PROFILI GIURIDICI DELL’EMISSIONE DI ONDE ELETTROMAGNETICHE §1. - Premessa §2. - Le esigenze di tutela §3. - Le soluzioni normative 3.1 - Il Decreto Interministeriale n.381 del 1998 3.2 - Competenza statale o competenza regionale? §4- La nuova legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici. §5 - La tutela del diritto alla salute. Le risposte della giurisprudenza durante la vigenza del Decreto Interministeriale n.381 del 1998. § 1. – Premessa Il Parlamento ha recentemente approvato1 il testo della legge quadro sulla protezione della popolazione dalla esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici. E’ senz’altro un importante obiettivo soprattutto ove si consideri che la materia è stata sino ad oggi regolata dal Decreto Interministeriale n.381 del 1998; non una legge quindi ma una fonte normativa subordinata. Per comprendere appieno le innovazioni derivanti dall’entrata in vigore della nuova normativa, che necessariamente si riflette sulla tutela dei cittadini/consumatori, si rende utile dar conto dell’impianto del preesistente D.I. e delle problematiche applicative ad esso connesse. Da cittadini ci domandiamo se, ed in che misura, l’esposizione a onde elettromagnetiche sia nociva per la salute umana e quali siano gli strumenti di tutela approntati dallo Stato. Da giuristi corre l’obbligo di interrogarci sulla rispondenza tra le norme e le finalità per cui esse sono state emanate, tenendo conto del contesto in cui tali disposizioni sono destinate ad agire e delle applicazioni che le stesse hanno avuto a livello normativo decentrato. Possiamo sin d’ora anticipare che, sotto nessuno di questi profili, la vigenza del Decreto Interministeriale del 1998 è stata scevra di problemi. Di questo è prova l’incremento del contenzioso, sia in sede civile sia in sede amministrativa, che ha visto protagonisti i cittadini, le associazioni di consumatori - spesso intervenute ad adiuvandum -, gli enti locali e le imprese. I cittadini, pur in assenza di superamento dei limiti di esposizione dettati dal decreto, hanno fatto ricorso Il presente articolo trae spunto dalla relazione di presentazione dello studio La disciplina giuridica delle radiofrequenze. Divergenti applicazioni della normativa nazionale a livello locale, curato dalla Fondazione Rosselli di Torino tenuta al Convegno “Elettromagnetismo. Diritto comunitario, diritto comunale” - Roma, 1 marzo 2001, Camera dei Deputati. 1 La Camera dei Deputati ha approvato, il 14 febbraio 2001, il testo del disegno di legge già approvato dal Senato nelle sedute dei 18 e 23 gennaio 2001. 1 alla giustizia per vedere tutelato il proprio diritto alla salute; le imprese gestrici, a più vario titolo, degli impianti emittenti onde elettromagnetiche hanno visto limitare l’esercizio della propria attività attraverso il mancato assenso all’installazione di impianti o l’inibizione del funzionamento di quelli esistenti; gli enti locali sono stati chiamati in causa, insieme alle imprese, per avere assentito all’installazione degli impianti contravvenendo alle disposizioni urbanistiche. Altro aspetto problematico per le conseguenze disorientanti sui cittadini e sulle imprese– per motivi ovviamente differenti di cui si darà opportunamente conto - è stata la normazione a livello regionale. Non soltanto si è discusso sulla competenza delle regioni a legiferare in materia di emissione di onde elettromagnetiche, ma molte leggi regionali hanno subìto il rinvio da parte del Commissario di Governo per contrasto con le disposizioni del decreto Interministeriale. I motivi saranno successivamente analizzati soprattutto per mettere in luce quanto, sotto questo profilo, stabilisce la legge quadro. § 2. – Le esigenze di tutela Le esigenze sostanziali di tutela, che si pongono quale ratio giustificatrice delle norme in materia di elettromagnetismo, sono state da sempre connesse con il diritto alla salute e con l’interesse alla salvaguardia dell’ambiente. Quanto alla tutela della salute, la pericolosità, o meglio il rischio, connesso all’esposizione ad onde elettromagnetiche è ancora oggetto di ampio dibattito nel panorama scientifico internazionale, per lo meno in ordine agli effetti di lungo periodo. Si discute cioè se l’esposizione continuata e protratta nel tempo a campi elettromagnetici di determinati livelli di esposizione possa provocare effetti, dopo un certo numero di anni o addirittura di decenni, del tipo di malattie tumorali o leucemiche. Pur non potendo dar conto di tutte le ricerche e gli studi effettuati, riteniamo utile sottolineare la posizione degli organismi internazionali preposti alla tutela della salute pubblica, in particolare l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Sebbene tale tipo di analisi possa risultare prima facie estranea a ragionamenti di ordine giuridico normativo, riteniamo necessari brevi cenni posto che quanto la scienza afferma è la base e la ragion d’essere delle specifiche disposizioni normative che ci accingiamo ad analizzare. Nel maggio ’96, in risposta alle crescenti preoccupazioni, l’OMS ha avviato un progetto internazionale per valutare gli effetti sanitari e ambientali dell’esposizione 2 ai campi elettrici e magnetici noto come Progetto Internazionale Cem2. L’attività scientifica è condotta e guidata dall’ICNIRP (International Commission of Non Ionizing Radiation Protection), organizzazione non governativa formalmente accreditata dall’OMS, la quale ha prodotto, nel 1998, le Linee Guida per la limitazione dell’esposizione umana a tutti i campi elettrici e magnetici3, basandosi sugli studi di ricerca sino ad allora condotti e sui risultati