonché
le diverse conoscenze acquisite sulla variazione del titolo virale nella pianta e con la stagione
71
(Bovey et al., 1980; Walter et al., 1984 ; Rowhani et al., 1992 ; Walter et al., 1993 ; Fresno et
al., 1993), non è infrequente ritrovare viti infette tra quelle risultate negative al controllo
ELISA, probabilmente a causa della distribuzione irregolare del virus nella pianta. In
particolare, nel corso di un monitoraggio preliminare effettuato mensilmente presso il
Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata dell’Università di Bari
(DPPMA) su 10 viti infette da GFLV, ben 8 piante avevano fornito risultati erratici, con una
rilevazione media del virus pari ad appena il 53%. Al fine di definire una metodologia di
campionamento adeguata a minimizzare il rischio di avere dei falsi negativi, è stata svolta una
ricerca, di cui si riferisce in questa nota, mirata ad investigare in dettaglio la variazione del
titolo di GFLV.
MATERIALI E METODI
Viti: le analisi sono state condotte su otto viti infette di una collezione del DPPMA,
appartenenti a 5 specie e/o varietà diverse, che in precedenti saggi ELISA avevano dato
risultati erratici. Due viti sane sono state usate come testimoni negativi.
Reagenti e metodi di estrazione: al fine di valutare l’incidenza del kit diagnostico e del
metodo di estrazione dei campioni nella determinazione dell’erraticità dei risultati, sono stati
confrontati: i) anticorpi anti-GFLV prodotti localmente e due kit commerciali (Agritest s.r.l.,
Valenzano, Italia, e Bioreba, Svizzera); ii) tampone fosfatico contro tampone Tris; iii)
estrazione manuale dai tessuti lignificati (talee) in mortaio contro estrazione meccanica con
granulatore GRANEX.91 (Lav.Mecc., Mereto di Tomba, Italia).
Distribuzione del virus nella pianta: le piante oggetto di studio erano allevate a spalliera con
due branche orizzontali (Guyot doppio bilaterale), di ciascuna delle quali e per ogni pianta
sono state analizzate singolarmente 40 foglie.
Distribuzione del virus lungo il tralcio: nel corso di tre campionamenti sono state analizzate
complessivamente 640 foglie, classificate in tre tipi (apicale, media e basale), a seconda della
loro posizione sul tralcio. Al termine della stagione vegetativa, sono stati raccolti 30 sarmenti
da cui sono stati saggiati, singolarmente, 160 internodi distinti in basali e apicali.
Distribuzione del virus nella lamina fogliare: sono state analizzate 17 foglie adulte in cui era
stata preliminarmente accertata la positività in ELISA. Di esse sono stati analizzati
singolarmente 4 dischetti del diametro di circa 1,5 cm, di cui tre prelevati al margine della
lamina, ed il quarto nella parte basale, prossimale al picciolo (Fig. 1).
72
Variazione stagionale del titolo virale: sono stati effettuati cinque campionamenti, dalla
ripresa vegetativa fino all’allegagione (2 e 24 Aprile, 10 e 24 Maggio, 5 Giugno), nel corso
dei quali sono state raccolte ed analizzate 688 foglie. Durante questo periodo è stato effettuato
il rilevamento quotidiano della temperatura.
Uso di campioni composti: al fine di verificare la possibilità di miglioramento dell’efficienza
del saggio, le foglie singole di ciascuna pianta sono state analizzate comparativamente con
raggruppamenti casuali delle stesse (3, 5, 7 e 10 foglie), per un totale di 496 campioni misti.
Correlazione tra presenza di sintomi e reazione ELISA: al fine di accertare l’eventuale
corrispondenza tra espressione sintomatologica e titolo virale, il 20 maggio 2001 sono state
campionate in diversi vigneti della Provincia di Bari 11 viti con manifestazioni
sintomatologiche limitate ad una sola branca. Di ciascuna di esse sono state analizzate 15
foglie sintomatiche ed altrettante da tralci asintomatici.
RISULTATI E DISCUSSIONE
Reagenti e metodi di estrazione: nessuno dei reagenti, dei tamponi e dei metodi di estrazione
confrontati ha influenzato la sensibilità del saggio in maniera significativa, infatti nonostante
differenze nell’intensità delle reazioni, non sono state rilevate differenze nella determinazione
dei campioni positivi.
Distribuzione del virus nella pianta: delle 8 piante oggetto di analisi, solo 3 hanno mostrato
una distribuzione del virus sostanzialmente omogenea, mentre nelle altre 5, in cui GFLV è
stato rilevato solo in 128 delle 400 foglie saggiate, è stato evidenziato un significativo
sbilanciamento verso una delle due branche (83,5% contro il 16,5%), peraltro non associato
ad un orientamento preferenziale.
Distribuzione del virus lungo il tralcio: dall’analisi delle 640 foglie in posizioni diverse dei
tralci, è stata osservata l’esistenza di un gradiente di concentrazione virale crescente verso la
parte apicale. Questo comportamento è stato verificato in tutti i 3 campionamenti effettuati tra
il 10 Maggio ed il 5 Giugno 2001. Un comportamento opposto si è notato nell’analisi di 160
internodi campionati al termine della stagione vegetativa. Infatti tra gli internodi basali è stata
riscontrata una percentuale di positivi (79,3%) più elevata rispetto agli internodi apicali
(69,9%).
73
Distribuzione del virus nella lamina fogliare: l’analisi di diversi settori del lembo di 17 foglie
adulte infette (Fig. 1) ha mostrato una notevole riduzione della concentrazione virale nella
parte basale, in prossimità del picciolo, dove la capacità di rilevare il virus mediante ELISA si
riduce al 12% contro l’88% dei margini.
Variazione stagionale del titolo virale: dall’analisi comparativa dei 5 diversi campionamenti
fogliari è stata rilevata una considerevole variazione dell’efficacia del saggio ELISA, legata
alla variazione del titolo virale, con un picco, pari al 52%, registrato il 10 Maggio 2001. Il
confronto tra l’andamento della temperatura e quello dell’efficacia del saggio ELISA ha
messo in evidenza l’azione inibente della temperatura dalla seconda metà del mese di Maggio.
Uso di campioni composti: In totale sono stati saggiati 496 campioni composti, di ognuno dei
quali era stato predeterminato il risultato teorico in base alla presenza o meno di almeno una
foglia del gruppo risultata positiva al saggio preliminare.
Come si può osservare nella Tabella 1, l’analisi di campioni composti di più foglie della
stessa pianta ha sempre migliorato l’efficacia saggio rispetto allo stesso effettuato su foglia
singola. Tuttavia se nel primo campionamento i risultati ottenuti sono molto vicini alla
previsione, nei successivi campionamenti si è osservata una sensibile riduzione dell’efficacia
del saggio, rispetto alla previsione teorica. La spiegazione di ciò potrebbe risiedere
nell’influenza dell’aumento della temperatura sul titolo virale e, quindi, sulla possibilità di
rilevare un campione positivo diluito in altri.
Correlazione tra presenza di sintomi e reazione ELISA: dall’analisi comparativa di foglie
sintomatiche e non, è emersa una buona correlazione tra manifestazione dei sintomi e
rilevazione del virus in ELISA (73,6% di foglie positive sintomatiche contro 42,5% di foglie
positive asintomatiche); tuttavia la presenza dei sintomi non garantisce la positività della
reazione, così come la latenza non esclude la possibilità di rilevare il virus.
CONCLUSIONI
Questo studio ha messo in evidenza che, tra i diversi fattori che possono condizionare
la diagnosi di GFLV mediante ELISA, la metodologia di campionamento è estremamente
importante, molto più di quanto non lo siano la scelta del reagente, del tampone o del metodo
di estrazione.
I risultati confermano quanto già segnalato in letteratura riguardo la variazione stagionale del
titolo virale (Rowhani et al., 1992 ; Walter et al., 1993 ; Fresno et al., 1993) e la maggiore
74
concentrazione del virus nelle foglie apicali (Bovey et al., 1980; Walter et al., 1993); tuttavia
questi parametri da soli non garantiscono la rilevazione con l’ELISA di GFLV, poiché
esistono altri fattori importanti, legati all’irregolarità di distribuzione nella pianta, che devono
essere considerati per l’adozione di un’efficace metodologia di campionamento. Allo scopo di
migliorare l’efficacia del test diagnostico minimizzando il rischio di falsi negativi si propone,
pertanto, il seguente modello di campionamento:
•
Talee dormienti: saggio di almeno due internodi basali, prelevati da due settori diversi
della pianta
•
Foglie: saggio di un campione misto, composto da porzioni marginali del lembo di
almeno tre foglie apicali, preferibilmente sintomatiche, raccolte in parti diverse della
chioma a circa 60 giorni dalla ripresa vegetativa.
BIBLIOGRAFIA
Bovey R., Brugger J.J., Gugerli P. 1980. Detection of Fanleaf virus in grapevine tissue
extracts by enzyme-linked immunosorbent assay (ELISA) and immune electron
microscopy (IEM). In: Proc. 7th Meeting of ICVG, Niagara falls, 1980, p. 259-275.
Fresno J., Arias M. 1993 Detection of grapevine fanleaf virus (GFLV) in vineyards along the
whole year and its vector nematode Xiphinema index. Extended abstracts 11th Meeting
ICVG, Montreux 1993, 148-149.
Rowhani A., Walker M.A., Rokni S. 1992. Sampling strategies for the detection of grapevine
fanleaf virus and the grapevine strain of tomato ringspot virus. Vitis 31, 35-44.
Shanmuganatha N., Fletcher G. 1982. Enzyme-Linked-Immunosorbent-Assay to detect
fanleaf virus in grapevines grown in containers. Plant Dis. 66,704-707.
Walter B., Grenan S., Esmenjaud D., Cornuet, P., Boidron R., Leguay M. 1993. Use and
limits of ELISA for routine detection of ArMV and GFLV in grapevines and in
Xiphinema index. 11th mee. ICVG, Montreux, 1993, 146-147.
Walter B., Vuittenez A., Kuszala J., Stocky G., Burckard J., Van Regenmmortel M.M.V.
1984. Détection sérologique du virus du court-noué de la vigne par le test ELISA.
Agronomie 4, 527-534.
75
Tabella 1. Percentuali di positivi ELISA ottenuti con campionamento misto, confrontate con i saggi su foglie singole e con i risultati
teoricamente ottenibili.
Data Nr.F Singolo
3F
3F
5F
5F
7F
7F
10F
10F
Teorico Pratico Teorico Pratico Teorico Pratico Teorico Pratico
10/05
160
52%
88%
83%
90%
87%
100%
100%
100%
100%
24/05
240
27%
53%
47%
80%
43%
73%
50%
66%
42%
5 /06
240
35%
60%
39%
73%
48%
78%
47%
80%
54%
Nr.F : Numero di foglie saggiate; 3F, 5F, 7F, 10F : campioni misti costituiti dal numero di foglie corrispondente (3, 5, 7 o 10).
Armonizzazione della diagnosi della flavescenza dorata della vite (FD): risultati di una
prova comparativa
1
Pasquini G., E. Angelini2, R. Benedetti3, A. Bertaccini4, L. Bertotto2, P.A. Bianco5,
F. Faggioli1, M. Martini4, C. Marzachì6, M. Barba1
1
Istituto Sperimentale per la Patologia Vegetale – Roma
Istituto Sperimentale per la Viticoltura – Conegliano Veneto (Treviso)
3
Dipartimento Biologia applicata alla Difesa delle Piante- Università di Udine
4
DiSTA, Patologia Vegetale – Università di Bologna
5
Istituto di Patologia Vegetale – Università di Milano
6
Istituto di Fitovirologia Applicata CNR - Torino
2
INTRODUZIONE
La flavescenza dorata della vite (FD) è una malattia epidemica, causata da un
fitoplasma appartenente al gruppo del giallume dell’olmo (gruppo 16SrV – Elm Yellows) e
diffusa nel sud della Francia, nel nord dell’Italia e nel nord della Spagna, zone dove è presente
il vettore specifico, la cicalina ampelofaga Scaphoideus titanus (Caudwell et al., 1970; Belli
et al., 1973; Bertaccini et al., 1996; Battle et al., 1997)
La malattia è stata segnalata e descritta per la prima volta in Francia (Caudwell, 1957),
ove ha causato danni notevoli nelle aree viticole della Guascogna. Il fitoplasma da allora si è
diffuso in diverse aree ed ha invaso anche il nostro Paese, dove attualmente è segnalato in
Veneto, Lombardia, Piemonte, Liguria e, più recentemente, in Emilia ed in alcuni vigneti
della parte più occidentale del Friuli Venezia Giulia.
Nel corso degli anni, nelle zone italiane a rischio di epidemie sono state definite misure di
intervento per contenere i danni e salvaguardare il patrimonio genetico di varietà e di cloni di
vite. Recentemente il Ministero per le Politiche Agricole e Forestali (MiPAF) ha approntato
un provvedimento di lotta obbligatoria (D.M. 31/05/2000) per l’adozione di misure
fitosanitarie, compresa l’eventuale eradicazione delle piante e dei vigneti colpiti. Nello stesso
tempo ha istituito un gruppo di lavoro formato da esperti del settore, allo scopo di
armonizzare ed integrare le diverse iniziative intraprese a livello locale.
I sintomi rilevabili in campo sulle viti infette sono comuni ad un gruppo di malattie
fitoplasmatiche, comunemente denominate “giallumi”, associate a fitoplasmi diversi. Tra
queste, solo la flavescenza dorata è a carattere epidemico e di notevole gravità. E’ quindi
necessario disporre di protocolli diagnostici adeguati e specifici per l’identificazione del
fitoplasma agente eziologico di FD sensu strictu, appartenente al gruppo denominato 16SrVC (Bianco et al. 1996, Lee et al., 1998) e al gruppo 16SrV-D (Martini et al., 1999; Angelini et
al. 2001), per accertare la presenza della malattia ed applicare i necessari provvedimenti di
lotta obbligatoria.
Il gruppo di lavoro costituito dal MiPAF è stato chiamato ad individuare, tra quelli
riportati in letteratura, un metodo diagnostico applicabile su larga scala e che risultasse più
idoneo a determinare la presenza del fitoplasma responsabile della flavescenza dorata sui
vigneti in pieno campo. A questo scopo è stata organizzata una prova comparativa, finanziata
dalle Regioni Emilia Romagna, Veneto, Lombardia e Piemonte, alla quale hanno partecipato
ricercatori provenienti da alcune Istituzioni scientifiche italiane coinvolte nello studio e nella
diagnosi della flavescenza dorata. Inoltre è stata discussa l’ottimizzazione delle metodologie
di campionamento.
MATERIALI E METODI
Prova comparativa. La Prova Comparativa è stata effettuata nei giorni 4-8 settembre
2000, presso i laboratori dell’Istituto Sperimentale per la Patologia Vegetale (MiPAF) di
Roma. I partecipanti alla prova sono elencati in Tab. 1.
Tabella 1. Elenco delle istituzioni partecipanti alla prova comparativa
Istituzione
Istituto di Fitovirologia Applicata – CNR
Istituto Sperimentale per la Viticoltura
DiSTA, Patologia Vegetale – Università
Istituto di Patologia Vegetale – Università
Dip. Biologia Applicata Difesa Piante, Università
Istituto Sperimentale per la Patologia Vegetale
Città
Torino
Conegliano (TV)
Bologna
Milano
Udine
Roma
Isolati di FD. Tutti i saggi sono stati effettuati utilizzando 10 campioni di vite (Tab.
2), provenienti da differenti areali italiani dove la malattia è presente e forniti dalle Istituzioni
scientifiche a cui i partecipanti afferiscono. I campioni, due per ciascuna Istituzione, sono stati
generalmente raccolti nei giorni precedenti la prova e provenivano da viti sintomatiche, le
quali erano risultate positive per FD in analisi precedentemente effettuate nei laboratori di
78
provenienza. Un campione di vite asintomatico, proveniente da un semenzale di due anni di
età, è stato utilizzato come controllo negativo.
Tabella 2 . Isolati di FD saggiati durante la prova comparativa.
Sigla
Ringtest
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
Istituzione
Sigla originaria
287
CNR-Torino
288
CNR-Torino
F14V24
Università Milano
F8V11
Università Milano
6RCh
Università Udine
7RCh
Università Udine
4F
ISV
8F
ISV
VR2
Università Bologna
PD7
Università Bologna
Protocolli di diagnosi. Nel corso della prova sono stati messi a confronto 3 protocolli
di diagnosi per FD, comprendenti ciascuno un metodo di estrazione del DNA totale dal
tessuto fogliare, seguito da diversi tipi di amplificazione di frammenti specifici di DNA
ribosomiale fitoplasmatico, atti ad evidenziare la presenza dell’agente responsabile della
malattia. I metodi utilizzati sono stati leggermente modificati rispetto a quelli riportati in
letteratura per adattarli alla prova e sono stati denominati:
Protocollo 1 (All. 1)
Protocollo 2 (All. 2)
Protocollo 3 (All. 3)
Come evidenziato dagli allegati, in cui sono riportate dettagliatamente tutte le fasi di
lavoro, il protocollo 1 è costituito da un metodo di estrazione di DNA totale (Barba et al.,
1998), a cui segue una prima amplificazione con una coppia di “primers” universali
R16F2/R2 (che amplificano frammenti conservati e comuni a tutti i tipi di fitoplasmi) e una
seconda amplificazione (PCR-“nested”) utilizzando la coppia di “primers” R16(V)F1/R1,
specifici per il gruppo tassonomico cui appartiene FD e che amplificano, quindi, frammenti
del genoma fitoplasmatico presente solo nei fitoplasmi classificati in tale gruppo.
