profili giuridici dell`emissione di onde

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PROFILI GIURIDICI DELL’EMISSIONE DI ONDE
ELETTROMAGNETICHE 
§1. - Premessa §2. - Le esigenze di tutela §3. - Le soluzioni normative 3.1 - Il Decreto
Interministeriale n.381 del 1998 3.2 - Competenza statale o competenza regionale? §4- La
nuova legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed
elettromagnetici. §5 - La tutela del diritto alla salute. Le risposte della giurisprudenza
durante la vigenza del Decreto Interministeriale n.381 del 1998.
§ 1. – Premessa
Il Parlamento ha recentemente approvato1 il testo della legge quadro sulla
protezione della popolazione dalla esposizione a campi elettrici, magnetici ed
elettromagnetici. E’ senz’altro un importante obiettivo soprattutto ove si consideri che
la materia è stata sino ad oggi regolata dal Decreto Interministeriale n.381 del 1998; non
una legge quindi ma una fonte normativa subordinata.
Per comprendere appieno le innovazioni derivanti dall’entrata in vigore della
nuova normativa, che necessariamente si riflette sulla tutela dei cittadini/consumatori, si
rende utile dar conto dell’impianto del preesistente D.I. e delle problematiche
applicative ad esso connesse. Da cittadini ci domandiamo se, ed in che misura,
l’esposizione a onde elettromagnetiche sia nociva per la salute umana e quali siano gli
strumenti di tutela approntati dallo Stato. Da giuristi corre l’obbligo di interrogarci sulla
rispondenza tra le norme e le finalità per cui esse sono state emanate, tenendo conto del
contesto in cui tali disposizioni sono destinate ad agire e delle applicazioni che le stesse
hanno avuto a livello normativo decentrato. Possiamo sin d’ora anticipare che, sotto
nessuno di questi profili, la vigenza del Decreto Interministeriale del 1998 è stata scevra
di problemi. Di questo è prova l’incremento del contenzioso, sia in sede civile sia in
sede amministrativa, che ha visto protagonisti i cittadini, le associazioni di consumatori
- spesso intervenute ad adiuvandum -, gli enti locali e le imprese. I cittadini, pur in
assenza di superamento dei limiti di esposizione dettati dal decreto, hanno fatto ricorso

Il presente articolo trae spunto dalla relazione di presentazione dello studio La disciplina giuridica delle
radiofrequenze. Divergenti applicazioni della normativa nazionale a livello locale, curato dalla
Fondazione Rosselli di Torino tenuta al Convegno “Elettromagnetismo. Diritto comunitario, diritto
comunale” - Roma, 1 marzo 2001, Camera dei Deputati.
1
La Camera dei Deputati ha approvato, il 14 febbraio 2001, il testo del disegno di legge già approvato dal
Senato nelle sedute dei 18 e 23 gennaio 2001.
1
alla giustizia per vedere tutelato il proprio diritto alla salute; le imprese gestrici, a più
vario titolo, degli impianti emittenti onde elettromagnetiche hanno visto limitare
l’esercizio della propria attività attraverso il mancato assenso all’installazione di
impianti o l’inibizione del funzionamento di quelli esistenti; gli enti locali sono stati
chiamati in causa, insieme alle imprese, per avere assentito all’installazione degli
impianti contravvenendo alle disposizioni urbanistiche.
Altro aspetto problematico per le conseguenze disorientanti sui cittadini e sulle
imprese– per motivi ovviamente differenti di cui si darà opportunamente conto - è stata
la normazione a livello regionale. Non soltanto si è discusso sulla competenza delle
regioni a legiferare in materia di emissione di onde elettromagnetiche, ma molte leggi
regionali hanno subìto il rinvio da parte del Commissario di Governo per contrasto con
le disposizioni del decreto Interministeriale. I motivi saranno successivamente analizzati
soprattutto per mettere in luce quanto, sotto questo profilo, stabilisce la legge quadro.
§ 2. – Le esigenze di tutela
Le esigenze sostanziali di tutela, che si pongono quale ratio giustificatrice delle
norme in materia di elettromagnetismo, sono state da sempre connesse con il diritto alla
salute e con l’interesse alla salvaguardia dell’ambiente.
Quanto alla tutela della salute, la pericolosità, o meglio il rischio, connesso
all’esposizione ad onde elettromagnetiche è ancora oggetto di ampio dibattito nel
panorama scientifico internazionale, per lo meno in ordine agli effetti di lungo periodo.
Si discute cioè se l’esposizione continuata e protratta nel tempo a campi
elettromagnetici di determinati livelli di esposizione possa provocare effetti, dopo un
certo numero di anni o addirittura di decenni, del tipo di malattie tumorali o leucemiche.
Pur non potendo dar conto di tutte le ricerche e gli studi effettuati, riteniamo utile
sottolineare la posizione degli organismi internazionali preposti alla tutela della salute
pubblica, in particolare l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Sebbene tale tipo di
analisi possa risultare prima facie estranea a ragionamenti di ordine giuridico
normativo, riteniamo necessari brevi cenni posto che quanto la scienza afferma è la base
e la ragion d’essere delle specifiche disposizioni normative che ci accingiamo ad
analizzare. Nel maggio ’96, in risposta alle crescenti preoccupazioni, l’OMS ha avviato
un progetto internazionale per valutare gli effetti sanitari e ambientali dell’esposizione
2
ai campi elettrici e magnetici noto come Progetto Internazionale Cem2. L’attività
scientifica è condotta e guidata dall’ICNIRP (International Commission of Non Ionizing
Radiation Protection), organizzazione non governativa formalmente accreditata
dall’OMS, la quale ha prodotto, nel 1998, le Linee Guida per la limitazione
dell’esposizione umana a tutti i campi elettrici e magnetici3, basandosi sugli studi di
ricerca sino ad allora condotti e sui risultati dagli stessi ottenuti.