dagli stessi ottenuti. Nei due più recenti documenti ufficiali dell’OMS4 si afferma che “tutti gli effetti sanitari accertati dei campi a radiofrequenza sono chiaramente legati al riscaldamento. A livelli che sono troppo bassi per produrre un qualunque riscaldamento significativo, l’energia a radiofrequenza può ancora interagire con i tessuti corporei, ma nessuno studio ha dimostrato effetti negativi sulla salute per livelli di esposizione che siano inferiori ai limiti raccomandati dalle linee guida internazionali”. Più in particolare, quanto al rischio di cancerogenesi, si legge nello stesso documento che “l’evidenza scientifica attuale indica che l’esposizione a campi a radiofrequenze quali quelli emessi da telefoni cellulari e dalle stazioni radio base non inducono o favoriscono, verosimilmente, il cancro”. Anche altre organizzazioni internazionali, tra le quali il National Institute of Environmental Health Sciences (NIEHS) degli Stati Uniti5, o strutture nazionali istituzionalmente delegate a valutare problemi sanitari, quali l’Istituto Superiore di Sanità6, concludono per la mancanza di certezze sul nesso di causalità tra esposizione a onde elettromagnetiche e manifestazione, nel lungo periodo, di gravi patologie. Ciò che a maggioranza si sostiene, insomma, è che sebbene non sia stata raggiunta la prova di innocuità, neppure si può sostenere un nesso eziologico che non è stato scientificamente dimostrato, così come, invece, sono stati attentamente studiati e dimostrati gli effetti acuti, o a breve termine, dell’esposizione a onde elettromagnetiche. Questi ultimi si producono nell’immediato, per livelli di esposizione superiori a 2 Le organizzazioni internazionali che supportano tale progetto sono: la Commissione europea (EC), la Commissione Elettrotecnica Internazionale (IEC), l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), l’Unione Internazionale delle Telecomunicazioni (UTI), la NATO e il Programma per l’Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP). 3 Anticipiamo sin d’ora che i limiti di esposizione consigliati dall’ICNIRP di 41 V/m sono più severi di quelli adottati in sede comunitaria -60V/m - (Raccomandazione del Consiglio dell’Unione europea del 12 luglio 1999 sulla limitazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici n.1999/519/Cee) ma più ampi rispetto a quelli accolti dal legislatore italiano nel D.I. 381/98 di 20V/m. 4 Campi elettromagnetici e salute pubblica, Effetti sanitari dei campi a radiofrequenza, Promemoria n. 183, revisione maggio 1998; Campi elettromagnetici e salute pubblica. I telefoni cellulari e le loro stazioni radio base, Promemoria n. 193, revisione giugno 2000, entrambi disponibili sul sito www.who.int/peh-emf. 5 Il rapporto conclusivo del NIHES è disponibile sul sito www.nihes.nih.gov/emfrapid/home.htm.. 6 In tal senso si legge nel documento congiunto ISS-ISPESL del 29 gennaio 1998. 3 determinati tetti. E’ per questo che essi vengono definiti effetti a soglia ed è per lo stesso motivo che sono facilmente evitabili dato che i limiti adottati sia in sede internazionale sia in sede nazionale sono ben inferiori a quelli riconosciuti “invalicabili” per la loro determinazione. Il problema della definizione di limiti a livello normativo si pone, dunque, fortemente con riguardo a politiche cautelative per la salvaguardia della popolazione da eventuali rischi che non si conoscono. Come si vedrà, lo Stato italiano ha scelto, nel Decreto Interministeriale, una politica severa rispetto alle indicazioni internazionali. § 3 - Le soluzioni normative. 3.1 Il Decreto Interministeriale n.381 del 1998. Occorre adesso soffermarsi su quelle che sono state le scelte del legislatore italiano in materia di emissione di onde elettromagnetiche. La normativa che ci si accinge ad analizzare, il Decreto Interministeriale 10 settembre 1998 n. 381 del 1998 7, è stata la prima concreta risposta alle crescenti preoccupazioni in tema di esposizione a onde elettromagnetiche. Paradossalmente, però, le prospettate soluzioni normative, che avrebbero dovuto sedare allarme e panico diffuso nella popolazione, hanno avuto un effetto riflesso negativo sullo stesso ordinamento giuridico: come già anticipato, il contenzioso è aumentato, soprattutto con riferimento alle competenze dei giudici civili e amministrativi; le leggi regionali che hanno regolato la materia sono state frequentemente oggetto di rinvio da parte del Commissario di Governo per mancato rispetto delle disposizioni contenute nel D.I.; i limiti prescritti nel decreto sono stati ritenuti eccessivamente restrittivi rispetto agli orientamenti delle organizzazioni internazionali e comunitarie e di cui abbiamo già riferito. Ma occorre procedere con ordine ed illustrare in breve l’impianto del Decreto che, fino a “ieri”, è stato il punto di riferimento normativo nella materia che ci interessa. Il D.I. trova le sue origini nella legge 249/1997 (istitutiva dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) la quale all’art.1, comma VI, lett.a), n.15, dispone, tra l’altro, l’emanazione da parte del Ministero dell’Ambiente, d’intesa con i Ministeri della Sanità e delle Comunicazioni, di un decreto che “fissi” i tetti delle radiofrequenze compatibili con la salute umana. Tale decreto intitolato “Regolamento recante norme 7 Pubblicato in G.U.R.I del 3 novembre 1998, n. 257. 