Il protocollo 2 prevede un diverso metodo di estrazione del DNA totale (Prince et al.,
1993), seguito da due amplificazioni consecutive con le coppie di “primers” universali P1/P7
79
e R16F2/R2 e da una successiva amplificazione con la coppia di “primers” R16(V)F1/R1,
specifica per il gruppo 16SrV.
Il protocollo 3 è costituito da un metodo di estrazione del DNA totale (Angelini et al.,
2001) che è stato saggiato nell’ambito della prova comparativa con entrambe le procedure di
amplificazione adottate nei protocolli 1 e 2 (Protocollo di amplificazione 3A e 3B,
rispettivamente). Lo scopo era di valutarne appieno la sensibilità e specificità, essendo un
metodo di nuova acquisizione nei laboratori italiani coinvolti nella diagnosi della FD.
Tutti i “primers” utilizzati durante la prova sono riportati in Tab. 3.
Tabella 3. Elenco delle coppie di “primers” utilizzate durante la prova comparativa
Coppie
di
primers
Iniziatori
specifici
Sequenza
P1/P7
P1
P7
5’-AAG AGT TTG ATC CTG GCT CAG GAT T-3’
5’-CGT CCT TCA TCG GCT CTT-3’
F2/R2
R16F2
R16R2
5’- ACG ACT GTC AAG ACT GG-3’
5’- TGA CGG GCG GTG TGT ACA AAC CCC G-3’
Riferimento
bibliografico
Deng e Hiruki,
1991
Schneider et al.,
1995
Proto
colli
2,3
1,2,3
Lee et al., 1995
F1/R1(V) R16(V)F1
R16(V)R1
5’-TTA AAA GAC CTT CTT CGG-3’
5’-TTC AAT CCG TAC TGA GAC TAC C-3’
1,2,3
Lee et al., 1994
RISULTATI E DISCUSSIONE
I risultati ottenuti dalle prove molecolari effettuate sono riportati in Tab. 4.
80
Tabella 4. Risultati ottenuti con i 3 Protocolli di diagnosi applicati a 10 campioni di vite,
infetti da FD.
Protocollo 1
Sigla
Protocollo 2
Protocollo 3A
Protocollo 3B
F2/R2* (V)F1/R1* P1/P7* F2/R2* (V)F1/R1* F2/R2* (V)F1/R1* P1/P7* F2/R2* (V)F1/R1*
campione
1
+
+
-
+
+
-
+
+
+
+
2
-
+
-
-
+
-
+
+
+
+
3
-
+
-
+
+
-
-
-
-
-
4
+
+
-
+
+
-
+
+
+
+
5
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
6
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
7
-
+
-
-
-
-
-
-
-
-
8
+
+
+
+
+
-
+
+
+
+
9
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
10
-
-
-
+
+
-
-
-
-
-
Sano
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
Totale
5
8**
3
7
8
2
6
6
6
6
*Coppie di “primers” utilizzate nelle diverse amplificazioni.
** I valori in grassetto indicano i risultati finali dopo due o tre cicli di amplificazione
Uno dei campioni saggiati (N° 9) non ha evidenziato alcuna reazione positiva con
nessuno dei tre protocolli utilizzati. Ciò è probabilmente dovuto alla prolungata conservazione
del materiale in frigorifero prima dell’analisi (i campioni 9 e 10 erano entrambi
frigoconservati da una settimana) ed alla conseguente degradazione dell’acido nucleico del
patogeno (il campione era risultato positivo all’analisi effettuata al momento del prelievo).
Nel confronto delle percentuali di rilevamento del fitoplasma con i tre protocolli questo
campione non è stato preso in considerazione.
Tutti e tre i protocolli si sono confermati validi per la diagnosi di FD, con risultati
pressoché simili. In particolare, nessuno dei tre metodi è risultato in grado di rilevare il 100%
dei campioni infetti. I protocolli 1 e 2 hanno messo in evidenza la stessa sensibilità di
diagnosi, con una percentuale di rilevamento del fitoplasma dell’89% (8 campioni su 9); il
Protocollo 3 ha invece mostrato una percentuale di rilevamento del 67% (6 campioni su 9), in
entrambe le varianti 3A e 3B.
81
Al termine della prova, inoltre, sono state fatte alcune valutazioni sulla operatività dei
metodi confrontati e sulla loro applicabilità in campionamenti massali. Le principali
caratteristiche sono riportate in Tab. 5.
Tabella 5. Principali caratteristiche dei tre protocolli utilizzati
Parametri valutativi
Tempi estrazione DNA
Protocollo 1 Protocollo 2 Protocollo 3
8 ore
24 ore
2 ore
2
3
2
Attrezzatura specifica richiesta
++(*)
++(*)
++(*)
Reagenti ad elevato rischio
+(*)
++(*)
+(*)
Specializzazione personale
+++(*)
+++(*)
+++(*)
Campioni estraibili/die
12
12
30
Costo
++
+++
+
Numero eventi PCR
(*) = +: medio/a; ++: elevato/a; +++: molto elevato/a
CONCLUSIONI
Alla luce dei risultati acquisiti e delle valutazioni effettuate appare evidente che il
metodo diagnostico deve essere scelto in funzione del tipo di analisi da effettuare.
Il Protocollo 3, pur essendo risultato meno sensibile degli altri due, si propone per
analisi di campioni provenienti da zone in cui la malattia è già stata evidenziata e dove quindi
è necessario valutare la sua diffusione per opera del vettore ai fini dell’applicazione delle
norme di lotta obbligatoria. In caso si volesse valutare in maniera più sensibile la situazione si
potrebbe comunque procedere a rianalizzare i campioni negativi impiegando uno degli altri
due metodi. È inoltre da preferire la variante 3A rispetto alla 3B, poiché, a parità di risultati,
implica un risparmio di tempo e reagenti.
Questo metodo, infatti, pur essendo risultato meno sensibile degli altri due, è
decisamente vantaggioso nell’indagine massale, perché risulta di facile esecuzione e
particolarmente rapido rispetto agli altri due metodi messi a confronto. Inoltre, la sua minore
sensibilità può essere superata aumentando il numero dei campioni da analizzare (BoudonPadieu et al., in preparazione). Poiché, infatti, questo protocollo consente di ottenere
l’estrazione del DNA di circa 30 campioni/persona/die, è sicuramente il più idoneo per
82
effettuare estesi monitoraggi in campo e per avere una maggiore conoscenza sulla reale
diffusione del patogeno nelle zone dove è già stato segnalato.
Il confronto effettuato fra le due varianti 3A e 3B, pur non mostrando differenze nel
risultato finale, ha permesso di verificare una maggiore efficacia dell’uso della coppia di
“primers” universali P1/P7 rispetto alla coppia R2/F2 (Tab. 4).
I Protocolli 1 e 2 (risultati equivalenti in sensibilità nella prova) sono invece da
preferire nel caso in cui si debbano analizzare campioni sospetti provenienti da areali dove la
malattia non è stata ancora segnalata, o campioni di particolare interesse (piante capostipiti,
controlli per quarantena, etc.). Limitatamente alla prova, la maggiore laboriosità dei metodi è
apparsa legata ad una maggiore affidabilità del risultato.
In ogni caso, nel materiale proveniente da aree non infette in maniera conclamata e
dalle
zone
focolaio
occorre
provvedere
alla
digestione
enzimatica
prodotto ottenuto con i “primers” specifici (R16(V) F1/R1) con
onde
distinguere
se
si
è
in
presenza
di
FD
sensu
del
l'enzima BfaI
strictu
(16SrV-C
o –D) o di giallume dell'olmo oppure (16SrV-A).
Grandissima importanza riveste, invece, la metodologia di campionamento che, se non
effettuata correttamente, potrebbe inficiare qualsiasi tipo di protocollo diagnostico (come
evidenziato anche dal saggio sui campioni frigoconservati) e che, quindi, non deve
prescindere dai seguenti aspetti fondamentali:
-
il personale tecnico, che opera in campo, deve essere accuratamente addestrato per il
riconoscimento dei sintomi della malattia, al fine di ridurre il rischio di confusione con
altre sintomatologie (es. accartocciamento fogliare) e, quindi, prelevare campioni non
corretti per l’indagine.
-
Il campione deve essere costituito da almeno venti foglie sintomatiche (sia basali che
apicali) che non presentino necrosi o forti attacchi di altri patogeni, raccolte da diversi
tralci (distribuiti a 360° intorno alla pianta e su tutta l’altezza della stessa).
-
Il materiale raccolto deve essere inserito in una busta di plastica chiusa, etichettato, riposto
subito a 4°C in una borsa frigorifera e conservato a tale temperatura. Il materiale va
inviato al laboratorio di analisi entro 24 ore dalla raccolta. L’analisi di laboratorio deve
essere avviata in tempi rapidi nei giorni successivi.
83
I risultati ottenuti e le considerazioni emerse dalla prova comparativa dimostrano
l’importanza che tali iniziative hanno nell’armonizzazione di protocolli di diagnosi ed
evidenziano la necessità di continuare il confronto per validare ulteriormente le procedure.
La possibilità, infatti, di riunire in un’unica sede ricercatori esperti in uno specifico settore
e di confrontare nell’ambito di un unico laboratorio protocolli diversi ha permesso di
ottenere immediatamente risultati pratici ed agevolare e velocizzare le analisi in relazione
ai diversi scopi che ci si prefigge.
84
Allegato 1 - PROTOCOLLO 1
Protocollo 1 di diagnosi per FD. I= Metodo di estrazione del DNA totale dal materiale
vegetale. II= Esecuzione del saggio molecolare.
I –ESTRAZIONE del DNA TOTALE (Barba et al., 1998)
Lavare accuratamente le foglie. Preparare 1,5 gr di nervature centrali da foglie senza
necrosi evidenti. Cambiare lama e supporto di taglio per ogni campione. Utilizzando un
bisturi, tagliare le nervature e raccoglierle in piccoli pezzi in un mortaio precedentemente
raffreddato e mantenuto in ghiaccio, aggiungendo 7-8 ml di PGB (“Phytoplasma Grinding
Buffer”) freddo e preparato poco prima dell’uso. Incubare in ghiaccio per 10-15 min.
Aggiungere 50 mg di sabbia di quarzo sterile e sminuzzare accuratamente col pestello.
Aggiungere ancora 5 ml di tampone freddo nel mortaio e continuare la macerazione fino ad
ottenere una miscela omogenea.
Trasferire la miscela in una provetta tipo Corex da 15 ml e centrifugare (il rotore deve
essere stato preventivamente raffreddato) a 2.500 g per 5 min in centrifuga refrigerata a 4°C:
Quindi trasferire con cautela il supernatante in una provetta Corex da 15 ml pulita e preraffreddata in ghiaccio.
Centrifugare a 4°C a 18.000g per 20 min. Scartare con attenzione il supernatante e far
asciugare le provette capovolte per 1-2 min.
Risospendere bene (senza fare schiuma) il pellet in 3 ml di CTAB buffer usando pipette
Pasteur monouso con bocca larga. Trasferire 1 ml in una provetta Eppendorf da 2 ml.
Incubare in bagno termostatato (60°C) per 60 min. Agitare le provette un paio di volte
durante il periodo di incubazione.
Aggiungere 1 ml di cloroformio-alcol isoamilico (24:1), mescolare la soluzione
energicamente e passarla al vortex per omogeneizzarla. Centrifugare 6.000 rpm per 10 min,
a temperatura ambiente, poi prelevare con attenzione la fase acquosa superiore e trasferirla
in una nuova provetta Eppendorf.
Precipitare gli acidi nucleici aggiungendo un volume di isopropanolo freddo,
mescolando. Mettere i tubi a –20°C per 30 min. Centrifugare 13.000 rpm per 10 min. Quindi
scartare il supernatante alcolico e lavare attentamente la provetta con etanolo 70%. Lasciare
asciugare all’aria per circa 5 min.
Risospendere gli acidi nucleici nel tubo con 400 µl di TE. Precipitarli aggiungendo 40 µl
di 3M sodio acetato pH 5,2 e 0,9 ml di etanolo 95%. Lasciare incubare per almeno 3 ore a –
20°C o 30 min a –80°C. Centrifugare a 13.000 rpm per 15 min, quindi scartare il
supernatante alcolico e lavare la provetta con etanolo 70%. Lasciare asciugare all’aria per
circa 5 min, o meglio, fino a che il preparato è inodore.
Risospendere il DNA in 100 µl di acqua distillata sterile o tampone TE.
N.B.= Gli acidi nucleici così estratti e sciolti in acqua sterile o TE possono essere
mantenuti a –20°C per un lunghissimo periodo. Importante è evitare ripetuti
scongelamenti.
85
TAMPONI UTILIZZATI per l’ESTRAZIONE degli ACIDI NUCLEICI
PGB (“Phytoplasma Grinding Buffer”) per 1 litro
2% CTAB buffer per 500 ml
K2HPO4
16,7 (anidro) o 21,7 (idrato)
CTAB
10 gr
KH2PO4
4,1 g
Tris pH 8,0
25 ml da 2M
Saccarosio
100 g
NaCl
40 ml da 5M
BSA
pH 8,0
1,5 g
EDTA
20 ml da 0,5M
PVP P.M.10.000 20 g
Acido ascorbico 5,3 g
TE buffer
PH 7,6 con KOH
10 mM Tris-HCl pH 8,0
Preparare poco prima dell’uso
1 mM EDTA pH 8,0
NON AUTOCLAVARE
86
II - SAGGIO MOLECOLARE
PCR DIRETTA
Si utilizzano i “primers” R16F2/R2 (Lee et al., 1995) le cui sequenze sono:
R16F2:
R16R2:
Mix:
5’-ACG ACT GCT AAG ACT GG-3’
5’-TGA CGG GCG GTG TGT ACA AAC CCC G-3’
10X buffer
5 µl
25 mM MgCl2
4 µl
2,5 mM dNTPs
5 µl
5 mM R16F2
4 µl
5 mM R16R2
4 µl
5 U/µl Taq
0,2 µl
H2O
25,8 µl
Dispensare 48 µl della miscela di reazione in ogni tubo di reazione.
Aggiungere 2 µl di acido nucleico estratto, mescolando bene.
Lo schema prevede 35 cicli così caratterizzati:
1 min, 94°C (3 min primo ciclo)
1 min 30 sec, 55°C
1 min 20 sec, 72°C (5 min ultimo ciclo)
PCR “NESTED”
Si utilizzano i primers R16(V)F1/R1 (Lee et al., 1994) le cui sequenze sono:
R16(V)F1:
R16(V)R1:
Mix:
5’-TTA AAA GAC CTT CTT CGG-3’
5’-TTC AAT CCG TAC TGA GAC TAC C-3’
10X buffer
5 µl
25 mM MgCl2
4 µl
2,5 mM dNTPs
5 µl
87
5 mM R16(V)F1
4 µl
5 mM R16(V)R1
4 µl
5 U/µl Taq polimerasi
0,2 µl
H2O
25,8 µl
Dispensare 48 µl della miscela di reazione in ogni tubo di reazione.
Aggiungere 2 µl di prodotto della PCR diretta, diluito 1:40, mescolando bene.
Lo schema prevede 35 cicli così caratterizzati:
1 min, 94°C (3 min primo ciclo)
1 min, 50C
1 min 15sec, 72°C (5 min ultimo ciclo)
Visualizzare la banda in gel di agarosio all’1,2%, dopo colorazione in bromuro di etidio.
88
Allegato 2 – Protocollo 2
Protocollo di diagnosi per FD. I= Metodo di estrazione del DNA totale dal
materiale vegetale. II= Esecuzione del saggio molecolare.
I –ESTRAZIONE del DNA TOTALE (Prince et al., 1993)
Sciacquare accuratamente le foglie in acqua corrente ed asciugarle.
1.
Preparare circa 1,0 gr. di nervature centrali da foglie verdi fresche, senza
necrosi evidenti e metterle in un mortaio di porcellana precedentemente
raffreddato e mantenuto in ghiaccio, le nervature vengono polverizzate in azoto
liquido con un pestello, anch’esso sterilizzato. Aggiungere 8 ml di PGB
(“Phytoplasma Grinding Buffer”) freddo e preparato poco prima dell’uso.
2.
Trasferire la miscela in una provetta corex da 15 ml e centrifugare (il rotore
deve essere stato preventivamente raffreddato) per 20 minuti a 13.000 rpm a
4°C. Risospendere il pellet in 4 ml di “Extraction buffer”, a cui vengono
aggiunti: 80 µl di una soluzione acquosa di Proteinase K (0,1 mg/ml) e 440 µl
di Sarkosil al 10%.
3.
Incubare la miscela ottenuta per 1 ora a 55°C.
4.
Centrifugare per 10 min a 8.000 rpm, prelevare il supernatante ed aggiungere
2,5 ml di isopropanolo per ottenere la precipitazione dell’acido nucleico grezzo.
E’ necessario mescolare gentilmente il campione perché avvenga la
precipitazione.
5.
Incubare a -20°C per 30 minuti oppure tutta la notte a 4°C.
6.
Centrifugare per 15 minuti a 8.000 rpm, eliminare il supernatante e
risospendere il pellet in 3 ml di tampone TE, contenente 100 µg/ml di
Proteinase K e SDS 0,5%.
7.
Incubare a 37°C per 1 ora.
8.