Nei due più recenti documenti ufficiali dell’OMS4 si afferma che “tutti gli
effetti sanitari accertati dei campi a radiofrequenza sono chiaramente legati al
riscaldamento. A livelli che sono troppo bassi per produrre un qualunque riscaldamento
significativo, l’energia a radiofrequenza può ancora interagire con i tessuti corporei, ma
nessuno studio ha dimostrato effetti negativi sulla salute per livelli di esposizione che
siano inferiori ai limiti raccomandati dalle linee guida internazionali”. Più in particolare,
quanto al rischio di cancerogenesi, si legge nello stesso documento che “l’evidenza
scientifica attuale indica che l’esposizione a campi a radiofrequenze quali quelli emessi
da telefoni cellulari e dalle stazioni radio base non inducono o favoriscono,
verosimilmente, il cancro”. Anche altre organizzazioni internazionali, tra le quali il
National Institute of Environmental Health Sciences (NIEHS) degli Stati Uniti5, o
strutture nazionali istituzionalmente delegate a valutare problemi sanitari, quali l’Istituto
Superiore di Sanità6, concludono per la mancanza di certezze sul nesso di causalità tra
esposizione a onde elettromagnetiche e manifestazione, nel lungo periodo, di gravi
patologie. Ciò che a maggioranza si sostiene, insomma, è che sebbene non sia stata
raggiunta la prova di innocuità, neppure si può sostenere un nesso eziologico che non è
stato scientificamente dimostrato, così come, invece, sono stati attentamente studiati e
dimostrati gli effetti acuti, o a breve termine, dell’esposizione a onde elettromagnetiche.
Questi ultimi si producono nell’immediato, per livelli di esposizione superiori a
2
Le organizzazioni internazionali che supportano tale progetto sono: la Commissione europea (EC), la
Commissione Elettrotecnica Internazionale (IEC), l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO),
l’Unione Internazionale delle Telecomunicazioni (UTI), la NATO e il Programma per l’Ambiente delle
Nazioni Unite (UNEP).
3
Anticipiamo sin d’ora che i limiti di esposizione consigliati dall’ICNIRP di 41 V/m sono più severi di
quelli adottati in sede comunitaria -60V/m - (Raccomandazione del Consiglio dell’Unione europea del 12
luglio 1999 sulla limitazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici
n.1999/519/Cee) ma più ampi rispetto a quelli accolti dal legislatore italiano nel D.I. 381/98 di 20V/m.
4
Campi elettromagnetici e salute pubblica, Effetti sanitari dei campi a radiofrequenza, Promemoria n.
183, revisione maggio 1998; Campi elettromagnetici e salute pubblica. I telefoni cellulari e le loro
stazioni radio base, Promemoria n. 193, revisione giugno 2000, entrambi disponibili sul sito
www.who.int/peh-emf.
5
Il rapporto conclusivo del NIHES è disponibile sul sito www.nihes.nih.gov/emfrapid/home.htm..
6
In tal senso si legge nel documento congiunto ISS-ISPESL del 29 gennaio 1998.
3
determinati tetti. E’ per questo che essi vengono definiti effetti a soglia ed è per lo
stesso motivo che sono facilmente evitabili dato che i limiti adottati sia in sede
internazionale sia in sede nazionale sono ben inferiori a quelli riconosciuti “invalicabili”
per la loro determinazione. Il problema della definizione di limiti a livello normativo si
pone, dunque, fortemente con riguardo a politiche cautelative per la salvaguardia della
popolazione da eventuali rischi che non si conoscono. Come si vedrà, lo Stato italiano
ha scelto, nel Decreto Interministeriale, una politica severa rispetto alle indicazioni
internazionali.
§ 3 - Le soluzioni normative.
3.1 Il Decreto Interministeriale n.381 del 1998.
Occorre adesso soffermarsi su quelle che sono state le scelte del legislatore
italiano in materia di emissione di onde elettromagnetiche. La normativa che ci si
accinge ad analizzare, il Decreto Interministeriale 10 settembre 1998 n. 381 del 1998 7, è
stata la prima concreta risposta alle crescenti preoccupazioni in tema di esposizione a
onde elettromagnetiche. Paradossalmente, però, le prospettate soluzioni normative, che
avrebbero dovuto sedare allarme e panico diffuso nella popolazione, hanno avuto un
effetto riflesso negativo sullo stesso ordinamento giuridico: come già anticipato, il
contenzioso è aumentato, soprattutto con riferimento alle competenze dei giudici civili e
amministrativi; le leggi regionali che hanno regolato la materia sono state
frequentemente oggetto di rinvio da parte del Commissario di Governo per mancato
rispetto delle disposizioni contenute nel D.I.; i limiti prescritti nel decreto sono stati
ritenuti eccessivamente restrittivi rispetto agli orientamenti delle organizzazioni
internazionali e comunitarie e di cui abbiamo già riferito. Ma occorre procedere con
ordine ed illustrare in breve l’impianto del Decreto che, fino a “ieri”, è stato il punto di
riferimento normativo nella materia che ci interessa.
Il D.I. trova le sue origini nella legge 249/1997 (istitutiva dell’Autorità per le
garanzie nelle comunicazioni) la quale all’art.1, comma VI, lett.a), n.15, dispone, tra
l’altro, l’emanazione da parte del Ministero dell’Ambiente, d’intesa con i Ministeri della
Sanità e delle Comunicazioni, di un decreto che “fissi” i tetti delle radiofrequenze
compatibili con la salute umana. Tale decreto intitolato “Regolamento recante norme
7
Pubblicato in G.U.R.I del 3 novembre 1998, n. 257.
4
per la determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana”, è
entrato in vigore il 3 gennaio 1999 ed è composto da 6 articoli e 3 allegati di natura
tecnica che ne fanno parte integrante.