4 per la determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana”, è entrato in vigore il 3 gennaio 1999 ed è composto da 6 articoli e 3 allegati di natura tecnica che ne fanno parte integrante. L’art.1 delimita il campo di applicazione all'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici connessi al funzionamento ed all'esercizio dei sistemi fissi di teleradiocomunicazioni e radiotelevisivi operanti nell'intervallo di frequenza tra 100KHz e 300GHz. Vengono così esclusi dalla regolamentazione i sistemi mobili e tutte le altre apparecchiature (fisse o mobili) che utilizzano onde elettromagnetiche nell'intervallo di frequenza considerato, ma che non operano nel settore delle telecomunicazioni o delle trasmissioni radiotelevisive, quali ad esempio i radar. Esplicitamente poi, al comma II, si precisa che i limiti di esposizione (...) non si applicano ai lavoratori esposti per ragioni professionali. L’art.3 fissa i valori limite di esposizione per la popolazione di campo elettrico, di campo magnetico e di densità di potenza per diversi intervalli di frequenza8. L’art.4 regolamenta le misure di cautela e gli obiettivi di qualità. Si stabilisce che, fermi restando i limiti di cui all’art.3, la progettazione e la realizzazione dei sistemi fissi delle telecomunicazioni e radiotelevisivi operanti nell’intervallo di frequenza compreso tra 100 Hz e 300 GHz e l’adeguamento di quelle preesistenti, deve avvenire in modo da produrre i valori di campo elettromagnetico più bassi possibile, compatibilmente con la qualità del servizio svolto dal sistema stesso al fine di minimizzare l’esposizione della popolazione (comma I). Tale norma attua nel nostro ordinamento il principio di minimizzazione, che trova riscontro nel già citato documento congiunto ISS - ISPESL nella parte in cui si afferma che “sulla base di un principio cautelativo intorno al quale si riscontra un generale consenso, possono essere delineate strategie di abbattimento dei livelli di esposizione presenti negli ambienti di vita e di lavoro che comportino costi accettabili dalla comunità, anche per mezzo della ricerca e dell’applicazione di nuove tecnologie (...)”. Per tali motivi, il decreto aggiunge ai limiti fissati all’art.3, valori di cautela. Infatti l’art.4 comma II, prevede che ai fini del precedente comma (e dunque del principio di minimizzazione) in corrispondenza di edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore non devono essere superati i valori di 6 V/m per il campo elettrico, 0,016A/m per il campo magnetico e per le 8 Per frequenze da 0,1-3 MHz, è previsto un valore efficace di intensità di campo elettrico di 60 V/m, e di 0,02 A/m per il valore efficace di intensità di campo magnetico; per frequenze da 3 a 300 MHz, 20 V/m per il campo elettrico e 0,05 A/m per il campo magnetico; per frequenze da 3.000-300.000 MHz, 40 V/m per il campo elettrico e 0,1 A/m per il campo magnetico. 5 frequenze comprese tra 3 MHz e 300 GHz, 0,10 W/m2 per la densità di potenza dell'onda piana equivalente. Il Decreto (art.4, comma III), inoltre, prevede che nell’ambito delle proprie competenze, fatte salve le attribuzioni dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, le Regioni e le Province autonome debbano disciplinare l'installazione e la modifica degli impianti di radiocomunicazione al fine di garantire il rispetto dei limiti, il raggiungimento di eventuali obiettivi di qualità, nonché le attività di controllo e vigilanza in accordo con la normativa vigente, anche in collaborazione con l’Autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni, per quanto attiene all’identificazione degli impianti e delle frequenze loro assegnate. Nelle zone abitative o sedi di attività lavorativa per lavoratori non professionalmente esposti o nelle zone comunque accessibili alla popolazione ove sono superati i limiti di fissati al precedente art.3 e all’art.4, comma II, devono essere attuate azioni di risanamento a carico degli impianti. Queste, in sintesi, le disposizioni contenute nel Decreto Interministeriale e che attengono prevalentemente a profili di natura sanitaria e di tutela ambientale. 3.2 Competenza statale o competenza regionale? Una analisi dei profili giuridici del “fenomeno elettromagnetismo” non può prescindere da alcune considerazioni che riguardano la competenza a normare la materia. Il problema è comprensibile sol che si consideri la natura polivalente e multiforme della stessa fattispecie di cui si discute. L’emissione di onde elettromagnetiche, infatti, è fenomeno ricollegabile ad aspetti di natura sanitaria, ambientale e urbanistico-territoriale9. La questione della competenza legislativa regionale si è posta, quindi, in considerazione del fatto che il fenomeno dell’emissione di onde elettromagnetiche, e le problematiche ad esso connesse, non può essere ricondotto esclusivamente in un ambito strettamente urbanistico. D’altra parte, se così fosse, neanche si sarebbe potuto parlare del “problema della competenza legislativa regionale” vista l’indiscutibilità dell’attribuzione alle Regioni della competenza a legiferare in materia urbanistica ex art.117, comma 1, della Costituzione. Tenere conto di tale profilo problematico, è necessario e interessante soprattutto per ciò che concerne La Costituzione, all’art.117, comma 1, prevede che le Regioni possono emanare leggi – nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dallo Stato e sempre che tali norme non siano in contrasto con l’interesse nazionale o con quello di altre regioni – in determinate materie ivi elencate, ovvero in quelle indicate da leggi costituzionali. E’ precisato, altresì, che le leggi della Repubblica possono demandare alle Regioni il potere di emanare norme per la loro attuazione. Tra le materie espressamente attribuite alla competenza regionale v’è anche quella urbanistica. 