Aggiungere 525 µl di NaCl 5 M e 420 µl di CTAB in 0,7 M NaCl ed incubare
per 10 minuti a 65°C.
9.
Aggiungere 2 ml di fenolo saturato con tampone TE e 2 ml di una miscela
composta da cloroformio/alcol isoamilico in rapporto 25:24:1, vortexare
gentilmente e centrifugare 8.000 rpm per 10 minuti a 4°C.
10.
Prelevare il supernatante ed aggiungere 4 ml di cloroformio/alcol isoamilico,
centrifugare per 10 minuti a 8.000 rpm e trasferire il supernatante.
11.
Aggiungere 2,5 ml di isopropanolo ed incubare tutta la notte a 4°C.
12.
Centrifugare a 11.000 rpm per 30 minuti.
13.
Lavare il pellet con 1 ml di etanolo 70% a freddo (prestando attenzione a non
staccare il pellet dalla parete della provetta) e centrifugare a 11.000 rpm per 10
minuti. Lasciare asciugare il pellet all’aria finché diviene inodore (2-4 ore).
14.
Risospendere il pellet in 100 µl di TE mescolando dolcemente.
15.
Mantenere in ambiente refrigerato a 4°C.
Quantificare la concentrazione dell’acido nucleico allo spettrofotometro.
N.B.= Gli acidi nucleici così estratti possono essere mantenuti a –20°C per un periodo non
superiore a 6 mesi. Importante è evitare ripetuti scongelamenti.
89
TAMPONI UTILIZZATI per l'ESTRAZIONE degli ACIDI NUCLEICI
PGB (“Phytoplasma Grinding Buffer”) per 1 litro
K2HPO4
16,7 (anidro) o 21,7 g (idrato)
KH2PO4
4,1 g
Saccarosio
100 g
Siero albumina bovina (frazione V)
1,5 g
Polivinilpirrolidone (PVP) P.M. 10.000
20 g
Acido ascorbico
5,3 g
Portare a pH 7,6 con 2N NaOH, filtrare con filtri 0,2µ e mantenere in frigorifero
Prima dell’uso aggiungere 5,3 g di acido ascorbico.
“Extraction buffer“ per 1 litro
TRIS HCl 100 mM pH 8
100 ml
NaCl
14,5 g (concentrazione finale: 250 mM)
EDTA
37,2 g (concentrazione finale: 100 mM)
Autoclavare
10% CTAB Buffer per 1 litro
CTAB
10 g
NaCl
41 g
Sciogliere 41 g di NaCl in 800 ml di H2O, aggiungere lentamente il CTAB scaldando e
agitando. Portare a volume.
NaCl 5M per 1 litro
NaCl 290 g
TE buffer pH 8,0
10 mM Tris-HCl pH 8,0
1 mM EDTA pH 8,0
II – SAGGIO MOLECOLARE
1- PCR DIRETTA
Si utilizzano i primers universali P1/P7 (Deng and Hiruki, 1991; Schneider et al.,
1995), le cui sequenze sono:
P1:
5’-AAG AGT TTG ATC CTG GCT CAG GAT T-3’
P7:
5’-CGT CCT TCA TCG GCT CTT-3’
Mix:
10X PCR buffer
5 µl
2,5 mM dNTPs
4 µl
primer P1 20µM
1 µl
primer P2 20µM
1 µl
Taq polimerasi 5U/µl 1,25 µl
H2O
37,750µl
DNA estratto 20 µg/µl
1,0 µl
________________________________________
TOTALE
50 µl
90
Dispensare 49 µl della miscela di reazione in ogni tubo di reazione.
Aggiungere 1 µl di acido nucleico estratto, mescolando bene.
Lo schema previsto prevede 35 cicli così caratterizzati:
1 min, 94°C (3 min per il primo ciclo)
2 min, 50°C
3 min, 72°C (10 min per l’ultimo ciclo)
2- PCR NESTED I
Si utilizzano i “primers” R16F2/R2 (Lee et al., 1995) le cui sequenze sono:
R16F2:
R16R2:
5’-ACG ACT GCT AAG ACT GG-3’
5’-TGA CGG GCG GTG TGT ACA AAC CCC G-3’
10X PCR buffer
2,5 mM dNTPs
primer R16F2 20µM
primer R16R2 20µM
Taq polimerasi 5U/µl
5 µl
4 µl
1 µl
1 µl
1,25 µl
Prodotto di P1/P7 dil. 1:30 1 µl
H2O
a volume
________________________________________
TOTALE
50 µl
Dispensare 49 µl della miscela di reazione in ogni tubo di reazione.
Aggiungere 1 µl di prodotto della PCR diretta, diluito 1:30, mescolando bene.
Lo schema previsto prevede 35 cicli così caratterizzati:
1 min, 94°C (3 min per il primo ciclo)
2 min, 50°C
3 min, 72°C (10 min per l’ultimo ciclo)
Si visualizza in gel e la lunghezza del prodotto è 1200 circa nucleotidi
91
2- PCR NESTED II
Si utilizzano i primers R16(V)F1/R1 (Lee et al., 1994) le cui sequenze sono:
R16(V)F1:
5’-TTA AAA GAC CTT CTT CGG-3’
R16(V)R1: 5’-TTC AAT CCG TAC TGA GAC TAC C-3’
10X PCR buffer
2,5 mM dNTPs
primer R16(V)F1 20 M
primer R16(V)R1 20 M
Taq polimerasi 5U/ l
5 µl
4 µl
1 µl
1 µl
1,25 µl
Prodotto R2/F2 dil. 1:30
1 µl
H2O
a volume
_______________________________________
TOTALE
50 µl
Dispensare 49 µl della miscela di reazione in ogni tubo di reazione.
Aggiungere 1 µl di prodotto della PCR NESTED I, diluito 1:30, mescolando bene.
Lo schema previsto prevede 35 cicli così caratterizzati:
1 min, 94°C (3 min per il primo ciclo)
2 min, 50°C
3 min, 72°C (10 min per l’ultimo ciclo)
Si visualizza in gel e la lunghezza del prodotto è 1100 circa nucleotidi.
92
All
egato 3 – Protocollo 3
Protocollo 3 di diagnosi per FD.
I -ESTRAZIONE del DNA TOTALE (Angelini et al, 2001)
1. Sciacquare accuratamente le foglie in acqua corrente ed asciugarle;
2. Cambiare lama e supporto di taglio ad ogni campione. Preparare circa 1 g di nervature
centrali da foglie fresche, senza necrosi evidenti, e metterle in sacchetti “tipo ELISA”;
3. Aggiungere 7 ml per grammo di campione di tampone CTAB 3%, (aggiungere
l’antiossidante all’ultimo momento: DTT 0,4% o 2-mercaptoetanolo 0,2%);
4. Omogeneizzare i campioni e trasferire (con punte di micropipette tagliate) 1 ml della
miscela in Eppendorf da 2 ml;
5. Mettere ad incubare a 65°C per 20’. Agitare le provette almeno una volta durante
l’incubazione;
6. Aggiungere 1 ml di cloroformio, mescolare bene;
7. Centrifugare a 11.000g per 10’ a temperatura ambiente;
8. Trasferire il sopranatante in una nuova Eppendorf da 2 ml, aggiungere 1 ml di
isopropanolo, mescolare bene;
9. Centrifugare a 11.000g per 15’ a temperatura ambiente;
10. Eliminare il sopranatante (prestando attenzione al pellet), rovesciare i tubi per scolare
meglio;
11. Lavare il pellet con 1 ml di etanolo 70% freddo (versare 1 ml di etanolo nella
Eppendorf ed eliminarlo dopo pochi minuti rovesciando il tubo);
12. Lasciare asciugare bene il pellet: tenere le provette capovolte e poi lasciarle asciugare
all’aria fino a che il pellet diviene inodore, oppure liofilizzare;
13. Risospendere il pellet in 100 µl di acqua sterile o TE, mescolando dolcemente,
mantenere a 4°C. Prima di procedere al test PCR, risospendere di nuovo il pellet
pipettando delicatamente.
N.B.= Gli acidi nucleici così estratti e sciolti in acqua sterile o TE possono essere
mantenuti a –20°C per un lunghissimo periodo. Importante è evitare ripetuti
scongelamenti.
TAMPONE DI ESTRAZIONE CTAB 3% pH 8,0
CTAB
gr 30
3%
Tris
gr 121,1
1M
NaCl
gr 81,816
1,4M
EDTA 0,5M
ml 40
20mM
Acqua sterile
fino ad 1 litro
portare a pH con HCl puro
93
II -ESECUZIONE DEL SAGGIO MOLECOLARE
1- PCR DIRETTA
Si utilizzano i “primers” universali P1/P7 (Deng e Hiruki, 1991; Schneider et al., 1995),
le cui sequenze sono:
P1:
5’-AAG AGT TTG ATC CTG GCT CAG GAT T-3’
P7:
5’-CGT CCT TCA TCG GCT CTT-3’
o, in alternativa, i “primers” universali R16F2/R2 (Lee et al.,1995. ), le cui sequenze
sono:
R16F2: 5’-ACG ACT GCT AAG ACT GG-3’
R16R2: 5’-TGA CGG GCG GTG TGT ACA AAC CCC G-3’
Mix:
per 1 campione
H2O
27,68 µl
10X PCR buffer *
5 µl
25 mM MgCl2*
3 µl
2,5 mM dNTPs ciascuno
4 µl
5 µM P1 o R16F2
4 µl
5 µM P7 o R16R2
4 µl
5 U/µl Taq polimerasi
0,32 µl
1U/tubo
________________________________________
TOTALE
48 µl
* fornito sempre insieme alla Taq
Dispensare 48 µl della miscela di reazione in ogni tubo di reazione.
Aggiungere 2 µl di acido nucleico estratto, diluito 1:10 mescolando bene.
Lo schema previsto prevede 35 cicli così caratterizzati:
1 min, 94°C (3 min per il primo ciclo)
2 min, 50°C
3 min, 72°C (5 min per l’ultimo ciclo)
2- PCR NESTED
Si utilizzano i primers R16(V)F1/R1 (Lee et al., 1995) le cui sequenze sono:
R16(V)F1:
R16(V)R1:
5’-TTA AAA GAC CTT CTT CGG-3’
5’-TTC AAT CCG TAC TGA GAC TAC C-3’
Mix:
per 1 campione
94
H2O
27,68µl
10X PCR buffer *
5 µl
25 mM MgCl2*
3 µl
2,5 mM dNTPs ciascuno
4 µl
5 µM R16(V)F1
4 µl
5 µM R16(V)R1
4 µl
5 U/µl Taq polimerasi
0,32 µl
________________________________________
TOTALE
48 µl
* fornito sempre insieme alla Taq
1 U/tubo
Dispensare 48 µl della miscela di reazione in ogni tubo di reazione.
Aggiungere 2 µl di prodotto della PCR diretta, diluito 1:40, mescolando bene.
Lo schema previsto prevede 35 cicli così caratterizzati:
1 min, 94°C (3 min per il primo ciclo)
2 min, 50°C
3 min, 72°C (5 min per l’ultimo ciclo)
Visualizzare la banda in gel di agarosio all’1,2%, dopo colorazione in bromuro di etidio.
95
BIBLIOGRAFIA
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97
Aspetti statistici per un protocollo sperimentale applicato alla verifica dello stato
sanitario delle produzioni vivaistiche
Peressini S. 1, V. Barbina2, S. Colonnello2
1
ERSA – Servizio Chimico-Agrario e della Certificazione, Laboratorio di Fitovirologia,
Pozzuolo del Friuli (UD)
2
Studio Tecnico Stefano Colonnello, Pasian di Prato (UD), Consulenti ERSA
RIASSUNTO
L’adozione di procedure che permettano di ottenere dati attendibili sullo stato sanitario
della popolazione sotto controllo, è un prerequisito per l’implementazione di un “sistema di
qualità” per la certificazione di prodotto.
Questo lavoro tratta il metodo statistico implementato dal Laboratorio di Fitovirologia del
Servizio Chimico-Agrario e della Certificazione dell’ERSA allo scopo di accertare la
presenza di virus in lotti di piante dalle quali è stato estratto ed analizzato un campione di
piccola taglia, cercando di ottimizzare le risorse disponibili e minimizzando i costi.
La valutazione con metodi statistici del tasso di infezione di una popolazione non può
esprimere risultati assoluti, ma solo stime con un certo grado di probabilità (livello di fiducia)
legato alla dimensione della popolazione, alla numerosità del campione estratto ed ai risultati
delle analisi diagnostiche. La regola generale è che quanto più grande è la popolazione e
quanto più grande è il grado di fiducia che si vuole raggiungere, tanto più numeroso deve
essere il campione da esaminare.
SUMMARY
The procedure applications giving reliable data on the sanitary condition of the
population under control, is a prerequisite for the enforcement of any “quality assurance”
system.
This work describes a statistical method implemented by ERSA to detect the presence of
viruses in batches of plants from which a small sample is taken and analysed by biological
test, with the goal of optimising resources and reducing costs.
Of course, the estimation of the infection rate of a biological population by statistical methods
does not result in an absolute figure, but in the assessment of a probable infection range and a
related confidence level, which in turn is connected with the size of the population, the size of
the sample, and the results of the test. As a general rule, the larger is the population and the
higher is the confidence level we want to reach, the larger would be the size of the sample to
be analysed.
98
PREMESSA
Il vivaismo viticolo friulano si pone ai vertici del panorama mondiale con oltre 700
ettari di superficie destinata alla coltivazione delle piante madri di marze e portinnesti ed una
produzione di oltre 40 milioni di piante.
Per mantenere questi livelli e non perdere competitività rispetto ad altri stati europei, è
necessario che il prodotto presenti un elevato grado di qualità che, nel caso in esame, significa
un basso grado di infezione da malattie da virus o virus-simili.
Nell’ambito del Servizio Chimico-Agrario e della Certificazione dell’ERSA, l’attività
del Laboratorio di Fitovirologia, riconosciuta dal Ministero dell’Agricoltura quale organismo
preposto
all’effettuazione
degli
accertamenti
di
“virus-esenza”
sul
materiale
da
moltiplicazione della vite, è rivolta alla diagnosi su marze e portinnesti delle principali virosi
della vite mediante l’uso della tecnica sierologica ELISA e dell’indexaggio su piante
indicatrici.
L’implementazione di un sistema qualità per il vivaismo viticolo comporta l’adozione di
procedure che permettano di ottenere informazioni puntuali sullo stato sanitario della
popolazione esaminata. In generale si devono prelevare i campioni ed eseguire i test secondo
metodiche predefinite, in modo da stabilire diversi livelli di qualità.
Per ottenere risultati affidabili con il miglior impegno delle risorse disponibili, cercando
di minimizzare i costi, si è proceduto alla definizione di una procedura statistica per valutare
la presenza di virus in lotti di piante dalle quali è stato estratto ed analizzato un campione di
piccola taglia.
Più esattamente, il primo passo ha il fine di determinare se il tasso di infezione del lotto
in esame, o popolazione, sia inferiore ad una certa soglia prefissata, definita accettabile,
mentre il passo successivo consente di ottenere informazioni più puntuali determinando se il
tasso di infezione sia superiore ad una seconda soglia.
METODI STATISTICI
La prima fase dello studio ha permesso di mettere a punto una procedura che ha lo
scopo di determinare se il tasso di infezione del lotto in esame – o popolazione – non superi
una certa soglia prefissata, definita accettabile. Questa procedura è volta a fornire, al minor
costo possibile, una stima del tasso di infezione di un lotto di materiale che deve essere
99
verificato e che deve sottostare a determinati limiti prefissati dall'acquirente o stabiliti da
norme di legge.
Naturalmente la valutazione con metodi statistici del tasso di infezione, come di
qualsiasi altro parametro, non può dare risultati certi, ma solo stime con un certo grado di
probabilità – in termini statistici: livello di fiducia – legato alla taglia della popolazione, alla
taglia del campione estratto ed ai risultati dei test diagnostici.
Secondo la procedura messa a punto si decide che il tasso di infezione è accettabile se, e
solo se, nel campione non si trova nessun elemento infetto. O meglio si decide che il tasso di
infezione del lotto è superiore alla soglia accettabile se nel campione si trova anche un solo
elemento infetto. Per questo in termini statistici gli elementi risultati infetti al test diagnostico
si chiamano successi: non appena è trovato un elemento infetto si può interrompere i test e
scartare il lotto come cattivo (questo permette di ridurre i costi di analisi anche se non quelli
di campionamento).
L’analisi statistica è basata su un principio di facile comprensione, che chiariamo con un
esempio. Supponiamo di avere un lotto di 8 piante (popolazione), delle quali 2 sono infette, e
di estrarre un campione di 3 piante. Tutti i modi possibili di estrarre il campione sono 56
mentre i modi possibili di estrazione con un infetto sono 30, quindi se il tasso di infezione è di
2 su 8 la probabilità di trovare un solo infetto nel campione è 30/56 (Figura 1).
Si vede - e del resto è intuibile - che taglia del lotto, taglia del campione, livello di
fiducia e soglia accettabile sono parametri funzionalmente dipendenti. Per esempio, se si è
stabilito un livello di fiducia del 95% ed una soglia accettabile del 2%, da un lotto di 10.000
piante si deve estrarre un campione di 148 piante ed essere disposti a sottoporle al test
diagnostico tutte quante. Solo se il numero di successi è zero - se cioè tutte le 148 piante del
campione sono risultate sane - si può decidere che il lotto ha un tasso di infezione non
superiore al 2% e lo si può accettare come buono.