L’art.1 delimita il campo di applicazione all'esposizione della popolazione ai
campi elettromagnetici connessi al funzionamento ed all'esercizio dei sistemi fissi di
teleradiocomunicazioni e radiotelevisivi operanti nell'intervallo di frequenza tra
100KHz e 300GHz. Vengono così esclusi dalla regolamentazione i sistemi mobili e tutte
le altre apparecchiature (fisse o mobili) che utilizzano onde elettromagnetiche
nell'intervallo di frequenza considerato, ma che non operano nel settore delle
telecomunicazioni o delle trasmissioni radiotelevisive, quali ad esempio i radar.
Esplicitamente poi, al comma II, si precisa che i limiti di esposizione (...) non si
applicano ai lavoratori esposti per ragioni professionali. L’art.3 fissa i valori limite di
esposizione per la popolazione di campo elettrico, di campo magnetico e di densità di
potenza per diversi intervalli di frequenza8.
L’art.4 regolamenta le misure di cautela e gli obiettivi di qualità. Si stabilisce
che, fermi restando i limiti di cui all’art.3, la progettazione e la realizzazione dei sistemi
fissi delle telecomunicazioni e radiotelevisivi operanti nell’intervallo di frequenza
compreso tra 100 Hz e 300 GHz e l’adeguamento di quelle preesistenti, deve avvenire
in modo da produrre i valori di campo elettromagnetico più bassi possibile,
compatibilmente con la qualità del servizio svolto dal sistema stesso al fine di
minimizzare l’esposizione della popolazione (comma I). Tale norma attua nel nostro
ordinamento il principio di minimizzazione, che trova riscontro nel già citato
documento congiunto ISS - ISPESL nella parte in cui si afferma che “sulla base di un
principio cautelativo intorno al quale si riscontra un generale consenso, possono essere
delineate strategie di abbattimento dei livelli di esposizione presenti negli ambienti di
vita e di lavoro che comportino costi accettabili dalla comunità, anche per mezzo della
ricerca e dell’applicazione di nuove tecnologie (...)”. Per tali motivi, il decreto aggiunge
ai limiti fissati all’art.3, valori di cautela. Infatti l’art.4 comma II, prevede che ai fini del
precedente comma (e dunque del principio di minimizzazione) in corrispondenza di
edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore non devono essere superati i
valori di 6 V/m per il campo elettrico, 0,016A/m per il campo magnetico e per le
8
Per frequenze da 0,1-3 MHz, è previsto un valore efficace di intensità di campo elettrico di 60 V/m, e di
0,02 A/m per il valore efficace di intensità di campo magnetico; per frequenze da 3 a 300 MHz, 20 V/m
per il campo elettrico e 0,05 A/m per il campo magnetico; per frequenze da 3.000-300.000 MHz, 40 V/m
per il campo elettrico e 0,1 A/m per il campo magnetico.
5
frequenze comprese tra 3 MHz e 300 GHz, 0,10 W/m2 per la densità di potenza
dell'onda piana equivalente. Il Decreto (art.4, comma III), inoltre, prevede che
nell’ambito delle proprie competenze, fatte salve le attribuzioni dell'Autorità per le
garanzie nelle comunicazioni, le Regioni e le Province autonome debbano disciplinare
l'installazione e la modifica degli impianti di radiocomunicazione al fine di garantire il
rispetto dei limiti, il raggiungimento di eventuali obiettivi di qualità, nonché le attività
di controllo e vigilanza in accordo con la normativa vigente, anche in collaborazione
con l’Autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni, per quanto attiene
all’identificazione degli impianti e delle frequenze loro assegnate. Nelle zone abitative o
sedi di attività lavorativa per lavoratori non professionalmente esposti o nelle zone
comunque accessibili alla popolazione ove sono superati i limiti di fissati al precedente
art.3 e all’art.4, comma II, devono essere attuate azioni di risanamento a carico degli
impianti. Queste, in sintesi, le disposizioni contenute nel Decreto Interministeriale e che
attengono prevalentemente a profili di natura sanitaria e di tutela ambientale.
3.2 Competenza statale o competenza regionale?
Una analisi dei profili giuridici del “fenomeno elettromagnetismo” non può
prescindere da alcune considerazioni che riguardano la competenza a normare la
materia. Il problema è comprensibile sol che si consideri la natura polivalente e
multiforme della stessa fattispecie di cui si discute. L’emissione di onde
elettromagnetiche, infatti, è fenomeno ricollegabile ad aspetti di natura sanitaria,
ambientale e urbanistico-territoriale9. La questione della competenza legislativa
regionale si è posta, quindi, in considerazione del fatto che il fenomeno dell’emissione
di onde elettromagnetiche, e le problematiche ad esso connesse, non può essere
ricondotto esclusivamente in un ambito strettamente urbanistico. D’altra parte, se così
fosse, neanche si sarebbe potuto parlare del “problema della competenza legislativa
regionale” vista l’indiscutibilità dell’attribuzione alle Regioni della competenza a
legiferare in materia urbanistica ex art.117, comma 1, della Costituzione. Tenere conto
di tale profilo problematico, è necessario e interessante soprattutto per ciò che concerne
La Costituzione, all’art.117, comma 1, prevede che le Regioni possono emanare leggi – nei limiti dei
principi fondamentali stabiliti dallo Stato e sempre che tali norme non siano in contrasto con l’interesse
nazionale o con quello di altre regioni – in determinate materie ivi elencate, ovvero in quelle indicate da
leggi costituzionali. E’ precisato, altresì, che le leggi della Repubblica possono demandare alle Regioni il
potere di emanare norme per la loro attuazione. Tra le materie espressamente attribuite alla competenza
regionale v’è anche quella urbanistica.