9 6 gli aspetti sanitari. Se, infatti, si riconoscesse in capo alle regioni il potere di normare in materia di limiti di esposizione, si potrebbe giungere ad una situazione per cui tali limiti potrebbero variare da regione a regione con differenti livelli di tutela nei confronti dei cittadini. La problematica sul ruolo svolto dalle Regioni nel settore dell'emissione di onde elettromagnetiche ha trovato interpretazione nella sentenza della Corte Costituzionale del 30/9 - 7/10 1999 n.38210 avente ad oggetto la Legge regionale Veneto intitolata “Prevenzione dei danni derivanti dai campi elettromagnetici generati da elettrodotti. Regime transitorio”11. Il Governo poneva la questione di legittimità costituzionale dell'art.1, commi I e II12, sotto due profili: violazione delle competenze statali ex art.117, comma 1, della Costituzione e violazione dell’interesse nazionale e di altre Regioni. Nelle norme censurate, infatti, seppure con riferimento a distanze da prevedere negli strumenti urbanistici generali, si fa riferimento ai limiti di campo elettrico e magnetico previsti nell’art.4 della Legge Regionale Veneto n.27 del 1993, a fini, evidentemente, di tutela della salute pubblica. Rilevava il Governo, e per esso l’Avvocatura dello Stato, che tali disposizioni erano state emanate in violazione della competenza statale in materia sanitaria13, peraltro già esercitata con i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 aprile 1992 e 28 settembre 1995, prevedendo valori di gran lunga inferiori a quelli indicati dal D.P.C.M del 1992, appena citato. La seconda censura veniva motivata asserendo che le maggiori spese sostenute dal gestore della rete elettrica, per ottemperare alle previsioni della legge medesima, sarebbero ricadute su tutti gli utenti del territorio nazionale, a fronte di un presunto beneficio degli abitanti della sola Regione Veneto. Quest’ultima, rispondendo all’ulteriore rilievo del Governo incentrato sulla inquadrabilità delle disposizioni oggetto del vaglio di costituzionalità in 10 Guida al Diritto, 1999, n.41, 101. Sebbene la sentenza riguardi una legge volta a regolamentare gli elettrodotti, essa risulta nodale per i principi espressi e riguardanti la competenza regionale a emanare disposizioni in materia di impianti emittenti onde elettromagnetiche. 11 Tale legge era già stata inviata al Governo e riapprovata dal Consiglio regionale, in data 29/7/1997. 12 Il comma I prevede che negli strumenti urbanistici generali e nelle loro varianti adottati dopo il 1° gennaio del 1998, devono essere previste distanze, tra le linee elettriche aeree esterne con tensione superiore o uguale a 132 kV e le aree destinate a nuove costruzioni residenziali, scolastiche e sanitarie, tali che il campo elettrico e l'induzione magnetica non superino i valori previsti nell'art.4 della legge regionale 30/6/1993 n.27. Il comma II prevede, conseguentemente, che le distanze da mantenere tra le costruzioni residenziali, scolastiche e sanitarie, e le nuove linee elettriche aeree esterne con tensione superiore o uguale a 132 kV, devono essere fissate in base al criterio di cui al comma 1. 13 La giurisprudenza costituzionale, in più occasioni, ha riconosciuto la riserva allo Stato di fissare limiti massimi uniformi di esposizione da inquinamenti chimici, fisici o biologici, all’evidente fine di assicurare un quadro di riferimento omogeneo su tutto il territorio nazionale (Sentenze n.306 del 1988 e n.517 del 1991). 7 materia sanitaria, affermava che la legge denunciata si riferiva “alla formazione di strumenti urbanistici generali ed alle loro varianti dal 1° gennaio 1998, con un evidente richiamo alla competenza regionale in detta materia ed ai relativi limiti”, ex art.117 Costituzione. La Consulta ha ritenuto inaccoglibili entrambe le censure. Per la prima, la Corte ha rilevato che le disposizioni impugnate contengono “prescrizioni cautelative volte ad incidere, in primo luogo, sugli strumenti urbanistici generali e sulle loro varianti”, che rimangono, quindi, nell’ambito delle attribuzioni regionali. Queste competenze attengono, secondo la definizione di urbanistica enucleabile dall'art.80 del D.P.R. 24/7/1977 n.616, alla «disciplina del territorio comprensiva di tutti gli aspetti conoscitivi, normativi e gestionali riguardanti le operazioni di salvaguardia e di trasformazione del suolo nonché la protezione dell'ambiente». Secondo la Consulta alla funzione di governo del territorio si riallaccerebbe “anche una competenza in materia di interessi ambientali, da reputare costituzionalmente garantita e funzionalmente collegata, (…) alle altre spettanti alla Regione, tra cui, oltre all'urbanistica, quale funzione ordinatrice dell'uso e delle trasformazioni del suolo, quella dell'assistenza sanitaria, intesa come complesso degli interventi positivi per la tutela e la promozione della salute umana”. Grazie quindi ad un’interpretazione estensiva del già ampio concetto di “urbanistica” - così come formulato nell’art.80 del D.P.R. n.616 - la Corte Costituzionale, sebbene legittimi l’intervento legislativo della Regione Veneto sulla base della competenza in materia urbanistica, giunge all’attribuzione alla regione della competenza in materia sanitaria. La seconda censura è stata dichiarata inammissibile in quanto doglianza di merito e come tale inidonea a dare ingresso al sindacato di costituzionalità. Altra questione che non si può prescindere di analizzare nella nostra indagine è il rapporto sussistente tra le leggi regionali e le disposizioni del D.I.381/98. La necessità di tale approfondimento risulta evidente ove si consideri che alcune leggi regionali 14 hanno subìto, come prima rilevato, il