Riteniamo opportuno precisare il significato di livello di fiducia. Quando diciamo che il
livello di fiducia è del 95%, vuol dire che se ripetessimo la procedura un grande numero di
volte, estraendo sempre dallo stesso lotto un campione di 148 piante e sottoponendolo al test
diagnostico, 95 volte su 100 giungeremmo alla stessa conclusione. In termini più pratici,
nell’esempio precedente la procedura consente di accettare un lotto come buono, ma lasciando
un piccolo margine di rischio del 5% di aver accettato come buono un lotto cattivo.
100
Potremmo estrarre un campione di taglia più piccola, per esempio di 100 piante, ma
allora dovremmo accontentarci di prendere una decisione con un livello di fiducia più basso,
precisamente dell’87%, correndo un rischio più alto, del 13%, di accettare come buono un
lotto cattivo.
Oppure potremmo mantenere il livello di fiducia della decisione al 95%, ma stabilire
una soglia accettabile del 4%.
In tal caso basta estrarre un campione di 73 piante da
sottoporre al test diagnostico, e solo se il numero di successi è zero – se cioè tutte le 73 piante
del campione sono risultate sane - si può decidere che il lotto ha un tasso di infezione non
superiore al 4% e lo si può accettare come buono. La regola generale è che quanto più grande
è la popolazione e quanto più elevato è il grado di fiducia che si vuole raggiungere, tanto più
numeroso deve essere il campione da esaminare.
Dal punto di vista operativo la procedura fornisce un insieme di tabelle - per diverse
taglie della popolazione, diverse soglie accettabili del tasso di infezione, diversi livelli di
fiducia della decisione, diverse taglie del campione - immediatamente consultabili (Figura 2).
I parametri di analisi statistica sono dunque i seguenti:
TAGLIA DELLA POPOLAZIONE (dato iniziale)
N
TAGLIA DEL CAMPIONE (da determinare)
n
NUMERO DI ELEMENTI INFETTI (sconosciuto)
I = N×p
NUMERO DI ELEMENTI SANI (sconosciuto)
N-I
TASSO DI INFEZIONE (sconosciuto)
p = I/N
NUMERO DI INFETTI ATTESI NEL CAMPIONE
n×p
SUCCESSI: NUMERO DI INFETTI NEL CAMPIONE
c
FUNZIONE DI DISTRIBUZIONE (nota)
P(c;n;I;N)
Chiameremo questa procedura P(0;n;Ia;N), perché basata su zero successi e su un
numero accettabile di infetti nel campione Ia = N×pa.
I valori di soglia sono stabiliti da convenzioni o norme di qualità, i livelli di fiducia sono
stabiliti da convenzioni comunemente accettate: il livello di fiducia del 95% è quasi una
regola nei test di carattere biologico o merceologico. Fissati questi due parametri, la taglia del
campione risulta determinata dalla taglia della popolazione.
101
Risulta evidente che la procedura P(0;n;Ia;N) porta a rigettare con facilità: infatti basta
che il primo elemento sottoposto a test diagnostico risulti infetto per decidere che il lotto ha
un tasso di infezione non accettabile. Invece richiede molti test prima di poter decidere che il
lotto ha un tasso di infezione accettabile: devono essere analizzati con esito negativo tutti gli n
elementi del campione.
Ed è quindi intuitivo che si tratta di una procedura che garantisce di fornire agli
acquirenti lotti di buona qualità, ma che per ottenere questa garanzia essa comporta una
probabilità elevata di rigettare come cattivi lotti che in realtà sono buoni. Essa,
interrompendosi al primo successo, non dà informazioni sul probabile tasso di infezione del
lotto. In termini statistici si dice che la procedura comporta un piccolo rischio di errore di
seconda specie, cioè di accettare un lotto che dovrebbe essere rigettato, ma un elevato rischio
di errore di prima specie, cioè di rigettare un lotto che dovrebbe essere accettato.
Nel caso si ritenga ottenere altre, più puntuali, informazioni sullo stato di infezione della
popolazione esaminata, si devono considerare più livelli di soglia e prelevare i campioni ed
eseguire i test secondo percorsi più articolati, in modo da stabilire diversi livelli di qualità e di
seguire eventualmente l’evolversi dello stato di infezione nel tempo e nel vivaio.
In particolare si definisce un tasso di infezione pa accettabile, con un rischio di errore di
prima specie α, ed un tasso di infezione pna non accettabile, con un rischio di errore di
seconda specie β. Le relazioni che legano tra loro questi parametri sono:
α= 1 – P(c;n;pa;N)
rischio di rigettare un lotto accettabile, cioè un lotto con
tasso di infezione non superiore a pa, avendo trovato c
elementi infetti nel campione prelevato di n elementi;
β = P(c;n;pna;N)
rischio di accettare un lotto che dovrebbe essere rigettato,
cioè un lotto con tasso di infezione maggiore di pna,
avendo trovato c elementi infetti nel campione prelevato
di n elementi.
Queste relazioni permettono di affrontare il problema secondo diversi approcci. Per
esempio si stabiliscono a priori le soglie di infezione pa e pna e la taglia del campione n. In
questo modo si possono valutare i rischi di errore delle decisioni in base al numero di successi
102
c dei test diagnostici. Oppure, stabiliti i rischi dei errore α e β e le soglie di infezione pa e pna ,
si ricerca la taglia del campione n in funzione dei diversi valori di c.
La scelta di uno o diversi approcci di analisi dipende dalla precisa definizione del progetto di
qualità che si vuole ottenere.
Qualsiasi siano l’approccio o gli approcci scelti, lo strumento di analisi statistica di uso
generale che potrà essere impiegato nella realizzazione del sistema qualità per il vivaismo
viticolo è già stato impostato. Esso è ancora basato sull’analisi P(c;n;I;N) del numero di
successi c in un campione di piccola taglia n prelevato da un lotto di N piante in vivaio e
sottoposto a test diagnostico.
Per chiarire le caratteristiche di potenzialità e flessibilità del metodo proposto è
sufficiente darne una breve descrizione.
Supponiamo di avere una popolazione di N piante in vivaio e di avere analizzato un
campione random di n elementi. L’analisi P(c;n;I,N) mi permette di calcolare per ogni valore
del presunto tasso di infezione la probabilità di avere c successi, e quindi di valutare il livello
di fiducia di qualsiasi ipotesi io faccia sullo stato di salute della popolazione. Per esempio se
la popolazione è di 10.000 piante, il campione analizzato è di 80 elementi ed ho trovato 3
elementi infetti, potrò decidere che la popolazione ha un tasso di infezione compreso tra 1 e
9%, e che la mia decisione ha un livello di fiducia del 96%. Oppure che il tasso di infezione
probabile è compreso tra il 3 ed il 5%, ma con livello di fiducia ridotto al 58% (Figura 3).
Ma lo strumento di analisi permette di variare n, c, o altri parametri a piacimento, al fine
di avere un quadro della situazione che risponda a qualsiasi quesito posto dai diversi approcci.
Per esempio permette di vedere immediatamente come cambia il quadro se il campione
prelevato è di 150 elementi: potrò decidere in tal caso che la popolazione ha un tasso di
infezione compreso tra 1 e 5%, e che la mia decisione ha un livello di fiducia del 95%, con
tasso più probabile pari al 2%. Oppure che il tasso di infezione probabile è compreso tra 1,5 e
3%, ma con livello di fiducia ridotto al 61% (Figura 4).
Ma permette anche di vedere immediatamente come cambia il quadro se il numero di
successi è ridotto a 2: potrò decidere in tal caso che la popolazione ha un tasso di infezione
compreso tra 0,5 e 4%, e che la mia decisione ha un livello di fiducia del 96%, con tasso più
probabile pari a 1,5%. Oppure che il tasso di infezione probabile è compreso tra 1 e 2%, ma
con livello di fiducia ridotto al 56% (Figura 5). E così via.
103
Se applichiamo lo strumento di analisi secondo la procedura P(0;n;Ia;N), sperimentata
finora nel lavoro di analisi preliminare, ne mettiamo immediatamente in evidenza i limiti per i
quali è adatta ad accettare o scartare un lotto come probabilmente infetto entro od oltre una
certa soglia, ma non adatta ad essere applicata al “Sistema Qualità”. Riprendiamo infatti
l’esempio precedente e vediamo come cambia il quadro se il numero di successi è zero, cioè
se il test non ha rivelato alcun elemento infetto (Figura 6). La distribuzione di probabilità non
ha un massimo, ma è un istogramma discendente che parte da zero con probabilità 1 per un
tasso di infezione zero. Il che è evidente, perché se il tasso di infezione è zero ho la certezza
che il numero di elementi infetti, in qualsiasi campione, è zero. Non posso individuare un
tasso di infezione più probabile attorno al quale definire un intervallo con livello di fiducia
95%, come negli esempi precedenti. Posso invece decidere che il lotto ha un livello di
infezione non superiore a una certa soglia – in questo caso il 2% - con livello di fiducia del
95%, o che ha un livello di infezione non superiore ad un’altra soglia - in questo caso il 4% con livello di fiducia del 99%.
Lo strumento da applicare comprende invece l’insieme delle procedure P(c;n;I;N) che
abbiamo cercato di descrivere. Esso è il risultato di un proficuo lavoro di collaborazione tra i
ricercatori dell’ERSA e gli esperti statistici, e dell’esperienza acquisita in reiterati tentativi ed
adattamenti di tecniche e procedure di campionamento, test e analisi.
CONCLUSIONI
Le finalità del controllo di qualità sono rivolte alla qualificazione della produzione
vivaistica nel rispetto delle norme vigenti; inoltre solo con l’adeguamento a standard
internazionali il prodotto potrà puntare a mantenere le attuali quote di mercato che sono assai
consistenti.
La prima fase del progetto di qualità sulle produzioni vivaistiche prevede la conoscenza
dello stato di fatto, basata su intensi controlli nei singoli vivai, mentre la seconda fase prevede
il controllo a campione del ciclo produttivo.
In funzione delle diverse categorie di materiali da riproduzione potranno essere fissate
una o più soglie di tolleranza che rappresentano il livello accettato di incidenza delle patologie
eventualmente riscontrate al termine delle analisi di laboratorio per ogni lotto.
104
BIBLIOGRAFIA
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Barbina V., S. Colonnello. 1999. Progetto “qualità in agricoltura” proposte per il vivaismo
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105
Fig. 1. Analisi di un campione composto da 3 piante estratto
da un lotto di 8 piante di cui 2 infette
Popolazione: N
Infetti: I
Campione: n
8
2
3
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
…
Tutti i modi possibili
di estrarre un campione:
(6+5+4+3+2+1)+
(5+4+3+2+1)+
(4+3+2+1)+
(3+2+1)+
(2+1)+
(+1)
=
56
Casi in cui si trova
un infetto nel campione:
(10+8+6+4+2+0) =
30
…
Probabilità di trovare
un infetto nel campione:
30 : 56
…
106
1
2
3
4
5
6
7
8
9
1
11
12
13
…
1
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
…
1
2
3
4
5
6
7
0
Fig. 2. Tabelle per la valutazione del protocollo sperimentale per due livelli soglia
Probabilità di non trovare alcun elemento infetto se il tasso di infezione supera il 2%
100
200
500
1000
5000
10000
20000
N
2
4
10
20
100
200
400
I
n
10
0,81
0,81
0,82
0,82
0,82
0,82
0,82
20
0,64
0,65
0,66
0,66
0,67
0,67
0,67
30
0,49
0,52
0,54
0,54
0,54
0,54
0,55
40
0,36
0,41
0,43
0,44
0,44
0,44
0,45
50
0,25
0,31
0,35
0,35
0,36
0,36
0,36
60
0,16
0,24
0,28
0,29
0,30
0,30
0,30
70
0,09
0,18
0,22
0,23
0,24
0,24
0,24
80
0,04
0,13
0,17
0,19
0,20
0,20
0,20
90
0,01
0,09
0,13
0,15
0,16
0,16
0,16
100
0,00
0,06
0,10
0,12
0,13
0,13
0,13
110
0,04
0,08
0,09
0,11
0,11
0,11
120
0,02
0,06
0,08
0,09
0,09
0,09
130
0,01
0,05
0,06
0,07
0,07
0,07
140
0,01
0,04
0,05
0,06
0,06
0,06
145
0,01
0,03
0,04
0,05
0,05
0,05
160
0,00
0,02
0,03
0,04
0,04
0,04
170
0,00
0,01
0,02
0,03
0,03
0,03
Probabilità di non trovare alcun elemento infetto se il tasso di infezione supera il 4%
100
200
500
1000
5000
10000
20000
N
4
8
20
40
200
400
800
I
n
10
0,65
0,66
0,66
0,66
0,66
0,66
0,66
20
0,40
0,42
0,43
0,44
0,44
0,44
0,44
30
0,23
0,27
0,28
0,29
0,29
0,29
0,29
40
0,12
0,16
0,18
0,19
0,19
0,19
0,20
50
0,06
0,10
0,12
0,12
0,13
0,13
0,13
60
0,02
0,05
0,07
0,08
0,09
0,09
0,09
70
0,01
0,03
0,05
0,05
0,06
0,06
0,06
75
0,00
0,02
0,04
0,04
0,05
0,05
0,05
80
0,00
0,02
0,03
0,03
0,04
0,04
0,04
100
0,00
0,01
0,01
0,02
0,02
0,02
110
0,00
0,01
0,01
0,01
0,01
0,01
120
0,00
0,01
0,01
0,01
0,01
130
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
140
0,00
0,00
0,00
0,00
150
0,00
0,00
0,00
0,00
160
0,00
0,00
170
0,00
0,00
107
Fig. 3. Andamento della funzione di probabilità
per N=10000, n=80, c=3
p
I
0
0,005
0,01
0,015
0,02
0,025
0,03
0,035
0,04
0,045
0,05
0,055
0,06
0,065
0,07
0,075
0,08
0,085
0,09
0,095
0,1
0,105
0,11
0
50
100
150
200
250
300
350
400
450
500
550
600
650
700
750
800
850
900
950
1000
1050
1100
Pdiff bin Normal. Pint bin Normal.
0,000
0,007
0,038
0,087
0,139
0,183
0,213
0,227
0,227
0,216
0,198
0,175
0,151
0,128
0,105
0,086
0,068
0,054
0,042
0,032
0,025
0,019
0,014
0,000
0,003
0,015
0,035
0,056
0,074
0,086
0,092
0,092
0,088
0,080
0,071
0,061
0,052
0,043
0,035
0,028
0,022
0,017
0,013
0,010
0,008
0,006
0,000
0,007
0,045
0,131
0,270
0,453
0,665
0,892
1,119
1,335
1,533
1,708
1,860
1,987
2,093
2,178
2,247
2,301
2,343
2,375
2,400
2,418
2,432
108
0,000
0,003
0,018
0,053
0,109
0,183
0,270
0,361
0,453
0,541
0,621
0,692
0,753
0,805
0,848
0,882
0,910
0,932
0,949
0,962
0,972
0,980
0,985
1-9%
0,96
2-7%
0,89
3-5%
0,58
Fig. 4. Andamento della funzione di probabilità
per N=10000, n=150, c=3
p
I
0
0,005
0,01
0,015
0,02
0,025
0,03
0,035
0,04
0,045
0,05
0,055
0,06
0,065
0,07
0,075
0,08
0,085
0,09
0,095
0,1
0,105
0,11
0,115
0
50
100
150
200
250
300
350
400
450
500
550
600
650
700
750
800
850
900
950
1000
1050
1100
1150
Pdiff bin
0,000
0,033
0,126
0,202
0,226
0,208
0,169
0,126
0,087
0,058
0,037
0,022
0,013
0,008
0,004
0,002
0,001
0,001
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
Pint bin
0,000
0,025
0,095
0,152
0,171
0,157
0,128
0,095
0,066
0,044
0,028
0,017
0,010
0,006
0,003
0,002
0,001
0,001
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,033
0,159
0,361
0,587
0,795
0,964
1,090
1,177
1,235
1,272
1,294
1,308
1,315
1,320
1,322
1,323
1,324
1,325
1,325
1,325
1,325
1,325
1,325
109
1-5%
0,000
0,025
0,120
0,272
0,443
0,600
0,728
0,823
0,889
0,932
0,960
0,977
0,987
0,993
0,996
0,998
0,999
0,999
1,000
1,000
1,000
1,000
1,000
1,000
0,95
1,5-3%
0,61
Fig. 5. Andamento della funzione di probabilità
per N=10000, n=150, c=2
p
I
0
0,005
0,01
0,015
0,02
0,025
0,03
0,035
0,04
0,045
0,05
0,055
0,06
0,065
0,07
0,075
0,08
0,085
0,09
0,095
0,1
0,105
0,11
0,115
0,12
0,125
0,13
0,135
0,14
0
50
100
150
200
250
300
350
400
450
500
550
600
650
700
750
800
850
900
950
1000
1050
1100
1150
1200
1250
1300
1350
1400
Pdiff bin
0,000
0,133
0,252
0,269
0,225
0,165
0,111
0,070
0,043
0,025
0,014
0,008
0,004
0,002
0,001
0,001
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
Pint bin
0,000
0,101
0,191
0,203
0,170
0,125
0,084
0,053
0,032
0,019
0,011
0,006
0,003
0,002
0,001
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,133
0,386
0,654
0,879
1,044
1,154
1,225
1,267
1,292
1,306
1,314
1,318
1,320
1,322
1,322
1,323
1,323
1,323
1,323
1,323
1,323
1,323
1,323
1,323
1,323
1,323
1,323
1,323
110
0,5-4%
0,000
0,101
0,291
0,494
0,664
0,789
0,873
0,926
0,958
0,977
0,987
0,993
0,996
0,998
0,999
1,000
1,000
1,000
1,000
1,000
1,000
1,000
1,000
1,000
1,000
1,000
1,000
1,000
1,000
0,96
0,5-2,5%
0,79
1-2%
0,56
Fig. 6. Andamento della funzione di probabilità
per N=10000, n=150, c=0
p
I
0
0,005
0,01
0,015
0,02
0,025
0,03
0,035
0,04
0,045
0,05
0,055
0,06
0,065
0,07
0,075
0,08
0,085
0,09
0,095
0,1
0,105
0,11
0,115
0,12
0,125
0,13
0,135
0,14
0,145
0
50
100
150
200
250
300
350
400
450
500
550
600
650
700
750
800
850
900
950
1000
1050
1100
1150
1200
1250
1300
1350
1400
1450
Pdiff bin
1,000
0,471
0,221
0,104
0,048
0,022
0,010
0,005
0,002
0,001
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
Pint bin
0,530
0,250
0,117
0,055
0,026
0,012
0,005
0,003
0,001
0,001
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
0,000
1,000
1,471
1,693
1,797
1,845
1,867
1,878
1,882
1,885
1,886
1,886
1,886
1,886
1,886
1,886
1,886
1,886
1,886
1,886
1,886
1,886
1,886
1,886
1,886
1,886
1,886
1,886
1,886
1,886
1,886
111
<2%
0,530
0,780
0,897
0,952
0,978
0,990
0,995
0,998
0,999
1,000
1,000
1,000
1,000
1,000
1,000
1,000
1,000
1,000
1,000
1,000
1,000
1,000
1,000
1,000
1,000
1,000
1,000
1,000
1,000
1,000
<3%
0,95
0,99
Diagnosi multipla di GVA e GVB mediante RT-PCR
Loconsole G., M. Dell’Orco, P. Saldarelli
Dipartimento di Protezione delle Piante, Università degli Studi di Bari, e
Centro di Studio del CNR sui Virus e le Virosi delle Colture Mediterranee
La tecnica di RT-PCR è oramai diffusamente impiegata per la diagnosi di virus della vite in
programmi di certificazione sanitaria del materiale di propagazione. Comunque la necessità di
estrarre gli acidi nucleici totali dai tessuti del campione insieme alla diagnosi individuale per ogni
singolo virus rendono tale tecnica dispendiosa. Una sensibile riduzione dei costi potrebbe derivare
dallo sviluppo di protocolli di diagnosi multipla. In letteratura sperimentazioni per lo sviluppo di
multiplex RT-PCR hanno evidenziato la necessità di determinare empiricamente le condizioni di
reazione specifiche per i virus e i primers considerati. Viene qui descritto brevemente un protocollo
di diagnosi simultanea di due virus della vite associati al complesso del legno riccio derivante da un
lavoro di ottimizzazione delle condizioni di reazione.