9
6
gli aspetti sanitari. Se, infatti, si riconoscesse in capo alle regioni il potere di normare in
materia di limiti di esposizione, si potrebbe giungere ad una situazione per cui tali limiti
potrebbero variare da regione a regione con differenti livelli di tutela nei confronti dei
cittadini. La problematica sul ruolo svolto dalle Regioni nel settore dell'emissione di
onde elettromagnetiche ha trovato interpretazione nella sentenza della Corte
Costituzionale del 30/9 - 7/10 1999 n.38210 avente ad oggetto la Legge regionale
Veneto intitolata “Prevenzione dei danni derivanti dai campi elettromagnetici generati
da elettrodotti. Regime transitorio”11. Il Governo poneva la questione di legittimità
costituzionale dell'art.1, commi I e II12, sotto due profili: violazione delle competenze
statali ex art.117, comma 1, della Costituzione e violazione dell’interesse nazionale e di
altre Regioni. Nelle norme censurate, infatti, seppure con riferimento a distanze da
prevedere negli strumenti urbanistici generali, si fa riferimento ai limiti di campo
elettrico e magnetico previsti nell’art.4 della Legge Regionale Veneto n.27 del 1993, a
fini, evidentemente, di tutela della salute pubblica. Rilevava il Governo, e per esso
l’Avvocatura dello Stato, che tali disposizioni erano state emanate in violazione della
competenza statale in materia sanitaria13, peraltro già esercitata con i decreti del
Presidente del Consiglio dei Ministri 23 aprile 1992 e 28 settembre 1995, prevedendo
valori di gran lunga inferiori a quelli indicati dal D.P.C.M del 1992, appena citato. La
seconda censura veniva motivata asserendo che le maggiori spese sostenute dal gestore
della rete elettrica, per ottemperare alle previsioni della legge medesima, sarebbero
ricadute su tutti gli utenti del territorio nazionale, a fronte di un presunto beneficio degli
abitanti della sola Regione Veneto. Quest’ultima, rispondendo all’ulteriore rilievo del
Governo incentrato sulla inquadrabilità delle disposizioni oggetto del vaglio di
costituzionalità in
10
Guida al Diritto, 1999, n.41, 101. Sebbene la sentenza riguardi una legge volta a regolamentare gli
elettrodotti, essa risulta nodale per i principi espressi e riguardanti la competenza regionale a emanare
disposizioni in materia di impianti emittenti onde elettromagnetiche.
11
Tale legge era già stata inviata al Governo e riapprovata dal Consiglio regionale, in data 29/7/1997.
12
Il comma I prevede che negli strumenti urbanistici generali e nelle loro varianti adottati dopo il 1°
gennaio del 1998, devono essere previste distanze, tra le linee elettriche aeree esterne con tensione
superiore o uguale a 132 kV e le aree destinate a nuove costruzioni residenziali, scolastiche e sanitarie,
tali che il campo elettrico e l'induzione magnetica non superino i valori previsti nell'art.4 della legge
regionale 30/6/1993 n.27. Il comma II prevede, conseguentemente, che le distanze da mantenere tra le
costruzioni residenziali, scolastiche e sanitarie, e le nuove linee elettriche aeree esterne con tensione
superiore o uguale a 132 kV, devono essere fissate in base al criterio di cui al comma 1.
13
La giurisprudenza costituzionale, in più occasioni, ha riconosciuto la riserva allo
Stato di fissare limiti massimi uniformi di esposizione da inquinamenti chimici, fisici o
biologici, all’evidente fine di assicurare un quadro di riferimento omogeneo su tutto il
territorio nazionale (Sentenze n.306 del 1988 e n.517 del 1991).
7
materia sanitaria, affermava che la legge denunciata si riferiva “alla formazione di
strumenti urbanistici generali ed alle loro varianti dal 1° gennaio 1998, con un evidente
richiamo alla competenza regionale in detta materia ed ai relativi limiti”, ex art.117
Costituzione. La Consulta ha ritenuto inaccoglibili entrambe le censure. Per la prima, la
Corte ha rilevato che le disposizioni impugnate contengono “prescrizioni cautelative
volte ad incidere, in primo luogo, sugli strumenti urbanistici generali e sulle loro
varianti”, che rimangono, quindi, nell’ambito delle attribuzioni regionali. Queste
competenze attengono, secondo la definizione di urbanistica enucleabile dall'art.80 del
D.P.R. 24/7/1977 n.616, alla «disciplina del territorio comprensiva di tutti gli aspetti
conoscitivi, normativi e gestionali riguardanti le operazioni di salvaguardia e di
trasformazione del suolo nonché la protezione dell'ambiente». Secondo la Consulta alla
funzione di governo del territorio si riallaccerebbe “anche una competenza in materia di
interessi ambientali, da reputare costituzionalmente garantita e funzionalmente
collegata, (…) alle altre spettanti alla Regione, tra cui, oltre all'urbanistica, quale
funzione ordinatrice dell'uso e delle trasformazioni del suolo, quella dell'assistenza
sanitaria, intesa come complesso degli interventi positivi per la tutela e la promozione
della salute umana”. Grazie quindi ad un’interpretazione estensiva del già ampio
concetto di “urbanistica” - così come formulato nell’art.80 del D.P.R. n.616 - la Corte
Costituzionale, sebbene legittimi l’intervento legislativo della Regione Veneto sulla
base della competenza in materia urbanistica, giunge all’attribuzione alla regione della
competenza in materia sanitaria. La seconda censura è stata dichiarata inammissibile in
quanto doglianza di merito e come tale inidonea a dare ingresso al sindacato di
costituzionalità. Altra questione che non si può prescindere di analizzare nella nostra
indagine è il rapporto sussistente tra le leggi regionali e le disposizioni del D.I.381/98.