rinvio da parte del Commissario di Governo per contrasto con le disposizioni contenute nel decreto del 1998. Questo 14 Emilia Romagna, progetto di legge il 10 febbraio 2000, approvato dal Consiglio Regionale il 28 febbraio 2000, col n.221; Liguria, delibera legislativa n.35 del 1999, integrazione della L.R. 21/6/1998 n.18 con l'inserimento del capo VI bis intitolato “tutela dell'inquinamento elettromagnetico”; Lombardia, L.R. n.157 del 1/6/1999, intitolata “Disciplina della protezione della popolazione e dei lavoratori esposti a campi elettromagnetici a radiofrequenze e a microonde”; Marche, deliberazione legislativa n.276 del 12 gennaio 2000, intitolata: “Disciplina regionale in materia di impianti fissi di radiocomunicazione al fine della tutela ambientale della popolazione”; Molise, progetto di legge sull'inquinamento elettromagnetico approvato il 1° marzo 2000. 8 assegna (art.4, comma III) alle Regioni e alle Province il compito di disciplinare sull'installazione e la modifica degli impianti di radiocomunicazione per garantire il rispetto dei limiti di esposizione e dei valori di cautela indicati dal comma II15, il conseguimento di eventuali obiettivi di qualità, nonché le attività di controllo e di vigilanza in accordo con la normativa vigente, anche in collaborazione con l'Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni, per quanto attiene all'identificazione degli impianti e delle frequenze loro assegnate. Soprattutto la disposizione che riguarda la competenza a disciplinare sull’installazione degli impianti per garantire i valori di cautela stabiliti dalla normativa statale, ha determinato problemi interpretativi. Infatti, una delle ragioni più diffuse che ha determinato i rinvii è stata l’individuazione di valori di cautela attraverso il criterio della distanza dagli edifici o da determinate zone previste nei piani regolatori e non, come è nel decreto interministeriale del 1998 che, per l’installazione di nuovi impianti, “considera come unico parametro rilevante il valore di campo elettromagnetico”16. Inoltre, sebbene il D.I. assegni alle Regioni il compito del conseguimento degli obiettivi di qualità, molte delle leggi rinviate prevedevano tra gli obiettivi di qualità limiti di emissione in prossimità di determinati tipi di edifici 17. §4 La nuova legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici. La legge, che è stata approvata il 14 febbraio 2001, si propone di assicurare la tutela della salute, dell’ambiente e del paesaggio, valori protetti costituzionalmente, dall’emissione di onde elettromagnetiche. Essa, rispetto al precedente decreto, ha un campo di applicazione più ampio estendendosi anche ai lavoratori e alle lavoratrici e disciplinando gli impianti, sistemi ed apparecchiature che producono campi elettrici e magnetici ed aventi frequenze che vanno da 0 Hz e 300 GHz; si riferisce, inoltre, agli elettrodotti ed agli impianti radioelettrici, compresi le stazioni radio base per telefonia mobile, i radar e gli impianti fissi per radiodifussione. La tutela dei cittadini è 15 Si veda § 3.1. Nota del Commissario del Governo n.1086/4.I.20/C.G. del 25/8/2000, per il rinvio relativo al progetto di legge dell’Emilia Romagna. 16 17 Ad esempio, la L.R. Lombardia n.157 prevedeva tra gli obiettivi di qualità che il valore di campo elettrico all'interno di edifici adibiti a permanenze inferiori a quattro ore giornaliere, indipendentemente dalla frequenza, non dovesse superare i 4V/m; nelle strutture sanitarie o di ricovero e all'interno di asili nido e scuole non può superare i 3/Vm. 9 assicurata, principalmente, attraverso due principi rinvenibili nella legge stessa: il principio cautelativo; il principio di minimizzazione, finalizzato alla riduzione, secondo le migliori tecnologie disponibili, degli effetti dell’esposizione a campi elettromagnetici. Entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge – quadro, infatti, dovranno essere emanati i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri che fissino i limiti di esposizione18, i valori di attenzione19 e gli obiettivi di qualità20. In ordine a questi ultimi è necessaria una precisazione. Lo Stato, infatti, è competente soltanto per la definizione degli obiettivi di qualità in quanto valori di campo come definiti dall’art.3, comma I, lett. d), n.2; mentre spetta alle leggi regionali la determinazione degli obiettivi di qualità relativamente ai criteri localizzativi, gli standard urbanistici, le prescrizioni e le incentivazioni per l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili.21 Con riferimento a quanto precedentemente affermato in ordine ai problemi di attribuzione di competenze tra Stato e Regioni, decisivo appare l’obbligo – stabilito dall’art.4, comma V - per le Regioni di adeguare la propria legislazione ai limiti di esposizione, ai valori di attenzione, e agli obiettivi di qualità (fissati come valori di campo) individuati negli emanandi decreti. Spetta alla Regione l’esercizio delle funzioni relative all’individuazione dei siti di trasmissione, degli impianti per telefonia mobile, degli impianti radioelettrici e degli impianti per radiodiffusione, nel rispetto dei limiti stabiliti dallo Stato e del regolamento di cui all’art.522 in ordine alla tutela dell’ambiente e del paesaggio. 18 Limite di esposizione è il valore di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, considerato come valore di immissione, definito ai fini della tutela della salute da effetti acuti, che non deve essere superato in alcuna condizione di esposizione della popolazione e dei lavoratori (art.3, comma I, lett.b). 