Il lavoro è stato condotto su tre viti coltivate in vaso infette unicamente da GVB o da ambedue i
virus (GVA e GVB) e gli acidi nucleici totali sono stati purificati con un metodo
microcromatografico su silice microcristallina utilizzando foglie e piccioli raccolti nel mese di
giugno.
Primers specifici per GVA e GVB sono stati selezionati tenendo conto delle seguenti caratteristiche:
1) generare frammenti amplificati di diversa dimensione e pertanto facilmente risolvibili in gel
elettroforesi;
2) limitare le possibilità di interazioni aspecifiche tra primers diversi.
I
primers
selezionati
H28
(5’
gtgctaagaacgtcttcacagc3’);
B/BoSedown
(5’
cgagtagcccttcgtttagccgc3’) che amplificano sul genoma di GVB un frammento di 155 nucleotidi,
sono stati adoperati in multiplex RT-PCR, con la coppia H587 (5’ gacaaatggcacactacg 3’); C995 (5’
aagcctgacctagtcatcttgg 3’) abitualmente adoperata per amplificare un frammento di 432 nucleotidi
sul genoma di GVA.
Gli esperimenti di ottimizzazione effettuati hanno inizialmente dimostrato che la sostituzione dei
random primers con oligo dT in fase di sintesi del cDNA inibiva l’amplificazione di GVB.
Successivamente si è quindi studiata l’influenza della concentrazione di desossiribonucleotidi, della
Taq DNA polimerasi, e dell’ MgCl2 sulla qualità e quantità della reazione di RT-PCR. In sintesi si
è osservato che l’incremento della Taq DNA polimerasi a 0.05 U/µl ed una concentrazione 1 mM
112
di MgCl2 generano bande più nette e concentrate. È stata inoltre innalzata la temperatura di
annealing da 55° a 58°C in modo da lavorare in condizioni di maggiore specificità e si è ridotta a
0.06 µM la concentrazione dei primers specifici per GVB in modo da ridurre le possibilità di
interazioni aspecifiche. L’analisi comparativa tra l’ “uniplex RT-PCR” (diagnosi del singolo virus)
e la multiplex RT-PCR adoperando le stesse condizioni di reazione, non ha infine mostrato una
diminuizione di sensibilità di quest’ultima tecnica.
Si conclude infine che una diagnosi simultanea di GVA e GVB è praticabile mediante RT-PCR,
consentendo quindi l’abbattimento di tempi e costi della tecnica.
113
Applicazione della RT-PCR per la diagnosi in campo di 5 virus della vite
Loconsole G., Saldarelli P., Minafra A., 1Digiaro M., Savino V.
Dipartimento di Protezione delle Piante, Università degli Studi di Bari, e Centro di Studio del CNR sui Virus
e le Virosi delle Colture Mediterranee
1
Istituto Agronomico Mediterraneo, Valenzano (BA)
La diagnosi molecolare dei virus della vite pregiudizievoli per la qualità della coltura è
ormai universalmente
adoperata in programmi di miglioramento sanitario del materiale di
propagazione. Un suo impiego in piante allevate in pieno campo richiede l’uso di oligonucleotidi ad
ampio spettro in grado di rilevare diversi isolati di ciascun virus e lo studio di più efficaci modalità
di campionamento e preparazione del campione. Nel corso del lavoro cinque virus associati alle
malattie dell’accartocciamento fogliare (Grapevine leafroll-associated virus 3, GLRaV-3) e del
legno riccio (Grapevine virus A, GVA; Grapevine virus B, GVB; Grapevine Rupestris stem pitting
associated virus, GRSPaV), e dell’arricciamento della vite (Grapevine fanleaf virus, GFLV), sono
stati rilevati su un gruppo di viti allevate in campo costituite da 11 varietà di Vitis vinifera e 5
portinnesti. Le sequenze dei primers di ciascun virus sono state selezionate in base alle informazioni
più recenti e i rilievi diagnostici mediante RT-PCR sono stati effettuati nel corso di sette
campionamenti nel periodo compreso tra maggio e febbraio secondo il protocollo riportato a pag.
979 del presente volume. Si è infine utilizzato un campione composto da cinque parti prelevate in
punti diversi sulla pianta.
Preliminari prove comparative tra tre differenti metodi di estrazione da tessuti di vite hanno
dimostrato l’efficacia di un protocollo di adsorbimento ed eluizione degli acidi nucleici totali da
silice microcristallina nella diagnosi mediante RT-PCR. Il metodo, mutuato da un sistema
commerciale (Quiagen) diffusamente utilizzato è risultato, al confronto, notevolmente più
economico. Una terza metodica di estrazione da succo (macerazione in carbonato pH 9 e
denaturazione in glicina NaCl), che presenta ottime caratteristiche di velocità di preparazione del
campione, si rivela essere meno sensibile nella diagnosi da tessuti floematici.
I risultati ottenuti mostrano che è possibile rilevare anticipatamente GRSPaV, GFLV e
GLRaV-3 su foglie e piccioli campionati nei mesi di maggio e giugno riuscendo a identificare
rispettivamente il 100, 85 ed l’88 % dei campioni che sono risultati positivi nel corso dell’intero
campionamento. Come riportato in letteratura, GRSPaV è presente nella totalità dei campioni
considerati. Al contrario, la diagnosi di GVA e GVB è risultata essere scarsamente sensibile in
114
tarda primavera, mentre il floema di talee ben lignificate ha fornito i migliori risultati. Si conclude
pertanto che il rilevamento dello stato sanitario di questi virus della vite, in special modo di GVA e
GVB, in caso di risultato negativo su tessuti tardo-primaverili, richiede almeno un successivo
tentativo da effettuarsi su tessuti floematici. L’opportunità di diagnosi su piccioli per GFLV,
GLRaV-3 e GRSPaV consente infine di anticipare i tempi nel corso della stagione vegetativa.
115
Protocollo per gli accertamenti sanitari degli organismi patogeni di
qualità della vite
D. Boscia1,M. Digiaro2, R. Garau3, G. Loconsole1, O. Potere1, V. A. Prota3,
P. Saldarelli1, N. Vovlas4
1
Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata, Università degli Studi, e
Centro di Studio su Virus e Virosi delle Colture Mediterranee, CNR, Bari
2
Istituto Agronomico Mediterraneo, Valenzano (BA)
3
Dipatimento di Protezione delle Piante, Sez. di Patologia Vegetale, Università degli Studi, Sassari
4
Istituto di Nemtaologia Agraria, CNR, Bari
116
I. NEMATODI
INTRODUZIONE
Per l’accertamento della presenza di nematodi fitoparassiti in un ambiente agrario e la
successiva determinazione della specie, fondamentale importanza rivestono la raccolta e l’esame
diagnostico di laboratorio dei campioni di terreno e delle parti
della pianta
infestati. La
conoscenza, quindi del comportamento biologico dei nematodi e del loro rapporto con le diverse
parti della pianta ospite è basilare per una corretta estrazione quantitativa e qualitativa.
CAMPIONAMENTO E METODI DI ESTRAZIONE
I campioni di vegetali e/o di terreno da analizzare, costituiti da sub-campioni prelevati a caso
(almeno 10 campioni finali per una superficie di 1 ha), devono essere posti in sacchetti di
polietilene e conservati, in attesa di essere esaminati, in cella frigorifera a 4–6°C per evitare
alterazioni (schiusa delle uova, morte delle larve, ecc.).
PRELIEVO E COMPOSIZIONE DEL CAMPIONE
Per il campionamento dei nematodi delle piante arbore (endoparassiti migratori e sedentari,
semi-endoparassiti e vettori di virus vegetali), ogni momento richiesto per un controllo fitosanitario
risulta adatto. Il campione (1-2 kg circa), prelevato dalla rizosfera della pianta ospite ad una
profondità di 5-40 cm, deve essere preferibilmente composto da radici capillari e terreno
circostante.
METODI DI ESTRAZIONE DEI NEMATODI DALLE RADICI
I nematodi fitoparassiti, in genere, possono invadere varie parti della pianta ospite. Nelle radici
di piante da frutto vari stadi di sviluppo di nematodi endoparassiti e semi-endoparassiti possono
essere presenti in varie fasi del loro sviluppo e possono essere estratti con il metodo della
omogeneizzazione.
Questo metodo è generalmente usato per estrarre i vari stadi di sviluppo di
nematodi sia endo- che semi-endo parassiti sedentari (Meloidogyne spp.e Tylenchulus
semipenetrans) e endo-parassiti migratori (Pratylenchus spp.).
Le attrezzature necessarie sono:
- un comune frullatore
- due setacci con maglie da 710 e 40 µm, rispettivamente.
Le varie fasi si possono riassumere così:
117
Riduzione delle radici in pezzi da 1-1,5 mm ;
Frantumazione delle radici (10 g. circa in 100 ml di acqua) con il frullatore;
Filtrazione della sospensione ottenuta attraverso i due setacci, posti l’uno sull’altro, con
maglie da 710 e 40 µm e successiva raccolta di i nematodi e residui vegetali in sospensione
acquosa;
Osservazione microscopica della sospensione ed identificazione dei nematodi.
La sospensione di nematodi, ottenuta con il metodo sinora descritto può, essere resa più limpida
con una opportuna centrifugazione.
METODI DI ESTRAZIONE DEI NEMATODI DAL TERRENO
I nematodi fitoparassiti possono essere presenti nel terreno sotto forma di uova, larve
infestanti, stadi larvali intermedi e adulti.
I nematodi liberi nella rizosfera possono essere recuperati con il metodo del travaso e con il metodo
della centrifugazione.
Travaso o setacciamento
Sono richiesti alcuni secchi da 5-6 litri e una serie di setacci con maglie di varia apertura
per raccogliere gli esemplari di tutte le dimensioni.
Le varie fasi dell’estrazione possono essere così riassunte:
sospensione in acqua di circa 1 kg di terreno;
uno o due travasi della sospensione in secchi successivi, osservando brevi pause per favorire
la decantazione dei residui terrosi più grossi;
filtrazione della sospensione attraverso 2 setacci da 710 e 40 µm per raccogliere i nematodi e
particelle terrose;
osservazione microscopica del campione.
Centrifugazione
Questo metodo è molto indicato per la raccolta di nematodi liberi attivi e passivi presenti nel
terreno. Le attrezzature che occorrono sono:
centrifuga con contenitori da almeno 500 ml
rimescolatore (Agitatore) a vibrazione.
Procedimento:
sospendere il campione di terreno da esaminare in 4-5 litri di acqua;
118
concentrare attraverso un setaccio detriti organici e nematodi in modo da ottenere un
campione di 400 –500 ml, aggiungendo 10-20 g di caolino;
centrifugare per 3-5 minuti a 2500 giri;
eliminare il supernatante;
sospendere nuovamente il residuo (detriti e nematodi ) in una soluzione di solfato di magnesio
avente una densità di 1,2 (465g di prodotto commerciale per litro di acqua), mediante un
agitatore;
centrifugare nuovamente per 2-3 minuti a 2000 giri/m;.
recuperare i nematodi filtrando il supernatante attraverso un setaccio di 5 µm;
osservazione microscopica della sospensione.
119
II. VIRUS ED AGENTI VIRUS-SIMILI
INTRODUZIONE
Nella proposta di protocollo di produzione del materiale di propagazione viticolo elaborata
nell’ambito di questo progetto, come agenti virali pregiudizievoli alla qualità della vite sono stati
indicati quelli responsabili delle seguenti malattie: degenerazione infettiva, accartocciamento
fogliare e legno riccio.
Per il loro accertamento sanitario lo stesso protocollo prevede l’esclusivo ricorso al saggio
diagnostico visivo (esame dei sintomi), con l’unica eccezione per GFLV, agente dell’arricciamento,
per il quale prevede anche il saggio diagnostico in laboratorio in fase di costituzione delle fonti di
approvvigionamento.
Si è ritenuto, ciò nonostante, di dover fornire comunque i protocolli per l’accertamento
sanitario anche degli altri principali agenti delle suddette malattie e della maculatura infettiva
(fleck), per offrire uno strumento utile anche per l’applicazione dei protocolli di certificazione.
I protocolli riportati nella presente nota e, quindi, le metodiche di saggio suggerite si
riferiscono ai saggi di controllo sul materiale già inserito nel circuito commerciale e non per la
costituzione di fonti primarie, per le quali si rimanda a quanto stabilito dal Comitato Nazionale
Vitivinicolo.
Le metodiche oggi disponibili per l’accertamento sanitario dei virus della vite sono diverse,
e saranno di volta in volta richiamate nella prefazione di ciascuna malattia. Tuttavia, in questo
protocollo ci si sofferma sulla diagnosi mediante ELISA, una tecnica che racchiude in sé requisiti di
sensibilità, affidabilità, rapidità (entro 24 ore) e facilità di esecuzione.
120
DEGENERAZIONE INFETTIVA O ARRICCIAMENTO
La degenerazione infettiva è una malattia diffusa in tutti gli areali viticoli nazionali e
mondiali. Può riscontrarsi tipicamente nelle due forme sintomatologiche delle malformazioni
infettive e di giallume. In Italia, agente della malattia è quasi esclusivamente il virus
dell’arricciamento della vite (GFLV = Grapevine fanleaf virus); altri nepovirus che causano
alterazioni simili in altri Paesi europei, sono invece del tutto assenti o molto rari.
GFLV è un virus facilmente trasmissibile meccanicamente. Utilizzando idonei tessuti
(giovani foglie e/o fiori) la sua diagnosi può essere agevolmente effettuata mediante inoculazione su
ospiti erbacei (Chenopodiaceae e Solanaceae), tecnica con cui possono ottenersi risposte nell’arco
di 6-10 giorni.
Con l’inoculazione, mediante innesto, di piante di V. rupestris St. George (indicatore
specifico), la diagnosi della malattia può essere effettuata in 5-8 settimane.
Per la facilità di isolamento e purificazione dai tessuti erbacei e per l’elevata
immunogenicità di GFLV, sono disponibili sul mercato antisieri altamente reattivi che consentono
di poter effettuare la sua diagnosi mediante la tecnica ELISA, con elevata sensibilità, affidabilità e
rapidità.
La determinazione della sequenza genica del virus ha permesso di produrre diagnostici di
tipo molecolare (iniziatori per PCR e sonde molecolari per ibridazioni), ad elevata specificità e
sensibilità. Un limite nell’applicazione di questa tecnica è però nella complessità delle attrezzature e
nella elevata professionalità richiesta agli operatori
Agente
Affidabilità del saggio
ELISA
Disponibilità di corredi di
anticorpi sul mercato
Tipo di tessuto
GFLV (virus del complesso delle malformazioni infettive della vite)
Buona
Elevata
Foglie giovani, floema di talee lignificate (Vedi allegato 2); possibile,
ma scarsamente applicato, su radici.