La necessità di tale approfondimento risulta evidente ove si consideri che alcune leggi
regionali
14
hanno subìto, come prima rilevato, il rinvio da parte del Commissario di
Governo per contrasto con le disposizioni contenute nel decreto del 1998. Questo
14
Emilia Romagna, progetto di legge il 10 febbraio 2000, approvato dal Consiglio
Regionale il 28 febbraio 2000, col n.221; Liguria, delibera legislativa n.35 del 1999,
integrazione della L.R. 21/6/1998 n.18 con l'inserimento del capo VI bis intitolato
“tutela dell'inquinamento elettromagnetico”; Lombardia, L.R. n.157 del 1/6/1999,
intitolata “Disciplina della protezione della popolazione e dei lavoratori esposti a campi
elettromagnetici a radiofrequenze e a microonde”; Marche, deliberazione legislativa
n.276 del 12 gennaio 2000, intitolata: “Disciplina regionale in materia di impianti fissi
di radiocomunicazione al fine della tutela ambientale della popolazione”; Molise,
progetto di legge sull'inquinamento elettromagnetico approvato il 1° marzo 2000.
8
assegna (art.4, comma III) alle Regioni e alle Province il compito di disciplinare
sull'installazione e la modifica degli impianti di radiocomunicazione per garantire il
rispetto dei limiti di esposizione e dei valori di cautela indicati dal comma II15, il
conseguimento di eventuali obiettivi di qualità, nonché le attività di controllo e di
vigilanza in accordo con la normativa vigente, anche in collaborazione con l'Autorità
per le Garanzie nelle comunicazioni, per quanto attiene all'identificazione degli impianti
e delle frequenze loro assegnate. Soprattutto la disposizione che riguarda la competenza
a disciplinare sull’installazione degli impianti per garantire i valori di cautela stabiliti
dalla normativa statale, ha determinato problemi interpretativi. Infatti, una delle ragioni
più diffuse che ha determinato i rinvii è stata l’individuazione di valori di cautela
attraverso il criterio della distanza dagli edifici o da determinate zone previste nei piani
regolatori e non, come è nel decreto interministeriale del 1998 che, per l’installazione di
nuovi impianti, “considera come unico parametro rilevante il valore di campo
elettromagnetico”16. Inoltre, sebbene il D.I. assegni alle Regioni il compito del
conseguimento degli obiettivi di qualità, molte delle leggi rinviate prevedevano tra gli
obiettivi di qualità limiti di emissione in prossimità di determinati tipi di edifici 17.
§4 La nuova legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici,
magnetici ed elettromagnetici.
La legge, che è stata approvata il 14 febbraio 2001, si propone di assicurare la
tutela della salute, dell’ambiente e del paesaggio, valori protetti costituzionalmente,
dall’emissione di onde elettromagnetiche. Essa, rispetto al precedente decreto, ha un
campo di applicazione più ampio estendendosi anche ai lavoratori e alle lavoratrici e
disciplinando gli impianti, sistemi ed apparecchiature che producono campi elettrici e
magnetici ed aventi frequenze che vanno da 0 Hz e 300 GHz; si riferisce, inoltre, agli
elettrodotti ed agli impianti radioelettrici, compresi le stazioni radio base per telefonia
mobile, i radar e gli impianti fissi per radiodifussione. La tutela dei cittadini è
15
Si veda § 3.1.
Nota del Commissario del Governo n.1086/4.I.20/C.G. del 25/8/2000, per il rinvio relativo al progetto
di legge dell’Emilia Romagna.
16
17
Ad esempio, la L.R. Lombardia n.157 prevedeva tra gli obiettivi di qualità che il
valore di campo elettrico all'interno di edifici adibiti a permanenze inferiori a quattro
ore giornaliere, indipendentemente dalla frequenza, non dovesse superare i 4V/m; nelle
strutture sanitarie o di ricovero e all'interno di asili nido e scuole non può superare i
3/Vm.
9
assicurata, principalmente, attraverso due principi rinvenibili nella legge stessa: il
principio cautelativo; il principio di minimizzazione, finalizzato alla riduzione, secondo
le migliori tecnologie disponibili, degli effetti dell’esposizione a campi elettromagnetici.
Entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge – quadro, infatti, dovranno essere
emanati i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri che fissino i limiti di
esposizione18, i valori di attenzione19 e gli obiettivi di qualità20. In ordine a questi ultimi
è necessaria una precisazione. Lo Stato, infatti, è competente soltanto per la definizione
degli obiettivi di qualità in quanto valori di campo come definiti dall’art.3, comma I,
lett. d), n.2; mentre spetta alle leggi regionali la determinazione degli obiettivi di qualità
relativamente ai criteri localizzativi, gli standard urbanistici, le prescrizioni e le
incentivazioni per l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili.21 Con riferimento a
quanto precedentemente affermato in ordine ai problemi di attribuzione di competenze
tra Stato e Regioni, decisivo appare l’obbligo – stabilito dall’art.4, comma V - per le
Regioni di adeguare la propria legislazione ai limiti di esposizione, ai valori di
attenzione, e agli obiettivi di qualità (fissati come valori di campo) individuati negli
emanandi
decreti.
Spetta
alla
Regione
l’esercizio
delle
funzioni
relative
all’individuazione dei siti di trasmissione, degli impianti per telefonia mobile, degli
impianti radioelettrici e degli impianti per radiodiffusione, nel rispetto dei limiti stabiliti
dallo Stato e del regolamento di cui all’art.522 in ordine alla tutela dell’ambiente e del
paesaggio.
18
Limite di esposizione è il valore di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico,
considerato come valore di immissione, definito ai fini della tutela della salute da effetti
acuti, che non deve essere superato in alcuna condizione di esposizione della
popolazione e dei lavoratori (art.3, comma I, lett.b).
19
Valore di attenzione è il valore di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico,
considerato come valore di immissione, che non deve essere superato negli ambienti
abitativi, scolastici e nei luoghi adibiti a permanenze prolungate (art.3, comma I, lett.c).