19 Valore di attenzione è il valore di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, considerato come valore di immissione, che non deve essere superato negli ambienti abitativi, scolastici e nei luoghi adibiti a permanenze prolungate (art.3, comma I, lett.c). 20 Obiettivi di qualità sono 1) i criteri localizzativi, gli standard urbanistici, le prescrizioni e le incentivazioni per l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, indicati dalle leggi regionali secondo le competenze definite dall’art.8 della; 2) i valori di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico definiti dallo Stato secondo le previsioni di cui all’articolo 4, comma 1, lettera a), ai fini della progressiva minimizzazione dell’esposizione ai campi medesimi (art.3, comma I, lett.d). Combinato disposto dell’art.4, comma I, lett.a) e art.4, comma V, (Funzioni dello Stato) con l’art.8, comma I, lett.e), (Competenze delle Regioni, delle Provincie e dei Comuni). 22 Con lo stesso regolamento vengono indicate le particolari misure atte ad evitare danni ai valori ambientali e paesaggistici e possono essere adottate ulteriori misure specifiche per la progettazione, la costruzione e la modifica di elettrodotti nelle aree soggette a vincoli imposti da leggi statali o regionali, nonché da strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica, a tutela degli interessi storici, artistici, architettonici, archeologici, paesaggistici e ambientali.. 21 10 I Comuni, poi, possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici23. Con ogni probabilità, l’origine di questa norma è da rinvenire nella ormai invalsa prassi, da parte dei Comuni, di emanare provvedimenti in materia di piani regolatori, di localizzazione dei siti per l’installazione degli impianti piuttosto che di procedimenti amministrativi per la concessione edilizia o l’autorizzazione24. Negli ultimi anni, inoltre, sono stati stipulati accordi o protocolli d’intesa tra Comuni e gestori di servizi di telefonia25 al fine di dare un quadro di riferimento uniforme, nell’ambito territoriale comunale, e di attivare procedure che siano utili al controllo delle emissioni. La legge, inoltre, sottopone ad autorizzazione, statale o regionale, tutti gli impianti emittenti onde elettromagnetiche26.. Quanto ai piani di risanamento, è previsto che la Regione, entro il termine massimo di due anni dalla data di entrata in vigore del decreto di fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, adotti un piano di risanamento per adeguare gli impianti radioelettrici già esistenti ai valori indicati nell’emanando D.P.C.M. . Gli elettrodotti, invece, dovranno essere risanati entro il termine massimo di dieci anni dalla data di entrata in vigore della legge, con onere a carico dei gestori per la presentazione del piano di risanamento. La legge prevede pesanti sanzioni27 a carico dei soggetti che non rispettino la normativa ed i limiti da essa stabiliti. In caso di inosservanza delle prescrizioni previste, ai fini della tutela dell’ambiente e della salute, dall’autorizzazione, dalla concessione o dalla licenza per l’installazione degli impianti, si applica la sanzione della sospensione degli atti autorizzatori suddetti, da due a quattro mesi; in caso di nuova infrazione è prevista la revoca dell’atto autorizzatorio. Del tutto condivisibile appare, infine, la scelta dell’istituzione del catasto nazionale delle sorgenti fisse e mobili dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, 23 Art.8, comma VI. Così i Comuni di Bologna, Novara, Roma e Torino. 25 Così, ad esempio, il Comune di Napoli e il Comune di Modena. 26 Lo Stato deve, con il Regolamento previsto dall’art.5, definire una nuova disciplina dei procedimenti di autorizzazione alla costruzione e all'esercizio degli elettrodotti con tensione superiore a 150 kV, in modo da assicurare il rispetto dei principi di cui alla presente legge, ferme restando le vigenti disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale; le Regioni devono stabilire le modalità del rilascio delle autorizzazioni alla installazione degli impianti per telefonia mobile, degli impianti radioelettrici, degli impianti per radiodiffusione e degli elettrodotti con tensione inferiore a 150 kv, in conformità a criteri di semplificazione amministrativa, tenendo conto dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici preesistenti. 27 Cfr. art.15. 24 11 nell’ambito del sistema informativo e di monitoraggio di cui all’art.8 del D.P.R. 4 giugno 1997, n.335, al fine di rilevare i livelli di campo presenti nell’ambiente. Si tratta di una scelta improntata al criterio della trasparenza amministrativa che consente, altresì, la possibilità di accesso ai dati raccolti da parte dei cittadini. §5 La tutela del diritto alla salute. Le risposte della giurisprudenza durante la vigenza del Decreto Interministeriale n.381 del 1998 La nuova legge, come rilevato, garantisce ai consumatori una tutela della salute in senso piuttosto esteso. Essa opera, inoltre, un riparto di competenze tra Stato, Regioni e Comuni tale che si dovrebbe giungere all’effettiva ordinata installazione e dislocazione degli impianti nel rispetto di una politica di prevenzione da eventuali rischi per la salute e di sostenibilità, per l’ambiente, dello sviluppo tecnologico ed industriale. La chiarezza legislativa sarà anche utile strumento, questo quanto meno l’auspicio, per diminuire sensibilmente il contenzioso, di non modeste dimensioni, sin ora instauratosi nelle aule giudiziarie del nostro Paese. La nuova legge, infatti, dettando specifiche norme in materia di localizzazione degli impianti, i cui criteri