Epoca di campionamento
Foglie: in primavera, preferibilmente a maggio;
talee lignificate: autunno-inverno
Modalità di conservazione Foglie: in bustine di plastica, a 4°C, max. per 7-10 gg;
Talee: in torba o altro substrato inumidito avvolto nella plastica, a 4°C,
fino ad un anno
Protocollo adoperato
DAS-ELISA (Vedi allegato 1)
121
Note e limitazioni d’uso
Il virus ha una distribuzione irregolare nella pianta, pertanto per la
costituzione del campione da saggiare è preferibile utilizzare tessuti
prelevati da punti diversi. In particolare, incrementi sensibili di
affidabilità del saggio si ottengono con campioni costituiti da almeno
7-10 foglie (meglio se si utilizzano le aree marginali della lamina
fogliare), preferibilmente prelevate dalle porzioni apicali.
Quando si adoperano i tessuti floematici, nella composizione del
campione è preferibile utilizzare gli internodi basali del tralcio. Il
saggio da foglie risulta affidabile soltanto in limitati periodi dell’anno
(tarda primavera); in altri periodi è possibile, ma con sensibilità più
ridotta e con un maggior rischio di falsi negativi.
ACCARTOCCIAMENTO FOGLIARE
L’accartocciamento fogliare è la malattia virale più diffusa nel mondo. I suoi sintomi tipici,
consistenti in ripiegamenti della lamina fogliare verso il basso cui si accompagna l’arrossamento
(nei vitigni a bacca nera) o un ingiallimento più o meno marcato (nei vitigni a bacca bianca) delle
aree internervali, sono diffusamente visibili nei nostri vigneti a partire dall’estate e per tutta la
restante stagione vegetativa. Agenti della malattia sono ritenuti i virus del genere Closterovirus e
Ampelovirus. In vite ne sono stati individuati almeno otto, anche se, per il momento, non per tutti è
stato sperimentalmente provato il ruolo attivo nella malattia. In considerazione della loro
importanza eziologia e diffusione nei vigneti italiani, nella descrizione dei protocolli di
accertamento sanitario saranno presi in considerazione soltanto due ampelovirus (GLRaV-1 e
GLRaV-3) e un closterovirus (GLRaV-2).
Non essendo trasmissibili meccanicamente (con l’eccezione di GLRaV-2, che può infettare
alcuni ospiti erbacei, ma con molta difficoltà) la loro diagnosi non può essere effettuata mediante
inoculazione su ospiti erbacei.
Il saggio biologico è possibile pertanto soltanto per innesto di piante di V. vinifera cv.
Cabernet (o altri vitigni a bacca rossa), che fornisce risultati entro pochi mesi.
La messa a punto di procedure di estrazione di questi virus direttamente dai tessuti di vite,
unitamente alle loro caratteristiche di elevata immunogenicità, ha permesso di poter produrre
antisieri altamente reattivi che consentono di poter effettuare la diagnosi, in particolare con la
tecnica ELISA, con elevata sensibilità ed affidabilità .
La determinazione della sequenza genica degli stessi virus ha permesso di produrre
diagnostici di tipo molecolare (iniziatori per PCR e sonde molecolari per ibridazioni), ad elevata
specificità e sensibilità.
122
Agente
Affidabilità del saggio
ELISA
Disponibilità di corredi di
anticorpi sul mercato
Tipo di tessuto
GLRaV-1 (virus 1 associato all’accartocciamento fogliare della vite)
Buona
Discreta
Cultivar di V. vinifera e portinnesti: floema di talee lignificate (vedi
Allegato 2);
Solo V. vinifera: foglie mature o relativi piccioli
Epoca di campionamento Foglie e piccioli: fine estate-autunno
Talee lignificate: autunno-inverno
Modalità di conservazione Foglie e piccioli: in bustine di plastica, a 4°C, max. per 7-10 gg;
Talee: in torba o altro substrato inumidito avvolto nella plastica, a 4°C,
fino ad un anno.
Protocollo adoperato
DAS-ELISA ed ELISA con amplificazione con biotina-streptavidina
(vedi Allegato 1)
Note e limitazioni d’uso
Il virus ha localizzazione floematica ed è poco concentrato nella
pianta. Per la costituzione del campione da saggiare è consigliabile
utilizzare tessuti prelevati da punti diversi della stessa. La sensibilità
della rilevazione del virus nelle talee diminuisce col tempo di
conservazione.
123
Agente
Affidabilità del saggio
ELISA
Disponibilità di corredi di
anticorpi sul mercato
Tipo di tessuto
GLRaV-2 (virus 2 associato all’accartocciamento fogliare della vite)
Buona
Agente
Affidabilità del saggio
ELISA
Disponibilità di corredi di
anticorpi sul mercato
Tipo di tessuto
GLRaV-3 (virus 3 associato all’accartocciamento fogliare della vite)
Ottima
Discreta
Cultivar di V. vinifera e portinnesti: floema di talee lignificate (vedi
Allegato 2);
Solo V. vinifera: foglie mature o relativi piccioli
Epoca di campionamento Foglie e piccioli: fine estate-autunno
Talee lignificate: autunno-inverno
Modalità di conservazione Foglie e piccioli: in bustine di plastica, a 4°C, max. per 7-10 gg;
Talee: in torba o altro substrato inumidito avvolto nella plastica, a 4°C,
fino ad un anno
Protocollo adoperato
PTA-ELISA, DAS-ELISA (vedi Allegato 1)
Note e limitazioni d’uso
Il virus ha localizzazione floematica ed è poco concentrato nella
pianta. Per la costituzione del campione da saggiare è consigliabile
utilizzare tessuti prelevati da punti diversi della stessa. La sensibilità
della rilevazione del virus nelle talee diminuisce col tempo di
conservazione.
Elevata
Cultivar di V. vinifera e portinnesti: floema di talee lignificate (vedi
Allegato 2);
Solo V. vinifera: foglie mature o relativi piccioli
Epoca di campionamento Foglie e piccioli: fine estate-autunno
Talee lignificate: autunno-inverno
Modalità di conservazione Foglie e piccioli: in bustine di plastica, a 4°C, max. per 7-10 gg;
Talee: in torba o altro substrato inumidito avvolto nella plastica, a 4°C,
fino ad un anno
Protocollo adoperato
DAS-ELISA (vedi Allegato 1)
Note e limitazioni d’uso
Il virus ha localizzazione floematica. Per la costituzione del campione
da saggiare è consigliabile utilizzare tessuti prelevati da punti diversi
della stessa. La sensibilità della rilevazione del virus nelle talee
diminuisce col tempo di conservazione.
124
LEGNO RICCIO
Il legno riccio è una malattia ubiquitaria. La sua presenza deprime sensibilmente il vigore e
la produttività della pianta. I sintomi tipici sono evidenti sulla faccia cambiale del legno e
consistono in butterature e/o scanalature più o meno profonde cui corrispondono protrusioni sulla
corteccia. Agenti della malattia sono ritenuti alcuni virus del genere Vitivirus e Foveavirus.
Dei quattro vitivirus finora isolati in vite, un ruolo senz’altro importante nel determinismo
della malattia viene attualmente riconosciuto per GVA e GVB, di cui viene di seguito fornito il
protocollo diagnostico.
GVA e GVB risultano entrambi, seppur con difficoltà, trasmissibili meccanicamente su
alcune Solanaceae, ma l’inoculazione su ospiti erbacei non può essere ritenuta affatto affidabile per
la loro diagnosi.
Il saggio biologico si effettua mediante innesto su diverse piante indicatrici (LN 33, Kober
5BB e V. rupestris), ciascuna indispensabile per rivelare specifiche sindromi. Per l’esito della
diagnosi bisogna però attendere almeno due anni.
Nonostante la facilità di moltiplicazione di questi virus negli ospiti erbacei, gli antisieri
disponibili risultano debolmente reattivi e ciò a causa della bassa immunogenicità degli antigeni.
Miglioramenti sensibili per l’applicazione in ELISA sono ottenibili con l’uso di anticorpi
monoclonali e, per GVA, con la pre-sensibilizzazione delle piastre con Proteina A.
La determinazione della sequenza genica degli stessi virus ha permesso di poter produrre
diagnostici di tipo molecolare (iniziatori per PCR e sonde molecolari per ibridazioni), ad elevata
specificità e sensibilità.
Agente
Affidabilità del saggio
ELISA
Disponibilità di corredi di
anticorpi sul mercato
Tipo di tessuto
GVA (virus A della vite)
Buona
Sufficiente
Cultivar di V. vinifera e portinnesti: floema di talee lignificate (vedi
Allegato 2);
Solo V. vinifera: piccioli di foglie mature
Epoca di campionamento Talee lignificate: autunno-inverno;
Piccioli: da giugno ad ottobre
Modalità di conservazione Foglie e piccioli: in bustine di plastica, a 4°C, max. per 7-10 gg;
Talee: in torba o altro substrato inumidito avvolto nella plastica, a 4°C,
fino ad un anno
Protocollo adoperato
DAS-ELISA con pre-sensibilizzazione con proteina A(vedi Allegato 1)
Note e limitazioni d’uso
Il virus ha localizzazione floematica ed è irregolarmente distribuito
125
nella pianta, pertanto per la costituzione del campione da saggiare è
preferibile utilizzare tessuti prelevati da punti diversi della stessa. Il
saggio da piccioli è poco sensibile ed affidabile. Utilizzando le talee, è
preferibile non utilizzare le talee conservate per più di tre-quattro mesi
Agente
Affidabilità del saggio
ELISA
Disponibilità di corredi di
anticorpi sul mercato
Tipo di tessuto
GVB (virus B della vite)
Mediocre
Scarsa
Cultivar di V. vinifera e portinnesti: floema di talee lignificate (vedi
Allegato 2);
Solo V. vinifera: piccioli di foglie mature
Epoca di campionamento Talee lignificate: autunno-inverno;
Piccioli: da giugno ad ottobre
Modalità di conservazione Foglie e piccioli: in bustine di plastica, a 4°C, max. per 7-10 gg;
Talee: in torba o altro substrato inumidito avvolto nella plastica, a 4°C,
fino ad un anno
Protocollo adoperato
PTA-ELISA (vedi Allegato 1)
Note o limitazioni d’uso
Il virus ha localizzazione floematica ed è irregolarmente distribuito
nella pianta. Pertanto, per la costituzione del campione da saggiare, è
preferibile utilizzare tessuti prelevati da punti diversi della stessa. Il
saggio da piccioli è poco sensibile ed affidabile. Utilizzando le talee, è
preferibile non utilizzare le talee conservate per più di tre-quattro mesi.
126
MACULATURA INFETTIVA
La maculatura infettiva è una malattia ubiquitaria, molto diffusa nei nostri vigneti. La sua
presenza passa generalmente inosservata poiché è latente su numerose varietà di V. vinifera. Si
manifesta con caratteristici sintomi fogliari su V. rupestris, che è l’indicatore specifico.
Agente della malattia è GFkV, un virus non trasmissibile meccanicamente.
Il saggio biologico si effettua mediante innesto su V. rupestris e fornisce risposte dopo
almeno due mesi.
Il virus, che è altamente immunogenico, è estratto direttamente dai tessuti di vite (radici).
Gli antisieri disponibili risultano altamente reattivi e particolarmente validi per l’ELISA
La determinazione della sequenza genica degli stessi virus ha permesso di poter produrre
diagnostici di tipo molecolare (iniziatori per PCR e sonde molecolari per ibridazioni), ad elevata
specificità e sensibilità.
Agente
Affidabilità del saggio
ELISA
Disponibilità di corredi di
anticorpi sul mercato
Tipo di tessuto
GFkV (virus della maculatura fogliare della vite)
Ottima
Buona
Floematici di talee lignificate;
Foglie giovani ben sviluppate
Epoca di campionamento Foglie: preferibilmente maggio-giugno;
Talee lignificate: autunno-inverno
Modalità di conservazione Foglie e piccioli: in bustine di plastica, a 4°C, max. per 7-10 gg;
Talee: in torba o altro substrato inumidito avvolto nella plastica, a 4°C,
fino ad un anno
Protocollo adoperato
DAS e TAS-ELISA (vedi Allegato 1)
Note o limitazioni d’uso
La sensibilità della rilevazione del virus nelle talee diminuisce col
tempo di conservazione.
127
Allegato 1 - Protocolli ELISA
DAS-ELISA (Clark e Adams, 1977)
1. Assegnare a ciascun campione da saggiare un’apposita numerazione e predisporre lo
schema della loro distribuzione nella piastra su apposita scheda. Accertarsi di includere
nello schema, come testimoni, anche alcuni campioni (almeno due) sicuramente infetti ed
altrettanti sicuramente sani;
2. Preparare i campioni da saggiare (vedi Allegato 2) omogeneizzando i tessuti con mortaio
e pestello, o altra idonea apparecchiatura meccanica, in presenza di tampone di estrazione
(in rapporto di circa 1:10 peso/volume), trasferire il succo in provette e lasciare decantare
a 4°C;
3. Avviare la sensibilizzazione della piastra distribuendo in ciascun pozzetto 100 µl di IgG
purificate diluite in tampone di sensibilizzazione, seguendo le indicazioni del fornitore;
4. Coprire la piastra con apposito coperchio o film adesivo e porla in camera umida;
5. Incubare 2 h a 37 °C o 16 h a 4 °C;
6. Eseguire tre lavaggi di 3' ciascuno con tampone di lavaggio;
7. Seguendo lo schema predeterminato, distribuire in ciascun pozzetto 100 µl di succo,
privo di sedimenti, del campione corrispondente;
8. Coprire la piastra con apposito coperchio o film adesivo e porla in camera umida;
9. Incubare a 4 °C per tutta la notte;
10. Eseguire tre lavaggi di 3' ciascuno con tampone di lavaggio;
11. Distribuire 100 µl della soluzione di IgG coniugate con fosfatasi alcalina, diluite in
tampone di coniugazione come indicato dal fornitore;
12. Coprire la piastra con apposito coperchio o film adesivo e porla in camera umida;
13. Incubare 2 h a 37°C o 16 h a 4 °C;
14. Eseguire tre lavaggi di 3' ciascuno con tampone di lavaggio;
15. Distribuire 100 µl per pozzetto di P-nitrofenil-fosfato disciolto (1 mg/ml), pochi minuti
prima dell'utilizzo, in tampone substrato (accertarsi che il contenitore utilizzato per
disciogliere il substrato sia assolutamente privo di impurità);
16. Lasciar sviluppare la reazione colorimetrica (viraggio a color giallo) a temperatura
ambiente per circa 0,5 – 2 ore;
17. Effettuare la lettura dei valori di assorbanza dei singoli pozzetti della piastra, ad intervalli
di 30', mediante un fotometro (lettore di piastre ELISA) a 405 nm;
In caso di momentanea indisponibilità del lettore è possibile bloccare la reazione mediante ulteriore
distribuzione di 25 µl di NaOH 3,0 M per pozzetto.
TAS-ELISA
1. Assegnare a ciascun campione da saggiare un’apposita numerazione e predisporre lo
schema della loro distribuzione nella piastra su apposita scheda. Accertarsi di includere
nello schema, come testimoni, anche alcuni campioni (almeno due) sicuramente infetti ed
altrettanti sicuramente sani;
2. Preparare i campioni da saggiare (vedi Allegato 2) omogeneizzando i tessuti con mortaio
e pestello, o altra idonea apparecchiatura meccanica, in presenza di tampone di estrazione
(in rapporto di circa 1:10 peso/volume), trasferire il succo in provette e lasciare decantare
a 4°C;
128
3. Avviare la sensibilizzazione della piastra distribuendo in ciascun pozzetto 100 µl di IgG
purificate diluite in tampone di sensibilizzazione, seguendo le indicazioni del fornitore;
4. Coprire la piastra con apposito coperchio o film adesivo e porla in camera umida;
5. Incubare 2 h a 37 °C o 16 h a 4 °C;
6. Eseguire tre lavaggi di 3' ciascuno con tampone di lavaggio;
7. Seguendo lo schema predeterminato, distribuire in ciascun pozzetto 100 µl di succo,
privo di sedimenti, del campione corrispondente;
8. Coprire la piastra con apposito coperchio o film adesivo e porla in camera umida;
9. Incubare a 4 °C per tutta la notte;
10. Eseguire tre lavaggi di 3' ciascuno con tampone di lavaggio;
11. Distribuire 100 µl per pozzetto di anticorpi secondari (monoclonali) diluiti in PBS o
tampone coniugato, come indicato dal fornitore;
12. Coprire la piastra con apposito coperchio o film adesivo e porla in camera umida;
13. Incubare 2 h a 37 °C o 16 h a 4 °C;
14. Eseguire tre lavaggi di 3' ciascuno con tampone di lavaggio;
15. Distribuire 100 µl della soluzione di IgG anti-topo coniugate con fosfatasi alcalina,
diluite in tampone di coniugazione come indicato dal fornitore;
16. Coprire la piastra con apposito coperchio o film adesivo e porla in camera umida;
17. Incubare 2 h a 37°C o 16 h a 4 °C;
18. Eseguire tre lavaggi di 3' ciascuno con tampone di lavaggio;
19. Distribuire 100 µl per pozzetto di P-nitrofenil-fosfato disciolto (1 mg/ml), pochi minuti
prima dell'utilizzo, in tampone substrato (accertarsi che il contenitore utilizzato per
disciogliere il substrato sia assolutamente privo di impurità);
20. Lasciar sviluppare la reazione colorimetrica (viraggio a color giallo) a temperatura
ambiente per circa 0,5 – 2 ore;
21. Effettuare la lettura dei valori di assorbanza dei singoli pozzetti della piastra, ad intervalli
di 30', mediante un fotometro (lettore di piastre ELISA) a 405 nm;
In caso di momentanea indisponibilità del lettore è possibile bloccare la reazione mediante
ulteriore distribuzione di 25 µl di NaOH 3,0 M per pozzetto.