20
Obiettivi di qualità sono 1) i criteri localizzativi, gli standard urbanistici, le
prescrizioni e le incentivazioni per l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili,
indicati dalle leggi regionali secondo le competenze definite dall’art.8 della; 2) i valori
di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico definiti dallo Stato secondo le
previsioni di cui all’articolo 4, comma 1, lettera a), ai fini della progressiva
minimizzazione dell’esposizione ai campi medesimi (art.3, comma I, lett.d).
Combinato disposto dell’art.4, comma I, lett.a) e art.4, comma V, (Funzioni dello Stato) con l’art.8,
comma I, lett.e), (Competenze delle Regioni, delle Provincie e dei Comuni).
22
Con lo stesso regolamento vengono indicate le particolari misure atte ad evitare danni ai valori
ambientali e paesaggistici e possono essere adottate ulteriori misure specifiche per la progettazione, la
costruzione e la modifica di elettrodotti nelle aree soggette a vincoli imposti da leggi statali o regionali,
nonché da strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica, a tutela degli interessi storici, artistici,
architettonici, archeologici, paesaggistici e ambientali..
21
10
I Comuni, poi, possono adottare un regolamento per assicurare il corretto
insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della
popolazione ai campi elettromagnetici23. Con ogni probabilità, l’origine di questa norma
è da rinvenire nella ormai invalsa prassi, da parte dei Comuni, di emanare
provvedimenti in materia di piani regolatori, di localizzazione dei siti per l’installazione
degli impianti piuttosto che di procedimenti amministrativi per la concessione edilizia o
l’autorizzazione24. Negli ultimi anni, inoltre, sono stati stipulati accordi o protocolli
d’intesa tra Comuni e gestori di servizi di telefonia25 al fine di dare un quadro di
riferimento uniforme, nell’ambito territoriale comunale, e di attivare procedure che
siano utili al controllo delle emissioni. La legge, inoltre, sottopone ad autorizzazione,
statale o regionale, tutti gli impianti emittenti onde elettromagnetiche26.. Quanto ai piani
di risanamento, è previsto che la Regione, entro il termine massimo di due anni dalla
data di entrata in vigore del decreto di fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di
attenzione e degli obiettivi di qualità, adotti un piano di risanamento per adeguare gli
impianti radioelettrici già esistenti ai valori indicati nell’emanando D.P.C.M. . Gli
elettrodotti, invece, dovranno essere risanati entro il termine massimo di dieci anni dalla
data di entrata in vigore della legge, con onere a carico dei gestori per la presentazione
del piano di risanamento.
La legge prevede pesanti sanzioni27 a carico dei soggetti che non rispettino la
normativa ed i limiti da essa stabiliti. In caso di inosservanza delle prescrizioni previste,
ai fini della tutela dell’ambiente e della salute, dall’autorizzazione, dalla concessione o
dalla licenza per l’installazione degli impianti, si applica la sanzione della sospensione
degli atti autorizzatori suddetti, da due a quattro mesi; in caso di nuova infrazione è
prevista la revoca dell’atto autorizzatorio.
Del tutto condivisibile appare, infine, la scelta dell’istituzione del catasto
nazionale delle sorgenti fisse e mobili dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici,
23
Art.8, comma VI.
Così i Comuni di Bologna, Novara, Roma e Torino.
25
Così, ad esempio, il Comune di Napoli e il Comune di Modena.
26
Lo Stato deve, con il Regolamento previsto dall’art.5, definire una nuova disciplina dei procedimenti di
autorizzazione alla costruzione e all'esercizio degli elettrodotti con tensione superiore a 150 kV, in modo
da assicurare il rispetto dei principi di cui alla presente legge, ferme restando le vigenti disposizioni in
materia di valutazione di impatto ambientale; le Regioni devono stabilire le modalità del rilascio delle
autorizzazioni alla installazione degli impianti per telefonia mobile, degli impianti radioelettrici, degli
impianti per radiodiffusione e degli elettrodotti con tensione inferiore a 150 kv, in conformità a criteri di
semplificazione amministrativa, tenendo conto dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici
preesistenti.
27
Cfr. art.15.
24
11
nell’ambito del sistema informativo e di monitoraggio di cui all’art.8 del D.P.R. 4
giugno 1997, n.335, al fine di rilevare i livelli di campo presenti nell’ambiente. Si tratta
di una scelta improntata al criterio della trasparenza amministrativa che consente,
altresì, la possibilità di accesso ai dati raccolti da parte dei cittadini.
§5 La tutela del diritto alla salute. Le risposte della giurisprudenza durante la
vigenza del Decreto Interministeriale n.381 del 1998
La nuova legge, come rilevato, garantisce ai consumatori una tutela della salute
in senso piuttosto esteso. Essa opera, inoltre, un riparto di competenze tra Stato, Regioni
e Comuni tale che si dovrebbe giungere all’effettiva ordinata installazione e
dislocazione degli impianti nel rispetto di una politica di prevenzione da eventuali rischi
per la salute e di sostenibilità, per l’ambiente, dello sviluppo tecnologico ed industriale.