erano prima da rintracciare, senza sicurezze né per i cittadini né per le imprese, nel susseguirsi di norme statali, regionali e regolamenti o delibere comunali, dovrebbe portare due distinti benefici collegati inevitabilmente tra loro. Da un lato le imprese potranno operare, per l’installazione degli impianti, con sicurezza riferendosi a parametri legislativi certi ed univoci; ciò dovrebbe comportare, e questo è il secondo beneficio, maggiori certezze per gli enti locali e per i cittadini. I primi potranno assentire o negare i provvedimenti autorizzativi senza rischiare di incorrere in giudizi davanti ai T.A.R. per la contestazione della legittimità del loro operato; i secondi avranno la consapevolezza di potere intraprendere, eventualmente, contenziosi senza incorrere in azioni temerarie dall’esito più che incerto. Potranno essere così evitati giudizi inerenti l’interesse urbanistico a limitare le zone di installazione degli impianti di radiotelecomunicazione in relazione soprattutto al decoro architettonico delle aree interessate 28. Ancora, data la Per citarne soltanto alcuni, TAR Puglia, 9 febbraio 1996 n.29 relativa all’installazione di un’antenna televisiva in zona tipizzata “residenziale” dal p.g.r. vigente; TAR Puglia, Sez. II di Bari, 29 ottobre 1998; TAR Sardegna, 13 aprile 1999, inerente l’installazione di una stazione radio base in una zona sottoposta a vincolo paesaggistico; TAR Lombardia, 11 febbraio 2000 relativa alle zone del territorio comunale nelle quali impianti possono essere collocati; TAR Veneto, Sez.II, 14 giugno 2000, in materia di varianti al regolamento edilizio; TAR Campania, 28 giugno 2000, relativa al profilo della compatibilità urbanistica rispetto alla destinazione della zona. 28 12 puntuale e certa regolamentazione in materia di procedimenti di autorizzazione per l’installazione, dovrebbe diminuire tutta quella parte di contenzioso relativa all’individuazione delle regole procedurali da rispettare in violazione delle quali non possono concedersi le autorizzazioni necessarie per l’ubicazione di dette strutture29. Per quanto riguarda la tutela della salute, il principio emergente dalle pronunzie giurisprudenziali è che il rispetto dei parametri fissati nella disciplina regolamentare (D.I. 381/98) è condizione necessaria e sufficiente perché sia garantita la tutela della salute. Nello stesso senso, peraltro, si era già orientata la giurisprudenza, sia pure in tema di elettrodotti, dopo l’entrata in vigore del D.P.C.M. del 23 aprile 1992, con cui sono stati fissati i limiti massimi di esposizione ai campi elettrici e magnetici generati alla frequenza industriale nominale di 50 Hz30. I provvedimenti normativi in materia, infatti, hanno consentito “l’esercizio e l’utilizzo delle antenne per la diffusione del segnale di telefonia mobile, fissando però limiti massimi di esposizione dei cittadini ai campi elettromagnetici da esse generati, ritenendo evidentemente che l’esposizione contenuta entro i suddetti limiti non rechi (almeno allo stato attuale delle conoscenze scientifiche) pregiudizio alcuno, dovendosi altrimenti presumere che il legislatore ed i competenti ministeri della sanità e dell’ambiente non avrebbero consentito l’esercizio di una attività in pregiudizio della salute pubblica”31. L’aspetto qualificante, in ogni giudizio avente ad oggetto presunti danni derivanti dall’esposizione a campi elettromagnetici è stato, e continua ad essere, la prova del nesso eziologico tra esposizione e danno alla salute. Di fronte all’aperto dibattito ancora in corso nel mondo scientifico, e di cui si è riferito, appare in qualche modo comprensibile l’orientamento della giurisprudenza che, dinanzi ad una mancanza TAR Sicilia, ordinanza 3 dicembre 1999, sulla necessità, per l’installazione di impianti di telefonia, di una variante al Piano Territoriale e non dell’autorizzazione edilizia (inedita); Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia, di appello alla precedente ordinanza, con cui il giudicante legittimava l’installazione della stazione radio base non attraverso la variante del Piano Territoriale, ma della autorizzazione (inedita); TAR Emilia Romagna, sentenza del 4 aprile 2000 n. 432, sulla necessità della concessione edilizia e non della denunzia di inizio attività per gli impianti di telefonia cellulare (reperibile sul sito www.giustizia.it). 29 30 Su tale ratio si è fondato il pressocchè costante rifiuto dei giudici di emettere provvedimenti di urgenza ex art.700 c.p.c . Cfr. Pretura di La Spezia, 29 dicembre 1989, in Rass. giur. energia elettrica, 1990, 524; Tribunale di Lucca, 5 marzo 1990 in Rass. giur. energia elettrica, 1990, 523; Tribunale di Lucca, 17 settembre 1991, in Rass. giur. energia elettrica, 1991, 708; Corte d’Appello di Torino, 25 novembre 1991, in Rass. giur. energia elettrica, 1993, 207; Trib. Di Torino, 6 novembre 1993, in Rass. giur. energia elettrica, 1994, 733; tutte in materia di elettrodotti. 