ELISA indiretta con Biotina-Streptavidina
1. Assegnare a ciascun campione da saggiare un’apposita numerazione e predisporre lo
schema della loro distribuzione nella piastra su apposita scheda. Accertarsi di
includere nello schema, come testimoni, anche alcuni campioni (almeno due)
sicuramente infetti ed altrettanti sicuramente sani;
2. Preparare i campioni da saggiare (vedi Allegato 2) omogeneizzando i tessuti con
mortaio e pestello, o altra idonea apparecchiatura meccanica, in presenza di tampone
di estrazione (in rapporto di circa 1:10 peso/volume), trasferire il succo in provette e
lasciare decantare a 4°C;
3. Avviare la sensibilizzazione della piastra distribuendo in ciascun pozzetto 100 µl di
IgG purificate diluite in tampone di sensibilizzazione, seguendo le indicazioni del
fornitore;
4. Coprire la piastra con apposito coperchio o film adesivo e porla in camera umida;
5. Incubare 2 h a 37 °C o 16 h a 4 °C;
6. Eseguire tre lavaggi di 3' ciascuno con tampone di lavaggio;
7. Seguendo lo schema predeterminato, distribuire in ciascun pozzetto 100 µl di succo,
privo di sedimenti, del campione corrispondente;
129
8. Coprire la piastra con apposito coperchio o film adesivo e porla in camera umida;
9. Incubare a 4 °C per tutta la notte;
10. Eseguire tre lavaggi di 3' ciascuno con tampone di lavaggio;
11. Distribuire 100 µl di IgG coniugate con biotina, diluite in tampone BCB come
indicato dal fornitore;
12. Coprire la piastra con apposito coperchio o film adesivo e porla in camera umida;
13. Incubare 2 h a 37 °C o 16 h a 4 °C;
14. Eseguire tre lavaggi di 3' ciascuno con tampone di lavaggio;
15. Incubare 2 h a 37 °C o 16 h a 4 °C;
16. Eseguire tre lavaggi di 3’ ciascuno con tampone di lavaggio;
17. Distribuire 100 µl di streptavidina coniugata a fosfatasi alcalina diluita, come indicato
dal fornitore, in PBS-Tween + 0,1% BSA;
18. Coprire la piastra con apposito coperchio o film adesivo e porla in camera umida;
19. Incubare 30’ a 37 °C;
20. Eseguire tre lavaggi di 3' ciascuno con tampone di lavaggio;
21. Distribuire 100 µl per pozzetto di P-nitrofenil-fosfato disciolto (1 mg/ml), pochi
minuti prima dell'utilizzo, in tampone substrato (accertarsi che il contenitore
utilizzato per disciogliere il substrato sia assolutamente privo di impurità);
22. Lasciar sviluppare la reazione colorimetrica (viraggio a color giallo) a temperatura
ambiente per circa 0,5 – 2 ore;
23. Effettuare la lettura dei valori di assorbanza dei singoli pozzetti della piastra, ad
intervalli di 30', mediante un fotometro (lettore di piastre ELISA) a 405 nm;
In caso di momentanea indisponibilità del lettore è possibile bloccare la reazione mediante
ulteriore distribuzione di 25 µl di NaOH 3,0 M per pozzetto.
DAS-ELISA con pre-sensibilizzazione con Proteina A
1. Assegnare a ciascun campione da saggiare un’apposita numerazione e predisporre lo
schema della loro distribuzione nella piastra su apposita scheda. Accertarsi di
includere nello schema, come testimoni, anche alcuni campioni (almeno due)
sicuramente infetti ed altrettanti sicuramente sani;
2. Preparare i campioni da saggiare (vedi Allegato 2) omogeneizzando i tessuti con
mortaio e pestello, o altra idonea apparecchiatura meccanica, in presenza di tampone
di estrazione (in rapporto di circa 1:10 peso/volume), trasferire il succo in provette e
lasciare decantare a 4°C;
3. Avviare la sensibilizzazione della piastra distribuendo in ciascun pozzetto 100 µl di
Proteina A dissolta in tampone di sensibilizzazione alla concentrazione finale di
1µg/ml;
4. Coprire la piastra con apposito coperchio o film adesivo e porla in camera umida;
5. Incubare 2 h a 37 °C o 16 h a 4 °C;
6. Eseguire tre lavaggi di 3’ ciascuno con tampone di lavaggio;
7. Dopo aver diluito in tampone di sensibilizzazione le IgG purificate, seguendo le
indicazioni del fornitore, distribuirne 100 µl in ciascun pozzetto;
8. Coprire la piastra con apposito coperchio o film adesivo e porla in camera umida;
9. Incubare 2 h a 37 °C o 16 h a 4 °C;
10. Eseguire tre lavaggi di 3' ciascuno con tampone di lavaggio;
11. Seguendo lo schema predeterminato, distribuire in ciascun pozzetto 100 µl di succo,
privo di sedimenti, del campione corrispondente;
130
12. Coprire la piastra con apposito coperchio o film adesivo e porla in camera umida;
13. Incubare a 4 °C per tutta la notte;
14. Eseguire tre lavaggi di 3' ciascuno con tampone di lavaggio;
15. Distribuire 100 µl della soluzione di IgG coniugate con fosfatasi alcalina, diluite in
tampone di coniugazione come indicato dal fornitore;
16. Coprire la piastra con apposito coperchio o film adesivo e porla in camera umida;
17. Incubare 2 h a 37°C o 16 h a 4 °C;
18. Eseguire tre lavaggi di 3' ciascuno con tampone di lavaggio;
19. Distribuire 100 µl per pozzetto di P-nitrofenil-fosfato disciolto (1 mg/ml), pochi
minuti prima dell'utilizzo, in tampone substrato (accertarsi che il contenitore
utilizzato per disciogliere il substrato sia assolutamente privo di impurità);
20. Lasciar sviluppare la reazione colorimetrica (viraggio a color giallo) a temperatura
ambiente per circa 0,5 – 2 ore;
21. Effettuare la lettura dei valori di assorbanza dei singoli pozzetti della piastra, ad
intervalli di 30', mediante un fotometro (lettore di piastre ELISA) a 405 nm;
In caso di momentanea indisponibilità del lettore è possibile bloccare la reazione mediante
ulteriore distribuzione di 25 µl di NaOH 3,0 M per pozzetto.
131
PTA-ELISA
1. Assegnare a ciascun campione da saggiare un’apposita numerazione e predisporre lo
schema della loro distribuzione nella piastra su apposita scheda. Accertarsi di
includere nello schema, come testimoni, anche alcuni campioni (almeno due)
sicuramente infetti ed altrettanti sicuramente sani;
2. Preparare i campioni da saggiare (vedi Allegato 2) omogeneizzando i tessuti con
mortaio e pestello, o altra idonea apparecchiatura meccanica, in presenza di tampone
di estrazione (in rapporto di circa 1:10 peso/volume), trasferire il succo in provette e
lasciare decantare a 4°C;
3. Seguendo lo schema predeterminato, distribuire in ciascun pozzetto 100 µl di succo,
privo di sedimenti, del campione corrispondente;
4. Coprire la piastra con apposito coperchio o film adesivo e porla in camera umida;
5. Incubare a 4 °C per tutta la notte;
6. Eseguire tre lavaggi di 3' ciascuno con tampone di lavaggio;
7. Distribuire 100 µl per pozzetto di anticorpi secondari (monoclonali) diluiti in PBS o
tampone coniugato, come indicato dal fornitore;
8. Coprire la piastra con apposito coperchio o film adesivo e porla in camera umida;
9. Incubare 2 h a 37 °C o 16 h a 4 °C;
10. Eseguire tre lavaggi di 3' ciascuno con tampone di lavaggio;
11. Distribuire 100 µl della soluzione di IgG anti-topo coniugate con fosfatasi alcalina,
diluite in tampone di coniugazione come indicato dal fornitore;
12. Coprire la piastra con apposito coperchio o film adesivo e porla in camera umida;
13. Incubare 2 h a 37°C o 16 h a 4 °C;
14. Eseguire tre lavaggi di 3' ciascuno con tampone di lavaggio;
15. Distribuire 100 µl per pozzetto di P-nitrofenil-fosfato disciolto (1 mg/ml), pochi
minuti prima dell'utilizzo, in tampone substrato (accertarsi che il contenitore
utilizzato per disciogliere il substrato sia assolutamente privo di impurità);
16. Lasciar sviluppare la reazione colorimetrica (viraggio a color giallo) a temperatura
ambiente per circa 0,5 – 2 ore;
17. Effettuare la lettura dei valori di assorbanza dei singoli pozzetti della piastra, ad
intervalli di 30', mediante un fotometro (lettore di piastre ELISA) a 405 nm;
In caso di momentanea indisponibilità del lettore è possibile bloccare la reazione mediante
ulteriore distribuzione di 25 µl di NaOH 3,0 M per pozzetto.
132
Composizione dei tamponi
PBS
8 g NaCl
0,2 g KH2PO4
2,9 g Na2HPO4 x 12 H2O (1,15 g se anidro)
0,2 g KCl
0,2 g NaN3
H2O distillata fino a 1 lt
pH 7,4
Tampone di sensibilizzazione (coating buffer)
1,59 g Na2CO3
2,93 g NaHCO3
0,2 g NaN3
H2O distillata fino a 1 lt
pH 9,6
Tampone di lavaggio (washing buffer)
1,0 lt PBS
0,5 ml Tween 20
pH 7,4
Tampone di estrazione (extraction buffer)
1 lt PBS
0,5 ml Tween 20
20 g Polivinilpirrolidone, MW 24.000
pH 7,4
Tampone di coniugazione (conjugate buffer)
1 lt PBS
0,5 ml Tween 20
20 g Polivinilpirrolidone, MW 24.000
2 g Sieroalbumina bovina (BSA)
pH 7,4
oppure,
60,5 g Tris-(Hydromethil- aminomethano)
8,0 g NaCl
20,0 g Polivinilpirrolidone, MW 24.000
10,0 g Polyethilenglycol
0,2 g NaN3
0,5 ml Tween 20
pH 8,2
Tampone BCB
1 lt PBS
0,5 ml Tween 20
1 g Sieroalbumina bovina (BSA)
pH 7,4
Tampone substrato (Substrate buffer)
97 ml Dietanolammina
0,2 g NaN3
HCl fino a pH 9,8
a volume di 1lt con acqua distillata
133
ATTREZZATURE NECESSARIE
Premesso che attualmente l’industria è in grado di fornire apparecchiature che consentono la
parziale automazione di tutte le operazioni ELISA, di seguito vengono indicate le
apparecchiature e strumentazioni ritenute più importanti o indispensabili (queste ultime in
corsivo).
Piastre in Polistirene a 96 pozzetti
Mortai e pestelli
Vetreria (cilindri, beute)
Pipette graduate (mono e multicanali)
Agitatori magnetici
pH-metro
Frigorifero e congelatore
Incubatore (a 37 °C)
Lettore di piastre
Apparecchiature per la estrazione dei campioni (presse, trapani, ecc.)
Bi-distillatore
Fra i reagenti ricordiamo:
anticorpi monoclonali e/o policlonali
prodotti chimici comuni per la preparazione di soluzioni e tamponi
enzimi (se si effettua direttamente la coniugazione)
substrati
Gli anticorpi possono essere acquistati presso ditte commerciali. Fra esse ricordiamo: Agdia,
Agritest, Bioreba AG, Boehringer, Loewe Biochemia GmbH e Biorad (ex-Sanofi Diagnostic
Pasteur), Real Durviz.
134
Allegato 2
Preparazione dei campioni: a differenza delle foglie, per le quali non ci sono annotazioni
particolari da fare, nel caso delle talee lignificate si ritiene utile riportare le modalità di preparazione
degli estratti. Come già detto, il tessuto utile per la diagnosi è il floema, pertanto per la sua
preparazione ottimale vanno eseguite le seguenti operazioni:
1- rimozione del ritidoma, il cui distacco è favorito, se le talee sono state conservate in
substrato umido, dalla delicata flessione degli internodi ;
2- separazione di trucioli di floema con l’ausilio di un coltello a lama liscia (es. tipo
innesto) o di un bisturi. Interrompere l’asportazione dei trucioli quando si raggiunge il
tessuto cambiale, riconoscibile per la sua colorazione più chiara;
3- rapido trasferimento dei trucioli in tampone o in bagno di azoto liquido;
4- rimozione delle incrostazioni di tessuto vegetale dalla lama, mediante carta, altra lama o
pietra pomice, per evitare contaminazioni del campione successivo.
Il campione così preparato va sottoposto a triturazione con mortaio e pestello (circa 1’). Se la
triturazione avviene in tampone (circa 10 volumi rispetto al peso), l’omogenato va trasferito in
provetta a fondo conico dove si lascia decantare a freddo prima di distribuirlo nella piastra. Nel caso
della triturazione di trucioli congelati in azoto liquido, la polvere risultante va trasferita nella
provetta contenente il tampone di estrazione, quindi energicamente agitata per circa 1’, infine
lasciata in infusione per circa 1-2 ore a freddo, prima della distribuzione in piastra.
La suddetta operazione risulta abbastanza laboriosa e pertanto limita sensibilmente la rapidità del
saggio. Tale operazione può essere accelerata e semplificata utilizzando un’apparecchiatura
(granulatore) che tritura il tratto di talea interessato in grani molto fini. Questa polvere è
successivamente trasferita in provetta e sospesa in tampone di estrazione in cui viene dapprima
agitata energicamente, quindi mantenuta in infusione a freddo per circa due ore prima della
distribuzione su piastra. Con questo sistema assieme al floema vengono trattati anche tutti i tessuti
della talea, con conseguente diluizione della concentrazione virale. Tuttavia, prove sperimentali
hanno dimostrato che la conseguente lieve riduzione di sensibilità del saggio non compromette i
risultati in maniera significativa, confermandone pertanto la possibilità di utilizzo per attività di
diagnosi massale.
Protocollo standardizzato per la diagnosi di virus della vite mediante la tecnica di RT-PCR
1. Uso
Il protocollo descritto é stato sviluppato per la diagnosi di alcuni virus della vite associati alle
malattie dell’accartocciamento fogliare, del legno riccio o dell’arricciamento.
Il protocollo é stato validato nel corso di test effettuati presso i laboratori del Dipartimento di
Protezione delle Piante e Centro di Studi Del CNR sui Virus e le Virosi delle Colture Mediterranee,
adoperando isolati virali di differente provenienza geografica, nazionale ed internazionale,
mantenuti su piante infette in pieno campo.
135
2. Limitazioni d’uso
•
La scarsa concencentrazione dei virus in oggetto nella pianta infetta e/o eventuali variazioni del
loro titolo nel corso della stagione vegetativa possono impedirne la diagnosi. Un risultato
negativo non garantisce l’esenza del virus in esame nella pianta, ma piuttosto l’inabilità di
diagnosticarlo nel substrato utilizzato. Si consiglia pertanto, in caso di risultato negativo da
tessuto fogliare, di ripetere il test prediligendo floema di talee ben lignificate raccolte in almeno
3 parti diverse della pianta.
•
Gli oligonucleotidi sintetici adoperati nel protocollo proposto sono stati disegnati alla luce delle
informazioni genetiche piu’ avanzate disponibili per i virus in oggetto. Un risultato negativo
potrebbe quindi derivare dalla esistenza di isolati virali aventi sequenze varianti.
•
Gli oligonucleotidi sintetici descritti nel protocollo sono risultati specifici per la diagnosi di
alcuni virus della vite. Data la base genetica di questo protocollo, un risultatato positivo
potrebbe essere dovuto ad una reazione incrociata con virus strettamente correlati non ancora
descritti.
3. Abbreviazioni usate nel testo
GVA
GVB
GFLV
GLRaV-3
GRSPaV
cDNA
RT
PCR
RNA
M-MLV
nm
svn
DTT
Tris
APS
TEMED
µl
Grapevine virus A
Grapevine virus B
Grapevine fanleaf virus
Grapevine leafroll-associated virus 3
Grapevine rupestris stem-pitting associated virus
complementary DNA
reverse transcriptase
polymerase chain reaction
acido ribonucleico
moloney murine leukemia virus
nanometri
sovranatante
ditiotreitolo
triidrossimetil ammino metano
ammonio persolfato
N,N,N’,N’ tetrametiletilndiammina
microlitro
4. Breve sintesi del protocollo di diagnosi
Questo protocollo descrive un metodo di diagnosi di virus della vite in foglie/piccioli o
floema adoperando la tecnica di reverse transcription (RT) - polymerase chain reaction. Il metodo di
136
diagnosi permette di rilevare una serie di virus descritta nella Tab. 1 mediante l’uso degli
oligonucleotidi riportati.