La chiarezza legislativa sarà anche utile strumento, questo quanto meno
l’auspicio, per diminuire sensibilmente il contenzioso, di non modeste dimensioni, sin
ora instauratosi nelle aule giudiziarie del nostro Paese. La nuova legge, infatti, dettando
specifiche norme in materia di localizzazione degli impianti, i cui criteri erano prima da
rintracciare, senza sicurezze né per i cittadini né per le imprese, nel susseguirsi di norme
statali, regionali e regolamenti o delibere comunali, dovrebbe portare due distinti
benefici collegati inevitabilmente tra loro. Da un lato le imprese potranno operare, per
l’installazione degli impianti, con sicurezza riferendosi a parametri legislativi certi ed
univoci; ciò dovrebbe comportare, e questo è il secondo beneficio, maggiori certezze
per gli enti locali e per i cittadini. I primi potranno assentire o negare i provvedimenti
autorizzativi senza rischiare di incorrere in giudizi davanti ai T.A.R. per la
contestazione della legittimità del loro operato; i secondi avranno la consapevolezza di
potere intraprendere, eventualmente, contenziosi senza incorrere in azioni temerarie
dall’esito più che incerto. Potranno essere così evitati giudizi inerenti l’interesse
urbanistico a limitare le zone di installazione degli impianti di radiotelecomunicazione
in relazione soprattutto al decoro architettonico delle aree interessate 28. Ancora, data la
Per citarne soltanto alcuni, TAR Puglia, 9 febbraio 1996 n.29 relativa all’installazione di un’antenna
televisiva in zona tipizzata “residenziale” dal p.g.r. vigente; TAR Puglia, Sez. II di Bari, 29 ottobre 1998;
TAR Sardegna, 13 aprile 1999, inerente l’installazione di una stazione radio base in una zona sottoposta a
vincolo paesaggistico; TAR Lombardia, 11 febbraio 2000 relativa alle zone del territorio comunale nelle
quali impianti possono essere collocati; TAR Veneto, Sez.II, 14 giugno 2000, in materia di varianti al
regolamento edilizio; TAR Campania, 28 giugno 2000, relativa al profilo della compatibilità urbanistica
rispetto alla destinazione della zona.
28
12
puntuale e certa regolamentazione in materia di procedimenti di autorizzazione per
l’installazione, dovrebbe diminuire tutta quella parte di contenzioso relativa
all’individuazione delle regole procedurali da rispettare in violazione delle quali non
possono concedersi le autorizzazioni necessarie per l’ubicazione di dette strutture29.
Per quanto riguarda la tutela della salute, il principio emergente dalle pronunzie
giurisprudenziali è che il rispetto dei parametri fissati nella disciplina regolamentare
(D.I. 381/98) è condizione necessaria e sufficiente perché sia garantita la tutela della
salute. Nello stesso senso, peraltro, si era già orientata la giurisprudenza, sia pure in
tema di elettrodotti, dopo l’entrata in vigore del D.P.C.M. del 23 aprile 1992, con cui
sono stati fissati i limiti massimi di esposizione ai campi elettrici e magnetici generati
alla frequenza industriale nominale di 50 Hz30. I provvedimenti normativi in materia,
infatti, hanno consentito “l’esercizio e l’utilizzo delle antenne per la diffusione del
segnale di telefonia mobile, fissando però limiti massimi di esposizione dei cittadini ai
campi elettromagnetici da esse generati, ritenendo evidentemente che l’esposizione
contenuta entro i suddetti limiti non rechi (almeno allo stato attuale delle conoscenze
scientifiche) pregiudizio alcuno, dovendosi altrimenti presumere che il legislatore ed i
competenti ministeri della sanità e dell’ambiente non avrebbero consentito l’esercizio di
una attività in pregiudizio della salute pubblica”31.
L’aspetto qualificante, in ogni giudizio avente ad oggetto presunti danni
derivanti dall’esposizione a campi elettromagnetici è stato, e continua ad essere, la
prova del nesso eziologico tra esposizione e danno alla salute. Di fronte all’aperto
dibattito ancora in corso nel mondo scientifico, e di cui si è riferito, appare in qualche
modo comprensibile l’orientamento della giurisprudenza che, dinanzi ad una mancanza
TAR Sicilia, ordinanza 3 dicembre 1999, sulla necessità, per l’installazione di impianti di telefonia, di
una variante al Piano Territoriale e non dell’autorizzazione edilizia (inedita); Consiglio di Giustizia
Amministrativa per la Regione Sicilia, di appello alla precedente ordinanza, con cui il giudicante
legittimava l’installazione della stazione radio base non attraverso la variante del Piano Territoriale, ma
della autorizzazione (inedita); TAR Emilia Romagna, sentenza del 4 aprile 2000 n. 432, sulla necessità
della concessione edilizia e non della denunzia di inizio attività per gli impianti di telefonia cellulare
(reperibile sul sito www.giustizia.it).
29
30
Su tale ratio si è fondato il pressocchè costante rifiuto dei giudici di emettere
provvedimenti di urgenza ex art.700 c.p.c . Cfr. Pretura di La Spezia, 29 dicembre 1989,
in Rass. giur. energia elettrica, 1990, 524; Tribunale di Lucca, 5 marzo 1990 in Rass.
giur. energia elettrica, 1990, 523; Tribunale di Lucca, 17 settembre 1991, in Rass. giur.
energia elettrica, 1991, 708; Corte d’Appello di Torino, 25 novembre 1991, in Rass.
giur. energia elettrica, 1993, 207; Trib. Di Torino, 6 novembre 1993, in Rass. giur.
energia elettrica, 1994, 733; tutte in materia di elettrodotti.
31
Tribunale di Nola, ordinanza del 1 marzo 2000 che ha deciso sul ricorso ex art.700 c.p.c..
13
di certezze, è stata più portata a lasciare insoddisfatte le pretese risarcitorie o a negare i
provvedimenti d’urgenza ex art.700 c.p.c.32, ritenendo insussistente uno degli elementi
costitutivi della fattispecie dell’illecito extracontrattuale: il nesso di causalità.
Pur tuttavia non è da sottovalutare l’inversione di tendenza, già in atto nella
giurisprudenza di merito, operata da quei giudici che, pur ravvisando l’assenza di una
certezza (o evidenza scientifica) sul nesso eziologico tra esposizione a onde
elettromagnetiche e danni alla salute, ritengono prevalente l’interesse a tutelare i
cittadini da un potenziale rischio per la salute, considerandolo sufficiente per la
concessione di provvedimenti cautelari33. Allo stesso modo, alcuni giudici
amministrativi hanno accolto l’istanza di sospensione proposta dai cittadini ex art.21 L.
n.1034/71 sulla base del principio per cui l’interesse primario alla salute deve
considerarsi prevalente rispetto ad ogni altro interesse giuridicamente protetto34.