31 Tribunale di Nola, ordinanza del 1 marzo 2000 che ha deciso sul ricorso ex art.700 c.p.c.. 13 di certezze, è stata più portata a lasciare insoddisfatte le pretese risarcitorie o a negare i provvedimenti d’urgenza ex art.700 c.p.c.32, ritenendo insussistente uno degli elementi costitutivi della fattispecie dell’illecito extracontrattuale: il nesso di causalità. Pur tuttavia non è da sottovalutare l’inversione di tendenza, già in atto nella giurisprudenza di merito, operata da quei giudici che, pur ravvisando l’assenza di una certezza (o evidenza scientifica) sul nesso eziologico tra esposizione a onde elettromagnetiche e danni alla salute, ritengono prevalente l’interesse a tutelare i cittadini da un potenziale rischio per la salute, considerandolo sufficiente per la concessione di provvedimenti cautelari33. Allo stesso modo, alcuni giudici amministrativi hanno accolto l’istanza di sospensione proposta dai cittadini ex art.21 L. n.1034/71 sulla base del principio per cui l’interesse primario alla salute deve considerarsi prevalente rispetto ad ogni altro interesse giuridicamente protetto34. Coerentemente sono state respinte molte istanze di annullamento previa sospensione, avanzate da imprese operanti nel settore della telefonia mobile, avverso provvedimenti comunali di diniego dell’autorizzazione edilizia per la realizzazione di stazioni radio base per telefonia cellulare35. Un punto fermo in questa inversione di tendenza della giurisprudenza è rappresentato dalla recentissima sentenza della Corte di Cassazione del 27 luglio 2000, n.989336. Nel caso sottoposto alla Suprema Corte, un privato chiedeva venisse accertato e dichiarato il danno all’integrità psicofisica derivante dall’esposizione a onde elettromagnetiche dovuta all’eccessiva vicinanza di un costruendo elettrodotto alla sua abitazione. Sia il giudice di prime, sia di seconde cure rigettavano la domanda in quanto l’elettrodotto non era ancora entrato in funzione ed il danno non era accertabile e, anche se l’impianto fosse stato funzionante, sarebbe valsa la presunzione di innocuità conseguente al rispetto dei limiti stabiliti nel D.P.C.M. 23 aprile del 1992. I giudici di 32 In materia di impianti per telefonia cellulare, Tribunale di Catania, 1 marzo 1999 (inedita); Tribunale di Roma, 20 ottobre 1999 (inedita); Tribunale di Nola, 1 marzo 2000 (cfr. nota 37); 33 Trib. Di Milano, Sez. XII, 5 ottobre 1999, Bartolo e altri c/ ENEL, che ha ordinato alla resistente la rimozione, entro due anni, degli elettrodotti installati in prossimità delle abitazioni dei ricorrenti; Trib. Di Roma, ordinanza 5 novembre 1999, che ha ordinato l’immediata cessazione della fornitura di energia elettrica erogata da cabina posta nel condominio dei ricorrenti. Entrambe le pronunzie sono inedite. 34 TAR Lazio, ordinanza 18 dicembre 1996, n. 3806 in Foro it., 1997, III, 548, confermata in appello dal Consiglio di Stato con ordinanza 25 marzo 1997, n. 582; TAR Veneto, ordinanza 29 luglio 1999 (inedita). 35 TAR Puglia, ordinanza del 6 aprile 2000, Wind Telecomunicazioni S.p.A c/ Comune di Bitonto; Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, ordinanza 28 luglio 2000, di onferma a TAR Puglia cit.; TAR Puglia, Sez.I di Lecce, ordinanza del 17 maggio 2000, Alcatel c/ Comune di Oria; TAR Veneto, Sez.II, ordinanza del 14 giugno 2000, Omnitel Pronto Italia S.p.A. c/ Comune di Venezia. 36 In Corriere giuridico, 2001, II, 200; Danno e responsabilità, 2001, n.1. 14 merito si assestavano, quindi, sulla giurisprudenza dominante e di cui si è già detto. La sentenza della Cassazione n. 9893/00 ribalta nettamente tale orientamento giungendo ad una pronuncia per cui “la tutela giudiziaria del diritto alla salute nei confronti della P.A. può essere preventiva e dare luogo a pronunce inibitorie se, prima ancora che l’opera pubblica venga messa in esercizio nei modi previsti, sia possibile accertare, considerando la situazione che si avrà una volta iniziato l’esercizio, che nella medesima situazione è insito un pericolo di compromissione per la salute di che agisce in giudizio.” La pronunzia dei Supremi giudici risulta innovativa per una serie di ragioni. Si afferma, innanzi tutto, il principio per cui il diritto alla salute può godere di tutela preventiva concretizzabile in provvedimenti inibitori. Specificano i giudici che “l’inibitoria può tradurre in comando un accertamento dal quale risulti in quali condizioni e con quali accorgimenti l’opera può essere posta in esercizio ed il pericolo per la salute può essere evitato”; pertanto, e qui si rinviene il secondo profilo innovativo, l’inibitoria viene concessa, nella fattispecie, all’esito di un giudizio ex ante (o prognostico). Alla luce di quanto fin qui evidenziato, si può certo affermare che il singolo che si reputi leso ha a disposizione una vasta gamma di strumenti che spaziano dal diritto civile al diritto amministrativo e, in via marginale, al diritto penale 37. Sembra, inoltre, profilarsi un orientamento giurisprudenziale per cui, in condizioni di incertezza scientifica, è necessario porre su un piano preferenziale le istanze di tutela della salute e dell’ambiente. La legislazione esaminata, dunque il D.I. 381/98 e la nuova legge quadro, sembrano più improntati, invece, al principio della minimizzazione dei rischi conosciuti, mantenendo l’esposizione ai livelli più bassi possibili in considerazione di costi della tecnologia e dell’importanza del settore su cui tali norme vanno ad incidere, optando quindi per una scelta di contemperamento di tutti gli interessi coinvolti. Alessandro Palmigiano Alessandra Alaimo 37 Sono pochi i provvedimenti penali in tema di campi elettromagnetici. Essi possono essere distinti, in base alle norme applicate, in due categorie. La prima vede sanzionare tali emissioni secondo gli art.674 c.p. - Getto pericoloso di cose - e 675 c.p. - Collocazione pericolosa di cose– (cfr. G.I.P. presso la Pretura di Venezia, decreto del 1 marzo 1997 n.791; Tribunale di Venezia, ordinanza del 16 aprile 1999; Cassazione, sentenza n. 5592 dei 13 ottobre – 11 novembre 1999; Cassazione, sentenza n.5626 del 29 novembre 1999) e quelle che individuano tali emissioni, qualora lesive, in base all’art.590 c.p. - Lesioni personali colpose (cfr. Pretura di Rimini, 14 maggio 14 giugno 1999 n.697). 15 16