L’RNA totale, estratto da tessuti (foglie/piccioli o floema) di viti infette mediante un metodo
cromatografico di adsorbimento a particelle di silice, é adoperato per la sintesi (RT) di un cDNA
iniziata da oligonucleotidi sintetici a sequenza casuale (random primers).
Tale cDNA
“multivalente” é di seguito utilizzato in una reazione di amplificazione genica (PCR) per la diagnosi
virale ad opera di specifici oligonucleotidi sintetici. L’identificazione dei frammenti amplificati é in
seguito effettuata mediante elettroforesi in gel di poliacrilammide.
Il metodo di estrazione degli RNA totali è stato ottimizzato per l’estrazione da piccole quantità di
tessuto e risulta economicamente vantaggioso per la qualità degli estratti ottenuti.
Tabella 1. Lista dei virus rilevabili mediante RT-PCR e sequenze degli oligonucleotidi sintetici
Virus
GVA
GVB
GLRaV-3
GFLV
RSPaV
Primer
H587 5’ gacaaatggcacactacg 3’
C995 5’ aagcctgacctagtcatcttgg 3’
H28
5’ gtgctaagaacgtcttcacagc 3’
B/Bo Se down
5’ cgagtagcccttcgtttagccgc 3’
LC1
5’ cgctagggctgtggaagtatt 3’
LC2
5’ gttgtcccgggtaccagatat 3’
H2999 5’ tcgggtgagactgcgcaacttccta 3’
C3310 5’ gatggtaacgctcccgctgctctt 3’
48d
5’ agctgggattataagggaggt 3’
49d
5’ ccagccgttccaccactaat 3’
Dimensioni
amplicone
432 nt
Bibliografia
[2]
155 nt
[2]
546 nt
312 nt
[1]
330 nt
[3]
5. Strumentazione necessaria
Il protocollo è stato sviluppato adoperando la seguente strumentazione. L'uso di modelli di
altre ditte, potrebbe richiedere adattamenti del metodo.
Alimentatore per elettroforesi
Pharmacia GPS 200/400
(Amersham, Pharmacia)
Cella per elettroforesi
Biometra Multigel
(Biometra, Gottingen)
Microcentrifuga
Eppendorf 5415D
(Eppendorf, Italia)
Micropipette
Gilson
(Gilson, Italia)
Thermocycler
Perkin Elmer 2400
(Applied Biosystems)
137
6. Reagenti e soluzioni
MgCl2 25 mM (fornita con l’enzima Taq Dna polimerasi)
Soluzione di dNTPs 2,5 mM (miscelando soluzioni madri 100 mM da Roche Biochemica)
Tampone 10X per PCR (fornita con l’enzima Taq-Dna polimerasi)
EB tampone di estrazione per l'RNA: 4.0 M guanidina tiocianato; 0.2 M sodio acetato pH 5.2;
0.025 M EDTA bisodico; 1.0 M potassio acetato; 2.5 % polivinil pirrolidone 40; 2% metabisolfito
di sodio
Sospensione di particelle di silica: aggiungere 60 g di silica particles (Sigma S5631) a 500 ml di
H2O distillata in un cilindro, mescolare e lasciar decantare per 24 h; eliminare 470 ml di H2O
distillata, aggiungerne altri 500 ml, mescolare e lasciar decantare per 5 h; eliminare 440 ml di H2O
distillata e portare il pH dei restanti 60 ml di sospensione a 2,0 con HCl; autoclavare e conservare in
bottiglia scura a temperatura ambiente.
Soluzione di NaI : sciogliere 0.75 g di sodio solfito in 40 ml di acqua e successivamente 36 g di
sodio ioduro (Sigma S8379)
WB: soluzione di lavaggio per RNA (0.01 M Tris-Cl pH 7.5, 0.5 mM EDTA bisodico; 0.05 M
cloruro di sodio; 50% alcol etilico)
TBE 10X: 90mM Tris-HCl, 90mM acido borico, 2.5 mM Na2EDTA pH 8.3)
Gel loading buffer: 15% Ficoll (type400, Amersham, Pharmacia), 0.25% blu di bromofenolo, in
H2O distillata
Marker di peso molecolare per DNA: DNA fago λ/ Hind III (Roche Biochemica)
Soluzione di acrilammide/bisacrilammide 40% (19:1) (BioRad, Italia)
Soluzione di AgNO3: 100mg AgNO3, 150 µl formaldeide al 37% in 100 ml H2O distillata
Soluzione di Na2CO3: 3g Na2CO3 anidro, 150 µl formaldeide al 37%, 4 µl di una soluzione di
Na2S2O3 (200mg/ml)
7. Enzimi e consumabili vari
DNA polymerasi termostabile (Taq DNA polimerasi) 5u/µl (Promega)
M-MLV reverse transcriptase
200 5u/µl (Invitrogen)
Provette da microcentrifuga da 1,5 ml
Puntali per pipette
Puntali per pipette "aerosol free"
Provette da 200 µl per PCR a pareti sottili
Mortai in porcellana
8. Preparazione di RNA totali da tessuti di piante
Gli RNA totali sono preparati secondo un metodo microcromatografico di adsorbimento a particelle
di silice microcristallina. I tessuti adoperabili sono:
• floema da talee dormienti prelevate in almeno 5 punti della pianta;
• piccioli fogliari e/o nervature principali durante la stagione vegetativa.
Foglie e piccioli sono adoperabili nelle 24 ore successive se conservate a 4°C in buste di plastica
per evitare la disidratazione. Le talee possono essere conservate per un periodo di 2-3 mesi nelle
stesse condizioni.
Il metodo prevede la macerazione dei tessuti in presenza di un tampone di lisi inibente l'RNasi e il
successivo adsorbimento ed eluizione degli RNA totali dalle particelle di silice microcristallina.
138
8.1. Estrazione del floema da talee dormienti
Talee dormienti del diametro di c. 5 mm, sono ripulite del ritidoma usando un coltello o bisturi e
progressivamente decorticate dei tessuti cambiali. I trucioli ottenuti sono processati
immediatamente o conservati a -80°C.
8.2. Macerazione del floema o foglie/piccioli in mortaio o bustina
A 100 mg di tessuto (foglie piccioli o floema) aggiungere 1 ml di EB, 20 mg di carborundum e
macerare vigorosamente in mortaio o bustina. In alternativa è in uso nel nostro laboratorio un
estrattore a vibrazione (Mixer Mill 300, Retsch) che, mediante addizione di microsfere metalliche in
tubi da 2 ml al tampone e alla stessa quantità di tessuto, permette l’estrazione di 48 campioni in
circa 2min.
8.3. Aggiunta di Sarkosyl e incubazione a 70°C per 10'
Trasferire 0,5 ml di omogenato in un provetta eppendorf da 1,5 ml e aggiungere 0,1 ml di 10%
Sarcosyl. Agitare ed incubare con agitazioni periodiche (2-3 min) per 10 min a 70°C.
8.4. Incubazione in ghiaccio e centrifugazione
Incubare in ghiaccio per 2 min. e centrifugare alla massima velocità (12.000 x g) per 5 min. I
residui cellulari si concentrano nel pellet; fare attenzione a non riportarli in sospensione.
8.5 Incubazione del svn con NaI, etanolo e silica
Trasferire 0,3 ml di svn in una nuova provetta eppendorf da 1,5 ml ed aggiungere con
micropipetta 0,3 ml di soluzione di NaI, 0,15 ml di etanolo assoluto e 0,025 ml di sospensione di
particelle di silica. Agitare ed incubare con agitazioni periodiche (2 min) per 5 min a temperatura
ambiente.
8.6. Centrifugazione e lavaggio del pellet
Centrifugare a 6000 x g per 1 min, eliminare il svn ed aggiungervi 0,5 ml di WB. Vortexare
energicamente in modo da risospendere il pellet.Ripetere l’operazione.
8.7. Centrifugazione ed eliminazione del svn
Centrifugare come in 8.6 eliminare il svn e lasciare asciugare il pellet tenendo le provette
capovolte per 15 min a RT. Non lasciar disidratare eccessivamente il pellet.
8.8. Eluizione degli RNA totali
Il pellet é risospeso in 0,1 ml di acqua sterile mediante vortex ed incubato per 2 min a 70 ° C.
Centrifugare alla massima velocità per 3' e trasferire il svn in una nuova provetta.
8.9. Dosaggio spettrofotometrico delle concentrazioni di RNA totale.
Quantificare gli RNA totali estratti mediante dosaggio spettrofotometrico valutando l'assorbimento
a 260 nm e 280 nm. Le preparazioni possono essere conservate per mesi a -80°C.
139
9. RT-PCR, considerazioni generali
9.1. Conoscenze generali
L'operatore di laboratorio deve possedere buone conoscenze teoriche riguardo ai principi
basilari della RT-PCR. Deve inoltre adoperare tutte le cautele necessarie per prevenire le
contaminazioni da RNAsi quali: utilizzo di acqua, soluzioni, provette e puntali sterili; uso di guanti
in tutte le fasi del protocollo.
9.2. Addestramento degli operatori
L'operatore deve avere buone conoscenze sull'utilizzo delle strumentazioni di base di
laboratorio, quali pHmetri, bilance elettroniche, pipette, autoclave, microcentrifughe, nonché di
thermocycler, elettroforesi, etc.
9.3. Prevenzione delle contaminazioni
L'estrazione degli RNA totali e la reazione di RT-PCR dovrebbero essere condotte
possibilmente in ambienti differenti e con set di pipette diverse. Come riportato in numerosi
manuali si consiglia fortemente l'uso di puntali "aerosol free" e, se possibile, di una cappa a flusso
laminare per l’allestimento dei campioni. Si consiglia inoltre di ricorrere alla preparazione di
"master mix", preparata per il numero di campioni da analizzare e ripartita nei microtubi.
9.4. Informazioni sulla sicurezza
L'operatore deve essere al corrente di tutti i rischi associati all'uso di sostanze tossiche quali
acrilammide, nitrato di argento, formaldeide etc, secondo le disposizioni vigenti.
140
141
10. RT-PCR
10.1. RT : denaturazione acidi nucleici totali
Preparare in una provetta da 1,5 ml il seguente mix
X µl
RNA totali corrispondenti a c. 0,5 µg
1 µl
esanucleotidi random 0.5 µg/µl
X µl
acqua sterile
30 µl
volume finale
Incubare a 95° C per 5 min e trasferire la provetta immediatamente in ghiaccio.
10.2. RT: sintesi del cDNA
Aggiungere agli RNA totali denaturati il seguente mix:
10 µl
5 X RT buffer
2,5 µl
soluzione di desossiribonucleotidi 10 mM ciascuno
2,4 µl
DTT 0,1 M
1 µl
4,1 µl
M-MLV reverse transcriptase 200 U/µl
acqua sterile
Incubare a 42 ° C per 1 ora.
10.3. PCR : aggiunta del cDNA al mix di PCR
Aggiungere 45 µl di PCR mix a 5 µl di cDNA:
5 µl
cDNA
5 µl
10 X PCR buffer
1 µl
soluzione di desossiribonucleotidi 2,5 mM ciascuno
2 µl
MgCl2 25 mM
1 µl
1 µl
0,2µl
soluzione di reverse primer 6 µM
soluzione di forward primer 6 µM
Taq DNA polimerasi (5 U/µl)
35 µl
acqua sterile
142
Se non si dispone di un thermocycler con coperchio riscaldato, è necessario stratificare il mix di
PCR con 25 µl di olio minerale onde evitare l’evaporazione del campione.
10.4. Porre i microtubi nel thermocycler e iniziare la reazione di amplificazione
Previa programmazione del thermocycler ininziare la reazione caricando i microtubi quando
il blocco termostatato ha raggiunto la temperatura di c. 94° C. Effettuare 30-35 cicli secondo i
programmi consigliati per ciascun set di primers riportati nella seguente tabella.
virus
GFLV
GLRaV - 3
GVA
GVB
GRSPaV
denaturazione
iniziale
94°C 5 min
denaturazione
94°C 30 sec
94°C 30 sec
94°C 30 sec
94°C 30 sec
94°C 30 sec
35 cicli
annealing
60°C 30 sec
58°C 30 sec
55°C 30 sec
58°C 30 sec
55°C 30 sec
sintesi
72°C
72°C
72°C
72°C
72°C
45 sec
45 sec
45 sec
30 sec
45 sec
estensione
finale
72°C 7 min
72°C 7 min
72°C 7 min
72°C 7 min
72°C 7 min
11. Analisi dei risultati
11.1. Elettroforesi in gel di policarilammide: preparazione del gel
I prodotti di reazione di PCR sono analizzati mediante elettroforesi in gel di poliacrilammide al 5%,
preparato secondo lo schema seguente:
0,65 ml
Acrilammide / Bisacrilammide al 40 %
0,5 ml
35 µl
3,5µl
3,85 ml
TBE 10 X
APS 10%
TEMED
acqua sterile
La soluzione è versata nell'apparato per elettroforesi verticale utilizzando un pettine da 20 pozzetti
ed evitando di formare bolle d'aria. Attendere 20-30 min per la solidificazione del gel che avviene a
temperatura ambiente.
11.2. Elettroforesi in gel di poliacrilammide: caricamento dei campioni e corsa
Dopo la solidificazione del gel, rimuovere il pettine, assemblare il gel nell'apparato per
elettroforesi e ripulire i pozzetti. I lavaggi sono effettuati spruzzando TBE 1 X (tampone di corsa
elettroforetica) con una siringa da 5 ml.
I campioni da analizzare sono addizionati di 2 µl di gel loading buffer per ogni 10 µl e caricati con
micropipetta nei singoli pozzetti.
La elettroforesi è condotta fino a che il blu di bromofenolo ha migrato ad 1 cm dal termine del gel
applicando un voltaggio di 100 V.
143
11.3. Elettroforesi in gel di poliacrilammide: visualizzazione del DNA amplificato mediante
colorazione con nitrato d'argento
Al termine dell'elettroforesi, i prodotti di DNA amplificato sono visualizzati mediante
colorazione del gel con nitrato di argento come di seguito riportato:
• immergere il gel in una vaschetta (in plastica o vetro) contente una soluzione di acido acetico al
10% per 20 min;
• lavare il gel per 3 volte con un eccesso di acqua; ogni lavaggio dovrà essere di 1 min;
• incubare il gel per 3 min in una soluzione all'1% di acido nitrico;
• lavare il gel per 3 volte con un eccesso di acqua;
• incubare il gel nella soluzione di AgNO3 per 30 min;
• lavare una volta con un eccesso di acqua;
• sviluppare il gel nella soluzione di Na2CO3;
arrestare la reazione eliminando il Na2CO3 ed aggiungendo una soluzione di acido acetico al 5%.
Note:
1. Tutta la reazione è condotta a temperatura ambiente agitando delicatamente il gel su di un
agitatore orbitale.
La reazione di sviluppo in Na2CO3 può avvenire molto rapidamente.
11.4. Elettroforesi in gel di policarilammide: fotodocumentazione del gel
Il gel sviluppato potrà essere posto tra due fogli di lucidi per fotocopiatrice e fotografato o
acquisito elettronicamente.
12. Interpretazione dei risultati
I risultati sono interpretati qualitativamente come positivi o negativi a seconda della presenza o
assenza di specifici frammenti di DNA amplificato.
Ogni reazione di RT-PCR dovrebbe includere i seguenti controlli:
1. Un RNA adoperato come controllo negativo precedentemente estratto da tessuti di una
pianta sana e verificato come tale in test precedenti e con differenti altri test diagnostici.
La comparsa di specifici frammenti di DNA amplificato nel controllo negativo dopo RT-PCR
indica una probabile cross-contaminazione e rende necessaria la ripetizione dell'intero set di
analisi effettuato.
2. Un RNA adoperato come controllo positivo precedentemente estratto da tessuti di una
pianta infetta e verificato come tale in test precedenti e con differenti altri test diagnostici.
La mancata osservazione di una specifico frammento di DNA amplificato nel controllo positivo
indica l'assenza di sintesi del cDNA o di amplificazione di quest'ultimo, e induce a ripetere
l'intero set di analisi effettuato.
3. Un campione di tessuto di pianta infetta dal quale si é proceduto ad estrarre gli RNA
totali, reverse transcription e PCR nello stesso tempo e nelle stesse condizioni con cui si
sono estratti gli RNA totali dai campioni da analizzare.
L'assenza di amplificazione nel campione di tessuto di pianta infetta , insieme ad un risultato
positivo dell’ RNA adoperato come controllo positivo, mascia presuppore un problema
144
intervenuto durante l'estrazione degli RNA totali e determina la ripetizione dell'intero set di
analisi.
Ogni set di analisi condotto dovrà essere conservato come fotodocumentazione contenetente le
seguenti informazioni:
• data
• nome dell'operatore
• protocollo adoperato per l'estrazione degli RNA totali
• protocollo adoperato per l'RT-PCR
• codice identificativo di ogni campione analizzato
• analisi dei risultati per ogni campione analizzato
• commenti dell'operatore
BIBLIOGRAFIA
[1] Mackenzie D.J., McLean M.A., Mukerij S. & Green M. 1997. Improved RNA extraction from
woody plants for the detection of viral pathogens by reverse transcriptase – polymerase chain
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III from viruliferous mealybugs and infected tissue by cDNA amplification. Journal of
Virological Methods, 47, 175-188.
[3] Zhang Y.P., Uyemoto J.K., Golino D.A. & Rowhani A. 1998. Nucleotide sequence and RTPCR detection of a virus associated with Grapevine Rupestris Stem-Pitting Disease.
Phytopathology, 88, 1231-1237
145
146