Coerentemente sono state respinte molte istanze di annullamento previa sospensione,
avanzate da imprese operanti nel settore della telefonia mobile, avverso provvedimenti
comunali di diniego dell’autorizzazione edilizia per la realizzazione di stazioni radio
base per telefonia cellulare35.
Un punto fermo in questa inversione di tendenza della giurisprudenza è
rappresentato dalla recentissima sentenza della Corte di Cassazione del 27 luglio 2000,
n.989336. Nel caso sottoposto alla Suprema Corte, un privato chiedeva venisse accertato
e dichiarato il danno all’integrità psicofisica derivante dall’esposizione a onde
elettromagnetiche dovuta all’eccessiva vicinanza di un costruendo elettrodotto alla sua
abitazione. Sia il giudice di prime, sia di seconde cure rigettavano la domanda in quanto
l’elettrodotto non era ancora entrato in funzione ed il danno non era accertabile e, anche
se l’impianto fosse stato funzionante, sarebbe valsa la presunzione di innocuità
conseguente al rispetto dei limiti stabiliti nel D.P.C.M. 23 aprile del 1992. I giudici di
32
In materia di impianti per telefonia cellulare, Tribunale di Catania, 1 marzo 1999
(inedita); Tribunale di Roma, 20 ottobre 1999 (inedita); Tribunale di Nola, 1 marzo
2000 (cfr. nota 37);
33
Trib. Di Milano, Sez. XII, 5 ottobre 1999, Bartolo e altri c/ ENEL, che ha ordinato alla resistente la
rimozione, entro due anni, degli elettrodotti installati in prossimità delle abitazioni dei ricorrenti; Trib. Di
Roma, ordinanza 5 novembre 1999, che ha ordinato l’immediata cessazione della fornitura di energia
elettrica erogata da cabina posta nel condominio dei ricorrenti. Entrambe le pronunzie sono inedite.
34
TAR Lazio, ordinanza 18 dicembre 1996, n. 3806 in Foro it., 1997, III, 548, confermata in appello dal
Consiglio di Stato con ordinanza 25 marzo 1997, n. 582; TAR Veneto, ordinanza 29 luglio 1999 (inedita).
35
TAR Puglia, ordinanza del 6 aprile 2000, Wind Telecomunicazioni S.p.A c/ Comune di Bitonto;
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, ordinanza 28 luglio 2000, di onferma a TAR Puglia cit.; TAR
Puglia, Sez.I di Lecce, ordinanza del 17 maggio 2000, Alcatel c/ Comune di Oria; TAR Veneto, Sez.II,
ordinanza del 14 giugno 2000, Omnitel Pronto Italia S.p.A. c/ Comune di Venezia.
36
In Corriere giuridico, 2001, II, 200; Danno e responsabilità, 2001, n.1.
14
merito si assestavano, quindi, sulla giurisprudenza dominante e di cui si è già detto. La
sentenza della Cassazione n. 9893/00 ribalta nettamente tale orientamento giungendo ad
una pronuncia per cui “la tutela giudiziaria del diritto alla salute nei confronti della P.A.
può essere preventiva e dare luogo a pronunce inibitorie se, prima ancora che l’opera
pubblica venga messa in esercizio nei modi previsti, sia possibile accertare,
considerando la situazione che si avrà una volta iniziato l’esercizio, che nella medesima
situazione è insito un pericolo di compromissione per la salute di che agisce in
giudizio.”
La pronunzia dei Supremi giudici risulta innovativa per una serie di ragioni. Si
afferma, innanzi tutto, il principio per cui il diritto alla salute può godere di tutela
preventiva concretizzabile in provvedimenti inibitori. Specificano i giudici che
“l’inibitoria può tradurre in comando un accertamento dal quale risulti in quali
condizioni e con quali accorgimenti l’opera può essere posta in esercizio ed il pericolo
per la salute può essere evitato”; pertanto, e qui si rinviene il secondo profilo
innovativo, l’inibitoria viene concessa, nella fattispecie, all’esito di un giudizio ex ante
(o prognostico).
Alla luce di quanto fin qui evidenziato, si può certo affermare che il singolo
che si reputi leso ha a disposizione una vasta gamma di strumenti che spaziano dal
diritto civile al diritto amministrativo e, in via marginale, al diritto penale 37. Sembra,
inoltre, profilarsi un orientamento giurisprudenziale per cui, in condizioni di incertezza
scientifica, è necessario porre su un piano preferenziale le istanze di tutela della salute e
dell’ambiente. La legislazione esaminata, dunque il D.I. 381/98 e la nuova legge
quadro, sembrano più improntati, invece, al principio della minimizzazione dei rischi
conosciuti, mantenendo l’esposizione ai livelli più bassi possibili in considerazione di
costi della tecnologia e dell’importanza del settore su cui tali norme vanno ad incidere,
optando quindi per una scelta di contemperamento di tutti gli interessi coinvolti.
Alessandro Palmigiano
Alessandra Alaimo
37
Sono pochi i provvedimenti penali in tema di campi elettromagnetici. Essi possono essere distinti, in
base alle norme applicate, in due categorie. La prima vede sanzionare tali emissioni secondo gli art.674
c.p. - Getto pericoloso di cose - e 675 c.p. - Collocazione pericolosa di cose– (cfr. G.I.P. presso la Pretura
di Venezia, decreto del 1 marzo 1997 n.791; Tribunale di Venezia, ordinanza del 16 aprile 1999;
Cassazione, sentenza n. 5592 dei 13 ottobre – 11 novembre 1999; Cassazione, sentenza n.5626 del 29
novembre 1999) e quelle che individuano tali emissioni, qualora lesive, in base all’art.590 c.p. - Lesioni
personali colpose (cfr. Pretura di Rimini, 14 maggio 14 giugno 1999 n.697).
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